Solidarietà alla Valsusa

dal blog di BEPPE GRILLO

http://www.beppegrillo.it/2016/07/solidarieta_alla_valsusa.html

Siamo solidali con il movimento No Tav e contrari alla militarizzazione della Val di Susa in relazione ad un’area di interesse strategico nazionale nel cantiere di Chiomonte, per la realizzazione del tunnel di base della linea alta velocità Torino-Lyon. Un’opera inutile e dannosa dal punto di vista economico ed ambientale. Diverse nazioni europee hanno abbandonato il progetto del corriodio Lisbona-Kiev. L’Italia ha fatto bene i suoi conti?

Il movimento No TAV da quasi 30 anni studia la sostenibilità economica ed ambientale dell’opera e propone, sulla base dei dati, di non fare l’opera. Il MoVimento 5 Stelle è da sempre sulla stessa linea e denuncia nelle istituzioni l’inutilità dell’opera e le modalità antidemocratiche con cui si sta cercando di realizzarla.

Lo Stato può sbagliare e commettere ingiustizie, anche per meri interessi economici-finanziari e persistenza di zone grigie di collusione con organizzazioni criminali. Anche le forze dell’ordine sono composte da esseri umani che, come tutti, hanno sentimenti e idee politiche. E come tutte le altre categorie, e pur comprendendo le difficoltà ambientali in cui operano ed i pericoli cui vanno incontro, sono soggette a sbagli e possono commettere ingiustizie e illeciti. Pensiamo alle forze dell’ordine americane spesso contestate per l’uso eccessivo delle armi. Oppure pensiamo al caso italiano del G8, di Cucchi, di Aldovrandi o delle violenze contro i manifestanti No Tav dal 2005 ad oggi. Anche la magistratura, che per definizione dovrebbe essere indipendente, può commettere sbagli e subire influenze.

Abbiamo più di un dubbio sulle pesanti misure cautelari preventive emesse su manifestanti (anche anziani) e spesso poi revocate dai giudici in seconda istanza: in tal senso sosteniamo la petizione per la libertà di dissenso. I No TAV esercitano il diritto di difendere la loro terra nonostante l’ostinazione di alcuni magistrati a sostenere l’assurda ipotesi di terrorismo, poi ridicolizzata dalla Cassazione, mentre aspettiamo ancora da Roma l’inserimento del codice identificativo sulle divise e l’utilizzo continuato delle mini telecamere sulle divise degli agenti, al fine di tutelare lo svolgimento delle manifestazioni e per individuare i responsabili di condotte illecite.

Siamo No tav e lavoriamo nelle istituzioni con profondo senso e rispetto delle stesse. Non come chi poi non muove un dito per migliorare le condizioni di chi lavora per lo Stato e anzi taglia loro le risorse essenziali.

Per tutti questi motivi, vi invitiamo a partecipare questo weekend in Valsusa a Venaus al Festival dell’Alta Felicità. Ora e sempre NO TAV.

LE GUANTANAMO DE LA JUNTE DE KIEV

# NOVOROSSIYA COORDINATION CENTER/

PRISON SECRETE EN UKRAINE :

LA JUNTE DE KIEV PRISE LA MAIN DANS LE SAC UTILISANT LES METHODES DE LA CIA !

KH pour PCN-SPO/ 2016 07 22/

Avec LLB – HRW/

https://www.facebook.com/novorossiya.center

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Comment la Junte de Kiev, employant les conseils de la CIA, a brisé toute opposition et empêché l’indépendance de régions come Kharkov ou Odessa (où le gouverneur est l’ex président géorgien Shakhasvili, poursuivi dans son pays pour des faits similaires) ?

LES METHODES DE LA CIA AU SERVICE DE LA REPRESSION EN UKRAINE

« Les civils arrêtés arbitrairement, complètement isolés, soumis à toutes sortes d’abus et de tortures, n’ont aucun recours. Ils sont littéralement à la merci de leurs ravisseurs. Ce genre de pratiques généralisées dans ce conflit du Donbass, cela les brisent, eux et leurs familles. » Rachel Denber, directrice adjointe de Human Rights Watch (HRW), ne mâche pas ses mots. Ce 21 juillet, elle présentait à Kiev un rapport sur les violations des droits de l’homme dans l’est de l’Ukraine, rédigé conjointement avec Amnesty International. « Une des personnes que nous avons interviewée, Kostyantin Beskorovaynyi, a passé quinze mois de détention au secret. Ses gardes lui répétaient régulièrement : ‘Tu n’existes pas. Nous n’avons même pas de budget pour te faire manger. Tu n’existes pas » , rapporte l’activiste.

COMMENT LA JUNTE DE KIEV A BRISE ET INTERDIT LE PARTI COMMUNISTE UKRAINIEN ?

Et pourtant, Kostyantyn Beskorovaynyi ne correspond pas au profil type d’un individu à placer en quartier de haute sécurité. En novembre 2014, à 59 ans, il était un membre du parti communiste, conseiller municipal à Konstantynkivka, une ville du Donbas sous contrôle ukrainien. Arrêté à son domicile lors d’une intervention musclée, il est torturé, interdit de communiquer avec le monde extérieur, et poussé à signer des aveux le reconnaissant coupable d’avoir préparé l’empoisonnement du réseau municipal de distribution d’eau.

Une fois sa déclaration enregistrée, il a disparu pendant quinze mois dans une prison secrète, à Kharkiv, grande ville de l’est de l’Ukraine. Sans avocat, sans possibilité de communiquer avec ses proches et à l’étroit dans une cellule surpeuplée où il est cantonné pendant des mois, interdit de promenade. Jusqu’à sa libération, en février 2016, tout aussi peu justifiée que sa détention.

LE GUANTANAMO DE LA JUNTE DE KIEV

En recoupant son histoire et des dizaines d’autres, HRW et Amnesty ont pu établir l’existence “d’un centre de détention arbitraire et clandestin, vraisemblablement situé dans les locaux des Services de Sécurité d’Ukraine (SBU) à Kharkiv” , explique Denis Krivosheev, directeur adjoint d’Amnesty International. Jusqu’à 70 personnes auraient été entassées dans cette prison secrète, au plus fort du conflit du Donbass. “La majorité d’entre eux ont déjà fait l’objet d’échanges de prisonniers. Mais à la fin février, il y avait au moins seize personnes toujours incarcérées”, poursuit Krassimir Yankov, expert à Amnesty. En filigrane, le jeune homme suggère, sans pouvoir le prouver, que certains de ces prisonniers arbitraires n’ont été détenus sur des accusations douteuses que pour servir de monnaie d’échange lors de négociations avec les autorités auto-proclamées de Donetsk et Louhansk.

L’existence de cette prison secrète est une violation flagrante de nombreuses conventions internationales, mais avant tout de la loi ukrainienne.” (sic) Selon le procureur général ukrainien, une enquête est en cours sur les allégations présentées dans le rapport (resic). Une enquête de plus, qui risque de s’éterniser. “Nous voyons aussi que de telles enquêtes peuvent être très superficielles, et ne donner aucun résultat probant, avertit Rachel Denber. Or, la Justice n’est efficace que si elle est rendue d’abord chez soi.”

NOVOROSSIYA COORDINATION CENTER

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GIULIETTO CHIESA, L’IROSO DEBUNKER

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/07/giulietto-chiesa-liroso-debunker.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 21 LUGLIO 2016

Mi capita tra le mani questo indegno post, scritto da un imbecille che pretende di fare analisi.
Fulvio Grimaldi si rivela, ancora una volta, come persona fuori equilibrio. Non  più capace nemmeno  di leggere, tanta è la foga con cui pretende di demolire l’universo tutto.
Accusarmi di fare inversione ad U sull’11 settembre è un’infamia che merita per lo meno una risposta, affinché la leggano quelli che sono ancora sani di mente. Io ho usato le 28 pagine del rapporto, finalmente desegretate , semplicemente per rilevare che la versione ufficiale dell’11/9 è falsa. Non per scaricare la colpe sui sauditi e salvare Cheney e compagni. Il fatto che Grimaldi scriva queste infamità (che sono le stesse con cui mi attaccano ora i debunkers), dice tutto del suo livello di scorrettezza.
Mi spiace solo di avergli dato credito, pensando che fosse una persona onesta e solo un po’ sopra le righe. Adesso vedo che è solo sopra le righe.
Giulietto Chiesa
Sopra le righe
Il modo misurato e pacato con cui Giulietto Chiesa, gran bravo giornalista su temi a lui famigliari, argomenta la sua replica alle mie considerazioni sulla sua sorprendente rivalutazione del ruolo giocato dai sauditi nell’attentato dell’11 settembre mi pare la classica reazione di chi si sente colpito da un gesto di lesa maestà. Il fatto che gli siano saltati i nervi e sia uscito dai gangheri al punto da rispondere a rilievi fattuali con ingiurie che non solo negano all’interlocutore equilibrio mentale, onestà personale e correttezza, ma gli attribuiscono addirittura infamità e imbecillità, è inconfutabile prova che dell’uomo si è colpito un nervo scoperto. Con Giulietto Chiesa ho collaborato contro la Nato e su Pandora TV fino a quando la mia presenza non è risultata incompatibile con il suo ruolo di imperatore di un atollo dell’arcipelago di controinformatori, circondato da un corte di, a volte pur validi, yesmen. Ma questo lo approfondiamo dopo.
Ora, a beneficio di quanti, inesperti del soggetto, dei suoi tratti caratteriali e dei suoi trascorsi  politico-professionali, non possono non essere rimasti perplessi dal furibondo assalto all’arma bianca e pure impropria, portato da un rispettato giornalista a un collega che, pure, a dispetto delle svalutazioni del Giulietto furioso, qualche rispetto lo raccoglie qua e là, mi addentro nel tema. Il testo completo dello scritto di Giulietto è reperibile in rete digitando:

11 settembre, ancora ‘guai’ per i sostenitori della tesi ufficiale – Il Fatto ...www.ilfattoquotidiano.it › BLOG

1.      11 lug 2016 – 11 settembreancora ‘guai‘ per i sostenitori della tesi ufficiale. di Giulietto Chiesa …tesi ufficiale. Mondo. di Giulietto Chiesa | 11 luglio 2016.
Chiesa afferma nella sua replica a quanto da me scritto nel post “Francia: fanno tutto da soli, sono capaci di tutto (2) – Giulietto Chiesa fa inversione a U sull’11 settembre” (www.fulviogrimaldicontroblog.info), di aver usato il rapporto desecretato “File17” sul ruolo dei sauditi negli eventi dell’11 settembre “per rilevare che la versione ufficiale dell’11/9 è falsa. Non per scaricare le colpe sui sauditi e salvare Cheney e compagni…”.
Io, come sa chi ha letto il mio pezzo, avevo rilevato che, centrata in passato, come tutti coloro che non si sono bevuti la grottesca versione ufficiale, la responsabilità di aver voluto, pianificato ed eseguito gli attentati, sui neocon di Bush, Cheney, Rumsfeld, Kagan, Libby e altri, pareva contradditorio che ora si tirassero in ballo, con tanta enfasi, i sauditi, attribuendogli addirittura un ruolo decisivo. Il tutto fondato sulla rivelazioncella, fatta e rifatta da anni anche sui grandi media e da nessuno messa in discussione, che notabili, diplomatici e agenti sauditi abbiano concorso al piano, manifestamente con fondi, logistica e fornitura dei figuranti a cui sarebbe stato poi addossato il ruolo dei piloti dirottatori. Ora un oltremisura inviperito Chiesa nega di aver scaricato alcuna colpa sui sauditi, implicitamente riducendo lo spaventoso carico di responsabilità che grava sui neocon Usraeliani. I primi che dall’evento hanno tratto immediati e formidabili vantaggi sul piano interno (Patriot Act, militarizzazione della società, sviluppo dell’industria dergli armamenti) come su quello esterno: guerra infinita al terrorismo. Dunque Chiesa non ha scaricato colpe sui sauditi.
E’ così? Vediamo allora cosa scrive nel testo citato:
Ma adesso emerge, sempre più forte, l’evidenza: il governo saudita, alleato e amico dell’America, tirò le fila dell’attentato” (evidenziazione sua).
Ne risulta, se la logica e l’italiano conservano il loro valore, che da attore subordinato, ufficiale pagatore, fornitore di comparse patsies, il governo saudita è diventato il regista degli attentatiquello che “tira le fila”, non più burattino, ma burattinaio. Vi pare una differenza da poco? Con riferimento a un mito che gli deve essere caro, Chiesa arriva a definire la rimasticazione del discorso sulle complicità saudite, “apertura del vaso di Pandora”. Quindi qualcosa di nuovo e di grosso. Tuttavia un vaso di Pandora che già aveva sparso i suoi tesori sul New York Times nel 2009 e nel libro di Philip Shenon “The Commission”.
Nell righe successive Chiesa dà grande rilievo ad altre cose già ruminate per anni da chi non s’è accontentato dell’oscuramento operato dalla Commissione d’Inchiesta del Congresso: l’FBI e la CIA  sapevano dei maneggi dei sauditi in terra statunitense e non fecero niente, lasciarono correre. Lasciarono correre e basta?
Quella della inefficienza delle agenzie di intelligence e sicurezza Usa, compresa l’Aeronautica che si esercitava in quei giorni proprio sull’ipotesi di un incursione aerea contro le Torri, ma rimase silente e assente nelle ore dell’operazione vera, è pure una vecchia storia, con la quale si è tentato di depistare dalla certezza degli esecutori USA (e Israele) al sospetto che semplicemente non ci avessero saputo fare. Fortissima attenuante. Da dolosi a colposi.
Tanto inefficiente fu la Cia, lamenta Giulietto, da non aver seguito passo passo tale Al Mihdar, Imam saudita che, secondo “File 17”, con i fondi dell’ambasciata saudita avrebbe assistito un paio di dirottatori.Dirottamento e dirottatori dati oggi per scontati da Giulietto, per quanto nelle sue precedenti interpretazioni degli eventi avesse sempre condiviso l’analisi, del resto inconfutabile sul piano tecnico-scientifico e confermato dai fotogrammi e dalla dinamica delle esplosioni, che provava l’inesistenza dei dirottatori e la presenza di massicce dosi di esplosivo interno. Analisi condivisa da alcune migliaia di esperti, tecnici, ingegneri, architetti, piloti, arteficieri, testimoni. Ora, invece,  grazie ai saudti che li hanno foraggiati,  i dirottatori sono ricomparsi, inequivocabili e indiscutibili. E così i dirottamenti dei cosiddetti Boeing.
Seguire Al Mihdar avrebbe dovuto, la spensierata Cia, dato che sapeva – parla Chiesa – della “famosa riunione di Kuala Lumpur in cui Khaled Sheikh Mohammed aveva riunito il gruppo esecutivo dell’attentato del secolo”.
Dunque “gruppo esecutivo”. Cioè gruppo che s’è fatto le Torri Gemelle e, possibilmente, anche il Pentagono. Che forza questi sauditi! Altro che emissari neocon i quali, sotto occhio vigile di Cia e di chissà altro, per giorni e giorni avrebbero lavorato nelle Torri Gemelle, dalle cantine ai piani alti, per piazzare quei pacchetti di termite attorno ai pilastri d’acciaio (poi fortunosamente trovati dai tecnici danesi in Ground Zero).  Ubbie, nonsense. Dunque i sauditi, per Giulietto, “hanno tirato le fila” e sono stati il “gruppo esecutivo”. Mica bruscolini. Ma, per carità, Giulietto non si sognerebbe di “scaricare le colpe sui sauditi e salvare Cheney e compagni”! Salvare Cheney e compari, certamente no, ma scaricare le colpe sui sauditi, un pochino sì, dai!
 
E dispiace pure per qual poveraccio di Sheikh Mohammed che, tempo fa, abbiamo visto comparire in effigie, stralunato, strapazzato, disumanizzato e pestato, ridotto un mucchio di disperata inconsapevolezza per aver subito ben 180 sedute di waterboarding. Il minimo per una master mind dell’11 settembre, vero Giulietto? O forse non è che un altro capro espiatorio che, a dispetto di 180 trattamenti, non si è riuscito a far dire che sono stati i sauditi? Che erano dirottatori e che hanno dirottato tre aerei Boeing, pilotabili solo da superprofessionisti con qualche centinaio di ore di volo sulla cloche.
Parossistico nella sua reazione a chi gli chiede conto di certi capovolgimenti, alla fine Chiesa ripiega su un “sapeva il governo saudita, ma c’era chi sapeva anche all’interno dell’FBI e della Cia”. Benissimo, sapevamo anche noi. Da una quinidinca d’anni. Ma chi faceva? Al di là di quanto gli hanno innescato le mie contestazioni in termini perdita di eleganza e autocontrollo, chi faceva ce lo ha detto Giulietto:  il governo saudita tirava le fila e saudita era il gruppo esecutivo, ovviamente di dirottatori su altrettanto ovvii Boeing 747 e 777. Mandanti e sicari, dunque. E Cia e FBI sapevano. L’hai detto, Giulietto. E, per quanto ti sconvolga sentirtelo dire, è un rovesciamento dei termini dell’equazione, un’inversione a U.  Appunto.
Concludendo. Quella partita da Washington, e in cui Giulietto si è improvvidamente e sprovvedutamente voluto inserire, è una chiara mossa di avvertimento ai Saud, con i quali ultimamente si sono verificati diversi punti d’attrito (del resto condivisi anche dall’amico Erdogan), in particolare sul rapporto stretto tra Riad e il Cairo che disturba fortemente Washington, Ankara, Qatar, l’intera Fratellanza Musulmana, i suoi padrini occidentali e Israele.  Che tra i vecchi compari di tanta storia criminale si sia ai ferri corti lo ribadisce la replica saudita affidata al consulente giuridico della famiglia, Katib al Shammari, che la pubblica sull’autorevole periodico londinese (ma vicino alla famiglia reale) Al Hayat.
Senza mandarla a dire, l’incaricato di Re Salman fa sapere al mondo che sono stati gli Stati Uniti a perpetrare gli attentati dell’11 settembre e che da allora tentano di dare la colpa ad altri, a partire da Al Qaida e dai Taliban, per passare per Saddam Hussein e finire ora con l’Arabia Saudita. Il terrorismo, prosegue Al Shamman, è stato il pretesto per tutti i governi Usa per coprire le proprie nefandezze.
 
La pesantissima accusa è stata pubblicata alla vigilia della visita di Obama in Arabia Saudita nell’aprile scorso. Poco prima famiglie delle vittime dell’11/9 avevano chiesto a Congresso e Obama di poter perseguire i sauditi. Poco prima l’Arabia Saudita aveva finanziato lo sviluppo dei giacimenti di gas egiziani con ben 20 miliardi di dollari. Perché Giulietto Chiesa e gli altri che hanno attribuito lo storicamente più rilevante episodio di terrorismo, quello che ha permesso agli Usa e ai neocolonialisti e vassalli al seguito di lanciarsi alla depredazione del mondo e a una serie di sfoltamenti di umanità, sono entrati in campo adesso? Tra l’altro, non solo accanto alle famiglie denuncianti e ai rispettivi sponsor congressuali e presidenziali, ma perfino accanto ad Amnesty International che, da allora e tuttoggi, tempesta il web e le Ong affiliate di anatemi contro i sauditi, con richiesta di espellerli dalla Commissione ONU dei Diritti Umani per via fdelle esecuzioni, delle frustate, delle torture, dei bombardamenti sui bimbi yemeniti. Sacrosanto. Ma sappiamo anche in quale reparti sia inquadrata Amnesty, in quali assonanze suoni e, casualmente, come mai non se la prenda in questi giorni piuttosto con il mostro di Ankara e chiami a manifestare in Roma contro Al Sisi, piuttosto che contro Erdogan.
Chiesa è da anni che ha interrotto la sua intensa e lunga collaborazione con Radio Liberty, la radio che la Cia e Soros hanno creato per destabilizzare l’Oriente socialista e per la quale lavorava anche la pasionaria dei terroristi ceceni, Anna Politovskaja. Una radio sulla quale la nuova narrazione di Giulietto sarebbe risultata naturale. Sono lontani i tempi in cui a Washington era docente fellow del Wilson Center, di Istituti per studi avanzati sulla Russa e della fortemente destrorsa e facilitatrice di regime change Rand Corporationi
Credo sia tuttora eminente membro della Fondazione del distruttore dell’Unione Sovietica e venditore di pizze, Michail Gorbaciov. Ma che c’entra? Sarà per il mio fugace riferimento a questi suoi trascorsi, nel pezzo sul blog, che Chiesa se l’è presa tanto?. Eppure non gli ho mai disconosciuto il prezioso ruolo di propugnatore di verità geopolitiche. Giulietto, lascia perdere. Gorby, Liberty, Rand, roba vecchia, chi ci pensa più. Arroventare a tal punto le sinapsi non favorisce il loro sereno e sano invecchiamento. Eppoi, far entrare uno zufolo di contestazione nella calma piatta del cerimoniale cortigiano, non può che farle rinvigorire, le sinapsi.
Pubblicato da alle ore 19:40

Questa mattina 10 obblighi di firma per iniziativa alla Turkish Airlines

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Alle sei di questa mattina, 21 luglio 2016, decine di poliziotti della Questura di Torino sono piombati nelle case di una decina di compagni/e piemontesi per notificare l’ennesima ordinanza di misure cautelari disposta dal GIP Silvia G. Carosio su richiesta del PM Antonio Rinaudo. Le misure notificate impongono a tutti/e l’obbligo di firma quotidiana, due volte al giorno.
I compagni/e sono indagati per diversi reati (resistenza, violenza privata, violazione di domicilio…) commessi il 25 settembre 2015 all’aeroporto di Caselle (To) quando un gruppo di solidali aveva fatto irruzione negli uffici della Turkish Airlines, la compagnia di bandiera turca, occupandolo per leggere un comunicato di condanna della politica turca e di sostegno alla resistenza in Kurdistan, poi pubblicato sul web (vedi sotto il testo e il link al video). Il gruppo aveva poi improvvisato un corteo nell’aeroporto con slogan e striscioni contro il terrorismo di Erdogan.
Mentre in Turchia dilagano purghe e repressione, in Italia si cerca di zittire chi da tempo denuncia il terrorismo di Stato in Turchia, con un tempismo di cui dovrebbero vergognarsi, non conoscessimo la faccia da culo di Rinaudo e soci.
Da parte nostra, ci riserviamo di elaborare collettivamente le forme che più riterremo adeguate non soltanto per continuare a esprimere il sostegno alla resistenza del PKK e alla lotta rivoluzionaria in Kurdistan, ma anche per contrastare questo ennesimo maldestro tentativo di soffocare le lotte attraverso misure di polizia. A presto.

Dichiarazione TurkishAirlines(To):

< https://sendvid.com/2ix0s5ad > https://sendvid.com/2ix0s5ad

Ci troviamo negli uffici della Turkish Airlines di Torino. Con questa irruzione vogliamo rompere i silenzi e le menzogne che coprono la guerra scatenata dalla Turchia di Erdogan contro il popolo curdo. Come negli anni Novanta, ai bombardamenti di villaggi e città, incendi, torture, arresti di massa, si vanno aggiungendo aggressioni razziste contro civili curdi.
È inutile e ipocrita commuoversi di fronte alle foto dei profughi o dei bambini in fuga dalla guerra, mentre i “nostri” Stati democratici continuano a sostenere i responsabili di tali guerre: la Turchia innanzitutto, amica dell’Occidente, partner commerciale, membro della Nato, e intanto sostenitrice dello Stato Islamico e massacratrice dei curdi e dei dissidenti.
Ecco perché siamo qui. Perché gli interessi della Turchia in Europa non devono più poter vivere in pace. E perché i nostri fratelli e sorelle che resistono sui monti del Kurdistan devono sapere che non sono soli.
Gli Stati nazione e la globalizzazione capitalista hanno fallito. L’Impero si sta sgretolando. È tempo di rivoluzione. È tempo di organizzarsi. In Kurdistan hanno cominciato. È per questo che hanno tutti contro. È per questo che noi stiamo dalla loro parte.
Per l’unione dei popoli in lotta! Dalle Alpi al Kurdistan!
Viva la solidarietà internazionale!

FRANCIA: FANNO TUTTO DA SOLI E SONO CAPACI DI TUTTO (2) . USA : GIULIETTO CHIESA FA INVERSIONE A U SULL’11 SETTEMBRE

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/07/francia-fanno-tutto-da-soli-e-sono.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 20 LUGLIO 2016

Meglio un Erdogan oggi che chiunque altro domani
Intanto Erdogan fa sembrare il Terrore 1793-94 una campagna delle Dame di San Vincenzo. A tre giorni dal golpe siamo a 50mila dipendenti pubblici cacciati in strada o in carcere, insegnanti, accademici, magistrati, postini, avvocati, giornalisti. E ce n’est que le debut come, oltre a un sacco di brava gente, schiammazzava Cohn Bendit impegnato ad abbattere De Gaulle che non voleva saperne di Nato e Comunità Europea. Siamo all’epurazione e alla pena di morte che, secondo il solito astuto De Francesco del “manifesto”, è invocata “dal popolo turco”. Un’epurazione-lampo, partita quando ancora l’ultimo soldatino doveva essere catturato, bastonato, denudato, gettato all’ammasso, con una tempestività che conferma liste di proscrizione pronte da tempo e quiindi attivate a golpe pre-saputo e pre-gestito in vista del colpo di Stato vero, verso una Turchia nazificata su un popolo ridotto a brandelli dal fanatismo religioso, dagli attentati, dala carneficina subita e inflitta ai vicini.
E ai belati delle cancellerie occidentali che raccomandano cautela, moderazione, il necrofago sghignazza in faccia, conscio del suo potere ricattatorio: volete qualche milioncino di migranti che vi buttino per aria il fortino così ben costruito? Volete, voialtri che custodite il mio rivale Gulen, che vi chiuda le basi e mi metta con Putin? Che rinunci a far saltare Assad? Volete che faccia come Sansone e faccia venire giù tutto dicendo chi sta dietro al terrorismo? Non è Gulen, vecchietto rattrappito che non sembra averne per molto e, comunque, sta al guinzaglio della Cia (che ha tanti scheletri negli armadi del Medioriente da non poter muovere un dito contro Erdogan), che un falso scopo, a cui il moloch turco spara per tenere in piedi la fandonia dell’eversione antidemocratica. Qui tra Fratelli Musulmani tagliagole e strozzacervelli, che offrono riparo e rifornimenti ai propri surrogati jihadisti, e un infido laico come Al Sisi, la scelta dell’Occidente non è in forse. Anche perché, per come si pensa debbano andare le cose in Usa ed Europa a forza di attentati, stati d’emergenza, Patriot Act, Hillary e neocon, Hollande, Draghi, Juncker e FMI, Erdogan appare il vero battistrada.
Nizza e l’evoluzione della specie
 “L’Isis, Daish, lo Stato Islamico, il Califfo… ha rivendicato l’attentato di Nizza. L’Isis ha dichiarato che l’attentatore è un suo soldato…”.
Apperò.

Allora è vero che si è trattato di terrorismo islamico ! Che altro ci vuole per dare un po’ di pepe allo scontro di civiltà, alla caccia all’islamico, al dissidente, all’oppositore, allo Stato d’emergenza fino al 2017, modello Erdogan? Infatti, domani, se gli gira, la Cia, il Mossad, l’MI6, la francese DGSE, o chi per loro, diranno ad Al Baghdadi, o piuttosto a Rita Katz, sua portavoce, di rivendicare l’assassinio di Yara e di fare di Bossetti, già incastrato di suo per mano della procura di Bergamo, la cellula incaricata di spargere il terrore islamista tra le brume e i camosci della Val Brembana. Ormai l’Isis funziona alla grande anche per sistemare gli indisciplinati interni. Il marocchino del quarto piano ha insozzato con la cenere del suo sigaro i panni stesi al terzo piano? Il macchinista seconda generazione ha fatto arrivare il treno con venti minuti di ritardo? Il bulletto della Quarta Ragioneria, nipote di immigrati, ha molestato il compagno biondo occhi cerulei? Tutti attentati al nostro modo di vivere, ai nostri valori. Nel giro di tre ore arriva la rivendicazione dell’Isis. E Alfano convocherà la stampa mondiale per comunicare che lui l’aveva subito sgamato, il terrorista, e che la sua identificazione e cattura è merito dei da lui istituiti Clandestini Reparti Speciali Antiterrorismo Brembatesi.

Attentati come gruviera, ma bene incartati
Sono dei farfalloni, come sempre. Fanno gli attentati con  lo sputo e con lo scotch, come fossero il ciabattino sotto casa che si avventura a fare scarpe alla Ferragamo. Così dall’11 settembre in qua. Chi li salva è la perfetta tempesta mediatica che spazza via ogni interrogativo, fosse anche grande come una torre gemella. A Nizza un ubriacone erotomane, ladro e picchiatore, residente in quartiere “difficile”, fuori di testa e pluricondannato e, dunque, necessariamente nell’occhio del ciclone poliziesco, mai stato in moschea, ma aperto il corano, mai osservato il ramadan, abbuffato di salsicce, pure gay represso, insomma il perfetto soggetto psicolabile, ricattabile, manipolabile, illudibile (tipo quelli di Parigi e Bruxelles), viene detto “radicalizzato” dalla sera al mattino, prima che il gallo abbia cantato tre volte, al punto di ghignare felice nel selfie scattato in vista dell’autoimmolazione per il Profeta. Chi lo dice: la Sureté. Perché lo dice? Perché il malvivente da una settimana non s’è tagliato la barba. Come caratterizzazione di un lucido pianificatore di stragi jihadiste basta e avanza. Poi sono tre giorni che gira sulla Promenade des Anglais con un bestione di frigo-camion che lo notano fin dalla sonda su Marte. Come se sul lungomare pedonalizzato di Forte de’ Marmi  gironzolasse senza sosta un Tir con scritto su “Bibite”.
Ma nessuno dice: embè? Tantomeno la Gendarmerie di Nizza quando quel mezzo abbagliante, ormai pendolare, forse ritenuto trasporto di linea, da 19 tonnellate, irrompe sulla Promenade mentre decine di migliaia di persone incantate fanno ooohhh agli ultimi bagliori dei fuochi per il 14 luglio, superfesta nazionale. E, partito a passo d’uomo, tanto quanto sarebbe bastato al primo vigile per chiedergli libretto, patente e assicurazione, poi ingrana la quarta e schizza via a 90 all’ora, a zig zag, per 2 km, travolgendo e trasformando gli ooohhh in urla di terrore e morte. Gli si affianca un ciclista, uno scooterista, poi basta. Mica un gendarme. Alla fine del mattatoio si ferma e, allora, gli sparano una cinquantina di colpi. Chiaramente per prenderlo vivo, come in tutte le altre occasioni, da Charlie Hebdo in poi, in modo da farci rivelare tutto sull’operazione, su mandanti, padrini, covi, organizzazione, l’Isis da capo a coda. All’obiettivo di telecamere e fotografi la cabina del camion risulta semi-disintegrata. Disintegrato Mohammed Bouhlel e disintegrata tutta l’apparecchiatura all’interno della cabina, magari anche quella che serviva, come nel caso degli “aerei” contro le Torri Gemelle e contro il Pentagono, a guidare a distanza il mezzo. Curioso, è dalla madre di tutti gli attentati, l’11 settembre, che tra i cosiddetti attentatori-dirottatori-fucilatori-bombaroli, non se ne trovi uno che si possa definire fanatico, ascetico, convinto, osservante, bigotto, beghino e inflessibile militante dell’Islam. Infedeli più degli infedeli crociati che si dice vogliano eliminare dalla faccia della Terra, come diavolo si inseriscono nella vulgata dei neomori impegnati nello “scontro di civiltà”?
Interessante l’evoluzione della specie terrorista, un po’ come dall’ homo erectus a quello sapiens. Agli albori c’è stato il terrorista rooseveltianus che era quello a forza di provocazioni indotto a farsi terrorista mentre riteneva di reagire a una minaccia incombente. Vedi i giapponesi su Pearl Harbor. Venne poi il johnsonianus, formidabile salto tecnologico nel virtuale, che esisteva solo nei report del Pentagono come ripresi dal New York Times. Si manifestò sugli inesistenti barchini nordvietnamiti che avrebbero attaccato la marina Usa nel Golfo del Tonchino. Seguì il  terrorista bushensis, tornato concretissimo e materialissimo, tratto direttamente dai servizi segreti, mimetizzato da dirottatore saudita, bombarolo del metrò o della stazione, spettatore di maratone. Ma sempre a rischio di sputtanamento, con esiti catastrofici, come già apparsi all’orizzonte di un tremendamente malgestito 11 settembre. E quindi perfezionato dai più sofisticati europei in terroristahollandianus: il patsy, inglese per capro espiatorio, che viene reclutato tra i reietti, disturbati, ricattabili, manipolabili, del sottobosco sociale e spedito a figurare sul proscenio di uno spettacolo diretto da dietro le quinte. E’ il lupo solitario, il terrorista della porta accanto che serve a farti stare intirizzito dalla paura in ogni istante della vita e quindi, disponibile e grato a qualsiasi catena in cui ti avvolgano perchè ti faccia da scudo contro tale onnipresente pericolo.
 Cui prodest
Il ciarlatano con gli scarponi chiodati insediato all’Eliseo, ennesimo vanto di una classe dirigente francofona per lingua, ma della lobby per matrice e destino, non ha atteso che si asciugasse  la polvere dei 50 tardivi spari su un camion, che ha potuto fare quello che voleva per una trentina di minuti, per rendere omaggio al tributo di Mohammed Bouhlel alla Francia e alla grandeur. Immediato ulteriore impegno bellico nelle carneficine di Siria, Iraq e Africa , dove i patsies si chiamano Isis e Al Qaida nel Maghreb, e rinnovo dello Stato d’emergenza, non per i soliti altri tre mesi, ma, già che ci siamo, fino a tutto il 2017. Stato d’emergenza, cioè arresti preventivi, perquisizioni e irruzioni senza mandato giudiziario, detenzione di sospetti, aumentati poteri di polizia, sorveglianza totale, possibilità di legge marziale e coprifuoco. Tutta roba servita magnificamente a prevenire che un energumeno violento, stranoto, disturbato fino al midollo, dall’instant-radicalizzazione, con camion entrato e imperversante indisturbato contro obiettivo ultrasensibile di migliaia di persone ammassate in occasione che più simbolica non si può (14 luglio!). Ma servita ancora di più a spegnere una rivolta di popolo contro la legge del lavoro schiavizzato e perpetuato fino a 50 ore la settimana e il crollo psicofisico, durata mesi e che stava per buttare all’aria quanto con tanta cura si era costruito da Charlie Hebdo al Bataclan e a Bruxelles.
C’è chi dice, rammentando che i più bravi in queste cose sono pur sempre la Cia e il Mossad, che a Nizza lo scherzetto non l’abbia fatto Hollande, ma glie l’abbiano fatto. Se è vero che a Erdogan gli lasciano combinare di ogni perché è Fratello Musulmano e cioè una garanzia che affonda le radici nei secoli del dominio coloniale e, oltre a tenerti in piedi i mercenari Isis, è nemico mortale di quella lenza di Al Sisi che ha fatto fuori la fratellanza in Egitto, a Hollande potrebbero volere rimproverare, in maniera un tantino brusca, di farsela proprio con quell’ Al Sisi, per via del gas, e di sostenerne addirittura il tentacolo libico, Khalifa Haftar, contro il governo ”di unità nazionale” del fidato Al Serraj, messo in piedi da Nato e Onu.. E’ un’ipotesi. Ma non mi convince. Finchè praticano il terrorismo, sia Erdogan che Hollande, godono di autonomia e solidarietà.
C’è anche chi si chiede come mai queste cosacce succedono contnuamente in Francia e mai da noi. Fosse vera l’ipotesi appena accennata, direi che noi ci siamo messi al riparo, avallando e sostenendo l’operazione Regeni dello spionaggio anglo-americano (Oxford Analytica, MI6, John Negroponte) con cui abbiamo cercato di inchiodare il detestabile non-Fratello Musulmano Al Sisi, mollando gli accordi per lo sfruttamento del suo gas e schierandoci in Libia con Al Serraj e con gli scuoiatori di africani neri delle brigate di Misurata. Ma siccome l’ipotesi non mi convince, penso che da noi nessun camion abbia ancora stritolato le gente sul lungomare di Ostia, che nessuno abbia ancora mitragliato i redattori martiri de Il Foglio, che nessuno abbia fatto strage degli avventori del Billionaire di Briatore, semplicemente perché da noi, a proposito della legge sul lavoro, snodo epocale nel rapporto di forza tra le classi, ci sono la Camusso e Big Mouth Landini, la sinistra di Fassina e Vendola. Che si dinamiterebbe a fare? Magari domani, se i 5 Stelle crescessero ancora, se instistessereo a dire cose sempre più chiare sulle sanzioni a Russia e Siria, sulle guerre Nato, sul TTIP, sull’euro…
11 settembre: inversioni a U e cantonate illustri
C’è qualcuno che al governo Usa, alla classe dirigente Usa ha fatto un favore più grosso di quanto non gliel’abbia mai potuto fare Osama bin Laden, assumendosi – seppure tentennando – la paternità dell’11 settembre, non facendo sapere che era morto di diabete nel 2001 e facendosi ammazzare per finta da un commando di teste di cuoio Usa dieci anni dopo. Sono alcuni, perlopiù non ultimi arrivati, che hanno improvvisamente proclamato quanto avevano sempre negato, che le Torri Gemelle e il Pentagono sono stati abbattuti da dirottatori sauditi.Trattasi di Giulietto Chiesa, che, in sintonia con i più prestigiosi negazionisti Usa, aveva addirittura pubblicato un cofanetto libro-CD “Zero”, dell’analista e controinformatore di vaglia Justin Raimondo, di alcuni altri e perfino di Michele Giorgio, corrispondente del “manifesto” dalla Palestina, peraltro tanto bravo quando tratta di argomenti israelo-palestinesi, quanto incerto quando la sua indole euro-democraticistica si imbatte in Ghaddafi, Putin o Assad.
Mamma li sauditi! E il Bush restaurato.
“Sono stati i sauditi!” è il trionfale grido che prorompe da tali illustre gole. E, di colpo, gli Usa, Bush, i neocon se ne escono dalla vicenda belli rigenerati, magari con una macchietta che allude a qualche complicità, qualche trasandatezza, qualche lasciato fare, ma niente rispetto alla mostruosa responsabilità di chi è andato a schiantarsi contro le torri e il Pentagono, chi ce li ha mandati, chi li ha pagati, con la ricaduta di 3mila innocenti polverizzati, mezza dozzina di paesi devastati  e qualche milione di musulmani sterminati dallo “scontro di civiltà” partorito dalle ceneri di Ground Zero.
Altro che demolizione controllata, con esplosioni piano dopo piano, come attestato dai fotogrammi, dai testimoni sopravvissuti, dai vigili del fuoco, poliziotti, addetti ai grattacieli, termite ancora incandescente inusitatamente ritrovata da esperti danesi tra i resti di Ground Zero. Altro che colonne d’acciaio a centinaia che mai più avrebbero potuto essere sciolte dal poco kerosene del serbatoio di un Boeing 474, altro che dirottatori che non avevano superato l’esame di guida di aerei leggeri e che avevano trincato e gozzovigliato fino alla sera precedente, per poi immolarsi nel momento più alto di una bella e privilegiata vita, e poi manovrare un Boeing da 10mila metri  fino a quasi rasoterra, cosa che il pilota più esperto del mondo non avrebbe potuto fare. Facendo poi ritrovare passaporti integri e lindi in mezzo a macerie sminuzzate fino a pochi millimetri. Altro che un proprietario delle Torri, Silverstein, tanto previdente da aver assicurato gli edifici per una somma che lo avrebbe ampiamento compensato della perdita, altro che fenomenali e tempestive speculazioni di borsa sulle imprese, non solo aeronautiche, che sarebbero rimaste coinvolte.
Altro che quel gruppo di agenti israeliani catturati mentre filmavano i crolli ed esultavano da un terrazzo vicino e furono poi trovati in possesso di un furgone pieno di attrezzature elettroniche, ma subito rilasciati e zitti zitti rimpatriati. Altro che quel buco di 5 metri nel muro del Pentagono, fatto da un colosso di 39 metri di apertura alare, con motori da decine di tonnellate, tutto svaporato e scomparso. Altro che le migliaia di ingegneri, costruttori, architetti, piloti, esperti di esplosivi che hanno ridicolizzato l’idea che quei due “aerei” fossero aerei e che avessero buttato giù tre torri, di cui una, la 7,  neanche colpita, ma tracimante di apparecchiature e documenti Cia.  E che da anni chiedono l’apertura di una inchiesa, stavolta davvero indipendente, ma sulle responsabilità del regime Usa, non dei sauditi. Altro che PNAC, il documento dei neocon con il quale auspicavano una “nuova Pearl Harbor” come pretesto per riarmare gli Usa e lanciarli alla conquista del mondo. Cosa puntualmente verificatasi grazie all’11 settembre. Per grazia saudita?
Altro che, altro che, altro che… Sapete benissimo che potrei andare avanti per tante pagine quante sono quelle racchiuse nelle migliaia di pubblicazioni che hanno demolito la versione ufficiale. Ma no, tutti o inetti, o falsari, o folli, comunque complottisti. Le torri sono state abbattute e il Pentagono è stato bucato da aerei dirottati da piloti sauditi che, in tal modo, hanno aperto le porte dell’inferno a un’umanità instradata verso la guerra infinita al terrorismo, il governo mondiale totalitario dell’unica superpotenza, il probabile olocausto del pianeta. Diavoli di sauditi. Cittadini di un paese che non ha  nemmeno una fabbrica di orologi, che non è capace di produrre spazzolini da denti, che, a partire dal telefonino e dal monopattino, ha in casa soltanto roba fabbricata fuori. Ma che, perbacco, stanno ai piloti dell’aeronautica mondiale come Beep Beep sta a Willy Coyote. E che, quanto a tecnologia dinamitarda, di demolizione, di violazione dei più avanzati apparati di sicurezza elettronica e aeronautica, di sottrazione alla ricerche, non hanno l’eguale al mondo e danno dei punti perfino a Tel Aviv. Diavoli anche perché miracolosamente resuscitati, se è vero che almeno mezza dozzina dei presunti 19 sono ricomparsi in vita e hanno dato notizia di sé.
Da complottisti contro e complottasti pro
Cosa ha innescato questa formidabile inversione a U di quanti erano stati additati, nelle loro denunce agli apparati Usa, di demenziale dietrologia?. Un documentino di 18 pagine, in parte sbianchettate, titolato “File17”, che faceva parte dell’inchiesta del Congresso sull’11 settembre, ma fu secretato da Bush. Compilato da Lana Lesemann e da Michael Jacobson  conterrebbe, secondo Chiesa ben 40 nomi di complici sauditi dei dirottatori. Però ne vengono citati solo due, Fahad Al Thumairy e Omar Alk Bayoumi, personaggi all’orecchio dell’allora ambasciatore saudita Bandar bin Sultan e di sua moglie, presumibili agenti segreti, che avrebbero aiutato, con soldi e alloggi e benefit vari, due dei 19 presunti dirottatori, Nawaf Al Hamzi e Khaled Al Mihdhar. Una storia che vi risparmio nei dettagli, anche perché potete andare a trovarla in rete, ma che è soltanto la rimasticatura di una storia pubblicata da Philip Shenon, sul quotidiano principe dell’ebraismo filo-israeliano e filo-bellico, New York Times, ben sette anni fa. E che non dimostra assolutamente niente sulla dinamica dell’abbattimento tramite presunti dirottatori. La sollecitazione a rilanciarla con timpani e tromboni viene dal gruppo di famigliari delle vittime che vorrebbe portare a giudizio il governo saudita e cui Obama e il Congresso ha ora dato via libera. Via libera mai concessa alle centinaia di congiunti delle vittime delle Torri che, invece, intendevano processare il governo degli Usa.
Qui nessuno intende esonerare i sauditi, allora strettissimi alleati e complici nelle imprese criminali di Washington. Indubbiamente partecipi dell’operazione neocon 11 settembre con la fornitura di fondi e di patsies. Un ministro saudita alla circolazione di questa nuova accusa ha risposto che se parlasse lui, dell’11 settembre, l’intero assetto di potere nordamericano andrebbe a carte e quarantotto. E’ credibile. Incredibile è che Giulietto Chiesa, quasi non fosse il castigamatti dei crimini Usa che validamente è, ma fosse ancora collaboratore di Radio Liberty, emittente di Soros e della Cia, e gli altri, vogliano ad ogni evidenza tentare di resuscitare la grottesca teoria dei dirottatori, sauditi o uraniani, dell’attentato voluto da Riad, delle torri abbattute e del Pentagono traforato da dirottatori sauditi su Boeing. Montando le poche, vecchie e inconsistenti cose del “File17” (soldi e assistenza ai presunti dirottatori) sul presupposto arbitrario, falso, apodittico, dell’esistenza di dirottatori e aerei dirottati.
Considerazione finale. Nell’immediato abbiamo un’Arabia Saudita, per quanto maleodorante nel suo protagonismo wahabita-jihadista e nella sua guerra di sterminio al popolo yemenita e a tutti gli sciti, finita sul banco degli imputati per insufficiente collusione con il grande partner americano: il dialogo con Putin e l’alleanza fattiva, del tutto intollerabile per Erdogan come per Obama, Hillary e tutta la cupola, con il presidente egiziano Al Sisi. Sul piano storico assistiamo allibiti al lavaggio nel Mar Rosso dei panni sporchi della cosca genocida Usa che, probabilmente in collaborazione con Israele, ha allestito la più grave nefandezza terroristica dei tempi moderni, con quanto poi ne è venuto in termini di tragedie e delitti incommensurabili e di una guerra al terrorismo consistente in terrorismi senza limiti e senza fine. Gridare ora “sono stati i sauditi, punto” a me personalmente sbigottisce.  Forse qualcuno spiegherà. Forse no. Forse non vorrà/potrà.  Era bello fare il complottista contro chi di complotti campa. Meno bello fare il complottista nel complotto.
Pubblicato da alle ore 22:37

QUEBEC LE 30 JUILLET 2016 : GRANDE CONFERENCE INTERNATIONALE DE SOUTIEN AU BURUNDI AVEC LUC MICHEL !

Chers (es) Compatriotes Burundo-Canadiens;

Chers (es) ami(e)s et connaissances de la CBCa Inc;

 La DIASPORA BURUNDAISE en collaboration avec L’AMBASSADE DU BURUNDI AU CANADA vous invite à une ”conférence – débat” :

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LES VRAIS ENJEUX DE LA CRISE AU BURUNDI.

Nous aurons l’occasion d ‘entendre :

* un représentant du gouvernement du Burundi, et nous partager:

les protagonistes et enjeux de la crise au Burundi vus localement.

* Le Géopoliticien panafricaniste et éditorialiste LUC MICHEL

du point de vue géopolitique et médias.

* Un professeur adjoint de la faculté de droit de l’Université de Montréal.

la crise du Burundi et ses implications juridiques.

* Un membre de la diaspora burundaise.

la crise du Burundi vue par la diaspora burundaise.

 OÙ? 330 rue Chabot, Québec, Qc, G1M 3J5

Quand? 30 Juillet 2016, dès 14h00

Inscrivez-vous et venez nombreux.

NB: Grande diffusion, SVP!

72e ANNIVERSAIRE DU COUP D’ETAT ANTINAZI DU 20 JUILLET 1944

STAUFFENBERG ET TRESCKOW ETAIENT DES NOTRES !

 Luc MICHEL pour PCN-INFO/ 2016 07 20/

Avec EUROPAISCHER WIDERSTAND/

https://www.facebook.com/europaischer.widerstand/

 PIH - LM STAUFFENBERG 72e (2016 07 20) FR

« Nationalisme de libération et anti-fascisme ne peuvent ni ne doivent  être opposés »

– Wolfgang VENOHR

Le 20 juillet 1944, Claus Graf Schenk von Stauffenberg avait tenté de tuer Hitler, via une bombe dans une mallette déposée par le colonel. L’attentat fit cinq morts, Hitler en réchappa et les conspirateurs furent exécutés. Ils avaient tenté de renverser ce qu’ils qualifiaient eux-mêmes de « régime fasciste » par un coup d’Etat, raté à Berlin, mais réussi – en vain – à Paris et à Vienne .

LE REVISIONNISME OUEST-ALLEMAND A PROPOS DU « 20 JUILLET 1944 »

Le « 20 juillet 1944 » est depuis 70 ans l’objet d’un révisionnisme honteux en Allemagne fédérale, où ceux que l’on qualifiait à Bonn de « traîtres » au début de la Bundesrepublick, sont aujourd’hui officiellement honorés. Mais au mépris du sens de leur véritable combat et en travestissant ou scellant leur idéologie anti-libérale et anti-occidentale.

Particulièrement la propagande de la RFA confond le groupe dit « national-conservateur » de Goerdeler/Canaris, proche de l’extrême-droite, avec le « groupe Stauffenberg/Tresckow » (c’était son nom en DDR, qui disait « Stauffenberg était des nôtres »), d’idéologie nationale-révolutionnaire. Le premier pro-occidental et anti-communiste. Le second dans la tradition prussienne du socialisme d’Etat et de l’amitié russe. Le général Henning Von Tresckow, qui est l’idéologue du groupe, tout comme Stauffenberg, prônait « l’Orientation à l’Est ». Stauffenberg avait même prévu des communistes et des syndicalistes au gouvernement qui aurait du succéder aux nazis. Les maréchaux et généraux « nationaux-conservateurs » ont lâché le putsch le 20 juillet, après l’avoir fait rater en  déclenchant Walkyrie 3 heures trop tard à Berlin (le putsch était réussi à Vienne et Paris, les SS emprisonnés !). Les anglo-saxons voulaient en 1944 la destruction de l’Allemagne et le proclamaient. Staline non !

LE « NATIONALKOMMITTEE FREIES DEUTSCHLAND »

Il y avait aussi en URSS un groupe d’officiers et de communistes en URSS, le « Nationalkommittee Freies Deutschland » (qui a fourni en 1945/50 les cadres de la DDR et sa « Nationale Volksarmee »), fondé en 1942,  et dont plusieurs animateurs étaient proches du groupe Stauffenberg. Leur action de résistance antifasciste avait pour toile de fond l’ «

Orientation à l’Est », typique des milieux nationaux-bolchéviques et nationaux-révolutionnaires, et évoquait notamment le souvenir de la fraternité d’armes germano-russe contre Napoléon en 1812 et de la politique d’alliance germano-russe de Bismarck vers 1880.

Les adversaires d’Hitler dans le corps des officiers, dont on avait recherché l’adhésion, suivirent en septembre 1943, lorsque l’ « UNION  DES OFFICIERS ALLEMANDS » fut fondée. Alors, le maréchal PAULUS, le vaincu de Stalingrad, les généraux VON SEYDLITZ, VON DANIELS, KORFES, LATTMENN et bien d’autres rejoignirent le Comité National, dont plusieurs centaines d’officiers généraux. On y retrouvait de vieux adversaires de HITLER, comme Ottomar PECH, futur général de la NVA, qui appartenait au réseau berlinois de l’ « ORCHESTRE ROUGE », dirigé par les nationaux-bolchéviques ARNACK et SCHULZE-BOYSEN. Ou encore le général Otto KORFES, membre du groupe national-révolutionnaire de STAUFFENBERG (son beau-frère fut exécuté pour avoir participé au soulèvement héroïque du 20 juillet 1944). Les actions de propagande du « Comité National », avec ses millions de tracts, de journaux et les appels journaliers de Radio Moscou « au peuple allemand et à la Wehrmacht allemande », contribuèrent à la désagrégation de la machine de guerre nazie.

C’est du « Comité National », conçu comme une fabrique de Cadres, et auquel sont adjointes des « ECOLES ANTIFA », que va sortir le renouveau du KPD en Allemagne orientale et, devant l’échec des plans de STALINE, qui est germanophile, on l’ignore trop souvent, visant à une Allemagne unifiée démocratique, neutre et socialiste, la naissance de la DDR :  « Les membres du Comité de l’Allemagne libre, formés à l’étranger par les communistes, furent rappelés du Mexique, de New-York, de l’Amérique latine, de Londres, de Stockholm, de Moscou. Pour la première fois depuis la guerre, à Paris, en juin 1946, Molotov s’éleva contre le fédéralisme et le démembrement, préconisant une « Allemagne unie ». Il croyait alors que le résultat était assuré et qu’une Allemagne unie serait une Allemagne communiste ».

LA « SCHWARZE KAPELLE »

La SS nommait le groupe Stauffenberg la « Schwarze Kapelle » pour leur proximité avec la « Rotte Kapelle », le grand réseau de résistance des National-bolcheviques Schulze-Boysen et Arnack. Le Noir était sous  Weimar la couleur politique des nationalistes, le Rouge celle des communistes et le Brun celle des nazis.

La propagande de RFA, reprise par nos médiamenteurs occulte tout cela. Particulièrement les films et reportages diffusés à l’Occasion du 60eme anniversaire du « 20 juillet 1944 » e, 2004 par les chaînes allemandes ARD et ZDF, ou encore ARTE. Un film diffusé par la ZDF et ARTE présente même Stauffenberg au début comme pro-nazi. C’était vrai des généraux nationaux-conservateurs. Pas de Stauffenberg, dont l’épouse a toujours protesté sur cette légende.

On ne peut pas parler de Stauffenberg sans déboucher inévitablement sur le « Cercle de Kreisau », du nom de ce petit village de Silésie où un certains nombre de militants issus de la « REVOLUTION CONSERVATRICE », dont le comte Helmuth James VON MOLKTE, un des grands noms de l’Etat prussien, et les frères VON STAUFFENBERG et bien d’autres, animaient un réseau de résistance anti-nazi qui prépara et exécuta l’attentat du 20 juillet 1944 et le putsch anti-hitlérien avorté qui le suivi. Parmi les membres du « CERCLE DE KREISSAU », des grands noms de la résistance anti- nazie qui sacrifièrent leurs vies dans la lutte contre l’hitlérisme, tels le comte YORK VON WARTENBURG, exécuté le 8 août 1944 ou encore l’ambassadeur VON HASSEL.

Au cercle de Kreissau, ces hommes issus, de la « Révolution Conservatrice » et proches des milieux nationaux-révolutionnaires, avaient tendu la main à d’anciens dirigeants sociaux-démocrates, syndicalistes, membres du KPD. Gérard SANDOZ , l’un des premiers historiens de la Résistance allemande, précise les liens incontestables de ces hommes avec la « révolution conservatrice » : « Il ressort en effet des nombreux documents rédigés par les conjurés que la plupart d’entre eux considéraient le régime national-socialiste non pas comme une régression par rapport à la démocratie de style parlementaire, mais comme la manifestation particulièrement atroce du “déclin” ou de la “décadence” du monde moderne. Pour eux – ils l’ont souvent dit – le National-socialisme était l’exact reflet d’une société “massifiée”, en tout cas le contraire d’une société conservatrice guidée par une “élite” qui, elle, correspondait à leur idéal. Et c’est là qu’apparaît la relation entre la lutte que la plupart des hommes liés à la conjuration avaient menée contre la République de Weimar au nom d’une “révolution conservatrice” et leur attitude à l’égard du National-socialisme. Rappelons nous que GOERDELER, Ulrich Von HASSEL, Ludwig BECK et Von STAUFFENBERG lui-même détestaient la première république allemande, cette démocratie fragile née au lendemain d’une défaite militaire. Pour eux, une “révolution conservatrice” devait précisément surmonter les malheurs qui avaient frappé l’Allemagne ». SANDOZ précise d’ailleurs quels étaient les  thèmes de cette « révolution conservatrice » : « Ses théoriciens, parmi eux Ernst JÜNGER, avaient tout au long de l’existence de la république de Weimar préconisé le règne d’une “élite d’hommes capables” (élite des Fäligen) par opposition au règne des “médiocres”. Un homme comme Edgard JUNG, ancien collaborateur de Von PAPEN et, plus tard, associé à la conjuration, avait même consacré un ouvrage à ce problème dont le titre est précisément “Le règne des médiocres”. Ce livre était dirigé contre les représentants de la République de Weimar. Mais, à ses yeux, les hommes du National-socialisme faisaient eux aussi partie de cette couche de médiocres dans le sens où ils représentaient “la société de masse”, contraire à celle de “l’élite”. Nul doute que ce précepte vague et interprétable a fait partie du bagage intellectuel de maint conjurés du 20 juillet ».

Et les proclamations des auteurs du coup d’Etat du 20 juillet 1944 ne laissent d’ailleurs aucun doute sur leur adhésion au « nationalisme de  libération » que proposaient les milieux nationaux-révolutionnaires. Ainsi, les généraux putschistes BECK et WITZLEBEN, dans un « Appel à la Wermacht », rédigé à la veille du 20 juillet, précisaient : « Nous ne désirons pas que d’autres peuples soient réduits en esclavage. La liberté que nos pères ont conquise au cours du siècle dernier pour l’Allemagne… nous devons l’accorder aussi à tous les autres peuples. C’est sur cette base seulement qu’il sera possible de combler l’abîme qui avait été creusé par une politique sans retenue et ivre de puissance… »

Venons-en au colonel Claus Von STAUFFENBERG et à son frère Berthold, tous deux exécutés après le 20 juillet 1944. SANDOZ situe également sans ambiguïté l’appartenance du comte de STAUFFENBERG aux milieux nationaux-révolutionnaires. Parlant de Ernst JÜNGER, le chef de file des NR allemands des Années 20-30, il dit que c’était un « homme également très apprécié par Von STAUFFENBERG ». SANDOZ parle à propos de STAUFFENBERG des idées de « révolution », « nation », et « socialisme » comme l’ « incarnation de ses espoirs » et il ajoute que « le dirigeant de la conspiration était, à sa manière, un “révolutionnaire” ». Son frère, Berthold, dira lui à la Gestapo : « Mis en pratique par le régime, les idées essentielles du National-socialisme se sont transformées en leur contraire. Des petites gens qui exerçaient un pouvoir sans contrôle ont remplacé au sommet les chefs prédestinés ».

On comprend mieux pourquoi l’historiographie officielle a passé sous silence cet aspect de la  conjuration du 20 juillet 1944.

LE MALAISE DE LA SOCIETE OUEST-ALLEMANDE A PROPOS DU « 20 JUILLET 1944 »

Si le putsch manqué des officiers contre Adolf Hitler du 20 juillet 1944 est aujourd’hui célébré dans la société allemande, au prix d’un travestissement de la vérité historique, elle fut longtemps déchirée par un acte perçu soit comme une trahison, soit comme symbole de la résistance allemande au nazisme. Même après la fin du régime nazi, les résistants allemands ne trouvèrent pas les honneurs qu’ils connaissent aujourd’hui. « Après la guerre, il y avait encore beaucoup de nazis dans la politique, l’industrie et les médias et dans les années 50 et 60, ils minimisèrent la résistance », explique Johannes Tuchel, directeur du Mémorial de la résistance allemande. « Le slogan promu par les nazis, qui les traitaient de “traitres” eut un effet de longue durée », a reconnu la ministre allemande de la Culture Christina Weiss. Mais elle a cité un sondage récent publié par le magazine « DER SPIEGEL », montrant que 33% des Allemands admirent aujourd’hui le comte Stauffenberg et les autres conjurés et 40% les tiennent en haute estime. Une reconnaissance qui passe par la culture populaire : le 60eme anniversaire de l’attentat du 20 juillet a coïncidé avec la sortie d’un film sur Stauffenberg ainsi que de livres et documentaires. « L’Allemagne est prise d’un regain d’intérêt pour l’héritage des comploteurs », écrivait Hannah Lobel, de l’Agence Associated Press. « Le 20 juillet est enfin accepté », résumait Peter Steinbach, historien du Mémorial pour la résistance allemande.

Dans la société ouest-allemande, les réserves, voire l’hostilité, à l’égard des résistants anti-nazis perdureront longtemps, comme l’illustre en 1956 l’opposition d’une majorité d’Allemands à un projet de baptiser une école du nom de l’auteur de l’attentat, Claus von Stauffenberg. Aujourd’hui, 300 rues portent son nom. A l’époque, ce rejet concerne l’ensemble de la résistance allemande, en particulier les communistes, mais aussi les syndicalistes. Leur alliance avec l’ « ennemi soviétique » pendant la guerre les rend impardonnables aux yeux d’une Allemagne de l’ouest plongée dans la Guerre froide. Vingt ans après l’écroulement du nazisme, la méfiance restait de mise. En campagne électorale, le futur chancelier social-démocrate et Prix Nobel de la paix Willy Brandt doit s’expliquer sur son passé de résistant en exil en Norvège, accusé « d’anti-patriotisme » pour avoir alors pris la nationalité norvégienne.

Parallèlement se dessine un mouvement de récupération inverse dans la haute société conservatrice allemande, et dans les milieux militaires de la Bundeswehr et de l’OTAN (où l’on porte les décorations nazies du IIIeme Reich), dont certains tendent à s’approprier l’héroïsme des officiers du 20 juillet pour effacer le souvenir de leur ralliement à Hitler lors de sa prise de pouvoir en 1933. Pour l’universitaire berlinois Stephan Malinowski, il s’agissait de présenter la noblesse comme « victime de la machine nazie » et « fer de lance de la résistance allemande », alors que « les valeurs aristocratiques de l’honneur et de la chevalerie avaient fondamentalement failli en 1933 ». Un moyen aussi de minimiser le rôle de la résistance de gauche, dès 1933, les militants communistes, sociaux-démocrates et syndicalistes étant les premiers à faire connaissance avec les camps de concentration, celui de religieux, d’étudiants comme le groupe munichois de la Rose blanche ou encore celui d’individus isolés. Les nationaux-bolchéviques et les nationaux-révolutionnaires – dont faisait partie Tresckow et Stauffenberg –, sont, eux, purement et simplement passé à la trappe du révisionnisme ouest-allemand.

Aujourd’hui, même s’ils ne passent plus pour des traîtres, le mérite des quelque 200 conjurés du 20 juillet, pour la plupart exécutés par les nazis, ne fait pas l’unanimité : « Peut-on être fier de ces hommes ? » osait encore s’interroger le magazine STERN en 2004 !

QUANT LA DDR HONORAITLA RESISTANCE ANTINAZIE

En DDR, le traitement des héros de la Résistance antinazie fut tout autre. La volonté de la DDR, la « nation socialiste » (qui fut aussi le nom du groupe national-bolchevique de PAETEL, décimé par les nazis pour faits de résistance en 1933-34) comme la définit la SED, était de fonder son identité sur des racines historiques. Celles-ci sont le passé luthérien, les traditions populaires des guerres des paysans du Moyen-Age et de la guerre de libération de 1812-1813 contre NAPOLEON, mais aussi l’antifascisme, véritable fondement idéologique de la DDR, et, lentement mais sûrement, le passé de la Prusse , cet autre Etat idéologique : «  La « Nation socialiste » était à la recherche de son histoire et, à côté de Martin Luther et de Frédéric II, elle incorpora, dans sa galerie des ancêtres, ces mêmes conspirateurs du 20 juillet (…) Sous Honecker, à l’opposé de ce qu’on avait vu sous Ulbricht, les représentants de la Résistance intérieure allemande se virent accorder une place plus importante dans la conscience collective ». La République démocratique présenta alors les événements du 20 juillet 1944 comme une « révolution par le haut », sous le mot d’ordre : « Le colonel Graf von Stauffenberg est à nous » !

Ce qui était incontestablement plus légitime que la récupération de STAUFFENBERG par la république libérale de Bonn, alors que le colonel, disciple des idées nationale-révolutionnaires, vomissait le libéralisme  et était partisan d’une entente avec l’URSS.

En Allemagne de l’Est, dans l’ancienne RDA, comme nous l’avons vu, la Résistance allemande fut au contraire exaltée pour des raisons idéologiques tout aussi évidentes, l’antifascisme étant l’un des piliers du régime national-communiste de Berlin. Alors que l’on ignorait et que l’on taxait même parfois de trahison en RFA les militants nationaux-bolcheviques de l’ « Orchestre Rouge », ceux-ci furent encensés en Allemagne de l’Est. Il en alla de même pour de nombreux résistants d’origine communiste.

Avec la disparition de la RDA, on assista quasi officiellement à une tentative du régime bourgeois allemand de faire disparaître cet aspect de la Résistance. En Allemagne de l’Est, les monuments, les musées, le souvenir même de la Résistance antifasciste ont été systématiquement depuis la réunification détruits, sournoisement éliminés.

NATIONAUX-BOLCHEVIQUES ET NATIONAUX-REVOLUTIONNAIRES A L’AVANT-GARDE DE LA RESISTANCE ANTINAZIE

La Résistance allemande contre le Nazisme, est souvent méconnue. Elle est au centre d’un vaste débat en Allemagne même depuis sept décennies, où les appréhensions et les a priori jouent un rôle de premier plan. Et où l’enjeu est et reste la légitimité du régime ouest-allemand, issu de la collaboration avec les Américains. Singulièrement, dans l’espace francophone, la Résistance allemande, sur laquelle il existe peu de sources francophones, est la grande parente pauvre de la recherche historique sur la deuxième guerre mondiale, quand elle n’est pas laminée par une démarche historique peu sérieuse où l’amateurisme le dispute à la mauvaise vulgarisation. Au sein de cette recherche, le rôle des Nationaux-révolutionnaires et des Nationaux-bolcheviques allemands, qui furent dès 1932 les premiers à résister contre l’Hitlérisme et qui animèrent les tentatives les plus sérieuses et les plus efficaces de lutte contre le IIIeme Reich, est la plupart du temps passé sous silence. Là aussi les raisons idéologiques prédominent.

L’aspect le plus spectaculaire de la Résistance allemande sous le IIIeme Reich fut l’organisation durable de réseaux de Résistance qui portèrent des coups redoutables à la bête hitlérienne. Il est symptomatique que l’on retrouve à la tête de ces réseaux des Nationaux-révolutionnaires ou des Nationaux-bolcheviques qui menèrent parfois jusqu’à la fin de la guerre leur combat à l’intérieur même des structures militaires, économiques et administratives du Nazisme. Au premier plan de ces réseaux figure l’ « Organisation WIDERSTAND » d’ Ernst NIEKISCH entre 1933 et 1937, ce que les Allemands appellent l’ « Organisation HARNACK – SCHULZE-BOYSEN », c’est-à-dire la branche allemande du réseau connu sous le nom d’ « Orchestre Rouge », le « groupe Treskow-Stauffenberg » des conjurés du 20 juillet 1944, dont l’action débute, on l’ignore le plus souvent, dès 1937, et enfin, le plus méconnu de tous, le « groupe HIELSCHER », ,qui de 1933 à 1945 mena un travail de sape inlassable contre le National-socialisme à l’intérieur même de ses organes de direction.

LE SOUVENIR DES NOTRES

Comme nous venons de le voir, la Résistance allemande n’a rien à envier, aux autres groupes de résistance européens. Elle n’a pas démérité, bien loin de là, car ses membres risquaient encore plus que bien des autres pays européens. Ses membres déportés, torturés, assassinés dans les prisons et les camps nazis sont là pour témoigner qu’ils payèrent lourdement le prix du sang. Les militants nationaux-révolutionnaires et nationaux-bolcheviques furent parmi les premiers à s’engager. Dès 1933 et jusqu’au derniers jours de 1945, ils mirent en pratique au prix de leur vie et de leur liberté « l’éthique de Résistance » que prônait Ernst NIEKISCH. Alors que « certains » voudraient ignorer leur sacrifice, nous, leurs héritiers idéologiques, nous avons le devoir de garder leur souvenir face aux assassins de la mémoire !

C’est cet héritage anti-hitlérien que notre Parti, le PCN, qui incarne seul légitimement aujourd’hui l’héritage et la tradition nationale-bolcheviques et national-révolutionnaires, assume dans sa lutte contre l’extrême-droite néo-nazie et néo-libérale, que nous appelons l’ « extrême-droite bleue-brune ». Notre courant politique n’a de leçon à recevoir de personne. Et aujourd’hui, comme ses prédécesseurs d’hier, dans la lutte contre la bête immonde, il est en première ligne et le plus efficace.

Les nationaux-bolcheviques et nationaux-révolutionnaires allemands des années 20 et 30 ont payé le prix du sang. Ils ont lutté, ils  ontcombattu pour leurs idées, pour leur dignité, pour la liberté et l’indépendance de leur Nation, pour les valeurs socialistes auxquelles ils croyaient et que nous partageons. Leur combat est aujourd’hui indissociable du nôtre.

Alors que tous se couchaient, ils ont refusé d’abdiquer.

Ils se sont dressés, ont combattu et sont tombés debout et libres.

Face à un peuple à genoux, ils ont incarnés seuls l’honneur de leur Nation.

Nous n’avons pas oublié ! Nous n’avons pas pardonné !

Le combat continue !

Luc MICHEL

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Caso Regeni: le verità nascoste

di Michele Rallo – 20/07/2016
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Fonte: Il Discrimine
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Gli anglo-americani, maestri della tortura
Il caso Regeni ha unito l’Italia: malgrado certe note stonate in tema – incredibile! – di “nazi-fascismo”, tutti i settori dell’opinione pubblica si sono trovati accomunati dall’orrore per il barbaro assassinio del giovane ricercatore italiano in Egitto.
Personalmente, credo che la tortura – oltre ad essere il retaggio della peggiore barbarie – non abbia oggi neanche la giustificazione della “ragion di Stato”. Mi spiego: una volta si diceva che, sì, la tortura era una cosa ignobile, ma che era giustificabile il sottoporre un singolo individuo ai tormenti se ciò serviva a tutelare il bene della collettività (sicurezza dello Stato, necessità di prevenire attentati, eccetera). Oggi non esiste più neanche questa attenuante, stante l’esistenza di droghe (i vari “sieri della verità”) che cancellano ogni resistenza e inducono il soggetto interrogato a rivelare anche il segreto più gelosamente protetto. Ne consegue che il ricorso alla tortura truculenta è soltanto una manifestazione della crudeltà individuale di soggetti psichicamente deviati.
 
Chiusa la parentesi “tecnica”, va detto che il caso Regeni non mi sembra soltanto la semplice storiella che è stata ammannita all’opinione pubblica italiana: uno studente che fa troppe domande in uno Stato di polizia, che viene scambiato per una spia e perciò torturato e ucciso, mentre il suo Paese “non si accontenta delle verità ufficiali” e incalza l’Egitto fin quasi all’interruzione di ogni rapporto. Sarò forse eccessivamente sospettoso, ma – fin dall’inizio – nel caso Regeni ho visto almeno tre elementi assai strani.
 
Primo: il ritrovamento del corpo. Se i responsabili fossero stati veramente i servizi egiziani, il cadavere sarebbe stato fatto sparire, onde evitare ulteriori complicazioni. In quel modo, invece, si aveva l’impressione che il cadavere fosse stato fatto ritrovare a bella posta, proprio per causare ulteriori complicazioni.
 
Secondo: il silenzio imbarazzato delle autorità egiziane. Se il giovane italiano fosse stato vittima di un eccesso di zelo – diciamo così – di uno o più feroci spioni, i responsabili sarebbero stati “scaricati” con eleganza; o, magari, avrebbero opposto resistenza e sarebbero periti nel tentativo di sottrarsi alla cattura.
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A che gioco cioca Renzi con l’Egitto? Dalla posa non c’è da essere ottimisti…
Terzo: l’atteggiamento fermo tenuto dal governo Renzi, fino alla sostanziale interruzione del ricco interscambio commerciale italo-egiziano. Mi si perdoni, ma non credo che lo stesso governo che ha mansuetamente sopportato le angherie indiane per il caso dei Marò abbia avuto improvvisamente uno scatto d’orgoglio per difendere la memoria di un giovane ricercatore universitario. Si ha quasi l’impressione che “qualcuno” abbia consigliato a Renzi di andare “fino in fondo”. Quali potrebbero essere stati i motivi dell’ipotetico consiglio? Lo vedremo più avanti.
Tutto ciò premesso, quale è dunque la mia teoria? Vediamo, innanzitutto, come inizia la vicenda. Giulio Regeni, a conclusione di un brillante corso di studi, segue un dottorato di ricerca all’Università di Cambridge. La tutor inglese gli assegna una tesi sui sindacati egiziani e lo manda a prepararla sul campo, in Egitto, dandogli come riferimento e punto d’appoggio l’American University del Cairo (in passato accusata di essere un paravento per lo spionaggio USA in Egitto).
 
Regeni inizia un’attività di studio invero non eccessivamente misteriosa, fatta principalmente di interviste e di compilazione di schede. A un certo punto, il 25 gennaio scorso, scompare. Il suo cadavere viene rinvenuto una settimana più tardi, con segni evidenti di torture bestiali.
In Italia gli organi d’informazione sposano in pieno una ricostruzione “politicamente corretta”: il regime egiziano è una dittatura militare, polizia e servizi segreti vi hanno mano libera, quindi è probabile che Giulio Regeni sia stato sottoposto a sevizie per fargli rivelare i suoi contatti e quindi eliminato. Tutti d’accordo nel sostenere questa teoria, e tutti d’accordo nel chiedere la linea dura contro l’Egitto.
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Dal “quadretto di famiglia” manca l’ENI…
In realtà – come accennavo all’inizio – è lecito pensare che a rapire, torturare e assassinare Regeni siano stati soggetti diversi da quelli frettolosamente indicati in Italia. Soggetti il cui scopo era di mettere in difficoltà il governo egiziano, se non anche – aggiungo – di pregiudicare i forti rapporti economici italo-egiziani. L’Italia, infatti, era fino a ieri il primo partner commerciale europeo dell’Egitto; il secondo a livello mondiale, dopo gli Stati Uniti. Adesso, poiché il Cairo non è in grado di fornire quella verità che forse non conosce (o che conosce e non può provare), il nostro governo si appresta a rinunziare spontaneamente al ruolo privilegiato che l’Italia ricopriva in Egitto. E chi si candida a prendere il nostro posto? Indovinate un po’: inglesi e francesi, naturalmente con la benedizione americana. Esattamente come è accaduto in Libia nel 2011. Esattamente come era avvenuto prima in Iran, e come sta avvenendo un po’ in tutta la riva sud del Mediterraneo.
Forse sarò un inguaribile complottista, ma il caso Regeni mi sembra quasi l’ultimo capitolo di una guerra non dichiarata per il controllo della produzione petrolifera del Nord Africa e di buona parte del Medio Oriente. Una guerra iniziata con il misterioso assassinio di Enrico Mattei nel lontano 1962, e proseguita per tappe. Ogni volta, all’ammainabandiera dell’ENI in questo o in quel paese arabo, ha fatto immediato riscontro l’arrivo dell’inglese BP e della francese Total, fraternamente unite. In Egitto non è ancora successo. Ma – sarà un caso – subito dopo il precipitare del caso Regeni, il presidente francese Hollande si è fiondato al Cairo per negoziare ricchi affari con il regime del generale al-Sisi.

SANITA’: stiamo regredendo al medioevo. Cure sono solo per ricchi! Ecco l’infamata di Renzi

ma il popolo sopratutto se povero deve morire, non sa neanche votare perché è ignorante…..per fortuna la sanità IMPOSTA DALLA UE e subito ratificata dal servetto Renzi corregge il tiro. La società civile approva, nessuno in piazza.
 
Posted on maggio 18, 2016

Sanità11

 

Una Sanità assurda in cui si può curare solo chi è ricco! Questa è l’ infamata del governo Renzi che “vieta” visite e controlli. I tagli sono solo per noi
 
Già, la sanità… Ormai è il cui significato risulta essere più incomprensibile che mai.
Un tempo esistevano le cure, esisteva l’assistenza per il malato ed esisteva una sanità pubblica PER TUTTI, E NON PER POCHI PRIVILEGIATI! Oggi se hai i soldi e puoi permetterti le visite private, BENE… PUOI CURARTI!
Ma se sei un poveraccio, aspetti e speri che per quando hai la visita prenotata… SEI ANCORA VIVO DA POTERLA FARE!
 
E’ questa la nostra sanità… Fatta di giri di mazzette, di ospedali con reparti chiusi, sale d’attesa piene e posti letto mancanti…
Personale stressato, turni di lavoro stremanti e dunque…TUTTO VA A ROTOLI.
Ma il peggio è per noi…Ai politici poco importa se la sanità va male o se le prenotazioni di una visita hanno tempi lunghi un anno. Per loro è tutto diverso perchè gli stessi politici che tagliano fondi alla sanità, sono gli stessi che hanno esami e visite mediche gratuite!
 
– Alla luce di quanto emerge, oggi come oggi è diventato un vero abominio il fatto che un pazienta si rivolga al medico per fare delle analisi ed escludere malattia di cui sospetta la presenza.Insomma, l’esame prescritto solo in via precauzionale è uno spreco immane di denaro e per lo stato E’ INUTILE!
 
Dunque, se vuoi toglierti una curiosità, se vuoi tranquillizzarti per escludere una malattia non puoi a meno ché tu non abbia denaro a sufficienza da poterti permettere di pagare privatamente! BELLA SANITA’….
 
Ah questi esami inutili!
Dobbiamo svegliarci e ribellarci. Siamo un popoli troppo silente che purtroppo si informa poco affidandosi a ciò che i telegiornali (complici dei politici) dicono senza informare davvero!
Con questo provvedimento legislativo non si potranno più fare determinate visite ed analisi, pena sanzioni contro il medico che li prescrive. Quindi saranno utili solo gli esami clinici che riscontrino effettive patologie, magari irrecuperabili. Ci rendiamo conto della mostruosità di questa misura, naturalmente giustificata con la necessità del rigore nei conti dello Stato? Naturalmente i soliti pifferai liberisti spiegheranno che si tratta di eliminare sprechi, definendo standard validi per tutti, senza danni per nessuno. Mi pare che abbiano annunciato come esempio che gli esami sul colesterolo dovrebbero farsi ogni cinque anni. Immaginiamo una persona che improvvisamente abbia sintomi di malanni che il medico giudichi dovuti a cause di scompensi nel metabolismo, da sottoporre ad analisi. Se il paziente ha oltrepassato i tempi standard dall’ ultimo controllo il medico potrà fare la prescrizione, se invece così non è dovrà aspettare. Oppure rischiare di finire sotto procedura di controllo e sanzione.
 
TAGLI TAGLI….ORMAI SI PENSA SOLO AI TAGLI! OVVIAMENTE NON DEI LORO STIPENDI…CHE DIO NON VOGLIA!
 
Si dice che in questo modo si risparmieranno 13 miliardi che potranno essere spesi meglio. Tutti i tagli alla spesa pubblica son giustificati così da sempre, e da sempre sappiamo che questo non è vero. La sostanza è che si ridurrà la prevenzione sulle malattie, solo i ricchi potranno continuare a permettersela mentre i poveri si ammaleranno e moriranno prima. Ma forse questo è proprio ciò che si vuole. Il sistema pensionistico dalla riforma Dini si fonda sull’aspettativa di vita. Più questa statisticamente sale, più si deve andare in pensione ad età elevate. Per questo le tabelle già prevedono la pensione a 70 anni di età nei prossimi decenni. Immaginiamo allora che i tagli alla sanità blocchino o addirittura abbassino questa aspettativa di vita. Sarebbe un doppio guadagno per le casse dello Stato, da un lato risparmi sulla spesa sanitaria, dall’altro su quella pensionistica perché pur andando in pensione più tardi si morirebbe prima. Tempo fa una giornalista televisiva parlando del sistema pensionistico si lasciò scappare che i costi crescevano perché “purtroppo” si viveva più a lungo. Ecco, con quel purtroppo la giornalista era in perfetta sintonia con le intenzioni dei governanti liberisti.
L’Italia è il paese di Cesare Beccaria, che alla cultura medioevale contrappose quella illuminista delle pene: meglio un colpevole libero che un innocente in prigione. Con lo stato sociale questo principio di civiltà si era esteso ai diritti sociali. Meglio spendere 13 miliardi in visite anche per chi non ne ha bisogno, che negare le cure a chi invece ne necessita. Ora con le politiche di austerità il governo abbandona i principi illuministi per tornare a quelli medioevali, meglio che un malato muoia prima piuttosto che spendere dei soldi in più. L’autorità pubblica ha così potere di vita e di morte e il principio che la ispira è quello del mercato, rispetto alla cui suprema autorità, come nel Medio Evo, le persone normali non hanno più diritti personali indisponibili. Quella dell’austerità è prima di tutto una cultura di morte.
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