Oristano, 91enne quasi cieca non riesce a pagare la luce: i tecnici gli staccano la corrente

magari come l’anziana signora svenuta nel supermercato anche lei è solo tirchia, così dissero le solidali amministrazioni locali, e non vuole neanche aiuto….che sollievo eh? Ma chi sceglierebbe di stare al freddo solo per tirchieria? Sembra il solito modo da scaricabarile dello stato quando si ha a che fare con la povertà, povertà nella quale lo stato stesso ha cacciato i cittadini. E come nell’altro caso, dato che ci sono tanti in queste condizioni, fa sapere il sindaco, ma ovviamente nessuno può far niente. I cittadini italiani non sono una banca da salvare con decreto da 20 miliardi in una notte e non sono nemmeno provenienti da altri lontani lidi. 

POSSONO TRANQULLAMENTE MORIRE DI INDIFFERENZA E POVERTA’
donna povera
Il problema non è tanto non poter più disporre della luce elettrica: “Sono quasi cieca, vedo poco anche con la lampadina accesa”, dice. A mancarle, piuttosto, è il frigorifero: “Almeno avrei potuto bere un po’ d’acqua fresca e conservare il latte per la colazione”. – scrive L’Unione Sarda – Eva Perria, 91 anni, vive a Sardara, in una piccola casetta di via Birocchi, completamente al buio: da alcuni mesi non ce la fa a pagare le bollette della luce, l’arretrato è di 500 euro. “Son venuti i tecnici a staccare la corrente, venti giorni fa. Loro hanno ragione, ma io non ho i soldi. Sono povera come Gesù Cristo”.
IL RACCONTO – Una storia triste che tocca il cuore di tutti: dal comune cittadino, al sindaco del paese termale, ai responsabili della società che forniva il servizio alla donna, Iren Energia. Un disagio pesante per la povera anziana. Lei, però, non si perde d’animo. Non lancia accuse. Giustifica e prega per tutti. “Mio marito – racconta – è morto 15 anni fa. Con una pensione di 629 euro al mese, ho vissuto sola per tanto tempo. Ora non posso. Sono malata e la vista mi sta abbandonando. Ogni giorno che passa, un’ombra in più davanti agli occhi”.
LA CARITAS – Anziché una badante, nonna Eva ha preferito accogliere in casa il figlio Silvano e la moglie. “Non hanno un lavoro, dividiamo la pensione. Va bene così. Non sono mai stata ricca. Ma mai così povera”. Si commuove, la nonnina. Fatica a parlare.
IL PRECEDENTE – Non è la prima volta, qualche anno fa fu Abbanoa a chiudere i rubinetti per morosità: una bolletta non pagata per 150 euro. “Anche allora ho sofferto. Mia nuora ha chiesto aiuto. A salvarci è stata la Caritas diocesana”.
SIGILLI AL CONTATORE – “Nel mese di marzo – ricorda la nuora della nonnina – è arrivato un sollecito per un mancato pagamento di 109 euro e poi un altro di 306. Di punto in bianco, a fine maggio, hanno staccato la corrente: proprio quando è arrivato il caldo. E noi non possiamo conservare nulla in frigo. Ho chiamato la società, ho bussato al Comune. Tutto inutile. Per i primi siamo morosi, per i secondi non ci sono soldi”.
GLI AIUTI – “Capiamo le difficoltà della famiglia”, spiega il sindaco, Roberto Montisci. “Le richieste di aiuto che arrivano in Comune, ahimè, sono tante”
con fonte L’Unione Sarda

Allarme povertà, Bankitalia: a rischio un italiano su quattro

e chi se ne frega, GUAI PARLARE DI REDDITO DI CITTADINANZA, che servirebbe proprio ad EVITARE SUICIDI ED ACCATTONAGGIO, sembra di bestemmiare a nominarlo

Sono diminuiti i proprietari di case….chissà…..magari sono aumentati i pignoramenti?
I dati sulla povertà nel nostro Paese mostrano che il 23% degli italiani vive con meno di 830 euro al mese e aumentano le disuguaglianze: il 5% dei paperoni ha oltre il 40% della ricchezza
Roma, 12 marzo 2018 – Nel 2016, in Italia quasi una persona su quattro era a rischio povertà. E’ questo il dato che emerge dall’indagine condotta da Bankitalia sui bilanci delle famiglie del Belpaese. Secondo le statistiche, la quota di individui che vive con un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (che individua il rischio di povertà e nel 2016 era pari a circa 830 euro mensili) è salita al 23%, il dato più alto dal 19,6% del 2006. Quando si parla poi di immigrati il rischio povertà riguarda più della metà (55%) della popolazione. Il rischio povertà aumenta anche al Nord, passando dall’8,3% al 15%. Nonostante il dato preoccupante, da via Nazionale informano che nel 2016 si è interrotta la caduta libera dei redditi delle famiglie, in corso dal 2006 e ora in aumento del 3,5%.
DISUGUAGLIANZE IN AUMENTO – Mentre i poveri sono sempre di più, ad aumentare sono anche le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza in Italia: secondo i dati, nel 2016 il 5% dei ‘paperoni’ deteneva il 30% della ricchezza complessiva, mentre al 30% più povero spettava solo un misero 1% del patrimonio nazionale. Se scomponiamo ulteriormente Il dato, vediamo che il 30% più ricco delle famiglie italiane possiede circa il 75% del patrimonio netto rilevato nel complesso, con una ricchezza netta media di 510mila euro. Di questo 75% delle ricchezza quasi la metà (40%) è detenuta dal 5% più ricco, che ha un patrimonio netto mediamente pari a 1,3 milioni di euro.
MENO PROPRIETARI E MENO INDEBITATI – Anche se in Italia circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell’abitazione in cui risiede, la quota di proprietari è scesa dal 59% al 52% tra il 2006 e il 2016 per i nuclei dove il capofamiglia ha meno di 45 anni. Da Palazzo Koch spiegano che la diminuzione della ricchezza osservata tra il 2014 e il 2016 è quasi interamente dovuta al calo del prezzo delle case. Con una flessione più marcata per i patrimoni più elevati. Buone notizie sul fronte dei debiti, con il dato delle famiglie italiane indebitate in calo di ben 10 punti percentuali dal 2006 al 2016 per i nuclei con capofamiglia tra i 25 e i 45 anni. Per le famiglie indebitate, precisano da via Nazionale, le passività rappresentano circa il 18% del patrimonio lordo e si osserva soprattutto un minor ricorso al credito al consumo. Stabile il dato delle famiglie finanziariamente vulnerabili tra il 2014 e il 2016 (circa 11% delle famiglie indebitate e circa il 2% del complesso delle famiglie).

“Con 320 euro al mese si può vivere dignitosamente”

Lo ha detto il Ministro Poletti, quello che guadagna 10.000 Euro al mese per sparare cazzate come questa! (Nota NON è una bufala come qualcuno sostiene)

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“Con 320 euro al mese si può vivere dignitosamente” – Lo ha detto il Ministro Poletti, quello che guadagna 10.000 Euro al mese per sparare cazzate come questa! Nota: questo articolo NON è una bufala come qualcuno sostiene, vedi di seguito.
Un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese per un milione di poveri, accompagnato da un piano per la loro inclusione sociale. E’ la soluzione proposta dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, illustrata ieri in una intervista a Repubblica. La scorsa settimana, infatti, il governo ha approvato il disegno di legge delega ed entro sei mesi dal via libera del Parlamento arriveranno anche i decreti attuativi.
“E’ un cambiamento radicale – ha detto Poletti – perché nel nostro Paese non c’è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. E’ una riforma che vale almeno quanto il Jobs act. Chi riceverà l’assegno avrà alcuni obblighi, come mandare i figli a scuola o accettare un’occupazione”.
La riforma dovrebbe partire dal 2017, ma già da quest’anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità. L’obiettivo del governo è di fare crescere nel tempo sia l’indennità sia la platea di beneficiari, fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta. Insomma, per un problema sociale urgente si procede per step e non con misure straordinarie. Ma aldilà di questo, c’è una domanda che vorremmo porre al sig. Ministro Poletti: lei riuscirebbe a viverci con 320 euro al mese?
Insomma ci sta prendendo per il culo?
Questo è l’articolo pubblicato QUI un anno e mezzo fa. Siamo stati all’epoca attaccati da un noto sito sedicente “antibufale” che con varie argomentazioni lo tacciò di falso. Una Bufala. Ciò comportò anche la censura del sito.
Ve lo riproponiamo.
E Vi invitiamo a sentire QUI le parole di Poletti.
Forse noi non abbiamo capito bene. Vi invitiamo quindi a spiegarci cosa significa “Il nostro obiettivo è produrre le condizioni che ogni cittadino possa vivere dignitosamente nel nostro paese”…
Cioè, a noi sembra, oltre ai 320 Euro, Poletti non abbia dato altra ricetta per “produrre le condizioni che ogni cittadino possa vivere dignitosamente nel nostro paese”…
A noi sembra… Correggeteci se sbagliamo
By Eles

Il governo inglese costruirà un’ala di una prigione a Lagos per spedire in patria i criminali nigeriani ospiti delle carceri di Sua maestà.

noi facciamo l’indulto, o miniindulti mascherati nelle varie “riforme”. E Fanculo le vittime. 

TOH, LONDRA COSTRUISCE CARCERI IN NIGERIA E IMPRIGIONA GLI STRANIERI A CASA LORO.. (Trova le differenze)
12 marzo 2018
E lo farà con i fondi per contrastare l’immigrazione illegale. In Italia è praticamente impossibile rimandare a casa gli stranieri dietro le sbarre, che sono un detenuto su tre. Nigeriani, marocchini, tunisini, albanesi e romeni considerano il Belpaese un «paradiso penale», come ha denunciato a fine gennaio il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bologna, Ignazio De Francisci. Il ministro degli Esteri inglese, Boris Johnson, ha annunciato al Parlamento la costruzione di una nuova ala del carcere Kiri-Kiri nella capitale nigeriana con 122 posti letto per i detenuti rimpatriati da Londra. La prigione di massima sicurezza nigeriana ha una storia controversa per sovraffollamento, violenze e alta mortalità fra i carcerati.
Per questo motivo Londra ha deciso di mettere in piedi una nuova ala che rispetti le condizioni di vivibilità previste dalle Nazioni Unite. L’obiettivo è rispedire in patria i 270 condannati nigeriani delle carceri britanniche. L’investimento è di 788mila euro, ma ogni straniero detenuto in patria costa circa 40mila euro all’anno. Ed il bello è che le autorità britanniche utilizzeranno, senza battere ciglio, i fondi per il ritorno a casa dei migranti illegali. Johnson ha sottolineato che «aiutare la Nigeria a migliorare le condizioni penitenziarie permetterà di trasferire un maggiore numero di detenuti nigeriani liberando posti nelle carceri del Regno Unito».
Gli inglesi hanno chiuso accordi per il trasferimento di detenuti anche con Albania, Ruanda, Giamaica e Libia. Nel nostro Paese un detenuto su tre è straniero. Le 190 carceri italiane «ospitano» 57.608 persone. A dicembre 2017, gli stranieri erano 19.745, il 34,3% della popolazione carceraria. Il nostro sistema penitenziario è sempre sovraffollato e riuscire a mandare a casa loro gli stranieri servirebbe a ridurre costi e liberare posti in cella.
«Il sovraffollamento delle nostre carceri è figlio della presenza di detenuti stranieri, che potrebbero scontare la pena nei loro Paesi di origine» dichiarava lo scorso anno il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Santi Consolo. L’Italia ha già mosso i prima passi con l’Algeria, ma si punta anche sul Marocco e la Tunisia. I marocchini in carcere sono 3703 seguiti da romeni e albanesi. Poi ci sono i tunisini (2112) ed i nigeriani (1125), quasi quattro volte i numeri inglesi.
Il problema è che il Belpaese è «un paradiso penale» per i criminali stranieri. De Francisci, procuratore a Bologna, ha puntato il dito contro «certa giurisprudenza» che «ostacola il trasferimento dei detenuti stranieri perché scontino la pena nei Paesi d’origine». In pratica si asseconda «la preferenza degli stranieri per le carceri italiane anche quando non ve ne sarebbero i presupposti». Non sono gli unici ostacoli: Paesi come la Tunisia tendono a non riconoscere il criminale che dovrebbe venire espulso. Così il condannato sconta la pena, a carico del contribuente, con tutti i benefici di legge previsti in Italia ben superiori a quelli della sua nazione d’origine. La Romania non risponde sulle condizioni delle loro carceri. Il risultato è che il delinquente romeno resta in cella da noi o viene liberato perchè a casa sua non vengono rispettati gli standard penitenziari previsti da Bruxelles.

La retorica sull’antifascismo non ha salvato la sinistra mondialista dalla disfatta

Si aspettavano di avere ancora il consenso del popolo ma in realtà la sinistra negli ultimi anni aveva perso del tutto il contatto con la realtà ed inseguiva i suoi miti fasulli: gli Stati Uniti d’Europa, il grande mercato unico globale, il liberalismo come ricetta economica, la società muticulturale aperta, i diritti dei migranti, delle coppie gay, il gender, ecc..

Da ultimo gli esponenti della sinistra erano balzati sul carro dell’antifascismo nella speranza di guadagnare consensi agitando lo spettro del “pericolo Fascista” inesistente mentre in Italia erano già entrate le peggiori mafie, quella nigeriana, quella albanese, oltre ai partiti dell’Islam radicale……..
Il popolo delle periferie, i cittadini che vivono il disagio sulla loro pelle, quello derivante dall’immigrazione incontrollata, dalla insicurezza, del precariato a vita e delle difficoltà di lavorare nel paese senza essere strozzati da tasse, burocrazia, clientele e familismo, hanno voltato le spalle al PD ed alle altre nuove e vecchie formazioni della sinistra mondialista per affidarsi ai voti di protesta o di proposta, dai 5 Stelle alla Lega.
Si potrà discutere della validità o meno di queste formazioni ma l’interpretazione è chiara e lampante: un distacco sociale della maggioranza della popolazione, dal proletariato alla ex classe media, dai giovani che sognano la fuga da questo paese ai pensionati che sono costretti alla vita grama mentre i circoli dei furbetti collegati al carro del potere politico si arricchiscono con cooperative e business sui migranti.
 
La sinistra mondialista aveva fatto da tempo il grande passo, si era schierata con il grande capitale, con gli interessi dei potentati finanziari e dell’oligarchia europea, in nome del mercato e della globalizzazione, abbandonando così al suo destino di sfruttamento e di affossamento le grandi masse popolari, gli operai, i coltivatori, i piccoli produttori, il ceto medio e le partite IVA. Erano questi ultimi, gli sconfitti della globalizzazione, quelli che dovevano vedersela con le regole europee, con il mercato, con la concorrenza dei migranti sfruttati per pochi soldi, con le importazioni sotto costo, con Equitalia, con il credito a strozzo, ecc..ecc…
Boldrini e Grasso “nuovi politici da elezioni
Il popolo delle periferie, delle fabbriche delocalizzate, della scuola umiliata, dell’agricoltura affossata, del lavoro che non c’è ha deciso di votare la sua rabbia e la sua ripulsa contro la classe dei politicanti del PD, dei Renzi, delle Boldrini, dei Grasso, della Boschi, della Bonino del “Più Europa”, della Lorenzin del “Più Vaccini”, e compagnaia cantante.
Adesso sono alle corde come pugili rintronati e farfugliano confusi e increduli perchè non avevano fiutato per tempo il malessere e lo scontento della gente che oggi non li sopporta più. La popolazione, nella sua maggioranza, manifesta aspettative diverse da quelle proposte per anni dalla sinistra al potere ed ha voluto dare un segnale di cambiamento quale che sia, si vedrà poi in un secondo tempo se le aspettative andranno soddisfatte o deluse e da cosa questo dipenda.
Questo però è un altro discorso e andrà fatto più in avanti.
Mar 05, 2018 di Luciano Lago

Meloni: “Un profugo costa quasi il triplo di un pensionato. Dal 10 aprile si cambia”

dato che i richiedenti asilo e coop loro protettori non devono pagare bollette e riscaldamento di tasca propria come devono farei pensionati

A una settimana dalle elezioni, Giorgia Meloni sceglie la sua pagina Facebook ufficiale per tornare su uno dei temi della sua campagna elettorale.
Meloni: “Nel Def introdurremo quanto promesso”
«Entro il 10 aprile – scrive su Fb la Meloni – il parlamento dovrà approvare il DEF (Documento di Economia e Finanza). Fratelli d’Italia non voterà alcun documento che non contenga il provvedimento che abbiamo annunciato in campagna elettorale: portare il costo per il mantenimento di un richiedente asilo al livello di una pensione sociale, quindi ridurlo da 1200 euro a 480 euro al mese. Perché non si capisce secondo quale logica se lo Stato reputa che un anziano italiano possa campare con 480 euro, poi ne destini 1200 per mantenere dei ragazzotti in ottima salute».
Meloni: “Ecco come risparmiare due miliardi di euro”
«Con questa semplice operazione si risparmiano più di due miliardi, con i quali si possono finanziare due provvedimenti: asili nido gratuiti e aperti fino a tardi anche d’estate; e il raddoppio delle pensioni di invalidità da 270 euro a 540 euro. Noi non abbiamo raccontato menzogne in campagna elettorale, abbiamo fatto solo proposte vere e concrete. E oggi vogliamo realizzarle. Per questo presenteremo tutte le nostre proposte puntuali sul DEF la prossima settimana».
di Carlo Marini  domenica 11 marzo 2018 

“I terremotati paghino subito le tasse sospese: chi non ha i soldi faccia un mutuo”. Lettera choc del governo

sono ancora nelle casette senza riscaldamento immersi nella neve ……. il partito europeista che tanto ha a cuore gli ultimi. Lo avesse fatto lo spiconano…..

Che strano per loro nessun comitato, nessuna cariola…..
Paola De Micheli scrive ai primi cittadini del “Cratere” per avvertire che dal 16 dicembre si dovrà ricominciare a pagare i tributi. La convenzione con alcuni Istituti bancari e la rabbia della gente La lettera che il commissario straordinario ha inviato ai sindaci dei territori terremotati di Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria
di I. D.
I comitati dei terremotati l’hanno presa come una doccia gelata. Il Commissario per la ricostruzione del Centro Italia, Paola De Micheli (deputata del Partito Democratico e sottosegretaria all’Economia, succeduta a Vasco Errani) ha inviato una lettera ai sindaci del cosiddetto “Cratere” (la zona con i 140 Comuni colpiti e danneggiati dal sisma) con un drastico promemoria: dal 16 dicembre dovranno ricominciare a pagare le tasse. Quelle sospese dal governo dopo il drammatico sconvolgimento tellurico che ha spezzato le gambe a tanti abitanti di una parte del territorio del nostro Paese.
I cittadini interessati sono in subbuglio, in primis perché l’economia di quei luoghi è ancora in ginocchio, con oltre 30mila sfollati ancora alla ricerca di una soluzione e tanti piccoli imprenditori alla ricerca di una normalità che tarda a ritornare. Questa nuova tegola lanciata dallo Stato che riprende a batter cassa proprio non ci voleva. A dover mettere mano al portafogli per pagare i tributi, da metà dicembre, – come esplicitato nella lettera della De Micheli – dovrebbero essere i titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo e per gli esercenti attività agricole.
“Prendete mutui”
Ma non è solo questo ad irritare gli interessati. Nella missiva del commissario nominato dal governo infatti si suggerisce di attivare dei mutui con le banche per dilazionare i pagamenti. Segue – come riportano i media locali (vedi Picchionews.it e Cronachemaceratesi.it)  una lista di Istituti di credito consigliata dall’esecutivo e aderenti a una convenzione (Plafond Moratoria Sisma Centro Italia) stipulata tra lo Stato, tramite la Cassa Depositi e prestiti, e l’Associazione delle banche italiane (Abi).
I crediti concessi avranno la garanzia dello Stato e verranno erogati “a tassi agevolati da Istituti come Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi di Siena. Oppure da banche locali quali Bcc del Velino, Bcc di Basciano, Bcc di Spello e Bettona, la banca dei Sibillini”.
In particolare – riporta sempre la lettera in questione – “i soggetti titolari di reddito di impresa e di reddito di lavoro autonomo e gli esercenti attività agricole possono chiedere alle banche un finanziamento agevolato per il pagamento dei tributi 2017 e 2018″. Stando a quanto previsto la Cassa Depositi e Prestiti “erogherà i fondi alle banche contraenti che – a lor volta – procederanno all’erogazione dei finanziamenti sui conti correnti intestati ai singoli beneficiari”.
La reazione dei comitati*
La reazione dei comitati è molto dura. “Riteniamo gravissimo – spiega su Cronachemaceratesi.it Francesco Pastorella, uno dei coordinatori – che il commissario De Micheli e il Governo non si rendano conto di come le predette categorie non siano ancora nelle condizioni di produrre, generare profitti e quindi pagare le tasse”. Con una osservazione conseguente: “La lettera inviata ai sindaci è emblematica della lontananza abissale della politica dalle reali esigenze dei terremotati e delle piccole imprese”. Mentre altri aggiungono: “Si preoccupassero di preparare incentivi e interventi strutturali per evitare la chiusura delle aziende (quasi 2mila) e la perdita di posti di lavoro (quasi 20mila) anziché proporre convenzioni con le solite banche”. Insomma, il fatto che i terremotati vengano costretti a pagare i tributi  e – per poterlo fare – a indebitarsi non piace di certo agli interessati.
20 febbraio 2018
terremotati
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Eugenio Scalfari: “Eleggere Laura Boldrini presidente della Camera ed Emma Bonino al Senato”

capisco che a Scalfari la democrazia vada bene solo quando avalla decisioni gradite ai suoi padroni, ma che non sia minimamente in grado di rispettarla quando va in senso contrario è più forte di lui, come tutta la feccia radical shit schifa talmente tanto il popolo che PER DIMOSTRARE spregio SE NE ESCE CON RICHESTE DI QUESTO TIPO E NON MI STUPIREBBE FOSSE ACCONTENTATO da chi è in vena di accordi con il PD

11 Marzo 2018
Una lenzuolata domenicale sorprendente, l’ultima firmata da Eugenio Scalfari su Repubblica. Dopo aver fatto parziale marcia indietro sul “grande partito della sinistra guidato da Luigi Di Maio” che sarebbe pronto a votare, nell’analisi politica arriva fino alla presidenza di Camera e Senato. Due nomine che potrebbero rivelarsi decisive per la formazione del prossimo governo. E Scalfari avanza la sua paurosa proposta: “C’è a mio parere una soluzione efficace ed elegante, seppur non gradita ai partiti che hanno vinto: eleggere alla presidenza del Senato Emma Bonino e a quella della Camera Laura Boldrini, due donne perfettamente capaci di ricoprire quegli importanti incarichi. Si riaffermerebbe così il femminismo politico che è una novità in parte già attuata con buoni risultati”.

“Lasciateci assumere i profughi: per le imprese sono una risorsa”

sarebbe carino sapere per quale stipendio e se godono di sovvenzioni o particolari sconti, come le coop che li mantiene con i soldi dei contribuenti italiani mandò agli imprenditori del nord est. Si dai tanto gli italiani se non lavorano hanno il reddito di cittadinanza no? Se gli italiani non lavorano, le bollette vengono offerte gentilmente dallo stato italiano Hanno l’acquolina in bocca, vogliono seguire le orme di Farinetti e assumere a spese dei contribuenti, finti profughi low-cost: «Lasciateci assumere i profughi». Non chiamatelo dumping sociale però Certi che gli sgravi alle coop che assumono migranti non c’entra niente vero? Comunque siamo felici che a Torino non vi siano disoccupati bisognosi di lavorare, che a Torino vige la piena occupazione per cui chi non lavora è il fankazzista o choosy come direbbe la tecnica Fornero.

Lettera di 100 aziende a prefetto di Torino e politica: senza permesso niente contratti
 assumere profughi
Lo Stato prima li accoglie, poi li forma, in alcuni casi li aiuta a trovare un lavoro, infine li trasforma in fantasmi
«Lasciateci assumere i migranti». Suona più o meno così la richiesta avanzata da cento aziende che hanno inviato una lettera al prefetto Renato Saccone, alla sindaca Chiara Appendino e al governatore Sergio Chiamparino. A firmare l’appello sono ristoratori, agricoltori, artigiani, commercianti e cooperative, coordinati dalla rete «Senza Asilo». Si tratta di piccoli imprenditori torinesi che nel corso degli ultimi mesi hanno ospitato richiedenti asilo all’interno delle loro realtà produttive. E adesso non vogliono privarsene: «Chiediamo di poter proseguire il percorso intrapreso con questi ragazzi perché sono bravi. Hanno imparato un mestiere e sono diventati risorse fondamentali». Ma c’è un ostacolo, all’apparenza insormontabile: sul futuro dei migranti pende infatti il verdetto sulle loro domande di asilo. E per sei su dieci la risposta è negativa.
Finora hanno firmato l’appello circa trenta ristoranti, sei falegnamerie, cinque imprese di impianti elettrici e idraulici, quattro panetterie, due sartorie. E ancora: negozi, aziende metalmeccaniche, una ditta di traslochi, uno studio dentistico, un maneggio. «Negli ultimi mesi – scrivono i piccoli imprenditori – abbiamo dovuto interrompere il rapporto di tirocinio o di lavoro instaurato con il richiedente asilo a causa del rifiuto da parte delle autorità del rilascio del permesso di soggiorno». Esattamente ciò che è successo a Bucar, un ragazzo 27enne della Guinea, sbarcato in Italia su una carretta del mare ormai due anni fa. Inseguiva una vita normale e ha visto il suo sogno prendere forma tra le mura di un laboratorio di dolciumi in Barriera di Milano. «Quando è arrivato non sapeva che cosa fosse il pan di spagna», racconta Alessandro Ledda, titolare della pasticceria Dolcearea. «Perché voglio assumere Bucar? Semplice: perché è bravo. Ha lavorato sodo, ha fatto passi da gigante. Vorrei che continuasse a lavorare con me, ma lo Stato italiano non lo permette. E così facendo mi crea un grave danno economico».
Il problema è che le commissioni territoriali e i tribunali chiamati a valutare le richieste di protezione non prendono in considerazione la situazione lavorativa del migrante. Succede così che la risposta negativa alla domanda d’asilo spesso vanifichi anche i percorsi d’accoglienza più virtuosi, tra cui i progetti di formazione e d’inserimento lavorativo all’interno della rete Sprar degli enti locali. Ma Ledda, assieme a decine di altri piccoli imprenditori, ha deciso di non arrendersi e di provare a interrompere questo circuito vizioso. «Ci siamo trovati ad aver a che fare con donne e uomini motivati, corretti e desiderosi di lavorare», si legge nella lettera recapitata alle istituzioni. «Chiediamo quindi agli enti preposti di trovare soluzioni che permettano di non gettare all’aria questi percorsi, perché riteniamo che questa situazione sia un doppio danno: per le aziende, che hanno investito nella crescita e nella formazione di un nuovo lavoratore; e per il richiedente asilo, che dopo tanta fatica per inserirsi nel mondo del lavoro vede vanificati tutti i suoi sforzi».
Tra i firmatari dell’appello c’è anche Luca Dematteis, titolare del ristorante Str.eat. Nove mesi fa ha preso come tirocinante Aliu, uno spilungone gambiano di 23 anni. «Ha cominciato come lavapiatti dimostrandosi attento, puntuale e disponibile. Dopo qualche settimana è diventato aiuto cuoco. Non ha mai fatto un giorno di malattia. Vorrei offrirgli un vero contratto, ma la sua domanda d’asilo è stata respinta». Il futuro di Aliu è appeso all’ultimo ricorso, quello in appello. Le speranze sono minime. «È costretto a vivere in un limbo, ma anche in questa situazione di sfinente attesa non ha perso il sorriso», racconta Dematteis. Aliu continua a lavorare sodo. Fra qualche settimana scoprirà se la sua nuova vita potrà continuare o se anche lui sarà condannato alla clandestinità.
Pubblicato il 02/03/2017 Ultima modifica il 02/03/2017 alle ore 10:53 GABRIELE MARTINI