Il Sindaco di Londra, BORIS JOHNSON, PRO BREXIT, ACCUSA OBAMA: ”SEI IPOCRITA A CONSIGLIARCI DI RESTARE NELLA UE”

Mar 15, 2016
 
boris-johnson
il sindaco di Londra
 
LONDRA – Il sindaco di Londra, Boris Johnson, diventato il principale alfiere della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, critica come un atto di “ipocrisia” l’invito a restare nell’Ue da parte del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
 
Nella sua rubrica sul quotidiano euroscettico “The Telegraph“, il politico conservatore, dopo aver premesso di amare gli Usa e di credere nel “sogno americano”, osserva che l’esortazione di Washington alla Gran Bretagna a restare nell’Ue, “un sistema in cui la democrazia e’ sempre piu’ compromessa”, stride con l’ideale fondativo statunitense del “governo del popolo”.
 
Come “un deus ex machina”, prosegue il primo cittadino della capitale britannica, “il nostro piu’ importante alleato” dira’ che “e’ nel nostro interesse rimanere nell’Ue”, nonostante “la perdita di sovranita’, il costo e la burocrazia e l’immigrazione incontrollata. Il leader della Casa Bianca sosterra’ che l’appartenenza all’Ue e’ un bene per il Regno Unito, l’Europa e l’America perche’ e’ l’unico modo per la Gran Bretagna di esercitare un’influenza sulla scena internazionale.
 
L’argomentazione, scrive Johnson, “merita di essere presa sul serio”, ma, provenendo dallo Zio Sam, suona come ipocrita. Nessun paese al mondo, spiega, difende la propria sovranita’ con la stessa “isterica vigilanza” degli Stati Uniti, che “rifiutano di piegarsi quasi a qualsiasi forma di giurisdizione internazionale”; non accettano il giudizio della Corte penale internazionale dell’Aia e non hanno neanche firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.
 
E’ inimmaginabile, continua Johnson, che gli Usa possano accettare un “regime” come quello dell’Ue, ad esempio un Nafta (North Atlantic Free Trade Agreement) con una Commissione, un Parlamento e una Corte di giustizia. Nell’Ue, pero’, gli statunitensi vedono un modo per mettere ordine ai conflitti del continente e un baluardo contro la Russia e considerano nel loro interesse il coinvolgimento dell’alleato britannico.
 
Tuttavia, ogni anno che passa l’influenza del Regno Unito, messo in minoranza sempre piu’ frequentemente nella Ue, diminuisce, afferma l’esponente Tory, aggiungendo che “l’intero concetto della messa in comune della sovranita’ e’ una truffa”: “Non stiamo veramente condividendo il controllo con altri governi dell’Ue: il problema e’ piuttosto che tutti i governi hanno perso il controllo a favore di una macchina federale non eletta”.
 
Gli Usa, conclude Johnson, guardano all’evoluzione dell’integrazione europea dalla loro prospettiva federalistica, ma un sistema federale, considerate le profonde differenze interne al Vecchio Continente, “non e’ giusto per molti paesi dell’Ue, e certamente non lo e’ per la Gran Bretagna”.
 
L’analisi e il giudizio di Boris Johnson, sindaco di Londra eletto con grandissimo successo di voti, ha immediatamente trovato riscontri positivi, è stato ripreso e rilanciato dalla maggior parte dei mezzi d’informazione britannici.
 
Redazione Milano.
 
Fonte: Il Nord

Le forze curde hanno arrestato un membro statunitense del Daesh (ISIS) in Iraq

 
Mar 14, 2016
 
Disertore-usa-dellISIS
Disertore USA dell’ISIS
 
Le forze curde irachene (i Peshmerga) hanno arrestato un membro statunitense del gruppo terrorista dell’ISIS (Daesh in arabo) che è entrato per “errore” nella loro regione.
L’uomo, identificato come Mohamad Jamal Amin e residente nello stato della Virginia, era stato “vicino alle linee dei Peshmerga” dalla notte della Domenica e la mattina si è avvicinato e si è consegnato, come ha informato il lunedì il maggiore generale, Feisal Helkani, un comandante dei Peshmerga.
 
Secondo la catena statunitense CBS News, nel ritenere che si trattasse di un attaccante suicida, le forze curde hanno sparato vari colpi di avvertimento comtro Amin fino a che il giovane si è fatto identificare come un disertore dello Stato Islamico.
 
Lo statunitense, che presumibilmente cercava di ritornare in Turchia dopo vari mesi in cui aveva combattuto assieme con i terroristi in Iraq, portava con se una grande quantità di denaro in effettivo, tre cellulari ed una licenza di guida degli USA.
L’arresto ha avuto luogo vicino a Sinyar (nel nord est dell’Iraq), una città che era stata recuperata l’anno scorso dalle forze irachene.
 
Da parte sua, il Dipartimento di Stato degli USA ha affermato che si trova al corrente delle informazioni ricevute circa il  fatto che un cittadino USA si strova nelle mani dei Peshmerga.
 
Nel corso degli ultimi mesi sono aumetate le diserzioni nelle file dell’ISIS per causa delle sconfitte del gruppo estremista sul campo di battaglia come per i tagli dei salari.
 
In base a quanto risulta  dai documenti confidenziali del Daesh, ottenuti di recente dalla catena televisiva britannica Sky News, soltanto un 1,7% dei componenti della banda dei takfiri sono siriani ed il rsto di questi provengono da una decina di paesi stranieri.
 
Fonte: Hispan Tv
 
Traduzione Manuel de Silva

Ferrentino scrive sul clima in Valle di questi giorni “Grazie all’azione delle forze dell’ordine e della magistratura anche in Valle di Susa i diritti sono garantiti”

MARIO TONINI 18 MARZO 2016

Gli arresti degli scorsi giorni da parte delle Forze dell’ordine di appartenenti al movimento No Tav hanno dato lasciato il segno in valle. Ieri sera una manifestazione pacifica, svolta a Susa, ha visto una partecipazione popolare e politica, presenti il sindaco di Susa Sandro Plano e altri esponenti del PD. Il partito in queste circostante da un lato ha una posizione chiara, a livello nazionale e regionale,  a favore dalla costruzione della linea ferroviaria e dall’altra trova una sponda nell’opposizione alla costruzione. Antonio Ferrentino, consigliere regionale PD, già sindaco di Sant’Antonino e presidente della Comunità Montana Bassa Valle  di Susa ha preso carta e penna e ha scritto il suo pensiero.

“Da valsusino leggo con profondo imbarazzo un comunicato del M5S a firma di un senatore e un consigliere regionale di quel movimento che denuncia un clima di repressione in valle di susa ad opera della magistratura e delle forze dell’ordine nei confronti di attivisti del movimento notav. Chi nel 2016 parla ancora di clima di repressione, veramente non sa di cosa parla, in particolar modo se il contesto è quello valsusino. Niente di più fazioso. I vari magistrati che si sono o si stanno occupando dei problemi creati in Valle di Susa da persone che spesso arrivano da altre aree della Provincia di Torino o da altre città (abbiamo anche assistito al turismo europeo del teppismo), hanno sempre ribadito che loro perseguono singoli atti ritenuti fuori dalle legge della Repubblica perpretati da singole persone e che mai, nessuno, ha inteso perseguire un movimento. In Valle di Susa i rapporti con le forze dell’ordine, i n particolare con i carabinieri della compagnia di Susa, sono eccellenti e improntati al reciproco rispetto.  I cittadini che partecipano a manifestazioni di dissenso in modo pacifico e nel rispetto delle normative, che le forze dell’ordine sono tenute a far rispettare, non hanno mai avuto nessun tipo di problema. Se un magistrato decide di emettere provvedimenti restrittivi della libertà personale di un cittadino se ne assume la responsabilità e il cittadino potrà difendersi con le forme che uno stato democratico, mette a disposizione di chiunque. Non siamo all’assemblea del villaggio dove la ragione è di chi urla più forte, di chi usa toni più offensivi, di chi insulta di più gli assenti che non possono neppure esprimersi, anche perché le sentenze, in questi casi, sono scritte prima ed anche di questo ho una profonda cognizione di causa. Massimo rispetto per il lavoro dei magistrati torinesi, profonda riconoscenza per la professionalità sempre dimostrata dai carabinieri della compagnia di Susa e tutti gli altri comandi, oltre che delle altre forze di Polizia. Chi dissente in modo pacifico non ha nulla da temere, anzi le forze dell’ordine hanno sempre garantito anche con impegno personale queste prerogative dello Stato Italiano che si estende, anche se qualcuno tenta di dire il contrario, anche alla Valle di Susa che, fino a prova contraria non è una Repubblica a parte. La Valle è un pezzo straordinario di questo piemonte e non è in atto nessuna azione minimamente limitativa delle prerogative democratiche. Confido che chi è stato oggetto di provvedimenti della magistratura possa dimostrare in un Democratico Tribunale Italiano l’errore degli stessi ed in caso contrario, accettare senza fantasticare con argomenti alquanto fantasiosi che riportano alla mente periodi bui della Storia del nostro Paese. Grazie all’azione delle forze dell’ordine e della magistratura anche in Valle di Susa i diritti sono garantiti, sempre”.

Chiara finalmente libera!

https://freccia.noblogs.org/post/2016/03/18/chiara-finalmente-libera/

collage

Ieri sera è stata liberata Chiara, dopo due anni e tre mesi passati tra carcerazione in alta sicurezza ed arresti domiciliari, per l’attacco al cantiere della Tav avvenuto in Val di Susa nel maggio 2013. Non abbiamo scritto prima della sua liberazione perchè eravamo troppo impegnati a festeggiare ed a salutare con gioia una nostra sorella finalmente libera!

 Posted in repressione.

By freccia – 2016/03/18

La Commissione Europea esce allo scoperto attaccando frontalmente gli oppositori della Torino-Lione

Il progetto della Torino-Lione al centro dell’attenzione alla Commissione Trasporti del Parlamento Europeo

Martedì pomeriggio 15 marzo 2016, nel corso della riunione della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo, il progetto della nuova linea Torino-Lione è stato fortemente criticato  da numerosi MEPs.

L’occasione era la presentazione in quell’aula del futuro dei progetti TEN-T (punto 16 dell’O.d.G.) da parte del sig. Olivier Onidi, rappresentante della Commissione Europea dove occupa l’incarico di Direttore della Direzione Mobilità e Trasporti.

In questo video https://www.youtube.com/watch?v=OK428RHxvq8  sono presenti i 12 interventi che trattano della Torino-Lione:

Presidente MEP Michael Cramer (0’00”), Olivier Onidi Commissione Europea (0’38”), MEP Karima Delli (8’35”), MEP Curzio Maltese (12’34”), MEP Marco Valli (14’30”), Michael Cramer (16’58”), Olivier Onidi (21’24”), Michael Cramer (29’18”), Olivier Onidi (30’18”), MEP Dominique Riquet (31’13”), Marco Valli (31’50”), Olivier Onidi (32’58”), Michael Cramer (34’06”).

I MEPs intervenuti hanno posto le loro domande utilizzando alcuni degli argomenti approfonditi durante gli incontri formativi con l’opposizione alla Torino-Lione realizzati in questi anni.

Sono intervenuti a sostegno dell’opposizione al progetto Torino – Lione i MEPs Michael Cramer – EELV, Presidente di TRAN,  Marco Valli – M5S , Karima Delli – EELV, Curzio Maltese – GUE che hanno incalzato con i loro interventi il sig. Olivier Onidi.

Il Presidente Michael Cramer ha affermato che la nuova ferrovia Torino-Lione non sarà mai ammortizzata e ha sostenuto la necessità di usare e migliorare la linea esistente invece di costruirne una nuova.

Karima Delli ha rivendicato il diritto dei MEPs di ricevere i documenti della Commissione europea in anticipo sui lavori di TRAN. Ha poi sostenuto la necessità di valutare le prestazioni dei progetti, dato che i progetti inutili sono un disastro ecologico e per la democrazia. Ha ricordato il fallimento della linea Perpignan-Figueras, non ostante sia una linea costata poco e con molto traffico. Ha affermato che la mobilità urbana invece è un investimento utile, positivo per gli obiettivi climatici della COP21, per l’ambiente e per i cittadini. Un progetto come la Torino-Lione, il cui costo è passato da 8 a 26 miliardi, è invece insostenibile e non risponde alla domanda dei cittadini.

Curzio Maltese ha affermato che la Torino-Lione è il buco nero dei grandi progetti europei ed è proprio l’esempio di quando si enunciano principi di sostenibilità che poi non vengono rispettati, finendo così per perdere credibilità in primis nei confronti dei cittadini. Inoltre le vantate analisi costi-benefici sono basate su flussi trasportistici inesistenti e su un budget iniziale di fatto triplicato da 12 a 30 miliardi. Ha anche ricordato che la tratta Perpignan-Figueras (comprensiva di tunnel) al confine tra Francia e Spagna, parte del corridoio TEN-T Mediterraneo (sovvenzionata al 58% da Francia, Spagna e UE, N.d.R.) ha avuto un costo di costruzione/km inferiore di sei volte a quanto previsto per la Torino-Lione mentre il traffico di merci tra la frontiera francese e quella spagnola è cinque volte superiore alle previsioni di traffico tra la frontiera italiana e quella francese sulla linea Torino-Lione.  La società franco-spagnola TP Ferro (analoga alla TELT, N.d.R.) che ha realizzato e gestito la tratta ferroviaria dal 2013, è fallita nel luglio del 2015. Ciò fa prevedere che anche la Torino-Lione sarà un’opera destinata a sicuro fallimento.

Vi è stato un aspro confronto tra Marco Valli e il rappresentante della Commissione Europea Olivier Onidi. Marco Valli gli ha infatti ricordato la recente votazione dell’8 marzo 2106 nel Parlamento Europeo che a grande maggioranza ha votato tre emendamenti alla “Relazione annuale 2014 sulla protezione degli interessi finanziari dell’Unione Europea – Lotta contro la frode” tra cui quello che contiene “la richiesta alla Commissione europea di rendere pubblici tutti i documenti attinenti al progetto di collegamento ferroviario ad alta velocità Torino-Lione e ai relativi finanziamenti”. Al termine ha chiesto al sig. Olivier Onidi che la Commissione consegni i documenti richiesti da tempo dai cittadini e dei MEPs.

Il sig. Olivier Onidi ha attaccato frontalmente gli oppositori della Torino-Lione, affermando che “Potete criticare il progetto Lione-Torino, ma non potete certo dire che manca la trasparenza o che il progetto non abbia delle buone analisi costi-benefici. Non potete criticare il metodo che ha permesso al legislatore di scegliere il progetto (Torino-Lione, N.d.R.) come progetto prioritario europeo“. Poi ha scelto la prudenza non esponendo in una seduta pubblica i suoi argomenti e dichiarato “di essere disponibile ad un futuro confronto bilaterale” che non sarà pubblico, ma del quale tuttavia saremo in grado di dare tutti i dettagli.

Le parole e il tono del sig. Olivier Onidi sono rivelatrici del ruolo di forte promozione dei progetti TEN-T che svolge la Commissione Europea, dopo avere lungamente e pubblicamente sostenuto di voler essere neutrale rispettando le scelte degli Stati Membri. In realtà la Commissione Europea si presenta come un’impresa che deve vendere i suoi prodotti per sopravvivere. E che per sopravvivere non esita ad attaccare verbalmente i cittadini che si oppongono, in questo caso i MEPs in un’aula del Parlamento europeo, in altri casi rifiutando di fornire ai cittadini la documentazione richiesta o manipolando i dati della realtà (cfr. le relazioni dei Coordinatori TEN-T).

Qui le affermazioni del sig. Olivier Onidi: https://www.youtube.com/watch?v=Xa_XWb3c82k

SAN BLU CONTRO IL DRAGO: E MO’ PRIVATIZZA E ESIBISCI ‘STO MURO!

 http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/03/san-blu-contro-il-drago-e-mo-privatizza.html 
MONDOCANE

MARTEDÌ 15 MARZO 2016

L’arma più potente nelle mani dell’oppressore è la mente dell’oppresso”. (Steve Biko)

 
“Nessuno ha fatto un errore più grande di colui che non ha fatto niente perché era solo in grado di fare poco”. (Edmund Burke)
Blu, considerato il più grande artista di strada (street artist per i vernacolari) d’Italia e forse lo è anche del mondo, non l’ho conosciuto. Anzi, l’ho c onosciuto proprio bene, perché mi ha scritto tantissime cose. E non importa se le ha scritte anche ad altri. Ne sono contento, ma intanto le ho ricevute io mentre le leggevo, un po’ con gli occhi e un po’ con la lente della telecamera, scritte sulle pareti delle case affacciate sulla piana..Case che a Niscemi guardano verso il mare di Gela. Piana, mare, città avvelenati, devastati, uccisi dal petrolchimico ENI. Case con le spalle protette dalla città a monte, ma che le radiazioni del Muos se le prende tutte in faccia, alla tiroide, nei polmoni, nel cuore.
Blu ha scritto romanzi, libelli, denunce, preghiere, bollettini di guerra, in bianco e nero e a colori, su quelle facciate rannicchiate sotto l’abitato, all’orlo della piana verso Gela. E ne ha fatto un tribunale nel quale vengono processati i criminali, in cui i PM tuonano elencando  delitti, dove testimoni a migliaia, vivi, feriti e morti, raccontano la guerra condotta dagli amerikani e loro sguatteri indigeni contro il popolo di Niscemi. Ma anche contro il popolo di Sicilia, d’Italia, del mondo, ché il drago è insaziabile e nessuno ne deve essere risparmiato.
A Niscemi da anni si lotta contro il MUOS e le 42 antenne della base Usa la cui fregola di morte, prima ancora di dirigere le guerre che una banda di necrofagi euro-atlantici conduce contro l’umanità, si accanisce sui 20 mila abitanti sopravvissuti all’esodo dei giovani e alle patologie da irradiazione elettromagnetica. Un movimento di massa guidato da avanguardie che, a dispetto della violenza poliziesca e giudiziaria scatenatagli contro dai sicari del padrone megagalattico, hanno tenuto duro, si sono radicati, hanno schiacciato al muro delle loro responsabilità le istituzioni, hanno innescato coscienze e mobilitazioni di massa, sono arrivati a violare e occupare la base dell’invasore occupante.
E Blu è venuto, ha raccolto e trasferito sulle pareti di case pallide, accucciate in difesa, una cosmesi dii colori e di segni. Cosmesi come trasfusione di sangue. E le case ne hanno tratto materia e anima e si sono erte a custodi ed avanguardie della  comunità.
Come a Bologna. Grassa e soddisfatta quanto si vuole, ma con lampi improvvisi che, forse, trovano l’innesco nella lunga miccia sotterranea accesa quarant’anni fa da quella che,ogni giorno e ogni arretramento che soffriamo, dimostra sempre più essere stata la meglio gioventù. Quella di Francesco Lorusso.
Indefessi e indomabili, come sa essere chi ha la spina dorsale rafforzata dalla giustezza delle proprie ragioni, gli studenti hanno contestato a un virulento bellicista, Angelo Panebianco, docente ed editorialista sul più pomposo dei giornali italiani, le malefatte con cui, da cattedre e giornali, irrora di menzogne intelligenze prostrate e si fa trombettiere di ogni nefandezza dell’oligarchia.. La canea di coloro che si cibano tutt’oggi del cadavere di una stagione che, per l’ultima volta, aveva prospettato un altro mondo, si è avventata sui reprobi. L’ex-magistrato, Giancarflo Caselli, in prima fila tra i demonizzatori della protesta, accomunato al giornalista reazionario dallo sbertucciamento subito per opera dei No Tav,da lui perseguiti come fossero tagliagole Isis. Evidente segno di una profonda, ancestrale, tribale paura. Di un trauma da anni ‘70 che non va via. Che i bassotti, prima o dopo, possano fare scianchetta agli altotti.
Detesto e compatisco i writers, quelli che imbrattano di sgorbi orridi e privi di senso, inni al brutto assoluto, una fontana del Bernini, o il finestrino del treno che mi impedisce di riconoscere paesaggio e stazione. Dimostrazione di ottusa protervia, senza un filo di creatività o di significato oppositivo. Borborigmi di un volgo disperso che nome non ha. Altra cosa sono Blu e i suoi. Orgosolo che all’assedio degli sbirri, alla diffamazione dei grilli parlanti, rispondeva dipingendo la sua vita sui muri, le ragazze dell’IRA Provisional in armi sulle facciate di Belfast, la rivoluzione raccontata sul Malecon di un’Avana non ancora normalizzata da papi e scaltri presidenti, i fantastici trompe l’oeil sui grattacieli della Tehran antimperialista di Ahmadinejad. Gli artisti di strada, i muralisti, sono il controcanto figurativo che si armonizza con gli aneliti delle resistenze,delle controffensive. La strada è il loro habitat comune. Vi fioriscono il rifiuto, il bello e il giusto che vengono dopo il rifiuto. Pennelli come sassi, o come Kalachnikov, per una guerra davvero santa, di liberazione. Quella che, con Blu a Bologna, o a Niscemi, o a Los Angeles, dalle strade si è trasferita sui muri e da lì lancia fragorosamente su ignavi e indifferenti, l’interpretazione del reale. E la collera, il dolore e il coraggio che la devono accompagnare.
Un gretto speculatore con gli alamari dell’Accademia ha voluto imprigionare tutto questo ed esporlo addomesticato e rassicurante a chi dall’esibizione in strada, a tutti, alle sue vittime, ne veniva turbato, imbarazzato, denudato. Se prima quegli affreschi raccontavano infamie, vergogne, crimini,  colpevoli, ora il grigio che li ha occultati ci avverte della mancanza di colori, di idee, di vita, nei tempi che ci vanno preparando. L’annientamento di ogni  conoscenza oltre a quella rinchiusa nei piccoli elettroshock lobotimizzanti di uno smartphone. Blu ci ha avvisato.
Roversi Monaco, massone, padrone dell’università e Cofferati, podestà della città, sembrava fossero riusciti a spegnerla. Scintilline da un focarello in sordina venivano solo da Umberto Eco, stuzzicavano facile il gaglioffo di Arcore, ma per il resto erano focarelli fatui, divertenti, innocui. Me lo ricordo, l’Eco del potere. Lavoravamo tutti e due sotto l’austera ferula di un grande editore, Valentino Bompiani. Lui redattore della casa, io addetto stampa. Ogni tanto uscivamo assieme a pranzo, lui conosceva i posti à la page e si accompagnava a grandi gnocche che, da ininterrotto affabulatore, stordiva di fascino e ilare sapienza. Di sera sceglievamo percorsi diversi. Lui, giocoliere arguto tra i VIP della Terrazza Martini, un po’ consigliere del principe, un po’ buffone di corte, nei salotti di un’editoria  a cavallo del boom e di una stampa che allora non si chiamava media e non presentava ancora una sola, grossa, insulsa faccia da imbonitore da strapazzo.
Io, spesso, con uno dei rari maudits della benpensante Italia, ai margini esterni del boom, uno sopravvissuto a Democrazia Cristiana e PCI, Luciano Bianciardi, quello della “Vita Agra”, di notte per bettole dagli osti altrettanto maledetti, tra barboni artisti e artisti barbonizzati, spiaggiati a Brera. Il girovagare con Luciano finì quando, in un summit di incazzatura e frustrazione, decise di evitare la macina e togliersi di mezzo. Con Eco, quando pubblicò “Il cimitero di Praga”, opera anti-dietrologi che, col pretesto dei Protocolli dei Savi di Sion, esegue il mandato giudaico-cristiano di demolire ogni rivisitazione di quanto il potere costituito ha sancito eterno, immutabile, vero, a propria consacrazione e difesa.
Rimembranze che c’entrano e non c’entrano. Forse c’entrano con quel Blu che, di fronte alla soperchieria di un capobastone culturale, Roversi Monaco, che pretendeva di staccare i suoi gratuiti dipinti di strada dai muri, di sottrarli ai tutti cui erano destinati per privatizzarli e riservarli ai pochi paganti di una mostra, ha preso raschietto e pennello e ha coperto tutto di grigio. Strepitoso: come aveva fatto suoi e di tutti i muri con l’arte, li ha rifatti suoi e di tutti, ma grigi come le anime spente dei predatori. Il grigio che i padroni delle città vorrebbero riservare ai bassotti perché vi smarriscano e affoghino la fantasia. Ma un grigio che, oltre a contenere sommessamente e per sempre tutto quello che vi si trovava prima, è rifiuto categorico. Quello di cui siamo rimasti disperatamente privi. Agli altotti paganti e mangianti, nei loro spazi riservati, vada il divertissment  innocuizzato di quelli strani che dipingono sui muri e a volte sono pure bravi a sfotterci. Che simpatici. Però glielo si faccia fare in privato. Tra noi ricchi.
Illusi. E’ anche dei mostri Usa e Nato e di coloro che in massa gli si parano contro, dipinti da Blu sui margini di Niscemi, che si è nutrito il popolo No Muos. Tanto da avere avuto la forza di marciare ininterrottamente per anni e di ottenere ciò che nessun popolo occupato dal nemico è mai riuscito a ottenere: la condanna della base di morte e i sigilli ai suoi dannatissimi impianti. Ora, se Blu passasse il grigio anche su questi suoi colori e tratti da urlo, per i No Muos quei colori e tratti il loro lavoro l’hanno fatto. Hanno ferito il drago, speriamo a morte.
Pubblicato da alle ore 19:55

1000 fiaccole no tav a Susa e i carabinieri fortificano la caserma.

top — 18 marzo 2016 at 01:27

susa

E’ stata una bella serata quella di giovedì 17 marzo a Susa. Sono passati due giorni appena dagli arresti e dalle perquisizioni di martedì mattina ed un migliaio di notav sono scesi di nuovo in strada per manifestare il loro sdegno. Il ritrovo era alle 20.30 in piazza della stazione e da lì si è partiti in direzione della caserma dei carabinieri. Durante il percorso sono state rispiegate le ragioni di questa mobilitazione. Una operazione o meglio una porcata messa in piedi dai carabinieri locali su mandato della procura torinese. Una pura vendetta dopo che a settembre 2015, un gruppo di no tav di varie età di ritorno da una cena in val Clarea, a ridosso del cantiere, si era rifiutato di farsi identificare  a Bussoleno. Il motivo del rifiuto era molto semplice, sentirsi stufi di continui soprusi e angherie da parte delle forze di occupazione che continuamente chiedono i documenti alle persone che partecipano alle iniziative no tav. Nel caso specifico si era andati oltre, seguti nel paese in cui vivono, a pochi passi da casa, con toni fascisti “ho avuto meno problemi con rumeni e albanesi che con voi” o peggio ” se c’era lui (il duce) non eravamo qui”. Parole pronunciate dal maresciallo Pisano nel cui ufficio verrà trovato durante le operazioni di identificazione di martedì anche un calendario di Mussolini. Chiusa la serata dopo sei mesi ecco la vendetta. 4 arresti e 4 obblighi di firma quotidiana, perquisizioni alle 5 del mattino, nudi in casa indagati e conviventi. Di fronte al sopruso esce la dignità di un popolo che scende in strada e si reca verso la fonte del problema. Insieme si arriva dunque alla caserma che è militarizzata per l’occasione con l’aiuto dei mezzi blindati della polizia che per l’occasione sono accorsi in aiuto dei fetenti colleghi. Coscienza sporca e paura producono uno schieramento degno di un fortino coloniale dove le truppe proteggono l’avamposto. Molti gli interventi e la partecipazione di amici e parenti degli arrestati, in tanti anche i sindaci del territorio con senatori e consiglieri regionali. Tante le sezioni e le bandiere dell’ANPI in solidarietà con Giulia presidente della sez. di Bussoleno colpita dalle misure. Toccanti le testionianze di chi, colpito dalle misure cautelari ringrazia per la solidarietà e rilancia la mobilitazione dichiarando di non accettare e non voler sottostare ai divieti. La misura è colma, vengono lasciate scarpe vecchie di fronte alla caserma, in segno di disprezzo. Aggirando poi il blocco il corteo prosegue verso l’altro lato della caserma ed infine sulla via del ritorno di nuovo in piazza della stazione. Proseguiranno nei prossimi giorni le mobilitazioni e inizieranno gli interrogatori di garanzia. Invitiamo tutti a partecipare e a sotenere la lotta del movimento no tav.

SUSA, IN CENTINAIA ALLA FIACCOLATA NO TAV: “SOLIDARIETÀ CON GLI ARRESTATI”

http://www.valsusaoggi.it/susa-in-centinaia-alla-fiaccolata-no-tav-solidarieta-con-gli-arrestati-2/

ValsusaOggi

Giornale online indipendente – Diretto da Fabio Tanzilli – redazione@valsusaoggi.it

     03/17/2016    
image
image

di CORINNE NOCERA

SUSA – È in corso la fiaccolata del movimento No Tav in solidarietà agli attivisti arrestati nei giorni scorsi: il corteo, formato da circa 500 persone, compresi alcuni sindaci della Valsusa, è partito intorno alle 20.30 dalla stazione ed è arrivato davanti alla caserma dei carabinieri, dove tutt’ora sarebbe bloccato da sette camionette della polizia ed un’ottantina di celerini.

imageimage
image
image
image

Il Mezzogiorno protesta contro il Governo:No alle importazioni agricole

razzisti, vogliono lavorare loro al posto dei marocchini e tunisini. Gli agricoltori italiani non sono degni di tutela per gli oligarchi al potere che disprezzano il popolo.
 
Nelle piazze del Sud Italia, migliaia di persone scese in piazza contro gli accordi euro-mediterranei nel settore agricolo. Agevolano i prodotti extracomunitari e mettono in ginocchio gli agricoltori italiani.
Emanuela CarucciMar, 15/03/2016 – 08:48
 
“Se muore l’agricoltura muore la Sicilia, muoiono le nostre città”. Forti le parole del sindaco di Pachino, Roberto Bruno, in occasione della manifestazione per il comparto agricolo in quaranta Comuni del Sud.
 
grido2
Il grido forte della terra, come in un racconto di Verga.
 
Migliaia le persone scese in piazza. L’immagine evoca le pagine di della scrittura verista. Il Mezzogiorno d’Italia chiede ancora una volta di lasciar vivere la propria agricoltura. Già, perché molti comuni tra Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna (le regioni aderenti alla manifestazione) hanno ancora nella terra e nei suoi frutti pezzi importanti della propria economia. Lontano dalla grande industria, lontani dalle frenesie dei mercati che decidono per tutti.
 
La protesta più viva a Ragusa con sei mila persone in piazza. “Non ho mai visto uno schieramento così compatto – ha dichiarato Sandro Gambuzza, presidente di Confagricoltura Ragusa e della federazione nazionale orticola di Confagricoltura – oggi erano unite tutte le associazioni di categoria e i Comuni.” A rendere il fronte così forte e critico verso il governo “il calo delle quotazioni che va dal 30 al 70 per cento.” Ma non solo, a creare i malumori nel Mezzogiorno, secondo Gambuzza, anche “gli accordi euro mediterranei e di libero scambio con il Marocco e la Tunisia e quello dell’olio con le importazioni senza dazi di 70 mila tonnellate”.
 
Una protesta che cade proprio nel giorno in cui al Consiglio d’Europa dei ministri dell’Agricoltura il ministro Maurizio Martina ha chiesto l’attivazione delle clausole di salvaguardia previste nel trattato Euro Mediterraneo (UE-Marocco). Da un capo all’altro d’Europa, si chiedeva aiuto per un Sud Italia sempre più solo a fronteggiare la concorrenza aggressiva dei paesi del Mediterraneo. Perché, come ha specificato ancora Gambuzza “La maggior parte dei comuni del Mezzogiorno ha una vocazione agricola ed oggi soffre un problema sociale”.
 
Dal testo redatto dai sindaci dei comuni che hanno aderito alla protesta si evince una lunga lista di richieste che riguardano: “il riconoscimento dello stato di crisi e la moratoria per i crediti contratti dalle aziende nei confronti di banche o istituzioni, società di riscossione, indebitamenti e passività Inps; l’attivazione di misure anticrisi immediate e di medio termine attraverso una preventiva e forte contrattazione con l’UE; norme di salvaguardia e la revisione degli accordi euro-mediterranei, la perequazione del costo del lavoro e di produzione con adeguamento a quelli dei paesi esteri concorrenti; uniformità degli standard fitosanitari ai parametri europei dei prodotti provenienti dai paesi terzi, controlli lungo la filiera agroalimentare sulla tracciabilità dei prodotti e sull’etichettatura, interventi per un riequilibrio del meccanismo di domanda e offerta nella Gdo; una moratoria dell’importazione dei prodotti agricoli extracomunitari in attesa di una rivisitazione degli attuali accordi con i Paesi extraeuropei per tutelare le nostre coltivazioni e allevamenti in attuale crisi di prezzi di vendita all’ingrosso.” 
 
Ora che il Mezzogiorno fa sentire la sua voce, ora che dalla crisi agricola alla crisi sociale il passo è breve e i rischi elevati, l’Unione Europea e il Governo faranno ancora – è il caso di dire – orecchie da mercante?

Grido di un’italiana malata di cancro: “vivo in un ripostiglio, i profughi in hotel. Perché?”

qualcuno della società civile, delle donne di se non ora quando, dei solidali diritto umanisti sa rispondere?
Donna malata di tumore vive in un piccolo ripostiglio
SPINEA. Malata e senza più una casa, vive in uno sgabuzzino di due metri per tre. «Io in un ripostiglio, i profughi in albergo con 35 euro al giorno. Non ce l’ho con loro, ma perché a me non viene…
13 marzo 2016
grido
SPINEA. Malata e senza più una casa, vive in uno sgabuzzino di due metri per tre. «Io in un ripostiglio, i profughi in albergo con 35 euro al giorno. Non ce l’ho con loro, ma perché a me non viene data una possibilità?».
 
Storia di disagio ed emarginazione a Spinea, nel popoloso Villaggio dei fiori, dove una donna di 60 anni, Maria Luciana Furlan, lancia un appello: «Datemi almeno un monolocale con un armadio e un bagno».
 
Dal 28 febbraio Luciana vive in un ripostiglio seminterrato a casa della figlia, dopo essere stata lasciata sulla strada dal precedente proprietario dell’appartamento dove viveva e dove per anni ha vissuto al freddo, impossibilitata a pagare la bolletta del gas e costretta ad andare da amiche e familiari a farsi una doccia calda. Tutto mentre era costretta a sottoporsi a chemioterapia per l’insorgere di un tumore, impossibilitata anche a trovarsi un lavoro e vivendo con 400 euro al mese di mantenimento dall’ex marito, da cui si è separata anni fa. Una storia di stenti e poca fiducia nel futuro, soprattutto nelle istituzioni.
 
«Mi rimangono i figli», afferma, «che mi hanno dato almeno un garage riscaldato dove stare, offrendomi da mangiare e un bagno: a casa loro non posso stare, troppo piccola, sono in affitto e non hanno nemmeno un salotto. C’è questo ripostiglio che ora è la mia casa: non hanno voluto che dormissi in macchina. Ma è comunque meglio di dov’ero prima. Per fortuna i figli e le amiche mi danno da mangiare, ma potrei ancora arrangiarmi se solo avessi un appartamento mio con gas, un armadio dove mettere poche cose e soprattutto un bagno».
 
Trovare una sistemazione è difficile e le condizioni di salute non le consentono di lavorare: «Io
sopravvivo in un ripostiglio interrato e per fortuna ora ho il riscaldamento. Ma perché lo Stato tollera queste situazioni e per i profughi spende 35 euro al giorno? Io chiedo molto meno, sono cittadina italiana, non ho forse diritto ad avere un alloggio e vivere dignitosamente? (f.d.g.)