Referendum approva seconda galleria del Gottardo

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Lunedì 29 Febbraio 2016 13:18

La maggioranza dei votanti al referendum che si è svolto il 28 febbraio 2016 in Svizzera sul progetto di raddoppio della galleria stradale lo ha approvato. Ma l’opera non aumenterà la capacità in termini di veicoli in transito.

Gottardo tunnel strada centrale controllo

I promotori del referendum contro il secondo tunnel stradale del San Gottardo hanno perso: anche se di misura, infatti, il progetto ha ottenuto il consenso degli elettori, confermando la volontà già espressa dal Governo e dal Parlamento federale. Il progetto prevede lacostruzione di una seconda canna, che permetterà di dividere il flusso del traffico in direzione sud da quello verso nord. Secondo i promotori, la nuova canna non aumenterà la capacità della galleria, ma servirà ad aumentarne la sicurezza.
Il passaggio referendario permette di continuare la procedura di realizzazione, che prevede l’avvio dei lavori nel 2020. Prima sarà costruita la seconda canna e quando sarà percorribile dai veicoli, verrà chiusa la prima per risanarla. Al termine di tutti i lavori, probabilmente nel 2030, saranno aperte entrambe le canne, ma con una corsia per senso di marcia. Il costo previsto raggiunge i due miliardi di franchi.
Se avesse prevalso il no, la galleria del San Gottardo sarebbe dovuta restare completamente chiusa per l’intero periodo dei lavori di potenziamento, creando gravi disagi nei collegamenti stradali tra il Ticino e il nord della Svizzera. I promotori del referendum avevano proposto, in questo caso, di trasferire il traffico degli autoveicoli su navette ferroviarie, usando la nuova galleria ferroviaria di base Alptransit.
La battaglia per il tunnel stradale non termina qua. I promotori del referendum chiedono ora al Governo federale precise garanzie che la nuova opera non aumenti la capacità della galleria, come prevede anche la Costituzione svizzera. Ma che cosa succederà quando ci saranno due canne funzionanti e magari lunghe file di veicoli in attesa di entrare nel tunnel, perché resterà in vigore il numero massimo di automezzi presenti nella galleria? È possibile che si attiveranno pressioni per aumentare la capacità della galleria, provenienti soprattutto dall’Unione Europea, per aprire due corsie per senso di marcia.

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REGENI? CE L’HANNO MANDATO. IN BALLO LO STERMINIO ARABO.

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 3 MARZO 2016

“Ci sono due modi per essere presi per i fondelli. Uno è di credere ciò che non è così,l’altro di rifiutare di credere ciò che è così”. (Kierkegaard, filosofo danese)
Ultima ora: Dopo Regeni e l’attentato al consolato italiano in Egitto, due italiani uccisi in Libia a Sabrata, città sotto controllo islamista. E l’Italia si appresta a partire in armi contro la Libia. La domanda è: i Fratelli Musulmani e chi li manovra fanno tutto questo perché ci vogliono, o NON ci vogliono, in Libia?
Contro Erdogan e Saud
Le vedete  queste due foto? Roma, pochi giorni fa. Una è di trenta persone davanti all’ambasciata turca, cioè di quel paese Nato che, oltre a massacrare i suoi cittadini, turchi o curdi che siano, è il massimo artefice dell’Isis e delle sue nfandezze in Siria e Iraq (nella colonna di destra del blog, sotto “Interventi di Fulvio Grimaldi”, ne parlo alla tv iraniana), l’altra, di una cinquantina, davanti a quella d’Egitto. I trenta sono attivisti del Comitato No Guerra No Nato e dell’associazione No War. Quattro gatti che, imperterriti, alla faccia dei numeri, li trovi ovunque ti aspetti invano di trovare una manifestazione oceanica contro i crimini della globalizzazione bellica degli Usa, della Nato, della “comunità internazionale” e dei suoi mercenari. Piccoli fuochi, certamente non fatui, dove ignavia, ignoranza, panciafichismo, codardia, opportunismo, fanno mancare l’incendio. Un battaglione di poliziotti e carabinieri li hanno tenuti fuori dalla portata di sputo e di slogan dall’ambasciata turca..
Contro l’Egitto
Gli altri sono dell’internazionale dei diritti umani come li interpretano la “comunità internazionale” (leggi: l’Occidente imperialista), Amnesty International (leggi Dipartimento di Stato), Avaaz (leggi Wall Street) e Human Rights Watch (leggi George Soros e Sion). Li ho visti, tali e quali, alle chiassate dei ratti anti-Serbia, anti-Iraq, anti-Libia, anti-Siria. Eccellenze filo-israeliane quali Erri De Luca, equilibristi come Un Ponte per, Signori del pacifismo clerico-istituzionale come Flavio Lotti della Tavola della Pace solita marciare con chi bombarda Belgrado, gli anticomunisti del “manifesto”, i corifei di ogni nefandezza doppiogiochista Arci, Acli, Cgil, Cisl, Uil, gli ambiguoni del Partito Umanista che ronzano attorno alle sinistre da anni, filopalestinesi passati sotto l’ala del despota Fratello musulmano del Qatar. Più il solito corredo di alternativi fuori tempo massimo, fighi e fighette delle sfilate non-violente all’ombra degli sfracelli dei violenti di Stato. 
 
Di uno Stato e di una “comunità internazionale” dal più alto tasso di criminalità da un secolo in qua, che di queste coperture falso-dirittoumaniste si compiace assai. Sinistri e destri uniti e cinti d’affetto da media e potere.  Onnipresenti sui Tg e sul “manifesto”. Cultori di tutte le  rivoluzioni colorate, sudditi di teocrazie di segno occidentale che anatemizzano “dittatori sanguinari” , confusi, complici, cretini, infiltrati, amici del giaguaro. Non c’è verso che gli scappi una sola delle bufale e False Flag lanciate dall’Impero. Non c’è verso che li trovi anche a una sola manifestazione che nomini un responsabile delle guerre, che so, davanti a poligoni sardi da cui partono gli sterminii dei popoli e degli abitanti della zona..Nessun poliziotto o carabinieri gli ha impedito di strusciarsi ai muri di cinta dell’ambasciata egiziana. Antropologia e classe sociale separano i primi dai secondi.

Contro l’Egitto 

Contro Erdogan e Saud
 
Ci sono o ci fanno?
E’ una vita che mi interrogo su due megadubbi: Lotta Continua era un’operazione spuria fin dall’inizio, o lo è diventata dopo? “Il manifesto” è venuto, o ce l’hanno mandato?  Parto dalla prima questione, lacerante per me che ne sono stato militante e direttore del giornale (150 processi, un mandato di cattura). E sarei arrivato alla conclusione che la metempsicosi da rivoluzionari in gaglioffi ( non certo delle decine di migliaia di compagni che vi hanno impegnato il lavoro, i soldi, la professione, la vita, e in molti li perdettero), è avvenuta da un certo momento in poi ed è stata coronata, alla chiusura dell’organizzazione per decisione del “capo carismatico”, dal passaggio del gruppo dirigente armi e bagagli nel campo dell’ex- nemico e ora munifico datore di lavoro e fama. Lo stesso al quale si possono intestare i compagni uccisi a vent’anni. Forse il momento di svolta coincide con l’omicidio Calabresi e con i relativi ricatti.
Divennero illustrissime e remuneratissime mosche cocchiere del menzognificio Cia-Mossad gli altri suoi compari. Sono idealmente tutti lì, davanti all’ambasciata d’Egitto. E che le ricompense per aver ringalluzzito, con i propri scilipotismi, il dominio dei farabutti, dopo le vicissitudini che lo avevano scombiccherato per una decina d’anni, scendano per li rami lungo le dinastie è stato ultimamente ribadito dalla nomina alla direzione di Rai3 di Daria Bignardi, scadente gossipara da angiporto televisivo, ma nuora di Sofri e dunque maritata a un Signor Sofri-Bignardi. Quello del lecca-lecca “Bravo Capo, ottima, ottima intervista!”, dopo che i borborigmi della consorte avevano lustrato le chiappe a Renzi.
Sul “manifesto” è svanito ogni dubbio in occasione delle guerre contro i “dittatori sanguinari” invisi a Wall Street. Con la Jugoslavia del “despota Milosevic e della pulizia etnica in Kosovo” (copyright Tommaso De Francesco), è diventato l’house organ della multinazionale pentagoniana dei diritti umani a uso bellico, a dispetto di residuali firme rispettabili che stanno lì, o perché non si accorgono di chi gli scrive accanto, o perché hanno olfatti resistenti ai peggiori miasmi, o perché ritengono utile farsi utilizzare a copertura delle nefandezze altrui. E magari hanno pure ragione.
Per quanto a me paia che certe nefandezze non le copri neanche se allaghi di lacrime tutti e 5 i milioni di palestinesi, o ti batti e sbatti in difesa di Ugo Chavez, o colmi di indignazione coloro che allo tsunami di milioni di profughi oppongono barriere. Nefandezze come il riciclo di ogni detrito decrepito di una sinistra ottusa e consociativa spiaggiata  sui gradini del “manifesto”, per lanciarla contro l’unica opposizione vera oggi viva, attiva e davvero fastidiosa per il sistema; o come il marchio DOC offerto gratuitamente, dalla veneranda vegliarda Rossanda e a scendere fino ai ragazzi di bottega, agli attentatori dell’11 settembre e, a seguire, a tutti gli altri fino al Bataclan, ai brigatisti assassini di Moro per mandato Cia-Mossad (“l’album di famiglia”, ricordate?), ai tagliagole del Qatar e mercenari Nato in Libia insigniti dell’Ordine dei Cavalieri della Rivoluzione, alle prostitute delle Ong e della “società civile” e ai lenoni del relativo regime-fantoccio al servizio del violentatore imperiale dell’Afghanistan… Non si finirebbe mai a elencare le imprese da infamoni di questo giornale, perennemente in sincrono con le demonizzazioni  del cattivo di turno ordite da falsari che pagano il tuo cervello portato all’ammasso con la moneta di Giuda. Slotmachine che con il barluccichio dell’azzardo vincente ti fregano anche gli ultimi scampoli di verità. Falsari quaquaraquà sbocciati nell’orticello del “manifesto”, ma poi giunti a rigogliosa fioritura nelle vaste monoculture dei grandi media. Pensate a Riotta, Annunziata, Barenghi, Tiziana Maiolo, Menichini, Teresa De Santis, Cimini….
“Il manifesto” è un giornaletto sovvenzionato dalle più virtuose espressioni del capitalismo da planeticidio, Eni, Enel, Telecom, Coop, e dai contributi all’editoria di un regime che sa bene quale “sinistra” coltivare. Non solo quella collateralista sul piano della globalizzazione armata, ma, altrettanto sincronica, quella culturale dove, tra un’astruseria e l’altra del supplemento Alias, riservata, se va bene, ai famigliari dell’autore, ma finalizzata a far sentire imbecille il proletariato, arrivano anche formidabili siringate di veleno. Tanto depistante olocausto ebraico mentre è in corso quello arabo; un aedo della violenza insegnata al pupo, come tale Ercoli, che s’inebria della perfezione artistica e tecnologica dei più brutali videogiochi sfornati dagli specialisti Usa per diffondere il verbo che uccidere è bello, uccidere di più è più bello; o come quella corrispondente da New York che tanto si è immedesimata nelle manipolazioni, occulte ma neanche tanto, della Cia, da elevare peana perfino alla fiduciaria dell’agenzia, Kathryn Bigelow, e al suo “Zero Dark Thirty”, fetida opera di glorificazione del falso assassinio del falso Osama bin Laden.
 
Alla mensa di cadaveri e balle
E così siamo arrivati al caso Regeni. Ancora una volta. Anche perché il “manifesto” non desiste, anzi rilancia, più di tutti gli altri del giro USraeliano. I quali in buona parte o hanno detto “passo”, o si limitano al “cip”, rendendosi conto dell’assurdità e strumentalità della versione unica basata, a priori, sulla “prova provata” che Regeni era un militante pericoloso alla dittatura e che sia stato eliminato dagli sgherri di Al Sisi. Di militanti fastidiosi, molto, ma molto di più dell’accademico italiano, ce ne sono al Cairo e bizzeffe e si manifestano e sono vivi e vegeti e scrivono sui media e social network. Il fastidio creato al governo egiziano dalle frequentazioni dell’allievo del capo dei servizi inglesi e dal serialkiller John Negroponte, è niente rispetto alla catastrofe d’immagine e di agibilità internazionale venutagli dall’uso che hanno fatto del ritrovamento del corpo seviziato nel giorno della firma dei megaccordi tra Egitto e Italia, gli utili idioti e amici del giaguaro. Più che un dittatore sanguinario, il presidente egiziano sarebbe un cretino matricolato, impegnato a picconarsi le gonadi.
 
E a proposito di Negroponte, inventore degli squadroni della morte e dei  Contras, e dell’ex-capo delle spie di Sua Maestà, Colin McCole, che erano i datori di lavoro e dirigenti di Regeni in Oxford Analytica, non sarebbe forse del tutto spropositato argomentare che siano stati loro a incaricare il giovane italiano a occuparsi di “sindacati indipendenti”? Magari per farne buon uso contro l’inaffidabile Al Sisi, partner di Putin e dell’Eni, che rompe le scatole nella ricolonizzazione della Libia da tripartire, come s’è fatto manipolando e pervertendo la primavera araba?
Negroponte convitato di pietra
Il fatto assolutamente scandaloso che il manifesto continui a occultare quanto è urlato da mille pagine di google e ora anche da qualche giornale meno disonesto, e mai smentito, che il giovanotto era impiegato a tempo pieno da quella consorteria di spioni e terroristi che è Oxford Analytica, con amministratore delegato John Negroponte, ambasciatore Usa e un autentico primatista delle stragi, delle torture, di ogni immaginabile nefandezza, in America Latina e Medioriente, toglie ogni minimo sospetto che Acconcia e compari possano essere in buonafede. Che possano arrivare a giurare che Regeni non aveva avuto contatti con persone equivoche, che la sua vita era tutta di studi e lunghe chat con la fidanzata operatrice ONU a Kiev(!). Ma per questi infingardi e mentitori, Negroponte e McCole che cosa sono, probi educatori di giovani perbene alla democrazia e ai diritti umani? Siccome, con ogni evidenza, non lo sono, meglio stralciarli dalla vicenda Regeni.
Quelli della Diaz
Che i genitori del dottorando abbiano illecitamente sottratto agli inquirenti egiziani il computer di Regeni, potenziale rivelatore di cosa intercorresse tra il dipendente e i suoi capi a Oxford Analytica, getta ombre su come vengono condotte le indagini da parte italiana, altro che depistaggi e insabbiamenti degli investigatori del Cairo! Se non c’è da fidarsi è proprio di coloro che in Italia si occupano del caso. Forse al Cairo quei buzzurri sottosviluppati da Terzo Mondo lavorano con metodo, hai visto mai, e forse i civilissimi maestri italiani del diritto, gli eurocampioni  della correttezza e incorruttibilità investigativa, la categoria de luxe del giornalismo cane da guardia del potere, stanno rimestando nel torbido? Impossibile? Ma certo, visto come siamo usciti splendidamente trasparenti ed efficienti dalla trattativa Stato-mafia del’92-’93, dal massacro di centinaia di inermi alla Diaz e Bolzaneto, da Piazza Fontana e Ustica, dai seviziati a morte Mogherini, Cucchi, Aldrovandi, Uva, dal sequestro di Abu Omar, dalle centinaia di morti della “meglio gioventù” anni ’70 sparati o schiacciati dalle camionette, dal Ros di Mori che impiccia con la mafia di Riina e poi impiega il brigatista Morucci,  dalle torture per cui ci siamo beccati la reprimenda di Strasburgo?
Si capisce bene perché al Cairo il potere giudiziario, che diversamente dalle narici otturate dei nostri cronisti, percepisce forte il tanfo di un complotto per destabilizzare l’Egitto, il suo ruolo in Libia, i suoi rapporti con l’Italia e altri paesi infidi, la gestione del suo gas e del suo Canale, esiti a consegnare ai colleghi italiani atti, analisi, risultanze. Visto il pre-giudizio strumentale alla cui pressione mediatica e politica questi colleghi sono sottoposti da ancor prima che la notizia del ritrovamento fosse stata resa pubblica. Stellare deontologia giornalistica e giudiziaria. Impervia a ogni contraccolpo, come quando si aggrappò alla fola che Regeni era stato prelevato intorno alle 17 del 25 gennaio da due tizi dei servizi, quando poi appare che scambiò telefonate tranquille con gli amici fino a poco prima delle 20. O quando  dal fatto che il giovane sarebbe stato torturato in maniera scientifica si deduce l’aporìa granitica che “allora non possono che essere stati i servizi del regime”.Sorvolando sulle perizia, collaudata e comprovata, dei torturatori olimpionici Cia, Mossad, ma anche nostrani, fattisi le ossa sui genitali di donne e uomini in Somalia.
Mogadiscio
Il vertice della perspicacia e rettitudine giornalistica il “manifesto” (trainato da Acconcia che ora è costretto a dividersi tra l’infame Egitto e il meraviglioso “Iran restituito dalla vittoria dei moderati alla comunità internazionale”) l’ha raggiunto quando, con una frode da magliaro, sentenzia che “Regeni fu interrogato per 5 o 7 giorni durante i quali subì ripetute violenze a intervalli di 10-14 ore”. Chi lo dice? Ma la Procura di Giza, ovviamente, tutt’a un tratto diventata fonte di verità incontrovertibili. E tutto ciò significa che lo stavano interrogando per ottenere informazioni. Chi è perché? Anche qui nessun dubbio: gli sgherri di Al Sisi, per estrarre dal militante sindacalista notizie sui complotti dell’opposizione.
Invece no. Tutto falso. Con un residuo di sensibilità deontologica, perfino i media nelle grinfie della lobby, che fin lì avevano sparato editoriali al cianuro contro Al Sisi, nella cronaca dei fatti ammettono che la storia è fondata sul nulla. L’ha diffusa l’agenzia Reuters pretendendo che fosse la verità giudiziaria, della Procura di Giza, sull’autopsia del corpo di Regeni. Due dirigenti del Dipartimento di Medicina Legale del Cairo avrebbero valutato l’esame autoptico. Immediata smentita della Procura e il sottosegretario alla Giustizia definisce la notizia falsa e priva di ogni fondamento e annuncia procedimenti contro chi l’ha pubblicata e la pubblicherà. A sua volta, la Reuters, coda tra le gambe, ammette che la bufala le è stata rifilata da due fonti anonime.
Patatrac. Ma non per Acconcia, che invece attribuisce la storia proprio a chi l’ha smentita, cioè direttamente alla Procura di Giza, diventata di colpo credibilissima, da sentina di imbrogli e frodi che era fin lì. Mi farei una soddisfatta risata se l’Interpol, su mandato del Cairo, lo prendesse per le orecchie  e gli facesse almeno sborsare un po’ dello stipendio malguadagnato.
 
Al Sisi brutto? Occidente orrendo.
Quello che è da sempre il primo quotidiano egiziano e di tutto il mondo arabo, Al-Akhbar, il cui prestigioso direttore Hassanein Heikal, grande amico di Nasser, deceduto proprio pochi giorni fa, ebbi il privilegio di intervistare per il Nouvel Observateur, mi ha confortato nell’ipotesi che ho avanzato in articoli precedenti. “Verosimilmente – scrive – Regeni è stato tradito da uno dei responsabili della sua attività presso il think-tank angloamericano Oxford Analytica che ha voluto sbarazzarsi di lui dopo aver sfruttato le informazioni che aveva inviato”. Per esperienza e logica credo più a Al Akhbar, alla Procura egiziana, che dai tabulati telefonici e dai contatti di Regeni desume un ruolo dei Fratelli Musulmani nell’operazione, che ad Acconcia, anche se così andrei a infrangere la certezza razzista degli eurocentrici per i quali qualsiasi manifestazione del pensiero e dell’azione sotto il 38° parallelo (quello che taglia la Sicilia) è inficiata da inferiorità genetica.
Eppure a me e credo perfino ai tanti colleghi che sono più intelligenti di me, parrebbe di importanza primordiale e quasi risolutrice dell’intero garbuglio, il dato, abbastanza sconcertante, che  il militante dei diritti dei lavoratori lavorasse per fetecchie sanguinarie di della portata e importanza del capo spione britannico, McCole, e del padrino degli squadroni della morte Negroponte.. Perlopiù, in un paese che stava facendo di tutto per farsi detestare. Insopportabili in Israele e in Occidente la sua ricchezza energetica, il suo rapporto privilegiato con l’ENI, il suo ruolo in Libia, alternativo all’irruzione bellica dei neocolonialisti, la sua lotta ai terroristi Fratelli Musulmani, quinta colonna del sion-imperialismo nella regione. Gente, primatista mondiale delle provocazione False Flag, che a effettuare un rapimento-tortura-uccisione e attribuirlo al soggetto da destabilizzare non ci ha mai messo niente e non ci ha probabilmente messo niente neanche stavolta. Grazie anche al depistaggio degli Acconcia and company. Insomma, per isolare e stroncare questo grande e influente stato nazionale arabo si è scatenata una virulenta campagna terroristica di segno FM, si è abbattuto un aereo di linea russo da Sharm el Sheik uccidendo 224 passeggeri, si è attaccato il consolato italiano. Non vi pare di vedere uno sgargiante filo rosso?
Qualcuno obietta, ma come, quell’ Al Sisi non ha forse chiuso il passaggio per Gaza e allagato i tunnel tra Egitto e la Striscia contribuendo così al genocidio israeliano? Non è dunque sodale di Israele e, per la proprietà transitiva, anche di Usa, Nato e tutto il cucuzzaro? Non ha aderito alla campagna saudita contro lo Yemen (a parole, non c’è un soldato, un mezzo egiziano, in Yemen)? Cari amici, non ricordate un vecchio discorsetto che ci parlava di tattica e strategia? Di contraddizione principale e contraddizioni secondarie? Della complessità di ogni quadro di amicizie-inimicizie? E se quella barriera serviva a bloccare i Fratelli musulmani, di cui Hamas è la costola di Gaza e che stanno conducendo una campagna di stragi terroristiche dal Sinai all’Alto Egitto per sabotare il turismo e l’economia del paese che ha scelto di preferire il generale laico, brutto o bello che sia, all’integralista islamico, alla sua Sharìa, alla sua repressione degli operai e oppositori?
 
Con i mercenari jihadisti Nato dalle varie sigle in difficoltà  in Siria e Iraq sotto l’urto dei combattenti in difesa dei propri paesi assistiti dalla Russia, ecco che, grazie all’agenzia di collocamento e dei trasporti turca, l’Isis si materializza in Libia e va a sostituire i rivoluzionari democratici cari a Rossanda, prima, gli scafisti dei Fratelli ricattatori di Tripoli poi, come pretesto per lo sbarco sul bel suol d’amore e di petrolio. Grandi reclutatori di manovalanze, gli americani. Scatenate le vittime delle loro devastazioni su un’Europa in ginocchio che, disperata, si blinda contro i disperati con barriere e muri, Washington-Wall Street ora consente ai subalterni europei di fare il suo lavoro sporco in Libia, sotto la guida – ahahahah – della Pinotti.
Per sopravvivere da Stato arabo sovrano, unitario, laico, quando sei circondato da mostri che gli Stati arabi sovrani e laici li sbranano uno dopo l’altro, quando vuoi dare una mano alla Libia – da Stato arabo, sempre meglio che gli eredi del genocida maresciallo Graziani – perché non torni nella fauci dei cannibali coloniali (che infatti fanno a gara per arrivare prima e tagliare fuori l’Egitto via Regeni), tocca muoversi con spregiudicatezza, facendocose che a molti non piacciono. Ma stiano zitti coloro di cui il famoso giornalista della Franfurter Allgemeine Zeitung ci ha raccontato che all’80 per cento sono sul libro paga della Cia. 
Pubblicato da alle ore 16:36

Ai francesi anche il mare toscano. Cedute le acque intorno a Capraia

Giovedì, 3 marzo 2016 – 07:48:00
mare toscano ape

Non solo il mare della Sradegna e della Liguria. Il governo guidato da Matteo Renzi ha ceduto alla Francia anche il mare toscano, precisamente quello davanti all’isola di Capraia.

“Sono state cedute porzioni di superficie marina per 339,9 kmq e acquisite per 23,85 kmq con una diminuzione di 316,05 kmq”, ha annunciato l’assessore regionale toscano all’Agricoltura Marco Remaschi, con delega alle politiche per il mare, rispondendo nell’aula del Consiglio regionale a un’interrogazione di Claudio Borghi (Lega) sull’accordo Italia-Francia per la cessione a quest’ultima, da parte del governo, di acque territoriali italiane, a largo delle isole dell’arcipelago toscano.

Remaschi ha precisato che la superficie marina ceduta è davanti alle coste toscane, all’isola di Capraia, mentre quella acquistata si trova davanti alle isole d’Elba e di Pianosa. “Le risorse contenute nel tratto di mare interessato (Santuario per i mammiferi marini) sono di altissimo pregio naturalistico. L’accordo Italia Francia sembra penalizzi in maniera rilevante il settore della pesca professionale marittima”.

Remaschi ha aggiunto che “la Regione Toscana non è mai stata messa a conoscenza dell’accordo firmato, ma ancora non ratificato, e che tale materia è di esclusiva competenza statale”. Remaschi ha fatto presente di aver chiesto un incontro urgente al ministro degli Affari esteri Paolo Gentiloni per fare chiarezza.

Torino-Lione, previsioni falsate per giustificare miliardi di spesa

 

http://www.autistici.org/spintadalbass/?p=7395Spinta dal Bass

 

giovedì, marzo 3, 2016

Torino-Lione, previsioni falsate per giustificare miliardi di spesa

LUfficio Federale dei trasporti della Confederazione Svizzera ha da poco pubblicato i dati aggiornati al 2014 del traffico merci, stradale e ferroviario, attraverso le Alpi. Sono dati fondamentali per comprendere l’evoluzione del traffico merci, li abbiamo messi in relazione con le previsioni contenute nell’Analisi Costi Benefici [2011] della Nuova Linea Torino-Lione.

Nel 2014 al valico ferroviario del Fréjus sono transitate 3,299 milioni di tonnellate di merci. Secondo l’Analisi Costi Benefici della Nuova Linea Torino-Lione, fra 7 anni, nel 2023, su questo corridoio passeranno 19,1 milioni di tonnellate di merci su ferro. Si tratterebbe di un aumento del 479%rispetto al 2014. Per rispettare le previsioni occorrerebbe un aumento annuo del 21,5%. Fantascienza.

Ferrovia

Gli estensori dell’Analisi Costi Benefici prevedono che, senza la costruzione della nuova ferrovia, nel 2023 su quella esistente transiteranno 13,3 milioni di tonnellate, con un aumento del 303% rispetto al 2014. Per rispettare le previsioni occorrerebbe un aumento annuo del 16,7%. Fantascienza.

Nel 2014 i TIR al Fréjus e al Monte Bianco hanno trasportato su gomma 18,432 milioni di tonnellate di merci. Secondo l’Analisi Costi Benefici della Nuova Linea Torino-Lione fra 7 anni, nel 2023, sotto questi trafori autostradali passeranno 30,3 milioni di tonnellate di merci. Rispetto al 2014 si tratterebbe di un aumento del 64,4%. Al 2030, sempre secondo l’Analisi Costi Benefici, le merci saranno 38,5 milioni di tonnellate. Fantascienza.

Strada

E’ opportuno ricordare che l’Analisi Costi Benefici è stata pubblicata nel 2011 tenendo già conto della crisi economica iniziata nel 2008. Inoltre è stata aggiornata nel 2014 dal CERTeT di Oliviero Baccellied ha confermato i suoi presuntuosi auspici.

Guardando alla Svizzera si possono trarre indicazioni per comprendere meglio le previsioni che stanno alla base dell’Analisi Costi Benefici per la Nuova Linea Torino-Lione. Nel 2007 venne inaugurato il tunnel di base del Lötschberg sull’asse del Sempione. Nel 2014 sono transitati da li 10,463 milioni di tonnellate di merci, nel 2007 erano 9,667. L’incremento è stato dunque di soli 0,8 milioni di tonnellate in sette anni, con un picco di 11,27Mt nel 2011, e la linea è utilizzata per poco meno di due terzi della sua capacità. Gli estensori dell’Analisi Costi Benefici per la Nuova Linea Torino-Lione, invece, pronosticano che nei 7 anni successivi all’apertura del tunnel di base del Fréjus il traffico aumenti di15,2 milioni di tonnellate. Secondo le loro previsioni, fra 20 anni dal solo Fréjus ferroviario passerà la stessa quantità di merci che nel 2014 ha attraversato su ferro l’intero arco alpino da Ventimiglia al Brennero. Fantascienza. Proprio “fanta-scienza”, cioè il tentativo, maldestro, di coprire con una presunta scientificità le motivazioni tutte politiche e affaristiche di un’opera evidentemente inutile.

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Giova ricordare che il presidente dell’Osservatorio che ha prodotto l’Analisi Costi Benefici, Mario Virano, e il coordinatore della sua redazione, Oliviero Baccelli, sono stati nominati rispettivamente direttore generale e consigliere di TELT, la società incaricata di realizzare e gestire la sezione transfrontaliera della Torino-Lione.

E giova anche non dimenticare mai che il Governo si appresta a mettere sul piatto miliardi di euro pubblici per un’opera che si fonda su previsioni di questo tipo. Fantasiose, fantascientifiche o semplicemente false.

Vertice blindato, area rossa in Piazza San Marco – Summit Italia-Francia a Palazzo Ducale.

2 marzo 2016 Nuova Venezia :

Dalle 13 di martedì chiusi al pubblico Basilica, sagrato, piazzetta, campanile, Musei civici e Biblioteca Marciana. Timori per le proteste

di Carlo Mion

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2016/03/02/news/vertice-blindato-area-rossa-in-piazza-san-marco-1.13053310

VENEZIA. La zona rossa che mette in sicurezza il Palazzo Ducale e le varie delegazioni martedì prossimo entrerà in funzione alle 13.

La maggiore preoccupazione è quella di garantire la sicurezza di François Hollande, uno degli obiettivi più sensibili, in questo momento, al mondo.

E l’altra preoccupazione riguarda l’eventuale azione di gruppetti di anarco insurrezionalisti arrivati in città per protestare contro gli accordi sulla Tav Lione-Torino.

La riunione. Ieri lunga riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza che ha affrontato la questione del vertice italo-francese in programma martedì della prossima settimana a Palazzo Ducale. Riunione aperta anche agli uomini del cerimoniale della Presidenza del Consiglio. La riunione iniziata alla mattina è proseguita nel pomeriggio quando sono arrivati da Roma i responsabili della sicurezza di Palazzo Chigi.

Il piano. A grandi linee è stato definito il piano di protezione che vede alcune centinaia di uomini impegnati nei vari turni che inizieranno la notte precedente al vertice, per concludersi 24 ore dopo. Il programma del vertice non è stato ancora presentato in forma ufficiale. Ieri è stato messo sulla carta il piano non ancora definito. Sono state individuate le aree interdette al pubblico durante il vertice.

La zona rossa. La zona rossa sarà off limits a partire dalle 13. Saranno chiusi al pubblico la Basilica, il sagrato, piazzetta San Marco, il campanile, i Musei civici e la Biblioteca Marciana. Inoltre il molo non sarà accessibile dal Ponte della Paglia al ponte della Zecca. Davanti al molo inoltre ci sarà un’area interdetta al passaggio di imbarcazioni. Questo schema rispecchia, in gran parte, quanto sarà attuato martedì.

Lo spiegamento. Il piano, infatti, non è ancora stato definito con precisione e potrebbero esserci delle variazioni, anche se, comunque, minime. Durante tutto il vertice ci sarà il divieto di sorvolo di Venezia e in cielo si alzeranno solo gli elicotteri delle forze di polizia. Tra gli uomini impegnati a garantire la sicurezza sono previste unità cinofile antiesplosivi, sommozzatori, tiratori scelti, artificieri e specialisti dei Nocs. A questi si aggiungeranno gli uomini della sicurezza francese che devono proteggere una decina di ministri e soprattutto il loro Presidente.

I timori. Digos e carabinieri del Ros sono impegnati a verificare il possibile arrivo in città di appartenenti ai gruppi anarco insurrezionalisti che potrebbero rendersi protagonisti di episodi violenti prima e durante il vertice.

Infatti i responsabili della sicurezza non temono tanto le manifestazioni annunciate e con gli organizzatori delle quali ci sono stati già degli incontri.

 I partecipanti al vertice arriveranno e partiranno in giornata.

Tav, Torino – Lione, la commissione intergovernativa certifica: costerà 10 miliardi

2 marzo 2016 Repubblica :

Il commissario Foietta: “Nessun aumento della spesa, rispettate le previsioni”

http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/03/02/news/tav_torino_-_lione_la_commissione_intergovernativa_certifica_i_costi_costera_10_miliardi-134639849/

La cifra finale al 2028, anno previsto di chiusura lavori, sarà probabilmente vicina ai 10 miliardi.

Il calcolo, sui fondi necessari per la tratta internazionale della Torino-Lione, sulla base dei costi indicati orginariamente di 8,3 miliardi (anno 2012), tiene conto dell’inflazione e della rivalutazione delle materie prime e la commissione intergovernativa italo francese in corso a Roma, lo sta predisponendo in vista del vertice franco italiano a Venezia dell’8 marzo.

Ma non ci sarà un incremento di spesa: “Smentisco categoricamente che ci sia al momento un aumento dei costi della Tav – dice il commissario governativo per la Torino – Lione Paolo Foietta –  Oggi in Cig abbiamo raggiunto un accordo sull’adeguamento monetario dei costi dell’opera, che finora era fissato all’1,5 per cento. Se guardiamo il tasso reale però, l’indice è stato in questi anni vicino allo zero, quindi i costi non sono aumentati di nulla, anzi. Nei prossimi anni si applicherà il tasso reale che sarà misurato di anno in anno”
Le opere comprese nella tratta internazionale sono il maxitunnel di 57 chilometri, le stazioni internazionali di Susa e St.Jean de Maurienne e i raccordi con le linee storiche. “Oggi sarà approvato un allegato che definisce le modalità del calcolo – afferma Paolo Foietta -. Il coefficiente presuntivo di rivalutazione pari all’1,5% annuo, è stato utilizzato finora per l’approvazione del Cipe. Ma alla fine quello che sarà applicato sarà il costo reale che sarà misurato annualmente sulla base di un paniere di opere francesi, italiane, ed europee.

Il tasso di inflazione del paniere in questi anni è stato sotto l’1% e non l’1,5% – afferma Foietta – .  E quindi ci sarà un adeguamento monetario molto basso”.

Cifra che alla fine potrebbe arrivare appunto a 10 miliardi (ma valutati tra dodici anni)  di cui il 57,9% (circa 3,5 miliardi a fronte degli originari 2,9) a carico dell’Italia e il 42,1% a carico dei francesi (altri 2,5 mld), al netto del contributo del 40% da parte dell”Europa.
Il secondo elemento, da introdurre nel documento che  entra come protocollo aggiuntivo del summit, riguarda la presa d’atto della conclusione di tutti i lavori preliminari
, di indagine e di progetto, su cui  è stata eseguita appunto la certificazione dei costi.

Infine il terzo elemento riguarda la normativa antimafia: verrà applicata la legislazione italiana anche per la parte di cantiere che  riguarda la Francia “e questo – spiega Foietta- elimina la possibilità che un’impresa esclusa sul versante italiano rispunti dalla Francia”.

Non è invece all’ordine del giorno, né oggi, né al vertice di Venezia, assicura Foietta,  il tema dei cantieri del maxitunnel e in particolare dove si comincerà  a forare la montagna sul versante italiano. “E’ una questione legata a una prescrizione del Cipe che deve essere onorata attraverso uno studio che Telt  sta definendo e renderà disponibile nel giro di un paio di mesi, senza questo studio non è possibile decidere nulla.  E comunque, la questione del come scavare, è delegata al promotore, non a un accordo”.

“Quello che sarà definito a Venezia – conclude Foietta – è la condizione per arrivare alla ratifica finale dei due parlamenti. Dopo ci sarà soltanto da lavorare”

Traffico di carburante, latitante il fratello della Cirinnà

DETTAGLI. Non sono mica gli scontrini del trota, poi questi sono moralmente superiori, sì alla legge.
La Guardia di Finanza è alla ricerca del fratello della sentarice Pd, madre della legge sulle unioni civili
Claudio Cartaldo – Mer, 14/10/2015 – 10:08
 
Un decreto di latitanza. È ciò che è stato costretto a emettere il giudice per le indagini preliminari Maurizio Caivano nei confronti di Claudio Cirinnà, fratello di Monica che di mestiere fa la senatrice Pd.
 
cirinna
Ma non solo. Perché porta la sua firma il ddl sulle unioni civili che sta spaccando il Paese e il Parlamento.
 
Nei confronti di Claudio Cirinnà pende l’ordine di arresto per il reato di associazione a delinquere finalizzato all’evasione. Un filone dell’inchiesta che aveva portato in carcere 12 persone nel giugno scorso. Il motivo? Traffico di carburante tra Italia, Germania, Austria, Romania e Repubblica Ceca. Il pm Mario Palazzi ha fatto emergere una associazione che importava benzina e la rivendeva “sottraendolo all’accertamento e al pagamento delle accise anche mediante l’utilizzo di documentazione non conforme alla normativa vigente” e di falsi attestati sulla tipologia di gasolio importato.
 
Nelle intercettazioni il fratello della Cirinnà era definito “il matematico” e, come scrive il Corriere, già durante le perquisizioni era risultato introvabile. La famiglia, in quell’occasione, aveva assicurato di non sapere dove si trovasse. Invece per gli investigatori il padre è “a conoscenza del fatto che vivrebbe a bordo di una imbarcazione che a volte ormeggia nel porto di Ostia”. Il gip, inoltre, aveva sottolineato il pericolo di fuga “per via delle basi e degli appoggi logistici all’estero utilizzati nel corso della sua partecipazione al sodalizio criminoso con ramificazioni in diversi Paesi”.
 
Ora la Finanza lo sta cercando. Insomma, è latitante.

REPORT DELL’ASSEMBLEA DI PREPARAZIONE DELL’8 MARZO. VERSO LA MOBILITAZIONE PROMOSSA DAI COMITATI NO GRANDI NAVI E NO TAV.

Venezia, 29/02/2016

Partecipata assemblea, con oltre cento presenze, quella che si è svolta ieri in vista dell’8 marzo, giornata in cui il Comitato No Grandi Navi e i Comitati No Tav della Val Susa promuoveranno una manifestazione congiunta per protestare contro la conferenza intergovernativa Italia-Francia. La delegazione valsusina ha aperto l’assemblea sottolineando l’importanza di una piazza che sappia segnalare la contrarietà nei confronti della decisione del rifinanziamento della TAV Torino-Lione, uno dei temi all’ordine del giorno della conferenza. Un rifinanziamento che, come accade per tutte le grandi opere, sottrae ingenti risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate altrimenti, per la salvaguardia dei territori, per lo stato sociale, per la scuola. Immediata sintonia sull’idea di respingere gli allarmismi, propinati dalla stampa locale, rispetto alla paventata “calata di barbari e teppisti” sulla città. La manifestazione sarà determinata, ma rispettosa della città. Nessun devastatore si cela tra i manifestanti, non possiamo dire lo stesso di Palazzo Ducale, dove i nostri governi si troveranno ancora una volta d’accordo nel puntare su un modello di sviluppo trainato dalle grandi opere, quelle sì spesso caratterizzate da un impatto devastante sui territori che viviamo. La lotta contro le grandi opere, a Venezia, non ha un solo obbiettivo. Mira certo ad impedire lo scavo devastante di nuovi canali per permettere alle grandi navi di rimanere in laguna, ma non può dimenticare il MOSE, opera obsoleta, attorno a cui politici e imprenditori hanno celebrato la loro “grande abbuffata”. MOSE significa cinque miliardi di euro sottratti alla collettività, uno dei queli interamente “bruciato” in corruzione. La piazza dell’8 marzo non parlerà esclusivamente di TAV, del passaggio delle grandi navi e del MOSE. Ricche saranno le partecipazioni di comitati da tutta Italia. Ieri abbiamo registrato l’adesione dei movimenti contro le trivellazioni in Adriatico che parteciperanno dalle Marche, dall’Abruzzo e dal Molise, come sarà presente una delegazione di “Stop Biocidio” da Napoli. Dal Veneto, oltre al Comitato No Grandi Navi e all’Agenzia Sociale Casa di Venezia, sono intervenuti Marghera Libera e Pensante, Opzione Zero (che si batte per la difesa del territorio e la giustizia ambientale in Riviera del Brenta) e il comitato del quartiere “Ferrovieri” di Vicenza, messo a rischio dal possibile passaggio della TAV. Inoltre in queste ore stanno arrivando nuove adesioni dalla regione. E’ importante infine riportare che la piazza dell’8 marzo sfilerà anche nel segno della pace. Già, perché oltre che di TAV, Renzi e Hollande discuteranno di guerra, più specificamente dell’Intervento in Libia, dove si prefigura non solo l’utilizzo dell’aviazione, ma anche l’invio vero e proprio di truppe. Sappiamo che i conflitti costringono le popolazioni alla fuga e l’indegno spettacolo di questi giorni, quello dei migranti gasati e respinti ai confini interni dell’Europa, ci convince ancora di più della necessità di un rifiuto netto della guerra e dell’investimento in politiche di accoglienza degna. Per questa ragione da Vicenza sarà presente il Comitato No Dal Molin, che per anni sì è battuto contro la presenza di un avamposto di guerra nella propria città. Importante infine il contributo dei collettivi universitari (che il 5 marzo hanno organizzato una giornata di lancio dell’iniziativa nel giardino liberato di Ca’Bembo) e del Coordinamento degli Studenti Medi che ha proclamato per l’8 marzo una giornata di sciopero scolastico.

Ci vediamo l’8 marzo. Appuntamento alle 10, nel piazzale difronte alla stazione di S. Lucia!

venezia

Venti ministri al vertice Italia-Francia

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2016/03/01/news/venti-ministri-al-vertice-italia-francia-1.13052427?refresh_ce

Martedì prossimo zona rossa attorno a Palazzo Ducale: arrivano i Nocs, vietate manifestazioni nell’area marcianadi Carlo Mion

VENEZIA. Un vertice che porterà in laguna una ventina tra ministri e sottosegretari dei governi italiano e francese, oltre naturalmente ai premier Matteo Renzi e François Hollande. Venezia si sta preparando con misure di sicurezza eccezionali al vertice bilaterale dell’8 marzo a palazzo Ducale. Vertice che affronterà temi spinosi come la Tav Lione-Torino e la sicurezza delle coste del Mediterraneo. Per questi temi importanti e per le manifestazioni di contestazione annunciate il Cospa (Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica) sta approntando misure di sicurezza molto forti con una zona rossa intorno a palazzo Ducale e il divieto di sorvolo della città nel pomeriggio durante il vertice.

Oggi, in Prefettura, primo Cospa dedicato al vertice: ne seguiranno altri, l’ultimo dei quali, aperto anche ai responsabili della sicurezza della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Interno. Ufficialmente non è stato ancora presentato il programma, ma i vari incontri avvenuti tra i ministri dei due governi fanno capire che saranno parecchi i punti all’ordine del giorno. Punti su cui spesso i due Paesi hanno punti di vista diversi.

La sicurezza sarà garantita non solo da operatori delle forze di polizia territoriali, ma anche da reparti speciali come i Nocs, questi anche in considerazione dell’allarme terrorismo che da anni pesa sull’Europa e sulla Francia in particolare. Uno degli argomenti che sarà affrontato, tra le altre cose, riguarda l’eventuale intervento militare in Libia diventata l’area del califfato più vicina all’Italia e quindi all’Europa. Da mesi truppe speciali francesi stanno operando in Libia.

L’altro tema spinoso e che ha portato alla manifestazione organizzata da “No Tav” e “No Grandi Navi”, è la realizzazione della Tav tra Lione e Torino.

Le forze dell’ordine temono disordini anche perché Forza Nuova ha annunciato una propria manifestazione in occasione del vertice. Del resto era inevitabile in quanto da settimane si assiste alle richieste provenienti da Forza Nuova di far chiudere i centri sociali Rivolta e Morion. Per il momento richieste inascoltate. Ma di certo questo sta alzando la tensione in città.

Se da una parte l’area attorno a palazzo Ducale sarà super blindata con reparti speciali e tiratori scelti, rimane il resto della città dove manifesterà chi protesta. La Questura ha già fatto sapere che nessun pezzo di piazza San Marco sarà concessa per le manifestazioni come del resto l’area Marciana. In questa parte della città vige un divieto di manifestazioni imposto dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica nel maggio del 1997, dopo che il 9 di quel mese i Serenissimi assaltarono il campanile di San Marco, arrivando in piazza a bordo del famigerato tanko, un camion trasformato in una sorte di blindato. Sono quasi vent’anni quindi che è vietato manifestare in piazza. In precedenza, negli anni Sessanta, la piazza vide anche la carica dell’allora Reparto Celere della polizia agli operai di Porto Marghera.

€ 32.000 per il terzo figlio: ecco cosa fa l’Ungheria mentre il resto della Ue si piega alla lobby lgbt

In Italia guai dare il reddito di cittadinanza così che anche chi è o diventa disoccupato non debba mendicare o suicidarsi e possa mantenere i figli GUAI. NOI SIAMO I CIVILI
 
pro vita
 
Mentre l’Italia cede alle pressioni dell’ideologia omosessualista contraria alla famiglia naturale, nell’Europa dell’Est si assiste ad una vera e propria rinascita spirituale.
I Paesi schiacciati per decenni dal tallone degli antenati di quanti oggi a Roma si inventano il “matrimonio gay”, obbedendo ai diktat di ricchi gruppi finanziari a cui poco interessa la difesa dei poveri, hanno invece capito l’importanza di difendere la famiglia, cellula base della società e pre-esistente ad ogni ordinamento giuridico e statale.
 
Tra questi, basti pensare alla Polonia e all’Ungheria, Nazioni cristiane oggetto di pesanti attacchi da parte delle istituzioni dell’Unione europea. Nazioni orgogliose della propria identità e della propria sovranità, decise ad opporsi senza complessi di inferiorità e con coraggio alla follia delle lobby LGBT.
Ma la loro non è solo una strategia difensiva, fatta di meri divieti.
Prendiamo per esempio l’Ungheria, governata dal premier Viktor Orban. A differenza di Renzi, Alfano e della pletora di politici italiani (di ieri e di oggi) che prendono voti promettendo di mettere al centro del loro lavoro l’aiuto economico alle famiglie, Orban le famiglie le aiuta sul serio.
Nel dicembre scorso, infatti, il governo di Budapest ha stabilito che alla nascita del terzo figlio i genitori riceveranno 32.000 euro e potranno pure richiedere un prestito della stessa cifra.
Il portavoce del governo Zoltan Kovacs ha dichiarato che tale benefit – fornito a chi lavora a tempo pieno – sarà erogato quando il bambino avrà compiuto sei mesi, permettendo così ai genitori di tornare al lavoro al più presto.
Inoltre, d’ora in poi, nei piccoli centri abitati, se almeno cinque famiglie faranno domanda per aprire un asilo nido, le istituzioni locali dovranno attivarsi perché ciò sia possibile a partire dall’anno successivo alla richiesta. Finora, infatti, solo le città con più di diecimila abitanti avevano l’obbligo di fornire servizi per la cura del bambino. Ecco come si coniugano esigenze lavorative e tutela della famiglia.
 
Questo accade in un Paese democratico dell’Unione europea, nel XXI secolo. Questa è la vera civiltà. L’Italia, Patria del diritto, dovrebbe solo vergognarsi. E magari imparare qualcosa.