Plano risponde ai 5 Stelle sulle compensazioni La replica affidata ad un comunicato ufficiale diffuso via social network

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MARCO CICCHELLI 25 MARZO 2016

SUSA –  Cercare di telefonare in queste ore a Sandro Plano, cui l’uovo di Pasqua  con sorpresa grillina, rischia di andare per traverso, per avere una dichiarazione ufficiale è complicato. Il suo rapporto coi media non è mai stato molto diverso da quello che ad altri livelli romani ha il vecchio D’Alema con la categoria: “onorevole, posso farle una domanda?”, “l’ha già fatta” oppure “no perché sarebbe sbagliata” .

Battute a parte Sandro Plano affida la sua replica alle accuse nemmeno tanto velate dei Grillini di aver svenduto la linea Notav, per un … piatto di compensazioni, seppur con un escamotage semantico. ad un comunicato sindacale ufficiale anticipato via facebook  ancor prima di inviarlo alle redazioni locali.

“Lette le recenti dichiarazioni del Consigliere regionale Francesca Frediani ritengo necessario chiarire l’ambito delle cosiddette “misure compensative” connesse alla Torino-Lione e in particolare la questione riguardante il recupero del Teatro Civico.

Premesso che la nostra Amministrazione si è dichiarata, nel programma di mandato, contraria alla costruzione di una nuova linea ferroviaria ad alta velocità in Valle di Susa e che non sussistono ragioni valide a farle cambiare questa opinione, nel 2009 aveva redatto un progetto esecutivo e iniziato l’iter per il finanziamento degli interventi di consolidamento statico, ristrutturazione e adeguamento alla normativa di sicurezza con la richiesta di fondi al Ministero dei Beni culturali. L’Amministrazione subentrata aveva richiesto l’accesso ai Contributi europei per progettazione e opere di un importo di complessivo pari a 4.400.000 €.

L’Unione Europea ha concesso un contributo di 3.200.000 € condizionato a un cofinanziamento di 1.200.000 € e all’esecuzione e rendicontazione dell’intero intervento entro il 31 dicembre 2015. Quest’ultimo era stato inserito tra quelli previsti dal CIPE, nelle delibere in oggetto, per la Torino-Lione contestualmente a deroghe dal patto di stabilità per gli anni 2013-14-15.

L’esigenza di rispettare questi tempi ha indotto l’Amministrazione ad anticipare le spese per la progettazione esecutiva e le successive varianti dato che nel corso delle prospezioni archeologiche sono state riportate alla luce pavimentazioni e mura risalenti all’epoca romana. La mancata erogazione dei fondi da parte del CIPE stesso, in tempi utili, ha impedito la pubblicazione del bando di gara e la conseguente impossibilità di eseguire e rendicontare i lavori entro il tempo stabilito. Circostanza che ha obbligato la Regione Piemonte a revocare, con Determinazione dirigenziale n. 225 del 22 aprile 2015, il contributo europeo.

Questa situazione riveste particolare gravità dato che l’edificio, inserito nell’elenco dei beni culturali sottoposti a tutela (D.Lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del Paesaggio), è stato dotato di copertura provvisoria e la stabilità di alcuni muri perimetrali è stata compromessa dagli scavi di sondaggio. Circostanza evidenziata dalla Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio che con lettera n. 13354 dell’8 novembre 2015 (allegato 2) richiama il Comune agli obblighi conservativi di legge e richiede un “indifferibile intervento che ponga freno al complessivo degrado e restituisca al bene il necessario decoro”.

Ho incontrato, con il senatore Marco Scibona, il Segretario del Ministro ai Beni culturali per verificare possibilità di finanziamento dell’intervento, ma ci è stato detto che la disponibilità per questi interventi era sull’ordine di poche migliaia di euro. Stante l’urgenza di intervenire, si è chiesto alla Direzione Generale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di modificare la destinazione delle risorse, prevista nelle delibere CIPE sopra citate, tutte in capo all’intervento di “Recupero del Teatro Civico” ancorché ridotto al minimo indispensabile per ragioni di pubblica sicurezza e di tutela di un bene storico. Considerato inoltre che limiti imposti dal patto di stabilità al bilancio del Comune di Susa non consentono di utilizzare questi fondi, si è richiesto alla Regione Piemonte di diventarne destinatario e di realizzare l’intervento.

Nella riunione di lunedì 21 marzo ho semplicemente ribadito la necessità di risolvere in tempi brevi questo problema ed evidenziato alcune questioni legate agli interventi CIPE in capo alla Città metropolitana. In particolare la priorità di intervenire sul ponte della SS25 sul Cenischia per eliminare il rischio idraulico sull’area ex ASSA, sul ponte del rio Scaglione, sulla impraticabilità della soluzione proposta dalla Soprintendenza a riguardo del ponte di via Montello e sulla necessità degli interventi nell’ITIS Ferrari.

Ho dimostrato in più occasioni la mia indipendenza dagli ordini di Partito, non cambio idea sul Tav e sulla politica e mi dispiace sinceramente che qualcuno possa dubitare della mia buona fede. Non riesco a capire come mai una rotonda in valle di Lanzo è considerata come intervento della Provincia e una rotonda in Valle di Susa debba essere classificata come compensazione.

Sono andato con i miei colleghi Sindaci alle audizioni in Regione e Senato per ribadire le nostre tesi e non sono quindi andato a contrattare alcunché, ma mi sono mosso nell’esclusivo interesse della Città che ho l’onore di amministrare.”

E anche su questa dichiarazione ufficiale si sono scatenati i botta risposta che lasciamo agli appassionati del genere. Riportiamo solo il primo commento, che è proprio della Frediani, per chiarir il clima che sta montando fra alleati Notav:  “Sandro Plano non è questione di buona o cattiva fede. Hai sempre detto che avresti accettato le compensazioni, sei stato chiaro da subito. Permetti che manifestiamo il nostro disaccordo… ci saranno No Tav d’accordo con te e altri d’accordo con noi. Mi pare normale… o no?”.

Da sgarbiano convinto a Sandro Plano – che voglia o meno discutere di compensazioni – una sola preghiera: basta consumare territorio con inutili e costose rotonde, vero incubo dei poveri automobilisti e del paesaggio. Si provi a pensare ad interventi strutturali che siano in grado di creare economia, opportunità di attrarre investitori e sviluppo durevole. Oltre i marciapedi c’è un mondo da conquistare.

Artigiani, imprenditori e pensionati hanno bruciato i soldi di una vita Il parroco che li aiuta a resistere: ho salvato 100 persone dal suicidio

un prete che si dedica agli italiani e non ai profughi? Deve essere un razzista xenofobo..
 
“Avevo risparmiato 600 mila euro Per colpa loro ora sono sul lastrico”
ANSA
La sede La Banca Popolare di Vicenza nel 2015 ha perso 1,4 milioni di euro
28/03/2016
fabio poletti
 
Quando le hanno provate tutte e non sanno più dove sbattere la testa si rivolgono a don Enrico Torta. Il parroco di Dese vicino a Venezia che dopo essersi occupato di usura, a 78 anni guida gli azionisti e i correntisti della Popolare di Vicenza che hanno visto svaporare i risparmi. «Le telefonate sono continue. Li sento piangere, persone disperate che non hanno più nemmeno la forza di reagire». I soci in difficoltà sono 119 mila. Il buco di bilancio del 2015 viaggia sul miliardo e 400 milioni di euro. Pure declinato nel rivolo di azionisti, una batosta spesso letale. Patrizio Miatello, impresa di trasporti a Vedelago vicino a Treviso e braccio destro di don Torta, ai numeri della banca aggiunge le cifre del costo sociale del dissesto. «Abbiamo salvato più di 100 persone che volevano suicidarsi a causa di questi “piccoli problemi”», denuncia alla tribuna dell’assemblea della Popolare.
L’ARTIGIANO
C’è un artigiano che di «piccoli problemi» ne ha due. Uno con la Popolare di Vicenza e uno con un’altra banca. La sua officina meccanica è una di quelle che lavorando nell’indotto partecipa a tenere in piedi l’intera economia del Nord-Est. I risparmi di una vita di sacrifici – 40 anni in officina, sabato e domenica compresi, niente Natale o Pasqua – li aveva investiti tutti nella Popolare. Quando ha scoperto che le sue azioni erano arrivate a valere lo 0 virgola niente, per non chiudere è andato a bussare a un’altra banca. Gli effetti lunghi della crisi, l’impossibilità di fornire solide garanzie se non il proprio lavoro, hanno fatto il resto. «Quando gli hanno detto che se non rientrava subito gli avrebbero tolto la casa è crollato. L’ho sentito piangere: “Se questa è la vita che devo fare tanto vale uccidersi”. Si sentono annientati e soli. Abbandonati da politica e da istituzioni. Aveva bisogno di 10 mila euro. Sembrano pochi ma sono tanti in certi casi. La Provvidenza lo ha fatto incontrare con una persona buona. Ma quanti finiscono nel giro degli usurai?», racconta don Torta del piccolo artigiano alle prese con le carte bollate per salvare vita e azienda.
IL MACELLAIO
Il suo negozio andava bene. Bastavano lui dietro al bancone e la moglie alla cassa, per tirare avanti più che dignitosamente. La figlia no. Per la figlia sognava un altro futuro, lontano da questo paesino del Nord-Est. Adesso che finalmente si era laureata e si doveva sposare, aveva pensato di regalarle la casa. Una consuetudine tra queste famiglie con un alto valore della famiglia. «Di fronti a dissesti come questi si guarda sempre ai conti economici. Poi ci sono i drammi umani. Le situazioni di disagio si contano a decine. Dove non ti nascondono ti aver pensato di farla finita», ammette l’avvocato Andrea Arman anche lui alla guida di un’associazione di azionisti della banca. «Il macellaio aveva depositato 600 mila euro. Quando chiese di prelevarne 400 mila euro per costruire la casa della figlia si sentì fare una proposta che sembrava allettante. La banca gli avrebbe concesso un prestito di 400 mila euro. In cambio avrebbe sottoscritto azioni della Popolare per 600 mila euro. Ora si trova senza più il capitale e con un debito enorme con il rischio che gli tolgano casa e negozio».
LA PENSIONATA
I casi disperati sono tra gli anziani. Dopo una vita di lavoro da impiegata in una piccola fabbrica della zona era riuscita a mettere da parte 65 mila euro. Nemmeno troppi, abbastanza per questa donna sola, senza marito o figli. La pensione da 900 euro è sufficiente se si sanno fare i giochi di equilibrio. «Quella donna non ha più nulla. Nelle carte della banca risulta aver accettato i suggerimenti di chi sta dietro le sportello. Facile che abbia firmato, visto che questa donna sa zero di finanza. “La serenità della mia vecchiaia era in quel conto. Ho perso soldi e la serenità per andare avanti”. Cosa puoi dire a una donna così?», chiede a tutti don Torta.
MADRE E FIGLIO
L’avvocato Arman non cura la parte legale degli azionisti. «Questione di principio. Però in studio ne vedo arrivare a decine. L’ultimo pochi giorni fa. Un ragazzo rimasto orfano di padre da poco tempo. Con una parte dei risparmi della madre – stiamo parlando di 25 mila euro – volevano pagare il rito funebre. Ma in banca sono rimasti 130 euro. Tutto il resto se l’è mangiato la Popolare di Vicenza. Le azioni bloccate dalla banca erano state acquistate dalla donna che a 78 anni era indicata nel profilo Mifid come “diplomata con la propensione ad investimenti ad alto rischio”. Ma lei ha solo la licenza media, nemmeno un risparmio da parte e tutta la disperazione di chi non ha più niente».
 

A Enrico Letta la Légion d’honneur francese

ai servetti e collaboratori del compagno Hollande, dopo il saudita grande tutore di diritti umani all’altro imbelle
L’ex premier figura tra le 535 personalità che verranno insignite dell’onorificenza
27/03/2016
 
Enrico Letta figura tra le 535 personalità insignite della Legion d’Onore dal presidente della Repubblica francese, Francois Hollande, di cui è stato pubblicato l’elenco nel giorno di Pasqua. L’ex premier, che dirige la Scuola di affari internazionali della facoltà di Scienze politiche di Parigi, è uno dei 22 insigniti del titolo di commendatore in qualità di personalità straniera che vive in Francia. I cavalieri sono 433 e gli ufficiali 73.
Legion d’onore, fra gli altri, anche per l’attuale commissario europeo Pierre Moscovici, per il filosofo Edgar Morin, per l’attore Pierre Arditti e per il 44enne fumettista Joann Sfar, autore de «Il gatto del rabbino».

REFERENDUM NO TRIVELLE

Alla faccia di quanto il governo si è impegnato a fare al vertice COP 21 di Parigi  contro il riscaldamento globale e la sostituzione dei  combustibili fossili con le energie rinnovabili, i mari e le terre del nostro paese continuano ad essere trivellati e devastati per estrarre ancora idrocarburi fossili.
Centinaia di piattaforme petrolifere stanno bucando il fondo del mare e il territorio provocando danni ingenti ad ambiente e salute, con un ritorno ridicolo in termini di occupazione e guadagno e gravissime perdite di occupazione e reddito nei settori di agricoltura, turismo, pesca e lesioni irreversibili al paesaggio. L’8 aprile vedremo un filmato che ci mostrerà quanto una bellissima regione d’Italia è stata devastata dalle trivelle e che cosa ne è venuto alla salute della popolazione.
Il referendum contro le estrazioni a tempo indeterminato entro le 12 miglia dalle coste, perlopiù di compagnie straniere, è stato chiesto e ottenuto da ben 9 regioni italiane. Il sì al divieto è sostenuto dal Coordinamento Nazionale dei Comitati No Triv, da tutte le organizzazioni ambientaliste e dal Movimento 5 Stelle.
Con una mossa da magliaro, il governo Renzi ha voluto strozzare la campagna referendaria fissandola in termini strettissimi, al 17 aprile, anziché unirla alle amministrative di giugno e buttando così 350 milioni di euro. Invita all’astensione e spera di impedire il raggiungimento del quorum.
 
Dimostriamogli che il suo trucco non funziona, impediamogli di svendere la nostra salute, l’ambiente, mare e territori, il clima, ai suoi amici delle lobby petrolifere.
VOTIAMO SI IL 17 APRILE.
E intanto vediamoci tutti l’8 aprile a sera a Manziana.

REFERENDUM CONTRO LE TRIVELLE PETROLIFERE

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Il governo riprivatizza l’acqua che 27 milioni di italiani hanno voluto pubblica e devasta mari e terre con centinaia di piattaforme per l’estrazione di gas e petrolio. I profitti vanno a compagnie straniere, i danni a ambiente, vita marina, pesca, agricoltura, turismo, sono nostri.Trascurando energie pulite e rinnovabili, si incentivano i gas climamutanti che minacciano la catastrofe planetaria. Anziché farci votare a giugno contro le trivelle entro le 12 miglia dalla costa, nello stesso giorno delle amministrative, il governo,  buttando 350 milioni, ha voluto strozzare i tempi per impedire il quorum. Mostriamogli che non ci ha fregati.

RANIERO MAGGINI, WWF e Coordinamento Nazionale Vota SI,ci parlerà di cosa è in gioco per tutti noi. FULVIO GRIMALDI presenterà il filmato“BEVO, MANGIO, RESPIRO PETROLIO”.

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MANZIANA

8 APRILE ORE 20.30

SALA COMUNALE

PIAZZAFIRENZE

SIRIANI E ALLEATI CELEBRANO LA PASQUA LIBERANDO PALMIRA, SITO ARCHEOLOGICO E CENTRO ABITATO.

IL TERRORISMO E’ LA RISORSA DEGLI SCONFITTI.
 
Felicissima Pasqua e Pasquetta! la sorpresa più bella? Palmira liberata dalle Forze Speciali siriane, da Hezbollah e dalle Brigate iraniane, sotto copertura aerea russa.. Il mercenariato Isis dei criminali Nato e del Golfo è in fuga. Avanti verso Raqqa e la totale liberazione della Siria. Mercenari e mandanti cercano di rifarsi col terrorismo. In Medioriente e in Europa.
Palmira libera

Lyon Turin projet d’arrêté préfectoral de dérogation contre la protection de la biodiversité

NO TAV Maurienne relaie l’info et vous invite à répondre à la consultation publique qui concerne le chantier du tunnel de base :  voir ci dessous

Communication du Comité NDDL GPII 73 réuni le 24 mars   (faites circuler!)

Sur l’itinéraire du Lyon Turin, et à la demande de la société TELT, l’Etat engage une pseudo concertation qui a lieu jusqu’au 3 Avril pour prendre un arrêté  qui permettra aux entreprises de déroger aux Lois protégeant la nature…. rien que cela! 
27 habitats écologiques sont concernés et seront détruits par les travaux.
 
Vous avez tous compris: NDDL est passé par là! 
Pour éviter les recours concernant le non respect de certaines lois environnementales….. l’Etat prend désormais les devants et décide que ses propres lois ne méritent pas d’être respectés. Inadmissible !
 
Donc :
1- Lyon Turin et NDDL, meme combat ! 
2- Attention, ce genre de comportement abject se propage à tous les projets inutiles…
 
Merci à tous d’aller sur le lien ci dessous  AVANT LE 3 AVRIL et de dire ce que vous en pensez!  (cool, vous avez tout le week end de Pâques pour le faire!)
 
Pour répondre directement à la consultation publique et donner son avis: 
(pour remplir le questionnaire, le nom de la consultation = TELT / le département = Savoie)
Pour consulter les documents 
(6 dossiers dont certains font 312 mo, bon courage!! mais transparence oblige, vous saurez tout!)
Pour ceux qui veulent faire simple, le comité NDDL GPII 73 propose  le texte ci-dessous à copier-coller (n’hésitez pas à le personnaliser) 
“Je m’oppose à ce projet de dérogation aux lois qui protègent l’environnement, les habitats, les espèces animales et végétales dont nous avons tant besoin. D’autant plus que l’utilité publique du Lyon Turin est totalement contestable. Pourquoi voter des lois démocratiquement si elles sont ensuite si facilement contournables par un préfet ?  Uniquement pour empêcher d’éventuels recours juridiques par les citoyen-nes comme pour le projet NDDL ?
Cette manoeuvre est d’autant plus inacceptable  au moment où est votée une “grande loi” sur la biodiversité, et où Hollande affirme vouloir renforcer  la démocratie environnementale”
 
Le comité NDDL GPII 73 vous remercie pour votre action!

Pekino fustiga Obama accusato di voler creare un secondo Medio Oriente nel Mare sud della Cina

chi? Il santo premio nobel per la pace Obama? NOoo impossibile
Mar 25, 2016
 
Marineros-chinos
Forze di marina cinesi
 
di Alfredo Jalife Rahme
 
Mentre ricevono a Pekino a Henry Kissinger e Christine Lagarde, direttrice del FMI, nel Foro per lo Sviluppo della Cina 2016, i dirigenti cinesi, per mezzo dei loro strateghi militari, si prendono il tempo di avvisare cira il possibile inizio di un conflitto interminabile, allo stile di un secondo Medio Oriente, se Obama persiste nelle sue provocazioni contro la Cina nel Mar cinese del sud, dove le Filippine hanno appena concesso alle forze militari USA di accedere nell’area che risulta oggetto di disputa con la Cina.
 
Si nota che, con i suoi 92 anni d’età, Henry Kissinger, – il polemico ex segretario di Stato, oggi grande alleato della Rockefeller Foundation e della la petroliera ExxonMobil, il quale è stato da poco ricevuto dallo Zar Vladimir Putin e se ne va sciolto fra Mosca e Pekino.
 
Gli USA hanno appena annunciato che le proprie forze militari avranno una presenza a rotazione in cinque basi nelle Filippine – una di quelle, la base aerea Antonio Bautista, sarà installata nelle vicinanze delle isole contese di Spratly, nello splendente Mar Cinese meridionale- dietro un accordo di sicurezza per 10 anni.
 
Gli USA sono stati a fare pressione su vari paesi del blocco consolidato del sud est asiatico – specialmente Filippine e Vietnam – per confrontarsi con Pekino per la supremazia nel Mar sud della Cina. Il progetto di collocare un sistema missilistico difensivo degli USA in Corea del Sud come rappresaglia e reazione al recente test nucleare della Corea del Nord, la miniaturizzazione di una presunta bomba ad idrogeno e il suo possibile collocamento satellitare, così come ai lanci missilistici di Pyongyang– hanno messo molto nervosismo alla Cina ed alla Russia, paesi di frontiera con la Corea del Nord.
 
I missili “difensivi” contro la Corea del Nord costituiscono una eccelsa giustificazione per dare il pretesto al Pentagono di mettere sotto assedio missilistico e nucleare la Cina e la Russia nel lontano Oriente. Peng Guangqian, uno stratega militare cinese, si scaglia contro il falso schema degli USA nel Mar Cinese meridionale: “gli Usa, forse preoccupati per la loro influenza declinante e sospettosi per l’ascesa della Cina, hanno intavolato un numero di azioni meschine nel Mare del Sud della Cina”, quando Washington è lo Stato meno qualificato per criticare gli altri per la loro militarizzazione”, visto che dispone di un numero schiacciante di sottomarini nucleari, di bombardieri furtivi, di massicci gruppi di portaerei nucleari e di navi da guerra da Guam alle Haway.
 
Peng sostiene che, “se i mari del sud si andranno a militarizzare, gli USA saranno i principali responsabili, per effetto delle loro istruzioni e delle loro esercitazioni militari congiunte che hanno scatenato un pandemonio nella regione”. Più ancora Peng critica gli USA “che hanno stabilito una rete militare intorno alla parte occidentale dell’Oceno Pacifico”.
 
Peng conclude ferocemente che “gli USA non sono un paese della regione, nè la parte querelante nel Mar della Cina Meridionale”.
 
Matthew Allen, nel rilevante portale “Russia Insider”, considera, circa l’esasperazione della Cina: “quando uno dei grandi poteri economici e militari del mondo avvisa circa la possibilità di un secondo Medio Oriente, la cosa migliore è acoltare. Specialmente quando coordina la sua politica estera con la Russia”.
 
L’ostilità di Obama verso la Cina non è recente, come di comprende dalla sua recente intervista polemica alla rivista The Atlantic.
 
Più che la Russia, Obama ha determinato che sia la Cina il vero nemico degli USA quando tutti le sue azioni ostili lo rivelano: dalla sua politica del perno (pivot) passando dall’accerchiamento fatto con l’accordo commerciale transpacifico (TPP) – di fa cui fa parte anche il Messico neoliberista ed italita- fino alle recenti incursioni nel mar della Cina Meridionale con il pretesto di riaprire la “libera navigazione, “ come se Pekino avesse piacere di essere circondata , asfissiata e di scollegarsi dal mondo esterno.
 
Cosa avranno voluto significare i geostrateghi cinesi con la metafora emorragica di un “secondo Medio Oriente”?
 
Guerre regionali, cambiamenti di regime, rivoluzioni colorate teledirette e la balcanizzazione in 10 paesi del sud est asiatico: tutte operazioni dirette dagli USA che portano almeno un quarto di secolo nella matrice di origine per tutti gli sviluppi mediorientali?
 
Sembrerebbe che la Cina sia disposta ad acclimatarsi a dovere o a sottostare alla lacerante metamorfosi tanto del “confronto” come della “cooperazione – la classica politica del “bastone e della carota”: the stick and the carrot–che gli USA le assestano in forma simultanea.
 
Roger Baker, del portale texano -israeliano Stratfor, che si presenta come la CIA dietro le quinte, argomenta – in riferimento ad un testo previo molto discutibile ed erroneo da circa otto anni sulla geopolitica della Cina: una grande potenza chiusa , secondo la visione obliqua ed interessata degli USA e di Israele.- che la Cina dispone di tre imperativi primordiali geopolitici:
 
1) mantenere l’unità interna nelle regioni cinesi della maggiornaza Han; 2 Mantenere il controllo delle sue regioni di ammortamento (Xinjiang, Tíbet y Mongolia), 3) Proteggere la costa dall’usurpazione esterna”.
 
Gli USA hanno cercato, con diversi mezzi indiretti, di destabilizzare le province buddiste del Tibet e quella islamica sunnita Xinjiang, mentre, in date recenti, ha impedito il predominio di Pekino nel conteso Mar della Cina Meridionale, dove ha aizzato altri paesi regionali che rivendicano anche la loro sovranità marittima.
 
A giudizio di Baker, la “crescita economica cinese ha creato un quarto imperativo”: proteggere le rotte commerciali strategici della Cina, le sue risorse ed i suoi mercati della proibizione esterna”, per cui cerca i mezzi per assicurarsi le sue vulnerabili linee di rifornimento, espandere la sua presenza marittima ed estendere la sua presenza finanziaria e la politica internazionale”.
 
I quattro imperativi geopolitici della Cina entrano in collisione con due dei cinque imperativi degli USA, in particolare con il quarto ed il quinto:
 
1) Dominare la foce del grande Mississipi (traduzione: il controllo del Golfo del Messico); 2) “eliminare tutte le minacce terrestri nella foce del grande Mississipi (traduzione: neutralizzare Cuba)”; 3) “il controllo delle vicinanze oceaniche del Nord America “: controllare il mar dei Caraibi (traduzione: implementare i postulati geopolitici di Spykman); 4”controllare gli oceani mondiali (traduzione: contro la Cina) e 5) “prevenire l’ascesa di qualsiasi sfida potenziale (traduzione la Russia e la Cina).
 
Baker ha sentenziato : gli USA vedono la Cina in ascesa e l’espansione dell’Armata cinese come una sfida diretta alla sootostante strategia di sicurezza nazionale statunitense. A cosa porterà l’inevitabile decadenza degli Stati Uniti di fronte all’ascesa irresistibile della Cina ed alla risurrezione miracolosa della Russia?
 
Fonte: La Jornada
 
Traduzione: Manuel De Silva

Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, accusa la Clinton di essere la responsabile della creazione dell’ISIS

Mar 25, 2016
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Rudy Giuliani
 
Parlando nel corso di una riunione della associazione Reilly Factor, l‘ex sindaco della città di New York ha affermato che la signora Clinton è la responsabile della creazione dell’organizzazione terrorista che controlla parti della Siria e dell’Iraq, visto che lei (la Clinton) era la Segretaria di Stato durante il primo mandato del Presidente Barack Obama.
“Fu lei che aiutò a creare l’ISIS”, ha affermato Giuliani, “Hilary Clinton potrebbe considerarsi un membro fondatore dell’ISIS”.
 
“Per essere stata lei parte di una Amministrazione che si è ritirata dall’Iraq. Per essere stata lei parte di una Amministrazione che ha permesso che il premier Al Maliki (ex primo ministro iracheno) rimanesse in carica, cosa che ha obbligato gli sciiti a realizzare elezioni. Per non essere intervenuta in Siria nel momento adeguato. Per essere parte di una Amministrazione che ha tracciato 12 linee rosse sulla sabbia e si è fatta ridere dietro”.
 
Interrogato dal presentatore, Bill O’Reilly, di come e in che modo si possa indicare come responsabile, O ‘ Reilly ha segnalato che la Clinton non poteva imporre una politica al Presidente Obama. La sua unica opzione , ha detto, era quella di dimettersi.
 
Si questo è quello che avrebbe fatto un patriota”, ha risposto Giuliani.  Fonte: Huffington Post
 
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US Secretary of State Hillary Clinton (R), Kuwaiti Minister of State for Foreign Affairs Mohammed Al-Sabah Qlors and Prince Saud Al-Faisal Minister of Foreign Affairs of Saudi Arabia attend a meeting in Marrakech on November 2, 2009. Clinton met her counterparts on the sidelines of teh Sixth Future Forum, organized by Morocco and Italy. AFP/PHOTO/Abdelhak Senna (Photo credit should read ABDELHAK SENNA/AFP/Getty Images)
 
Nota: Quindi anche negli USA si inizia a mormorare circa le pesanti responsabilità della Clinton circa la creazione dello Stato Islamico e la diffusione di questo in Siria ed in Iraq.
Naturalmente Giuliani omette di dire quello che altri commentatori, come Paul Craig Roberts (ex assistente dell’Amministrazione Reagan), dicono apertamente: fu la Clinton a far armare e finanziare i gruppi jihadisti in Siria per ottenere il rovesciamento del governo di al-Assad in Siria. Fu lei, assieme al responsabile della CIA, ad ordinare la creazione dei campi di addestramento per i miliziani in Giordania e poi in Turchia, fu lei ad organizzare un ponte aereo per trasferire tonnellate di armi nella base in Turchia di Incirlik, da dove le armi furono consegnate nelle mani dei teroristi jihadisti,in collaborazione con Arabia Saudita e Qatar che provvedevano agli arruolamenti ed al pagamento dei salari ai mercenari. Tutto questo seguendo le indicazioni strategiche date dalla DIA (Defence Intelligence Agency) e dal governo israeliano, per arrivare ad una nuova mappa del Medio Oriente, puntando sulle divisioni settarie ed etniche della regione ed alimentando la guerra tra le fazioni sunnite salafite e sciite.
 
Per la Clinton, candidata della lobby sionista negli USA, la politica di Washington doveva seguire esattamente le linee strategiche disegnate anni prima dai piani dei consiglieri sionisti della Casa Bianca, come Zbigniew Brzezinski e Paul Wolfowitz, in particolare si doveva  realizzare il rovesciamento dei governi arabi  laici e nazionalisti, come quello di Saddam Hussein, di Gheddafi e di Al-Assad e favorire l’ascesa dei gruppi integralisti salafiti appoggiati dall’Arabia Saudita e dagli Stati del Golfo, visto che questo era ed è nell’interesse di Israele. Per la Clinton è attualmente prioritario isolare e neutralizzare l’Iran, considerato la maggiore minaccia per Israele e rovesciare i governi alleati di Teheran, come quello di Damasco e di Baghdad.
 
Se la Clinton dovesse arrivare alla Presidenza USA è sicuro che il numero record di guerre intraprese dall’Amministrazione Obama, sarebbe nettamente superato e raddoppiato  da questa donna che rappresenta le tendenze più guerrafondaie degli USA e gli interessi della lobby delle industrie dell’armamento e del Pentagono. Un personaggio che ha l’appoggio concorde di tutte le grandi lobby USA e dell’elite finanziaria per proseguire le politiche intraprese da Bush e da Obama.
 
Non a caso anche in Italia, i grandi opinionisti dei “giornaloni” del sistema, come Repubblica ed il  Corriere della Sera (Panebianco and company) hanno già iniziato la loro campagna di convincimento affermando (senza pudore) “perchè a noi conviene Hilary Clinton “.
 
 
Traduzione e nota: Luciano Lago

ISIS, guerra delle valute, tassi FED, corsa all’oro: gli scenari della “terza guerra mondiale a pezzi”

Mar 18, 2016
 
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La terza guerra mondiale
di  Luisanna Deiana
 
La crescente instabilità degli scenari internazionali già nell’agosto 2014 veniva riassunta in modo essenziale nelle parole di Papa Francesco, che in modo provocatorio ma efficace dichiarava “siamo entrati dentro la terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”. In questa guerra frammentata gli scontri avvengono su più livelli, oltre a quello geopolitico con importanti aree di crisi lungo i confini dell’ex Russia Sovietica (Ucraina, Caucaso, Ossezia del Sud, Siria, Afghanistan), si combatte una guerra economico-finanziaria tra deflazione e tassi d’interesse per l’accaparramento delle risorse e dei maggiori mercati del pianeta.
 
Intriso d’acume e essenzialità tipici della tradizione gesuitica, il giudizio storico del Papa sulle vicende contemporanee è passato quasi inosservato sulla stampa occidentale che raramente offre un’analisi correlata degli eventi internazionali. Una narrazione frammentata lascia spazio alle interpretazioni, non consente di individuare i mandanti e permette di orientare più facilmente l’opinione del lettore. La dichiarazione del pontefice ha invece trovato un’eco adeguata sulla stampa russa che vi ha letto un chiaro riferimento alla correlazione esistente tra le aree di crisi in Siria e Ucraina e gli effetti politici ed economici a livello mondiale.
 
Proviamo allora a leggere gli avvenimenti internazionali con un approccio sistemico, cercando le analogie tra aree geopolitiche e livelli di crisi economico-finanziaria:
 
ISIS e Guerra santa : le regioni su cui si è diffuso il fondamentalismo islamico corrispondono alle aree d’attrito tra l’ex blocco sovietico e la politica neocon degli USA di fine novecento e andando ancora a ritroso coincidono con i paesi arabi che nell’ottocento erano contesi tra l’impero britannico e quello zarista. I gruppi fondamentalisti sono però un fenomeno solo contemporaneo che compare per la prima volta alla fine degli anni 70 nell’Afghanistan guidato dal Partito Democratico Popolare Afghano, di influenza sovietica. Con l’applicazione della riforma agraria, le gerarchie religiose islamiche vennero fortemente penalizzate e ben presto i mujaheddin (santi guerrieri), ricevettero consistenti finanziamenti dagli USA di Carter e Arabia Saudita per intraprendere la jihad (guerra santa) contro “il regime dei comunisti atei senza Dio“. Il vero obiettivo dell’ingerenza americana era chiaramente estromettere la regione dal controllo russo. Gli Stati Uniti succeduti nel novecento agli inglesi come potenza coloniale, durante la guerra fredda cercarono di ostacolare la diffusione del comunismo nei paesi arabi che gravitavano nell’area sovietica. Il programma firmato da Carter a luglio del 1979 prevedeva il finanziamento segreto dei gruppi fondamentalisti in funzione anticomunista e la creazione di centri di reclutamento e addestramento in Pakistan.
 
Il fondamentalismo prima e i movimenti ultranazionalisti poi si sono radicati nei decenni seguenti nelle regioni periferiche dell’ex-Unione Sovietica continuando ad essere armati da USA e Arabia Saudita: Afghanistan, Cecenia, Balcani, Ucraina e ancora Iraq, Siria, fino a diffondersi nel continente africano dove Russia e Cina stanno finanziando lo sviluppo di importanti mercati energetici.
 
E’ palese che la vera matrice di questi movimenti disgregatori è da ricondursi ai paesi finanziatori che ne determinano la nascita e la morte. Come dimostrano i recenti e rapidi arretramenti dello Stato Islamico dopo l’intervento russo, i veri protagonisti della mischia mediorientale sono USA, Turchia e Arabia Saudita da un lato e Russia, Iran e Libano dall’altro. Le principali conseguenze di queste forze distruttive sono rilevanti non solo sul piano umanitario e geopolitico, ma sono uno strumento di condizionamento delle vicende politiche economiche di intere aree. Ne sono un chiaro esempio le sanzioni economiche imposte alla Russia dopo la crisi di Crimea del 2014. L’obiettivo strategico USA di allontanare l’intesa russo-tedesca si consolida quindi nelle ritorsioni russe con l’embargo dei prodotti alimentari europei che rappresentano nel comparto agroalimentare europeo un danno stimato di 12 miliardi dollari annui.
 
In un certo senso la politica di “contenimento” verso la Russia prosegue da oltre due secoli sugli stessi territori della Heartland (Cuore della terra) o Eurafrasia, e la teoria di inizio novecento del geografo inglese Mackinder trova ancora oggi riscontro nella contrapposizione tra la talassocrazia degli USA e il blocco continentale Russia-Cina che controlla più del 50% delle risorse mondiali.
 
Guerra dei Mari Cinesi: sul fronte orientale lo scontro tra Cina, USA, Corea del Sud e Vietnam per il controllo degli arcipelaghi del Mare Cinese Orientale e Meridionale non necessita di intermediari e i protagonisti si sfidano frontalmente senza temere lo schieramento di armi strategiche, come hanno fatto i cinesi lo scorso febbraio armando l’isola di Woody di missili terra-aria e aerei da combattimento. In gioco è il controllo delle acque strategiche per le rotte marittime dei rifornimenti energetici asiatici, delle zone ricche di giacimenti di petrolio e gas, nonché di vitali risorse ittiche dei mari orientali.
 
Uno degli scenari più allarmanti a livello internazionale è rappresentato dalle continue escalation di toni tra Corea del Nord e Usa-Corea del Sud che vanno avanti dal 2013. L’imprevedibilità nordcoreana nel passare dalle parole ai fatti anche per episodi di marginale rilievo, preoccupa fortemente gli interlocutori internazionali, tanto da vedere Cina e USA simbolicamente unite nell’imposizione delle ultime sanzioni economiche alla Corea del Nord.
 
Guerra economico-finanziaria. Occorre premettere che l’aumento dei tassi d’interesse statunitensi, stabiliti dalla Federal Reserve, la banca centrale più influente al mondo, implica un generale raffreddamento dell’economia mondiale e un significativo rientro dei capitali negli Stati Uniti provocando conseguenze tragiche nei mercati emergenti e sulle economie in fase deflattiva. L’apprezzamento del dollaro è un richiamo verso i capitali globali in dollari che rientrano negli States con un enorme volume di investimenti (nel mercato azionario, dei futures e nell’acquisto dei titoli del debito statunitense) riducendo notevolmente la liquidità disponibile e gli investimenti all’estero. Il rialzo dei tassi FED consente agli Usa di appropriarsi della quota maggiore della rendita finanziaria che viene prodotta su scala mondiale, questo in virtù del ruolo del dollaro come principale moneta degli scambi internazionali. Infatti la redistribuzione del capitale finanziario nelle diverse parti del mondo è strettamente correlata alla rimuneratività che queste garantiscono e l’apprezzamento del dollaro costituisce un irresistibile richiamo al rientro dei capitali in patria.
 
Ripercorrendo le crisi finanziarie mondiali degli ultimi quarant’anni, diviene evidente la correlazione esistente tra aumento dei tassi FED, orientamento dei flussi di capitale, crisi economiche e conseguenze politiche. Agli inizi degli anni ’80 tutti i paesi dell’America Latina furono investiti da una drammatica crisi economica (dovuta all’improvvisa mancanza di capitali in dollari rientrati in patria con i rialzi FED), che portò i paesi sulla bancarotta e condizionò l’avvicendamento dei poteri politi. Negli anni ’90 fu la volta delle Tigri asiatiche che con la ripresa della politica del dollaro forte finirono nella spirale di feroci speculazioni finanziarie che portarono alla svendita a prezzi stracciati degli asset strategici ai capitali americani.
 
La crisi americana del 2008 seguita alla bolla speculativa di Titoli Subprime ha temporaneamente congelato i rialzi dei tassi FED e a dicembre 2015 si è chiuso un periodo di relativa stabilità nei mercati finanziari.
 
L’aumento dei tassi FED deciso il 16 dicembre 2015, il primo dopo 10 anni, ha avuto immediate conseguenze sui mercati internazionali, in particolar modo sulla Cina, che in vista dei preannunciati rialzi, già a partire da luglio ha iniziato ad adottare le contromosse economiche svalutando lo yuan per tutelare le esportazioni. Gli investitori internazionali attendevano un apprezzamento del dollaro già dal 2014 e la Cina, consapevole degli enormi rischi derivanti dalla stretta sui capitali in dollari, ha intrapreso nel 2015 alcune strategie correttive: la svendita dei treasury americani per liberarsi di un’importante quota del debito americano e la svalutazioni dello yuan, con l’obiettivo di tutelare le esportazioni e compensare le perdite derivanti da una fugga di capitali. E’ da notare che la stampa occidentale demonizza il ruolo della Cina nell’attuale instabilità finanziaria, mentre basterebbe osservare i flussi di capitale per cogliere le rilevanti implicazioni dei mercati azionari americani sul resto del mondo.
 
Sempre correlato all’aumento dei tassi FED è la spregiudicata mossa ultra-espansiva di Mauro Draghi del 10 marzo scorso. Con il QE, il taglio dei tassi, l’aumento della liquidità alle banche e il piano d’acquisto dei titoli, la BCE intende sopperire al profondo cambiamento che l’apprezzamento del dollaro ha imposto ai flussi di capitali. Infatti l’espansione di bilancio operato dalla Banca Europea corrisponde ad una aumentata offerta di valuta che ne genera quindi il deprezzamento, equivalendo ad una svalutazione monetaria. In estrema sintesi, la politica di Draghi è con altri strumenti una svalutazione dell’euro, parallela a quella dello yuan cinese. Nelle parole di Draghi, “tutto è cambiato a partire da dicembre” è evidente il riferimento alla rivalutazione del dollaro e la guerra FED – BCE attende le prossime mosse che potrebbero portare a un rinvio del secondo rialzo dei tassi sul dollaro. In piena campagna elettorale, i candidati delle prossime presidenziali americani faranno molta fatica a difendere un dollaro forte che implica diametralmente un calo delle esportazioni nel manifatturiero.
 
Corsa all’oro: sintomatico della profondità della crisi e dell’instabilità economica internazionale è la riscoperta dell’oro come bene rifugio. Con la quotazione del 4 marzo, l’oro è entrato nella fase rialzista con una quotazione che ha raggiunto 1.279,60 dollari l’oncia toccando una crescita record del 22,% rispetto ai minimi dello scorso dicembre. Alla base di questa recente corsa all’oro vi è la volatilità dei mercati azionari, l’apprezzamento del dollaro, le aspettative di deflazione e il diffuso pessimismo per quanto riguarda l’economia globale che favoriscono l’accumulo di risorse in oro per prevenire le bufere dei mercati e l’acuirsi delle crisi geopolitiche internazionali.
 
Fonte: Sponda Sud