Divorzio all’Italiana

di Stefano Sanna

Quando sento parlare di divorzio le immagini che mi vengono in testa sono quelle del film di Pietro Germi, divorzio all’italiana, dove i personaggi arrivano ad una separazione drammatica e cruenta (splendidamente e ironicamente raccontata da P. Germi) senza nessuna possibilità di accordo. Ed è così che ho immaginato anche il cosiddetto divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro: un crescendo di situazioni non più conciliabili che hanno portarono “al divorzio”. Ma così non è andata.

Questa è la storia.

 Nel 1980 Beniamino Andreatta è ministro del Tesoro, e dall’alto della sua “sapienza economica” individua subito i due problemi più urgenti da risolvere per risollevare l’Italia dalla morsa dell’inflazione:

a) Liberare la Banca d’Italia dall’obbligo di garantire il finanziamento del Tesoro

b) Ed eliminare “Il demenziale rafforzamento della scala mobile prodotto dell’accordo tra Confindustria e sindacati confederali del 1975”

Inoltre ritiene che questa situazione possa mettere in pericolo la presenza nello SME dell’Italia. (articolo del 1991 sul sole 24 ore di Andreatta).

 Ed allora con il parere favorevole dei suoi consulenti scrive una lettera come Ministro del Tesoro alla Banca d’Italia per ridefinire gli accordi tra Tesoro e Banca d’Italia.

La lettera parte il 12 febbraio del 1981 e la risposta dalla Banca d’Italia arriva il 6 marzo del 1981.

La risposta di “sostanziale accordo” è del Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi.

L’accordo è fatto e diventa operativo dal luglio dello stesso anno.

Non si è trattato di un divorzio ma di un matrimonio di interesse.

 Con questo accordo il Ministero del Tesoro rinunciava alla sua sovranità nel definire il livello dei tassi di emissione dei titoli lasciando al mercato la sua definizione.

 “…Lo strumento delle aste competitive, deciso in questo accordo, consentiva al mercato ( in realtà le solite grandi banche da privatizzare) di ottenere tassi altissimi su tutta l’emissione… Bastava che gli operatori si mettessero d’accordo per non comperare una piccola parte dell’emissione stessa, ed il gioco era fatto”

 (N.Galloni, chi ha tradito l’economia italiana?)

 “Dopo il divorzio i tassi di interesse reali tornarono stabilmente su livelli positivi, compatibilmente con il progressivo rientro dell’inflazione e con la permanenza nello Sme; il fabbisogno pubblico viene finanziato pressochè per intero sul mercato senza creazione di base monetaria, inizia da parte della Banca d’Italia la pratica di annunciare obiettivi di espansione monetaria.”

 (Mario Draghi, dagli atti del convegno Arel ABI febbraio 2011).

 E’ stata quindi un accordo all’italiana, e non un divorzio, a dare inizio alla demolizione della nostra sovranità. Un matrimonio di pura ispirazione neoliberista, un matrimonio d’interesse dove l’interesse non era quello del 99% della popolazione italiana ma del solo1% che vuole vivere del nostro sangue. Un accordo raggiunto tra due rappresentanti della classe dei Rentiers fuori da ogni regola di democrazia e contro la democrazia; un passaggio economico irreversibile come Monnet aveva insegnato verso il nuovo ordine tecnocratico.

Divorzio all’Italianaultima modifica: 2013-05-05T15:36:00+02:00da davi-luciano
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