Chi vuol essere figo il Primo Maggio

Inserito da:Giuliana – Fabio News – giuliana.cupi@teletu.it in data:2013-05-01 14:47:24

Avevo appena finito di scrivere un commento che esprimeva lo stesso concetto che è uscito questo pezzo: prima di uscire per la manifestazione pensate a cosa avete mangiato a colazione e a cosa vi metterete addosso, a dove l’avete comprato e a chi l’ha prodotto con il suo LAVORO che spesso è SCHIAVITU’.

Giuliana

http://comune-info.net/2013/05/chi-vuol-essere-figo-il-primo-maggio/

Monica Di Sisto

Oggi occhi e orecchie sono puntati sul palco del Primo Maggio a Roma, dove band dopo band, pezzo dopo pazzo, rap dopo riff, saltarello dopo headbanging tutto il meglio, o il wannabebetter del patrimonio musicale giovanile italiano celebra i diritti del lavoratori di fronte a centinaia di migliaia di giovani e non. Chissà quanti di loro, però, vestiranno paradossalmente, ignari e complici, non la moda della loro generazione, non il look più adeguato alla propria espressione artistica, ma la vergogna più nera di tutta la società dei consumi.

Si perché il Bangladesh, fabbrica tessile a cielo aperto al lavoro per i principali marchi della moda giovanile, è stata teatro mercoledì  scorso dell’ennesima strage del lavoro. 377 operaie e passanti morti sepolti, 2044 messi in salvo fortunosamente di cui oltre un migliaio gravemente feriti, centinaia di persone ancora disperse: è il bollettino di guerra dell’implosione del Rana Plaza, edificio di otto piani crollato il 24 aprile a Savar, sobborgo di Dhaka in Bangladesh.

Il palazzo ospitava sei laboratori che fabbricavano abiti per numerosi marchi made in Usa e Ue tra cui H&M, Walmart, Mango e Gap, ma anche l’italianissima Benetton. Benemerito marchio del made in Italy che prima ha fatto finta di non sapere nulla della fabbrica degli orrori, ma che poi è stato inchiodato alle proprie responsabilità da alcuni scatti dell’Associated Press (foto a lato), rimbalzati in Italia dalla Campagna Abiti Puliti, che ritraggono, tra le macerie, mucchietti di magliette etichettate con gli United Colors dell’ingiustizia ma anche ordini di produzione e bolle d’accompagnamento.

Un servizio del canale televisivo nazionale BDB News24 ha, poi, scoperto, intervistando gli operai superstiti, che mercoledì scorso nessuno di loro voleva entrare nel palazzo: «Era apparsa una grossa crepa nel muro e non volevamo lavorare – ha rivelato Aklima, un operaio tratto in salvo per miracolo – I padroni delle fabbriche però ci hanno costretto ad entrare e a metterci al lavoro perché avevamo degli ordini urgenti». Dopo poche ore, l’inferno. Tanto sconvolgente che il ministro dell’Informazione del Bangladesh Hasanul Haq Inu ha detto alla stampa che il crollo «non è stato un incidente, ma è stato un incidente colposo». E altrettanto evitabile, stando al video pubblicato dal Bangladesh Daily Star e risalente a poche ore prima dal crollo che mostrava evidentissime crepe nei muri, colonne come mordicchiate e puntellate in modo molto approssimativo. Il padrone del palazzo, insieme a cinque proprietari dei laboratori sono già in c arcere, ma si può davvero dire che giustizia sia fatta?

Un dollaro al giorno

Descrivere la strage del Rana Plaza è come ripercorrere la cronaca di una morte annunciata. Il crollo dell’edificio arriva solo cinque mesi dopo che un incendio ha ucciso altri 112 lavoratori tessili nella fabbrica Tazreen Fashion. Da allora ci sono stati ulteriori 41 incendi in fabbriche di abbigliamento in Bangladesh dove sono rimasti uccisi nove operai e feriti più di 660, secondo i dati raccolti dal Solidarity Center, un’organizzazione vicina ai sindacati internazionali.

L’industria dell’abbigliamento è la più grande fonte di esportazioni per il Bangledesh (il 78 per cento del totale) e genera fatturati per 23 miliardi di dollari. I lavoratori del settore, però, hanno un salario minimo di 37 dollari al mese, il più basso del mondo, e una legislazione nazionale del lavoro che punta ad attirare investitori stranieri azzerando le loro responsabilità, rendendo praticamente impossibile per gli operai organizzarsi in fabbrica, tanto che meno dell’1 per cento di essi in tutto il Paese fa parte di un sindacato.

Non possiamo più fare finta di nulla

Non ci vuole tanto a capire che è urgente intervenire, e non è più possibile far finta di niente: persino un editoriale del New York Times, dopo un conciso riassunto di tutte le più recenti tragedie sul lavoro in Bangladesh, ha convenuto che il governo deve «mettere in atto cambiamenti significativi per i 3,5 milioni di lavoratori tessili del Paese, molti dei quali sono donne», e che il cambiamento più importante è quello di «far rispettare le leggi sul lavoro del Bangladesh e le norme di sicurezza, che in teoria forniscono sufficiente protezione ma sono raramente rispettati».

Quello che non deve più succedere è che noi continuiamo a girare la faccia dall’altra parte, e a sentirci molto fighi e alla moda mentre il più delle volte ci pavoneggiamo infagottati nella fatica e nel sangue di qualcun altro che non conosciamo, ma che vorrebbe continuare a lavorare, sognare, vivere mentre la nostra ambizione di sembrare star pagando sempre meno ciò che indossiamo, nei fatti, li condanna ai lavori forzati. Le imprese, possiamo starne certi, non faranno niente per migliorare le loro condizioni: anzi. Istruttiva, a questo riguardo, la lettura del rapporto Responsibility Outsourced realizzato dalla centrale sindacale statunitense Afl-Cio. Qualcuno, per anni, ci ha voluto convincere che, attraverso programmi sempre più patinati di Responsabilità Sociale delle Imprese (Csr) i grandi marchi industriali volontariamente avrebbero sottoposto ad attenti controlli e minuziose ispezioni tutti i propri fornitori in giro per il mondo, migliorando progressivamente le condizioni di lavoro anche nelle fabbriche più remote. Partendo dal caso esemplare dei 300 lavoratori bruciati vivi in Pakistan nel 2012 nella fabbrica Ali enterprises appena certificata come socialmente responsabile con il prestigioso standard SA8000 concesso dal rinomato ente certificatore italiano Social Accountability International, il rapporto ficca il naso nell’affarone d’oro da 80miliardi di dollari che è la Csr a livello globale. E rivela che ormai in tutto il mondo oltre 3mila luoghi di lavoro sono certificati SA8000 dalla Sai, ma che non è aumentata che marginalmente la presenza dei sindacati in questi posti di lavoro, nonostante oltre 10 anni fa la stessa Banca mondiale abbia sottolineato che l’unico modo per rendere davvero efficaci le attività di responsabilità sociale è quello di facilitare l’autorganizzazione dei lavoratori. E che anzi le loro condizioni di lavoro e di sicurezza stanno peggiorando rapidamente, sotto i colpi della crisi degli ordinativi senza che nessun ente certificatore lo denunci in alcun modo.

Sai ha lanciato SA8000 nel 1997, e più di dieci anni dopo è uno studio della Harvard Business school a denunciare «che ci sono davvero poche evidenze concrete del fatto che le imprese che abbiano intrapreso questo percorso offrano un migliore ambiente lavorativo ai propri operai in termini si sicurezza, di salute, di diritto d’associazione ed equità nella retribuzione». Sarà forse perché, come ha denunciato lo stesso New York Times, la Sai ha più di 20 grandi corporations tra i suoi membri, e guadagna ben due terzi delle proprie entrate proprio facendosi pagare dalle imprese che vogliono essere accreditate i propri costosi sistemi di controllo? Chi sarebbe cattivo con chi è disposto a spendere, in tutto il mondo, ben 80 miliardi di dollari per nascondere ai propri clienti come sfrutta i suoi lavoratori?

Il dominio di Benetton dipende da noi

Che cosa possiamo fare noi, allora, tra una canzone e un inno, per celebrare degnamente il Primo Maggio?

Innanzitutto cambiare modo di vestire, riusando il più possibile, controllando attentamente le etichette e privilegiando i prodotti naturali e quelli realizzati in condizioni dignitose per gli operai, informandosi sull’eticità dei marchi grazie alla campagna Abiti puliti: www.abitipuliti.org.

Poi firmando la petizione per difendere i diritti dei lavoratori del Bangladesh che trovate qui online

Infine leggendo quanto sono bravi i grandi marchi a cancellare le prove del loro schiavismo (fate girare questo link):

http://www.aflcio.org/Learn-About-Unions/International-Labor-Movement/Responsibility-Outsourced-Report

Un elegante May Day a tutte e a tutti.

http://www.fabionews.info/View.php?id=15858

 

Obama Spielberg Obama

Uno scherzo del regista ‘reclutato’ dalla potente macchina di propaganda chiamata HollyWood (HolyWood = bacchetta magica). Una pellicola, il seguito ideale di ‘Lincoln’ diretta sempre da Steven Spielberg, che non vedrà mai la luce trattandosi appunto di uno scherzo, edito dalla casa bianca stessa. Obama in persona si presta ad impersonificare l’attore Daniel Day Lewis che dovrebbe nel film interpretare Obama stesso, in un gioco delle parti apparentemente divertente ed innocente.

Questo ‘giochetto’ però appare davvero sinistro e lo avvertiamo come una presa in giro … perché? Perché le elite vogliono lasciar filtrare, come al solito, elementi reali in un contesto immaginario in quella specie di melma indefinibile dalla finzione che è oggi la realtà.

Su Obama (all’anagrafe Barry Soetoro) sappiamo ben poco della sua vita ‘reale’. Oltre 400 studenti della Columbia University (che lui afferma di aver frequentato) sono stati interpellati dalla Fox news e nessuno ha mai sentito parlare di lui. Sulla sua vita privata i riscontri sono pochissimi e contraddittori. Questa fiction quindi insiste su di un personaggio già connotato da artificio ed irrealtà e lo scherzo e la sorpresa risultano così essere di cattivo gusto.

Già l’attore Ronald Reagan ci aveva apertamente istruito, con la sua stessa presenza, sul ruolo meramente di facciata che hanno i presidenti degli Stati Uniti. Ora siamo al ridicolo del ridicolo. Realtà e finzione sono indistinguibili ed intercambiabili, questa è l’unica verità da tenere bene a mente, anche se consideriamo le vicende nostrane. Realtà e finzione sono categorie del passato remoto, quando le rappresentazioni avvenivano in spazi a loro dedicati (teatri); oggi la tragedia è nella ‘scena’ del pianeta, i potenti a fare il ‘coro’ e tutti noi, nostro malgrado, ad assistere come spettatori attoniti.

Hanno dato corpo alle peggiori proiezioni della nostra mente, alla melassa stantia di questo pastrocchio mediatico che è ormai la realtà collettiva. Una brutta sceneggiatura, sempre lo stesso soggetto e pessimi attori. Il tutto diretto da registi prezzolati (che si adoperano anche nella propaganda a favore degli alieni) e di nullo valore morale. Ora, a tutto ciò, si aggiunge il cosiddetto ‘sfottò’. Dimenticavo: il biglietto si paga comunque, e a che prezzo!

http://freeskies.over-blog.com/article-obama-spielberg-obama-117469247.html

 

Equitalia citata alla Corte Europea per anticostituzionalità

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C’è finalmente qualcuno in Italia che ha deciso di combattere a viso aperto Equitalia e i poteri ad essa conferiti da uno Stato forte con i deboli cittadini e non altrettanto con la difesa dei loro diritti.

 

Basti pensare che l’Europa per questo ha già comminato ben 120 milioni di euro di multe per i ritardi con i quali lo stato italico provvede ad eseguire le sentenze alle quali è stato condannato.

 Equitalia dunque viene citata con un ricorso alla corte dell’Unione europea e a promuovere questa azione sarà l’associazione “Noi consumatori ”, un movimento che addirittura presenta l’headline fin nel suo marchio di “anti-Equitalia”.

 L’animatore principale di questo progetto è l’avvocato Simone Forte, il quale ha dichiarato alla stampa: “C’è stata la volontà politica di creare una via più rapida, per incassare cifre relative ai tributi. Questo si è tradotto in norme che calpestano i principi generali del diritto.

 Tra l’altro tendono a giustificare la questione associando il debitore di Equitalia al’evasore mentre non è così, anzi: spesso si tratta di persone che vorrebbero pagare le tasse ma per via della crisi o di altri problemi non se lo possono permettere, persone cui non viene data la possibilità di saldare i propri debiti, costretti d’improvviso a difendersi da una macchina che una volta partita non arresti più”

 L’associazione, forte di una presenza di quasi venti sedi disseminate sul territorio nazionale, fornisce consulenza a titolo assolutamente gratuito e aiuta i cittadini a trovare il bandolo della matassa nelle soluzioni magari più intricate

 Per parlare di Milano, secondo il presidente Forte, Equitalia avrebbe fatto scattare quasi 200.000 ipoteche su immobili di gente che aveva problemi di pagamenti gettando nella disperazione i relativi proprietari.

 “Stiamo tentando di aiutare un imprenditore che rischia di chiudere” – ha dichiarato Forte per citare un esempio comune a tanti altri – “sono partiti i pignoramenti e ora è dura. Bisogna denunciare, parlare, e soprattutto affrontare la cosa finché si è in tempo, altrimenti diventa complicato persino per noi intervenire. E se ti bloccano il capannone, le proprietà e i conti bancari, considerando che le commissioni tributarie ci mettono un anno e mezzo a rispondere non se ne esce, perché un anno e mezzo per un imprenditore è una vita”

 L’obbiettivo di Forte e della sua associazione resta quello di “aggredire perché si è costretti a difendersi”. E in fondo opporsi è ancora un diritto possibile per i cittadini italiani!.

 Fonte: Siamo la gente

http://frontelibero.blogspot.it/2013/04/equitalia-citata-alla-corte-europea-per.html

 

Sudafrica:un campus militare per “convertire” gli omosessuali in “uomini veri”: tre i morti

Di Giulia Ricci

 Sud Africa. Si chiama Eco Wild Game Rangers ed è una sorta di campus degli orrori dove le famiglie mandano i propri figli “effeminati” per renderli dei “veri uomini”. Peccato che i genitori di questi ragazzi, consapevoli dello scopo di questa sorta di addestramento militare, non ne conoscano i metodi: torture, violenze e atti lesivi della dignità umana. Il problema è sorto quando questi atti si sono tramutati in omicidi: tre ragazzi hanno perso la vita e i loro assassini sono stati dichiarati “non colpevoli”.

Il caso che ha portato alla luce questi avvenimenti è stata la morte di un ragazzo di appena 15 anni, Raymond Buys, avvenuto nel 2011. Il giovane fu affidato dalla famiglia ad Alex de Koker, 49 anni, e al suo braccio destro Michael Erasmus, 20 anni, per garantirgli un “futuro migliore”: un corso da 2000 euro che avrebbe dovuto cambiare i suoi gusti in fatto di amore, il suo modo di parlare, i suoi atteggiamenti non consoni ad un uomo. Dopo quasi dieci settimane il ragazzo venne portato d’urgenza in ospedale con danni celebrali,un braccio rotto, disidratato e con bruciature di sigaretta su tutto il corpo. Inutili i tentativi da parte dei medici: il ragazzo morì dopo due settimane.

Lo stesso era già successo per altri due ragazzi, Eric Calitz, 18 anni, e Nicolaas Van Der Walt, 19. Il loro decesso era passato sotto banco con l’etichetta di “morte naturale” e i genitori erano stati avvisati con un sms, in cui gli veniva riferito che i figli erano morti a causa di un infarto. I medici hanno poi riscontrato tracce di numerosi sanguinamenti nell’area cerebrale per Eric e segni di strangolamento in Nicolas.

Le testimonianze dei sopravvissuti, tra cui Gerhard Oostuizen, 19 anni, sono raccapriccianti. Il giovane racconta che Buys veniva incatenato al letto, gli veniva negato di andare in bagno ed una volta fu costretto a mangiare le proprie feci. In altre occasioni, il ragazzo veniva picchiato con assi, tubi di gomma, bastoni e torturato con acqua bollente perché incapace di lavorare – era privo di forze.Le testimonianze continuano: il ragazzo morto nel 2011 una volta fu legato nudo ad una sedia, con la testa avvolta in un cuscino e una pistola elettrica che lo fulminava ripetutamente; un’altra volta ancora fu legato ad un furgone e trascinato per strada. Immagini degne di un film degli orrori.

I due carnefici sono stati accusati di maltrattamento di minori, tortura e omicido colposo.Mercoledì la Corte del Vereeniging District – Johannesburg- ha giudicato i fatti contestati e i due imputati sono stati dichiarati “non colpevoli”.

 

Fonte:http://www.articolotre.com/2013/05/un-campus-militare-per-convertire-gli-omosessuali-in-uomini-veri-tre-i-morti/165521

http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2013/05/sudafricaun-campus-militare-per.html

 

CRISI, DISOCCUPATO E DEPRESSO A 31 ANNI: SI IMPICCA NELL’AZIENDA DOVE LAVORAVA

Giovedì 02 Maggio 2013 – 10:26

TREVISO – Senza lavoro e depresso, si è tolto la vita proprio nell’antivigilia della festa dei lavoratori. La vittima è Livio Ceccato, 31 anni, di Asolo (Treviso). Per il gesto estremo, anche questa una scelta che appare simbolica, si è recato nel capannone della ditta Costruzioni Dussin di via Ca’ Giupponi, dove aveva prestato servizio fino a un anno fa. 
Lunedì sera i dipendenti dell’impresa, rientrando dal turno di lavoro, hanno scoperto il corpo del giovane che penzolava dal porticato di accesso al capannone. Il tempo di avvicinarsi alla sagoma è stato sufficiente per capire che quell’uomo era Livio e che non c’era più alcuna possibilità di salvarlo.
Una volta deposto a terra, il cadavere è stato trasportato all’obitorio dell’ospedale di Montebelluna in attesa del nulla osta per il funerale che verrà celebrato a Villa d’Asolo.
La sepoltura dovrebbe invece avvenire nel cimitero di Sant’Apollinare. Livio Ceccato lascia i genitori anziani, con i quali condivideva la casa di via Ca’ Falier, e due sorelle. 

Non si conoscono le cause del gesto disperato. Si sa però che Livio, fin da giovane, ha sempre lavorato come muratore in diverse imprese edili della zona. Negli ultimi anni proprio alla Costruzioni Dussin. Probabilmente anche per questo ha preso la tragica decisione di farla finita in quel capannone, a poche centinaia di metri da casa.

L’uomo però da più di un anno non lavorava più per l’azienda: è successo da quando la depressione aveva cominciato a prendere il sopravvento. Spesso, riferiscono i conoscenti, si chiudeva in casa senza vedere nessuno. Del suo stato di salute si era interessato anche il Comune di Asolo attraverso i servizi sociali, ma evidentemente il disagio interiore non si è mai davvero sopito e ha portato il 31enne alla decisione di farla finita. La notizia della morte di Livio Ceccato si è sparsa subito per Asolo, dove si conoscono un po’ tutti. 

C’è chi lo aveva frequentato proprio per motivi di lavoro: «Ci trovavamo spesso nei cantieri – spiega un collega – Mai avremmo pensato che potesse arrivare a tanto. E a onor del vero non aveva mai dato segni di un così profondo malessere, anche se da qualche tempo si vedeva in giro molto poco».

Forse è stato proprio quello il segnale più sottovalutato. Problemi familiari, una vita anonima, il lavoro che scarseggiava anche a causa delle sue condizioni: tutto questo si è tradotto in un cocktail mortale. Così lunedì, nel tardo pomeriggio, si è diretto verso l’ex posto di lavoro e ha spento la luce.

http://www.leggo.it/news/cronaca/crisi_disoccupato_e_depresso_a_31_anni_si_impicca_nellazienda_dove_lavorava/notizie/225732.shtml

 

Tragedia ad Albanella: 62enne perde il lavoro e si impicca

Era stato da poco licenziato, l’operaio, a causa, anche dell’operazione per un’ernia alla schiena, che, pare, ne avesse compromesso l’abilità lavorativa

 Redazione 2 maggio 2013

 E’ ancora la crisi, a mietere vittime, in Cilento. Un’altra tragedia, questa volta a Matinella di Albanella, dove un 62enne si è impiccato alla trave del soffitto della sua villetta, in località Vuccolo Cappasanta. Poco prima delle 14 di oggi, la scoperta dei familiari che hanno avvistato, sconcertati, il corpo penzolante dell’uomo.

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 Inutili, i soccorsi dell’Humanitas, giunta sul posto: per N.C. non c’è stato nulla da fare. Era stato da poco licenziato, il 62enne, operaio presso una ditta edile, a causa, anche dell’operazione per un’ernia alla schiena, che, pare, ne avesse compromesso l’abilità lavorativa. Lascia la moglie e i tre figli, N.C. che ha compiuto l’estremo gesto per la disperazione di aver perso il lavoro. Sotto choc, l’intera comunità di Matinella.

 

LA PROVA : Sereni (PD) ammette che non volevano governare con il M5S ma volevano solo i voti

Ragazzi, questa è la prova che dovete far girare e far vedere a tutti quelli del PD che vi dicono che abbiamo perso una occasione.

E’ stato ripetuto più volte che l’intenzione del PD non era quelli di fare un governo con il M5S ma semplicemente gli interessava avere la fiducia per far partire il governo.

Nessuno ci crede. Queste sono le prove!

Fatelo sapere a tutti!

La piddina ospite di Vespa lo dice chiaro e tondo, anche se poi cerca di correggere il tiro biascicando che comunque e’ colpa nostra: NON c’e’ mai stata la famosa apertura PD per un governo col M5*, al massimo chiedevano di dare la fiducia a un governo PD, oppure di uscire dall’aula per consentire al loro governo di minoranza di nascere. (Oppure, sottinteso, dividerci e farci litigare e ottenere magari qualche voto di transfughi). Del resto, l’avevano gia’ detto e fatto capire anche Renzi e Cofferati. Quella che gira adesso e’ tutta strategia a posteriori.


ono avere ben chiaro questo fatto.

D’ora in poi nessuno potrà più dire che il PD voleva far il governo con il M5S.

Tutti devono avere ben chiaro questo fatto.

Felice Marra

CASA CON LO SCONTO? Sì, GRAZIE. E CASINI PIAZZA TUTTA LA FAMIGLIA…

E ANCHE BONANNI HA COMPRATO CASA CON LO SCONTO: SOLO 200MILA EURO PER 8 VANI SUL LUNGOTEVERE. 4 VOLTE MENO DEL PREZZO ATTUALE DI MERCATO

by MARIO GIORDANO on MAGGIO 2, 2013

Sempre viva la festa dei lavoratori, sempre viva il sindacato. Ma Raffaele Bonanni, dopo aver denunciato tante ingiustizie, potrebbe spiegare come mai ha comprato casa dall’Inps (8 vani in via Perugino, sul Lungotevere) per soli 200.900 euro? Duecentemila euro, capite? Circa 4 volte meno l’attuale valore di mercato. “Non ho avuto nessun trattamento di privilegio né di favore, visto che avevo in locazione la stessa casa da 16 anni e ho esercitato il diritto di prelazione disciplinato dalla legge”, ha spiegato lui. Ma se la legge consente a qualcuno di comprare una casa di 8 vani al prezzo scontato quasi dell’80% e nello stesso tempo lascia migliaia e migliaia di giovani senza la possibilità di comprarsene una, non sarà da cambiare, insieme all’odiata riforma Fornero? Aspettiamo la denuncia di Bonanni.

P.s. A proposito di privlegi, fra l’altro: nessun privilegio, si capisce. Ma quanti operai di quelli rappresentati da Bonanni hanno potuto godere per 16 anni di una casa Inps a canone agevolato? E quanti alla fine hanno potuto comprarla con uno sconto così?

 

http://www.sanguisughe.com/

Inciucione in Sicilia: 25 mln di fondi pubblici a enti amici

Crocetta, dopo aver licenziato, precarizzato e fatto massacrare 3mila lavoratori 

 garantisce I servigi ai comitati d’affari altrimenti detti cosche mafiose. Il cambiamento del Pd….anche se mette un volto nuovo, della “società civile” e bla bla bla

 Inciucione in Sicilia: 25 mln di fondi pubblici a enti amici

PALERMO, 2 MAG – ”L’inciucione’ all’Assemblea regionale e’ andato in scena in piena notte. Solo verso le 3 del primo maggio, agli uffici della Presidenza e’ arrivato il testo definitivo della famigerata ”Tabella H”, l’elenco di enti e associazioni.

I beneficiari sono 137, soldi a pioggia (25 milioni di euro in tutto) distribuiti a una platea identificabile con i singoli parlamentari, ognuno dei quali si e’ battuto per l’ente a lui vicino. Solo i 5stelle e il gruppo di Nello Musumeci hanno votato contro. ansahttp://www.imolaoggi.it/?p=48823