TAV Torino Lione: la versione low cost di un’opera realizzata a debito pubblico

http://comunivirtuosi.org/tav-la-versione-low-cost-di-unopera-a-debito-pubblico/

 Comuni Virtuosi

 5 LUGLIO 2016

Ospitiamo un editoriale del Prof. Angelo Tartaglia Docente al Politecnico di Torino e membro del direttivo del Controsservatorio Val Susa* che è intervenuto al seminario da noi organizzato lo scorso aprile a Rivalta di Torino, sia per fare il punto sullo stato di esecuzione del TAV Torino-Lione che per presentare le ragioni del si e del no all’opera.
A tale incontro sono pertanto stati invitate le due parti e/o i loro rappresentanti tecnici ma, come pare sia sempre accaduto negli anni, non ci è arrivato alcun tipo di riscontro da parte dei promotori del TAV all’invito. Per visualizzare l’impatto del TAV a Rivalta dove sono state state confermate le opere previste vai all’approfondimento. 
Del Rio TAV
Flusso di merci in calo. Previsioni infondate e numeri manipolati
Le nuove proposte non modificano il problema di un’opera realizzata a debito pubblico

di Angelo Tartaglia* | 4 luglio 2016 (Il Fatto Quotidiano) – I maggiori mezzi di comunicazione hanno dato grande rilievo all’intenzione manifestata dal ministro Delrio di modificare il tracciato della tratta italiana della nuova linea Torino-Lione (Nltl), riducendo costi e impatti sul nostro versante. Come sempre ci si è sbizzarriti nelle valutazioni “politiche” senza nemmeno provare a entrare nel merito. Il ministro ha parlato di una “revisione” del progetto, di una riduzione delle gallerie ivi previste, di una maggiore utilizzazione della linea storica e, in conseguenza di ciò, di una riduzione della spesa, da 4,3 a 1,7 miliardi. Con una sorta di gioco di prestigio si cerca così di trasformare in dimostrazione di attenzione alle istanze dei cittadini e ai problemi economici del Paese una scelta che, da un lato, è ineluttabile e, dall’altro, dimostra che la faraonica ipotesi iniziale realizzava in realtà un inutile spreco (in quella tratta come in tutta l’opera).

La nuova soluzione altro non è che la riproposizione di una strategia di realizzazione per fasi, in cui il maggior utilizzo del tracciato esistente (sul solo versante italiano) sarebbe transitorio, fino al 2030, rinviando la soluzione definitiva, per mancanza di denaro, al 2050 e oltre… E ciò senza dare risposta alla domanda fondamentale che la stessa “apertura” del ministro pone: perché non utilizzare, con opportuni interventi di ammodernamento, tutto il percorso attuale, lasciando cadere un tunnel di base che, nella versione prevista, sarebbe del tutto inutile senza gli adduttori sul versante italiano e francese?

Le manipolazioni del tracciato lasciano tal quale la questione fondamentale e cioè il fatto che la Nltl è un’opera inutile realizzata a debito pubblico, direttamente, per la quota italiana, e indirettamente, per quella europea (in Francia è la Court des Comptes che ha da ridire sulla produttività della spesa); un’opera per di più destinata ad accumulare passività, sempre a carico nostro, anno dopo anno. Le ragioni di questa valutazione sono state esposte in dettaglio in moltissime occasioni e non sono mai state contestate o smontate; in particolare non è mai stato accettato un pubblico confronto in sede tecnica.

Le ferrovie non si dimensionano in base alle chiacchiere della politica e alle dichiarazioni ai giornali, ma in base alle tonnellate che si prevede di trasportare. Ora, il fatto è che le tonnellate che attraversano la frontiera terrestre tra Italia e Francia lungo tutti i canali e in tutte le modalità sono in calo dal 2002; lungo l’asse della Valle di Susa il flusso (ferroviario) è circa un sesto della capacità della linea; il flusso attraverso l’intero arco alpino mostra la tendenza a stabilizzarsi dal 2012 in poi, dopo aver visto, fino al 2008, andamenti crescenti lungo le direzioni da nord a sud; l’economia mondiale continua a trovarsi in condizioni di stagnazione dovuta ai vincoli materiali che i governanti ignorano.

Queste tendenze hanno delle spiegazioni che, nella sintesi qui necessaria, sono riconducibili alla saturazione materiale dei mercati dell’Europa centro-occidentale, idea che i “politici” tradizionali, insieme ad una parte degli economisti, si rifiutano di accettare. Per capire di che cosa si tratti basta pensare a una unità abitativa media italiana, francese, tedesca… e ai beni, attrezzature e oggetti (cose che vengono trasportate) reperibili al suo interno.

È difficile immaginare che ce ne possano stare molti di più di quanti ce ne sono. È certamente possibile rinnovare, cambiare, ammodernare quegli oggetti, ma non si può pensare di ridurre a pochi giorni i tempi di sostituzione (proviamo a pensare ad autoveicoli, elettrodomestici e persino telefonini). Insomma il flusso totale di merci può oscillare un poco su e giù ma non può crescere in modo esplosivo. Orbene i proponenti la Nltl hanno individuato quale dovrebbe essere il flusso di merci (complessivo, non solo ferroviario) tale da giustificare economicamente l’opera (occhio e croce tre volte quello attuale) e hanno trasformato questa esigenza in “previsione” per la prossima decina d’anni (il moltiplicatore diventerebbe addirittura 15-20, estrapolando al 2053).

Queste “previsioni” sono del tutto infondate; per ottenerle i consulenti hanno utilizzato anche modelli matematici manipolando in maniera plateale e professionalmente indecorosa i parametri in modo da far emergere i risultati richiesti dai committenti. Questi sono i nodi e sicuramente non è il tracciato italiano della linea a scioglierli. Non so quanto Delrio sia “ambientalista”; so che il suo governo e molti altri soggetti nel merito non entrano e alle obiezioni di sostanza non hanno risposte. Ma i fatti sono più testardi e il guaio è che le conseguenze della irresponsabilità le pagheremo tutti.

*Docente al Politecnico di Torino e membro del direttivo del Controsservatorio Val Susa*

Per maggiori approfondimenti sull’argomento vai alla pagina dedicata all’opera del Comune di Rivalta.

Se al primo consiglio comunale si sceglie a chi dare solidarietà…

post — 18 luglio 2016 at 23:57
hunterUno dei primi atti del nuovo consiglio comunale torinese è stato quello di esprimere «solidarietà alle forze dell’ordine impegnate nel cantiere di Chiomonte”.
Questo è il dato di fatto da cui partiamo per dire alcune cose molte chiare e semplici, com’è nel dna di ogni notav.
Siamo gente semplice, abituata a dare importanza alle parole e ai fatti che ne conseguono. Non siamo abili nei bizantinismi né tantomeno nelle ambiguità politiche, pertanto prendiamo atto che un consiglio comunale a maggioranza notav (così sapevamo…) ha accettato di redigere e leggere un comunicato dello stesso tenore di tutti i comunicati che sono usciti da quell’aula, in seguito alla richiesta di esponenti del Pd e del centro destra.
 
Poco importa che si trattasse del classico “trappolone” teso abilmente (ma neanche troppo) da politici più navigati, importa che ci si sia cascati con tutti i piedi e magari pure con convinzione per un presunto “senso istituzionale”.
 
Ma cos’è che viene condannato così repentinamente? Lo sapete almeno? E a chi date solidarietà preventivamente? Sapete anche questo? O avete capito in così poco tempo che sono più importanti gli atti formali a discapito di quelli reali, concreti e genuini.

Perché altrimenti non si capisce. L’altra notte è avvenuto quello che avviene da tempo e che continuerà ad avvenire: atti di resistenza e di disturbo al cantiere e alle truppe di occupazione, nei modi e nei metodi che abbiamo sempre utilizzato, documentati nei video disponibili e praticati da centinaia di giovani e meno giovani.

Sapete noi il tav lo vogliamo fermare davvero, e quindi ci adoperiamo per farlo nel miglior modo possibile, e tornando alle parole e alla loro importanza: quando parliamo di resistenza popolare, noi poi, proviamo a farla sul serio.
Parlate di violenza? Vi spieghiamo cos’è: sapete cosa significa vivere in un territorio militarizzato e violentato? Sapete cosa vuol dire esibire i documenti per passeggiare per la propria terra? Sapete cosa vuol dire avere la propria nonna obbligata a firmare in una caserma dei carabinieri? Questa è la violenza ad esempio.
 
Chissà perché si pensa che i fuochi artificiali lanciati in aria siano più violenti dei lacrimogeni sparati addosso ai manifestanti, che hanno rovinato delle persone per sempre.
Chissà perché le pietre lanciate dalla polizia non sono violente mentre quelle tirate dai NO TAV sono violentissime.
 
Sappiamo che esprimere la solidarietà alle forze dell’ordine fa molto “”istituzionale”, ed è una di quelle cose che ogni politico fa come routine, ma non se ne sentiva il bisogno. La solidarietà (vera o finta che sia) la ricevono tutti i giorni, noi invece aspettiamo ancora che la smettano di piombarci in casa alle 5 del mattino, che la smettano di giocare al tiro al bersaglio con i loro lacrimogeni, che non si sentano impuniti e protetti e che magari mettano un bel numero sulla divisa.
 
Siamo abituati purtroppo alle critiche come queste, alle condanne e ai cambi di barricata, quindi nulla ci stupisce. Da oltre 25 anni lottiamo in autonomia da partiti e formazioni politiche, vecchie e nuove che siano, e sappiamo che abbiamo fatto sempre bene.
 
Questo per dire che ognuno è libero di fare quello che meglio crede, ma voi visto che vi dite notav, e avete ribadito la contrarietà all’opera anche in questi interventi, spiegateci un po’ come lo fermereste, perché ad oggi ( e dopo oggi) non l’abbiamo ancora capito bene.

ERDOGAN PURGE LA TURQUIE KEMALISTE

CHASSE AUX LAIQUES : ERDOGAN PURGE LA TURQUIE KEMALISTE !

 Luc MICHEL pour PCN-AMKP/

Avec LLB – PCN-SPO/ 2016 07 19/

« Quelque 9 000 fonctionnaires de l’Intérieur, 6 000 militaires, 3 000 juges, 1 500 fonctionnaires du ministère des Finances… Au total, ce sont près de 20 000 personnes qui ont été soit arrêtées, soit limogées depuis la tentative ratée de coup d’Etat militaire vendredi. Des purges impressionnantes, saluées lundi par la presse pro-gouvernementale qui appelle à poursuivre le “ménage”, expression utilisée par le Premier ministre Binali Yildirim, tandis que le président Recep Tayyip Erdogan a évoqué un “virus, comme un cancer, qu’il faut éliminer des institutions d’Etat”… »

COMPRENDRE DERRIERE LA PROPAGANDE D’ERDOGAN AVALEE PAR LES MEDIAS DE L’OTAN

Stop aux analyses à deux balles sur « le soutien des USA au Putsch » (sic) (faites pour occulter le fait que ce sont les F16 US qui ont écrasé le putsch de la liberté), le « rôle des réseaux islamistes de Gullen » (resic), médiamensonge d’Erdogan pour faire passer sa purge honteuse et qu’avalent les médias de l’OTAN !

Sans oublier les analyses délirantes des « conspirationnistes russes » et autres « eurasistes turcs » (qui sont en fait des « pantouranistes » ce qui est tout autre chose, et dans leur soutien à Erdogan actuel trahissent leur camp passé), qui sont tout sauf une prospective géopolitique, mais bien un délire idéologique de gens qui ne connaissent pas la politique turque ! Il n’y a pas de « révision géopolitique en Turquie » mais les gesticulations intéressées d’un Erdogan aux abois, manipulant chantages et gestes sans lendemain …

Voir les personnalités purgées et particulièrement les juges purgés (chargés de protéger la constitution laïque par celle-ci même) : c’est le noyau dur du Kémalisme qu’on tente d’éliminer ! Ce que ne comprennent ni les journalistes de l’OTAN (voir le cas de La Libre) ni nos « comspirationnistes russes » …

LM

* Lire sur LLB :

COUP D’ETAT MANQUÉ EN TURQUIE: LA “PURGE” PREND DES PROPORTIONS DANTESQUES

http://www.lalibre.be/actu/international/coup-d-etat-manque-en-turquie-la-purge-prend-des-proportions-dantesques-578d3161357086b3e0d3c9ac

* Comprendre la véritable Géopolitique de la Turquie néo-ottomane :

EODE-TV & AFRIQUE MEDIA/ LE GRAND JEU (1) : LA ‘GRANDE-TURQUIE’ D’ERDOGAN

http://www.lucmichel.net/2016/07/16/eode-tv-afrique-media-le-grand-jeu-1-la-grande-turquie-derdogan/

E se l’attacco di Nizza non fosse una questione religiosa?

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di Fulvio Scaglione – 16/07/2016
Fonte: TPI
 
La reazione alla strage di Nizza,il massacro di 84 persone compiuto sul lungomare dal francese di origine tunisina Mohamed Bouhlel, spiega meglio di qualunque analisi sociologica o politica perché stiamo perdendo la guerra al terrorismo islamico.
Non vi è dubbio, infatti, che l’esito sia quello: dal 2000 a oggi le vittime del terrorismo sono cresciute di nove volte; tra 2013 e 2014 gli attentati kamikaze sono cresciuti del 18%; tra 2013 e 2014 i Paesi che hanno avuto più di 500 morti per atti di violenza terroristica sono passati da 8 a 13. Il tutto a dispetto della nostra schiacciante superiorità in termini di potenza economica, militare e tecnologica.
Perché Nizza? Basta leggere i giornali di oggi. Le modalità della strage non hanno alcun punto di contatto con quelle di solito impiegate dai terroristi dell’Isis. Niente esplosivo, niente mitragliatori, nessun kamikaze, anche se forse Bouhlel aveva immaginato di non poter uscire vivo dalla Promenade des Anglais. Nessuno o quasi, però, è riuscito a trattenersi: c’è chi parla di guerra di religione, chi annuncia piani precisi dell’Isis per attaccare l’Europa, chi spiega che si tratta di una strategia per scatenare la guerre civile in Europa.
 
E se si trattasse di molto meno? Bouhlel non era religioso ma aveva tre figli e stava divorziando. Troppo banale. Ma banale era anche il caso di Omar Mateen, l’uomo di origine afghana che il 12 giugno uccise 49 persone in un club gay di Orlando (Florida).
Anche allora i giornali si riempirono di dotte analisi finché non saltò fuori che Mateen era anche lui un gay, però disturbato fino alla follia, e la notizia fu fatta sparire. Anche se si sarebbe dovuto indagare sul fatto che Mateen, pur essendo sulla “lista nera” su cui l’Fbi registra i cittadini americani “ragionevolmente sospetti” di terrorismo e collaborazione con terroristi, era comunque riuscito a procurarsi un fucile semi-automatico, in pratica un’arma da guerra.
 
Ancor più banale il caso di Yassin Sahli, francese di origine marocchina, che a Saint-Quentin-Fallaviern, piccola località francese dell’Isere, che il 25 giugno del 2015 decapitò il suo capo inneggiando all’Isis. Intervenne persino il presidente Hollande a parlare di terrorismo, saltò fuori che Sahli e la sua vittima avevano ferocemente litigato il giorno prima.
D’accordo, i “veri” terroristi islamici ci hanno colpito con ferocia un numero di volte bastante a renderci ansiosi, preoccupati, nevrotici. E’ normale che i nostri riflessi siano ormai condizionati. Questo, però, vale per il cittadino qualunque, per il signor Rossi. Per l’industria della comunicazione questo non vale.
E bisogna avere il coraggio di dire che sul terrorismo islamico opera da lungo tempo una vera “industria della scemenza” che ci fa danni gravissimi. Dai tempi di Samuel Huntington (“Lo scontro delle civiltà”) e dei suoi epigoni-divulgatori alla Oriana Fallaci continuiamo a schiantarci nel solito vicolo cieco: preferiamo demonizzare tutti i musulmani (cultura inferiore, naturalmente assetati di violenza, d’altra parte leggono il Corano…) e trasformare il terrorismo in una aerea questione “culturale” piuttosto che prenderlo per ciò che è: un fenomeno politico che ha mandanti e fini.
 
Con il primo atteggiamento non si cava un ragno dal buco: come si combatte un “fenomeno culturale” vecchio di un millennio e mezzo? 
Come lo affrontiamo in un mondo che ci è piaciuto rendere globalizzato, quindi di fatto incontrollabile? 
Come ci rapportiamo a un miliardo di musulmani, cioè a una parte della popolazione mondiale che è in crescita e che nel 2050, ci dicono i demografi del Pew Research Center, per la prima volta nella storia pareggerà per numero i cristiani? Nessuno risposta. E infatti il terrorismo vince. D’altra parte, una visione in cui chiunque (purché sia musulmano per origine, anche se non praticante come il nizzardo Bouhlel o l’americano Mateen) è un terrorista potenziale o effettivo non offre alcuna speranza di vittoria, e nemmeno di azione concreta.
 
Si potrebbe più utilmente andare a caccia dei mandanti del terrorismo per sventare i loro fini. Ma non si fa. E qui si capisce bene perché Huntington e la Fallaci e i loro simili siano diventati così “intoccabili”, perché la nostra “industria della scemenza” non dorma mai: perché servono alla politica a far finta di niente.
 
Ieri, poche ore prima della strage di Nizza, ho ascoltato il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti dire cose chiarissime sul terrorismo durante l’East Forum 2016, dedicato al tema “La nuova Europa: migrazioni, integrazione e sicurezza”. Roberti, uno dei più stimati investigatori di tutta Europa, ha detto in sostanza: i terroristi non arrivano con i migranti; sappiamo che i soldi per finanziare l’estremismo e il terrorismo islamico arrivano dai Paesi del Golfo Persico; indagando abbiamo trovato evidenze del fatto che in quei Paesi ci sono anche strutture di supporto al terrorismo.
Sappiamo da dove partono i soldi, e con questo possiamo intuire anche i fini. Che altro ci serve per capire che qui non c’è alcun progetto di attacco all’Europa o di guerra di religione in atto?
Se chi finanzia l’Isis è lo stesso cui abbiamo venduto mezza Milano o una parte consistente del “made in Italy”, e altrettanto è successo in Francia e in Gran Bretagna, è concepibile che questo stesso si proponga di mandare a monte i propri lucrosi investimenti?
 
Quanto a lungo faremo ancora finta di non capire che l’Occidente parla tanto dei terroristi ma troppo poco dei loro padroni? E che, in altre parole, con una mano colpiamo i manovali della violenza e della paura e con l’altra accarezziamo i loro finanziatori? Ma demonizzare i musulmani e scambiare un demente per un agente segreto è più comodo. A giudicare dal via vai di primi ministri europei nel Golfo Persico, forse anche più redditizio.

La Nato e il «golpe» turco

di Manlio Dinucci – 19/07/2016
Fonte: Il Manifesto
 
Erdogan in fuga che vola sull’Europa alla ricerca di un governo che gli conceda l’asilo politico, i golpisti ormai al potere perché occupano la televisione e i ponti sul Bosforo, Washington e le capitali europee, perfino la Nato, colte di sorpresa dal golpe: queste le prime «notizie» dalla Turchia. Una più falsa dell’altra. Emerge anzitutto il fatto che, pur nella sua tragicità (centinaia di morti e migliaia di arresti), quella in Turchia si presenta come la messinscena di un colpo di stato. I golpisti non cercano di catturare Erdogan, ufficialmente in vacanza sul Mar Egeo, ma gli lasciano tutto il tempo per spostarsi. Occupano simbolicamente la televisione di stato, ma non oscurano le emittenti private filogovernative e Internet, permettendo a Erdogan di usarle per il suo «appello al popolo». Bombardano simbolicamente il parlamento di Ankara, quando è vuoto. Occupano i ponti sul Bosforo non in piena notte, ma in modo plateale la sera quando la città è affollata, mettendosi così in trappola. Non occupano invece le principali arterie, lasciando campo libero alle forze governative. L’azione, pur destinata al fallimento, ha richiesto la preparazione e mobilitazione di migliaia di uomini, mezzi corazzati e aerei.
 
Impossibile che la Nato fosse all’oscuro di ciò che si stava preparando. In Turchia c’è una rete di importanti basi Nato sotto comando Usa, ciascuna dotata di un proprio apparato di intelligence. Nella gigantesca base di Incirlik, da cui opera l’aviazione statunitense e alleata, sono depositate almeno 50 bombe nucleari Usa B-61, destinate ad essere sostituite dalle nuove B61-12.
A Izmir c’è il Comando terrestre alleato (Landcom), ossia il comando addetto alla preparazione e al coordinamento di tutte le forze terrestri della Nato, agli ordini del generale Usa Darryl Williams, già comandante dello U.S. Army Africa a Vicenza. Il quartiere generale di Izmir è stato visitato alla fine di giugno dal nuovo Comandante supremo alleato in Europa, il generale Usa Curtis Scaparrotti. Oltre ai comandi e alle basi ufficiali, Usa e Nato hanno in Turchia una rete coperta di comandi e basi costituita per la guerra alla Siria e altre operazioni.
 
Come ha documentato anche un’inchiesta del New York Times, nel quadro di una rete internazionale organizzata dalla Cia, dal 2012 è arrivato nella base aerea turca di Esenboga un flusso incessante di armi, acquistate con miliardi di dollari forniti dall’Arabia Saudita e altre monarchie del Golfo, che sono state fornite attraverso il confine turco ai «ribelli» in Siria e anche all’Isis/Daesh,. Forniti di passaporti falsi (specialità Cia), migliaia di combattenti islamici sono affluiti nelle province turche di Adana e Hatai, confinante con la Siria, dove la Cia ha aperto centri di formazione militare. È quindi del tutto falsa la «notizia», diffusa in questi giorni, che Washington non gradisce un alleato come Erdogan perché questi sostiene sottobanco l’Isis/Daesh.
 
Ancora non ci sono elementi fondati per capire se c’è, e in quale misura, una incrinatura nei rapporti tra Ankara e Washington e soprattutto quali nei siano i motivi reali. Accusando Fethullah Gulen, residente negli Usa dal 1999 e alleato di Erdogan fino al 2013, di aver ispirato il golpe, e richiedendone l’estradizione, Erdogan gioca al rialzo, per ottenere dagli Usa e dagli alleati europei maggiori contropartite per il «prezioso ruolo» (come l’ha definito Stoltenberg il 16 luglio) della Turchia nella Nato. Intanto Erdogan fa piazza pulita degli oppositori, mentre la Mogherini avverte che, se usa la pena di morte, la Turchia non può entrare nella Ue, poiché ha firmato la Convenzione sui diritti umani.

Aéroport, lignes à grande vitesse… les militants contre les projets « inutiles » se coordonnent

http://mobile.lemonde.fr/planete/article/2016/07/18/aeroport-lignes-a-grande-vitesse-les-militants-contre-les-projets-inutiles-se-coordonnent_4971030_3244.html?xtref=http://www.lemonde.fr/journaliste/remi-barroux/

Il servizio del quotidiano Le Monde sul 6′ Forum contro le Grandi Opere Inutili Imposte.

LE MONDE | 18.07.2016 à 07h42

Par Rémi Barroux (Bayonne, envoyé spécial)


A Bayonne, du 15 au 17 juillet, les militants européens contre les “grands projets inutiles et imposés” se sont réunis. | Photo : R. Bx.

« Démocratie »« légitimité », ce sont sans doute les mots qui ont été les plus prononcés, les plus revendiqués, durant les rencontres contre les « grands projets inutiles et imposés », les « GPII », qui se sont déroulées à Bayonne (Pyrénées-Atlantiques) du 15 au 17 juillet.

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Certes, la dramatique attaque terroriste qui s’est déroulée, la veille de l’ouverture du forum, le jeudi 14 juillet à Nice, a suscité émotion et sympathie pour les victimes, en ouverture de la réunion qui a réuni 150 à 200 militants européens.

Mais pas question pour autant de faire une pause dans la lutte acharnée menée contre des projets aussi variés qu’un aéroport à Notre-Dame-des-Landes (Loire-Atlantique), un tunnel transalpin destiné à la ligne ferroviaire LyonTurin, des lignes à très haute tension de l’autre côté des Pyrénées, une gare à Stuttgart ou encore des lignes à grande vitesse au nord de Londres, en Provence et au Pays basque…

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Sous le soleil basque, à Bayonne, militants européens anti débattent des “grands projets inutiles et imposés”

« Le but du terrorisme, c’est de nous empêcher de vivre, mais on ne va pas s’autocensurer et accepter pour cela la confiscation de la démocratie avec l’état d’urgence. Si la réponse au terrorisme, c’est de nous dire de ne pas manifester, alors ils auront gagné », insiste Martine Bouchet du Collectif des associations de défense de l’environnement (Cade) du Pays basque et du sud des Landes, coorganisateur de la rencontre.

 Lire l’entretien :   « Les luttes environnementales se radicalisent »

 Lire l’entretien :   « Les luttes environnementales se radicalisent »

« MENSONGE ET DÉCISIONS ANTIDÉMOCRATIQUES »

Pour elle, comme pour l’ensemble des participants au forum, le plus grave reste « le mensonge des porteurs de projets et les décisions antidémocratiques qui les accompagnent ». Durant trois jours d’ateliers et de séances plénières dans les salles de la Société nautique de Bayonne, sur les rives de l’Adour, les exemples n’ont pas manqué, selon eux, de ces projets imposés, coûteux, inutiles, contestés souvent physiquement, comme à Notre-Dame-des-Landes, dans le Val de Suse dans le Piémont italien ou à Sivens dans le Tarn.

L’annulation de la déclaration d’utilité publique de ce projet de barrage par le tribunal administratif de Toulouse, le 1er juillet, a notamment résonné comme la preuve de l’illégitimité de l’ensemble de ces dossiers, souvent validés par la justice et par les autorités.

 Lire aussi :   A Sivens, la justice donne tardivement raison aux opposants au barrage

Un autre encouragement est venu de la présence de Mireille Fanon-Mendès France, juge au Tribunal permanent des peuples qui siège à Rome. Elle a expliqué la condamnation de la France et de l’Italie, dans le dossier du Lyon-Turin, par ce tribunal fondé en 1979 qui s’appuie sur les différents textes du droit international« Quand des personnes ont été victimes de crimes de guerre, qu’ils n’arrivent pas à se faire entendre, qu’ils n’ont pas d’endroit pour dire le droit, nous pouvons nous saisir des dossiers », explique la fille aînée de Frantz Fanon et épouse du fils de Pierre Mendès France.

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 Mireille Fanon Mendes-France, juge au Trib. permanent des peuples, condamne France & Italie pour le Lyon-Turin

Alors bien sûr, le tunnel transalpin n’est pas le génocide des Arméniens ou la répression au Tibet mais, assure-t-elle, « nous avons instruit ce dossier et il y a bien violation des droits fondamentaux, non-consultation des populations concernées, manque de transparence, création d’une zone militaire du côté italien, ce qui est interdit par la loi, violence d’Etat, confiscation de terres, mensonges… ». Selon elle, les crimes principaux d’aujourd’hui sont des crimes économiques qui, comme les crimes coloniaux d’hier, « violent les droits des populations autochtones »« Il faut continuer à dire le droit, à rappeler les normes, le cadre, sinon, c’est la jungle », assène Mireille Fanon-Mendès France.

Autant d’arguments répétés par Daniel Ibanez, porte-parole côté français, ou Paolo Prieri des No-Tav, les opposants italiens au projet de tunnel. « Tout ceci est une somme de mensonges, tant sur le temps que ferait gagner le nouveau tunnel, sur l’augmentation annoncée du fret routier sur cet axe, que sur le coût total du projet ou même sa viabilité, vu que ni l’Italie ni la France n’ont réellement l’argent pour construire les accès à la partie transfrontalière », résume Paolo Prieri.

Et Daniel Ibanez d’ironiser sur la présence de François Hollande à l’inauguration du tunnel suisse du Gothard, le 1er juin : « Bizarrement, ce tunnel de la même distance que celui prévu sur le Lyon-Turin, avec les mêmes conditions géologiques et les mêmes contraintes, a coûté 11,3 milliards d’euros alors qu’on continue à nous faire croire que le franco-italien ne coûterait que 8,6 milliards ! » Le 26 octobre, les opposants au projet de tunnel seront à Strasbourg pour apporter aux parlementaires européens le jugement du Tribunal permanent des peuples.

Lire aussi :   Saint-Gothard : la Suisse inaugure le plus long tunnel ferroviaire au monde

Dans les rues de Bayonne, jusque tard dans la soirée, les militants contre le tunnel Lyon-Turin, les lignes à très haute tension espagnoles ou la gare de Stuttgart, ont échangé leurs arguments. | Photo : R. Bx.

MÉGAPROJETS ÉNERGÉTIQUES

Les nombreux Espagnols venus à Bayonne ont aussi martelé ces accusations de mensonges sur les données justifiant les projets, en particulier ceux qu’ils appellent les « mégaprojets énergétiques », soit trois ou quatre lignes à très haute tension et un gazoduc géant qui traverseraient les Pyrénées. Plus d’une cinquantaine d’associations de Catalogne, d’Aragon, de Navarre, se sont réunies dans un réseau qui insiste sur l’inutilité de ces projets.

« On est en surcapacité totale, plus de 190 %, mais les électriciens espagnols préfèrent acheter l’électricité en France, où le kWh ne coûte que 14 centimes contre 25 en Espagne, pour nous le revendre plus cher », explique Carlos Gonzalez du réseau unitaire espagnol. Même la Commission de régulation de l’énergie française a estimé, en juin 2015, que « les projets de liaison à travers les Pyrénées envisagés n’ont pas atteint un stade de maturité suffisant pour faire l’objet d’évaluations socio-économiques pertinentes ». Autrement dit pour les opposants, ces projets sont inutiles et ils enragent de voir les autorités espagnoles s’obstiner à faire ces chantiers.

Durant trois jours, sous un éclatant soleil estival, les militants anti-GPII se sont chauffés, se donnant rendez-vous qui à Notre-Dame-des-Landes, pour la manifestation nationale annoncée le 8 octobre, qui à Bure contre le projet d’enfouissement des déchets nucléaires.

 Lire notre reportage :   A Bure, avec les « insoumis à la radioactivité »

En conclusion, Maxime Combes, d’Attac, a fait le lien entre ces résistances et la lutte contre le réchauffement climatique. « La question climatique est rarement mobilisée pour disqualifier ces grands projets, pourtant contradictoires avec les engagements pris par les pays européens lors de la COP21, explique Maxime Combes. En revanche, les porteurs de ces projets savent utiliser le climat pour justifier une ligne à grande vitesse, le fret ferroviaire ou une nouvelle aérogare à haute qualité environnementale. » Il faut donc avoir une vision plus large, prendre en compte l’intérêt environnemental, mais aussi social, économique pour « imposer un moratoire sur ces projets d’infrastructure ».

Par Rémi Barroux (Bayonne, envoyé spécial)

LE “MAMME IN PIAZZA PER LA LIBERTÀ DI DISSENSO” RICEVUTE IN PROCURA E DALLA SINDACA

In mattinata hanno consegnato una petizione-appello al procuratore capo, nel pomeriggio saranno in Comune

Le «mamme in piazza per la libertà del dissenso» hanno portato in procura la loro petizione

18/07/2016
FABRIZIO ASSANDRI
TORINO

Sono state ricevute dal capo della procura di Torino, Armando Spataro, le «Mamme in piazza per la libertà di dissenso». Si tratta del comitato che sostiene i 28 giovani attivisti No Tav, ma anche dei movimenti contro gli sfratti, «da molti mesi sottoposti a misure cautelari molto dure», come si legge nella petizione accompagnata da 1500 firme e consegnata nelle mani di Spataro. Oggi pomeriggio, lunedì, le mamme saranno davanti al Comune: vogliono consegnare la stessa petizione alla sindaca No Tav, Chiara Appendino. 

Tra le mamme del comitato c’è Roberta Lena, madre di Eddi, studentessa di Filosofia irreperibile dal 21 giugno, da quando la polizia ha cercato di notificarle gli arresti domiciliari. A lei il regista Paolo Virzì ha scritto una lunga lettera-appello su La Stampa, a cui hanno replicato nei giorni scorsi il procuratore generale Francesco Saluzzo, l’aggiunto Alberto Perduca e lo stesso Spataro. La petizione, lanciata online su change.org, attacca quella che definisce una sorta di accanimento da parte della Procura verso le forme di dissenso e giudica sproporzionate le misure cautelari per i fatti contestati ai loro figli. «Come genitori, amici, cittadini ci chiediamo se non sia creato un corto circuito pericoloso volto di fatto a limitare libertà fondamentali», scrivono. 

«Spataro è stato molto disponibile – spiega Giulia Guidobaldi, che faceva parte della piccola delegazione –: ci ha ricevuto anche se non avevamo preso appuntamento e ci ha detto che leggerà attentamente e che si occuperà delle questione». Le mamme raccontano che «Spataro ci ha anche chiesto la mail e ha detto che risponderà». «Non chiediamo che i nostri figli non paghino se fanno qualcosa che va contro la legge – aggiunge Lorena Sancin –. Ma secondo noi verso di loro c’è stato accanimento: invece ci vorrebbe ascolto, anche le elezioni hanno dimostrato che c’è una protesta diffusa».