Salone libro, incursione No Tav per presentazione libro latitante

Salone libro, incursione No Tav per presentazione libro latitante

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Salone libro, incursione No Tav per presentazione libro latitante

 

Torino, 18 mag. (LaPresse) – Blitz pacifico dei No Tav al Salone del libro di Torino. Una cinquantina di militanti contro l’alta velocità tra cui vari esponenti del centro sociale Askatasuna hanno presenziato, presso lo stand della Stilo Editore, alla presentazione del libro “New York Regina, racconti dalla Grande mela”. L’autore, Davide Grasso, è un No Tav latitante da quando la procura ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare il 29 novembre 2012 per l’occupazione dello studio della Geovalsusa (che in passato provò a lavorare per la Tav) avvenuta l’estate scorsa, e una seconda ordinanza relativa agli scontri del Primo maggio del 2012 avvenuti a Torino quando era stato contestato il sindaco Piero Fassino. Grasso non si è ovviamente presentato al Salone, per non rischiare l’arresto.

Vito Lacirignola, direttore editoriale, quando ha visto decine e decine di militanti affollare l’area, ha premesso: “Questa cosa ci ha presi alla sprovvista, noi capiamo la complessità del Movimento No Tav”. “Ma come casa editrice – ha proseguito – auspichiamo che i diritti di tutti vengano rispettati e che con la collaborazione leale con le istituzioni i problemi vengano risolti. La nostra collana Scaffale Multiculturale è dedicata a valorizzare l’incrocio tra le culture. L’autore non è presente a causa di complesse vicende giudiziarie che alla casa editrice non erano note quando è stata fatta la pubblicazione. Oggi vorrei che si parlasse di un libro ben scritto che rivela il talento di un giovane scrittore”.

Dopo la presentazione del volume tenuta dallo scrittore Girolamo DeMichele, è stato letto un comunicato inviato da Grasso. “Un sorriso a tutti coloro che mi hanno aiutato in questi mesi – è uno dei passaggi – da una parte all’altra dello Stivale. Sono rimasto impressionato dalla quantità di persone, spesso insospettabili, che si sono dimostrate disposte a farsi in quattro per la causa della Val di Susa, aiutando un No Tav in viaggio per la penisola”. Dopo ha preso la parola Nicoletta Dosio, storica leader No Tav. Un gesto non gradito dalla casa editrice ma soprattutto dai funzionari della Regione Puglia, che ospitavano l’incontro nello stand dell’ente pubblico.

“Lo spazio è della Regione Puglia riservato agli editori pugliesi. Qualsiasi altra cosa accade qui viene concordato e dovrebbe esserlo”, ha ricordato un’impiegata della Regione, che ha rivelato dopo che nè il governatore Nichi Vendola nè il suo assessore alla Cultura avrebbero voluto che il loro spazio “venisse strumentalizzato” e di aver saputo solo all’ultimo del blitz dei No Tav.

“Gian Carlo Caselli può tenere conferenze nelle scuole e nelle parrocchie, dicendo che il sopruso non va accettato, ma non può tollerare che i bambini crescano e agiscano insieme, in prima persona, senza bisogno dell’aiuto della sua toga, che già molti anni fa egli usò contro il dissenso politico in questo Paese”, scrive Davide Grasso, in un comunicato letto dai compagni durante la presentazione. “Oggi Caselli – prosegue – si ritrova a gridare “Più militarizzazione in Val Susa! Più processi! Più galera per i No Tav!” E lo fa in coro con Angelino Alfano, il guardasigilli del Cavaliere, l’ideatore delle leggi ad personam”.

Dopo il suo comunicato è stato letto un appello firmato da scrittori, registi, giuristi e intellettuali per chiedere la “sospensione delle misure a carico di tutti coloro che sono accusati di reati sociali o legati ai movimenti di protesta, per cui non sia stato formulato un giudizio definitivo, in seguito a un processo dove sia stato loro garantito il diritto a difendersi”. Lo hanno firmato finora decine di persone tra cui Massimo Carlotto, Valerio Mastandrea, Valerio Evangelisti, Ascanio Celestini, Elio Germano, i Wu Ming e altri.

DOPPIA SCORTA PER LA POLVERINI

La notizia diffusa da Dagospia: “Mentre nelle zone ad alto tasso criminale le volanti sono senza benzina, il Viminale raddoppia la scorta alla Polverini”

La notizia diffusa da Dagospia: "Mentre nelle zone ad alto tasso criminale le volanti sono senza benzina, il Viminale raddoppia la scorta alla Polverini"

Riportiamo di seguito la denuncia di Dagospia

“Doppia scorta per Renata Polverini. Nonostante il Viminale sia alle prese con i tagli alle spese, che vanno a incidere sulla sicurezza dei cittadini, all’ex Governatrice della Regione Lazio, e attuale senatrice del Pdl, viene assegnata una seconda macchina per vigilare sulla sua incolumità personale. La decisione arriva pochi giorni dopo l’aggressione verbale subita dalla Polverini all’interno di un ristorante romano da un gruppo di cittadini.

Sembra infatti che non fosse la prima volta per l’ex Governatrice. Un mese fa era già accaduto un episodio analogo. Questa volta scenario dell’incidente un noto bar romano dove la Polverini si era fermata per un caffè. In questo caso ad aggredire verbalmente l’ex Governatrice sarebbe stato un singolo cittadino. L’episodio, però, sarebbe stato denunciato solo in seguito. 

Da qui la decisione di affiancare alla prima, una seconda macchina di sicurezza. L’ex Governatrice infatti, come tutti gli ex presidenti delle Regioni, gode del diritto alla protezione personale per i 12 mesi successivi alla fine del suo mandato. Ora godrà di una sicurezza doppia. Ogni anno in Italia la spesa complessiva per le scorte, secondo le stime dei sindacati di Polizia, si aggira intorno ai 250 milioni di euro. Una spesa enorme se si considera che negli Stati Uniti le scorte pagate dalla collettività vengono garantite solo al Presidente e al suo vice.”
 

“Inaccettabile Incalza a capo della task-force sulla Tav”

http://www.nuovasocieta.it/attualita/scibona-m5s-inaccettabile-incalza-a-capo-della-task-force-sulla-tav.html

Scibona (M5s): “Inaccettabile Incalza a capo della task-force sulla Tav”

di Giulia Zanotti

Marco Scibona, cittadino eletto al Senato del Movimento Cinque Stelle, parla chiaro: la figura di Ercole Incalza quale capo della task force sulla Valsusa è inaccettabile.
Infatti, proprio quello di Incalza è il nome uscito dal vertice che ha coinvolto il ministero delle Infrastrutture e le autorità locali dopo gli incidenti al cantiere di Chiomonte, per la realizzazione di un’unità che controlli l’andamento dei lavori e la sicurezza dell’area. Un personaggio «totalmente incompatibile con qualsiasi incarico di responsabilità inerente il Tav Torino Lione, proprio per il suo passato e per i suoi coinvolgimenti nei vari scandali ed indagini che hanno riguardato e riguardano l’opacità che da sempre caratterizza l’AV ed il Tav in Italia» spiega Scibona.
Ma chi è esattamente Ercole Incalza? Capo della Struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture dal 2001, laurea in ingegneria civile e in architettura. Nel 1991, dopo quasi dieci anni di lavoro al ministero, passa alle Ferrovie dello Stato dove viene nominato amministratore delegato del Tav, la società creata per realizzare le nuove linee ferroviarie a capo della quale resta per cinque anni. Proprio in quel periodo, assieme a Lorenzo Nenci, introdurrà la logica del “General Contractor” sulle opere dell’Alta Velocità: affidando direttamente, senza gara d’appalto, a Eni, Fiat e Iri la costruzione delle prime opere e facendo così lievitare i costi dai 30 miliardi di lire iniziali a 180mila.
Da allora sono ben 14 le volte in cui il nome di Ercole Incalza è stato iscritto nei fascicoli delle Procure d’Italia per presunti reati legati al Tav. Ma tra proscioglimenti e prescrizioni mai una condanna. L’ultima vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto risale allo scorso gennaio quando 31 avvisi di garanzia sono stati inviati ad altrettante persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa per i lavori del sottoattraversamento del Tav di Firenze. L’indagine è anche volta ad accertare l’eventuale presenza di infiltrazioni mafiose nella realizzazione dell’opera.
«Se il Governo, visto il totale fallimento delle scelte sinora attuate per il problema Tav in Valsusa e vista la forte difficoltà in cui si trova, voleva dare un segnale di chiarezza e di pulizia rispetto al passato, ha fatto la scelta peggiore e questo non farà che acuire le tensioni già esistenti» conclude Scibona. Dimostrando che la battaglia No Tav in parlamento non si ferma.

 

LGV Limoges-Poitiers : les anti-LGV déposent deux recours devant le tribunal

  • Par Cécile Gauthier
  • Publié le 10/05/2013 | 15:47, mis à jour le 10/05/2013 | 18:50

Michel Jau préfet de la région Limousin a annoncé mardi 30 avril la signature de la mise en enquête publique de la LGV Limoges-Poitiers © SEBASTIEN BOZON / AFP
© SEBASTIEN BOZON / AFP Michel Jau préfet de la région Limousin a annoncé mardi 30 avril la signature de la mise en enquête publique de la LGV Limoges-Poitiers

Le collectif Anti-LGV & Pro-POLLT a déposé devant le tribunal administratif de Limoges le 7 mai dernier deux recours contre  l’arrêté du préfet engageant l’enquête publique pour la LGV Limoges-Poitiers. 


Le collectif s’appuie sur l’article L121-12  du Code de l’Environnement qui explicite les conditions d’ouverture des enquêtes publiques, et précise que «en ce qui concerne les projets relevant de l’article L121-8, l’ouverture de l’enquête publique prévue à l’article L. 123-1 ne peut être décidée qu’à compter soit de la date à partir de laquelle un débat public ne peut plus être organisé, soit de la date de publication du bilan ou à l’expiration du délai imparti au président de la Commission nationale du débat public pour procéder à cette publication et au plus tard dans le délai de cinq ans qui suivent ces dates. Au-delà de ce délai, la commission ne peut décider de relancer la concertation avec le public que si les circonstances de fait ou de droit justifiant le projet ont subi des modifications substantielles.» Or la commission particulière du débat public de la LGV Limoges-Poitiers a présenté son bilan le 30 janvier 2007.

Le collectif Anti-LGV & Pro-POLLT donnera une conférence de presse la mardi 14 mai afin d’expliquer très précisément aux médias les bases juridiques de ces recours

 

http://limousin.france3.fr/2013/05/10/lgv-limoges-poitiers-les-anti-lgv-deposent-deux-recours-devant-le-tribunal-249031.html

 


COMUNICATO STAMPA del Movimento NOTAV

editoriale, post16 maggio 2013 at 20:02

no-tav-tante-bandiereCOMUNICATO STAMPA del Movimento NOTAV

Tre giorni continui di attacchi mediatici e politici alla Valle di Susa e al movimento no tav. Proviamo per punti a raccontare la cruda realtà:

– L’azione di lunedì notte non è stata rivendicata, le uniche notizie che rimbalzano sui giornali arrivano direttamente dalla questura e dall’interno del cantiere.

– La realtà è che non ci sono stati feriti e l’attacco è avvenuto alle cose e non alle persone. Un compressore annerito è l’unico “ferito”. Un po’ poco per giustificare un “tentato omicidio” a meno che anche il compressore sia considerato un operaio del cantiere.

– Quando il ministro degli interni  Alfano, seguito dal solito coro bipartisan, parla “di atto terroristico e “ricerca del morto” o non sa di cosa parla o lo sa benissimo  e falsifica deliberatamente i fatti reali, usando lui sì, toni terroristici.

-Noi temiamo che qualche povero cristo ci lascerà davvero le penne immolato sull’altare della “ragion di stato” e non per mano dei NO TAV, ma per cancellare i NO TAV dalla Storia e tutto questo ricorda maledettamente la “strategia della tensione” degli anni ’70 e 80.

– Ribadiamo che il tagliare le reti e il colpire macchinari sono azioni non violente.

– Il giorno dopo l’azione il piccolo presido no tav a ridosso delle reti è stato completamente devastato (da chi? visto che lì o ci sono i no tav o le forze dell’ordine?)… ma nessuno chiaramente ne parla…

– Ci chiediamo dove siano stati i ministri in questione che oggi sputano dure sentenze, quando le forze dell’ordine picchiavano e lanciavano lacrimogeni contro manifestanti inermi.

– Ci chiediamo dove fosse lo Stato quando la polizia  compì un tentato omicidio durante lo sgombero della baita Clarea nel febbraio 2012, senza neanche fermare i lavori.

– Denunciamo come pretestuosa e intimidatoria la richiesta del senatore Stefano Espositodi procedere contro il giornalista Fabrizio Salmoni per “Istigazione a delinquere e minacce”, per il suo articolo “C’è lavoratore e lavoratore: per esempio ci sono i crumiri”, ampiamente ripresa dai giornali e TV, mistificando il reale contenuto dell’articolo.

– Il ministro degli interni dovrebbe preoccuparsi delle ditte che lavorano all’interno del cantiere: l’altro ieri è arrivata la Pato Perforazioni di Rovigo: ditta a cui il 13 marzo è stata tolta la certificazione antimafia e guarda caso adesso lavora al cantiere della Maddalena aggiungendosi alle già molte altre ditte che hanno subito condanne in via definitiva per bancarotta fraudolenta, tangenti..ecc ecc.

-Così facendo svendono la nostra terra ai soliti mafiosi impuniti, sono complici della distruzione irreversibile della Val Clarea e in altre porzioni della valle, infischiandosene della vita e del futuro di chi la abita.

– Se pensano di intimorirci con le loro dichiarazioni roboanti si sbagliano. Noi a Chiomonte continueremo ad andarci e inizieremo da venerdì con l’ inizio della tre giorni di campeggio, che è un anticipo della lunga estate di lotta che il movimento no tav sta organizzando

16 maggio 2013
Movimento NOTAV

“Chi lavora è condannato”

SU INFOAUT

Post minaccioso in rete: “Chi lavora è condannato”

di Andrea Giambartolomei

  Condannati “a una difficile convivenza sul territorio”. È la pena dei lavoratori del cantiere Tav per la loro “scelta egoista individuale”. Lo si legge in un post pubblicato su Infoaut.org , giornale on-line dei movimenti autonomi. “Non tutti i lavoratori sono ‘buoni’ né ‘uguali’. Noi siamo in tutto e per tutto d’accordo con Maverick”, sostiene la redazione del sito citando l’autore del messaggio autentico, che scrive: “Quel loro essere ‘operai’ non pulisce le coscienze. Rimangono solo crumiri”. Su questo messaggio è caduta l’attenzione degli investigatori della Digos della Questura di Torino, che hanno informato pure la Procura, dove è stata aperta un’indagine contro ignoti per l’ipotesi di tentato omicidio. Per gli investigatori il messaggio pone al centro dell’attenzione i nuovi obiettivi della frangia oltranzista del movimento No Tav.   EPPURE QUESTO post non vuole essere una rivendicazione del sabotaggio di martedì. “Quando ho pubblicato il post non ho pensato alla coincidenza coi fatti della notte”, spiega a Il Fatto “Maverick”, al secolo Fabrizio Salmoni, 62 anni, giornalista, storico degli Stati Uniti e figlio di Bianca Guidetti Serra, partigiana e penalista per decenni schierata a difesa di donne, minori e operai. Sembra un paradosso: ora il figlio di “Bianca la Rossa” attacca i lavoratori. Lo fa guardando ad alcuni periodi storici. Nel suo blog Salmoni paragona i lavoratori del cantiere Tav a quelli del passato: “In ogni sciopero di fabbrica, in ogni vertenza, dagli albori dell’era industriale ed anche prima (…) si è sempre dovuto lottare anche contro quelli che per ignavia, ignoranza, interesse individuale o partito preso, non partecipavano e anzi, con il loro comportamento antisolidale, danneggiavano l’interesse di tutti e di conseguenza facevano l’interesse della controparte. Li hanno sempre chiamati crumiri e non hanno mai avuto una vita facile”. Così agiscono pure “i pochi ‘operai’ del cantiere di Chiomonte” che secondo “Maverick” “tradiscono la propria comunità e la loro terra, piagnucolano ogni volta che incappano in qualche ‘incidente’, si fanno difendere dalla polizia e si macchiano di comportamenti abbietti e antisolidali”.   Sembra una giustificazione degli ultimi fatti accaduti in Val di Susa, il sabotaggio di martedì mattina e il lancio di pietre contro il camion di una ditta impegnata nei lavori (l’autista è stato ferito). “Non ci trovo minacce, ma solo un’analisi della situazione – spiega Salmoni –. È una riflessione sull’uso degli ‘operai’: sono visti come persone che hanno sempre ragione, ma ci sono anche i crumiri che tradiscono la loro comunità e la loro terra”. Il senatore del Pd Stefano Esposito, Sì Tav convinto, sostiene che “forse è giunto il momento di una denuncia per istigazione a delinquere e minacce” nei confronti dell’autore: “Esposito mi dà del terrorista. Sto valutando coi miei legali se denunciarlo per diffamazione”.   NON SI PUÒ negare però che la frase incriminata sia cinica e provocatoria, adatta all’essere fraintesa: “La condanna non va intesa come una sentenza, ma è una conseguenza delle azioni di questi lavoratori nella comunità”. Non si corre il rischio di far sentire minacciati questi lavoratori e di alimentare l’odio nei loro confronti? “Il clima di oppressione sociale è stato instaurato da quando c’è l’occupazione militare della valle, coi posti di blocco che controllano la gente. Sono altre le caccie ai crumiri che mi hanno fatto paura, quelle delle lotte sociali degli anni Settanta. Non è un fatto nuovo che esista l’opposizione al crumiraggio”.

Grandi opere, così nasce debito occulto di Marco Ponti – da Il Fatto

NON SOLO TAV Il governo vuole rilanciare il project financing: in teoria i costi di metro, autostrade e ferrovie, sono a carico dei privati. Ma alla fine paghiamo sempre noi

di Marco Ponti

  La “finanza creativa” per le grandi infrastrutture serve assai più a mascherare i veri costi per lo Stato e la collettività, che ad aumentare l’efficienza degli investimenti. E il cosiddetto Project Financing (PF), la compartecipazione pubblico-privato nelle infrastrutture è l’emblema più noto di una fantasia che teoricamente nasce con intenti virtuosi, ma di fatto è la fabbrica del nuovo debito pubblico occulto che rischiamo di lasciare ai posteri.   Il PF vuole sfruttare l’efficienza e il know how del privato, incentivato in modo opportuno, per ovviare ai difetti delle gestioni pubbliche. Il concessionario privato sarà motivato a minimizzare non solo i costi di costruzione, come nei normali appalti, ma anche di gestione del progetto, cercando di massimizzare l’utenza, essendo ripagato dalle tariffe. Il problema di tale schema applicato alle infrastrutture è nel “rischio commerciale” (o “rischio traffico”). Il concessionario privato ha strumenti per ottimizzare gli aspetti costruttivi e gestionali (i “rischi industriali”), ma non per condizionare la domanda di traffico. Se dunque il “rischio commerciale” per le infrastrutture, è lasciato dal concedente pubblico interamente al soggetto concessionario privato, questi dovrà cautelarsi, alzando i corrispettivi richiesti e/o chiedendo garanzie contro una domanda inferiore al previsto, flessibilità tariffaria o di durata della concessione.   Domani è un altro giorno   Dal lato del concedente pubblico, spesso l’obiettivo è aggirare vincoli di bilancio. Schemi di PF si prestano bene a tale scopo: è sufficiente fornire al concessionario garanzie adeguate, per minimizzarne i rischi, e l’opera può essere subito cantierizzata, rimandandone i costi reali per lo Stato a tempi così lunghida essere politicamente irrilevanti. In Italia nel secolo scorso vi furono massicce emissioni di obbligazioni garantite dallo Stato per diverse autostrade,basatesupianidirientroirrealistici. I costi pubblici finali di riscatto delle obbligazioni furono altrettanto elevati quanto occulti. Anche l’Alta velocità ferroviaria si basava inizialmente su obbligazioni garantite che non sarebbero mai state ripagate dai ricavi da traffico e dovette intervenire l’Europa a porre fine a quello schema: lo Stato dovette pagare nei primi anni 2000 12 miliardi cash alle Ferrovie dello Stato (in seguito FS), la notizia meritò solo un trafiletto sul Sole 24 Ore.   Le difficoltà finanziarie delle casse pubbliche, connessa alla bassa redditività degli investimenti, hanno stimolato la fantasia di promotori e costruttori, con un dispositivo “creativo” di finanziamentonotocome“canonedidisponibilità” (inventato per il progetto del Ponte di Messina): il gestore dell’infrastruttura (Rete Ferroviaria Italiana-FS, nel caso del Ponte), non paga un pedaggio variabile al costruttore dell’opera, ma una quota fissa annuale. Che, per definizione, non dipende dal traffico. L’opera si realizza se si determina un “canone di disponibilità” tale da ripagarla. Se poi il traffico sarà inferiore al previsto, peggio per l’ incauta FS. Il principio del PF è salvo, e il vincolo di bilancio aggirato (FS è una SpA, formalmente assimilabile a un privato). Lo schema può funzionare in quanto FS è in realtà pubblica e percepisce alti trasferimenti dallo Stato, pagatore di ultima istanza dell’operazione. Sembra che per la ferrovia Av Milano-Genova si sia tentata tale operazione, ma i risultati siano apparsi così indifendibili data la scarsità dei ricavi previsti, che si è scelto di addossare allo Stato il 100 per cento dei costi.   Il caos nei cantieri   Per le metropolitane il sistema è diverso, ma la sostanza identica: i sussidi pubblici al servizio sono assimilati a ricavi tariffari privati e sono commisurati, a volte, al traffico di passeggeri, comunque “garantito” ex-ante, a volte addirittura alle singole vetture che percorrono la linea (cioè all’offerta, non alla domanda). Basta calibrare il tutto, per garantire al concessionario un flusso di ricavi adeguato. Quanto alle autostrade, la crisi economica, con il conseguente calo del traffico e l’aumentato costo del denaro, ha messo in crisi i piani finanziari di molte opere in PF, soprattutto in Lombardia dove molti cantieri sono stati aperti con prestiti-ponte. Emerge quindi l’incongruenza tra rendimenti attesi per le ferrovie e per le autostrade: i fondi pubblici assegnati fin dall’inizio a queste ultime sono solo parziali, al contrario di quelli per le ferrovie. E in nessuno dei due casi commisurati alla utilità sociale. La decisione di quante risorse assegnare dovrebbe essere affidata ad autorità terze che facciano analisi costi-benefici imparziali e comparative, che ne verifichino l’utilità (risparmi di tempo, ambiente ecc.)   Forse “si stava meglio quando si stava peggio”: gare normali per gli appalti, al massimo oggi integrate con la gestione, e il rischio traffico attribuito a chi se lo può davvero assumere, cioè allo Stato.   Professore di Economia dei trasporti   al Politecnico di Milano

Illustrazione di Roberto La Forgia

Val di Susa, i militanti No tav preparano il campeggio per il weekend

Nonostante gli episodi di violenza avvenuti a Chiomonte martedì 14 maggio, dei quali non sono ancora stati trovati i responsabili, i gruppi contrari all’Alta velocità continuano a pianificare le prossime manifestazioni, a partire da quella del prossimo fine settimana

No Tav - Val di SusaPiù informazioni su: .

Il presidio di Venaus è pronto. Oggi qui è atteso l’arrivo di una prima colonna da Roma. Perché qualunque cosa accada i No Tav una certezza ce l’hanno: il campeggio previsto per il fine settimana si farà. Il dove dipende dai confini che il ministro dell’interno Angelino Alfano metterà alla “zona rossa”, la chiamano così, per ricordare il G8 di Genova, non “area protetta” come invece l’ha definita il titolare del Viminale nel vertice di martedì 14 maggio a Torino in vista del fine settimana di protesta. A Venaus anche ieri sera si sono riunite le guide storiche dei No Tav.

Michele e Biagio qui vivono dal 2005, hanno comprato questa baracca e trasformata in abitazione: è il simbolo di questa “guerriglia in difesa del territorio”, spiegano. I lavori dell’Alta velocità dovevano partire da qui. Le proteste hanno costretto ruspe e tecnici a spostarsi aChiomonte, all’interno della valle. Che ora è una zona militarizzata. Ci sono gli Alpini con i Lince, l’esercito con mezzi semicorazzati e l’impiego del 60 per cento delle forze di polizia della provincia, dice un documento riservato inviato a inizio anno dal ministero dell’Interno per fare il punto sulla situazione in Val di Susa. Tutti qui. A difendere un cantiere. Le molotov lanciate contro il cantiere la notte di martedì ancora non hanno una mano che le ha lanciate. E i No tav non ne sanno nulla, non qui a Venaus.

“Quella zona, sopra al cantiere, è illuminata a giorno e piena di telecamere: strano che ancora non abbiano individuato i responsabili“. Il timore, oggi, “è ritrovarsi strumentalizzati, con qualcheinfiltrato ad hoc“. E ancora. Michele racconta che dopo mesi che non succedeva nulla, nell’ultima settimana “ci hanno accusato di aver preso a sassate un camioncino, di aver colpito un operaio e di aver tirato molotov”. E gli espropri di alcuni terreni dove sorgerà uno svincolo a Chiomonte sono cominciati giusto dieci giorni fa. “Hanno necessità di uscire dalle recinzioni del cantiere e allargare i lavori”.

Che il clima sia teso è un eufemismo. Le riunioni No Tav sono un po’ ovunque. Anche a Bussoleno ieri sera i No Tav si sono visti per organizzare il campeggio, la volontà è farlo a Chiomonte, ma il campo si raggiunge da Giaglione attraverso un piccolo ponte. “Venerdì andiamo a controllare la zona, a pulire i sentieri“. All’area si arriva solo a piedi, quaranta minuti di passeggiata, sia partendo da Giaglione sia da Chiomonte. I paesi delimitano la zona militarizzata. L’area del campeggio, già usata nel 2011 e nel 2012, è a ridosso del cantiere. Lì intorno, su entrambi i versanti, i No Tav hanno delle baracche usate come presidi. Alcune sono state danneggiate e resi inagibili negli ultimi due giorni. A riprova delle parole mostrano le foto. Certo è che il movimento non ha mai preso le distanze dalle violenze. E la presenza di alcuni antagonisti No Tav al funerale dell’ex brigatista Prospero Gallinari a Reggio Emilia, come Davide Mattioli, è passata quasi in sordina. Almeno da queste parti. Anche se, puntualizza Beppe, “non era lì a nome del movimento”. Beppe è la guida del presidio di Giaglione.

Ha preso in comodato d’uso il terreno e ha organizzato l’acquisto collettivo, due anni fa, di 2000 metri quadrati di terra: “Così ora se vogliono, devono espropriarla a noi”. Per sottolineare che“tutto” va preso sul serio, ricorda: “Coniammo lo slogan ‘siamo tutti black block’ quando arrestarono i nostri 50 compagni”. Ma precisa: “Siamo pronti alla violenza, ma solo in risposta alla violenza, solo come autodifesa ed è per questo che con l’operaio ferito, con le molotov noi non c’entriamo niente, non rientra nelle nostre pratiche”. Per la Procura di Torino, invece, si tratta ditentato omicidio. Questa è una delle ipotesi di reato per l’attacco di martedì notte al cantiere Tav di Chiomonte.

Secondo gli inquirenti ad agire sarebbe stata una frangia scollegata dal movimento No Tav ufficiale. Si è trattato di un’iniziativa preparata con cura e condotta con modalità differenti da quelle che, in passato, avevano accompagnato le proteste dei No Tav: un gruppo di persone che, senza raccordarsi con il movimento, ha deciso di compiere un salto di qualità nella protesta. Da queste parti la politica è stata una speranza durata due mesi. e legata a Beppe Grillo. “In due mesi si sono plasmati, anche quelli lì son diventati come tutti i politicanti, basta vedere la storiella degli stipendi“. Perché, aggiunge Beppe, “i politici, tutti a questo punto, qui hanno solo preso”. Ieri il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, ha ribadito che il Tav è “un’opera prioritaria e non possiamo permettere che delinquenti possano mettere a rischio la vita di lavoratori e agenti”.

Il M5S ha risposto presentando un disegno di legge per fermare l’opera “inutile“. Ma, dicono quasi in coro durante la riunione, “serve che vengano a sporcarsi le scarpe quassù, a Roma è tutto inutile”.

da Il Fatto Quotidiano del 16 maggio 2013

Weekend ad alto rischio in Val di Susa

da: ilfatto

Militari e guerrilla: weekend ad alto rischio in Val di Susa

I GRUPPI NO TAV COINTINUANO A PIANIFICARE LE MANIFESTAZIONI

di Davide Vecchi    inviato in Val di Susa

  Il presidio di Venaus è pronto. Oggi qui è atteso l’arrivo di una prima colonna da Roma. Perché qualunque cosa accada i No Tav una certezza ce l’hanno: il campeggio previsto per il fine settimana si farà. Il dove dipende dai confini che il ministro dell’interno Angelino Alfano metterà alla “zona rossa”, la chiamano così, per ricordare il G8 di Genova, non “area protetta” come invece l’ha definita il titolare del Viminale nel vertice di martedì a Torino in vista del fine settimana di protesta. A Venaus anche ieri sera si sono riunite le guide storiche dei No Tav.   Michele e Biagio qui vivono dal 2005, hanno comprato questa baracca e trasformata in abitazione: è il simbolo di questa “guerriglia in difesa del territorio”, spiegano. I lavori dell’Alta velocità dovevano partire da qui. Le proteste hanno costretto ruspe e tecnici a spostarsi a Chio-monte, all’interno della valle. Che ora è una zona militarizzata. Ci sono gli Alpini con i Lince, l’esercito con mezzi semicorazzati e l’impiego del sessanta per cento delle forze di polizia della provincia, dice un documento riservato inviato a inizio anno dal ministero dell’Interno per fare il punto sulla situazione in Val di Susa. Tutti qui. A difendere un cantiere. Le molotov lanciate contro il cantiere la notte di martedì ancora non hanno una mano che le ha lanciate. E i No tav non ne sanno nulla, non qui a Venaus.   “QUELLA ZONA, sopra al cantiere, è illuminata a giorno e piena di telecamere: strano che ancora non abbiano individuato i responsabili”. Il timore, oggi, “è ritrovarsi strumentalizzati, con qualche infiltrato ad hoc”. E ancora. Michele racconta che dopo mesi che non succedeva nulla, nell’ultima settimana “ci hanno accusato di aver preso a sassate un camioncino, di aver colpito un operaio e di aver tirato molotov”. E gli espropri di alcuni terreni dove sorgerà uno svincolo a Chiomonte sono cominciati giusto dieci giorni fa. “Hanno necessità di uscire dalle recinzioni del cantiere e allargare i lavori”.   Che il clima sia teso è un eufemismo. Le riunioni No Tav sono un po’ ovunque. Anche a Bussoleno ieri sera i No Tav si sono visti per organizzare il campeggio, la volontà è farlo a Chiomonte, ma il campo si raggiunge da Giaglione attraversoun piccolo ponte. “Venerdì andiamo a controllare la zona, a pulire i sentieri”. All’area si arriva solo a piedi, quaranta minuti di passeggiata, sia partendo da Giaglione sia da Chiomonte. I paesi delimitano la zona militarizzata. L’area del campeggio, già usata nel 2011 e nel 2012, è a ridosso del cantiere. Lì intorno, su entrambi i versanti, i No Tav hanno delle baracche usate come presidi. Alcune sono state danneggiate e resi inagibili negli ultimi due giorni. A riprova delle parole mostrano le foto. Certo è che il movimento non ha mai preso le distanze dalle violenze. E la presenza di alcuni antagonistiNo Tav al funerale dell’ex brigatista Prospero Gallinari a Reggio Emilia, come Davi-de Mattioli, è passata quasi in sordina. Almeno da queste parti. Anche se, puntualizza Beppe, “non era lì a nome del movimento”. Beppe è la guida del presidio di Giaglione.   HA PRESO in comodato d’uso il terreno e ha organizzato l’acquisto collettivo, due anni fa, di 2000 metri quadrati di terra: “Così ora se vogliono, devono espropriarla a noi”. Per sottolineare che “tutto” va preso sul serio, ricorda: “coniammo lo slogan ‘siamo tutti black block’ quando arrestarono i nostri 50 compagni”. Ma precisa: “Siamo pronti alla violenza, ma solo in risposta alla violenza, solo come autodifesa ed è per questo che con l’operaio ferito, con le molotov noi non c’entriamo niente, non rientra nelle nostre pratiche”. Per la Procura di Torino, invece, si tratta di tentato omicidio. Questa è una delle ipotesi di reato per l’attacco di martedi notte al cantiere Tav di Chio-monte.   Secondo gli inquirenti ad agire sarebbe stata una frangia scollegata dal movimento No Tav ufficiale. Si è trattato di un’iniziativa preparata con cura e condotta con modalità differenti da quelle che, in passato, avevano accompagnato le proteste dei No Tav: un gruppo di persone che, senza raccordarsi con il movimento, ha deciso di compiere un salto di qualità nella protesta. Da queste parti la politica è stata una speranza durata due mesi. e legata a Beppe Grillo. “In due mesi si sono plasmati, anche quelli lì son diventati come tutti i politicanti, basta vedere la storiella degli stipendi”. Perché, aggiunge Beppe, “i politici, tutti a questo punto, qui hanno solo preso”. Ieri il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, ha ribadito che il Tav è “un’opera prioritaria e non possiamo permettere che delinquenti possano mettere a rischio la vita di lavoratori e agenti”.   Il M5S ha risposto presentando un disegno di legge per fermare l’opera “inutile”. Ma, dicono quasi in coro durante la riunione, “serve che vengano a sporcarsi le scarpe quassù, a Roma è tutto inutile”.

Il cantiere in Val di Susa   Ansa / LaPresse