Maria Elisabetta Alberti Casellati, la “più berlusconiana”: dalla marcia contro il processo Ruby alle leggi ad personam

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/24/maria-elisabetta-alberti-casellati-la-piu-berlusconiana-dalla-marcia-contro-il-processo-ruby-alle-leggi-ad-personam/4248624/

Maria Elisabetta Alberti Casellati, la “più berlusconiana”: dalla marcia contro il processo Ruby alle leggi ad personam

Fondatrice di Forza Italia, vicinissima a Ghedini, più volte sottosegretaria, la nuova presidente del Senato è stata soprattutto tra quelli sempre in prima fila nella difesa di Berlusconi. Con le parole (dalle “toghe rosse” alla “dittatura mediatica”) e con i fatti, come il sostegno ai ddl che ammazzavano i processi del capo. E qualche incidente personale, come quandò da sottosegretaria scelse la figlia come capo segreteria

La presidente del Senato del Parlamento del cambiamento, dei partiti che vogliono ribaltare tutto, ricorda certi vecchi fumetti di Marlene Dietrich: le sopracciglia lunghissime sugli occhi sempre a mezz’asta, la bocca mezza serrata. Sarebbe perfetta come soggetto di un dipinto del Settecento che ritrae l’aristocrazia in posa. Altera, rigida e quindi fedele, fino alle estreme conseguenze: compresa quella di diventare la carta di Silvio Berlusconi – al quale ha votato tutta la sua vita politica – per cassare un po’ della vecchia biografia. Non più il capo di governo che si rinchiude nella cantinetta con le vallette, ma il leader di partito che ha portato una donna alla carica più elevata, la seconda dello Stato. Le toghe rosse, il colpo di Stato, la persecuzione giudiziaria, la democrazia in pericolo, la giustizia a orologeria, la “dittatura mediatica”: Maria Elisabetta Alberti Casellati – da oggi successora di Piero Grasso, per 45 anni magistrato – ha sempre rispettato tutto il pentagramma di Forza Italia, è stata, anzi, tra i corifei che negli ultimi dieci anni, vent’anni, hanno difeso con tutto l’armamentario il capo assoluto davanti a qualsiasi intemperia.

Con le parole, soprattutto: nel 2011 Dagospia raccontava che in tre anni la Casellati, allora sottosegretaria alla Giustizia, aveva cambiato 26 addetti stampa, alcuni scartati e altri fuggiti perché non riusivano a stare dietro “all’ansa da prestazione mediatica”. Ma anche nei fatti: fu sostenitrice e qualcuno dice collaboratrice fattiva del ddl sul processo breve – governo Berlusconi IV, ministro Alfano – che avrebbe cancellato una montagna di processi e tra questi, per coincidenza, quelli su Mills e Mediaset. Un po’ dopo, all’inizio dell’altra legislatura del cambiamento, cinque anni fa, fu tra i 150 parlamentari del Popolo delle Libertà che marciarono sul tribunale di Milano contro la celebrazione del processo Ruby. Insieme all’altra candidata alla presidenza del Senato, Anna Maria Bernini, e ad altre sue colleghe si vestì completamente di nero nella seduta del Senato del 27 novembre 2013: era il giorno in cui il Senato avrebbe votato la decadenza dell’allora Cavaliere, cioè il giorno del “lutto per la democrazia” spiegarono. Per lei Berlusconi, anche dopo la sentenza in Cassazione, era innocente “e gli italiani lo sanno”. Gli altri, quelli che votavano a favore della decadenza, erano un “plotone di esecuzione“. Berlusconi non sbaglia mai: sempre Quaranta ricorda che negò perfino che il suo leader non riesca a controllarsi quando c’è da raccontare barzellette un po’ sboccate. “Mai sentito”, sbatté le sopracciglia lei. 

Casellati, Di Battista: “Definiva ‘golpe’ decadenza di Berslusconi da senatore? Che m’interssa, è schiaffo a Renzusconi”
casellati

Insofferente al contraddittorio, la presidente del cambiamento – votata oggi dal centrodestra e dai Cinquestelle – è la “berlusconiana più berlusconiana di tutte, una berlusconiana ‘senza se e senza ma’”, come la definì una volta Guido Quaranta. La ritengono, in particolare, vicina a Niccolò Ghedini, avvocato come lei, padovano come lei, leale al capo come lei. Anzi, di più: lei ha fondato Forza Italia, vinse il suo collegio in Veneto nel 1994 e da quel momento è sempre stata parlamentare, ad eccezione della legislatura dei primi governi dell’Ulivo. Nel decennio berlusconiano, il primo del Duemila, presidiò sempre il governo: da sottosegretario alla Salute in un primo momento, da sottosegretario alla Giustizia in un secondo, trovandosi a suo agio in entrambi i ruoli.

Una donna che pensa alle donne, sembra dire il suo discorso di insediamento. La sua storia dice che è favorevole alla riapertura delle case chiuse, che firmò una proposta di leggere per abolire la legge 194 sull’aborto, disse che il via libera alla pillola abortiva Ru486 “è un gravissimo errore, che strizza l’occhio alla cultura della morte”. Una volta Berlusconi disse che cancellare gli stupri dall’elenco dei reati era una missione impossibile ”anche in uno Stato poliziesco” e che l’unica sarebbe stata mettere un soldato accanto “a ogni bella ragazza”. Molte si indignarono, lei no: piuttosto “l’emergenza sicurezza in Italia è figlia del lassismo del centrosinistra”.

Di sicuro pensò alle donne di famiglia, però: quando lavorò al ministero della Salute, scelse proprio la figlia Ludovica come capo della sua segreteria. Tutti ripescano in queste ore la storia raccontata da Gian Antonio Stella sul Corriere ormai tredici anni fa, in cui si diceva anche degli sponsor della parlamentare tra i produttori di farmaci. L’allora capo segreteria della mamma sottosegretaria, comunque, precisò che poteva giudicarla solo chi conosceva sul lavoro e testimoniò la fatica per scrollarsi di dosso l’etichetta di “figlia di”. Mancò invece di ricordare il cursus honorum che si basava abbastanza sulla permanenza in Publitalia. E infatti qualche anno dopo – Prodi presidente – la Alberti in Casellati la disse chiara: “Altro che conflitto d’interessi: il male dell’Italia è il conflitto permanente della sinistra e del governo Prodi con la democrazia”.

Il momento della metamorfosi – quello che ora fa dire a Zanda che garantisce imparzialità, a Giovanni Legnini che ha senso delle istituzioni e ai Cinquestelle perfino di votarla – è stato recentissimo e forse casuale. Quattro anni fa il Parlamento si ritrovò a un lavoro matto e disperatissimo per integrare il Consiglio superiore della magistratura con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ogni tre giorni ricordava che non si poteva andare avanti così. Quando ci fu da fare dei nomi di una parte e dell’altra per raggiungere i tre quinti del Parlamento, Berlusconi pensò subito a lei, avvocata, specializzata in diritto canonico, docente alla Bo, l’università di Padova. Prese 489 voti, più di Fico oggi. Non è dato sapere se per il suo ingresso a Palazzo dei Marescialli chiese un tappeto rosso di benvenuto come fece – raccontò Lanfranco Pace sul Foglio – quando da sottosegretario si presentò in visita a Regina Coeli. Rosso non c’era, se ne trovò uno celeste. Ma era meglio niente: lei inciampò e finì a terra.

SOMMET DE KIGALI. FORCES ET FAIBLESSES DE LA ‘ZONE AFRICAINE DE LIBRE-ECHANGE’

* Voir sur PANAFRICOM-TV/

LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV – ED. DU 23 MARS 2018 – AVEC LUC MICHEL:

SOMMET DE L’UNION AFRICAINE A KIGALI CE 21 MARS.

FORCES ET FAIBLESSES DE LA ‘ZONE AFRICAINE DE LIBRE-ECHANGE’ … (PRESS AFRIQUE)

sur https://vimeo.com/261522146

LM.PRESS TV - ZOOM AFRO zlec (2018 03 23) (2)

* Dans cette édition du 23 mars 2018 :

Le Géopoliticien Luc MICHEL analyse le sommet de l’Union Africaine à Kigali, ce 21 mars, où a été conclu un accord de 44 états africains sur la « Zone de libre-échange continentale ».

Il expose les forces et les faiblesses de cet accord et le compare aux divers projets d’unification continentale africaine, notamment celui du NEPAD (un grand marché africain dans le globalisation mondiale

libérale) opposé à celui de Kadhafi, le père de l’UA (qui prônait un Nationalisme économique et financier panafricain et une vision étatiste).

Il dresse aussi un parallèle avec l’Union Européenne, dont l’évolution est mal perçue en Afrique, et explique son influence sur l’UA …

* Aussi dans ce « Zoom Afrique », l’actu africaine du jour :

L’annonce de l’interview choc de Luc MICHEL dans l’édition de demain , samedi 24 mars : « Katumbi : le Navalny de la RDC » …

# ALLER PLUS LOIN SUR L’EVENEMENT :

44 PAYS AFRICAINS SIGNENT UN ACCORD CREANT UNE ZONE DE LIBRE-ECHANGE CONTINENTALE

Quarante-quatre pays africains ont signé ce mercredi à Kigali l’accord créant une « Zone de libre-échange continentale » (Zlec), perçue comme essentielle au développement économique de l’Afrique, par le biais d’une hausse du commerce intra-africain. La création de cette Zlec, présentée comme potentiellement la plus vaste au monde en nombre de pays membres, fait suite à deux années de négociations et est l’un des projets clés de l’Union africaine (UA) pour renforcer l’intégration du continent.

Par ailleurs, ce mercredi, 27 pays africains ont signé un protocole autorisant la libre circulation des personnes entre les pays signataires. « Nous sommes venus ici pour répondre à l’aspiration de nos peuples à l’intégration et à l’unité », a déclaré le président de la Commission de l’UA, Moussa Faki. « L’accord établissant la Zlec a été signé par 44 pays », a-t-il annoncé en conclusion d’un sommet de l’organisation dans la capitale rwandaise.

Les poids lourds, comme l’Afrique du Sud, le Maroc, l’Égypte, le Kenya ou encore la pourtant très protectionniste Algérie, ont signé l’accord, qui entrera en vigueur dans un délai de 180 jours, après avoir été ratifié à l’échelle nationale par les pays signataires.

Mais le Nigeria, l’une des premières économies du continent, qui avait pourtant coordonné les négociations avec l’Égypte, est le principal pays à s’être abstenu. Parmi les autres pays n’ayant pas signé l’accord figurent le Bénin, la Namibie, le Burundi, l’Erythrée, la Sierra Leone. Le président nigérian, Muhammadu Buhari, avait décidé de ne pas faire le déplacement à Kigali, après qu’un des plus grands syndicats du pays, le Nigeria Labour Congress (NLC), eut dit craindre les effets négatifs de la Zlec pour l’économie nationale. Ce syndicat avait aussi demandé à être davantage impliqué dans les négociations et M. Buhari avait accepté de « donner plus de temps aux consultations ».

« Certains pays ont des réserves et n’ont pas encore finalisé leurs consultations à l’échelle nationale. Mais nous aurons un autre sommet en Mauritanie en juillet et nous espérons que ces pays signeront alors », a déclaré le commissaire de l’UA chargé du Commerce et de l’Industrie, Albert Muchanga.

La Zlec doit permettre l’élimination progressive des droits de douane entre pays membres, favorisant ainsi le commerce au sein du continent et permettant aux pays africains de s’émanciper d’un système économique trop centré sur l’exploitation des matières premières. L’UA estime que la mise en oeuvre de la Zlec permettra d’augmenter de près de 60% d’ici à 2022 le niveau de commerce intra-africain.

Actuellement, seulement 16% du commerce des pays africains s’effectue avec d’autres pays du continent.

Si les 55 pays membres de l’UA signent le document, la Zlec ouvrira l’accès à un marché de 1,2 milliard de personnes, pour un PIB cumulé de plus de 2.500 milliards de dollars. Ses défenseurs estiment qu’elle aidera à la diversification des économies africaines et à l’industrialisation du continent, tout en lui offrant une plateforme unique pour négocier de meilleurs accords commerciaux avec l’extérieur.

Cette journée « marque une nouvelle étape dans notre marche vers plus d’intégration, plus d’unité », a fait valoir M. Faki en préambule à ce sommet. « Le monde change, et change à grande vitesse. La compétition internationale est âpre. Elle ne laisse pas de place aux faibles », a-t-il ajouté.

Mais tout le monde ne partage pas cet optimisme. Les critiques du projet observent que la piètre qualité des infrastructures de transport et le manque de complémentarité entre les économies africaines sont un frein au développement du commerce intra-africain.

Pour Sola Afolabi, un consultant nigérian en commerce international, l’échec selon lui des zones commerciales régionales, comme la Communauté économique des États d’Afrique de l’Ouest (Cedeao), est un avertissement à prendre en compte pour la Zlec. Il appelle ainsi à ce que celle-ci soit accompagnée de mécanismes efficaces permettant de sanctionner le non-respect des règles établies.

  1. Faki a reconnu que les Africains avaient connu « tant de proclamations restées lettre morte, tant d’engagements sans prolongement pratique qu’ils en sont venus à douter de la force de notre engagement ». Mais il a appelé leurs dirigeants à « confondre ceux qui, hors d’Afrique, continuent, dans une condescendance à peine dissimulée, de penser que nos décisions n’ont pas vocation à entrer dans le monde du réel ».

La Zlec est un des projets clés mis en exergue par l’UA dans son Agenda 2063, un programme de développement à long terme qui prévoit de faciliter les flux de marchandises et de personnes sur le continent.

Lors de son dernier sommet, en janvier à Addis Abeba, l’UA avait ainsi annoncé la création d’un marché unique et libéralisé pour le transport aérien, incluant 23 pays du continent.

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UN SESSANTOTTO LUNGO UNA VITA – RECENSIONI

MONDOCANE

VENERDÌ 23 MARZO 2018

Livio Partiti 10 marzo 2018 Fulvio Grimaldi

Fulvio Grimaldi
“Un sessantotto lungo una vita”
prefazione di Vladimiro Giacché
Zambon Editore
http://zambon.net

Il decennio ’68-’77 è quello che considero il periodo più significativo nella storia recente del nostro paese. Un decennio di cui non si dovrebbe perdere la memoria e di cui si devono contrastare le analisi strumentali, quelle fatte con il facile senno di poi, spesso denigratorie, o mettendo al centro le scelte opportuniste e il degrado politico e morale di alcuni personaggi allora molto in vista. Si tratta anche di una mia esperienza personale di grandissima intensità e che alle radici molto lontane nel tempo aggiunge un retaggio che non muore.
Fulvio Grimaldi ci spiega nelle ultime righe del suo libro, “io continuo a fare il giornalista”. E cioè a intervenire “ovunque ci sia bisogno di buttare sabbia negli ingranaggi e verità in faccia di coloro che noialtri, meglio di molti, avevamo individuato e colpito molti anni fa”. A 50 anni di distanza, è difficile sintetizzare meglio il perdurante significato del “Sessantotto”. (Vladimiro Giacché)
Fulvio Grimaldi nasce a Firenze, vive parte della Seconda guerra mondiale in Germania, studia a Genova, poi a Monaco, Colonia, Londra.
Lavora come giornalista professionista per la BBC a Londra, dal 1962 al 1967. Inviato di guerra per “Paese Sera” alla Guerra dei Sei Giorni in Palestina. Per “Paese Sera” e il settimanale “Giorni – Vie Nuove” è inviato in Africa, Europa, Vietnam, Medio Oriente, Irlanda. Direttore del quotidiano “Lotta Continua” dal 1972 al 1975. Ripara a Londra per cumulo di processi per reati di stampa. Dal 1977 al 1979 corrispondente dallo Yemen per una catena di riviste terzomondiste britanniche. Firma anche reportage dall’estero su “La Repubblica”, “L’Espresso”, “il manifesto”. Dal 1984 in Rai, prima al TG1 e poi al TG3. Lascia la Rai nel 1999 per dissensi sulla linea adottata sulla guerra alla Jugoslavia (“intervento umanitario”).
Dal 1999, da autore indipendente, realizza documentari di guerra: Iraq, Balcani, Palestina, Libia, Siria e documentari sull’Iran e sui rivolgimenti politici e sociali in America Latina: Cuba, Venezuela, Bolivia, Ecuador, Honduras, Messico, Argentina, Brasile.
Tiene un blog, www.fulviogrimaldicontroblog.info, di politica nazionale e internazionale. Ha realizzato nel 2014 il suo primo docufilm su tematiche italiane: “Fronte Italia – Partigiani del 2000, dai No Tav ai No Muos, tutti i No della resistenza”. Seguono altri due docufilm di soggetto nazionale: “L’Italia al tempo della peste – Grandi Opere, Grandi Basi, Grandi Crimini”, e “O la Troika o la vita – Epicentro Sud”, sempre fuori e contro il perimetro dell’informazione ufficiale.
È stato insignito dal presidente della Serbia della “Medaglia d’Oro” per meriti giornalistici.

LE CONTINENT AFRICAIN SE TOURNE VERS LA RUSSIE DE POUTINE

 

LE ‘ZOOM AFRIQUE’ DE PRESS TV – ED. DU 22 MARS 2018 – AVEC LUC MICHEL:

LE CONTINENT AFRICAIN SE TOURNE VERS LA RUSSIE DE POUTINE.

LE SUCCES DU LOBBY PRO-RUSSE EN AFRIQUE ET LA STRUCTURATION D’UNE RUSSOSPHERE AFRICAINE … (PRESS AFRIQUE)

sur https://vimeo.com/261330852

LM.PRESS TV - ZOOM AFRO afrolobby russe (2018 03 23) (2)

* Dans cette édition du 22 mars 2018 :

« Le continent africain soutient Poutine ? », interroge PRESS TV …

Le géopoliticien Luc MICHEL , qui est le créateur d’un puissant Lobby pro-russe (1) en Europe et en Eurasie depuis trois décennies (il « omniprésent dans la russosphère internationale » disent l’hebdo L’Express de Paris et son édition belge Le Vif), mais aussi en Afrique (où il a été un précurseur) depuis les années 2013, analyse l’influence et l’immense popularité de Poutine en Afrique. Il explique comment un travail de Lobbying a mené à la création d’une Russosphère africaine, qui influence la psychologie des masses populaires africaines et marginalise les élites compradores pro-occidentales …

(1) Voir sur LUCMICHEL. NET/

LE VIF-L’EXPRESS CITE LUC MICHEL ‘OMNIPRESENT DANS LA ‘RUSSOSPHERE’

INTERNATIONALE’ …

sur http://www.lucmichel.net/2016/12/15/lucmichel-net-le-vif-lexpress-cite-luc-michel-omnipresent-dans-la-russosphere-internationale/

* Aussi dans ce « Zoom Afrique », l’actu africaine du jour :

– La force exponentielle des armées occidentales en Afrique, sous prétexte de lutte contre le terrorisme ou la piraterie, et la confrontation avec La Russie et la chine …

– Une zone de libre-échange dans l’Union africaine constituée au Sommet de l’UA à Kigali ce 21 mars et la question des non-signataires de l’accord, dont le Nigeria … _______________

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JOHN BOLTON, NEOCON, LE NOUVEAU CONSEILLER DE DONALD TRUMP QUI VEUT LA GUERRE AVEC LA COREE DU NORD (TENSION INTERNATIONALE GRAVE III)

Luc MICHEL/En Bref/ 2018 03 23/

John Bolton, le nouveau conseiller neocon de Donald Trump qui veut la guerre avec la Corée du Nord ! Mais est aussi anti-iranien et russophobe.

LM.NET - Tensions III bolton (2018 03 23) FR

Les neocons, issus du Régime Bush II, sont très présents au sein du Régime Trump. C’est le parti de la guerre, celui des faucons, qui avaient déjà lancé les guerres d’Afghanistan et d’Irak, et le projet géopolitique dit du « Grand Moyen-Orient », matrice du maléfique « printemps arabe » …

Une nouvelle partie de chaise musicale à la Maison Blanche. Jeudi, le président américain Donald Trump a nommé le néoconservateur John Bolton au poste de conseiller à la sécurité nationale de la Maison Blanche. La nomination de l’analyste de ‘Fox News’ (la TV des neocons, qui emploie aussi Farrage du Brexit) intervient au moment d’aborder des négociations historiques avec la Corée du Nord et à l’approche d’une échéance cruciale sur l’avenir de l’accord sur le nucléaire iranien, dont cet ancien ambassadeur des Etats-Unis à l’ONU est un grand pourfendeur. “Je suis heureux d’annoncer qu’à compter du 9 avril 2018, John Bolton sera mon nouveau conseiller à la sécurité nationale”, a tweeté Donald Trump.

L’HOMME QUI AVAIT MONTE LE DOSSIER TRAFIQUE POUR JUSTIFIER LA PRESENCE D’ARMES DE DESTRUCTION MASSIVE EN IRAK

Sous l’ère George W. Bush, John Bolton était un haut fonctionnaire du Département d’Etat dont la mission était de justifier la guerre en Irak en 2003, montrer que les renseignements américains disposaient des preuves accusant Saddam Hussein de posséder des armes de destruction massive. Considérée comme « tangible » (sic) à l’époque, par des politiciens et des médias complaisants, cette affirmation s’est avérée fausse après lecture des documents déclassifiés par la CIA en 2015.

NI REGTRETS NI REMORDS

Dans une interview accordée au ‘Washington Examiner’ en 2015, il déclarait que “la décision de renverser Saddam Hussein était la bonne.

[…] Vous ne pouvez pas supposer que la douceur et la lumière prévaudraient au Moyen-Orient aujourd’hui s’il était resté au pouvoir”

(resic). Visiblement le chaos au Proche-Orient et les destruction des états irakien et syrien  ne le concerne pas !

UN CONSEILLER BELLICISTE QUI VA RENFORCER LE PARTI DE LA GUERRE

Désormais, John Bolton est la troisième personne à occuper ce poste depuis l’arrivée au pouvoir de Donald Trump. Connu pour sa moustache, son goût de la provocation et son style 3parfois abrasif3, le néoconservateur de 69 ans fut l’un des chefs de file des “faucons” au sein DU r2GIME Bush II et son ambassadeur aux Nations Unies.

“J’ai mes opinions et j’aurai l’occasion de les présenter au président”, a-t-il répondu, défendant la nécessité pour le locataire de la Maison Blanche d’avoir “un libre-échange d’idées” avec ses différents conseillers. Des opinions qu’il a déjà partagées il y a quelques semaines sur l’antenne de ‘Fox News’. Le nouveau conseiller à la sécurité nationale « ne voit pas d’un bon oeil la rencontre entre Donald Trump et le leader nord-coréen Kim Jong-un » et pense même que « ce sera un échec qui mènera à des actions militaires ».

L’EMPREINTE IDEOLOGIQUE DES NEOCONS SUR LE REGIME BUSH

“Avec la nomination de John Bolton, l’équipe de politique étrangère de Trump sera la plus conservatrice et idéologique et la moins pragmatique de mémoire récente”, a réagi Aaron David Miller, diplomate chevronné qui a travaillé dans des administrations démocrates comme républicaines. “Courage, Jim Mattis”, a-t-il ajouté en référence au chef du Pentagone vu par nombre d’analystes comme la dernière voix de la modération au sein de l’équipe Trump, en particulier sur la Corée du Nord et l’Iran. Mattis est aussi un faucon, mais d’un autre genre, général des Marines qui a commandé la sanglante bataille de Falloujah en Irak, mais c’est un pragmatique …

Richard Haass, président du Centre de recherche Council on Foreign Relations (CFR), lié aux Obama-Clinton-Sorös advrsaires de Trump, a posté un message sur les réseaux sociaux. Il a exprimé ses « doutes sur la capacité de l’ancien ambassadeur de se glisser dans les habits d’influent conseiller du leader de la première puissance mondiale ».

“Un conseiller à la sécurité nationale doit être un intermédiaire honnête qui s’assure que le président puisse examiner tous les points de vue. Ensuite, il est un conseiller avec ses points de vue. […] La question qui se pose est de savoir si John Bolton a le caractère et la capacité de jugement pour ce poste” …

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/

Photo :

Bolton a la récente conférence CPAC 2018 des néoconservateurs US, où ont pris la parole Trump, Pence et la néofasciste Marion Maréchal-Le Pen.

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