Giro d’Italia a ostacoli nella Valle blindata tra No Tav e polizia

17 maggio 2013

Bardonecchia domani sarà presidiata militarmente.

Il Giro d’Italia sfilerà tra camionette dei carabinieri e agenti antisommossa, Lince degli alpini e mezzi semiblindati. Perché il clima in Val di Susa si è fatto rapidamente incandescente. Gli inquirenti di Torino, che indagano sul lancio di molotov avvenuto martedì notte, sono certi che il movimento abbia avviato una escalation di violenza, un “salto di qualità nella lotta” che potrebbe portare ad azioni dimostrative anche in occasione del Giro d’Italia. La manifestazione sportiva attraverserà la Val di Susa sfiorando il cantiere per ben tre giorni: domani Bardonecchia, domenica Susa e Venaus (presidio storico dei No Tav dal 2005) e martedì, di nuovo, lo stesso percorso. Anche gli eventi sportivi, da queste parti, diventano “obiettivi sensibili”. LE FORZE dell’ordine aspettano dal movimento no Tav una reazione al colpo di acceleratore impresso ai lavori dal governo. Il ministro delle infrastrutture, Maurizio Lupi, ieri ha annunciato che il trattato con la Francia sarà ratificato entro due settimane e ha insediato la task force che si riunirà per la prima volta lunedì a Torino. Inoltre Lupi ha intenzione di venire a Chiomonte, “capi – tale” del cantiere dell’alta velocità, per incontrare tutti i sindaci della Valle. Visita che, secondo quanto riferiscono uomini vicini al ministro, dovrebbe avvenire entro il fine settimana. Ma Lupi ieri ha anche teso la mano alla parte meno estremista dei No Tav. In un’intervista al Sole24Ore ha detto che “una grande opera non si realizza senza un confronto pubblico e non bisogna criminalizzare nessuna contestazione, se non è violenta”. Immediata la riposta del movimento. Con un comunicato, decisamente poco conciliante, che evoca la “strategia della tensione degli anni ’70 e ’80”. Una contrapposizione netta. E la rivendicazione delle azioni finora compiute: “Ribadiamo che il tagliare le reti e il colpire macchinari sono azioni non violente”. E ironizzano sul reato di omicidio colposo scritto sul fascicolo a carico di ignoti dopo il lancio di molotov al cantiere. “La realtà è che non ci sono stati feriti e l’attacco è avvenuto alle cose e non alle persone. Un compressore annerito è l’unico ‘ferito’. Poco per giustificare un tentato omicidio a meno che anche il compressore sia considerato un operaio del cantiere”. Poi il comunicato si rivolge a Lupi e al governo: “Se pensano di intimorirci con le loro dichiarazioni roboanti si sbagliano. Noi a Chiomonte continueremo ad andarci e inizieremo da venerdì (oggi, ndr) con l’inizio della tre giorni di campeggio, che è un anticipo della lunga estate di lotta che il movimento no Tav sta organizzando”. E ancora: “Quando il ministro degli Interni Alfano, seguito dal solito coro bipartisan, parla di atto terroristico e ricerca del morto o non sa di cosa parla o lo sa benissimo e falsifica deliberatamente i fatti reali, usando lui sì, toni terroristici”. E aggiungono “noi temiamo che qualche povero cristo ci lascerà davvero le penne immolato sull’altare della ragion di stato e non per mano dei no Tav, ma per cancellare i no Tav dalla Storia e tutto questo ricorda maledettamente la strategia della tensione degli anni ’70 e ’80”. Un messaggio fin troppo chiaro e, secondo gli inquirenti, da prendere più che seriamente. Oggi alle diciotto ci sarà la prima vera prova del braccio di ferro tra movimento e forze dell’ordine. L’ap – puntamento è davanti all’ingresso del cantiere alla centrale elettrica di Chiomonte. Qui hanno infatti intenzione di accamparsi con le tende alcuni no Tav per creare un primo punto di presidio che dovrebbe rimanere almeno fino a domenica. Un secondo campeggio sarà organizzato sopra il cantiere, a quaranta minuti a piedi. Due punti al confine della “zona rossa”, l’area che delimita la zona dei lavori e dichiarata militare, presieduta da oltre quattrocento uomini delle forze dell’ordine. A questi andranno ad aggiungersi i rinforzi che da Torino arriveranno in vista dei campeggi e delle tappe del Giro d’Italia. “Bardonecchia domenica sarà letteralmente blindata”, si lascia scappare un agente che piantona l’ingresso della centrale a Chiomonte annunciando a un collega che lui sarà di turno lì. Del resto nei soli ultimi tre anni gli incidenti per le proteste anti Torino-Lione hanno portato all’apertura di ben centoventitre fascicoli con 707 indagati. Un bilancio destinato ad aumentare. EPPURE i No Tav, riuniti anche ieri sera a Venaus, garantiscono che non hanno alcuna intenzione di colpire il Giro d’Italia. “Se accadrà qualcosa sarà la conferma che vogliono fregarci, loro: noi non abbiamo alcun interesse a rovinare una festa per la gente della Valle. Anzi, useremo la manifestazione per avere visibilità, quindi esporremo striscioni, bandiere, manifesti e controlleremo che nessuno crei problemi ai ciclisti né all’organizzazione”. Noi, garantiscono, “ce l’abbiamo con il cantiere e saremo concentrati al campeggio”. Il fine settimana si annuncia caldo. E c’è già chi sta organizzando un presidio per lunedì a Torino in vista della prima riunione della task force governativa, coordinata da Ercole Incalza. L’ingegnere di Brindisi è stato indagato per ben 14 volte pe reati vari contro la pubblica amministrazione. “Ottima scelta”, ironizzano i no Tav. Gli fa eco il M5S: “Acuirà le tensioni”. Forse da lunedì.

http://mentiinformatiche.com/2013/05/giro-ditalia-a-ostacoli-nella-valle-blindata-tra-no-tav-e-polizia.html


Antiche conoscenze geografiche

Mauro Paoletti

“Chiunque abbia costruito la grande piramide sapeva in che modo disegnare ottime carte celesti con cui calcolare la longitudine e tracciare carte geografiche, per affrontare qualsiasi viaggio attraverso continenti e oceani.” Così scrive Peter Tompkins nel libro “I segreti della grande piramide”, Horizon 1971.
Sembra anche che ai tempi del Faraone Necao, navigatori egiziani abbiano doppiato il Capo di Buona Speranza e superato l’equatore. Lo proverebbe la frase: “perché il sole dava a Nord”, riportata in alcuni documenti. A Venezia è conservato un planisfero del 1459 che raffigura il Capo di Buona Speranza scoperto da De Gama solo nel 1497 (1). Sul planisfero esiste un’annotazione in lingua fenicia riguardante le Isole di Capo Verde, di un viaggio effettuato nel 1420 e la raffigurazione di un vascello cinese.

Certamente le conoscenze geografiche dei popoli che ci hanno preceduto erano molto più vaste di quanto noi riteniamo; la spiegazione nell’esistenza di un’antica razza di navigatori che lasciò in eredità documenti, in seguito ricopiati dai loro successori in quanto ritenuti validi per affrontare viaggi sicuri. Le famose “portolane”, ossia carte di navigazione tracciate sulla base di esperienze dirette, disegnate da cartografi del tredicesimo secolo grazie all’aiuto della bussola, che rappresentavano solo zone delimitate e servivano alla navigazione in piccoli mari, dove, di solito si poteva avvistare la terra nell’arco delle ventiquattro ore. Usando la bussola si poteva seguire una rotta prestabilita, per questo tali carte si chiamavano anche “carte da bussola”.

Di tali carte si servì anche Colombo per il suo viaggio – a quanto ci è dato sapere – da una testimonianza scritta dell’ammiraglio turco Piri Reis nella sua opera, “Kitabi Bahriyye” (Il libro della marina). Egli scrive che un genovese chiamato Kolòn trovò un libro, risalente ad un’epoca precedente a quella di Alessandro Magno, dove vi erano segnate tutte le informazioni utili per scoprire le Antille…
 Indicazioni che si ritrovano nelle Etimologie di Isidoro di Siviglia vissuto dal 560 al 636 d.C. Egli scrive: “…dicono che ci sia un altro continente fra i tre oggi conosciuti, oltre l’oceano”.
Quindi Colombo trovò un libro in cui apprese che ad ovest esistevano delle terre ricche di miniere e pietre preziose, dove gli abitanti apprezzavano le perline di vetro, cedendo in cambio le loro perle pescate a pochi metri dal fondo; biglie che Colombo si procurò.
Del testo se ne interessò la stampa di tutto il mondo, e su invito del governo americano, furono condotte delle ricerche approfondite.
[Foto: Carta di Piri Reis]

Piri Reis disegnò una carta, (sopra) ritrovata nel 1929 durante lo sgombero nell’harem del Palazzo Topkapi a Istambul dov’è tuttora custodita, usando, come lo stesso Reis scrisse, “antiche carte e mappe del mondo disegnate ai tempi di Alessandro, nelle quali erano indicate le zone disabitate della terra” e, un’altra ottenuta da suo zio Kemal Reis in seguito alla cattura di un marinaio che dichiarò di aver partecipato alle spedizioni di Colombo, il quale, a sua volta, disponeva di rare carte geografiche.
La carta di Reis, redatta nel 1513, presenta regioni all’epoca conosciute. Mette in risalto le coste africane, sud americane e la parte settentrionale del continente antartico scoperto solo nel 1818; mostra la Penisola di Palmer, la Terra della Regina Maud priva di ghiacci, cosa che si ritiene possibile solo nel 4000 a.C., picchi sub glaciali al largo scoperti solo nel 1949. Vi si osserva un puma e un lama, animali ignoti fino a quando Pizarro non invase il territorio Inca, vicino alla cordigliera delle Ande, scoperte solo nel 1523.
Nonostante vi siano degli errori, come il Rio della Plata, fino a quel momento mai disegnato, riprodotto due volte, l’isola Hispagnola confusa con Cuba e la linea costiera Antartica non corrispondente a quella attuale, vi si notano particolari rilevati solo nel 1957 attraverso rilevamenti satellitari.
Piri Reis inoltre afferma che le terre d’oltre oceano furono scoperte da Colombo nel 1485, le Antille addirittura nel 1460.
La maggior parte delle misurazioni per compilare le antiche carte di navigazione potrebbero essere state eseguite tenendo conto della rotondità della Terra.
La circonferenza della Terra era già stata calcolata ad Alessandria in tempi remoti sbagliando solo di 500 miglia.
Stando ai geroglifici di Saccara ai bambini veniva insegnato che la Terra era rotonda.
Aristarco di Samo stabilì che “la Terra è una massa mobile e rotonda la cui rivoluzione intorno al Sole si compie obliquamente”.
Eratostene, nel terzo secolo a.C., misurò l’angolazione del sole a Syene e ad Alessandria e calcolò le circonferenza della Terra sbagliando solo di poche centinaia di chilometri. Da rilevare che la carta di Piri Reis ha il suo centro proprio a Syene ed è stata disegnata seguendo una tecnica particolare che prevede di disegnare il profilo della Terra da un punto della superficie; nel caso proprio l’antica città egizia.
Per tracciare una carta in tal modo occorrono strumenti e calcoli matematici altamente avanzati non disponibili nel 1513.
Eratostene affermò inoltre che “dall’Asia orientale alla Spagna si contano duecentoquaranta meridiani” cosa assolutamente esatta.
Strabone, Seneca e Plutarco dichiararono che “ad ovest dell’Oceano vi sono numerose isole popolate da uomini dalla pelle rossa e al di là di queste isole si trova un vasto continente con grandi fiumi navigabili. Al di là di questo continente, si trova un altro grande Oceano”. Non solo era conosciuto l’Atlantico, ma anche il Pacifico.
Negli archivi di Genova è registrato: “Colombo non riuscirà mai a terminare il suo viaggio perché avendo la Terra la forma di una pera, la sua nave sarà ostacolata da una corrente discendente”. Trecentocinquanta anni dopo e con l’aiuto di un satellite si è potuto scoprire lo schiacciamento dei poli.
Come facevano i contemporanei di Colombo a conoscere questo particolare? Ricordiamoci di un tribunale d’inquisizione che avrebbe potuto tacciarli di “stregoneria”.
Il giallo colora la scoperta di un nuovo mondo.
Si dice che addirittura da Firenze possa essere partita una spedizione diretta alla scoperta del nuovo continente americano molti anni prima che le caravelle di Colombo solcassero l’oceano. La carta di Toscanelli sembra darne conferma.
Sulla tomba di Innocenzo VIII (1484-1492), è stato scritto “nel tempo del suo pontificato la gloria della scoperta di un nuovo mondo”.
Colombo approdò in America prima del 1492?

La scritta sulla tomba di Innocenzo VIII confermerebbe che il continente americano fosse già stato scoperto durante un precedente viaggio. Se è così perché solo nel 1492 viene orchestrata una messa in scena per ufficializzarne la scoperta?
Analizziamo il momento storico.
Nel 1453 Costantinopoli è caduta in mani turche, anche Gerusalemme è in quelle dell’Islam; Rodi, sede dei cavalieri, è assediata e la Puglia assiste allo sbarco degli “infedeli”. Roma si sente minacciata. È tempo di organizzare una nuova crociata, quella definitiva; ma serve trovare una guida, un capo, della cristianità con doti particolari affinché il simbolo della croce sovrasti quello della mezzaluna nel mondo.
Giovanni Battista Cybo corrisponde al requisito richiesto; è originario della Grecia, proviene da Rodi, conosce l’Islam. Il padre Aronne, nato a Rodi, è di fede ebraica. Giovanni, una volta eletto papa, riunirà nella sua persona le tre religioni.
Cybo è stato avviato alla carriera ecclesiastica nonostante sia padre di due figli; sembra, dalle voci di popolo, abbia altri dodici eredi naturali. Viene eletto papa nel 1484 col nome di Innocenzo VIII.
È il primo passo.
Per organizzare una crociata occorre trovare molto denaro e, guarda caso, oro, gemme e altro si trovano al di là dell’oceano. Qualcuno è al corrente che in una nuova terra si trovano immense ricchezze. Rodi è l’isola dei cavalieri eredi dei Templari; questi ultimi erano in possesso di documenti e carte che segnalavano terre oltre oceano?
Il compito di Colombo, quindi, è portare le ricchezze che serviranno a finanziare la nuova crociata tesa alla riconquista di Gerusalemme.

Anche spedire navi oltre oceano ha un costo, ma ancora una volta il papa è chiamato in causa per vie traverse. Egli è imparentato con Lorenzo il Magnifico e una parte di denaro giunge attraverso Giannotto Berardi, banchiere dei Medici. Altri parenti del pontefice, tali Francesco Pinelli nipote e tale Gentili, intercedono presso i reali spagnoli i quali procureranno denaro e tre caravelle.
Il 3 agosto 1492 tre caravelle salpano da un porto spagnolo senza sapere che il papa è morto sette giorni prima, il 25 luglio. Avvelenato?
Il nuovo papa è un Borgia, famiglia nota per l’uso della “canterella” micidiale veleno, che sale al soglio pontificio col nome di Alessandro VI.
Nel giorno del 25 luglio oggi viene festeggiato San Cristoforo, colui che condusse Gesù oltre le acque. Colombo?
Anche una profezia indica nel genovese “colui che dalla Spagna aprirà i confini del mondo”.
Oggi sappiamo che il navigatore doveva “scoprire” nuove terre, circumnavigare il globo e giungere a Gerusalemme. Per cui sapeva con esattezza cosa fare. Aveva consultato carte e documenti, tracciato da tempo la sua rotta.

Colombo non era neanche la sola persona che ritenesse il mondo fosse rotondo. Egli affermava anche che lo spirito santo è presente in cristiani, musulmani e ebrei e che il suo sapere derivava da testi cristiani, musulmani, ebrei. Dichiarazioni da cui traspare che dietro l’operazione iniziata almeno cinquanta anni prima c’era la Chiesa e una limitata cerchia di persone impegnata nella raccolta dell’oro del “Nuovo Mondo” per contrastare l’Islam. Come si sapeva che nel “novo mondo” c’era l’oro?
Non dimentichiamo che la storia riferisce di un grande incendio nella biblioteca di Alessandria ove andò perduto la maggior parte dello scibile umano.

Piri Reis scrive che la sua carta deriva anche da quella di Colombo ricavata da un mappa antica risalente alla biblioteca di Alessandria.
Ad Alessandria non tutto andò distrutto, una parte del salvato fu nascosto nella biblioteca Vaticana.
È tutto ancora lì, nascosto al mondo, come Michela Mercenaro, personaggio alquanto discusso, afferma: “dentro gli archivi vaticani si trova tanto di quello legato al mistero dell’uomo e vi sono uomini al corrente delle verità”.
Sarebbe interessante conoscere come finirono negli archivi Vaticani libri e documenti scampati all’incendio di Alessandria e con essi la scienza e conoscenza della civiltà.
Ai suoi tempi Colombo disponeva di numerose mappe che mostravano l’isola di Antilla. Portò con sé la carta di Becario del 1435, 
[Foto: Carta di Bianco]
Bianco 1436, (sopra)
Pareto 1455, 
[Foto: Carta di Rosselli]
Rosselli 1468, (sopra)
Benincasa 1482 
[Foto: Carta di Benheim]
e forse materiale tratto dalla carta di Benheim 1492. (sopra)
Fu influenzato anche dal passaggio della commedia di Seneca, Medea, atto secondo, ove dice che l’oceano lascerà alla vista dell’uomo la terra che ora nasconde.
[Foto: Carta di Paolo Dal Pozzo Toscanelli]
Sicuramente portò con se la carta di Paolo Dal Pozzo Toscanelli, (sopra) nato a Firenze nel 1397, che da questa città si allontanò solo per seguire gli studi universitari a Padova e a Roma. Il Toscanelli morì dieci anni prima della scoperta effettuata da Colombo. Aveva informazioni certe sul Nuovo Mondo e tanto di carta nautica che inviò a Colombo con una lettera, indicando perfino la giusta rotta da seguire per arrivare a quelle terre.
Esaustivi sono alcuni brani di tale lettera:
“(…) la carta l’ho disegnata di mia mano e in essa vi è indicata tutta la regione più occidentale finora conosciuta ed esplorata del mondo, dall’Irlanda fino alla parte meridionale della Guinea. Vi sono pure indicate tutte le isole che si incontrano seguendo la rotta. Davanti a queste isole, sulla linea retta che porta a ponente, è indicato l’inizio della regione delle Indie con le isole e i luoghi dove seguendo la rotta da me indicata si può arrivare. La carta mostra pure a che distanza bisogna mantenersi durante la traversata, dal polo artico e dalla linea equinoziale e quante miglia bisogna percorrere per giungere alle indie.
(…) Non meravigliarti se io chiamo Ponente il paese dove si coltivano e si producono le spezie che comunemente viene chiamato Levante; infatti tutti coloro che navigheranno in direzione di ponente questi luoghi se li troveranno sempre a ponente (…) vi sono segnate alcune località dove nel corso della traversata si potrebbe casualmente arrivare. Se trasportati dal vento o dalle correnti giungessimo in luoghi diversi da quelli in cui pensavamo di approdare, i marinai saranno in grado di mostrare agli abitanti che sono a conoscenza dell’esistenza della loro terra (…).
P. S. – Dalla città di Lisbona in linea retta verso ponente sono indicati nella carta ventisei spazi ciascuno di 250 miglia, fino alla città di Quinsay che ha un perimetro di 100 miglia e possiede diecimila ponti.
Il suo nome vuol dire Città del cielo (…) situata nella provincia di Mango vicino al Catai dove risiede il re. Ma dall’isola di Antilla che tu conosci fino alla isola di Cipango ci sono dieci spazi; sicché il tratto di mare da attraversare seguendo rotte sconosciute non è poi tanto grande. Chi osserva la carta con attenzione potrà da sé riscontrare altri elementi.
(…) tieni presente che la possibilità di seguire la rotta da me segnata sulla carta si dimostrerebbe meglio utilizzando una sfera rotonda.”
Charles Hapgood (2) effettuò per vari anni ricerche sulle carte antiche di navigazione correlandole con quelle moderne e giunse alla convinzione che gli originali non potevano essere stati stesi senza la conoscenza di tecniche del tutto ignote nel Rinascimento, come ad esempio il cronometro, senza effettuare sopralluoghi nell’Antartico.
[Foto: Proiezione della carta di Piri Reis]

Il Comando Strategico dell’Esercito degli Stati Uniti, rispondendo al professor Hapgood che aveva richiesto un parere dal punto di vista aereo riguarda alla carta di Reis(proiezione della carta di Piri Reis, sopra) scrisse: “I particolari geografici riportati nella parte meridionale della carta coincidono in maniera stupefacente con i risultati del profilo sismico tracciato sulla calotta di ghiaccio dalla spedizione inviata dalla Svezia, Inghilterra e Norvegia nel 1949. Ciò starebbe ad indicare che i contorni della costa sono stati rilevati prima che fossero coperti dai ghiacci.”
Non sappiamo come i dati di questa carta geografica possano coincidere con il presunto grado delle conoscenze geografiche a disposizione nel 1513.
Inoltre la carta dimostrerebbe la tesi dello “scorrimento della crosta terrestre” ipotizzato da Hapgood, un fenomeno causato da una spinta sulla litosfera.

Anche Einstein dichiarò che i depositi di ghiaccio formatesi nella regione polare non si distribuiscono simmetricamente, quindi durante la rotazione terrestre si determina un’azione centrifuga che, raggiunto un dato valore, fornirà quella spinta necessaria allo slittamento della crosta.
Contrariamente alle convinzioni scientifiche secondo le quali le prime civiltà risalirebbero al 4.000 a.C., la carta testimonia che oltre 15.000 anni prima esisteva una civiltà col bisogno di rilevare le coste antartiche, evidenziate solo nel 1949 attraverso il sistema sismico a riflessione.
Esistono carte, affreschi, riproduzioni cartografiche che raffigurano il continente americano, sia quello del Nord, sia del Sud, esattamente come è adesso.
[Foto: Carta di Waldeemuller]

Interessanti le carte di Martin Waldeemuller del 1507 (sopra) con indicate le isole al 50° parallelo (le Falkland?) 
[Foto: Carta di Homem]
e la carta di Homem del 1519 (sopra) dove possiamo vedere l’estremità ancora inesplorata del continente sudamericano piegare verso il continente australe.
[Foto: Globo terrestre]
Nel palazzo della Manta si trovano affreschi realizzati dal 1418 al 1430; sul soffitto di una delle sale al secondo piano vi è raffigurato un globo terrestre (sopra) con le parole “Spiritus Intus Alit”, ossia lo spirito alita dentro, con segnate le coste dell’America meridionale e l’Antartide.
[Foto: Mappamondo di Behaim]

Il primo mappamondo fu di Martin Behaim nel 1492, meno dettagliato di questo. (sopra)
[Foto: Carta di palazzo Besta]
Nel Palazzo Besta, in Valtellina, risalente ai primi decenni del 1500, esiste, nella sala della Creazione, una carta affrescata (sopra) che porta la data del 1459 o 1469, dove compare, oltre alle Americhe come in effetti sono, l’Antartide non coperta dai ghiacci e l’Australia scoperta “ufficialmente” solo nel 1770, quando fu proclamata territorio britannico da Tomas Cook; già visitata più volte dagli Olandesi fra il 1607 e il 1642.
[Foto: Carta di Ibn Ben Zara]

La carta del Mediterraneo di Yehudi Ibn Ben Zara, navigatore e commerciante, è esatta nella linea costiera ma indica isole che non esistono più sopra il livello del mare. Osservando le coste delle isole del Mediterraneo si nota l’aumento notevole del livello del mare.
[Foto: Carta di Oronteus Fineo]

La carta geografica di Oronteus Fineo del 1531 presenta un Antartide diversa da quella che noi conosciamo e in una posizione spostata rispetto all’attuale. Tale carta ne documenta la colonizzazione ed è sicuramente stata ricopiata da altri documenti precedenti dei quali si è persa traccia.

Nel 1949 una spedizione di Byrd (3), effettuando carotaggi nel mare di Ross, rilevò cambiamenti delle condizioni ambientali in diverse epoche. Emersero composti di sedimenti a grana fine, come quelli depositati nei mari dai fiumi. Si scoprì che prima del 4000 a.C. vi era un clima caldo, ed era durato per molto tempo.

Fineo presenta una carta dell’Antartide priva di ghiacci, con catene montuose e fiumi come è stato appurato che siano. Numerose insenature e estuari, mentre all’interno non vi sono raffigurazioni fluviali e montuose, quindi si presume fossero già ricoperti dai ghiacci. Si desume che nel 15.000 a.C. l’Antartide fosse più vicina all’Equatore di 2500 miglia.

Flavio Barbiero ipotizza possa essere la perduta Atlantide, sommersa dai ghiacci in conseguenza dello spostamento della crosta terrestre. Spostamenti cui accennò Hapgood, che iniziarono nel 91.600 a.C. portando l’Europa nel Circolo Polare Artico e continuarono nel 50.600 a.C. con il Nord America nella zona polare, culminando nel 15.000 a.C. per terminare nel 9.600 a.C. con un violento sisma.
Uno spostamento di 3200 chilometri avrebbe provocato lo spostamento di una terra abitabile nel circolo polare antartico. Quella terra era circondata da oceani, come afferma Platone.

Hancock incaricò un esperto nella ricerca delle tracce del continente perduto; questi dichiarò che un simile continente doveva estendersi su di un territorio più grande di 2000 miglia, impossibile quindi che sorgesse sul fondo dell’Atlantico secondo quanto rappresentato dalle carte moderne.
Padre Kirker possedeva una carta di Atlantide, copia di un originale che i romani rubarono in Egitto, che sembra avvalorasse tale teoria.
Hapgood è sempre stato trattato come se avesse sollevato il coperchio di una pentola, il cui ingombrante contenuto doveva rimanere sconosciuto.
A tal punto chi ha ragione?
L’ortodossia afferma che sono trascorsi milioni di anni da un antartico privo di ghiacci rendendo impossibili tali teorie.

Chi tracciò quindi quelle carte?
[Foto: Carta di Zeno]
La carta di Antonio Zeno, datata 1380, rappresenta la Groenlandia senza ghiaccio; vi sono indicati fiumi che in effetti esistono ma sotto una millenaria coltre ghiacciata rilevata solo a mezzo di sonde. Ovviamente devono essere stati rilevati quando quella terra godeva di un clima temperato.

Traspare quindi che tali carte siano state copiate da mappe originali tracciate da una civiltà in possesso si navi adatte a solcare gli oceani, di valenti astronomi e matematici; una civiltà che era in grado di eseguire rilievi con assoluta precisione; che occupava una determinata area sulla Terra e aveva un’intensa attività commerciale in tutto il globo.

Prima di sposare l’ipotesi che contempla visitatori extraterrestri, la logica spinge a pensare ad una civiltà progredita presente 15.000 anni fa, scomparsa in seguito ad un disastro causato da uno scorrimento della crosta terrestre, favorendo la teoria di Hapgood.

Nell’Asia a Kohistan vi è un disegno che riproduce gli astri in una posizione risalente a 10.000 anni fa; vi si osservano alcune linee che collegano Venere con la Terra.

Hapgood è deceduto senza poter comunicare cosa aveva ulteriormente scoperto e avrebbe formato l’argomento del suo prossimo libro. Era convinto che la Terra centomila anni fa era popolata da una civiltà tecnologicamente avanzata.
Al contrario, noi, oggi, sembra non si voglia ammettere di essere solo i sopravvissuti di quell’antica civiltà, scomparsa nei marosi o sotto una pioggia di meteoriti, in possesso di quella scienza e conoscenza andata perduta, che mai l’uomo sarà in grado di ritrovare totalmente.
Anche se non ci vogliamo porre tante domande su chi erano e quando hanno vissuto i nostri progenitori dobbiamo convenire che non possiamo essere stata la prima civilizzazione del pianeta Terra. Almeno dalle storie, leggende, o miti, che il passato tramanda.

Le Americhe erano nate quando gli Dèi vivevano fra gli uomini; in quell’età chiamata d’oro, quando esisteva una sola fede religiosa e la conoscenza dell’Universo era patrimonio di tutti e non di pochi per il loro esclusivo e meschino interesse teso a plagiare e manovrare le masse?
Ma dato che l’America venne scoperta molti secoli prima del 1492 perché nei tempi seguenti tutti se ne dimenticarono?
Chi nascose il nuovo mondo fino a Colombo? Per quale motivo venne nascosto?
Come furono nascosti i viaggi intrapresi precedentemente?
Dobbiamo altresì sottolineare che la “scoperta” di Colombo trasforma il mondo piatto in una sfera. Ufficialmente, all’epoca, la geografia terrestre considerava una Terra piatta non un pianeta di forma sferica; teoria condivisa anche dalla chiesa.

Ma Fenici e Cartaginesi avevano navigato in ogni angolo del globo circumnavigandolo; i Vichinghi sembra fossero sbarcati nel Nord America intorno al 1000 con il figlio di Erik il Rosso, Leiv Eriksson, dopo aver colonizzato l’Islanda e la Groenlandia.
La storia cita due navigatori: Herjulfsson che nel 986 spinto fuori rotta da una violenta tempesta avvistò una terra ad ovest ma non riuscì ad approdarvi; Leiv Eriksson, anch’esso spinto fuori rotta, raggiunse le terre americane nell’anno mille. Compì altri tre viaggi e sbarcò in punti diversi: a Helluland, cioè Baffin, a Markland ossia il Labrador; e infine nel Vinland, terra non ancora ben identificata, per alcuni l’attuale Terranova, la terra del Vino, secondo altri la costa canadese.
Nel 1964 il presidente B. Jonhson e il Congresso americano hanno proclamato nel 9 ottobre il “Leif Eriksson Day” fregiando il norvegese del titolo di scopritore dell’America. Una festa celebrata fin dal 1930 ma solo nel Wisconsin e nel Minnesota che oggi ricorda la grande migrazione norvegese avvenuta alla fine dell’ottocento. 
[Foto: Statua di Leif Eriksson]
Al vichingo Leif, o Leiv, è stata dedicata anche una statua.

Nel 1402 l’imperatore della Cina Zhu Di incaricò l’ammiraglio Zheng He di scoprire terre sconosciute ponendolo a capo di una flotta composta da oltre cento navi e ben ventimila uomini. Mentre era in viaggio l’imperatore morì e il successore interruppe le spedizioni marittime. Nessun documento storico narrò l’impresa di Zheng He e di lui si persero le tracce.
Secondo Menzies nei Caraibi si troverebbero i resti di nove imbarcazioni cinesi affondate nel 1421.
Menzies indagò a lungo per ricostruire gli spostamenti di Zheng che sembra, tra il 1421 e il 1423, abbia compiuto ben sette viaggi ed effettuato la circumnavigazione del globo. Secondo Menzies il navigatore cinese approdò sulla costa americana prima di Colombo.
[Foto: Relitti imbarcazioni cinesi]

Recentemente nei Carabi sono stati ritrovati numerosi reperti e relitti di vascelli cinesi molto antichi. 
[Foto: Monete]
Fra i reperti più significativi monete, metalli; sia nei Carabi, sia lungo la linea costiera dell’isola di Vancouver, sia sul fondo del Golfo del Messico (Aran Pass – Texas) dove è stata recuperata una scultura lignea di stile e composizione cinese datata circa al 1400 d.C.. L’America dunque era un territorio già noto da tempo. La Chiesa ne era al corrente. Pio IX disse che la verità si conoscerà quando verranno alla luce i veri documenti. Leone XIII scrisse: “Colombo è nostro, quello che ha fatto lo ha fatto per la Chiesa”.

L’invenzione della scoperta di nuove terre è stata in pratica la necessità di ufficializzare al mondo la loro esistenza, di rivendicarne la conquista a nome della cristianità prima che esse divenissero preda dell’Islam. Da tempo i Turchi conoscevano il “nuovo mondo” e possedevano potenti flotte in grado di raggiungere quei territori.
Una corsa alla conquista che ha avuto lo scopo di consolidare uno status quo, una posizione di supremazia, qualcosa che è avvenuta varie volte nella storia dell’umanità. Qualcosa che riporta alla mente la corsa alla conquista dello spazio e lo sbarco sulla Luna; una recente vicenda sulla quale grava un grande punto interrogativo.

Dal passato riemergono prove che sul continente americano la presenza umana risale a molti millenni indietro rispetto a quelli stabiliti; in Virginia a 18.000 anni fa, in Cile ed in Brasile a 20.000 anni. Alcuni ritrovamenti portano a datazioni, non ammissibili dalla scienza ufficiale, che contano decine di migliaia di anni più indietro.
Sicuramente antichi esploratori sono sbarcati sulle coste americane e hanno intrattenuto rapporti commerciali con i popoli esistenti fin da tempo molto remoti. Le figure di animali su ruote rinvenute a Veracruz sono simili a quelli in uso 5.000 anni fa in Cina, Giappone e India. I Maya dall’India potrebbero aver adottato il numero “zero” e l’immagine dell’elefante che si trova nelle steli di Copan.
Secondo la leggenda il dio barbuto Viracocha giunse dal mare. Gli Inca videro chi sbarcò sulle loro spiagge. Gli spagnoli nel vedere la statua del dio dissero che somigliava a San Bartolomeo (4), quindi con fattezze europee.
Gli Egizi sono forse giunti sulle coste americane, dato che in alcune mummie sono state ritrovate tracce di tabacco e cocaina.
[Foto: Pannocchie di mais]

Fra le mani di divinità Indù sono raffigurate pannocchie di mais; scolpite anche nella cappella di Rosslyn (5) insieme a quelle della pianta di Aloe. I Templari sapevano?
Le domande non finiscono qui.
Negli anni trenta in una tomba Azteca a Toluca è stata rinvenuta una testina di terracotta, del II secolo d.C., di produzione romana; nel 1970 è stato ritrovato, al largo delle coste del Brasile, un carico di anfore romane sempre del II secolo d.C..
I Romani approdarono in America?
Citando Wiston Churchill: “Più si riesce a guardare indietro, più avanti si riuscirà a vedere”.

Note:
1. Visto da Gavin Menzies, ex comandante di sommergibili inglesi, nella sua permanenza nella città veneta dove svolgeva ricerche riguardanti una spedizione marittima cinese. Gavin Menzies, “1421 La Cina scopre l’America”, Carocci Editore, 2003.
2. Archeologo, cartografo, docente al Keene State College, del New Hampshire.
3. Esploratore ammiraglio della Marina Militare Americana, scomparso misteriosamente durante un volo esplorativo nel 1957.
4. Gli stessi Inca, Maya e Aztechi descrivevano Viracocha, Quetzalcoatl e Kukulkan, come “un uomo bianco dalla corporatura robusta, la fronte ampia, occhi grandi, barba fluente. Con indosso una lunga veste bianca che gli arrivava ai piedi.” Considerato “il dio della pace che apparve all’improvviso dal mare, arrivando da sud”. Poteva trasformare le colline in valli e viceversa, faceva scaturire fiumi dalle rocce; insegnò la medicina, la metallurgia, l’agricoltura, l’allevamento, la scrittura, l’ingegneria e l’architettura. Sempre secondo la leggenda, se ne andò via mare “nello stesso modo con cui camminava in terra promettendo di ritornare”.
5. Costruita dal 1446 al 1450 da William di St.Clair.

 



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ATTENTATO AL CANTIERE TAV – Caselli: «Non è stato un fatto qualunque»

Chissà perchè solo in questa occasione “tentato omicidio”, non ci sono stati neppure dei feriti, mentre in altre occasioni sembra di sì; oppure erano solo delle montature?

E che fine hanno fatto le varie accuse alla Polizia?

Credo proprio che se un giorno il Procuratore deciderà mai di svolgere una indagine seria ed onesta, pottrebbe  ottenere risultati sorprendenti, ma spiacevoli, la cui semplice conoscenza potrebbe rappresentare un serio pericolo.

  
Il procuratore: «Chi vuole minimizzare faccia pure ma noi abbiamo elementi che fanno pensare diversamente».
 
 «L’ultimo recente attacco al cantiere Tav non è stato un fatto qualunque, chi lo vuole minimizzare faccia pure, ma noi abbiamo elementi che fanno pensare diversamente». Lo ha detto il procuratore Giancarlo Casellli oggi al Salone del Libro di Torino a margine della presentazione del Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia. 

«Ognuno dice cosa crede anche per fare propaganda alle proprie tesi», ha aggiunto Caselli rispondendo a chi sostiene che c’è stata poca attenzione nell’accogliere nel cantiere aziende non fornite in modo ottimale di certificazioni antimafia. «Il problema – ha concluso – è che il problema Tav non resti appannaggio di forze dell’ordine e magistratura. Occorrono competenze, sensibilità e sapere diversi per affrontare questa delicata questione».

SABOTAGGI CHE NON FANNO NOTIZIA E CHE NONSCOMODANO MINISTRI, SBRIRRI GALLONATI, MAGISTRATI E PENNIVENDOLI

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SABOTAGGI CHE NON FANNO NOTIZIA E CHE NON SCOMODANO MINISTRI, SBRIRRI GALLONATI, MAGISTRATI E PENNIVENDOLI.

MA LA VALSUSA RICORDA E NON PERDONA.

Al presidio di latta si è trovato qualche cambiamento (non si cambia mai!!!!).

Il tendone ora ha le finestre e pareti lacerate da lunghi tagli, la stufa rovesciata con altri oggetti, più in là una sedia rotta, rotta anche la pietra per cuocere la carne e rotto il vetro della baracca di latta…..

un tempo questa era una valle quieta…. tra breve sarà un punto di malattia e morte, appena le terre delle centenarie frane cederanno il posto nella galleria al sistema circolatorio della montagna…. l’impressione è che tutti noi valligiani diamo fastidio a qualcuno e così è meglio toglierci di mezzo… ma con noi, a conti fatti ed a giochi fermi questo altissimo prezzo alla fine lo  pagheranno anche  i lavoratori della grande opera, quelli di braccia e quelli di guardia…

E’ una storia questa senza senso, buona solo per gli appetiti stupidi di qualcuno…..

dormiamo bene, domani è un altro giorno in salita…

gabriella          

 

IL POVERO OPERAIO MINACCIATO (CHE CORREVA I RALLIES)…..E COSA SI DICE DI LUI NEI BAR DI CHIOMONTE

post — 16 maggio 2013 at 20:16

no-tav-300x199Da una settimana i media ci raccontano la storia del povero operaio del cantiere TAV di Chiomonte che è stato oggetto di una sassaiola da parte di soggetti incappucciati, subito identificati con i NO TAV ed oltre al singolo episodio ormai sappiamo che il “povero operaio” fa una vita da perseguitato, pedinato, minacciato, etc. etc.

A parte le prime valutazioni emerse dal Movimento NO TAV che tali erano e che invece  in modo meschino sono state trasformate dai media in presunte “rivendicazioni” (di una sassaiola? Ma siamo seri!!) dopo una settimana le cose appaiono sempre più strane, ed il comportamento del “povero operaio” suffraga tutti i dubbi che ormai contornano la storia.

Nei bar di Chiomonte si dice che il “povero operaio” in realtà sia un soggetto che abbia difficoltà a lavorare con i colleghi, qualsiasi essi siano, ed i comportamenti conseguenti questa sua difficoltà paiono non essere molto graditi dai colleghi del cantiere TAV che a volte gli manifestano in modo, diciamo deciso, la loro contrarietà. Si dice, sempre nei bar di Chiomonte, che la sassaiola potrebbe essere una di queste manifestazioni di contrarietà al suo comportamento e suo al vizio inveterato per lo sputtanamento-delazione dei colleghi grazie al quale alcuni di questi hanno avuto serie rogne con i datori di lavoro.

Sempre il “povero operaio” pare fosse un appassionato di rallies ed almeno fino a poco tempo fa partecipasse a questo tipo di competizioni, competizioni a cui notoriamente partecipano tutti coloro che guadagnano 1.200 euro al mese e non hanno altri redditi!

Il “povero operaio” dichiara, nell’intervista video a La Stampa, di essere sempre seguito, addirittura pedinato quando è andato a votare, che gli “sono entrati in casa”, che “sanno tutto di lui” insomma è uno degli interessi primari dei NO TAV!

Il Movimento NO TAV per forza di cose conosce i nomi e le residenze di chi, in Valle, lavora al cantiere di Chiomonte, come allo stesso modo e per le stesse ragioni coloro che lavorano nel cantiere di Chiomonte conoscono il nome e le residenze degli appartenenti al Movimento NO TAV, non vi è nulla di strano.

Sarebbe strano, invece, che il Movimento NO TAV perdesse tempo a pedinare un “povero operaio” senza alcuna importanza ed addirittura gli organizzasse un agguato!

Va bene che in Valsusa lanci di pietre e tagli di gomme dei consiglieri provinciali sono buoni per ogni occasione e per avere un po’ di visibilità, però invitiamo i media ad approfondire un po’ di più le loro analisi.

Infine, ritornando a quanto si dice nei bar di Chiomonte, parrebbe che proprio in seguito ai suoi comportamenti in ambito lavorativo, il futuro presso l’azienda in cui lavora il “povero operaio” sia piuttosto incerto ed anzi a forte rischio. Stranamente il “povero operaio” conclude l’intervista a La Stampa prevedendo che, essendo lui terrorizzato dalla cattiveria dei NO TAV non potrà più recarsi nel cantiere di Chiomonte, allora la ditta presso cui lavora gli dirà : allora tu non ci servi più, e quindi lui dovrà andare dai NO TAV a mangiare!!!

Che queste ultime affermazioni non siano una previsione sul futuro ma piuttosto riguardino le conseguenze dei suoi comportamenti lavorativi che lui già conosce? Che non sia un abile tentativo per uscire da una situazione in cui si è cacciato da solo?

Noi non lo sappiamo, però tutta la storia pare un po’ strana!