Presentato un esposto sui costi del cantiere di Chiomonte

WRITTEN BY: LEONARDO CAPELLA – MAY• 28•13

Fracchia e Patrizio

Oggi, 28 maggio, nell’ufficio del Sindaco di Avigliana Angelo Patrizio, si sono riuniti i sindaci di Sant’Ambrogio, Rivalta, Villar Focchiardo e Avigliana, accompagnati da una rappresentanza di amministratori di Sant’Antonino, Meana, Condove e Almese. Sindaci e amministratori hanno convocato la conferenza stampa odierna per comunicare di voler procedere a un esposto alla Procura della Repubblica di Torino e a una segnalazione alla Corte dei Conti. Motivo: le presunte anomalie relative ai costi e alle procedure d’assegnazione di alcuni appalti  [solo due sono stati resi disponibili agli amministratori da LTF, N.d.R.]. Anomalie per le quali tutte le amministrazioni comunali dei presenti hanno approvato una delibera.

Il Sindaco Patrizio ha dichiarato che “vista l’attuale situazione economica ci sembra serio affrontare i valori anomali di questi appalti e la stranezza delle procedure applicate”,  e ha sottolineato l’importanza di cominciare sin da ora a esigere trasparenza, anche in questa che appare come soltanto una piccola parte della futura controversa opera.

La classe politica continua a imporre sacrifici con tagli a tutti i servizi – ricorda il sindaco di Avigliana -, ma i ministri Lupi e Alfano, in modo surreale, proseguono nella crociata a favore del Tav. Un’opera data come prioritaria oltre venti anni fa, che ancora oggi viene giustificata negli stessi termini di allora. “Come è possibile che sia ancora un opera strategica?” si chiede Patrizio.

Alberto Veggio, di Condove, ha quindi riportato l’attenzione sulla grande valenza politica di esposto e segnalazione, in risposta alle deboli giustificazioni prodotte da LTF sia sull’uso della trattativa privata per l’assegnazione degli appalti sia sulle somme di denaro a essi connessi. Appalti di un’entità tale, ricorda Veggio, che nessuna amministrazione darebbe ad aziende sprovviste della certificazione SOA, documento atto a comprovare le capacità d’impresa di sostenere ogni appalto pubblico di fornitura e posa in opera, con importo a base d’asta superiore a 150.000 euro.

Del resto, il protocollo d’intesa siglato in Prefettura a Torino, nel settembre 2012, in relazione agli enti incaricati dei controlli fra cui il G.I.T.A.V. (Gruppo Interforze Tratta Alta Velocità) fa porre al consigliere di Meana il dubbio di come sia possibile che queste anomalie non siano già state riscontrate. “Per i sindaci questa richiesta di controllo è doverosa” conclude Angelo Patrizio

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Val di Susa. I poliziotti magicamente feriti prima ancora delle manifestazioni

Anonymous, dopo essersi introdotta nel sito del sindacato di polizia Sap, ha scoperto numerosi file contenenti moduli precompilati di querele di ferimento, che consegnava agli agenti prima ancora che si verificassero scontri.

Redazione– –28 maggio 2013- A scoprirlo è stato il comitato hacker Anonymous, che, dopo aver girovagato nei meandri cybernetici del Tribunale di Roma e del Siulp, è approdata sul sito del Sap, il sindacato della polizia. E qui l’amara rivelazione: se vi sono così tanti agenti feriti negli scontri in Val di Susa è perchè esiste un vero e proprio archivio di moduli di malattia precompilati.

Anonymous, dopo aver reso pubblici, sul proprio blog, i dati di migliaia di agenti delle forze dell’ordine, ha sottratto infatti al sindacato ben noto ai No Tav centinaia di documenti. Tra questi, appunto, una documentazione riguardante le manifestazioni in Val di Susa che succedettero allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, avvenuto nell’estate del 2011. In particolare, gli scontri più feroci avvennero il 27 giugno e il 3 luglio e, proprio pochi giorni prima di tali date, il Sap aveva diffuso tra i reparti inviati nelle Valli dei documenti prestampati. In essi si trovavano querele di ferimenti riportati durante le manifestazioni che ancora sarebbero dovute accadere.
Una volta superati quei giorni, i poliziotti dovevano consegnare a un legale di Torino, indicato sempre nei faldoni, le denunce, in modo tale da poter ufficializzar il tutto.

Insomma, feriti prima ancora di recarsi alle manifestazioni, i poliziotti hanno potuto contare sull’aiuto certo non indifferente del sindacato, che magicamente li feriva in anticipo sulla carta. Il quale, ben intesi, è stato lo stesso che nel maxi processo contro i No Tav della Val di Susa si è costituito parte civile.

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Il ministro Lupi e i trasporti: dov’è finita la concorrenza?

di  | 27 maggio 2013

Il nuovo super-ministro per le infrastrutture ed i trasporti, on. Maurizio Lupi, è del Popolo delle Libertà, ma, come tutti i ministri del partito che sembra avere il liberalismo nel nome stesso, non sembra manifestare alcuna tendenza liberale, il che dovrebbe fare molto riflettere la nostra sinistra, soprattutto quella che attribuisce al PdL tendenze e valori liberali che mai si sono sognati di avere.

Infatti il programma che il ministro ha presentato il 21 maggio alla Commissione parlamentare della Camera preposta al settore, nomina la parola “concorrenza” una volta sola, e in uno dei titoli dei diversi capitoli. Poi il termine scompare per sempre, né è sostituito da pur remoti sinonimi.

Ma c’è un altro tema cruciale per il settore, che è quello della costituzione della sempre rimandataAutorità indipendente per il settore. Bene, questa Autorità è nominata in una sola riga, su 17 pagine di testo, e l’ex-ministro PdL dei trasporti Matteoli, che ancora ha un ruolo governativo per il settore, si è affrettato a dire che non serve.

Ora, c’è un nesso molto forte tra regolazione e concorrenza: vediamo di spiegare perché.

La concorrenza (non la privatizzazione, che senza concorrenza è un disastro!) serve a rendere le imprese pubbliche o private più efficienti, cioè a ridurre i costi per lo Stato, cioè a liberare risorse per altri servizi pubblici. E questo risultato si può ottenere senza toccare minimamente la socialità dei servizi. Prendiamo per esempio i trasporti pubblici: se si mette in gara un servizio urbano fissandone prima le caratteristiche, la qualità e le tariffe, vincerà l’impresa che chiede meno sussidi totali per il periodo di validità della gara, di solito 5-6 anni. Gli utenti manco se ne accorgono, o forse stanno ancor meglio di prima.

La regolazione riguarda le infrastrutture (autostrade, linee ferroviarie, aeroporti ecc.), che non si possono affidare al libero mercato: occorre però stabilire regole stringenti che proteggano gli utenti da rendite di monopolio se i gestori sono privati, o da inefficienze se sono pubblici.

Concorrenza e regolazione sono entrambe odiatissime dai gestori attuali di infrastrutture e servizi, ma farebbero molto piacere agli utenti (e anche ai contribuenti, se ci son di mezzo i sussidi).

Un altro tema importantissimo citato in questo documento programmatico sono gli alti costi del trasporto per i cittadini e per le imprese. Appare davvero straordinario che le cause di questi alti costi sono sempre attribuiti alla scarsità di infrastrutture o di buone organizzazioni logistiche, e mai alle due cause principali. Una è la già citata scarsa concorrenza e regolazione, e l’altra, evidente a chiunque, le altissime tasse che gravano sul modo di trasporto stradale, che serve il 90% dei movimenti di merci e passeggeri (e che al massimo potrà scendere all’85%….). Da dei recenti dati Istat emerge poi un dato che conferma quello che lo scrivente ha sempre sostenuto: le imposte sulla benzina incidono assai di più sui redditi dei poveri che su quelli dei ricchi. Cioè, per dirla con gli economisti, sono “regressive”, e forse anche spiegano il mistero della drammatica crisi del settore automobilistico, con calo di acquisti e percorrenze molto superiori alla media degli altri consumi.

Dulcis in fundo, riemergono le “grandi opere” berlusconiane come possibile fonte del rilancio dell’occupazione. Ora le “grandi opere” per ogni Euro pubblico speso, occupano pochissima gente, e in tempi lunghi, mentre c’è assoluto bisogno del contrario: occupare tanta gente in tempi brevi. E di Euro pubblici ce ne sono pochi da spendere.

Per le grandi opere si invoca poi la “golden rule”, cioè che l’Europa consenta di non conteggiare queste spese nel deficit nazionale, nell’ipotesi che, visto che sono utilissime per la crescita dell’economia, non si tratti di vera spesa pubblica, ma solo di un anticipo per il benessere futuro, al contrario della spesa corrente (stipendi ecc.). Ma a giudicare dalle due opere maggiori menzionate, la TAV Lione-Torino e la AV Napoli-Bari, l’ipotesi che non siano costosissimi sprechi di denaro pubblico appare davvero remota: si pensi che per nessuna delle due è previsto un minimo rientro finanziario dell’investimento, messo tutto a carico delle esangui finanze pubbliche, cioè dei contribuenti. Infatti se fossero messe delle tariffe tali da far recuperare allo Stato anche una piccola parte dell’investimento, i pochi utenti previsti scapperebbero come lepri, né ci sarebbero lupi capaci di riacciuffarli.

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Zona off limit in Clarea per gli scavi archeologici

Watermarked Image2Si è ripetuta ieri la situazione che in Clarea ha caratterizzato la settimana precedente, nei giorni dal martedì al venerdi, quella dell’impossibilità di raggiungere prima delle diciotto il cantiere, il presidio no tav, il campo della memoria. E naturalmente di portare in visita persone all’insediamento neolitico nei boschi sovrastanti, un vero patrimonio ancora integro, a differenza del museo archeologico, da due anni occupato dalle Forze dell’Ordine e la necropoli, praticamente distrutta a causa del passaggio dei mezzi militari nell’occupazione iniziata a fine giugno  2011.

E così per qualsiasi persona che giunga dal sentiero proveniente da Giaglione, e questo per tutto il giorno, è impedita la prosecuzione dalla presenza delle Forze dell’Ordine che stazionano stabilmente sul ponte del Clarea. Impegnate a far valere una decisione presa, si dice, di ordine pubblico, ma che per il momento non è suffragata da nessuna ordinanza.

La ragione? Quella dei lavori che si stanno effettuando nel bosco che precede il cantiere, quella stessa area che dovrebbe vedere realizzata la strada di collegamento fra Giaglione e Chiomonte.

Gli interventi che in questi  giorni caratterizzano il luogo vedono l’apertura di alcuni scavi archeologici, l’ultimo dei quali iniziato proprio ieri, un intervento questo fatto in sordina, da personale ( tecnico ed operaio) occupato a dialogare, come pare, unicamente con LTF. Cosa questa sicuramente singolare, vista la particolarità del  luogo, segnato dalla presenza  di insediamenti neolitici ed interessato anche da una notevole fortificazione, costruita negli anni intorno al 1600, della quale rimangono tracce evidenti in luoghi in prossimità e della quale si fa memoria quando si parla della battaglia di Susa.

Watermarked Image1Gli scavi stanno mettendo in luce tracce di muri che andrebbero viste con attenzione da esperti neutri, questo per fugare ogni più piccolo dubbio sulla trasparenza degli interventi, offrendo certe garanzie di tutela. In questa zona si può constatare come non vi siano tracce di sabbia di torrente, questo perché, fino agli anni intorno al 1930, il torrente Clarea scorreva, facendo una grande ansa, proprio nella zona all’interno del cantiere e quindi non in quest’area.

Ed è possibile che in questi giorni rinvenimenti ve ne siano stati, di altra natura, considerata la presenza, la scorsa settimana, di personale della Polizia scientifica…. C’è chi ipotizza il ritrovamento di qualche caduto nel corso della battaglia di Susa, chi sta pensando a incidenti in epoca più recente…

Per il momento nessuna notizia ufficialmente trapela… Evidente quindi l’attenzione posta nel capire quale è la rilevanza di questo intervento. Per evitare, tra l’altro, che le tracce del passato, importanti per la memoria di chi qui in questa valle ci vive, vadano cancellate, anch’esse immolate sull’altare della grande opera che si vuole realizzare….Watermarked Image3

Gabriella Tittonel

28 maggio 2013

http://www.tgvallesusa.it/?p=1061

Anonymous scopre i “moduli malattia precompilati” per i poliziotti in Val Susaost

Lunedì 27 Maggio 2013 12:43

Anonymous scopre i "moduli malattia precompilati" per i poliziotti in Val Susa

 

Anonymous scopre la ragione per cui tanti poliziotti “rimangono feriti” in Val Susa: il sindacato Sap fornisce moduli precompilati, senza tanti fronzoli. Una scoperta che dovrebbe interessare – forse – anche il giudice Caselli. 

Dopo che nei giorni scorsi gli attacchi si erano diretti contro i siti del Tribunale di Roma e del SIULP (il Sindacato Italiano Unitario Lavoratori Polizia) e i dati personali di migliaia di agenti delle forze dell’ordine erano stati resi pubblici tramite il blog ufficiale di Anonymous, nei giorni scorsi è stato il turno del sito del SAP nazionale, altro sindacato di polizia ben noto ai NO Tav (si è anche costituito parte civile nel maxi processo a nostro carico), che è stato attaccato e dal quale sono stati sottratti centinaia di altri file. Si tratta di un attacco consistente, documenti di ogni tipo per un totale di 250Mb, sottratti e resi pubblici ormai da giorni sul blog anon-news. Sono diversi i dati significativi che emergono,e curiosando tra i tantissimi file (scaricabili qui) ci è caduta l’attenzione su una parte di documentazione relativa alle manifestazioni No Tav seguite allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena nell’estate del 2011, in particolare alle giornate del 27 giugno e del 3 luglio: a quanto pare prima delle due giornate il SAP avrebbe diffuso tra i reparti mobili inviati in Val Susa alcuni documenti prestampati contenenti querele di ferimenti riportati durante le manifestazioni, con l’indicazione di recapitarne copie ad un avvocato di Torino. Detto in altre parole, il SAP è riuscito nell’audace operazione di far sì che gli agenti risultassero feriti dai temibili No Tav ancor prima che le manifestazioni avessero luogo! Viene da chiedersi se questa strategia sia stata riservata solo al contesto della Val Susa o se non sia prassi più diffusa quella di diffondere querele di fantomatici ferimenti preconfezionate e buone per tutte le occasioni… (http://www.infoaut.org/index.php/blog/varie/item/7942-la-vendetta-di-anonymous-continua-nuovi-file-della-polizia-in-rete)

Caso Anonymous, l’ombra Sismi

venerdì 24 maggio 2013

di Carola Frediani

Dall’inchiesta emerge la figura molto ambigua di uno degli indagati, che aveva contatti con i servizi segreti. Il suo avvocato, Carlo Taormina, lo conferma. E nella “banda” messa ai domiciliari è stata fatta un po’ di confusione tra veri attivisti e infiltrati

Polizia postale e Symantec contro uno stuolo di ragazzi pronti a violarne le infrastrutture. Penetrare in sistemi, rubare codici, modificare siti. Gli uni contro gli altri armati. E’ successo giovedì alla Sapienza di Roma, durante una esercitazione, anzi, una vera e propria gara, la Cyber Readiness Challenge, in cui studenti universitari e anche qualche IT manager erano invitati a sfidare una serie di sistemi allestiti appositamente dalla nota multinazionale della cybersicurezza insieme al Cnaipic, il Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche. Con tanto di classifica per i più bravi. Ma se qui i più valenti vengono elogiati, fuori da quelle mura chi viola davvero siti statali e di aziende rischia il carcere. E nelle stesse ore in cui gli studenti si preparavano alla sfida simulata, fuori altri ragazzi, della stessa età, attaccavano a muso duro le istituzioni.

 

LA REAZIONE AGLI ARRESTI Anonymous Italia ha reagito così al blitz giudiziario del 17 maggio, quando sono stati eseguiti 4 arresti (ai domiciliari), 6 denunce a piede libero, e 10 perquisizioni. E lo ha fatto prima mandando offline il tribunale di Roma il 20 maggio, poi pubblicando alcuni dati sensibili (email, indirizzi IP, nomi) su presunti membri di forze dell’ordine. Alcune fonti della polizia postale fanno sapere all’Espresso di essere pronti ad accettare la sfida; che le indagini andranno avanti e che la richiesta di dare risposte sulla sicurezza delle istituzioni è quanto mai forte. Dunque c’è il rischio di una escalation, su entrambi i fronti. Tutto ciò provocherà un forte rumore di fondo che rischia però di far perdere di vista l’aspetto più importante di queste ultime vicende: l’inchiesta che ha portato agli arresti e agli indagati per associazione a delinquere. Dopo le prime ore di confusione, ora stanno emergendo diversi pezzi che possono aiutare a fare un quadro più chiaro. E molto più sfumato dei primi giorni. IL ROMANZO CRIMINALE Secondo gli investigatori, il gruppo di arrestati/indagati sarebbe stata una “associazione criminale che operava alle spalle del movimento”. Un “consorzio criminale” che “sfruttava il marchio” di Anonymous per fini personali o addirittura per creare problemi ad aziende e poi porsi come soluzione (ipotizziamo, ma non è stato esplicitato, offrendo servizi di consulenza).

Insomma, bisogna immaginarsi -è la tesi degli investigatori – un gruppetto quanto mai assortito che fa un’Opa su Anonymous per i propri interessi. Una specie di banda della Magliana digitale: c’è G.P, 34 anni, leccese, ingegnere forse legato al Sismi, forse informatore, per la polizia semplicemente un cracker, un pirata informatico, che ama rilasciare interviste in giro con la maschera di Guy Fawkes; c’è L.L., 20 anni, bolognese, lo studente modello e un po’ ingenuo che si sarebbe lasciato trascinare; c’è S.L., 28 anni, veneziano, laureato in medicina ma anche hacker abile, capace di muovere un’armata di computer attraverso una botnet, genio e sregolatezza; e c’è J.R., 25 anni, di Ivrea, studente forse vicino ad ambienti antagonisti. Questi, secondo quanto dichiarato dalle forze dell’ordine, sarebbero i capi dell’associazione, a cui, in qualche modo, sarebbero legati gli altri indagati, che si trovano per altro sparsi tra il Nord e il Sud d’Italia.

TARGET ATTIVISTI Un romanzo criminale suggestivo ma che a una analisi degli elementi finora a disposizione presenta delle criticità. Il primo problema sono i target colpiti da questo “consorzio criminale”, come viene definito. In stragrande maggioranza sono azioni effettuate e rivendicate da Anonymous Italia (nota anche come Anon Italy). Inoltre ci sono molti siti istituzionali e puramente simbolici, ed appare difficile che qualcuno possa anche solo pensare di sfruttarli per fini personali o per lucrarci sopra. Ad esempio il sito della Presidenza del Consiglio. Il Ministero della Difesa. La Polizia di Stato. I Carabinieri. Il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria. Il Comune di Torino. E poi Trenitalia, Equitalia, Enel.

 

Fonte: l’Espresso

Tratto da: http://www.nuovaresistenza.org/2013/05/24/caso-anonymous-lombra-sismi-lespresso/#ixzz2UEhqojQO

http://www.nocensura.com/2013/05/caso-anonymous-lombra-sismi.html

 

Giappone, riapre la centrale nucleare più grande del mondo

venerdì 24 maggio 2013

 La centrale di Kashiwazaki-Kariwa, capace di produrre ben 8.210.000 kilowatt, è stata inaugurata nel 1985 ed è stata ampliata fino ad avere oggi sette reattori

A poco più di due anni dal disastro di Fukushima, il Giappone apre la strada al ritorno del nucleare. LaTepco, gestore della centrale colpita dal sisma/tsunami dell’11 marzo 2011, intende infatti far ripartire entro fine luglio la mega centrale nucleare di Kashiwazaki-Kariwa, la più grande al mondo.

L’utility ha infatti deciso di presentare alla Nra, la nuova Authority nipponica sulla sicurezza, la richiesta per riavviare due reattori dell’impianto della prefettura centro-occidentale di Niigata, al termine del completamento dei lavori sulla “sicurezza rafforzata”.

La centrale di Kashiwazaki-Kariwa, capace di produrre ben 8.210.000 kilowatt, è stata inaugurata nel 1985 ed è stata ampliata fino ad avere oggi sette reattori.

L’intenzione della Tepco non costituisce una mossa isolata: altre utility si avvierebbero a fare lo stesso, anche in considerazione del rischio di blackout durante il periodo estivo.

 Hokkaido Electric Power, continua lo Yomiuri, vorrebbe riattivare l’impianto di Toimari (in Hokkaido);Kansai Electric Power quello di Takahama (prefettura di Fukui);Shikoku Electric Power quello di Ikata (prefettura di Ehime); infine, Kyushu Electric Powerpunterebbe a due centrali, Satsuma-Sendai (prefettura di Kagoshima) e Genkai (prefettura di Saga).

Intanto uno dei due reattori nucleari, situati a Tsuruga nel Giappone meridionale, é stato fermato in via precauzionale in quanto si trova sopra una faglia attiva. La commissione,Japan Atomic Power Company, sta valutando i rischi reali prima di effettuare un eventuale smantellamento.

Attualmente in Giappone sono attivi solo due reattori su cinquanta, chiusi in via precauzionale dopo il disastro di Fukushima.

 Fonte: http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/giappone_riapre_centrale_nucleare_piu_grande_mondo.html

http://www.nocensura.com/2013/05/giappone-riapre-la-centrale-nucleare.html

I SIGNORI DELLA FINANZA PREPARANO L’ESPROPRIO GLOBALE

Innanzi tutto facciamo osservare che i signori della finanza hanno già progettato la fase finale della operazione per l’esproprio della ricchezza nazionale della Russia. Il paravento ideologico-propagandistico dietro il quale si attua il disegno di “esproprio globale” è costituito dalla campagna per la lotta al terrorismo internazionale condotta dagli USA e iniziata dopo l’11 settembre 2001. Questa campagna è stata via via integrata da altri strombazzati programmi contro la corruzione, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro “sporco”, la criminalità internazionale, ecc.

Di V. Katasonov

Sovross.ru

 In realtà, queste nobili intenzioni di mettere ordine nel mondo intero, e di “salvaguardare gli interessi nazionali degli Stati Uniti”, servono a mascherare la corsa della oligarchia finanziaria internazionale verso il dominio planetario. Si stanno infatti creando gli strumenti idonei all’esproprio globale, allo smantellamento degli stati sovrani, alla costituzione del governo mondiale ed alla formazione di un regime totalitario di dimensioni universali (il “lager mondiale”). 

Il completo esproprio di tutti i beni e la loro concentrazione nelle mani di una ristrettissima èlite internazionale è la condizione sine qua non per la realizzazione del nuovo ordine mondiale. A tal fine i circoli dominanti dell’Occidente in campo finanziario e bancario puntano ai seguenti obiettivi:

        1. cancellazione del segreto bancario;

2. eliminazione dei paradisi fiscali (zone offshore);

3. introduzione di procedure semplificate di congelamento e confisca dei beni di

privati cittadini e società da parte delle autorità dei paesi del miliardo d’oro;

4. limitazione della circolazione del contante e obbligo per le persone fisiche di usare i 

mezzi di pagamento e reglolamento senza contante;

5. costituzione da parte degli uffici finanziari e fiscali di reti di propri agenti ed informatori in banche e società;

6. commistione degli enti finanziari e delle banche centrali con i servizi speciali;

7. approvazione da parte degli USA di leggi extraterritoriali per la lotta agli evasori fiscali e  trasformazione di tutti gli stati, le banche e le società del mondo in agenti degli uffici tributari americani;

8. incentivazione dei processi di accentramento del capitale bancario, riduzione del 

numero delle banche con parallela espansione della rete di succursali e filiali delle stesse;

9. concessione di ulteriori poteri e funzioni alla banche centrali (mantenendone invariata l’ “indipendenza” dallo stato);

10. realizzazione, tramite accordi internazionali, di una rete di scambio di informazioni finanziarie sulle persone fisiche e giuridiche (dati personali, dati su conti e  transazioni) tra uffici fiscali, servizi investigativi finanziari e dicasteri delle finanze;

11. preparazione e svolgimento di operazioni di “sterilizzazione” di enormi masse di liquididità in giro per il mondo (contante e non, innanzi tutto dollari USA) prevalentemente tramite riforme monetarie e cambi della moneta.

In altri termini, si sta confezionando un “cappuccio” bancario-finanziario sulla intera popolazone terrestre. Banche e società finanziarie cesseranno di essere dei semplici isituti commerciali per trasformarsi in organizzatori materiali dell’esproprio fino a farsi strumento della èlite mondiale per il controllo assoluto della popolazione. Di qualcosa del genere iniziò a parlare e scrivere l’economista e socialista tedesco Rudolf Hilferding nel libro intitolato “Il capitale finanziario”, uscito a ridosso della prima guerra mondiale. Più avanti, negli anni venti, l’autore aggiornò le proprie idee sulla società totalitaria assoggettata alle banche, riproponendole in forma di teoria del “capitalismo organizzato” (è significativo che egli salutasse l’avvento di un sistema del genere come anteprima del socialismo).

 Le autorià statali, gli esponenti politici ed i cittadini della Russia debbono avere chiari i piani dell’oligarchia fianziaria mondiale e le minacce che ne derivano. Si prenda, ad esempio, il punto tre dell’elenco riportato, riguardante le procedure di congelamento e confisca dei beni di privati cittadini e società. Le “innovazioni” sono chiare. I fatti dello scorso marzo a Cipro dimostrano che ora non occorrono più motivazioni giuridiche di alcun genere per confiscare i depositi bancari. Le decisioni sono giustificate con nessità eonomico-finanziarie (“misure di stabilizzazione”). Comincia a valere il principio di “opportunità”, non politica, ma economica e fananziaria. 

 La Svizzera, rinomata per la tutela del segreto bancario, ha approvatto una legge, in base alla quale i mezzi di qualsiasi persona fisica o giuridica possono essere d’ora in avanti congelati sul suo conto  già dall’avvio delle indagini e non più dopo la pronuncia della sentenza. Questa novità può essere meglio interpretata, se si considera che gli USA hanno di recente approvato una legge, secondo cui ogni persona (sia negli USA che fuori dei suoi confini) può essere considerata un potenziale terrorista e indagata. La legge s’intitolaNational Defense Authorization Act 2012 (NDAA). Dato che USA e Svizzera hanno stipulato fra loro un accordo di cooperazione in campo finanziario, lo zio Sam ha ora la facoltà di congelare i mezzi di qualsiasi persona fisica o giuridica depositati in banche elvetiche.

 Gli oligarchi ed i funzionari corrotti di tutta la Russia non debbono illudersi che la loro lealtà al Gotha finanziario li ponga al riparo dalla eventualità dell’esproprio. Debbono scordarsi delle loro ricchezze accumulate “con tanta fatica” e chi sa se riusciranno a salvare almeno la vita e la libertà. Se i cleptomani russi capiscono la situazione, dovrebbero per primi chiedere la revisione delle privatizzazioni-truffa degli anni novanta. Dovrebbero pentirsi dei furti di denaro pubblico, degli atti di corruzione e di ogni altra frode economica, comprese le esportazioni di capitali. Certo non sarà facile mettersi d’accordo con il popolo, ma i margini di garanzia saranno certamente maggiori. La proditorietà, la vigliaccheria e l’ipocrisia dell’èlite occidentale appare ormai evidente persino a chi ha scarsa cognizione della storia dell’Occidente.

 Va detto, inoltre, che una parte della ricchezza nazionale della Russia è stata esportata legalmente. Penso innanzi tutto alle riserve valutarie governate dalla Banca centrale. Occorre dunque modificare le leggi del paese e rimpatriare quelle somme partendo dalle nuove regole. Non si tratta di operazioni inedite. 

 All’inizio del 1914, molti politici e statisti russi, ma anche gente comune, avvertirono il pericolo imminente e gran parte delle somme di società e privati cittadini russi, nonchè della Banca di Stato dell’Impero, depositate in istituti tedeschi e austro-ungarici furono alla svelta riportate in Russia. Questo paese si trova oggi alla vigilia di una guerra non meno globale, alcuni esperti anzi sostengono giustamente che essa sia già cominciata senza nessuna dichiarazione ufficiale. In una situazione siffatta i dirigenti ed i comuni cittadini della Russia debbono agire con prontezza e puntualità in varie direzioni, ivi compresa la tutela degli interessi parimoniali non solo nazionali, ma anche  personali.

 Traduzione di Stefano Trocini per si@rivoluzione

http://www.vocidallastrada.com/2013/05/i-signori-della-finanza-preparano.html

 

In Italia le imprese pagano fino all’85 per cento di tasse

By Edoardo Capuano – Posted on 27 maggio 2013

Pressione fiscale in ItaliaPREMESSA

Il caso di seguito descritto rappresenta la pressione fiscale complessiva subita da una piccola società con due soci, che ha realizzato, nell’esercizio 2012, un utile di appena 32000 euro. Una miseria, insomma. Eppure la pretesa del fisco è tale da richiedere alla società e ai soci il pagamento di circa 27 mila euro tra tasse e contributi, ossia quasi l’85% dell’utile realizzato.

In questi giorni, visto l’approssimarsi delle scadenze fiscali, sono molto impegnato con le dichiarazioni fiscali per il periodo di imposta 2012. Questo periodo, oltre ad essere sempre intenso di lavoro, ispira  numerose riflessioni e altrettanti spunti sullo stato di salute delle nostre imprese, sulla pretesa tributaria che patiscono, e sul futuro che ci attende. In una di queste, sono giunto alla conclusione che, in Italia,conviene non lavorare, non imprendere.

Starsene beatamente a casa curando i propri interessi, i propri hobby, e magari darsi a qualche buona lettura, ripagherebbe molto di più che fare impresa. Sarebbe molto più utile, almeno nello spirito. Perlomeno, fino a quando non accadrà qualche shock di sistema, tale da riformare strutturalmente i meccanismi fiscali al limite dell’incredibile, dell’immaginario e della sopraffazione. Mi riferisco alla sopraffazione che il fisco pratica nei confronti dei contribuenti e, nel caso specifico, di chi fa impresa.

Qualche giorno fa, mi è passata di mano una dichiarazione di un piccola società di capitali: una srl, con due soci che svolgono entrambi la propria opera all’interno della società.

La crisi, chiaramente, anche in questo caso, non ha risparmiato l’impresa: i ricavi si sono contratti significativamente, e anche l’utile è stato spinto al ribasso. Tant’è che il bilancio al 31/12/2012, presenta un utile prima delle imposte di appena 32000. Una miseria insomma, che non ripaga affatto il sacrificio sopportato dai due imprenditori, che si dedicano alla loro attività quasi 12 ore al giorno, immersi con impegno totale e dedizione in questo lavoro, trascurando i propri interessi, i propri affetti e le proprie passioni. Una storia di imprenditori onesti e laboriosi. Una storia come tante altre, in Italia.

In questo caso, nella determinazione delle imposte da pagare a carico della società in esame, nonostante l’esiguità dell’utile – certamente non sufficiente a garantire la sussistenza degli imprenditori e delle rispettive famiglie-, la tassazione pretesa dal fisco in capo alla società è di oltre 15.000 euro. 15.593 euro, per l’esattezza. Di cui, 12.024 a titolo Ires, e 3569 per Irap. Quindi, la società subisce un carico tributario di oltre il 48%.

Vi chiederete come sia possibile, immagino. E’ possibile perché il legislatore fiscale, sempre in cerca di nuova materia imponibile da colpire, e quindi di nuovo gettito tributario, nel corso degli anni, ha reso indeducibili una serie di costi, sia ai fini Ires che Irap. Solo per enunciarvi qualche esempio, le società, ai fini Ires, nonostante abbiano patito un incremento dei costi finanziari per via dell’inasprimento delle condizioni bancarie, nella determinazione del reddito, non possono portare in deduzione tutti gli interessi passivi che pagano, ma possono farlo solo nei limiti del 30% del ROL (Reddito Operativo Lordo).Essendo il ROL una variabile che dipende, tra l’altro, dai ricavi conseguiti, diminuendo questi ultimi, ne deriva che si contrae anche il ROL, divenendo meno capiente ai fini della deduzione degli interessi passivi, che comunque aumentano. Invece, ai fini Irap, gli interessi passivi sono, in buona sostanza, indeducibili nella sua interezza. Quindi, aumentano gli interessi (costi), diminuiscono i ricavi, il reddito, ma si pagano più imposte.

Altro esempio emblematico riguarda le autovetture. Si pensi ai costi di acquisto, gestione e manutenzione del parco autovetture. Questi, possono essere dedotti solo per il 40% (deduzione ridotta al 20% dal primo gennaio 2013). Oppure, ancora, all’indeducibilità dei costi del personale ai fini Irap, per i quali, il legislatore riconosce comunque alcune deduzioni. Per queste componenti di costo, enunciate solo a titolo esemplificativo, il legislatore ha previsto l’indeducibilità ai fini della determinazione del reddito tassabile, ancorché siano costi sostenuti nell’ambito del normale svolgimento dell’attività di impresa, pertinenti e indispensabili al conseguimento del fine imprenditoriale.

Per via della parziale deducibilità o dell’indeducibilità totale di questi  costi, accade che, paradossalmente, l’erario può fondare la pretesa tributaria su un reddito non prodotto e su un utile realizzato.

Ritornando all’esempio che ci occupa, la tassazione della società e dei due soci non si esaurisce con i 15.593 euro di tasse in capo alla società. Ma anche i soci sono colpiti dal imposizioni tributarie e contributive.

Già, per l’anno 2012, i due soci hanno corrisposto i contributi Inps sul reddito minimale individuato a circa 15000 euro. E quindi altri 3200 euro ciascuno di contributi Inps facendo salire il conto a 21993. Oltre ai contributi pagati sul reddito minimale, la legge prevede che, ciascun socio che lavora nell’azienda debba versare anche i contributi Inps a percentuale sulla parte di reddito eccedente il minimale. In questo caso, essendo il reddito fiscale di euro 43722 per via della ripresa a tassazione delle componenti di costo pocanzi enunciate, ne consegue che ciascun socio debba corrispondere all’Inps altri 1482 euro ciascuno, ancorché il reddito prodotto non sia stato prelevato in forma di utili distribuiti. E l’imposizione fiscale complessiva, con un utile di appena 32000, è già arrivata a quasi 25000 euro, ossia il 78% dell’utile prodotto nel 2012.

Ma c’è dell’altro. I due soci, nel corso del 2013, volendo prelevare l’utile netto realizzato nel 2012 , o meglio quel che rimane (16.407=32.000-15.939) anche per far fronte alle proprie spese e al pagamento dei contributi Inps in scadenza nell’anno, saranno sottoposti a un’ulteriore tassazione. Prima di tutto dovranno registrare la delibera di distribuzione dell’utile, pagando 168 euro. Poi, nel 2014, nella propria dichiarazione dei redditi dovranno riportare l’utile imputato a ciascuno di loro (8.203) che andrà a formare la base imponibile in misura del 49.72% dell’utile prelevato, in quanto, in parte, già tassato in capo alla società. Quindi, ipotizzando che lo scaglione di reddito da applicare sia il più basso (23%), ciascuno di loro, al netto degli oneri deducibili pagati nel corso del 2013, dovrà corrispondere all’erario ulteriori 900 euro tra Irpef e addizionali varie. Quindi, il conto delle imposte pagate sia dalla società che dai soci, per un misero utile di 32000 euro, sale fino ad arrivare a 27000 euro, euro più euro meno. Ossia l’85% dell’utile prodotto dalla società nel 2012. Oltre alle tasse di cui abbiamo dato nota, c’è da dire che l’impresa, durante l’esercizio, subisce altre forme di imposizione. Si pensi, ad esempio, al diritto annuale della camera di commercio, alla tassa sulla vidimazione dei libri sociali, all’eventuale IMU (indeducibile) e ad altre contribuzioni obbligatorie per legge, che, tuttavia, sono già considerate nella determinazione del risultato d’esercizio originario(32.000 euro).

C’è da dire che la pretesa del fisco non si esaurisce con questa pretesa assurda e distruttiva, che oltrepassa di molto ogni limite di sostenibilità e ragionevolezza. Invero, per i 5 anni successivi, il fisco potrà esperire eventuali controlli sulla fedeltà fiscale dell’azienda, e magari accertare ricavi superiori a quelli dichiarati, determinati in ragione agli indicatori previsti dagli studi di settori a cui la società è sottoposta.

Se pensate che il caso appena descritto costituisca  un caso limite, vi state sbagliando di grosso. Benché il caso proposto offra dei piccoli margini di ottimizzazione del livello di pressione fiscale, esistono casi in cui le aziende, nonostante conseguano delle perdite anche significative, sono esposte ugualmente al pagamento di un carico fiscale eccessivo ed insostenibile. Tanto più in momenti di crisi profonda come quello attuale. Ciò è possibile per effetto della ripresa a tassazione dei costi che il fisco considera indeducibili, nonostante siano indispensabili e strumentali al raggiungimento degli scopi imprenditoriali.

Al fine di riepilogare il ragionamento proposto, vi propongo questo schema riassuntivo.

Autore: Paolo Cardenà / Fonte: vincitorievinti.com

Facciamo altre guerre per non perdere la faccia di fronte al mondo intero, hai capito o no?

ce l’ha ordinato Rasmussen

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=20824

 venerdì 24 maggio 2013

 Se non fosse per i pericoli derivanti dal terrorismo, giuro, me ne andrei a pescare!

 Il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, parlando alle commissioni Difesa riunite di Camera e Senato, ha chiesto maggiori investimenti nel settore militare (F-35 in primis) non per ragioni di sicurezza nazionale, ma per non perdere il prestigio derivante dalla partecipazione alle missioni di guerra.

Capitto mi hai?

 “Gli F-35 sono necessari – ha spiegato l’ammiraglio alle commissioni – per continuare a concorrere alle future azioni della Nato, dell’Ue e delle Nazioni Unite. Senza interoperabilità il sistema difesa italiano viene escluso. Quindi la domanda è se il sistema difesa italiano voglia ancora contribuire e fare la sua parte oppure no, e questo è un problema politico”.

 Se per il capo di stato maggiore gli F-35 sono un’arma di politica estera, per il ministro della Difesa, Mario Mauro, i nuovi cacciabombardieri sono un taumaturgico strumento di pace. Intervistato dal Messaggero, il ministro spiega: “Sistemi di difesa avanzati come gli F-35 servono per fare la pace” e quindi “le forze armate italiane, attraverso l’acquisizione di un jet che nasce da un progetto di ricerca (mica sotto un cavolo! ndr), garantiscono la difesa della pace”, concludendo che “gli F-35 saranno l’egida della pace e non uno sfizio da toglierci”.

Quindi, ritengo, che anche in un abisso di crisi economica come questo, è giusto che l’Italia contribuisca con altri salassi popolari all’egida della pace. Sentito, Letta? Non ne faccio solo un problema economico, ma di autentico militarismo pacifista!

 Nulla da eccepire di fronte a queste argomentazioni umanitarie. Solo consentitemi una frase, visto che non posso fare altro:

ANDATE A VAFFANCULO!

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