Lettera aperta al prof. Profumo

Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua – Comitato Acqua Pubblica Torino

Via Mantova 34 – 10153 Torino – www.acquapubblicatorino.orgCell. 388 8597492

Chiarissimo professore,

pur riconoscendoLe doverosamente i meriti accademici che, ci teniamo a dichiarare,  rispettiamo e ne riconosciamo il valore come lustro per l’intera nostra città, ci vediamo costretti a invitarLa a rimettere alla Città di Torino il mandato di rappresentarla nel Consiglio della Compagnia di San Paolo.

Pur nella convinzione che Ella adempia ai suoi doveri con pieno spirito di servizio, come ha avuto modo di dimostrare in altre occasioni, non possiamo non illustraLe le ragioni di fondo che motivano questo nostro invito.

Ella ha ricevuto il mandato da un’amministrazione prossima alla scadenza e che non si è più vista rinnovare la fiducia della cittadinanza.

L’interesse del Comitato Acqua Pubblica Torino, parte torinese del Forum Italiano che ha promosso (e vinto) i due referenda del 2011 contro la privatizzazione dell’acqua, a inviarle questa lettera aperta, si colloca sul solco di una valutazione profondamente critica dell’idoneità delle società multiservizi, aperte al capitale privato, a gestire i servizi pubblici locali nel rispetto della volontà popolare, peraltro espressasi nel pieno rispetto della Costituzione.

Non a caso subito dopo i referenda, il Comitato Acqua Pubblica Torino chiese pubblicamente le dimissioni dell’allora presidente IREN dott. Roberto Bazzano.

Componente rilevante della proprietà di IREN è proprio quella istituzione bancaria di cui uno dei principali azionisti di controllo è la Compagnia che Ella è stata chiamata a presiedere.

Quanto illustrato è per chiarire che questa lettera aperta non nasce da un giudizio sulla Sua persona, ma da un severo giudizio sulla scelta politica e culturale sottostante la Sua nomina.

Una scelta basata sull’assunto ideologico dell’inseparabilità dell’acqua dal mercato e, conseguentemente, dell’imprescindibilità delle società commerciali con fine di lucro come uniche forme di gestione del servizio.

La sua designazione è stata imposta nei suoi tempi dallo statuto della Compagnia: un soggetto   privato come ci insegna la nostra Corte Costituzionale. Anche questo ci inquieta, uno statuto di un soggetto privato viene, di fatto, sovraordinato all’autonomia di un Comune, che è, in base alla Costituzione, un’articolazione della nostra Repubblica.

Auspichiamo pertanto che Ella abbia modo di valutare queste considerazioni, provenienti da cittadini impegnati nella difesa di un Bene Comune e non nello specifico agone dei partiti, e, rimettendo il mandato, dare prova di quella, oggi rara, sensibilità democratica e istituzionale che Le aggiungerebbe lustro.

Con sincera stima.

Il Comitato Acqua Pubblica Torino

Torino, 1 luglio 2016

No Tav in tribunale: “Siamo evasi contro l’ingiustizia”

http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/07/05/news/xxxxx-143484202/

Giuliano Borio, 42 anni, e Luca Germano, 37 anni, sono stati processati per direttissima. Il giudice ha disposto che restino in carcere

di OTTAVIA GIUSTETTI

05 luglio 2016
No Tav in tribunale: "Siamo evasi contro l'ingiustizia"

Al suono degli slogan No Tav scanditi in aula di tribunale da una cinquantina di attivisti, sono stati portati in carcere Giuliano Borio, 42 anni, e Luca Germano, 37 anni, sorpresi a Moncenisio dai carabinieri dopo che erano evasi dagli arresti domiciliari. I due antagonisti sono stati processati questa mattina per direttissima e al processo erano presenti molti amici della Val di Susa. Il giudice ha disposto per loro una nuova misura cautelare ai domiciliari ma per effetto dell’aggravamento della prima misura cautelare, chiesta dal pm Antonio Rinaudo, Borio e Germano dovranno passare dal carcere almeno in attesa che i loro avvocati impugnino l’ordinanza davanti al Riesame. Entrambi erano presenti al processo e hanno spiegato di aver deliberatamente infranto la disposizione del giudice in segno di protesta, perché la misura cautelare – hanno detto – era ingiusta. “Sono stato indagato solo perché nel 2015, durante una marcia, avevo tirato via un lacrimogeno che mi era caduto in mezzo ai piedi – ha detto Borio – analoghe ingiustizie riguardano tante altre persone, persino di settant’anni. Non se ne può più”.

Sono due “dei ventuno no tav accusati per il corteo del 28 giugno 2015 da Exilles a Chiomonte a cui parteciparono migliaia di No Tav – hanno scritto sul sito del movimento per chiamare a raccolta sostenitori durante l’udienza di questa mattina – Hanno scelto insieme a molti altri di non accettare le misure cautelari a loro imposte, hanno scelto di non far diventare la loro casa una prigione e soprattutto hanno scelto di non abbandonare la lotta. Tutto questo è stato fatto alla luce del sole durante delle assemblee, una fiaccolata e con messaggi video condivisi in rete con tutto il movimento no tav che anche da lontano li ha sostenuti”.

Al termine dell’udienza il pm Antonio Rinaudo, mentre lasciava l’aula circondato dalla scorta, è stato apostrofato dal pubblico: “Mangiati lo sterco”, “Non hai neanche un amico”.

No Tav in tribunale: “Siamo evasi contro l’ingiustizia”.

No Tav in tribunale: “Siamo evasi contro l’ingiustizia”.
luglio 05 2016

Restano in carcere Giuliano Borio e Luca Germano, i due militanti No Tav  fermati il 3 luglio vicino al confine con la Francia per avere violato l’obbligo degli arresti domiciliari. 
I due, indagati per evasione, hanno spiegato le ragioni del loro gesto disobbediente: «Quella misura – ha detto Borio – era profondamente ingiusta. Sono stato indagato solo perché nel 2015, durante una marcia, avevo tirato via un lacrimogeno che mi era caduto in mezzo ai piedi. Analoghe ingiustizie riguardano tante altre persone, persino di settant’anni. Non se ne può più». 
Il giudice, per questo specifico procedimento, ha disposto gli arresti domiciliari. E
ntrambi, però, restano detenuti per quel che riguarda i fatti del 2015. Germano, che ha costante bisogno di farmaci per un suo problema di salute, era stato portato in una camera di sicurezza a Rivoli e il suo difensore, l’avvocato Claudio Novaro, durante l’udienza ha denunciato «il trattamento terribile di cui ci lamenteremo nelle sedi opportune».

Tav, resta l’opposizione al tunnel di base

http://ilmanifesto.info/tav-resta-lopposizione-al-tunnel-di-base/

manifesto

TORINO. Diffidenza intorno all’annuncio «ecologico» e rassicurante fatto da Graziano Delrio

TORINO

05.07.2016

4.7.2016, 23:58

Il traforo ferroviario del Frejus voluto dal Camillo Benso conte di Cavour necessitò 14 anni di lavori per essere portato a termine. In quel tempo, 145 anni fa, furono scavati circa 14 chilometri di galleria utilizzando una tecnologia primitiva. I lavori iniziarono a colpi di piccone e terminano con i primi esemplari del martello pneumatico. Oggi, il tunnel geognostico di Chiomonte, un buco nella roccia che servirà a fare un altro buco nella roccia, il famoso tunnel di base, dopo cinque anni di lavori ha superato con slancio i sei chilometri di profondità. In un contesto composto da specchi, dove non si capisce quali siano le intenzioni reali al di là delle dichiarazioni roboanti, l’annuncio «ecologico» del ministro Graziano Delrio tende a sgonfiarsi, e si trasforma in un nuovo punto di partenza, da cui proseguire verso un futuribile doppio scenario.

Le uniche certezze, al momento, sono poche: la contrarietà della nuova amministrazione torinese al tunnel di base, cioè al piatto forte del progetto Tav che nessuno osa mettere in discussione, e la aleatorietà dei fondi economici necessari per la realizzazione dell’opera. In questo contesto Delrio, e quindi il governo Renzi, strizza l’occhio non alla val di Susa, che ha già scoperto il bluff di un annuncio che annuncia annunci già fatti in passato, ma al vastissimo parterre nazionale di elettori che si sta trasferendo in massa nelle braccia del M5S. A cui si vuole dare un messaggio rassicurante e vagamente ambientalista.

Quindi, la rivisitazione del progetto annunciata dal ministro, dà la possibilità di seguire due prossimi scenari.

Il primo: il progetto Torino – Lione non ha futuro e quindi ci si prepara ad un Tav exit brutale, magari con qualche scusa che non comprometta troppo i rapporti con chi l’ha voluto a tutti i costi, ovvero la incerottata corrente di potere che prende il nome di «Sistema Torino», avente come perno la vecchia guardia torinese del Pd, banche e costruttori. Vecchia guardia scaricata brutalmente da Matteo Renzi mezz’ora dopo la sconfitta alle recenti elezioni amministrative. Mancanza di fondi – la corte dei conti francese da tempo ha sentenziato che i denari necessari per la linea alta velocità al di là del tunnel sul versante transalpino non ci sono – territorio in costante rivolta, emorragia elettorale, situazione giudiziaria esplosiva: le ragioni razionali per abbracciare l’opzione zero, quella da sempre scartata dall’osservatorio tecnico, non mancano. Scenario futuribile, ma nel lungo periodo.

La seconda: proseguire con gli annunci alla Renzi, sperare che gli italiani che non vivono in val di Susa ci credano, concedere qualcosa in termini temporali e tenere ben salda la barra su alcuni punti irrinunciabili. Tra questi: il tunnel di base lungo 57 chilometri, il trincerone/muraglione che sventrerebbe vasti territori di importanti comuni della cintura torinese, Rivalta e Rivoli subirebbero un impatto ambientale senza precedenti, e il riutilizzo dello scalo ferroviario di Orbassano. Questi tre elementi, ovvero le parti di progetto che più muovono terra e necessitano cemento, saranno difese a spada tratta dalle lobby dei costruttori che sostengono il governo e da sempre vogliono la Torino-Lione. E infatti queste sezioni sono rimaste intatte anche nel cosiddetto «progetto low cost», per quanto siano le più impattanti economicamente ed ambientalmente. Questa operazione, la più probabile, prevede un costo pari a 8-10 miliardi di euro. Mega appalti in salvo e operazione simpatia: è lo scenario tombola.
In questo contesto fuori controllo rimane ferrea l’opera della procura di Torino: due militanti, risultati inadempienti a misure restrittive, sono stati trasferiti in carcere. Un terzo è stato posto agli arresti domiciliari ma ha annunciato che non li rispetterà. Presso la Galleria di Arte Moderna di Torino questa sera verrà proiettato «Archiviato», video documentario in cui si racconta dei molteplici risvolti giudiziari legati alla lotta popolare valsusina.

Luca e Giuliano entrambi trasferiti in carcere, non lasciamoli soli!

post — 5 luglio 2016 at 19:19

313962_184665508331425_2105539164_nda Radio Onda D’URTO –

Udienza questa mattina al tribunale di Torino dove Giuliano Borio e Luca Germano sono stati processati per il reato di evasione, a conseguenza del fatto di aver deciso collettivamente di non sottostare alle misure cautelari imposte a più di 20 notav il 21 giugno scorso (per i due la misura era quella dei domiciliari).

Inoltre, la misura era stata conseguentemente aggravata: da arresti domiciliari a misura cautelare in carcere. In forza di questa misura, dopo l’udienza di stamattina sono stati arrestati e sono attualmente in carcere.

Stamani l’udienza trattava infatti del reato di evasione, poichè entrambi sono stati trovati, nella giornata del 3 luglio, fuori dalle proprie abitazioni e arrestati in flagranza di reato e processati oggi, 5 luglio, per direttissima.

Il giudice ha convalidato i loro arresti e ha applicato a tutti e due la misura degli arresti domiciliari fino al 18 luglio, questa la sentenza di stamattina. Ma ora i due notav sono stati portati in carcere fino al riesame di venerdì, poichè la misura a prevalere è quella cautelare in carcere.

Il 18 luglio la seconda parte del processo di oggi.

NON FACCIAMOLI SENTIRE SOLI SCRIVIAMO LORO LETTERE, CARTOLINE E TELEGRAMMI

Giuliano Borio

Luca Germano

Casa Circondariale di Torino “Lorusso e Cotugno” 

Via Adelaide Aglietta, 35
10149 Torino (TO)

Torino-Lione, il governo diventa Nì Tav

DELRIO ALL’AFFANNOSA RICERCA DI UNA TAV-EXIT?

http://ilmanifesto.info/torino-lione-il-governo-diventa-ni-tav/

manifesto

Alta Velocità. L’annuncio del ridimensionamento del progetto non convince il movimento. Critiche anche sul versante renziano. La direzione sembra quella di un’uscita controllata dal ginepraio Val Susa


 

Cantiere della Torino-Lione

 © Lapresse

Mille fra processati e indagati, detenzioni preventive, restrizioni della libertà a ultrasettantenni emanate solo una settimana fa, procedimenti giunti fino alla Corte di Cassazione per il gravissimo reato di terrorismo, centinaia di migliaia di euro pagati da decine di militanti del movimento No Tav a titolo risarcitorio. Venti anni di appelli al dialogo e scontri, venti anni di discussioni su come fare l’opera al posto di una valutazione scientifica sull’utilità di quell’opera.
Se l’annuncio del ministro Graziano Delrio, relativo ad un nuovo percorso della linea Torino-Lione, è un tentativo di recuperare consenso per il Partito democratico e per Matteo Renzi, di cui si conosce l’originaria contrarietà al Tav, in un territorio turbolento e paradigmatico di molti altri fronti aperti, ebbene si deve sapere che in val Susa in questi anni non è crollato il consenso verso un’organizzazione politica: è crollato il consenso verso lo Stato.

Una situazione molto più grave di quanto appaia.

Il ministro delle infrastrutture ha parlato di una «intelligente rivisitazione del progetto» che porta al taglio dei costi pari a due miliardi e mezzo di euro. Viene cancellata la galleria da venti chilometri sul territorio torinese, un’opera impossibile perché avrebbe squassato l’intera regione ovest di Torino per anni, e si valorizza il riutilizzo della linea storica.

Rimane il tunnel di base, il piatto forte. Da un punto di vista trasportistico resta insuperabile l’assunto fisico secondo cui la portata massima di una sezione è sempre quella più stretta. Quindi, in poche parole: si potrà anche fare un tunnel gigantesco, ma se al termine di questo tunnel si trova una strozzatura sarà questa a determinare la portata massima. Quindi la portata massima della futuribile Torino-Lione sarà quella della linea storica. Esattamente ciò che succederebbe se venisse costruito il ponte sullo stretto di Messina.

In ogni caso questo sarebbe un non problema, perché come sottolineato da tutti gli studi scientifici prodotti fino ad ora, perfino da quelli dell’osservatorio, i flussi merce sono in picchiata al ribasso da anni e la linea storica è utilizzata, al momento, per una frazione della sua capacità massima.

Dal movimento No Tav giunge una pioggia di critiche, laddove si sperava ci fosse ben altra accoglienza ad un annuncio trionfale: «In realtà l’abile operazione di propaganda nasconde il fatto che anche l’Italia, come già la Francia, deve fare i conti con la disponibilità di soldi, ed è costretta a realizzare la Torino-Lione a pezzi, con un orizzonte di completamento che va oltre il 2050.

L’utilizzo della ferrovia esistente sarebbe così transitorio, per alcuni anni a partire dal 2030, ma il resto verrebbe costruito in seguito. Il millantato risparmio sui costi deriva dal fatto che si confronta la spesa per la sola fase 1 con quella per l’intero progetto originale: in realtà, alla fine, il tutto costerà ben di più».

Intanto il movimento No Tav appare rinvigorito dalle ultime avventurose misure cautelari della Procura di Torino verso quattro ultrasettantenni, nonché dall’annuncio “ecologista” del ministro Graziano Delrio.

Non è la prima sforbiciata che si abbatte sul progetto Torino-Lione. Nel 2006, dopo i violenti scontri di Venaus e l’istituzione del cosiddetto Osservatorio Tecnico, presieduto allora da Mario Virano, fu cancellato il progetto che passava a nord del fiume Dora Riparia. Gli scontri servirono a far accettare che lungo quel percorso era effettivamente presente roccia amiantifera in gran quantità.

Nel corso degli anni un interessante intreccio fatto di annunci, firme e controfirme di accordi, marce di protesta e inesorabili perdite di fondi e pezzi di progetto, hanno portato all’attuale situazione: aggravata dalla recente vittoria del Movimento 5 Stelle a Torino con la sindaca Chiara Appendino. Situazione vagamente complessa da gestire non solo sul piano politico, ma anche su quello toponomastico, perché la Torino-Lione ha perso una delle due città da cui prende il nome. Potrebbe però diventare in futuro Orbassano-Lione o Novara-Lione.
In realtà quanto accade in queste ore appare come un passo sostanzioso verso un’uscita controllata dal ginepraio alta velocità in val Susa. Una sorta di Tavexit, dove viene sacrificata la lobby pro Tav del Pd torinese, dominata dalla vecchia guardia battuta alla recenti elezioni comunali, e mal tollerata da Matteo Renzi per ragioni anagrafiche e politiche.

Ma in un virulento editoriale pubblicato su formiche.net, il renzianissimo, e potente, Umberto Minopoli stronca la nuova strategia del capo del governo e scrive: «Ora mi è più chiara la demente affermazione che il Corriere della sera attribuiva, qualche giorno fa, al quartier generale renziano: “prenderemo provvedimenti ad hoc per parlare agli elettori grillini”. Cioè (tradotto) “cambieremo l’agenda di governo e faremo cose che servono a parlare agli elettori grillini”. Insomma: useremo il governo per la campagna elettorale. Mi indigno. Ora comincio a credere che Renzi possa davvero pianificare a tavolino mosse populiste».

Tav, la Appendino a Delrio: “Il problema resta il tunnel”

http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/tav-la-appendino-a-delrio-il-problema-resta-il-tunnel/

lunedì 04/07/2016
Dopo l’annuncio del governo sul cambio del progetto per tagliare i costi dell’Alta velocità, il sindaco di Torino replica: “Inutile ridurre solo la tratta”
Tav, la Appendino a Delrio:  “Il problema resta il tunnel”
di  | 4 luglio 2016

Sul tavolo della neo giunta pentastellata di Torino c’è il grande tema del Tav. Una linea, la Torino-Lione, da sempre contestata.
Costi enormi e danni ambientali. La polemica è nota.
Due giorni fa, poi, il governo Renzi, attraverso il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, ha fatto il grande annuncio: la tratta cambia, i costi scenderanno da 4,3 a 1,7 miliardi. Alla base della “project review” l’utilizzo della linea già esistente.
Un’uscita alla quale ieri il sindaco di Torino Chiara Appendino ha risposto in modo molto chiaro: il nuovo orientamento non è una novità e soprattutto al centro resta ancora l’utilità generale dell’opera. “Prendiamo atto delle dichiarazioni del ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio – ha commentato Appendino –, ma il cosiddetto progetto del Tav low cost non è una novità, perché è stato già presentato all’interno dell’Osservatorio alcuni anni fa, dove il M5s aveva sottolineato la necessità di utilizzare la linea storica che lo stesso ministro Delrio ha ammesso non essere satura”. Quindi ha aggiunto: “Il problema non è la riduzione del percorso, ma il tunnel di base, il cuore di un’opera inutile e costosissima”. La posizione dell’M5s è stata poi ribadita dal deputato Ivan Della Valle: “Non ci interessa aver ragione servono risposte politiche. Siamo pronti a sederci a discutere con chiunque”.
Di “contentini” e “propaganda solo per imitarci”, ha parlato il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio. Ancor più netta la posizione del senatore Marco Scibona: “Sul Tav Delrio come Matteo Renzi fa il solito gioco alle tre carte. I proponenti di quest’opera inutile e costosissima, danno ragione al Movimento No Tav perché ammettono che la linea storica non è satura e che quest’ultima potrebbe essere utilizzata a pieno”. Insomma, la risposta del M5s e in particolare di Appendino è chiara: Matteo Renzi accorcia il percorso senza però cambiare minimamente la sostanza, visto che la parte più critica, ovvero la galleria di base, resta e mantiene tutti i suoi problemi: dalle falde acquifere che si prosciugano all’inquinamento ambientale dovuto ai detriti prodotti dal lavoro di scavo.

“Flusso di merci in calo. Previsioni infondate e numeri manipolati”

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Le nuove proposte non modificano il problema di un’opera realizzata a debito pubblico
“Flusso di merci in calo. Previsioni infondate e numeri manipolati”
di Angelo Tartaglia* | 4 luglio 2016

I maggiori mezzi di comunicazione hanno dato grande rilievo all’intenzione manifestata dal ministro Delrio di modificare il tracciato della tratta italiana della nuova linea Torino-Lione (Nltl), riducendo costi e impatti sul nostro versante. Come sempre ci si è sbizzarriti nelle valutazioni “politiche” senza nemmeno provare a entrare nel merito. Il ministro ha parlato di una “revisione” del progetto, di una riduzione delle gallerie ivi previste, di una maggiore utilizzazione della linea storica e, in conseguenza di ciò, di una riduzione della spesa, da 4,3 a 1,7 miliardi. Con una sorta di gioco di prestigio si cerca così di trasformare in dimostrazione di attenzione alle istanze dei cittadini e ai problemi economici del Paese una scelta che, da un lato, è ineluttabile e, dall’altro, dimostra che la faraonica ipotesi iniziale realizzava in realtà un inutile spreco (in quella tratta come in tutta l’opera).
La nuova soluzione altro non è che la riproposizione di una strategia di realizzazione per fasi, in cui il maggior utilizzo del tracciato esistente (sul solo versante italiano) sarebbe transitorio, fino al 2030, rinviando la soluzione definitiva, per mancanza di denaro, al 2050 e oltre… E ciò senza dare risposta alla domanda fondamentale che la stessa “apertura” del ministro pone: perché non utilizzare, con opportuni interventi di ammodernamento, tutto il percorso attuale, lasciando cadere un tunnel di base che, nella versione prevista, sarebbe del tutto inutile senza gli adduttori sul versante italiano e francese?
Le manipolazioni del tracciato lasciano tal quale la questione fondamentale e cioè il fatto che la Nltl è un’opera inutile realizzata a debito pubblico, direttamente, per la quota italiana, e indirettamente, per quella europea (in Francia è la Court des Comptes che ha da ridire sulla produttività della spesa); un’opera per di più destinata ad accumulare passività, sempre a carico nostro, anno dopo anno. Le ragioni di questa valutazione sono state esposte in dettaglio in moltissime occasioni e non sono mai state contestate o smontate; in particolare non è mai stato accettato un pubblico confronto in sede tecnica.
Le ferrovie non si dimensionano in base alle chiacchiere della politica e alle dichiarazioni ai giornali, ma in base alle tonnellate che si prevede di trasportare. Ora, il fatto è che le tonnellate che attraversano la frontiera terrestre tra Italia e Francia lungo tutti i canali e in tutte le modalità sono in calo dal 2002; lungo l’asse della Valle di Susa il flusso (ferroviario) è circa un sesto della capacità della linea; il flusso attraverso l’intero arco alpino mostra la tendenza a stabilizzarsi dal 2012 in poi, dopo aver visto, fino al 2008, andamenti crescenti lungo le direzioni da nord a sud; l’economia mondiale continua a trovarsi in condizioni di stagnazione dovuta ai vincoli materiali che i governanti ignorano.
Queste tendenze hanno delle spiegazioni che, nella sintesi qui necessaria, sono riconducibili alla saturazione materiale dei mercati dell’Europa centro-occidentale, idea che i “politici” tradizionali, insieme ad una parte degli economisti, si rifiutano di accettare. Per capire di che cosa si tratti basta pensare a una unità abitativa media italiana, francese, tedesca… e ai beni, attrezzature e oggetti (cose che vengono trasportate) reperibili al suo interno.
È difficile immaginare che ce ne possano stare molti di più di quanti ce ne sono. È certamente possibile rinnovare, cambiare, ammodernare quegli oggetti, ma non si può pensare di ridurre a pochi giorni i tempi di sostituzione (proviamo a pensare ad autoveicoli, elettrodomestici e persino telefonini). Insomma il flusso totale di merci può oscillare un poco su e giù ma non può crescere in modo esplosivo. Orbene i proponenti la Nltl hanno individuato quale dovrebbe essere il flusso di merci (complessivo, non solo ferroviario) tale da giustificare economicamente l’opera (occhio e croce tre volte quello attuale) e hanno trasformato questa esigenza in “previsione” per la prossima decina d’anni (il moltiplicatore diventerebbe addirittura 15-20, estrapolando al 2053).
Queste “previsioni” sono del tutto infondate; per ottenerle i consulenti hanno utilizzato anche modelli matematici manipolando in maniera plateale e professionalmente indecorosa i parametri in modo da far emergere i risultati richiesti dai committenti. Questi sono i nodi e sicuramente non è il tracciato italiano della linea a scioglierli. Non so quanto Delrio sia “ambientalista”; so che il suo governo e molti altri soggetti nel merito non entrano e alle obiezioni di sostanza non hanno risposte. Ma i fatti sono più testardi e il guaio è che le conseguenze della irresponsabilità le pagheremo tutti.
*Docente al Politecnico di Torino e membro del direttivo del Controsservatorio Val Susa.

TAV: il ministro Del Rio ignora alcune fondamentali questioni tecniche

http://torino.pro-natura.it/index.php?c=dettaglio-notizia&id=224

 Comunicato Stampa Pro Natura

Le recenti dichiarazioni del Ministro delle infrastrutture proposte come un nuovo progetto della linea Alta Velocità Torino-Lione, da una parte non rappresentano una soluzione nuova, dall’altra confermano l’insostenibilità di tutto il progetto.
E’ dal 2011 che la Conferenza Intergovernativa, di fronte alle difficoltà di finanziamento, ha proposto di dividere il progetto in due fasi: nella prima si procede solo con il tunnel di base per la parte internazionale comune (da Saint Jean de Maurienne a Susa) e con il tunnel sotto la collina morenica verso Orbassano, per la parte di esclusiva competenza italiana.
Nella seconda fase è prevista la realizzazione del tunnel detto “dell’Orsiera” nella media Val Susa e il tratto detto “di corso Marche” a Torino.
Se le attuali affermazioni del Ministro Del Rio (o di chi gliele ha fatte fare) fossero serie, si dovrebbe procedere a un immediato ritiro dei progetti esistenti e alla loro ripresentazione con altri progetti adeguati alla nuova situazione; se questo non viene fatto significa che le parole del Ministro sono solo “fumo” e che le cose resteranno come prima, salvo appunto un fasaggio in due parti.
Quello che è nuovo in questa dichiarazione è la presunzione di dare funzionalità a delle opere che rimangono completamente scollegate. I binari del tunnel della collina morenica terminerebbero nei prati fra Rivoli e Rivalta. Dopo Orbassano le merci non potrebbero proseguire sul passante, perchè le leggi esistenti non consentono un traffico misto Alta Capacità – Alta Velocità nei tunnel sotto la città e perchè l’ipotesi alternativa del passaggio sulla linea verso Genova e Alessandria è impraticabile in quanto le sagome dei tratti in galleria sono più basse dell’attuale tunnel del Frejus.
La cosiddetta galleria di corso Marche, da cui proverrebbero i maggiori risparmi, non si può cancellare per un semplice fatto: non è mai stata progettata e la documentazione del progetto preliminare della tratta nazionale presentata il 28 marzo 2011 per la Valutazione di Impatto Ambientale, tuttora in attesa di approvazione da parte del CIPE (Comitato Interministeriale Programmazione Economica), è stata incredibilmente inviata senza il progetto della galleria di corso Marche.
Il quadro delineato del Ministro ha comunque, come logica necessità, anche la rinuncia al tunnel di base e al fantomatico progetto Alta Capacità – Alta Velocità, perchè non si può assolutamente far transitare un tale tipo di traffico all’interno dei centri abitati, nelle condizioni di esercizio che lo caratterizzano. Già nel 1993 gli ambientalisti della Valle di Susa avevano prodotto uno studio che dimostrava come, in base alle distanze applicate in Francia fra questa linea ferroviaria e le case, in Valle di Susa molte case avrebbero dovuto essere acquisite dalle Ferrovie: infatti le abitazioni sottoposte a impatti di rumore dichiarati oltre la soglia di vivibilità erano oltre mille.
Qualche tempo dopo uno studio di docenti del Politecnico di Torino aveva esteso tali condizioni limite alle case poste sui primi versanti, considerata la particolare conformazione della Valle. A fronte di questo ricordiamo che la prescrizione del trattato italo-francese del 30 gennaio 2012, con una previsione di spesa di 81 milioni di euro per la tratta fra Bussoleno e Avigliana per adeguare tecnicamente la linea attuale al transito dei treni Alta Velocità – Alta Capacità, non ha una valutazione di impatto ambientale, in aperto contrasto con le leggi esistenti.

Mario Cavargna, presidente Pro Natura Piemonte