UE, la protesta di agricoltori e allevatori paralizza Bruxelles

la Ue dei popoli non è populista….
 
lunedì, 14, marzo, 2016
 
Nuova mobilitazione degli allevatori a Bruxelles con trattori diretti davanti al Parlamento europeo, dove un centinaio di agricoltori belgi sono già presenti da questa mattina per chiedere prezzi di vendita più equi. L’obiettivo è fare pressione sul Consiglio dei ministri dell’agricoltura dei 28, riunito oggi nella capitale europea proprio per discutere un pacchetto di misure anti-crisi, specie per i settori lattiero-caseario e della produzione di carne di maiale.
 
A ricordare il crollo dei prezzi anche una ‘mini-fattoria’ che ospita dei porcellini, nella piazza antistante il palazzo del Consiglio Ue. Gli allevatori dello European Milk Board, minoritari ma molto agguerriti, oggi sono tornati a chiedere “un quadro legale” per regolamentare la produzione di latte, una sorta di ritorno al sistema delle quote che ha chiuso i battenti ad aprile dell’anno scorso.
ANSA

La Russia concederà all’Iran un prestito da 2,5 miliardi $

14.03.2016
 
Lo scorso autunno la Russia aveva discusso con l’Iran la possibilità di concedere due prestiti rispettivamente di 5 miliardi $ e 2,2 miliardi $.
 
La Russia potrebbe erogare all’Iran un prestito per i progetti infrastrutturali da 2,5 miliardi di dollari, ma la decisione finale sull’importo e le condizioni del credito non sono ancora concordate, ha dichiarato ai giornalisti il ministro dell’Energia Alexander Novak dopo un incontro con il co-presidente della commissione intergovernativa russo-iraniana Mahmoud Vaezi.
 
Lo scorso autunno la Russia aveva discusso con l’Iran la possibilità di concedere due prestiti rispettivamente di 5 miliardi $ e 2,2 miliardi $.
 
“Le società interessate hanno confermato che nei prossimi giorni potrebbero essere firmati contratti per la costruzione di centrali elettriche e per l’elettrificazione della ferrovia. Aspettiamo ora il preventivo dei costi e le tempistiche. Ora si parla di un prestito complessivo fino a 2,5 miliardi di dollari per questi 2 progetti,” — ha detto il ministro.
 

Problemi economici, donna si dà fuoco: è gravissima

le femministe chiedono una legge contro la violenza sulle donne, MA QUANDO LE DONNE SI SUICIDANO PER INDIGENZA, non è violenza quella, PRECISANDO CHE E’ VIOLENZA ANCHE qualora sia  un uomo costretto al suicidio DAL SUO STATO ASSASSINO E SANGUISUGA
Società civile ci sei? Ah giusto, è da populisti occuparsi dei problemi CHE I GOVERNI CREANO AI POPOLI
lunedì, 14, marzo, 2016
TREIA (MACERATA), 14 MAR –
Una donna di 56 anni si è data fuoco stamani su una sponda del fiume Potenza, a Passo di Treia (Macerata), e ora è ricoverata in condizioni gravissime nell’ospedale regionale di Torrette ad Ancona. Sposata e madre di due figli, la donna è uscita di casa verso le 5 del mattino, senza dire niente al marito: raggiunto il fiume, che scorre a poca distanza da casa sua, si è cosparsa il corpo di liquido infiammabile e ha tentato di uccidersi.
 
Sembra che negli ultimi tempi fosse oppressa da preoccupazioni familiari ed economiche. Sul posto, oltre ai vigili del fuoco e al 118, sono intervenuti anche i carabinieri.
ansa

L’idea di Fassino: perché pagare spazzini italiani quando gli immigrati possono farlo gratis?

ecco esattamente quello che pensavo. Dato che le cooperative prendono 35 euro dei nostri soldi, anche dei disoccupati, con la scusa che in questo modo li facciamo “sdebitare” (peccato che quel debito lo hanno con il contribuente italiano) tolgono ancora quelle poche occasioni di lavoro a chi quei 35 euro li sborsa, e non sono certo le coop né i governati. COSI’ CI guadagnano ancora ALIMENTANDO il dumping sociale. OTTIMA MOSSA, MA ALMENO agli italiani regaleranno poi il cartello con scritto “lavoro per un panino”?  
 
fassino
Torino, 11 mar – Che fare con gli immigrati ospitati nei centri profughi torinesi? Farli spazzare gratis le strade della città. È questa la soluzione escogitata a Palazzo di Città dal vice-sindaco Tisi, braccio destro di Fassino. È stata siglata un’intesa tra il Comune e l’Amiat, l’azienda che gestisce lo smaltimento dei rifiuti, che prevede l’utilizzo degli immigrati per ripulire marciapiedi e aree verdi per un massimo di sei ore durante i sabati mattina delle prossime dodici settimane.
 
La proposta della giunta guidata dal Partito democratico mette  a nudo tutte le contraddizioni e ipocrisie dell’accoglienza ad ogni costo. Infatti anche a sinistra si inizia ad ammettere che non è tollerabile che decine e decine di ragazzi giovani, nel pieno delle forze, passino le loro giornate a giocare a calcetto nei cortili delle strutture di accoglienza. D’altra parte la toppa sembra peggiore del buco, non solo perché è curioso che “i buoni” propongano senza tanti complimenti di rispolverare la schiavitù (tale si chiama il lavoro non retribuito), ma anche perché ogni lavoro fatto gratuitamente da un immigrato potrebbe essere fatto da chi è professionalmente deputato a tali mansioni, che verosimilmente saprà svolgere anche meglio, sia pur con l’inconveniente di voler additittura essere pagato.
 
È quel che ha fatto notare Marco Racca, di CasaPound Italia, che ha parlato di un vero e proprio “ritorno allo schiavismo”, senza considerare che “il prossimo lavoro che faranno  in cambio dell’accoglienza potrebbe essere proprio il tuo: perché pagarti lo stipendio quando un immigrato può farlo gratis?”. Del resto perché però l’Amiat ed il Comune non pensano di stipulare un’intesa anche per gli italiani in difficoltà, che magari – essendo privi di lavoro – rischiano di essere cacciati dalle case popolari per i ritardi nei pagamenti dei canoni?
 
Federico Depetris

SHOCK! Pensionato rovista tra i rifiuti, dei parlamentari assistono alla scena e ridono

LA SOCIETA’ CIVILE DOV’è? QUELLI MORALMENTE SUPERIORI, SEMPRE IN LOTTA PER IL POVERO E PER IL DEBOLE DOVE SONO????
marzo 12, 2016
 
E’ accaduto nei pressi di palazzo Montecitorio, due noti parlamentari si stavano dirigendo alla Camera per adempiere alle loro funzioni, quando vedono un povero pensionato che rovistava tra i rifiuti in cerca di qualcosa con cui sfamarsi. I due allora si lasciano andare a risate e battute di pessimo gusto, destando sgomento e stupore tra i passanti.
 
cerca-nella-spazzatura
 

La nuova ingegnosa trovata del governo Renzi: la casa è della banca ma i rischi sono vostri!

DALLA PARTE DEL POPOLO VERO? NO, è da populisti. Con le banche è da elitari, si sta molto meglio
  
RENZI-sorridenteeapollicealzato
Questo Governo è un turbinio di trovate, una girandola di idee una più geniale dell’altra. Non passa giorno che non salti fuori qualche norma pensata per rendervi la vita più semplice.
 
Se siete banche…
 
Se non lo siete (colpa imperdonabile, di questi tempi…) allora forse non sarete felicissimi di questa iperattività: prima il bail-in sui risparmi, poi il recupero espresso della casa se non pagate, poi il prestito all’anziano che ricade sugli eredi col rischio di perdere la casa e adesso il leasing immobiliare per l’acquisto della prima casa di residenza. Direte voi: altolà, il leasing immobiliare è uno strumento che può essere utile: fai comprare o costruire la casa alla banca come vuoi tu ed invece di pagare un affitto, ti paghi un tanto al mese per acquistarla, con possibilità di riscattare con una maxirata finale l’abitazione, oppure rifinanziare il riscatto con un mutuo, o continuare a pagare un canone senza riscattarla subito o anche lasciarla alla banca. Ci sono agevolazioni fiscali, sia sulle aliquote da versare, sia sulla possibilità di detrazione dei canoni, maggiore di quella dei mutui. Quindi cosa c’è che non va?
 
Quello che non va è in un inciso, presente nella definizione di questo nuovo istituto. Questa è la definizione secondo la Legge di Stabilità 2016
 
Con il contratto di locazione finanziaria di immobile da adibire ad abitazione principale, la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire l’immobile su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che se ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo mette a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tenga conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha la facolta’ di acquistare la proprieta’ del bene a un prezzo prestabilito.
 
L’inciso è “che se ne assume tutti i rischi, anche di perimento“. Ora questa non è una novità: nel campo del leasing è normale prassi spostare l’onere della responsabilità del bene concesso sull’utilizzatore, ma una cosa è farlo con un soggetto professionale per beni strumentali (di solito già esistenti ed acquistati da fornitori controllati ed affidabili), un’altra prevederlo per un semplice privato, non avvezzo ai problemi contrattuali ed alle sue insidie.
 
Questo inciso infatti comporta:
 
– che, anche in caso di ritardo o mancata consegna dela casa da parte del costruttore-fornitore, l’utilizzatore (che non sta utilizzando un bel niente) è tenuto a pagare lo stesso i canoni prestabiliti con il concedente (banca);
 
– che in caso di difformità o vizi del bene che ne causino anche l’impossibilità di utilizzo non può essere interrotto il pagamento del canone;
 
– che l’utilizzatore, anche in caso il bene perisca per causa a lui non imputabile, deve continuare e finire di pagare i canoni previsti, pur non godendo, né avendo possibilità di ricevere in futuro la casa;
 
– che, in caso di fallimento del costruttore, il rischio di non avere più  la casa ricade sull’utilizzatore (mancato), il quale potrà sostituirsi alle ragioni della banca nei confronti della curatela fallimentare (auguri…), ma dovrà continuare a pagare i canoni.
 
Come vedete l’inciso non scherza: d’altronde il diavolo si nasconde nei dettagli…
 
Naturalmente, visto che non è previsto l’inadempimento grave come causa di risoluzione, anche se l’utilizzatore non paga una singola rata la banca si può riprendere la casa, semplicemente sfrattandolo: è infatti previsto il ricorso alla procedura di convalida di sfratto per morosità. La casa a questo punto deve essere messa in vendita dal concedente e sul ricavato ha diritto di prendersi i canoni non pagati, quelli futuri a scadere, attualizzati, e del prezzo convenuto per il riscatto (la maxirata). Se avanza qualcosa va all’utilizzatore, se manca qualcosa è l’utilizzatore che deve rimborsare la banca.
 
C’è poi una possibilità di sospendere il pagamento dei canoni fino a dodici mensilità per una sola volta nella vita del contratto e solo per ragioni tassativamente previste che in breve si possono riassumere nella perdita del posto di lavoro non per colpa o volontà propria.
 
Non mi dilungo sugli altri aspetti, ma come ho detto all’inizio (anzi ho fatto dire a voi, ipotetici interlocutori) vi sono agevolazioni fiscali, soprattutto per coppie in cui vi sia uno dei due che abbia meno di 35 anni, che rendono più conveniente questo leasing rispetto ad un mutuo o ad altre forme di “rent and buy”. I rischi però sono quelli che ho detto. Naturalmente la banca è cautelata pienamente, sia perché riacquista immediatamente la disponibilità dell’immobile concesso in leasing e può gestire in piena autonomia la vendita (anche troppo: consiglio a chi voglia concludere un tale contratto di prevedere una stima attraverso un perito scelto dalle parti, una valutazione che si discosti di una percentuale prestabilita dal prezzo di mercato corrente e dei tempi certi per la vendita), sia perché, in caso di fallimento dell’utilizzatore, i canoni già versati sono espressamente dichiarati intangibili e non revocabili. Insomma, la banca sta in una botte di ferro, voi un po’ meno…
 
Ora non so dopo questa esposizione cosa ne pensiate, ma questo è il parere del direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella: per lui il leasing “è un contratto meno rischioso e prosegue regolarmente in caso di fallimento del venditore/costruttore, in quanto la banca o la società finanziaria che concede il prestito rimane proprietaria dell’immobile per tutta la durata del contratto”.
 
Secondo Lapecorella quindi non vi sarebbe rischio perché il fallimento del costruttore non influenzerebbe il contratto e l’immobile rimarrebbe della banca. Se il bene è stato già costruito e venduto, certo, non è soggetto a revocatoria (ma per la verità neanche se lo avesse acquistato normalmente con un mutuo l’utilizzatore, salvo fosse stato a conoscenza del dissesto del costruttore), ma se l’appartamento è in corso di costruzione mentre interviene il fallimento, siamo sicuri? Se il costruttore fallisce l’attività si ferma e l’appartamento rimane non finito. Per quanto abbiamo visto la banca non è responsabile della mancata consegna, quindi continua a percepire i canoni e non ha un obbligo di fornire un bene equivalente, ma l’utilizzatore che garanzie ha? Solo quella di subentrare nelle ragioni e nei diritti della banca ed agire contro il fallimento, ovvero insinuarsi con privilegio sul bene non goduto (sempreché la banca abbia registrato validamente un preliminare), nei limiti di quanto da questa versato al costruttore. Niente casa.
 
Lapecorella sembra quindi un emulo del cavaliere de La Palisse il quale, come riferirono i suoi soldati, un quarto d’ora prima di morire era perfettamente vivo: se la casa c’è sei sicuro che ce l’hai, ma se la casa non c’è, allora sei sicuro che… non ce l’hai!
 
Questa sì che è una garanzia…
 

Il caso. Borgognone, “L’immagine sinistra della globalizzazione” e la sinistra che dimentica i poveri

Per questo la sinistra detesta i populisti, NON STA DALLA PARTE DEL POPOLO, LA SINISTRA E’ ELITARIA, STA COI RICCHI
Mar 12, 2016
 
Mundo-global
Di Augusto Grandi
 
Il pifferaio magico sta conducendo le destre verso il precipizio finale. E’ cosa buona e giusta. Le imminenti elezioni amministrative metteranno fine, ed era ora, alla farsa di chi crede di avere ancora qualcosa da dire ad un esercito di fedeli e si ritroverà, invece, senza truppe cammellate alle urne. La delirante scelta di imporre candidati privi di seguito e privi di identità avrà il pregio di chiudere definitivamente un periodo con la speranza che se ne possa aprire uno nuovo.
 
Dove i concetti ottocenteschi di destra e sinistra saranno cancellati, dimenticati, ignorati. Di fronte a vertici di fantasmi che discettano su quale candidato imporre, senza distinzione politica perché per loro la politica è morta, stanno nascendo sentimenti nuovi. Paradossalmente le dichiarazioni più intelligenti su invasori e matrimoni gay sono arrivate dal comunista Marco Rizzo che ha parlato di immigrazione imposta da un capitalismo alla ricerca di schiavi e di armi di distrazione di massa a proposito delle interminabili discussioni su un problema che riguarda una piccolissima minoranza di italiani mentre si evita di parlare di una ripresa promessa e svanita prima di concretizzarsi.
 
Peccato che Rizzo non sia ancora riuscito a scrollarsi di dosso quel retaggio inutile ed insulso legato a chi, grazie all’invenzione dei nuovi partigiani dell’Anpi, si è ritagliato posizioni di vantaggio economico e politico. Ma una critica, feroce, a questa incapacità di liberarsi delle scorie del passato arriva proprio da sinistra. Dal giovane filosofo Paolo Borgognone che, dopo un corposo libro dedicato alla Russia, ha pubblicato per Zambon un immenso volume (oltre mille pagine) dedicato alla situazione politica.
 
Immagine-sinistra-della-globalizzazione
Immagine sinistra della Globalizzazione
 
Già il titolo aiuta: “L’immagine sinistra della globalizzazione”. Dove il “sinistra” non è sinonimo di funesto o sfavorevole, ma anche e soprattutto è un riferimento politico. Ad uno schieramento che ha rinunciato ai sogni di rivoluzione e di cambiamento per trasformarsi nel maggior sostenitore del turbo capitalismo. Una sinistra che ha rinunciato alla difesa dei più poveri per diventare la paladina degli alto borghesi globalizzati e dei pochi super capitalisti che controllano la stragrande maggioranza della ricchezza mondiale.
 
Una sinistra che blatera di antifascismo per inventarsi nemici inesistenti e distogliere l’attenzione dai problemi veri. Una sinistra che idolatra gli Usa ed Obama, che cancella i diritti dei lavoratori per sostituirli con i desideri individuali senza limiti e senza controlli. Una sinistra che lotta contro le frontiere per creare un nuovo mondo di sradicati assoldabili a poco prezzo in ogni parte del mondo. Con gusti omologati, con una sola lingua, con i consumi come unico obiettivo di vita.
 
E non è un caso che Borgognone abbia scelto, per introdurre il suo ottimo lavoro di demolizione e di ricostruzione, le frasi di personaggi come Alian de Benoist e Marine Le Pen. Una Marine Le Pen che replica alla “sinistra” Lilli Gruber. Ed è evidente che Paolo Borgognone, nello scontro, non è dalla parte della Gruber.
 
Tratto da Barbadillo
 
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Nota:
 
L’Autore presenterà il suo libro Sabato 19 Marzo a Bologna, presso il Centro Giorgio Costa
 
in via Azzo Gardino, 48 – ore 15,30
 
Incontro organizzato da Controinformazione.info, da Bye ByeUncleSam e da Arianna Editrice
 

Mettete all’asta la mia azienda? E io la distruggo

17/01/2015 14:06
 
La disperazione di Corrado Giuca
 
1421500064-0-mettete-all-asta-la-mia-azienda-e-io-la-distruggo
Pozzallo – La sua azienda è finita all’asta per 408 mila euro ma ieri l’imprenditore di Pozzallo, Corrado Giuca, titolare di un’azienda di marmi con 30 dipendenti, ha accolto l’ufficiale giudiziario che doveva formalizzare il passaggio al nuovo acquirente con una pala meccanica che ha abbattuto un muro del capannone. L’ufficiale giudiziario ha rinviato l’insediamento del nuovo acquirente. Ma Corrado Giuca non vuole cedere la sua azienda: “Tutt’al più demolisco tutta la struttura”.
Redazione

DI NOTTE, COME I LADRI, RENZI REGALA ALTRI MILIONI A DE BENEDETTI: ECCO DOVE FINISCONO I SOLDI DELLE TUE TASSE

Per carità, che vuoi vedere la società civile andare in piazza per conflitto di interessi? Sia mai, il Pd è moralmente superiore, guai chi protesta, farebbe spalla alle “bestie” (tutti quelli che non appartengono alla cosca del Pd). Non si è visto nessuno in piazza nemmeno per il furto ai danni dei correntisti di Banca Etruria, si sà, solo lo Psiconano aveva conflitti di interessi, contro i quali non si sono sprecate manifestazioni. Qui ovviamente è diverso a quanto pare.
 
 
QUANTO COSTA A RENZI IL CONSENSO DEI MEDIA – IL FONDO F2I, DOVE L’AZIONISTA DI MAGGIORANZA È LA CDP DEL RENZIANO COSTAMAGNA, ACQUISTA PER 300 MILIONI IL 37 PER CENTO DELLE AZIONI ‘KOS’, SOCIETA’ DEL GRUPPO DE BENEDETTI – IL DENARO PUBBLICO DA’ PER L’ENNESIMA VOLTA OSSIGENO ALL’INGEGNERE.
 
È nella natura di F2i l’ambiguità. È un fondo pubblico quando il “sistema” gli chiede favori, privato quando deve dare spiegazioni. L’ unico sacrificio imposto alla Cir è che F2i comprerà solo il 37 per cento, il restante 10 per cento dovrà comprarlo la Cir per un’ottantina di milioni
 
Due giorni fa il consiglio d’ amministrazione del fondo F2i ha varato una operazione di kamasutra finanziario così ardita che nemmeno un disegno riuscirebbe a spiegarla chiaramente. Solo una cosa è evidente, la solita: il denaro è pubblico, il beneficio è privato.
 
Nel gioco dei favori incrociati, a guadagnarci saranno l’ ingegner Carlo De Benedetti, i suoi figli Rodolfo, Marco e Edoardo e tutti gli altri azionisti della Cir, la holding quotata e controllata dalla famiglia. Ma anche il fondo francese di private equity Ardian, che è socio sia di De Benedetti sia di F2i.
 
F2i, dopo mesi di studio, ha deciso di acquistare da Ardian il 37 per cento delle azioni di Kos, società attiva nelle residenze sanitarie per anziani, la cui maggioranza è della Cir, controllata dai De Benedetti. Numerose sorgono le domande.
 
 Perché un fondo nato per investire nelle infrastrutture (aeroporti, energie rinnovabili, la famosa Metroweb della banda larga) si compra la minoranza di una società di cliniche? Perché investire 300 milioni sul 37 per cento di una società che fa 17 milioni di utile netto? E soprattutto, se è vero come dicono gli uomini dell’ Ingegnere che c’ era la fila, perché F2i si infila in un’ operazione del genere anziché investire, per esempio, sulla banda larga di cui tanto il Paese ha bisogno?
 
 Le risposte le dovrebbe dare il governo, visto che il primo azionista di F2i è la Cassa Depositi e Prestiti, con il 15 per cento circa. Sommando le quote in mano alle Fondazioni bancarie (circa 25 per cento) e quelle delle Casse previdenziali di ingegneri e architetti (Inarcassa) e geometri, si arriva alla maggioranza del capitale in mano a gestori di denaro pubblico. Poi ci sono Intesa Sanpaolo e Unicredit con circa il 14 per cento ciascuna e, tra gli altri soci, proprio Ardian, con l’ 8 per cento. F2i compra dunque le azioni Kos da uno dei suoi azionisti, alla faccia del conflitto d’ interessi.
 
È nella natura di F2i l’ ambiguità. È un fondo pubblico quando il “sistema” gli chiede favori, privato quando deve dare spiegazioni. Due anni fa interruppe la strategia di investimento sugli aeroporti italiani vendendo all’ improvviso il controllo dello scalo fiorentino di Peretola al magnate argentino Eduardo Eurnekian, amico di Marco Carrai, intimo di Matteo Renzi. Adesso, all’ improvviso, scopre che la sua vocazione è investire in quote di minoranza di società di residenze per anziani.
 
All’ origine dell’ operazione di questi giorni c’ è un serio problema in casa De Benedetti. Nel 2010 il fondo Ardian investì nella Kos 150 milioni di lire. Gli accordi con il socio di maggioranza, la Cir di De Benedetti, prevedevano che entro il 2016 il fondo francese avrebbe potuto disinvestire con una congrua plusvalenza.
 
Qui c’ è il passaggio chiave. È difficile fare plusvalenze con quote di minoranza. Per riuscirci bisogna che l’ azienda guadagni molto e distribuisca dividendi da sogno. Infatti gli accordi prevedevano che, per garantire ad Ardian il guadagno pattuito, si sarebbe arrivati se necessario a vendere anche il 100 per cento della società.
 
fonte: DAGOSPIA

Dopo leggi Treu, Biagi, riforme per abbattere il costo del lavoro, introduzione

Dopo leggi Treu, Biagi, riforme per abbattere il costo del lavoro, introduzione massiccia di stranieri per alimentare il dumping sociale SI STUPISCONO QUELLI DELL’ESPRESSO? Tutto con il consenso dei sindacati in nome del progresso?? Questi sono i passi avanti? Un esercito di morti di fame ORA E’ ABBASTANZA BASSO IL COSTO DEL LAVORO ?? o NO?
LA SOCIETA’ CIVILE CHE FA??? 
CI CONSIGLIERA’ DI ATTACCARCI UN CARTELLO CON SCRITTO “LAVORO in cambio di CIBO” ?? 
COS’E’ un altro lucroso business per cooperative bianche e rosse???
 
Operai, postini, professori, camerieri: i nuovi schiavi lavorano a voucher
Eliminati i co.co.co., oggi il precariato passa attraverso i “buoni” a sette euro e mezzo l’ora. Che ormai dilagano, creando una nuova classe sociale. Le storie di chi sbarca il lunario in questo modo
 
DI FABRIZIO GATTI
 
07 marzo 2016
 
operai postini
Una volta c’erano l’operaio, la guardia notturna, l’autista, il postino, il cameriere, l’idraulico, l’insegnante, il professore universitario. La nostra identità dipendeva anche dal ruolo che il lavoro ci assegnava nella società. Oggi tutte queste professioni, e molte altre ancora, possono essere riassunte in un unico mestiere: il voucherista. Essersi fermati alla terza media, come Andrea P., 49 anni, o avere tre lauree come Marco Traversari, 52 anni,docente universitario, per il moderno datore di lavoro forgiato dalla crisi e dalla retorica della quarta rivoluzione industriale non fa nessuna differenza.
 
Sia Andrea, parcheggiatore notturno a chiamata, sia il professor Traversari valgono 7 euro e 50 centesimi di paga netta l’ora, più un euro e trenta di contributi pensionistici all’Inps, settanta centesimi di assicurazione antinfortunistica all’Inail e cinquanta centesimi di gestione del servizio. Fanno dieci euro tondi tondi: cioè, il costo orario lordo del lavoro nell’Italia che fa scappare i cervelli e tratta chi resta allo stesso modo, dal disoccupato a vita ai proletari della conoscenza.
 
È nata così una nuova classe sociale: il popolo dei voucher, dei buoni-lavoro, degli italiani pagati con uno strumento inventato per gli impieghi saltuari nell’agricoltura e le ripetizioni del doposcuola. Ma oggi esteso a tutti i settori. Un ulteriore contributo della legge all’aumento dei working-poor: i nuovi poveri che, nonostante lavorino, vivono appena sopra il limite di sussistenza, o addirittura al di sotto. Il voucherista non ha infatti diritto a riposi o a ferie pagate. E questo, nel clima di cinesizzazione sociale che stiamo vivendo, potrebbe essere visto come un inutile privilegio.
 
Ma non ha diritto ad ammalarsi, a curarsi, a maternità o paternità, a ottenere un mutuo per la casa, al congedo matrimoniale, al permesso per accudire i figli malati. Cioè a tutta quella serie di conquiste civili che finora hanno fatto la differenza tra un cittadino dell’Europa occidentale e un operaio-suddito dei regimi orientali. Perché al di fuori dei pochi centimetri quadrati del voucher e delle relative ore pagate, il rapporto di lavoro e lo stesso lavoratore cessano di esistere.
 
Pochi giorni fa l’Inps ha confermato il boom anche per il 2015:115 milioni di buoni-lavoro staccati da gennaio a dicembre, contro i 69 milioni del 2014 e i 36 milioni del 2013. Un aumento nazionale del 67,5 per cento in dodici mesi con punte del 97,4 per cento in Sicilia, dell’85 in Liguria, dell’83 in Puglia e in Abruzzo, del 79 in Lombardia. La nuova classe sociale coinvolge già più di un milione e mezzo di lavoratori, due terzi dei quali al Nord. Metà uomini e metà donne. E l’età media è in continua diminuzione: 60 anni gli uomini e 56 le donne nel 2008, anno di introduzione dei buoni-lavoro; 44 e 36 anni nel 2011; 37 e 34 anni oggi.
 
Anche l’età conferma la trasformazione da rimedio estemporaneo per arrotondare la pensione o gli ultimi anni di attività, a retribuzione vera e propria. Nel 2015 i datori di lavoro (imprese, commercianti, famiglie) hanno acquistato voucher per un miliardo e centocinquanta milioni di euro, che hanno generato contributi per quasi 150 milioni all’Inps, per 80 milioni all’Inail e compensi ai lavoratori per 862 milioni e 500 mila euro, oltre a 57 milioni in commissioni burocratiche.
 
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Dall’edilizia al turismo, dal commercio ai convegni. Doveva essere solo un modo per far emergere il nero: invece è diventata una forma di impiego diffusa in tutti i settori
 
La crisi economica fa sicuramente la sua parte. Spinge gli imprenditori a tagliare i costi e a impiegare i dipendenti a ore o a giornata, soltanto quando servono. E mette anche a disposizione una massa di disoccupati, cassintegrati,esodati, mobilitati, licenziati costretti a svolgere più lavori saltuari per raccogliere qualcosa che assomigli alle briciole di una paga. È un po’ come il junk-food, il cibo spazzatura: si mangia quello che capita. Qui siamo al junk-job: si accetta quello che passa.
 
Non sempre, ovviamente, il giudizio è negativo. Per gli studenti superiori e universitari i buoni sono una risorsa contro il lavoro nero o l’apertura di costose partite Iva: permettono infatti di lavorare in regola in bar, ristoranti, negozi e uffici per mantenersi parte degli studi. Nella stessa categoria deglistudenti, rientrano quanti arrotondano grazie ai voucher uno o più stipendi part-time. Il lavoro accessorio tra l’altro non va dichiarato al fisco. Ma sono gli unici a dirsi completamente soddisfatti.
 
La seconda categoria di voucheristi comprende quanti integrano in questo modo la magra pensione di anzianità. Oppure il salario di disoccupazione. E per le persone in mobilità sopra i quarantacinque anni la condizione di voucherista diventa una condanna permanente al sottoprecariato: perché l’istituzione dei buoni-lavoro offre ai datori la possibilità di non stabilizzare mai i loro dipendenti.
 
La terza categoria raccoglie gli ex contratti a progetto, ora in gran parte aboliti, e le finte partite Iva, settore crollato del dieci per cento nel 2015. E loro stanno addirittura peggio: è la situazione di migliaia di collaboratori, educatori, addetti di cooperative sociali e piccole società a responsabilità limitata che da qualche mese devono accettare stipendi in minima parte pagati con i buoni. Il resto in nero.
 
L’uso di voucher sta dando corpo anche a due categorie di datori di lavoro: quelli che rispettano la norma e trasformano il rapporto accessorio in contratto non appena l’impiego diventa stabile e quanti continuano a suddividereillegalmente l’impiego stabile in più rapporti accessori. Soltanto due limiti economici imposti dalla legge impediscono al momento una diffusione più massiccia dei voucheristi, auspicata da un’ampia scuola di giuslavoristi rappresentata anche dall’ex ministro nel governo Berlusconi, Maurizio Sacconi.
 
Sono la barriera di settemila euro netti del compenso complessivo annuo in buoni che un lavoratore non può superare e di 2.020 euro all’anno pagati da ogni singolo committente. La terza condizione, cioè il vincolo che si tratti di lavoro accessorio, viene già aggirata da tempo. Soprattutto dove i voucher hanno avuto successo nel coprire il lavoro nero.
 
VEDI ANCHE:
 
vaucher 2
 
Superato ogni record per i buoni-pagamento da 10 euro l’ora. Inventati per i lavoretti da giardino o le ripetizioni. Sono diventati uno strumento universale. Dai risvolti anomali. Come scoperto dalla stessa Inps negli alberghi di Jesolo. E come raccontano molti casi. Le ragioni del boom
 
UN ALIBI PER EVITARE GUAI
Ecco cosa accade in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, regioni in cui l’impiego di voucheristi ha registrato un aumento del 57,4 e del 40,1 per cento nell’ultimo anno. I buoni-lavoro hanno polverizzato i contratti part-time e stagionali nell’agricoltura. E oggi anche nelle campagne raccontate nel primo romanzo di Pier Paolo Pasolini “Il sogno di una cosa”, grazie ai voucher si ricorre largamente allavoro nero. La raccolta della frutta e la vendemmia in Friuli durante l’estate e l’autunno 2015 hanno consolidato il rapporto tra la parte dello stipendio pagata in buoni e la parte illegale. È di uno a trenta: 37,50 euro al mese in voucher e 1.062,50 in contante per un massimo mensile di millecento euro. Ovviamente, soltanto per le settimane lavorate. Se piove o la raccolta termina, si va a casa senza paga. Fanno comunque più o meno 40 euro al giorno: un ottimo compenso rispetto ai 25-30 euro pagati, quando va bene, dai caporali in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania.
 
Ma che senso ha staccare 37 euro e 50 al mese in buoni-lavoro su un totale di millecento euro? Sono il valore netto di appena cinque voucher: «Certo», risponde Paolo F., 53 anni, ex operaio in un’impresa subappaltatrice di Fincantieri aMonfalcone e oggi bracciante a chiamata: «E sono l’alibi per evitare guai con l’ispettorato. È la prima informazione che ti danno sui campi: “Se viene un controllo, dite che è il primo giorno che fate qui”. Il voucher serve a questo: a coprire l’eventuale verifica o l’eventuale infortunio. Alla raccolta della frutta quest’anno eravamo in novanta.
 
Un po’ di tutto: padri di famiglia come me, cinquantenni in mobilità da anni, donne senza lavoro, qualche romeno. Tutti pagati 37 euro e 50 in voucher al mese e il resto cash. Fanno oltre novantamila euro al mese di nero che l’azienda tira fuori per pagare il personale. Per obbligarli a versare i contributi,basterebbe verificare il lavoro eseguito. Come è possibile raccogliere tonnellate di frutta per i supermercati lavorando soltanto le cinque ore al mese retribuite dai voucher? Inutile aggiungere che di controlli non ne abbiamo mai visti». Perché non vuole sia rivelato il suo cognome? «Perché devo lavorare. I voucher hanno cancellato le ultime tutele sindacali: se parli, come minimo non ti chiamano più».
 
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Una norma, introdotta dopo l’inchiesta de “l’Espresso” sulcaporalato nella raccolta dei pomodori, impone che i contratti siano registrati un giorno prima del loro inizio. Con i voucher basta un minuto prima: magari lo stesso momento in cui avviene un incidente. «Sappiamo di imprenditori che una volta passato il nostro controllo hanno disattivato il voucher», rivelano i carabinieri del Nucleo di tutela del lavoro in Lombardia: «Lo sappiamo in via confidenziale. L’Inps non ha nessuna banca dati sulle disattivazioni. Il trucco è attivare il voucher tutti i giorni per una sola ora. E magari disattivarlo a fine giornata. Per noi diventa impossibile contestare il lavoro nero. Dall’evasione totale dei contributi si passa all’elusione e le sanzioni si riducono. Dovremmo insomma impiegare uomini e risorse dello Stato per recuperare cifre irrisorie che non giustificano il costo».
 
EDUCATORE E FATTORINO
 
Basta il confronto con la cedola di una busta paga tradizionale per misurare la smaterializzazione del rapporto di lavoro che il voucher ha garantito. Questo è quanto riporta la busta: ragione sociale dell’azienda, nome e cognome del dipendente, data di nascita, data di assunzione, scatti di anzianità, luogo di lavoro, mansione, figli a carico, ferie, permessi, Tfr, versamenti Inps e Inail. E questo è quanto viene richiesto dal voucher: periodo prestazione, codice fiscale datore di lavoro, codice fiscale lavoratore, firma lavoratore. Fine.
 
 
Aldo Furini, 55 anni, gestisce con la sorella Silvia la trattoria “Il Santuario” a Rovello Porro, provincia di Como. Pranzo a prezzo fisso a dodici euro durante la settimana e pizzeria-birreria il venerdì e il sabato sera. Molte fabbriche svuotate dalla delocalizzazione. La concorrenza delle mense aziendali. «Tutta la settimana bastiamo noi», racconta Furini, «venerdì e sabato, se abbiamo prenotazioni o prevediamo movimento, chiamiamo i ragazzi. Sono tutti studenti. A volte qualcuno non può o è malato, allora si continua il giro di telefonate finché la necessità è coperta. Li paghiamo tutti con i voucher. Lo Stato ha la grande convenienza. Prende i soldi in anticipo all’acquisto dei buoni e si tiene il venticinque per cento. È un vantaggio anche per l’Inps, visto che per la crisi molte aziende non pagano più i contributi». Mai pensato di stabilizzare uno o due camerieri? «Vorremmo assumere un dipendente a contratto. Ma le spese sono insopportabili. Soltanto per tenere la contabilità della busta paga, la Camera di commercio ci chiede milleduecento euro all’anno per persona. Più di uno stipendio mensile. Noi non ci stiamo dentro».
 
Non per tutti la roulette gira così male. Simone Regio, 39 anni, è soddisfatto. Grazie ai voucher può arrotondare i milleseicento euro netti di due contratti part-time: educatore in un centro di riabilitazione psichiatrica e in un’associazione privata. Il terzo lavoro di voucherista è sui pedali: corriere porta a porta in bicicletta per la “Ubm – Urban bike messengers” di Milano, la più grande società del settore in Italia. Il suo collega, Simone Gambarin, dai buoni-lavoro è passato al contratto a tempo indeterminato sempre con “Ubm”. E a 36 anni può finalmente permettersi la sua prima casa in affitto. «Per noi i voucher sono stati una soluzione», spiegaGianni Fiammengo, proprietario di Ubm, «per tutte quelle persone che lavorano saltuariamente e che così sono pienamente coperte da contratto, assicurazione e Inps. Ora i voucher li utilizziamo poco perché gli sgravi fiscali ci hanno permesso di assumere quattordici corrieri full-time. I buoni li usiamo per i pochi part-time rimasti. Nel frattempo l’azienda si è ingrandita».
 
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SE NON SAI PIÙ CHI SEI
 
Marco Traversari è docente nel laboratorio di Antropologia e lavoro del corso di laurea magistrale in Antropologia dell’Università di Milano Bicocca. Insegna anche Antropologia culturale in un liceo di Brescia. È laureato in scienze politiche, antropologia e filosofia ed è autore di libri e manuali scolastici. I due contratti part-time da docente coprono solo il settanta per cento del suo fabbisogno per vivere. Per il rimanente trenta per cento, Traversari deve impegnarsi inconsulenze culturali, corsi di formazione, partecipazione a conferenze. E in tutto questo è pagato in voucher. «Nel 2015 i buoni-lavoro hanno spazzato via tutto quello che esisteva: contratti, cococo, cocopro, finte partite Iva, ritenute d’acconto. Dove la pubblica amministrazione ha appaltato i servizi», spiega, «lì le cooperative ora pagano solo in voucher».
 
 
Ma il cambiamento va oltre l’eliminazione del contratto. I voucher sono la cifra della trasformazione culturale che stiamo vivendo. In gioco c’è il ruolo sociale di ciascuno: in sociologia, il ruolo è costituito dalle aspettative che gli altri hanno del tuo status sociale. Nel voucher il ruolo èindifferenziato. In questo il voucher è l’emblema del postfordismo: è l’espressione della smaterializzazione del lavoro come costruzione della propria identità stabile.
 
Freud però ci insegna che l’identità psicologica stabile deriva dall’equilibrio tra eros e lavoro. Nel momento in cui il lavoro diventa instabile, flessibile, smaterializzato anche l’identità psicologica diventa fluida, instabile». Dove porta tutto questo? «Al problema di non sapere chi sei. Allora diventa potente la necessità di un’identità nazionalistica o religiosa. E lo vediamo in quello che sta succedendo in Europa. Gli studenti comunque vogliono i voucher: chi fa lavori di pochi mesi, trova giusto essere pagato in voucher. La flessibilità è parola che loro mettono in pratica».
 
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L’identità di Andrea P.,parcheggiatore notturno a Milano, è flessibile da quando ha perso il lavoro di carrozziere. E poi il contratto di autista. Lui ha cercato di nascondere il dramma alla moglie e ai due figli. Per portarli in vacanza, ha speso i duemila euro di risparmio dei ragazzi. Ma quando la moglie lo ha scoperto, l’ha cacciato di casa. Ora Andrea, a quasi cinquant’anni, è tornato a vivere con la mamma, vedova e pensionata. La madre, immigrata pugliese nella Milano del boom economico, non sa che il figlio è un voucherista: 400-500 euro al mese in buoni da marzo a settembre nella stagione dei concerti.
 
Sorveglia le auto del pubblico oppure controlla i biglietti ai tornelli quando a San Siro e nelle discoteche arrivano i grandi nomi della musica italiana e mondiale. Ma di tutto lo spettacolo, Andrea prende soltanto le briciole: «Da settembre a marzo faccio la fame», confessa, «non ho però il coraggio di dirlo a mia madre. Allora mi alzo la mattina alle 6,30, mi lavo e mi vesto. E fingo di andare a lavorare». Il nascondiglio, l’ultimo rifugio stabile sono i tre metri per uno e mezzo della cantina, un finto tappeto di nylon sul cemento, un piumone bianco per scaldarsi, lo scaffale vuoto alla parete, due maglie in cashmere della vita che fu appese a un angolo. Andrea ascolta la radio, dorme, pensa. Fino alle due del pomeriggio, quando esce dal sotterraneo e finge di tornare dal lavoro. La prima volta che l’hanno pagato in voucher, l’hanno perfino fregato. L’impresario di quel periodo gli ha dato buoni per 400 euro. Ma quando il parcheggiatore è andato a riscuoterli dal tabaccaio e poi all’Inps, gli hanno detto che erano stati disattivati. Andrea sorride amaro: «Ho scoperto così che anche il buono non era buono».