Affaristi stranieri all’assalto della nuova Libia

Affaristi stranieri all’assalto della nuova Libia

Mentre le compagnie straniere sgomitano per le commesse delle nuove forze armate, il governo di Tripoli fatica a creare un vero esercito 

Ferdinando Calda

Lo stato dell’esercito libico è paradigmatico della situazione nella Libia post-Gheddafi, dove le compagnie straniere hanno ripreso a fare affari a pieno ritmo, mentre all’interno il Paese soffre per una pericolosa mancanza di unità e sicurezza.
Infatti, mentre le compagnie di armamenti di tutto il mondo cercano di aggiudicarsi le ricche commesse per le nuove forze armate libiche, il governo di Tripoli fatica persino a istituire un vero e proprio esercito che possa garantire la sicurezza nel Paese reduce dalla guerra. Un’instabilità che rischia di minare la ripresa economica (e gli affari stranieri) che, invece, nel 2012 ha fatto segnare valori molto positivi. Come dimostra il momentaneo blocco dell’attività dell’enorme raffineria di Ras Lanuf, colpita da scioperi e interruzioni di corrente.
“Il caos nella sicurezza rappresenta un costo enorme”, aveva avvertito il presidente della Assemblea nazionale libica Mohamed al-Megaryef intervenendo a Bengasi nel corso delle celebrazioni in ricordo dell’inizio della rivolta del 2011. “Stiamo costruendo il nostro esercito nazionale, ma questa operazione richiede tempo”, gli ha fatto eco il ministro della Difesa Mohamed Bargati, sottolineando “l’aiuto dei Paesi stranieri ad addestrare i nostri ragazzi e ad organizzare quello che sarà il futuro esercito libico”.
Un “aiuto” mirato soprattutto a vendere alle nuove forze armate di Tripoli i propri armamenti.
A questo proposito sembra che Italia e Francia si siano già mosse, la prima fornendo 20 veicoli blindati Puma (e 65mila capi di vestiario provenienti dalle divise ormai dismesse della Marina italiana e cedute gratuitamente ai libici), la seconda vendendo 50 gommoni della Sillinger. Per non rimanere indietro, la Gran Bretagna ha deciso di inviare una fregata della Royal Navy a Tripoli per fare promozione dei propri prodotti. Secondo quanto riportato dal Guardian, la nave militare partirà in aprile. Per cercare di placare le proteste di politici locali e attivisti, da Londra hanno assicurato che non verranno offerte armi, ma solo attrezzature per la sicurezza, piccole imbarcazioni e uniformi.
Tuttavia, mentre le industrie europee (e non solo) sgomitano per accaparrarsi le commesse per le forze armate della nuova Libia, un vero e proprio esercito libico da armare ancora non esiste. Ieri il quotidiano arabo Asharq al Awsat, citando fonti governative, sottolineava come Tripoli stia incontrando molte difficoltà a istituire un esercito nazionale che possa fornire le garanzie necessarie per l’acquisto di armi.
Questo nonostante gli alberghi di Tripoli pullulino di rappresentanti delle aziende produttrici di armi provenienti da tutto il mondo.
Il problema è che, anche se migliaia di ex ribelli hanno accettato di entrare nei ranghi delle forze di sicurezza nazionali, molti altri gruppi – tra i quali gli islamici di Ansar al Sharia, noti per essere stati accusati dell’attacco al consolato Usa di Bengasi – hanno rifiutato di consegnare le loro armi. Secondo il capo della missione Onu in Libia Tarek Mitri, se 20mila ex ribelli sono entrati nell’esercito o nella polizia, sono circa dieci volte tanto i miliziani che hanno deciso di non sottomettersi all’autorità del governo centrale.
Una situazione potenzialmente esplosiva che però all’estero in molti sembrano non voler prendere in considerazione, preferendo soffermarsi sulla miracolosa ripresa economica: secondo le stime dell’Fmi, nel 2012 il Pil libico ha registrato una crescita del 124% (dopo il crollo del 60% del 2011), mentre nel corso dello stesso anno la Libia è riuscita a esportare una media di oltre 1,3 milioni di barili al giorno, e nel prossimo futuro punta di riuscire a raggiungere e superare gli 1,6 milioni di barili di prima della guerra.
Una crescita che, però, potrebbe essere minacciata dalle tensioni interne. Ieri è arrivata la notizia che la società petrolifera Lerco – una joint venture tra la compagnia di Stato libica Noc e il gruppo degli Emirati Arabi Uniti Al Ghurair, che opera a Ras Lanuf – ha dichiarato lo stato di forza maggiore fino al 7 marzo dopo uno sciopero di quasi una settimana alla fine di gennaio e una interruzione della fornitura elettrica. Forza maggiore è una clausola presente nei contratti che essenzialmente libera ambo le parti da responsabilità e obblighi nel caso in cui un evento inusuale o circostanze oltre il loro controllo impediscono ad una delle parti di adempiere ai propri impegni.
L’estate scorsa il terminal petrolifero di Ras Lanuf, che ha una capacità di 220mila barili al giorno, era stato più volte occupato dalle milizie della Cirenaica che chiedevano a Tripoli una maggiore rappresentanza all’interno dell’Assemblea nazionale.


20 Febbraio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19128

 

Affaristi stranieri all’assalto della nuova Libiaultima modifica: 2013-02-20T21:40:00+01:00da davi-luciano
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