Presidio per Berta Caceres a Roma

https://youtu.be/ZZOPoMVeJrA

Intervista a Fulvio Grimaldi in occasione del presidio a Roma, Piazza SS Apostoli, il 10 marzo, di un gruppo di attivisti NO Triv, No Tav, No Nato, in onore di Berta Caceres, militante della lotta antimperialista e antirazzista in Honduras, assassinata dai sicari del regime e delle multinazionali il 3 marzo scorso.

Il 10 marzo, a Roma, in Piazza SS Apostoli, un gruppo di persone ha commemorato una grande combattente, caduta assassinata dai sicari delle multinazionali e dal regime installatosi dopo il colpo di Stato dei militari organizzato dagli Usa nel 2009, per rimuovere un presidente, Manuel Zelaya, che aveva tentato di sottrarre l’Honduras al controllo imperialista e alle grinfie dei saccheggiatori nazionali ed esteri dell’ambiente e delle comunità indigene e popolari. Berta Caceres, un’indigena Lenca, femminista, rivoluzionaria, fondatrice e coordinatrice del COPINH, organizzazione di indigeni e masse popolari contro il capitalismo, il razzismo e l’imperialismo, dal momento del golpe ha guidato la resistenza di popolo contro i golpisti e contro i loro successori narcotrafficanti che hanno svenduto il paese agli interessi nordamericani e, con una repressione sanguinaria, hanno fatto dell’Honduras il paese dove si muore ammazzati di più nel mondo. Berta è stata uccisa a casa sua, a La Esperanza, in terra Lenca. nella notte tra il 3 il 4 marzo 2016. A ricordarla non c’era, nonostante l’ampia diffusione data all’evento e l’enorme importanza politica che la tragedia honduregna riveste per l’America Latina e il mondo, l’ombra del movimento pacifista, anti-guerra, antimperialista. Nè sindacati, nè Arci, nè Don Ciotti, nè altri preti, nè nonviolenti, nè donne in nero, nè Tavola della Pace. Non ne abbiamo sentito la mancanza. In America Latina, nel Sud del Mondo, tra le persone coscienti, milioni hanno ricevuto da Berta coraggio e fiducia e le hanno tributato la loro riconoscenza.  La maggioranza dei partecipanti veniva dalle file NO TRIV, NO TAV, NO NATO.

 Fulvio

Ercole Incalza assolto per la quindicesima volta. Il supermanager del Ministero delle Infrastrutture a colloquio col Foglio

et voilà, la giustizia!

Lo risarciranno per le sofferenze subite?

Interessante il finale..!

 11 marzo 16 Huffingtonpost :

http://www.huffingtonpost.it/2016/03/11/ercole-incalza-assolto_n_9435794.html?utm_hp_ref=italy

Assolto ancora una volta, e sono 15, nell’ambito dell’inchiesta Grandi Opere.

“Di cosa dovrei gioire?” dice Ercole Incalza, per anni superdirigente del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in un colloquio con il Foglio. “Se penso alla sofferenza patita in tutti questi anni, quindici inchieste e quindici assoluzioni, e la confronto con la gioia di queste ore, il bilancio è inevitabilmente negativo”.

Il Gup di Firenze, Alessandro Moneti ha prosciolto Ercole Incalza dalle accuse di essersi prodigati nel Ministero per bypassare vincoli e autorizzazioni paesaggistiche per realizzare la Tav di Firenze. Al manager erano contestati i reati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e abuso di ufficio.

“Il processo è in sé una pena. E ancora prima del processo sono una pena le indagini, i controlli, la tua libertà che si restringe. Smetti di essere una persona libera. E poi c’è l’arresto”.

Diciannove giorni a Regina Coeli, oltre due mesi ai domiciliari.

Ancora oggi mi chiedo perché. Perché mi hanno fatto questo, che bisogno c’era. È una macula che resterà per sempre nella mia vita”.[…] “I soldi che io avrei intascato non li hanno mai trovati. È facile misurare il mio tenore di vita, hanno controllato i conti, sanno tutto. Il carcere però potevano risparmiarmelo

Non manca un riferimento alla gogna a cui lo ha sottoposto la stampa.

“I giornali mi hanno trattato come il peggior criminale. Ma io so quello che ho fatto. Quest’anno ricorrono i 30 anni del Piano generale dei trasporti. L’ho realizzato io. Ho seguito la realizzazione di infrastrutture per un valore di 74 miliardi di euro. Mi dicano gli altri quello che hanno fatto per questo Paese”.[…] La verità è che io sono una persona scomoda per i professionisti del no, per quelli che costruiscono il consenso sull’opposizione alla modernità. La Roma-Milano in tre ore ha cambiato la vita degli italiani più di 100 meet-up” […] “Mi crocifiggono perché un’opera forse sarebbe costata il 10 per cento in più. Pure fosse vero, io direi: vivaddio, almeno esiste”.

Tav Firenze, gup proscioglie Incalza e Mele. A processo ex presidente Umbria Lorenzetti – Il Fatto Quotidiano

Non si possono toccare i potenti boiardi e il PD, neppure a Firenze.

ilfattoquotidiano.it

di F. Q. | 10 marzo 2016

Inchiesta sui lavori Tav a Firenze ‘sgonfiata’ in udienza preliminare: il gup Alessandro Moneti stamani ha prosciolto da tutte le accuse gli ex dirigenti del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza e Giuseppe Mele. Va a giudizio, ma alleggerita di varie imputazioni, l’ex presidente dell’Umbria e di Italferr, Maria Rita Lorenzetti. Il processo comincerà il 16 dicembre con 20 persone imputate su 33 per cui la procura aveva chiesto il giudizio, e sei società, tra cui Nodavia, Coopsette, Seli.

Nell’ambito dell’inchiesta, molto articolata, – relativa ai lavori di sottoattraversamento, in tunnel, di Firenze della linea ferroviaria Tav -, per Incalza e Mele il gup Moneti ha emesso sentenza di non luogo a procedere ‘per non aver commesso il fatto‘ riguardo all’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e all’abuso di ufficio nell’esecuzione dell’appalto.

In particolare i due erano accusati di essersi prodigati – come dirigenti dell’unità di missione del ministero delle Infrastrutture a cui faceva riferimento l’appalto Tav di Firenze – per ‘bypassare’ con loro dichiarazioni vincoli e autorizzazioni paesaggistici, anche attestando nelle varianti al progetto che non fosse necessaria una nuova valutazione di impatto ambientale, con riferimento allo scavo del tunnel vicino a monumenti come la Fortezza da Basso.

Va a processo per questa parte di accusa Maria Rita Lorenzetti – come presidente di Italferr -, insieme al rup di Italferr Valerio Lombardi, per aver operato “a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette mettendo a disposizione dell’associazione a delinquere conoscenze personali, propri contatti politici e una vasta rete di contatti”. A giudizio anche il legale rappresentante di Nodavia Furio Saraceno, il già responsabile di Ds e Pd a Palermo, Walter Bellomo, come membro della commissione Via del ministero dell’Ambiente, i dirigenti di Coopsette, Maurizio Brioni e Marco Bonistalli. Maria Rita Lorenzetti è stata invece prosciolta, insieme ad altri, ‘perché il fatto non sussiste‘, da accuse di corruzione, falso e abuso d’ufficio per altri episodi sempre relativi a presunte pressioni per ottenere autorizzazioni ai lavori.

Il gup ha confermato il rinvio a giudizio per Busillo e Vizzino per frode nel corretto e completo montaggio della fresa di scavo del tunnel che fu chiamata ‘Monna Lisa‘, macchinario che – come volle dimostrare la procura – non fu mai in efficienza, ma venne dichiarato come tale “per far apparire correttamente adempiuto il contratto” e chiedere a Nodavia e alla stazione appaltante il pagamento del primo stato di avanzamento lavori. Sull’accusa di traffico illecito di rifiuti – in particolare i fanghi da perforazione smaltiti in modo ritenuto pericoloso per l’ambiente -, il gup ha differenziato le posizioni emettendo sentenza di non luogo a procedere per una parte degli imputati.

Per Renzi un buffet da 120mila euro in una galleria dell’autostrada

Per l’arrivo del premier il cantiere per qualche ora si è trasformato in una sorta di loft, con tanto di divani in vimini e buffet molto ricercato

Per Renzi un buffet da 120mila euroin una galleria dell'autostrada
Ilbuffet organizzato all’interno della galleria di Mormanno
COSENZA – Sono diverse le cose rimaste dalla visita del premier Matteo Renzi. Fra queste l’incredibile banchetto organizzato all’interno della galleria di Mormanno. Il cantiere per qualche ora si è trasformato in una sorta di loft, con tanto di divani in vimini e buffet molto ricercato. Pare ci fosse anche un carretto con gelati artigianali. Il tutto organizzato da una ditta di Tarsia per una cifra vicina ai 120mila euro.

Chi ha pagato? C’è chi dice l’Anas, chi la ditta che sta effettuando i lavori. L’Anas fa intanto sapere di non aver richiesto il buffet che è stato invece un’iniziativa della Italsarc (il consorzio di imprese che fa da general contractor dell’opera) che a ogni inaugurazione di tratto di autostrada offre un rinfresco ai suoi dipendenti. 

L’Anas precisa anche che il presidente del Consiglio Matteo Renzi non ha preso parte al buffet.

Un fatto è certo: in pochi hanno approfittato del buffet vista la Location

Sabato 12 Marzo 2016 17:09

MAFIA E AFFARI IN VALSUSA / IL SINDACO FRACCHIA TESTIMONIA AL PROCESSO SULLA CAVA DI SANT’AMBROGIO: “VOLEVO FARLA RIMUOVERE”

Giornale online indipendente – Diretto da Fabio Tanzilli – redazione@valsusaoggi.it

     03/10/2016  

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Ieri al processo San Michele è stato sentito il sindaco di Sant’Ambrogio Dario Fracchia. Il Comune si è costituito parte civile insieme a Chiusa San Michele (avvocato Bongiovanni).
Interrogato dal pm Antonio Smeriglio, Fracchia ha spiegato come “il cumulo di rifiuti collocato in un’area esterna alla cava gestita da Giovanni Toro è stato più volte oggetto di solleciti per la rimozione e ordinanze visto che insisteva su di un terreno agricolo”.
In aula è stata fatta sentire una telefonata tra il sindaco e l’imprenditore imputato (legali Ronco e Capellupo) in cui Fracchia intimava di “rimuovere tutto in fretta”.
Il primo cittadino si è detto dispiaciuto dalla circostanza che, a distanza di anni, quel cumulo da 40 mila metri cubi di fresato d’asfalto e materiale edile di riporto “sia ancora lì. Siamo un Comune turistico e la cava si trova proprio sotto la Sacra di San Michele”.
La difesa di Toro ha precisato che non si dovrebbe datare la presenza di quei rifiuti attribuendola alla loro gestione.

Avvio cantieri Tav: in ritardo dal 2010

 http://www.autistici.org/spintadalbass/?p=7457

Spinta dal Bass

 

sabato, marzo 12, 2016

Avvio cantieri Tav: in ritardo dal 2010

Quando inizieranno i lavori per il tunnel di base della Torino-Lione? Telt, la società diretta da Mario Virano e incaricata di realizzare l’opera, snocciola il calendario senza esitazioni: “[l’avvio dei] lavori preparatori per il tunnel di base di 57 chilometri prenderanno il via nel 2017 e quelli definitivi nel2018”. C’è da credergli?

Non è la prima volta che la data dell’avvio dei lavori è fissata in modo perentorio. Il 28 Ottobre 2009Virano viene sentito dall’VIII commissione della Camera dei Deputati per avere notizie sull’avanzamento delle opere e delle attività relative alla realizzazione della nuova linea. All’epoca Virano era Commissario di Governo per la Torino-Lione e così parlava ai deputati: “al momento attuale, se pur con piccole sfasature, siamo sostanzialmente nel pieno rispetto del calendario europeo, che deve portare all’apertura del cantiere principale nell’autunno del 2013, come previsto dal dossier di finanziamento europeo”. E ancora “siamo nel calendario che ci può consentire […] di arrivare nell’autunno del 2013 all’apertura dei cantieri principali. Stiamo parlando del lato valico, tunnel di base e via dicendo”.

Quello che oggi si prevede di cominciare nel 2018 doveva iniziare già nell’autunno 2013!

Durante un convegno organizzato il 24 Gennaio 2010 per promuovere il Tav l’allora commissario di Governo stila un cronoprogramma dettagliato e conferma l’avvio del cantiere per il tunnel di base nel Novembre 2013.

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Arriviamo al 2012 e iniziano gli slittamenti in avanti dell’apertura dei cantieri. In un convegno tenuto a Genova a Novembre il solito commissario sancisce come data per l’apertura dei cantieri non più il 2013 ma il 2014.

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Luglio del 2013 sempre Virano, in una intervista a Il Sole 24 Ore, sposta ancora in avanti la data: nel 2014 le gare, nel 2015 l’apertura dei cantieri. Lui stesso conferma questa data nella conferenza stampa di fine 2013, tanto che sempre Il Sole 24 Ore titola trionfale:

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Come si può apprezzare dal video, forse complice l’euforia di fine anno, il commissario Virano rassicurava sul fatto che lo scavo alla Maddalena di 7,5 Km sarebbe terminato a fine 2015. Ad oggi, Marzo 2016, siamo appena a 4,5 Km.

E arriviamo al 2015, dei cantieri per il tunnel di base neppure l’ombra, ma Virano continua gli annunci e il 6 Maggio rende noto che i lavori del tunnel di base cominceranno nel 2017.

Così, anno dopo anno, arriviamo ai giorni nostri, al 2016. Secondo le previsioni fatte dal commissario alla Camera dei Deputati i cantieri sarebbero dovuti partire già due anni e mezzo fa, per non perdere i finanziamenti europei. Così non è. E allora il nostro previsore preferito guarda ancora una volta in avanti ipotizzando alcuni lavori preliminari nel 2017 (svincolo di Chiomonte e spostamento dell’autoporto) e l’avvio vero e proprio del tunnel di base nel 2018.

Sembra il paradosso di Achille e la tartaruga. Virano annuncia una data di inaugurazione ma i cantieri inesorabilmente fuggono in avanti.

Questa incapacità di rispettare i tempi, però, deve essere considerata un merito: il Governo gli ha fatto fare carriera. E dev’essere pure considerata con leggerezza dai giornali se dopo molti anni e svariati esempi continuano a riportare senza battere ciglio le previsioni del fu commissario, ora direttore generale, Mario Virano.

Dalla Val di Susa alla Laguna. La battaglia è per la democrazia

Dalla Val di Susa alla Laguna. La battaglia è per la democrazia

Di zone rosse ne abbiamo viste tante. Di reazioni spropositate da parte delle cosiddette “forze dell’ordine” ancora di più. Ma quanto accaduto oggi in bacino San Marco va oltre ogni comprensibile logica anche militare di difesa di due capi di Stato. Diciamola tutta: San Marco era presidiata da tante e tali forze di terra, di cielo e di mare che ci si poteva liberare dieci Kobane. La reazione al tentativo di violare il cordone di sicurezza da parte di una decina di imbarcazioni da laguna, che ha scatenato speronamenti e idranti da parte di navi militari da guerra, testimonia una volta per tutte lo scollamento che è in atto nel nostro Paese – ma potremmo anche scrivere in Europa – tra il potere politico e la cittadinanza.

Il palazzo Ducale di Venezia (e dei veneziani!) che, ricordiamolo, ai tempi dei Dogi non è mai stato difeso da una milizia armata in quanto il popolo doveva avere il potere e la possibilità di rovesciare il governo dogale qualora questi avesse contro la città e la sua laguna, è stato usato dal premier Matteo Renzi come una prestigiosa ed esclusiva location per un vertice con il suo parigrado francese, François Hollande. Vertice in cui si è discusso, tra le altre cose, di una eventuale guerra di cui non solo i semplici cittadini ma ma neppure i parlamentari sanno qualcosa.

Quanto è successo a Venezia, quindi, chiarisce una volta per tutte che la battaglia dei No Tav non è solo contro l’Alta Velocità, quella dei No Grandi Navi non è solo contro i condomini galleggianti che devastano la laguna, la battaglia contro le trivelle non è solo per difendere il mare e far rispettare gli accordi – che lo stesso Renzi aveva sottoscritto – di Cop21, quella degli studenti medi (confortante la loro massiccia presenza al corte) non è solo per la scuola… E’ una battaglia di tutti per riportare in Europa quella cosa che oramai non esiste più: la democrazia.

Intendiamo, parliamo di una democrazia reale, dal basso e partecipata. Una democrazia che non può esaurirsi in una croce su una scheda per eleggere un parlamento che oramai non conta più niente.Ma una democrazia che consenta alla cittadinanza di gestire in autonomia il proprio territorio e di rifiutare le Grandi Opere finalizzate non a rispondere ai bisogni della collettività ma per dare linfa ad una economia mafiosa e militarizzata che trita ambiente, diritti e beni comuni. Perché i valsusini non vogliono la Tav, così come i veneziani non vogliono le grandi navi o il Mose. E’ la mafia capitale a volerle. La soluzione non è la magistratura. Non lo è mai, la magistratura, una soluzione. Casomai questa può solo dimostrare il fallimento della politica. E il fallimento della politica, scritto con gli idranti di questa mattina, è l’aver demandato i suoi compiti e le sue prerogative ad un capitalismo predatorio, ultimo epigone di una economia devastata e devastante.

Una economia che, come è stato dimostrato a Parigi, non ha più futuro o, meglio, non è più in grado di costruire futuro per l’umanità. Quello che accadrà domani lo dobbiamo costruire sin da oggi. E la strada giusta non è quella del vertice militarizzato ma di quei ragazzi che oggi sono venuti in duemila a Venezia per difendere la Val di Susa e la laguna e chiedere giustizia climatica, diritti e democrazia.

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“Forse vedrai la tav” dicevano i presidenti Hollande e Renzi. Cronache bagnate dalla laguna.

posttop — 9 marzo 2016 at 21:38

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“Tu sei giovane, forse vedrai la tav” dice il presidente francese Hollande al suo omologo italiano Renzi che risponde con un sorriso “Ci saremo tutti e due”. Prosegue Mario virano, direttore di Telt la società che gestisce il progetto “Il protocollo di Venezia è il coronamento di 15 anni di lavori preparatori”. cit. LaRepubblica a firma Paolo Griseri.

Dobbiamo aggiungere a nostro malincuore fonte e firma. Già, perchè queste dichiarazioni sono talmente demenziali che se non fossero state pubblicate dal famoso fan dell’alta velocità Griseri sul quotidiano Renzy-friendly nessuno le avrebbe prese per vere. Non è una barzelletta, è la cruda e demenziale verità. Un progetto inutile che nasce a inizio anni 90, che viene siglato nel 2001 a Torino dai presidenti Amato e Chirac e che ad oggi resta carta con un mare di denaro pubblico già speso e rubato alla collettività.

Ma torniamo a Venezia, 8 marzo 2016, vertice Italia Francia. Ad attendere la mobilitazione in laguna una portaelicotteri, la san marco (casa in mare dei nostri marò) non in onore della basilica nè della piazza dove si terrà il vertice. Con questa immagine si inizia la giornata dopo un lungo viaggio che ha portato centinaia di persone da ogni parte d’Italia. Non un segno di pace ma sicuramente un segno dei tempi, guerre e frontiere, militari e filo spinato. E’ una giornata di mobilitazione per i notav che vedono nell’agenda dei due governanti un punto sul futuro dell’opera che li riguarda. Lo è anche per i no grandi navi che ospitano in laguna l’evento, per i no ombrina, i no tav terzo valico, no tav Trento, Brescia, per i ragazzi del movimento di lotta per la casa. Per i molti giunti perchè non c’era altro posto nel mondo dove stare se non a Venezia, a sostegno di chi si muove, di chi nonostante le difficoltà prova a guardare oltre e scende in strada o meglio… in acqua.

Dall’altra parte c’erano loro, le marionette delle banche e degli americani, i grandi potenti con la sindrome da inferiorità. Giacca cravatta e sorriso, ostentando sicurezza. Tanto sereni che in guerra neanche ci sono ancora partiti e per fare una conferenza stampa già schierano una nave da guerra. Gente che ha il coraggio di fare battute su un’opera pubblica che costerà 27 mld di euro (8 o 10 secondo le previsioni loro) e che non finirà mai. Ha il coraggio di ammetterlo candidamente scherzandoci su di fronte ad un’Europa dove il reddito (se ancora c’è) non permette alle persone di pagarsi un affitto o la spesa e con alle porte interi popoli bisognosi d’aiuto che scappando dalle guerre chiedono poco di più che un piatto di cibo e un riparo. E riescono a dire forse la vedo io, forse la vedi tu o forse vedete di andare tutti e tre a … Ma ci fermiamo qui e torniamo alla pagina bella della cronaca della giornata per non perdere l’educazione e ritrovare morale.

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Poco dopo le 10.30 si sale in barca e chi a piedi segue imbocca calli e ponti in direzione della dogana. “Per terra e per mar” lo slogan che segue da giorni i preparativi. Feste e saluti accompagnano l’anomalo corteo. Facce sicure dei veneti marinai e facce stupite e riflessive dei montanari prestati alla marina. Facce ancora più stupite di chi da riva vede la sua vicina di casa e grida ” ma t’se buna almenu a nuè?”. E’ poi il canale della Giudecca a ridare serietà al tutto, con le sue onde alte e un curioso funerale (curioso ovviamente per i non autoctoni) che tranquillo e serio attraversa la mobilitazione con il compianto nella bara appoggiato su un signorile scafo. Sì siamo proprio a Venezia, la città e la laguna che non finirà mai di stupirci dove tutto è diverso e tutto è … con acqua. Acqua che scende dal cielo, acqua sotto le barche e appena si forza la zona rossa anche acqua dentro le barche e addosso. A farne le prime spese è l’amplificazione che si spegne sotto i getti alzati dalle moto d’acqua della polizia e gli idranti della guardi di finanza.

Inizia la “battaglia navale”, il corteo ha esaurito il suo percorso autorizzato e giunge al limite della “dogana”, la Dogana da Mar, storico e strategico punto di accesso al bacino del Canal Grande. A scrutare dall’alto i destini del mondo è la Fortuna, opera del Falconi, che ruotando nel senso del vento simboleggia la mutevolezza della stessa. Sarà la sorte ma proprio qui si è scontrata la flotta pirata con i “doganieri”. Simbolico e reale si incontrano, pirati, gente che si ribella e non vuole pagare dazio sulla propria pelle contro chi dall’alto (neanche poi tanto) della sua posizione di potere impone sacrifici, debiti e trasforma la vita vera in confini e frontiere.

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Sono due ore di scontri in mare, cercando di andare “dall’altra parte”. A tentare di arginare la mobilitazione, la questura di Venezia ha schierato mezzi e uomini che stupiti si chiedono il perchè, dove si voglia andare. Questa purtroppo è una sorpresa che nella giornata non si è potuta svelare nonostante l’impegno di donne e uomini di ogni età con a disposizione i loro corpi dentro mezzi da lavoro prestati con generosità alla causa. Dall’altra parte con naturalezza sarebbe successo quello che da tempo il mondo si aspetta, un bel calcio nel sedere e un cambio di rotta e di vita a chi da troppo tempo ormai gioca con le sorti del pianeta stesso e delle vite che lo attraversano. Non c’era il “mondo” da questa parte, era una giusta e misurata mobilitazione che con serietà ha provato a lanciare ancora una volta un messagio, un reale momento contro.

Bagnati ma felici nel pomeriggio insieme si rientra verso casa, ripercorrendo canali e calli verso piazzale Roma. Intanto, tornando a Palazzo Ducale iniziano a trapelare le “novità”. Sulla guerra, pronti, ma neanche troppo, sulle frontiere, chiudiamo ma con moderazione, sulla tav,, avanti come sempre. Insomma niente di nuovo. Le dichiarazioni sono di cortesia come le immagini, tanta scena e niente politica, solo facciata per tranquillizzare gli investitori e i banchieri. Chi è giunto da lontano intanto riprende la strada di un viaggio iniziato la notte precedente che al tempo stesso nell’impegno prosegue ormai da anni. Anche qui sono le emozioni che rimangono e ci sono equipaggi improvvisati che con rispettoso fare montanaro cercano i loro “capitani” di vascello e timonieri per una bevuta, un’ombra come si usa in idioma locale. Sono culture che si incontrano in modo semplice e con naturalezza scorrono, vita vera, quella che vorremmo portare con forza oltre i confini e le grandi opere inutili.

Non è tempo nè di far bilanci nè di sederci sugli allori. Ci basta guardare le facce felici sul pullman e sentire gli “epici” racconti sulla via del ritorno per capire che è stata una grande e giusta giornata. “Anche in mare!” gridano euforici i no tav pensando agli scontri. Ci è piaciuta la generosità dei ragazzi di Venezia del movimento no grandi navi che si sono adoperati con i loro sforzi per ospitarci nelle loro acque. Ci è piaciuto rispettare la bella Venezia, visitarla e portare un po’ di val di Susa in laguna. Incontrare tanti che partendo da un semplice appello hanno deciso di mettersi in movimento, aiutare una lotta per portarne avanti altre cento. Ci basta questo e vogliamo che continui ad essere così, una cosa semplice, bella e forte al tempo stesso.

Mauro Corona e la Val Susa: “No allo stupro della Val di Susa”

top — 9 marzo 2012 at 15:54

(…)E io andrò in Val di Susa, e voglio essere preso a manganellate come loro, perché non è possibile che si dica solo “hanno ragione”: bisogna metterci il corpo ed è quello che farò.(…)

da Agorà Vox – “Un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti il petrolio, il carbone e l’energia elettrica. È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l’un l’altro. E ora come faranno?” (da “La Fine del Mondo Storto”)

Mauro Corona risponde al telefono dalla sua casa tra i boschi e le vette del Friuli. Ha la voce roca, i modi sono affabili: in sottofondo si sente un cane abbaiare. Lo immagini circondato di libri, volti di legno che lui stesso scolpisce, attrezzatura per arrampicare: moschettoni, corde, ramponi. Lo immagini avvolto dalla folta barba, dai capelli lunghi: vedi le mani callose afferrare la cornetta, le gambe muscolose e i muscoli guizzanti di un uomo che a quasi 63 anni è ancora un vulcano: cammina nei boschi (“che mi abbracciano come la mamma che non ho avuto”, spiega), scala montagne, scolpisce, scrive.

Mauro Corona è uno dei migliori scrittori italiani, ma è soprattutto un personaggio genuino, figlio delle montagne che lo circondano, per le quali nutre il rispetto che un figlio deve ai genitori. Lo intervistiamo, appunto, per conoscere il suo pensiero sull’Alta Velocità e la lotta in Val di Susa, che uomini e donne come lui dall’altra parte delle alpi difendono come si difenderebbe la madre da uno stupro feroce e meschino. Mauro Corona è anche testimone del disastro del Vajont, di quell’ondata d’acqua che, come un colpo di falce, il 9 ottobre 1963, alle 22.45 cancellò per sempre duemila persone e un intero paese.

Signor Corona, dall’altra parte delle Alpi, a ovest dal luogo in cui vive, si accingono a costruire il Tav: qual è la sua idea rispetto a quest’opera? 

Noi non viviamo in democrazia, viviamo in democratura: è un misto tra democrazia e dittatura. Per questo io sto con gli abitanti della Val di Susa, non perché mi schiero con un colore politico o con l’altro, ma perché la ragione ce l’hanno loro che vivono quei luoghi, che sono da secoli in quella terra, che la amano, hanno sofferto, l’hanno costruita con il sangue e il sudore. Lì ci abita il cuore, non ci abita gente normale, non ci abitano corpi. E’ inaccettabile che qualcuno si arroghi il diritto di andare lì, come hanno fatto con il Vajont, e spazzare via la gente, spazzare via i boschi, secoli di cultura, tradizioni, storie.

Eppure il governo continua a dire che è un’opera necessaria, strategica, che il Tav porterà progresso, sviluppo…

Ma io non capisco perché fare una linea nuova, visto che ce n’è gia una che arriva in Francia e che è sottoutilizzata. E poi perché alta velocità? Ci siamo ormai superati, l’uomo è passato avanti a sé stesso. Il Tav è una vergogna e fanno bene a combattere quelli della Val di Susa, e che non mi si venga a dire che sono violenti.

Ma il governo dice che poche persone non possono bloccare un’opera utile a tutto il Paese…

La Montagna è di chi la vive, loro soltanto possono decidere cosa fare. Ma lo mettono in conto questi politici che quello è un luogo del cuore? Qui avevamo il Vajont: faceva girare mulini e segherie, era la nostra “miniera d’oro”. Sono venuti i politicanti dell’epoca, hanno messo un foglio di cemento sulla valle, hanno mandato via le persone e hanno causato duemila morti. Per questo io sto con la Val di Susa ed andrò lì a combattere.

Cosa è per lei la montagna?

Nient’altro che un luogo dove abitano persone, come il deserto, il mare, le pianure. La montagna è solo un luogo più ripido. E chi ci vive la ama perché si sente abbracciato da quelle rocce, da quei torrenti, dai boschi. Ma la montagna è soprattutto la memoria di chi è stato lì per secoli, di chi ha vissuto lì l’infanzia, è cresciuto, ha parlato coi vecchi. Ma è lo stesso nelle pianure o al mare. Ogni luogo è montagna, dipende solo dalle pendenze. Quelli che vi abitano sono i padroni assoluti. E chi va in Val di Susa e vuole stuprarla, perché è uno stupro quello che vogliono compiere, non si rende conto di fare un danno al cuore di quella gente, non al portafogli. Per questo non riusciranno a comprare gli abitanti della Valle.

Ieri il governo ha pubblicato le sue motivazioni tecniche e spiegato che non ci saranno danni ambientali. Insomma, ci hanno detto di nuovo che l’opera si farà e che le proteste, semplicemente, sono inutili.

Motivazioni tecniche? Ogni omicidio ha bisogno di un movente. E anche qui da noi è così: ci stanno rubando la ghiaia, e anche l’acqua: la vendono a peso d’oro, e questi paesi ormai sono diventati un luogo abitato più dai tir che dalle persone. Abbiamo costruito una società il cui unico obiettivo è fare denaro, a qualsiasi prezzo, anche al costo della vita stessa degli uomini e le donne.

Ci hanno spiegato che il Tav è un’opera strategica per lo sviluppo italiano. Qual è, invece, la sua idea di progresso?

Tornare all’agricoltura, al lavoro manuale. Ma vi rendete conto che abbiamo ceduto la terra alle macchine? E come è stata causata la crisi economica? Abbiamo puntato tutto sullo svilupo tecnologico. Io ho scritto un libro, letto da pochissime persone, si intitola “Ritorno alla Campagna”. Se vogliamo salvarci non dobbiamo pensare all’alta velocità: dobbiamo tornare a essere capaci di procurarci il cibo, senza violentare la terra, senza mettera in cima ai nostri propositi il profitto. Non sappiamo più usare le mani, abbiamo desideri inutili: il Suv, il navigatore satellitare… Ma mi spieghino questi “tifosi della crescita economica”, cosa serve per vivere, per stare in piedi?

Lei è friulano ed ha vissuto il 9 ottobre del 1963 l’immane tragedia dell’ondata del Vajont: duemila morti, interi paesi spazzati via. A proposito lei ha scritto: “Il Vajont non aveva fatto male a nessuno per milioni di anni”, intendendo chiaramente che quella, non a caso una grande opera paragonabile all’odierno Tav, fu un disastro causato dalla mano dell’uomo. 

Oggi dicono che abbiamo bisogno dell’alta velocità, in quell’occasione dissero che avevamo bisogno di energia. Pochi uomini fecero immensi profitti con la diga del Vajont ed ignorarono, così come fanno ora, i gridi d’allarme dei vecchi del posto, che conoscevano la montagne e sapevano, ad esempio, che vi erano frequenti frane (la diga straripò proprio a causa di una frana su un versante del Monte Toc, ndr). Ignorarono quei gridi d’allarme anche quando la giornalista Tina Merlin, a pochi giorni dal disastro, scrisse su L’Unità che migliaia di persone erano in pericolo di vita, e che andavano evacuate. Come faccio io a fidarmi degli uomini, se sono stati in grado di spazzare via paesi, uomini, tradizioni con un’ondata d’acqua e fango? Ed anche in Val di Susa, vogliono distruggere una civiltà. Il governo ignora le osservazioni di centinaia di studiosi, che hanno spiegato i rischi per la vita dei cittadini. E poi che bisogno c’è dell’alta velocità? Dobbiamo tornare all’essenziale: vivere è come scolpire, bisogna imparare a togliere per vedere l’opera nel suo splendore.

Quindi lei vede delle analogie, di metodo e non di merito, tra il progetto di alta velocità in Val di Susa e la diga del Vajont…

Altroché se le vedo. Vedo questo nichilismo imperante, il cinismo dell’economia: cambiano i luoghi, le persone, qui fecero una diga, lì l’alta velocità, ma è il nichilismo che impera su tutto. E’ l’uomo che non ha più progetti per il futuro, non c’è più una missione. Pensiamo a ingozzarci più che possiamo per quei pochi giorni che ci è concesso di vivere. Costruiamo grattacieli, tunnel di alta velocità e ci facciamo guerre meschine perché non sappiamo accontentarci. Dovremmo insegnare ai bambini che il denaro è una porcheria, che ne basta solo un minimo per vivere. Per questo i No Tav fanno bene a combattere in Val di Susa, perché è contro questo nichilismo che combattono. E io andrò in Val di Susa, e voglio essere preso a manganellate come loro, perché non è possibile che si dica solo “hanno ragione”: bisogna metterci il corpo ed è quello che farò.

La Val di Susa secondo lei ce la farà a vincere, a resistere?

C’è una valle, uomini e donne che vogliono viverci, allevare lì i loro figli. La valle abbraccia la sua gente, non può venire un politicante a spezzare questo abbraccio con le ruspe, per la sua eiaculazione nello spostare velocemente delle merci. La vera necessità sta nelle piccole valli, dove ci si può chiamare da una costa all’altra. E’ questo il vero senso dei No Tav, è per questo che si battono. E vinceranno, mi creda.