Mandato parlamentare, libero o imperativo

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Mandato parlamentare, libero o imperativo?

Sembra che uno dei temi che più stanno a cuore a Grillo ed al suo guru Casaleggio sia quello di vincolare i parlamentari di “5 Stelle”, nel migliore dei casi rispetto alle decisioni collegiali, e, nel peggiore, rispetto agli “ordini di scuderia” provenienti dalla cabina di regia del Movimento.

Ed allora, è forse il caso di fare una breve riflessione sull’argomento, per cercare di aprire gli occhi a chi, in questa occasione elettorale, ha ceduto alla tentazione di chiuderli pur di sanzionare nell’urna una classe politica che, negli ultimi venti anni, non poteva dare peggiore prova di sé, della sua insipienza ed anche della sua spregiudicatezza morale.

Il fatto si è che il sistema del mandato imperativo ci riporterebbe indietro nel tempo, sino alla pratica in uso negli “Stati Generali” della Francia dell’ancien régime, allorché i tre Stati (nobiltà, clero, borghesia) si riunivano separatamente e ciascuno dei componenti era vincolato alla decisione dell’assemblea del suo ceto, con la conseguenza che nobiltà e clero finivano poi per trovare un accordo, prevalendo sul “terzo Stato”.

Questo sistema, in vigore per quasi cinque secoli sino agli Stati Generali del 1789, è stato travolto proprio dalla rivolta del Terzo Stato, che ha prima ottenuto la riunione congiunta di quell’embrionale parlamento e si è poi proclamato rappresentante esclusivo della nazione, introducendo nella Costituzione del 1791 il principio della libertà di mandato, che si è poi via via trasferito in tutte le costituzioni democratiche dell’era moderna.

Solo durante il brevissimo periodo della Comune di Parigi (1871) il sistema del mandato imperativo venne riesumato, e però subito dopo abbandonato con la fine di quella sanguinosa esperienza.

In esso Carlo Marx aveva intravisto l’embrione della preconizzata “dittatura del proletariato”; e, non per niente, l’art. 107 della Costituzione dell’URSS del 1936  (e similmente l’art. 142 della Costituzione dell’URSS del 1947) avrebbe poi in effetti sancito che “Il deputato ha l’obbligo di  rendere conto del suo lavoro e del lavoro del Soviet agli elettori ed anche ai collettivi ed alle organizzazioni sociali che lo hanno presentato come candidato a deputato. Il deputato che non si sia mostrato degno della fiducia degli elettori  può essere revocato in qualunque momento, per decisione della maggioranza degli elettori, secondo la procedura stabilita dalla legge”.

Al che va aggiunto il particolare, tutt’altro che irrilevante, che la revoca era affidata alle strutture di base del PCUS (sindacati, komsomol, organizzazioni sociali, collettivi di lavoro, etc.) e veniva esercitata con voto palese.

Per nostra fortuna, si tratta di un retaggio del passato, e credo che nessuna persona ragionevole possa avere voglia di regredire sino al punto di reintrodurre un qualsiasi strumento giuridico per affermare la “dittatura” di un gruppo sociale o di un movimento politico, quale che esso sia..

Ovviamente,  la libertà di mandato, sancita nell’art. 67 della nostra Costituzione, ha anche qualche aspetto negativo, perché, mentre per un verso garantisce la libertà del singolo parlamentare rispetto al suo partito di riferimento, ne consente anche ogni disinvolto trasformismo, che tuttavia non consiste nell’esercizio del sacrosanto ed incomprimibile diritto di cambiare idea, ma piuttosto nell’abuso di farlo perseguendo quelle che potremmo eufemisticamente chiamare “varie utilità”, personali o di gruppo.

E’ questa una pratica deteriore, pressoché sconosciuta durante la c.d. “prima Repubblica”,  e che si è andata via via affermando durante la c.d. “seconda Repubblica”, sino ad esplodere in termini esponenziali dopo l’introduzione dell’attuale legge elettorale (il c.d. “porcellum”).

Il motivo è intuibile: in mancanza di una vera e propria investitura popolare, e se la nomina di quel parlamentare era dipesa in passato dalla sola benevolenza del padrone di turno in ragione della promessa di futura fedeltà, anche la sua rielezione poteva agevolmente trasmigrare nelle mani di un nuovo padrone, che, come tale, era in grado di assicurare per il futuro lo stesso beneficio in cambio della medesima fedeltà, senza alcuna possibilità di verifica in sede elettorale.

Per la verità, un sistema per mantenere, in via di principio, la libertà del mandato parlamentare, ma anche per aprire la strada ad un qualche meccanismo sanzionatorio per i casi di conclamata indegnità è stato sperimentato in alcuni stati americani (California, Montana, Arizona, Nevada), e la sua introduzione è stata recentemente proposta anche nel Regno Unito, ma sino ad ora senza fortuna.

Si tratta dell’istituto del “power of recall”, che consente di revocare il mandato parlamentare per via elettorale a chi se ne sia dimostrato indegno (c.d. “wrongdoing”).

Si tratta tuttavia di uno strumento da usare con molta cautela, per evitare abusi e ritorsioni, e potrebbe essere attivato, in casi specificatamente individuati, per sanzionare l’indegnità morale (giammai la responsabilità politica) del parlamentare, così anticipando i meccanismi dell’eventuale censura giudiziaria (amministrativa, contabile o penale), i cui tempi sono chiaramente incompatibili con la riprovazione sociale dei comportamenti riprovevoli.

Ovviamente, per introdurre questa delicata innovazione occorre che il parlamentare sia eletto (e non nominato) in un determinato collegio, i cui elettori, con certe modalità presidiate da assolute garanzie democratiche, potrebbero proporne la revoca, senza che l’eventuale revoca vada a travolgere  gli equilibri politici generali; ed in caso di successo popolare del “recall”, si potrebbe poi procedere alla sostituzione del parlamentare revocato attraverso un’apposita elezione suppletiva nel medesimo collegio.

Tutto questo, ovviamente, “de lege (anzi “de Constitutione”) ferenda”.

Per intanto, in attesa di questa improbabile riforma costituzionale, sulla quale ogni cautela è d’obbligo, teniamoci stretta la “libertà di mandato”, saggiamente sancita nella nostra Costituzione, e difendiamola strenuamente contro il turpiloquio montante e la dittatura incipiente di tutti i “marxisti”, “fascisti” o “sfascisti” di ritorno, comunque li si voglia chiamare.

“Non esiste emergenza immigrazione”: ecco il ministro degli Esteri dei Cinque Stelle

proprio anti sistema, antagonisti MA NON PROPRIO CONTRO TUTTE LE MAFIE.

Di Nicola Mattei 2 marzo 2018
Roma, 2 mar – Non ha ancora vinto le elezioni (né, presumibilmente visto il grande pareggio all’orizzonte, le vincerà), ma Luigi Di Maio ha già la squadra di governo pronta. Al netto delle facili battute sull’esecutivo a Cinque Stelle senza alcuna maggioranza parlamentare, l’esperimento del candidato premier è interessante perché permette di affrontare alcune questioni sulle quali il M5S non ha mai mostrato grande chiarezza.
A partire anzitutto dall’immigrazione. Strizzando l’occhiolino a destra, Grillo in origine aveva posizioni estremamente dure. Sono seguite numerose capriole, forse “suggerite” dalla longa manus di Sorosculminate nell’appoggio alla cancellazione del reato di immigrazione clandestina e, più di recente, nell’appoggio alla proposta di legge sullo ius soli, trainati dal leader pronto a spalancare le porte ai “nuovi italiani usando il classico grimaldello dei nostri guai demografici.
Insomma, il Movimento Cinque Stelle è pro o contro l’immigrazione? Se non bastassero le ultime uscite pubbliche dei suoi esponenti, ci viene in aiuto nientemeno che il leader Luigi Di Maio, che nella succitata lista di ministri ha già pronta Emanuela Del Re per il dicastero degli Esteri. Docente di sociologia politica all’università Nicola Cusano, un curriculum da osservatore internazionale Onu, attiva in progetti di accoglienza dei rifugiati. Basterebbe questo per capire da che parte “tira”, ma è lei stessa a venirci in aiuto per dirimere (forse) una volta per tutte la questione.
Siamo a Roma, poco più di due anni fa, con la Del Re ospite di un convegno organizzato da Radio Radicale, “La grande questione delle migrazioni: quale politica per l’Italia?“. Primo punto all’ordine del giorno i rapporti fra flussi migratori e terrorismo: “Pur consapevole assolutamente del fatto che esistono reti di terroristi che sfruttano i movimenti migratori, sappiamo perfettamente che il problema non è questo e che effettivamente, se si dovesse recepire questa mentalità si arriverebbe ad una limitazione delle libertà fondamentali”. Par di capire che i terroristi sui barconi – ormai un dato di fatto, confermato perfino dal nostro ministro degli Interni – siano sono uno sgradevole effetto collaterale, cosa vorremo mai farci? D’altronde le libertà fondamentali vengono prima della nostra sicurezza. In fin dei conti non esiste alcuna emergenza ma è una questione solo di “percezione”, sottolinea la titolare in pectore a Cinque Stelle della Farnesina, che scarica la colpa del sulla “forte affermazione di movimenti nazionalisti e xenofobi non fanno altro che strumentalizzare questo tipo di problema”.
Nicola Mattei

BRUTALE AGGRESSIONE A ROMA, PESTATO DA IMMIGRATI INVOCA AIUTO: RESIDENTI RIPRENDONO – VIDEO

italiano massacrato

Italiano massacrato da immigrati chiede aiuto: residenti riprendono col cellulare (VIDEO)
22 gennaio 2018 Italiani per la Patria
In tre lo hanno accerchiato, picchiato e rapinato. Un quarto immigrato, invece, faceva da palo e cercava di impedire, minacciando i residenti armato di coltello, che la scena venisse ripresa. La vittima urlava chiedendo aiuto. E’ quanto successo domenica 21 gennaio a Villa Wolkonsky a Roma. Una città fuori controllo, in una nazione fuori controllo.
A riprendere la scena tanti residenti. Tre gli aggressori, indiani secondo il testimone, hanno bloccato la vittima per rapinarla del suo cellulare. Dopo averlo picchiato e preso il telefono sono fuggiti.
ECCO IL VIDEO DELLO SCANDALO: FATE GIRARE QUESTO ARTICOLO PER MOSTRARLO A TUTTI!

POPULISMO SI MA SOLO SE MODERATO

lunedì 5 marzo 2018

Marco Cedolin

L’Italia che esce dalle urne del 4 marzo magari non sarà così facilmente governabile  (o forse no) come speravano a Bruxelles, ma sicuramente dimostra di avere le idee più chiare di quanto in molti supponessero.
Il M5s vola ed arriva a sfiorare il 32%, nel momento in cui archiviato Grillo, i vaffa e un certo piglio “rivoluzionario” proprio dei primi giorni si mette in giacca e cravatta e sfodera uno spirito più conciliante con la UE e con i mercati.
La Lega di Salvini fa altrettanto bene, ridicolizza Berlusconi e con il 18% s’impone come primo partito del centrodestra che è la coalizione vincente, nel momento in cui lo stesso Salvini stempera i propri toni nei confronti della UE e dell’euro e si pone su una posizione più morbida…..

I piccoli partiti come Casapound o il PCI di Rizzo, che reclamano la sovranità monetaria e rifiutano radicalmente l’euro e la UE, vengono compresi solo da pochi intimi e finiscono per cozzare irrimediabilmente contro la soglia di sbarramento.

Il PD della famiglia Renzi che ha governato l’Italia negli ultimi anni per conto di Bruxelles, riuscendo nel difficile compito di peggiorare lo stato di un Paese che già versava in condizioni disastrose, prende una sberla talmente secca da farlo scendere sotto il 20% e condurlo verso una probabile scissione.

Un Berlusconi assai imbolsito ed a corto di verve, raccoglie faticosamente il 14% e si ritrova secondo partito della coalizione, costretto almeno per il momento a mettere in naftalina quel Tajani che sicuramente Bruxelles avrebbe oltremisura gradito.

La sinistra dell’antifascismo militante, delle maestre urlanti e dell’immigrazione selvaggia che paventava il ritorno del fascismo, spalleggiata dal Gruppo Espresso, conclude la propria parabola discendente e raccoglie risultati paritetici a quelli dei partiti “fascisti” che ha combattuto nelle piazze, tentando senza successo di tacitarne la parola.

L’esperta in pompe di bicicletta stipendiata da Soros per sostenere l’Europa, raccoglie forse ancora meno consensi di quanti ne stia riscuotendo la UE di questi tempi, mentre LEU di Grasso ottiene la metà dei voti vaticinati nei sondaggi.

Insomma vincono senza ombra di dubbio Di Maio e Salvini, “populisti” ma non troppo e solo vagamente euroscettici e fa bella figura anche la Meloni sintonizzata sulle stesse corde, mentre perdono tutti gli altri. A questo punto toccherà a loro, fra le pieghe di una scellerata legge elettorale, tentare in qualche modo di governare il Paese, non scontentando Bruxelles e neppure gli italiani, anche se siamo convinti che non si tratterà di un’impresa semplice .

Balotelli contro senatore della Lega di colore

http://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/elezioni/2018/03/06/e-leghista-il-primo-senatore-di-colore-ditalia_007d3534-dc29-42c6-a636-c4d390541167.html

Salvini: ‘Balotelli? Non mi piaceva in campo, fuori anche meno’

”Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero. Ma vergogna!!!”. Sul suo profilo Instagram l’attaccante del Nizza Mario Balotelli, lui che negli stadi il razzismo lo ha conosciuto con i “buuu” e le banane che gli piovevano addosso, critica aspramente Toni Iwobi, 62 anni, responsabile Immigrazione della Lega Nord, e primo senatore nero d’Italia eletto in Parlamento.

“Balotelli, non mi piaceva in campo, mi piace ancor meno fuori dal campo”, gli replica il segretario della Lega Matteo Salvini.

Toni Iwobi, nigeriano d’origine ma ormai bergamasco che milita nel partito da oltre vent’anni. Iwobi, 62 anni, è il primo senatore di colore eletto in Italia. Imprenditore informatico, è diventato consigliere comunale a Spirano nel 1995. Da allora la sua militanza è stata continua tanto da diventare responsabile immigrazione del partito.

Risultati elezioni 2018, Emiliano: “Renzi ha offeso 11 milioni di elettori, ora lasci”

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/il-piu-grave-danno-dopo-laventino-matteo-ha-offeso-11-milioni-di-elettori-ora-lasci/

Il governatore della Puglia e la strategia dei democratici: “Dobbiamo dare l’appoggio esterno a un governo dei 5Stelle, che con questa vittoria hanno diritto di governare”
Risultati elezioni 2018, Emiliano: “Renzi ha offeso 11 milioni di elettori, ora lasci”

“Renzi rischia di provocare una catastrofe democratica all’Italia e di far esplodere il Pd. Vuole impedire che il partito sostenga i 5Stelle, perché per sopravvivere a se stesso è disposto anche a provocare lo stallo del sistema politico”. Il segretario dimissionario ma non troppo del Pd ha da poco finito di parlare, quando il governatore della Puglia Michele Emiliano spiega al Fatto tutte le ragioni per cui dovrebbe farsi da parte, “e in fretta”.

Renzi ha attaccato duramente anche il Quirinale. E vuole gestire questa fase, “per impedire l’inciucio tra il partito e gli estremisti”. Il suo discorso potrebbe anche essere coerente, no?
Renzi offende 11 milioni di cittadini, molti dei quali prima votavano per il Pd. E mentalmente non è affatto dimissionario. La sua tesi è che nelle urne è stato un disastro solo perché gli italiani non lo hanno capito, non per i suoi errori. E uno così non lo convinci neppure se lo fai parlare con Mosè.

La botta è stata forte, può essere anche una reazione di pancia, comprensibile.
No, è la struttura di un giovane che ha provocato alla sinistra il più grave danno dopo l’Aventino. Con il suo no al cambiamento democratico può portare il Paese alla catastrofe.

Dice no ai principali avversari del partito. Ha un senso.
Lo fa solo perché non vengano intaccati certi interessi dello status quo. Si conferma come quello che doveva garantire tutto il vecchio, perché nulla cambiasse: questo è stato il renzismo. Ma il voto degli italiani lo ha travolto.

Il Pd è andato malissimo anche in Puglia, sotto la media nazionale. Non si sente corresponsabile?
In tutta sincerità no. Ho avuto difficoltà a convincere perfino i miei parenti a votare per il Pd, e le assicuro che mi ritengono un bravo amministratore. Tutto questo accade per colpa di Renzi: la gente gli ha votato contro.

Ma lei pensa che la gente voglia un governo con Di Maio e il Pd?
Io penso che sia l’unica strada per ripartire. Dobbiamo dare l’appoggio esterno a un governo dei 5Stelle, che con questa vittoria hanno diritto di governare. E dobbiamo esercitare la funzione di controllo sul programma. Altrimenti si salderanno alle destre. Proposi la stessa cosa nel 2013. Ma ai tempi il M5S non era maturo.

E ora invece lo è?
Nel discorso di Di Maio ho visto una piena apertura, una consapevolezza.

Ma il Pd non dovrebbe comunque avere ministri in un governo del M5S?
No, assolutamente, sarebbe un errore. La responsabilità di governare è loro.

I numeri sono strettissimi. E poi crede davvero che tutto il Pd sia propenso a questa soluzione?
Non lo so. Però sono convinto che tutti i parlamentari faranno di tutto per garantire un governo al Paese (sorride, ndr).

Per capirci: lei in queste ore ha parlato con i 5Stelle?
Assolutamente no. Ma farò di tutto perché riescano a formare un governo, a patto naturalmente che il presidente della Repubblica lo ritenga opportuno.

Prima ci sarebbe da rimuovere Renzi…
Lui si è dimesso, quindi non può più decidere. Come non è più legittimata a farlo la direzione. Ora spetta all’assemblea esercitare la direzione politica, nominando un organo direttivo che ci porti al congresso e alle primarie, da svolgersi dopo le amministrative.

Il segretario dimissionario potrebbe anche barricarsi.
Così potrebbe far esplodere il Pd. E renderlo un partito ancora più piccolo.

Pensa che stia preparando un suo partito?
Dipende da quanto amore avrà per il Pd. Veltroni e Bersani lo dimostrarono dimettendosi. Non so se lui saprà farlo.

REDDITO DI CITTADINANZA E DINTORNI

http://ilcorrosivo.blogspot.it/2018/03/reddito-di-cittadinanza-e-dintorni.html

martedì 6 marzo 2018

Marco Cedolin

In queste ultime settimane, complice la proposta del Movimento 5 stelle rivelatasi decisiva nella campagna elettorale, vedo sempre più persone sproloquiare, spesso senza cognizione di causa, intorno al reddito di cittadinanza. Non solamente in TV e sui giornali, ma anche all’interno dei social, si sta ingenerando una vera e propria battaglia dialettica fra sostenitori e detrattori del rdc, dove spesso coloro che lo mettono alla berlina sono proprio le stesse persone che negli ultimi anni si stracciavano le vesti indignate di fronte alla terribile piaga dei suicidi per motivi economici.
La confusione è tanta e sarebbe un errore imperdonabile permettere che un argomento di questa importanza diventi mero oggetto di diatriba politica fra grillini ed anti grillini, risultandone di fatto svilito e condotto in una dimensione che non è la sua….
Personalmente non sono un fan del Movimento 5s e non so se la proposta di Di Maio verrà in futuro tradotta in realtà con una qualche efficacia o resterà promessa morta, ma in tutta sincerità non è questo l’argomento che m’interessa approfondire.
Il punto intorno al quale mi piacerebbe invece fare riflettere tante “teste di legno” oggi ancora (e sottolineo ancora) con il culo al caldo, impegnate a dissertare intorno a quanto sia blasfemo anche solo concepire l’idea del rdc, considerato alla stessa stregua del peggiore assistenzialismo peloso, è la situazione in cui attualmente si trova l’Occidente intero e l’Italia in particolare.
Al di là di quanto dicono le statistiche addomesticate dell’Istat oggi in Italia oltre 10 milioni di persone sono disoccupate o campano facendo lavoretti saltuari e sottopagati. Tutte loro sopravvivono fra gli stenti, senza avere la possibilità di ottenere un reddito dignitoso e di campare una famiglia. La maggior parte di loro non ha alcuna speranza di trovare nel breve e medio termine un lavoro in grado di garantirgli un reddito sufficiente a vivere con un minimo di dignità.
Nel prossimo decennio in Italia molti altri milioni di persone (anche fra quelle oggi con il culo al caldo) perderanno il proprio lavoro a causa dell’industria 4.0, delle delocalizzazioni e della congiuntura economica sfavorevole e non saranno in grado di trovare un’occupazione che sostituisca quella precedente, dal momento che l’automazione e il progresso informatico avranno bruciato sempre più milioni di posti di lavoro e non potranno andare tutti a lavorare nei call center o fare i promoter nei centri commerciali per un piatto di riso.
Ne conseguirà che le nostre città si trasformeranno in tante bidonville, popolate da una massa di disgraziati che tentano disperatamente di campare il pranzo con la cena, spesso senza riuscirci e bisogna sempre ricordare che fra quei disgraziati potremmo esserci anche noi.
Lo Stato, ammesso che in prospettiva si possa ancora parlare di Stato, non ha molti mezzi per tentare di evitare che questo accada.
Può ricorrere all’eugenetica ed eliminare fisicamente tutti i cittadini che non hanno più il culo al caldo, ma non credo si tratti di una prospettiva auspicabile e molto democratica.
Può istituire un reddito di cittadinanaza (pratica già in uso da parecchi anni in molte nazioni europee) che permetta agli sventurati di sopravvivere in maniera un minimo dignitosa e si tratta senza dubbio della soluzione più facilmente praticabile nel breve termine.
O può tentare (ipotesi che personalmente preferisco in assoluto) di riacquistare la propria sovranità monetaria e di affrancarsi dal modello del mondialismo globalizzato, riprendendo in mano le redini della nazione e costruendo posti di lavoro che consentano a tutti i cittadini di lavorare e portare a casa un reddito con il quale sia possibile campare in maniera dignitosa la propria famiglia.
In tutta onestà altre strade non ne vedo e non è mettendo la testa sotto la sabbia e facendo finta che il problema non esista che si può risolvere la situazione, perché il problema prima o poi ci toccherà tutti, anche se abbiamo inveito contro il reddito di cittadinanza, perché serve solo a far vincere le elezioni e mantenere i fannulloni.
 

Elezioni, Orlando: “Il 90 per cento del Pd è contrario all’accordo con il M5s”. Ma Zanda aveva detto: “Parliamo con tutti”

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/07/elezioni-orlando-il-90-per-cento-del-pd-e-contrario-allaccordo-con-il-m5s-ma-zanda-aveva-detto-parliamo-con-tutti/4209195/

Elezioni, Orlando: “Il 90 per cento del Pd è contrario all’accordo con il M5s”. Ma Zanda aveva detto: “Parliamo con tutti”

Dopo l’apparente apertura dell’ex capogruppo al Senato, interviene il ministro: “Solo Emiliano vuole l’intesa con i Cinquestelle”. Calenda: “Se i dem governano con i grillini, me ne vado subito”. Il governatore della Puglia: “Di persone come lui dobbiamo liberarci”. Liberi e Uguali: “Noi aperti al confronto in Parlamento”
 

Il 90 per cento del gruppo dirigente del Pd “ha escluso la possibilità di un governo con i Cinquestelle, così come con il centrodestra“. Tutte le ipotesi di una possibile fronda interna ai democratici per far partire un esecutivo a guida Di Maio per il momento si scontrano con questa presa di posizione di Andrea Orlando, principale rivale di Matteo Renzi all’ultimo congresso e capo di una delle correnti di minoranza. “In modo chiaro per questa prospettiva (un accordo Pd-M5s, ndr) si è pronunciato Michele Emiliano che ha ottenuto al congresso il 10 per cento. Il 90 per cento del gruppo dirigente del Pd è contrario ad un’alleanza con il M5s” aggiunge Orlando. Per questo, prosegue il guardasigilli, “il referendum nel Pd non serve. Il referendum sul Pd c’è già stato. Siamo al 18 per cento. Un solo punto sopra la Lega di Salvini”.

Certo, il futuro del segretario e un eventuale appoggio a un esecutivo targato M5s restano i temi che rischiano di spaccare il Partito democratico. A tre giorni dalla disfatta elettorale, col partito precipitato sotto la soglia psicologica del 20 per cento, a duellare a distanza in precedenza erano stati Luigi Zanda e Carlo Calenda. Il primo, notoriamente vicinissimo al presidente della Repubblica, attacca Renzi e apre ai pentastellati. Il secondo, tesserato del Pd, difende il segretario e chiude completamente aLuigi Di Maio e ai suoi. “Matteo Renzi potrebbe seguire l’esempio di Walter Veltroni che, quando si dimise, lasciò subito al suo vice Dario Franceschini il compito di reggere il Pd e traghettarlo verso il congresso. Martina, il vicesegretario, è il reggente in pectore”, suggerisce l’ex capogruppo Pd al Senato, parlando a Repubblica. “Dopo una sconfitta così grave, le dimissioni del segretario sono una conseguenza naturale le dimissioni sono una cosa seria e quando si danno devono avere una efficacia immediata”, continua Zanda, che lunedì era stato il primo a criticare il segretario dopo l’annuncio delle dimissioni post datate, cioè dopo la formazione del governo, in modo da impedire ai democratici di sedere al tavolo con i Cinque Stelle.

Calenda si iscrive al Pd: “Noi alternativa al M5S. Il Pd ha un leader, è Paolo Gentiloni”
calenda pd

Zanda apre al M5s ma chiude a Matteo – L’ex capogruppo a Palazzo Madama però, non si è esprime solo sul futuro di Renzi ma anche su quello del Pd. E in questo senso ha idee opposte rispetto a quelle del segretario su un eventuale dialogo con il M5s. “L’accordo con i grillini? Mai. Chi vuole sostenerli lo dica in direzione”, aveva detto ieri Renzi. Passano poche ore e l’uomo che è considerato tra molto legato a Sergio Mattarella esplicita la sua posizione. “Per 5 anni nell’ultima legislatura ho guidato in Senato un confronto sempre duro con i 5Stelle – dice – Da loro non mi separano solo differenze sulle politiche parlamentari, e programmatiche, ma una divergenza di fondo molto seria: io sostengo la democrazia parlamentare rappresentativa, i grillini vogliono la democrazia diretta, la democrazia dei clic e quella di un referendum alla settimana. In politica si deve parlare con tutti e, a maggiore ragione, si deve farlo con un partito che ha ricevuto un consenso molto ampio. Ma confrontarsi non annulla le differenze forti”. Una posizione leggermente sfumata successivamente (“Ho detto chiaramente che il Partito democratico sarà all’opposizione. Questa è la volontà indicata dagli elettori e va rispettata”).

Liberi e Uguali: “Parlamentari disponibili a un confronto”
L’apertura decisa a un confronto arriva invece dalla piccola pattuglia dei parlamenti di Liberi e Uguali. Piccola, ma eventualmente determinante per raggiungere i 316 deputati e i 158 senatori sufficienti per una maggioranza. Pietro GrassoPippoCivatiRoberto Speranza e Nicola Fratoianni in una lettera ai delegati delle assemblee di Leu scrivono che i parlamentari “apriranno con le altre forze politiche un confronto trasparente e serio sulle possibili convergenze per poter realizzare la nostra agenda politica. Lo faremo in Parlamento, il luogo deputato alla discussione democratica”. Un concetto già espresso all’indomani del voto proprio da Grasso. “Nel mondo – si legge – assistiamo ad un avanzamento sempre più preoccupante delle destre e dei populismi. L’Italia non è da meno: il dato e i flussi elettorali emersi in queste ore ci raccontano di un Paese che vive le stesse contraddizioni di altre nazioni europee. La sinistra è in crisi: lo è nel linguaggio, nella cultura politica, nelle prospettive e, soprattutto, nella capacità di parlare ai cittadini, di interpretarne le istanze, di rappresentare i molti e non i pochi. Il contesto storico e internazionale è necessario per analizzare quanto accaduto ma non deve trasformarsi in un alibi”. Nella lettera è scritto che comunque il percorso verrà deciso insieme alla base.

Calenda e l’ipotesi tesseramento lampo – È il possibile sostegno a un governo pentastellato, però, che in queste ore sta infiammando gli animi tra i dem, proprio nel giorno in cui Luigi Di Maio – in una lettera a Repubblica – scrive: “Tutte le forze politiche devono manifestare responsabilità“. La prima risposta all’apertura di una parte del Pd al dialogo con il Movimento arriva da Carlo Calenda: “Se il Pd si allea con il M5S il mio sarà il tesseramento più breve della storia dei partiti politici”, scrive su Twitter il ministro per lo Sviluppo economico, riferendosi alla volontà di prendere la tessera. “Si può ripartire solo se lo si fa insieme. Ultima cosa di cui abbiamo bisogno è arrocco da un lato e desiderio di resa dei conti dall’altro. Ridefinire il nostro messaggio al Paese, riaprire iscrizioni e tenersi lontano da M5s. Leader c’è e fa il Pdc (il presidente del Consiglio Paolo Gentilonindr)” scrive ancora sui social network Calenda. Che poi si autoesclude dalla corsa alla successione del segretario. “Ho sempre parlato chiaro con Renzi ma mi rifiuto di partecipare ora alla rimozione collettiva di un percorso che ha avuto anche tantissimi elementi positivi. Se cercano anti-Renzi non sono io”.

Mentre lascia il Nazareno ribadisce: “Siamo stati e siamoalternativi al M5S che rappresenta non la cultura di governo ma la cultura della fuga dalla realtà. Dobbiamo rimanere qui perchè i voti che hanno dati sono voti che vogliono questo. Penso che sia sbagliato tradirli“.

Emiliano: “Liberarsi di personaggi come Calenda” – Dalla parte opposta del partito c’è Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia e leader della corrente di minoranza Fronte democratico, che ribadisce la linea dell’intesa con i Cinquestelle e per farlo – sottolinea – “bisogna liberarsi al più presto di personaggi come Calenda e ricominciare un cammino diverso. E adesso la brutta notizia è che ha perfino deciso di iscriversi al Pd: questa veramente è la notizia più triste di questi giorni”. A Emiliano viene fatto notare il tweet in cui Calenda afferma che se il Pd si alleasse con il M5s, il suo sarebbe “il tesseramento più breve della storia dei partiti. “È un motivo in più per fare l’alleanza con il M5s – risponde Emiliano – Prima se ne va Calenda, meglio è”.

Sposetti: “Renzi indegno va processato”-  Secondo diversi retroscena, infatti, Calenda era uno dei nomi che insieme a Nicola Zingaretti e Sergio Chiamparino circola tra i democratici per il dopo Renzi. Prima di cercare il successore, però, al Nazareno devono liberarsi del segretario. “Renzi e l’attuale direzione del Pd non sono degni di affrontare il dibattito su quello che dovrà fare da ora il partito. Sono indegni. Lui e la sua cerchia sono delinquenti seriali che hanno distrutto la sinistra e rotto l’idea di comunità. Renzi va processato”, è l’attacco lanciato da Ugo Sposetti, in un’intervista al Corriere della Sera. Il senatore uscente e storico tesoriere del Pd parla di “processare Renzi” – citando il Pasolini del processo alla Dc – perché, dice, “ci ha portati in una situazione peggiore a quella del ’48. Qua non è rimasto nulla. La sconfitta di domenica è figlia di arroganza politica, boria, pressappochismo, visione miope. Ma quali dimissioni? Tutto quello che sta facendo Renzi in questi giorni e in queste ore è dettato da un vero e disgustoso attaccamento alla poltrona. Per questo non esiste altra via che quella di un vero e proprio processo politico a Renzi da parte della nostra gente. A Renzi va soltanto impedito di fare altri danni a se stesso, al partito, alla sinistra, al Paese”.

Tutti contro Matteo – Toni durissimo contro il segretario che in queste ore sta cercando di stringere a sé gli alleati più fedeli, da Graziano Delrio a Lorenzo Guerini, da Matteo Orfini a Ettore Rosato. Più ovviamente Luca Lotti e Maria ElenaBoschi. Irrecuperabili appaiono invece Dario FranceschiniPaolo Gentiloni e persino il suo stesso vicesegretario, Maurizio Martina. Il ministro della Cultura vuole che il segretario si faccia da parte cedendo il testimone a un traghettatore scelto dagli oppositori. Che crescono di ora in ora. Anche Marco Minniti e Anna Finocchiaro vogliono un immediato passo indietro del leader, cosa che ovviamente è desiderata anche da Andrea Orlando e Michele Emiliano. Per evitare di spaccare tutto, gli amasciatori delle due correnti hanno proposto un incredibile compromesso: il nuovo segretario non sarà scelto da un congresso, ma dall’assemblea nazionale da tenersi ad aprile, dopo le consultazioni. E il nuovo segretario non sarà un traghettatore ma un leader vero in grado di durare fino al 2021. Opzione prevista dallo statuto, ma solo se il nuovo leader raccoglie i voti dei due terzi dell’Assemblea.

La resa dei conti – Renzi, però, ha un’idea diversa. Si farà da parte per prepararsi all’eventuale voto anticipato, ma solo dopo aver ancorato il Pd all’opposizione. E facendo logorare chi andrà al governo, senza cedere a un eventuale richiamo del Quirinale alla responsabilità istituzionale. Al momento tutti i big sono ufficialmente contrari ad appoggiare i Cinquestelle, a parte Orlando ed Emiliano che chiedono un referendum tra gli iscritti per deciderlo. “Non ho mai pensato sia possibile. L’unica strada giusta è andare all’opposizione. Nel Pd siamo e saremo tutti d’accordo su questo. Ma dovremo però ragionare degli errori compiuti e delle strade da scegliere per rifondare sia il partito che il nostro campo”, dice Franceschini a Repubblica, rilanciando ancora una volta il tema cruciale: il pensionamento del segretario. La resa dei conti, però, si preannuncia ancora lunga. E prevede un altro delicato passaggio: l’elezione dei capigruppo di Camera e Senato. Renzi ha assicurato che non intende proporre il nome di Maria Elena Boschi. I capigruppo, però, si votano a scrutino segreto.

Alice Salvatore (M5S): «Terzo valico, adesso lo stopperemo per davvero»

http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2018/03/06/ACQ8DqpB-stopperemo_salvatore_davvero.shtml

Genova – Il blocco dei lavori del Terzo Valico resta una priorità per il Movimento Cinque stelle e, dopo i risultati ottenuti che porteranno a Roma una pattuglia di 8 parlamentari del territorio, la portavoce del Movimento 5 Stelle Alice Salvatore torna sul tema dello stop all’infrastruttura già annunciato dal leader grillino Di Maio durante la campagna elettorale.

«Considerato che l’opera è a un quinto della realizzazione – ha detto Salvatore – ci sono ancora i margini per fermare lo scempio e soprattutto per lavorare in modo tale che le merci vadano davvero più veloci, siano conferite in maggior numero e che la capacità di trasporto delle altre linee ferroviarie sia aumentato».

Salvatore precisa che il Movimento non è contrario a tutte le grandi infrastrutture. «In realtà – ha detto – ci sono delle altre opere utili che invece riteniamo che debbano essere fatte come il raddoppio della ferrovia a ponente, la Pontremolese, il tunnel della Val Fontanabuona. Insomma noi non siamo assolutamente contrari alle opere quando sono necessarie e utili per aumentare il benessere dei cittadini e del territorio».

Immigrati distruggono centro d’accoglienza, prefetto gli fa subito bonifico da 57mila euro

1 marzo 2018Italiani per la Patria

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PROFUGHI VANDALIZZANO BASE: “DATECI STIPENDIO”, PREFETTO INVIA BONIFICO DI 57MILA EURO
Una violenza iniziata martedì sera, quando alcuni operatori della famigerata cooperativa Edeco sono stati di fatto sequestrati nella ex base di Conetta dai richiedenti asilo che chiedevano il pagamento dei loro “pocket money”, lo stipendio da profugo che versiamo a questi personaggi per gli stravizi oltre a tutto il resto.
Dopo il sequestro degli operatori di martedì sera, questa mattina i ‘profughi’ hanno bloccato via Rottanova con delle panche, mentre altri hanno ostruito il cancello d’ingresso
Tanto che nel pomeriggio è stato chiesto aiuto a due squadre dei vigili del fuoco di Cavarzere, che si sono posizionate con le loro camionette davanti al grande cancello d’ingresso mentre le forze dell’ordine rimuovevano gli ostacoli posizionati da chi intendeva in questo modo manifestare tutto il proprio scontento.
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Per risolvere la situazione la Prefettura ha effettuato subito un bonifico da 57mila euro – soldi vostri – mettendo a disposizione i soldi per versare lo stipendio ai fancazzisti. I responsabili della coop si sono recati di persona in banca mercoledì per assicurarsi del versamento: poi il ritorno al campo, dove verso le 18.30 si sono vissuti attimi di tensione. Alcuni migranti (divisi al loro interno in diverse fazioni) hanno danneggiato alcune persiane e alcune strutture della cucina, tanto che i responsabili delle forze dell’ordine, assieme agli operatori della cooperativa, si sono portati dentro i locali dell’ex base per riportare la calma. All’esterno, pronti a entrare in azione in caso di necessità, polizia e carabinieri in assetto antisommossa, alcuni presenti dalle 7 del mattino e consapevoli di dover fare gli straordinari fino alle 23. Al freddo.