Tangenti a Ischia: spuntano Kyenge, Zingaretti e Sposetti

http://www.ilgiornale.it/news/politica/tangenti-ischia-spuntano-kyenge-zingaretti-e-sposetti-1111617.html

Nelle carte di Henry John Woodcock c’è dentro mezzo Partito democratico. Ecco tutti i politici finanziati dalla cooperativa rossa

 – Mar, 31/03/2015 – 10:08
Nelle carte di Henry John Woodcock c’è dentro mezzo Partito democratico.

Nessuno è indagato. Eppure, in un modo o nell’altro, sono molti i personaggi di spicco del Nazareno su cui la procura di Napoli ha messo gli occhi per i rapporti che in questi anni hanno intessuto con la Cpl Concordia, la cooperatica rossa che “oliava” con il sindaco di Ischia Giuseppe Ferrandino con tangenti e favori.

Quello di Massimo D’Alema è il nome che ieri ha fatto più rumore. Nelle carte dell’inchiesta della procura di Napoli sulla metanizzazione di Ischia sono finiti i tre bonifici da 20mila euro ciascuno alla fondazione “Italianieuropei”. Nella lista dei finanziamenti erogati dalla cooperativa Cpl Concordia ci sono, però, anche altre donazioni illustri. Come prescrive la legge, sono tutte registrate regolarmente negli uffici della tesoreria della Camera dei deputati. Ecco dunque i 2mila euro protocollati il 5 agosto del 2014 e destinati all’ex ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge e i 10mila stanziati nel 2013 a sostegno della Lista Civica Nicola Zingaretti.

Il 2 maggio 2013 è stato staccato un finanziamento da 10mila euro per il senatore del Pd, già tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti. Altri 10mila euro sono stati versati al Comitato Ambrosoli Presidente nel 2013. E ancora: 6mila euro sono stati donati al Pd Comitato Provvisorio Città di Roma, mentre 15mila euro sono andati, sempre nel 2013, al Partito democratico di Ferrara.

La strage in treno: chi parla di errore umano è un mascalzone

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=126202&typeb=0

La strage ferroviaria in Puglia – come fu anche a Viareggio e Crevalcore – è colpa del mancato investimento in sicurezza e del taglio di personale [G. Cremaschi]

 


Redazione
 
martedì 12 luglio 2016 16:24
di Giorgio Cremaschi.
 
LA STRAGE FERROVIARIA DI RUVO DI PUGLIA È COME QUELLA DI VIAREGGIO, COME QUELLA DI CREVALCORE, COME ALTRI OMICIDI DI POVERI PENDOLARI E FERROVIERI: È COLPA DEL MANCATO INVESTIMENTO SULLA SICUREZZA E DEL TAGLIO DEL PERSONALE. CHI PARLA DI ERRORE UMANO È UN MASCALZONE.
 
Voglio fare un ragionamento semplice, mandando subito all’inferno chi ora spenderà paroloni per non farci capire niente e continuare come sempre.
Di fronte alla strage ferroviaria di Ruvo di Puglia, di fronte a quei ragazzi, lavoratori, donne e uomini assassinati solo perché su un treno per poveri, io urlo che la sola colpa è di tutti coloro che hanno tagliato gli investimenti sulla sicurezza e lo stesso personale.
 
Invece sento già parlare di errore umano, come se questo esistesse davvero nel 2016 nei treni.
 
In Svizzera la maggior parte delle linee ferroviarie sono a binario unico, quanti incidenti ci sono? Il sistema dei controlli informatici, la manutenzione continua, i meccanismi di sicurezza e di arresto immediato della circolazione, non appena qualche cosa non vada, il rinnovamento del materiale rotabile e delle infrastrutture, i turni umani per il personale, tutto costruisce un sistema di salvaguardia che impedisce disastri, come quelli che invece sempre più spesso accadono nelle ferrovie italiane. Ma da noi si parla di errore umano, vergogna!
 
A Crevalcore anni fa c’è stata una strage, si è data la colpa ai macchinisti, opportunamente morti nel’incidente. A Viareggio invece i macchinisti sono sopravvissuti, e hanno contribuito a mettere in luce le criminali gestioni della sicurezza che hanno provocato 31 morti bruciati vivi. Ma il processo per i responsabili delle Ferrovie si avvia verso la prescrizione.
 
Quanti soldi si stanno buttando via per il traforo della Valle di Susa ,che non serve a niente e neppure sarà completato? Se con quei soldi si fossero duplicate le linee ferroviarie ad alta pendolarità, si fosse investito in sicurezza, in semafori di blocco, in personale, quanti morti in meno ci sarebbero oggi? Ma i NoTav e tutti coloro che hanno sollevato la questione degli sprechi per le ferrovie ad alta velocità e dei tagli per quelle per i pendolari, sono stati tacciati di essere nemici della modernità. E i ferrovieri che per anni con i sindacati di base si sono battuti perché a guidare i treni fossero due macchinisti e non solo uno, sono stati accusati di corporativismo e fannullaggine. E ora grazie alla legge Fornero un solo macchinista dovrà condurre fino a 67 anni.
 
Tutte queste ragioni ed altre ancora alla fine risalgono ad un’unica semplice causa: i tagli al trasporto pubblico ferroviario a favore del profitto sulle tratte più redditizie e delle privatizzazioni. Così il nostro paese, che nel trasporto ferroviario negli anni 70 e 80 del secolo scorso era diventato il più sicuro, ora sta diventando uno dei più pericolosi d’Europa . E la UE vorrebbe che ancora più tagliassimo sul trasporto pubblico.
 
Questi sono i ragionamenti semplici e brutali che dovrebbero essere fatti di fronte ai nuovi poveri morti. Invece si parla di errore umano, di accertamento delle responsabilità e soprattutto di evitare troppo facili semplificazioni, perché la realtà è complessa. MA ALMENO TACETE MASCALZONI!

Eboli: Assicuratore in difficoltà economiche si suicida impiccandosi

Tragedia ad Eboli. Un uomo di 68 anni, A.N. le sue iniziali, è stato trovato cadavere in un monolocale del rione Paterno. Avrebbe prima chiesto scusa ai familiari e agli amici, e in seguito si sarebbe tolto la vita. Tra i vari posti, anche il rione Paterno è stato setacciato, poiché l’ assicuratore disponeva di un monolocale proprio in quella zona. Non appena la porta è stata aperta, la macabra scoperta: A.N. si era tolto la vita impiccandosi. Non avrebbe retto il peso di alcuni problemi finanziari che lo tormentavano da un po’ di tempo.(…)
Published On: ven, Lug 1st, 2016
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Farage: “La UE non è un progetto di pace, è un progetto di potere”

ma che guerrafondaio questo euroscettico, fortuna che se si disgrega la Ue si ripiomba nelle guerre nazionaliste, mica come ora che la Ue bombarda per i diritti umani…
 
Nigel Farage, in un intervento di qualche tempo fa, sferza duramente la UE e David Cameron per le guerre ibride contro Ucraina, Siria e Libia e contro la volontà di creare un esercito europeo unificato. Abbiamo pensato di proporvelo perché qui si trova una sferzante, ma seria e precisa critica dell’operato della UE in politica estera, con particolare riferimento alla questione russa e alla nascita dell’ISIS, del tutto attuale.
 
“Mi sono chiesto il motivo per cui David Cameron abbia tagliato le spese militari britanniche e si sia rifiutato di investire nella difesa delle nostre isole” ha esordito Farage. “Credo che Juncker abbia dato la risposta: ci apprestiamo a farlo a livello europeo. Stiamo per avere un esercito europeo.Ora, quando ho sollevato la questione l’anno scorso con il Vice Primo Ministro britannico, il liberal-democratico Nick Clegg, questi mi ha detto che era una fantasia pericolosa parlare di un esercito europeo, un esercito della UE.
 
Tutti hanno sentito parlare il leader dei liberali europei, Guy Verhofstadt, che grida per la militarizzazione a livello UE. Naturalmente la verità è che sta già accadendo. Abbiamo già una Agenzia europea per la Difesa. Abbiamo gruppi tattici dell’UE in materia di servizio attivo in tutto il mondo. Abbiamo già un marina europea attiva contro i pirati somali, e chi può dimenticare gli Eurocorps qui a Strasburgo lo scorso anno che praticamente marciavano al passo dell’oca [un chiaro riferimento al nazismo, N.d.a.] dietro quella bandiera spettrale che sventola nel cortile esterno [Farage si riferisce alla bandiera della UE, N.d.a.]?”
 
“E – continua Farage – naturalmente, l’articolo 28 del trattato di Lisbona prevede tutto ciò”. Tony Blair aveva ragione. Egli ha detto: “L’Unione Europea non è un progetto di pace, è un progetto di potere.” E penso che il signor Juncker stia cercando di cogliere un’opportunità. Noi stessi nell’Unione Europea abbiamo provocato il conflitto attraverso il nostro espansionismo territoriale in Ucraina. Abbiamo punzecchiato l’orso russo con un bastone, e non sorprende che Putin abbia reagito. Ma questo ora viene utilizzato come un’opportunità per costruire un esercito europeo”.
 
L’occasione – prosegue Farage – è stata sfruttata. E il signor Juncker ha detto che dobbiamo trasmettere alla Russia il messaggio che siamo seri. Chi pensa di prendere in giro, Juncker? Non vogliamo avere alcuna parte in un esercito della UE e dubito che il resto dei popoli europei vogliano averlo.”
 
A seguito di una domanda di un deputato rumeno, che paventa la possibilità che la Russia invada il resto dell’Europa, e che quindi sia meglio combatterlo in Ucraina orientale, Nigel Farage replica quanto segue:“Noi attraverso le nostre ambizioni territoriali abbiamo provocato il rovesciamento di un capo di stato, corrotto ma eletto democraticamente, in Ucraina. Noi abbiamo provocato questa crisi. Ora, la domanda è: ‘Che cosa facciamo?’
 
Sono stato in questa camera nel momento in cui la Libia è stata attaccata. Ho sentito i liberali e i Verdi urlare, bava alla bocca, che dovevamo bombardare la Libia, sulla necessità di impegnarci militarmente, perché abbiamo creduto che ciò avrebbe reso migliori le cose.
 
La mia opinione è che se si guarda l’Afghanistan, se si guarda all’Iraq, se si guarda alla Libia, e se si guarda al tentativo di sostenere i ribelli in Siria, molti dei quali ormai sono entrati nell’ISIS, vediamo che i nostri recenti interventi militari stranieri abbiano soltanto peggiorato le cose.”
 
Massimiliano Greco – L’Opinione Pubblica

PERDE IL LAVORO E VA IN DEPRESSIONE: SI IMPICCA A 52 ANNI (ERA SOLO UN ITALIANO…)

depressione
 
Dramma in Val Resia dove un uomo di 52 anni che per molto tempo ha svolto con grande professionalità il lavoro di gruista, facendosi apprezzare per capacità, correttezza e precisione, si è tolto la vita nello scantinato della casa dove viveva con la madre.
L’uomo, lo sapevano tutti in valle, da un bel pezzo aveva perso il lavoro e aveva fatto il possibile per trovare una nuova occupazione, anche non attinente la sua formazione professionale; l’importante era riuscire a percepire uno stipendio e aiutare la madre che vive sola con una piccola pensione.
 
Ma non è riuscito a trovare lavoro. A quel punto, nonostante il suo carattere molto forte, è entrato poco a poco nel tunnel della depressione e non ne è più uscito. Nelle ultime ore la drastica e terribile scelta di farla finita. A trovarlo è stato un amico allertato dalla mamma che non vedeva da ore. In paese la comunità è scossa e si è stretta alla donna.

La rivolta di Rivalta

manifesto
L’ULTIMA

Torino. Il centro piemontese fin dagli anni Novanta è la culla di una politica nuova e trasversale, contro le «grandi opere» e il consumo del territorio che tanto piacciono a Fi e Pd. Dalla giunta locale di Mauro Marinari la neosindaca M5S Chiara Appendino ha prelevato il suo vice, e ispirazione

09.07.2016

8.7.2016, 23:59

Relegato a fenomeno di costume prima, e di ordine pubblico poi, il movimento No Tav ha silenziosamente gemmato organizzazioni politiche che hanno preso piede in tutta Italia: un percorso ventennale, cominciato nei piccoli comuni della val Susa, conquistati uno ad uno.

La storia che raccontiamo è accaduta nell’unico posto d’Italia dove fosse possibile, perché sintesi tra un uomo duttile ma resistente e una comunità culturalmente egemonica, nata ben prima di lui: il tutto in un contesto specifico, il territorio che dovrebbe essere attraversato dalla Torino-Lione.

Ma facciamo un passo indietro. Nel dicembre 2005, dopo la «battaglia» di Venaus, su un palco montato in un periferico parco della città Alberto Perino, Beppe Grillo, Dario Fo, e Marco Travaglio arringavano sessantamila valsusini e qualche stranito torinese. La città vetrina che viveva l’apice della sua trasformazione allontanava dal centro patinato quello strano mondo incomprensibile che non voleva un’infrastruttura. Tra l’enorme folla che si accalcava sotto il palco c’era Mauro Marinari, dipendente del comune di Torino e politico in un importante centro satellite della metropoli, Rivalta, 20 mila abitanti, incastonati tra Beinasco e Rivoli. Nel 2005 si parlava ancora di appartenenze partitiche, anche se, sulle cose che compongono la vita dei territori, strane convergenze destra-sinistra risultavano evidenti: come nel caso della Torino – Lione, su cui tutti concordavano e concordano.

A Rivalta, in quel tempo, si concentravano tensioni sociali che non trovavano ascolto, e quasi tutte traevano origine da un utilizzo del territorio impattante. Ci sono due inceneritori di rifiuti speciali, la cementificazione dilagante che fagocita territorio agricolo e lascia scheletri di capannoni e centri commerciali, e soprattutto la prospettiva del Tav, la «grande opera» per eccellenza. Il progetto prevede, ancora oggi nonostante che dei primi schizzi rimanga solo più il tunnel di base, una trincea larga cento metri che sventrerebbe il territorio. Questo perché la nuova linea proveniente dalla Francia deve a tutti i costi raggiungere lo scalo merci di Orbassano, mega opera voluta negli anni Settanta e ormai abbandonata.

Solo poche settimane, fa l’esecuzione di alcuni carotaggi ha sconvolto la vita del paese, che ha visto arrivare truppe antisommossa incaricate di tenere a bada la cittadinanza ma soprattutto la giunta, dichiaratamente contraria all’opera. Ma questo accade oggi. Al contrario, nei primi anni del nuovo millennio, lo schema politico di Rivalta era uguale a quello presente in tutta Italia: centrosinistra al potere con consenso verso le grandi opere e sfruttamento economico del territorio grazie agli oneri di urbanizzazione.

Qui, Mauro Marinari faceva politica.

È un uomo di sinistra, arriva dalla Rete, poi transita per due anni nel Pds, pacifista e ambientalista: si inventa la politica della sostenibilità, fumoso concetto accademico che aggettiva il sostantivo «sviluppo». Lo fa grazie alla presenza di una comunità locale già strutturata, che lotta da tempo, e ha creato il terreno fertile per una spinta progressista. Un uomo delle istituzioni nella sua Rivalta, dove nel tempo ha coperto diversi ruoli da assessore, ma soprattutto è un instancabile attivista che porta avanti battaglie, osservate con stupore e poca comprensione dai suoi compagni di partito, per la pace, contro il consumo di suolo, contro l’alta velocità, per il riciclo dei rifiuti.

Marinari, e chi lo circonda, per lungo tempo parla un linguaggio incomprensibile, mentre lui dialoga con chi lo compatisce o lo prende per pazzo, l’onda del movimento No Tav si ingrossa e si avvicina sempre più verso Torino e la sua periferia. Un mondo raccontato come afflitto dalla sindrome nimby, afflitto dai black bloc, dai centri sociali, ma che affronta le stesse tematiche di Mauro Marinari con la stessa metodologia: vasta partecipazione e una sola richiesta, le appartenenze, soprattutto i simboli, rimangono fuori dalla porta della stanza dove si discute.

Il «Comitato di cittadinanza attiva Rivalta Sostenibile» nasce nel 2001 nel mare magnum di Genova 2001: dentro ci sono i lillipuziani, i No Tav, cattolici, ex comunisti, un po’ tutto. Inizia come un’organizzazione tradizionale che chiede di essere ascoltata, e dato che un confronto serio non giunge mai si ingrossa mese dopo mese, anno dopo anno.

Rivalta Sostenibile è il simbolo di una parte di Italia che inizia in quegli anni a guardare con sospetto la propria casa di appartenenza, il centrosinistra, e dopo il sospetto giunge la convinzione che debba esserci la rottura definitiva costi quel che costi. Marinari e compagni però non si limitano a protestare ma iniziano ad organizzare conferenze su temi che ai più suonano stravaganti: la decrescita economica, la teoria del cemento zero, corsi di riciclo dei rifiuti. Sono contro le grandi opere, le privatizzazioni dei servizi; il gruppo analizza in serate pubbliche le politiche del Wto e affronta il problema degli Ogm. Si tratta di prospettive per una nuova sinistra, che però fatica a comprendere quei mondi e le giudica antimoderne, luddiste e, pure, «roba da casinisti».

Passa il tempo, si giunge al 2007. Il Movimento 5 Stelle, ancora in forma di MeetUp e senza l’acronimo attuale, sta muovendo i primo passi, Mauro Marinari e Rivalta Sostenibile si inventano le primarie. Arrivano alle elezioni ed entrano in consiglio comunale, dove iniziano a fare opposizione pesante. Aumentano la frequenza di approfondimenti culturali sul territorio, continua la spinta sul grande contenitore della «sostenibilità».

Corteo No Tav tra Rivalta e Rivoli nel 2010 - foto LaPresse

Corteo No Tav tra Rivalta e Rivoli nel 2010 – foto LaPresse

La vicenda Tav passa dal locale al nazionale, Rivalta con il nuovo tracciato voluto dall’Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione presieduto da Mario Virano è sempre più coinvolta nel progetto. Buona parte della sinistra tradizionale continua a far spallucce, a giudicare un fenomeno di costume quel mondo strano, non comprensibile, che si oppone alla costruzione dei capannoni e invita a parlare Serge Latouche e don Andrea Gallo.

Arriva la rottura totale con le origini, «il rifiuto di considerarsi di sinistra perché la sinistra è ormai ultra liberista». Marinari, ben prima di Grillo, parla di fine delle appartenenze, e professa l’analisi delle idee sulle cose al di là delle simbologie nominali.

A Torino, poco distante, la commistione banca-partito-Fiat è l’orizzonte culturale del centrosinistra a guida Pd. Si sta aprendo una forbice percettiva enorme. Nel 2011 il M5S prende il 3,5% sotto la Mole, l’anno successivo, nelle elezioni comunali, Rivalta Sostenibile vince contro ogni previsione: il M5S non si presenta all’appuntamento elettorale nella cittadina e da Grillo giunge il sostegno pubblico.

Lo schema è semplice: al primo turno riescono a raggiungere il ballottaggio, al secondo dilagano. La sinistra tradizionale non comprende la batosta, parla di pericolo imminente.

Marinari nomina assessore all’urbanistica Guido Montanari, docente del politecnico di Torino, che blocca il piano regolatore facendo infuriare i costruttori. Il nuovo sindaco riduce gli sprechi e dirotta i fondi sui servizi, denuncia il taglio delle risorse da parte dei governi centrali agli enti locali, esce dall’Osservatorio di Virano, vuole la trasformazione dell’azienda dell’acqua, la Smat, da ente di diritto privato a pubblico, facendo così infuriare Piero Fassino.

La fu appartenenza politica è superata completamente, destra e sinistra per Mauro Marinari, ex componente della segreteria provinciale del Pds, non esistono più, sono «categorie del pensiero fuori tempo che bloccano la collaborazione delle persone comuni sulle cose.»

Passa ancora il tempo, si giunge alle elezioni comunali di Torino di poche settimane fa.

La candidata del M5S nomina assessore in pectore all’urbanistica, posto strategico per eccellenza, Guido Montanari, prelevandolo da Rivalta. Il quale non si tira indietro e annuncia una politica cemento zero, il conteggio delle case vuote in città, contrarietà al Tav, valutazione analitica di tutte le grandi opere previste per Torino.

Parte il cannoneggiamento a palle incatenate verso l’assessore in pectore, con gli stessi argomenti utilizzati per Marinari nel 2012: antimoderno, stravagante, vuole bloccare il progresso.

Chiara Appendino dunque vince le elezioni nel 2016 con lo stesso schema utilizzato da Mauro Marinari quattro anni prima, e come risposta alle accuse di antimodernismo e luddismo nomina, anche come vicesindaco, Guido Montanari, che si dimette da assessore a Rivalta. Insomma, a posteriori, si può dire che nella piccola Rivalta, un tempo conosciuta solo per lo stabilimento Fiat, c’erano le basi per una nuova sinistra che in molti non hanno voluto vedere.

Vicenza, non ottiene il diritto di asilo, lo stato pagherà per lui 70 mila euro

anche ai disoccupati italiani è garantito tanto vero?
 
Il nigeriano si è visto rifiutare la richiesta di asilo ma ha fatto ricorso, la corte ha fissato l’appello al 2020.
Redazione
 
Agli agenti che lo hanno fermato per un controllo ha spiegato: “Ho aopuntamento con il giudice, nel 2020”.
 
E’ successo in Campo Marzo, alcuni giorni fa. Un cittadino nigeriano,  Italia dal  2015, al cui è stato rifiutato lo status di profugo,  è stato fermato per un controllo. Senza permesso di soggiorno e senza aver diritto all’asilo sarebbe stato segnalato coe irregolare dagli agenti che lo hanno fermato. Per la legge italiana, però, pu restare e anzi, lo stato paga per lui. Al nigeriano è bastato fare ricorso  chidere che la sua richiesta d’asilo venga riconsiderata per rimanere del programma di assistenza profughi fino al 2020.
 
A conti fati sono  56 mesi, partendo dal giugno del 2015, data di arrivo, fino al 30 gennaio 2020. Arrotondando e considerando il costo medio di un rifugiato al giorno, saranno spesi  circa 70 mila euro per il suo mantenimento. Soldi che, in caso la sua richiesta  fosse nuovamente negata, saranno stati sottratti anche ai profughi di guerra reali.
 
Protagonista della vicenda, è il 21 enne, O.L.. Al momento del fermo era assieme a due connazionali, provenienti da Catania e da Trapani. Entrambi con la stessa storia: dopo il rigetto dello sttu di profugo, liberi di girare con il ricorso. L’espediente sta diventando infatti, sempre un meccanismo automatico per molti nigeriani. Sebbene le loro condizioni di partenza siano terribili, il Paese africano non è ufficilamente zona di guerra. Difficilmente dunque potranno essere considerati profughi, ma per chi fugge dalla fame questa non è che un’etichetta.
30 giugno 2016 08:18

Cimadolmo: Ennesimo colloquio di lavoro andato male, si suicida a 24 anni

un altro choosy che non aveva voglia di lavorare. Le alte cariche dello stato non presenziano al funerale del loro ASSASSINATO
Dramma nel piccolo centro del trevigiano, in via Campagnola. Un ragazzo di 24 anni, disoccupato, si è tolto la vita nella sua camera. Il giovane è stato ritrovato, ieri, dai famigliari che hanno immediatamente lanciato l’allarme al 118.
LA CRONACA DI TREVISO TODAY – L’elicottero del Suem, atterrato nel piazzale della vicina azienda “Luca trasporti”, è giunto sul posto poco dopo le 14.30 ma per il 24enne ormai non c’era già più nulla da fare. Sulla vicenda indagano i carabinieri. Alla base dell’estremo gesto sarebbe una grave crisi depressiva, dovuta alle difficoltà nel trovare un’occupazione stabile.(…)
Published On: ven, Lug 1st, 2016
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Alluvione Genova: chiesti 6 anni per l’ex sindaco Marta Vincenzi (Pd)

per 6 omicidi è un condono, c’è chi può uccidere serenamente senza conseguenze. Chiesti 6 anni, un anno per morto. Chiesti, significa che saranno molti meno.
 
martedì, 28, giugno, 2016
 
vincenzi
GENOVA, 28 GIU – Sei anni e un mese di reclusione. È la condanna chiesta dal pm Luca Scorza Azzarà per l’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi nel processo per i fatti dell’alluvione del 4 novembre 2011, in cui persero la vita quattro donne e due bambine.
 
Oltre alla Vincenzi, sono imputati l’ex assessore comunale Francesco Scidone (per il quale sono stati chiesti 5 anni e 11 mesi), i tre dirigenti comunali Gianfranco Delponte, Pierpaolo Cha e Sandro Gambelli (chiesti rispettivamente 4 anni e sette mesi e 15 giorni ai primi due e quattro anni e un mese).
 
Le accuse nei confronti degli imputati sono di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, falso (per il verbale taroccato con il falso orario dell’esondazione e il monitoraggio dato per fatto quando invece il volontario si trovava in un altro luogo). Imputati anche l’ex coordinatore dei volontari Roberto Gabutti (accusato solo di falso e per il quale il pm ha chiesto 1 anni e cinque mesi). ansa

Antieuropeismo. battistrada dell’antiamericanismo

antieuropeismo
 
Pregherei gli “amici” (non quelli di FB, quelli veri) di non cominciare a scrivere nei termini di quel fetido personaggio che è BHL, un venduto ai poteri forti (americani) assieme a quasi tutti gli “ultrarivoluzionari” del ’68. Non accetto che si parli di coloro che hanno votato la brexit come di xenofobi, di razzisti, di populisti e altri insulti che, per chi li usa, vorrebbero essere i più infamanti. Mentre per me quelli peggiori sono servi, venduti, lacchè, vermi striscianti di fronte agli Usa. Cari “amici”, per favore, non fatemeli usare a vostro proposito. E potrei anche usare il peggiore di tutti: appartenenti a quella congrega di mascalzoni rappresentata dalla sedicente “sinistra antifascista”, quella che ha osato coniare il termine di “liberazione” per l’evento del 25 aprile ’45, quando si è trattato della peggiore invasione da noi subita; non di due anni come la tedesca, ma di 70 anni e che dura ancora! Gli americani entravano nelle nostre città al centro-nord buttando caramelle ai bambini, dopo aver trucidato in Sicilia molti nostri soldati (arresisi e del tutto indifesi) subito dopo l’occupazione del ’43.
 
La UE non ha nulla a che vedere con l’Europa e la sua cultura e tradizioni (del resto assai diverse da paese a paese, pur se con alcuni elementi comuni in date aree). E’ dal 2000 che Joshua Paul, ricercatore universitario Usa, ha rivelato inoppugnabili documenti da cui risulta l’infame servilismo (e svendita degli interessi europei) dei sedicenti “padri dell’Europa unita”. Tutti i principali governanti dei paesi europei (salvo De Gaulle, non a caso trattato da reazionario e nemico n. 1 da parte delle infami “sinistre antifasciste”, cui ammetto di aver dato credito, ma non oltre gli anni ’80) erano finanziati (pagati) dagli Stati Uniti per portare avanti quel progetto di unione europea che rappresentava il perfezionamento dell’occupazione dopo la creazione della Nato.
 
Detto questo, io non sono per la semplice uscita dall’Europa. Ad es. la “brexit” – se ne può essere sicuri – non muterà in nulla il ruolo dell’Inghilterra quale “suddito”, e spesso sicario (come ad es. nel caso dell’aggressione alla Libia), degli Stati Uniti. Invece è proprio la “liberazione” dall’invasore americano che dovrebbe essere l’obiettivo primario di forze, tuttora inesistenti, che andrebbero allora appoggiate toto corde; e senza più stupide discussioni sull’etichetta da appiccicare loro: destra oppure sinistra? Chi se ne frega, l’importante è la deamericanizzazione dell’Europa. Chi perseguisse tale obiettivo andrebbe seguito, chi esita in proposito o si mostra addirittura favorevole agli Usa deve essere rifiutato e combattuto. E oggi, inutile avere ancora perplessità in proposito, la maggioranza dei “sinistri antifascisti” è costituita dai più vili servitori di quel paese.
 
E allora apriamo anche un altro discorso, peraltro fatto ormai più volte. Chi urla contro l’Unione europea e si batte per l’uscita da essa, non sempre desta molta convinzione circa la sua serietà d’intenti. Infatti, quasi tutti gli euroscettici continuano a pompare polemiche contro la Germania per la sua volontà di predominio in Europa. Adesso, tutto sommato, quale aiutino a tali ambigui ambienti antieuropeisti (in realtà antitedeschi) giungono pure i giudizi del FMI (a prevalente influenza americana) e di altri organismi finanziari statunitensi. I peggiori rischi sistemici per la finanza internazionale sono creati dalla Deutsche Bank e dalla compagnia assicurativa Allianz. Non dico che non sia così dal punto di vista economico, poiché non sono in grado di nulla obiettare a simili giudizi; non conosco certo la situazione delle banche e assicurazioni tedesche. Il problema è però diverso in senso politico; e qui si possono fare alcune più precise annotazioni.
 
Sembra indubbio che – a parte pochi ambiti governativi della Germania, in genere collegati alla “sinistra”, ai socialdemocratici – i vertici politici del paese siano in questo momento abbastanza subordinati agli Stati Uniti. Ci sono state alcune decisioni non in consonanza con la Nato (basti pensare all’aggressione alla Libia, cui la Germania non partecipò) ma, nell’insieme, la sensazione è che la Merkel persegua finalità non contrastanti con quelle statunitensi e solo tese ad essere, come detto spesso, il “maggiordomo” fra i servitori del paese d’oltreatlantico. Allora, da questo punto di vista, non si può non essere che critici nei confronti della politica (estera) teutonica. Tuttavia, se si sostiene che è la Germania il nostro peggiore nemico, ci comportiamo come ottusi soldati che protestano contro caporali e marescialli, non avendo invece nulla da obiettare nei confronti di colonnelli e generali. E allora la polemica antitedesca degli euroscettici assume altri connotati: non indipendenza vera dell’Europa, ma solo tentativo di porsi in migliore rapporto di sudditanza verso gli Stati Uniti, cercando di avocare a sé quei maggiori vantaggi, derivanti dal servaggio, di cui oggi godrebbe la Germania.
 
Anche in Italia non si vedono affatto tra gli euroscettici organizzazioni effettivamente decise a liberarsi della sudditanza nei confronti degli Usa. Malgrado certi viaggi di Salvini in Russia, non mi sembra che la Lega abbia effettivi intendimenti autonomistici. Peggio ancora la Meloni e FdI. Per non parlare dei pentastellati che hanno oggi abbandonato perfino l’intenzione di uscire dalla UE. A questo punto, non bisogna dare alcuna credibilità a chi non ha il coraggio di dichiarare che il nostro nemico n. 1 sono gli Stati Uniti. Tenuto conto della settantennale servitù italiana, si comprende bene che ogni posizione effettivamente antiamericana crea rischi grossi per chi se ne fa promotore. Tuttavia, non si può attendere ancora. Quindi, ormai il problema è relativamente semplice: chi si dichiara antiamericano va preso in considerazione, chi tergiversa in proposito – o, appunto, si sfoga con l’antigermanesimo – va combattuto anche se manifesta sentimenti antieuropeisti. L’antieuropeismo, insomma, non può essere altro che il battistrada dell’antiamericanismo. Basta infingimenti e capriole.
di Gianfranco La Grassa – 02/07/2016
Fonte: Conflitti e strategie