Tav. Un destino molto incerto

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VALSUSA NOTIZIE

Voci indipendenti dalla Val Susa

 

Il Movimento No Tav scopre e denuncia le vaghezze dell’analisi dei costi nei documenti firmati”al buio” da Renzi e Hollande l’8 Marzo a Venezia e i paradossi di spesa: quasi 400 milioni per la difesa del cantiere di Chiomonte. Il tutto suddiviso in parti svantaggiose per l’Italia.

Inserito il 22 marzo 2016

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di Fabrizio Salmoni

Forse non è casuale che il Movimento No Tav scelga la concomitanza con il corteo di Libera contro tutte le mafie per diffondere i contenuti dell’estratto dei costi della Torino-Lione allegato al Protocollo Aggiuntivo firmato l’8 marzo a Venezia dal Bomba e dal Tartufon. Un documento, ottenuto tramite richiesta di accesso agli atti dai parlamentari e consiglieri piemontesi 5 Stelle, che una volta di più contraddice le sicurezze diffuse via media sulla ineluttabilità della Grande Opera.

Secondo i denuncianti, Paolo Prieri (Presidio Europa) e Alberto Poggio (del team tecnico dei Comuni della Val Susa), “i progetti sono da perfezionare, da chiarire“, l’analisi dei costi, enunciata sul documento, di 8,5 miliardi, “non offre alcuna certezza” anzi, sembra più realistica la spesa sostenuta per il nuovo tunnel del Gottardo, 11,5 miliardi visto che la lunghezza del tennel è identica (57 km). Tutte le stime ufficiali sembrano essere incerte, “ipotesi da approfondire” e sono state fatte da società (Tractebel Engineering, Tuc Rail) in conflitto di interessi con Telt perchè sue fornitrici di servizi. La frase cruciale nel documento è: ” Gli studi futuri consentiranno di chiarire il progetto…e di perfezionare la stima annuale del costo e delle tempistiche di costruzione“. Tradotto: niente è certo, niente è definito, i costi potrebbero anche aumentare: una “voragine finanziaria” da miliardi di euro per alimentare forze imprenditoriali contigue al sistema di potere politico a spese dei cittadini. Il tutto suddiviso non equamente tra Italia e Francia (il 51% a carico italiano per 21 km su 57). Una discreta perdita di sovranità e un bacio alla mano di Hollande.

 I parlamentari europei 5 Stelle, presenti in conferenza stampa (Tiziana Beghin, Eleonora Evi, Marco Valli) che insieme ad altri di altre forze politiche (Verdi, Sel) seguono l’iter europeo delle delibere confermano anche l’incertezza sul conclamato 40% di contributo all’Opera e i loro sforzi per ostacolare la spesa.  Hanno fatto approvare in varie Commissioni emendamenti che rivendicano trasparenza e che, sembra, provocano non poco fastidio e che sostanzialmente contrastano gli iter decisionali e mettono in discussione gli argomenti dell’oscura lobby che sostiene le immense spese delle Grandi Opere. Non senza grandi difficoltà, come ha anche fatto rilevare il Sen. Marco Scibona (M5S) per quanto riguarda interrogazioni che rimangono senza risposta e maggioranze precostituite in Commissione Trasporti che non fanno mancare atteggiamenti annoiati, assenze e ritardi quando si deve parlare di Tav.

Ma non è finita. C’è anche da rilevare il “dettaglio” che dà la misura dell’incertezza su cui viaggia tutto il progetto: i 329 milioni previsti per la “messa in sicurezza” dei prossimi cantieri più altri 70 milioni per lo studio di fattibilità dello spostamento del tunnel di base da Susa alla Maddalena di Chiomonte, dove è ancora in corso lo scavo del tunnel geognostico, sempre per motivi di sicurezza cioè perchè è più facile difendere il cantiere “dai continui attacchi di chi si oppone in modo violento all’opera“(Telt). Colpa dei No Tav cattivi o di chi vuole imporre l’Opera manu militari? “L’opposizione è quasi sparita!” è l’ultimo mantra mediatico che stanno sforzandosi di diffondere ma evidentemente sanno di mentire.

In sostanza, dice il Movimento, Renzi e Hollande hanno firmato al buio dei costi che non sono in grado di prevedere per un’Opera, pensata a fine anni Ottanta per presunte esigenze del secolo scorso, che loro stessi non sono sicuri di vedere completata. Se lo sono detto a Venezia “La vedrai tu che sei più giovane”, “No, tranquillo. Anche tu la vedrai“. La realtà sappiamo da tempo che è ben diversa: ad oggi di realizzato di tutto il copione c’è due terzi di un tunnel geognostico e c’è totale incertezza sui finanziamenti. Significativa la scenografia della sala che ospita la conferenza stampa: un’enorme fotografia dei due che condividono un fumettone: “Tanto paga lui” pensano entrambi.

Alle incertezze finanziarie si aggiungono poi i timori politici: la consigliera regionale Francesca Frediani (M5S) ricorda che nel programma elettorale della candidata a sindaco di Torino, Chiara Appendino, è prevista l’uscita dall’Osservatorio tecnico della Torino-Lione. Sarebbe un colpo durissimo per il Pd torinese e per la lobby del Tav.

(F.S. 21.3.2016)

Bruxelles, attentati in aeroporto e metro: almeno 30 morti e oltre 180 feriti

ma guarda un pò, nell’Occidente democratico del controllo totale, della sorveglianza totale, questi presunti attentatori dell’Isis (che hanno a quanto pare portavoci, siti ufficiali ed ufficiosi dai quali diramano i loro comunicati senza che la polizia intervenga per controllare/oscurare i siti cosa che di solito riesce loro molto bene per molto molto meno) avrebbero colto di sorpresa le “autorità”.
Si sa bene ormai in decadi di strategia della tensione che chi si adopera contro comuni cittadini sono i regimi, che usano le più svariate sigle e/ o gruppi creati da loro stessi (ora spunta il Califatto nero….certo per distinguerlo da quello bravo e buono dei salottini sauditi)
Risultato: ancora maggior controllo, sicuramente saranno impedite  TUTTE LE MANIFESTAZIONE A BRUXELLES e come promesso dal compagno socialista finanziatore dell’Isis Hollande guerra totale globale al “terrorismo”.
 
 
Bruxelles nel terrore. Un attentato all’aeroporto e alla metro. È di almeno 14 morti e 81 feriti il bilancio provvisorio delle due violente esplosioni all’aeroporto Zaventem di Bruxelles, secondo il ministro belga della Sanità, Maggie de Block. Altri 20 morti e più di 100 feriti si conterebbero nell’attacco alla metro Maalbeek, a due passi dalla Commissione Ue. L’emittente belga Vrt parla di un bilancio di 34 morti. Si era anche diffusa la notizia di una quarta esplosione nella stazione metro Schuman, ma non è stata confermata.
 
Caccia a 5 sospettati. Gli artificieri hanno fatto brillare un pacco sospetto all’aeroporto di Zaventem, come riporta il centro di crisi nazionale. Secondo la tv Vtm si tratterebbe di una terza bomba, inesplosa questa mattina, un giubbotto inesploso appartenente a un terzo terrorista. La polizia ha poi fatto esplodere un veicolo sospetto in boulevard Gènèral Jacques, nella zona di Ixelles, a Bruxelles. Lo riferisce la tv belga Rtbf.
 
La polizia continua ad ispezionare lo scalo di Zaventem, dove la minaccia è considerata ancora attuale, riferisce una fonte di polizia ai media belgi. Gli agenti – scrive La Libre Belgique – non sono convinti che tutti i terroristi siano usciti dall’aeroporto. Una «vasta caccia all’uomo, riguardante cinque sospetti individuati dai primi esami delle immagini della videosorveglianza», è attualmente in corso in tutta la città ora blindata: lo afferma Claude Moniquet, l’esperto antiterrorismo di I-Tèlè, intervistato in diretta dalla capitale del Belgio.
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Terrore a Bruxelles, esplosioni in aeroporto e nella metropolitana
 
La Farnesina ha comunicato che tra i feriti ci sono alcuni italiani. Il ministro belga della Sanità, Maggie De Block, ha detto che «Ci sono diverse persone ancora bloccate alla stazione della metropolitana di Maelbeek».
 
Il racconto. Un testimone ha raccontato di aver visto una ventina di persone a terra a Maalbeek, senza essere in grado però di precisare se si tratta di morti o feriti. Tutto l’accesso a Schumann, l’arteria principale che porta alle istituzioni Ue è bloccato, ci sono una ventina di mezzi della polizia e ambulanze. Secondo un reporter della AP, ci sono molti feriti. Un’immagine rilanciata su Twitter mostra un tunnel della metropolitana pieno di persone e fumo: Evan Lemos, l’autore del tweet, spiega: «Appena arrivato alla stazione di Schumann dopo aver camminato sui binari».
 
Le esplosioni in aeroporto sono avvenute alle 8 del mattino nei pressi del terminal A, da dove partono i voli per gli Stati Uniti. Almeno una è avvenuta nell’area del check-in della compagnia American Airlines mentre una seconda deflagrazione è stata segnalata nei pressi di una caffetteria Sturbucks. Si è trattato di un attacco kamikaze. La terza esplosione, in metro, è stata segnalata intorno alle 9,15. Le autorità belghe hanno lanciato il piano catastrofi. Alcuni media già parlano di attacco terroristico. Il livello di allarme in tutto il Belgio è stato elevato al livello 4, il massimo previsto. Anche la stazione centrale di Bruxelles è stata evacuata.
 
Secondo alcune testimonianze sul posto, prima delle esplosioni in aeroporto, si sono sentiti alcuni colpi di arma da fuoco e alcune grida in arabo. Lo rende noto il sito de Le Soir. Nello scalo è stata trovata un’altra bomba inesplosa.
Attentati a Bruxelles, morti e feriti: gli ultimi aggiornamenti
 
Pubblicato da Il Messaggero.it su Martedì 22 marzo 2016
 
Subito dopo le esplosioni lo scalo è stato chiuso e secondo i media locali per il traffico aereo si sta predisponendo un piano di emergenza per deviare i voli su Charleroi. Interrotti anche i collegamenti ferroviari da e per l’aeroporto. Dopo le due esplosioni all’aeroporto, migliaia di persone sono state fatte evacuare sulla pista, e ora sono ancora lì in attesa di capire cosa fare, ha detto all’Ansa un testimone, Gianfranco Belgrano, direttore di Info Africa.
 
Città blindata, esercito in strada, traffico completamente paralizzato per permettere il passaggio delle ambulanze. È questa Bruxelles in queste ore, completamente paralizzata anche a chilometri di distanza dalla fermata della metro nella quale c’è stata l’esplosione. Il cordone di sicurezza steso dalla polizia attorno all’aeroporto non lascia passare neanche i rappresentanti dei media. Le pattuglie ai posti di blocco indicano di cercare di raggiungere il villaggio di Zaventem, dal quale prende il nome l’aeroporto, dove potrebbe essere organizzato un centro di comunicazione. A rischio tilt anche le comunicazioni telefoniche visto che tutte le strade attorno sono paralizzate con migliaia di vetture bloccate in coda.​ Le fermate degli autobus al centro di Bruxelles sono affollate da persone in lacrime o che cercano disperatamente un taxi. Berlaymont, il quartier generale della Commissione, è circondato dalla polizia.
 
La frontiera tra Francia e Belgio è «totalmente chiusa», riferisce una fonte di Thalys, il consorzio ferroviario che gestisce i collegamenti ferroviari ad alta velocità tra Belgio, Olanda e Germania, interpellato da una giornalista di Libèration. La chiusura del confine è stata decisa dalle autorità del Belgio e riguarda sia il traffico ferroviario sia il traffico stradale.
 
L’ambasciata italiana. Massima prudenza, evitare gli spostamenti e restare dove si è: queste, in sintesi, le “raccomandazioni” che l’ambasciata d’Italia in Belgio sta dando ai connazionali mentre proseguono gli accertamenti per individuare eventuali italiani rimasti coinvolti negli attentati di questa mattina. L’ambasciata è in costante contatto con le autorità belghe e si sta verificando negli ospedali se sono stati ricoverati degli italiani. Ma questa attività è complicata dall’impossibilità di comunicare con i telefonini e dallo stato d’emergenza in cui ancora operano gli ospedali.
 
L’arresto di Salah Abdeslam, uno degli autori delle stragi di Parigi, risale solo a venerdì scorso. Le autorità belghe temevano attentati dopo il blitz.
Martedì 22 Marzo 2016, 08:36 – Ultimo aggiornamento: 15:39
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

“GUERIR MOLENBEEK” ? LA CRITIQUE DELA LIBRE BELGIQUE FACILE ET TROP TARDIVE : IL FALLAIT LE DIRE COMME MOI EN 2012 OU 2013 !

# LUCMICHEL. NET/  Luc MICHEL/ 2016 03 21/

Avec Syria Committees/

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel/

 LM.NET - Guerir Molenbeek (2016 03 21) FR

A l’époque, en 2012-2013, La Libre était en pleine campagne de propagande anti-Assad et entretenait la fiction des “rebelles modérés” comme tous les médias de l’OTAN.

A Damas en juin 2013  au Parlement je dénonçais le rôle des autorités belges dans l’expansion du djihadisme. En janvier 2015, encore, dans mon émission GRAND REPORTER. DJIHADISTES BELGES DE BRUXELLES A DAMAS (EODE-TV et Afrique Media), je réitérais mes avertissements et mettais un coup de projecteurs sur les zones grises belges, terreau fertile du djihadisme: Molenbee-Saint-Jean, Charleroi, Verviers …

 Je parlais longuement du dossier des djihadistes venus de Belgique et de l’UE, ainsi que des filières djihadistes de Bruxelles au Nord de la Syrie, via la Turquie, couverte par les services secrets turcs, la Turquie étant le plus important membre de l’OTAN dans la région.

Aujourd’hui nous y sommes et la politique irresponsable de Bruxelles (qui ne voyait aucun inconvénient à l’envoi des djihadistes contre Damas en 2011-2013) fait de la Belgique (comme de toute l’UE) une cible prioritaire …

* Voir sur PCN-TV :

DAMAS/ LUC MICHEL DES JUIN 2013 AVERTIT DU DANGER DJIHADISTE EN EUROPE

Sur https://vimeo.com/118043306

La Libre oublie aussi de désigner ceux, tous aussi coupables que les djihadistes, qui au sommet de l’OTAN et de l’Etat belge ont laissé faire, instrumentalisant le djihadisme contre l’Etat syrien, favorisant le scénario du diable de la Géostratégie de la Tension : services secrets, dirigeants atlantistes, alliés démocrate-chrétiens de la Turquie islamo-conservatrice, magistrats …

QUE DIT L’EDITORIALISTE DE LA LIBRE ?

Extrait. « Faut-il en déduire que les services policiers belges, le monde politique, les médias belges n’ont pas failli et ont géré ce dossier – celui du radicalisme – avec la rigueur, la finesse et la vision nécessaires ? La réponse est évidemment négative. Des failles, béantes, il y en a eu. Qu’on ait permis que se développent, à l’intérieur de la capitale belge et européenne, des réseaux salafistes échappant à toute règle, ce fut une erreur magistrale dont la Belgique paye et payera pendant longtemps encore les lourdes conséquences. Par souci de tolérance, certains – politiques, intellectuels – ont jugé utile de laisser une parole haineuse se répandre et s’immiscer dans les esprits d’une jeunesse fragile, sans repères. C’est d’autant plus insupportable que cette politique laxiste a terni l’image d’une commune – Molenbeek (…) On doit également s’interroger sur ce fait : recherché par les polices d’Europe, Salah Abdeslam n’a donc, vraisemblablement, pas quitté son quartier pendant 126 jours. Il a bénéficié, pendant ce temps, de complicités fortes et nombreuses. Ces personnes constituent à leur tour des dangers, des bombes en puissance. Car on imagine que l’esprit de vengeance est grand parmi les amis du terroriste. On ose espérer que la vigilance, la surveillance de ces individus seront maximales.»

On notera encore l’angélisme imbécile de la conclusion : « Molenbeek est-elle condamnée à rester la base arrière du terrorisme ? Non évidemment. Il ne faut pas “nettoyer” Molenbeek. Il faut surtout guérir Molenbeek » (sic) …

Une plaie ouverte purulente, çà se cautérise. Un membre gangrené çà se coupe. Oui il faut nettoyer Molenbeek, Charleroi, Verviers !

Luc MICHEL

* Lire sur LLB :

http://www.lalibre.be/debats/chronique-redaction/guerir-molenbeek-de-ses-cancers-56eee45335708ea2d3be8624

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FAUSSES INFOS : ATTENTION. LES SEMEURS DE CHAOS EN ACTION AU CONGO BRAZZAVILLE !

PANAFRICOM/ 2016 03 21/

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 PANAFRICON - LM qui déstabilise Brazzaville (2016 03 21)  FR 1

La présidentielle, controversée, se tenait ce dimanche au Congo Brazzaville.

« Vote calme et sans suspense » commentait l’AFP. Info confirmée par les nombreux observateurs internationaux sur place, comme la Mission d’EODE AFRICA.

 « La campagne électorale s’achève officiellement ce vendredi soir minuit. Le sentiment qui prévaut est celui d’un calme relatif », a relevé jeudi Michel Kafando, envoyé spécial de l’Organisation internationale de la Francophonie. Un calme qui contraste avec les troubles qui avaient précédé le référendum sur la Constitution, en octobre 2015. Cette fois-ci, “globalement, la campagne a été acceptable”, selon Yrèle Iwango Mouketo, de l’équipe de campagne de Pascal Tsaty Mabiala, l’un des cinq candidats de l’opposition ayant signé un pacte pour soutenir en cas de second tour le candidat le mieux placé pour faire barrage à Denis Sassou Nguesso. Jean-Baptiste Bouboutou Bemba, porte-parole du candidat André Okombi-Salissa, parle lui d’ « une campagne très participative ayant rencontré beaucoup d’engouement ».

 CEUX QUI ANNONCENT « UN BAIN DE SANG » :

DESTABILISER LE CONGO BRAZZAVILLE ET LE PLONGER DANS LE CHAOS

 Mais ce calme certains n’en voulaient pas !

Dès la semaine précédente, des tribunes libres venues des groupuscules de l’opposition fantoche en exil étaient publiées et annonçaient « un bain de sang » pour le pays au bord d’une explosion politico-sociale. De grands médias de l’OTAN, comme Libération à Paris se sont prêtés à ce sale jeu de déstabilisation : « Congo Brazaville: et si nous vivions un bain de sang? L’élection présidentielle au Congo Brazzaville dimanche suscite bien des inquiétudes. Benoît Koukébéné (LM : un opposant) alerte sur les risques d’explosion au cas où Sassou Nguesso persisterait à passer en force ». Annonçant aussi comme Libé une « Présidentielle sous tension dans un Congo privé de télécommunications » …

 PANAFRICON - LM qui déstabilise Brazzaville (2016 03 21)  FR 2

* Le sale jeu de LIBE et des médias de l’OTAN :

« Congo Brazaville: et si nous vivions un bain de sang? »

sur http://www.liberation.fr/planete/2016/03/19/congo-brazaville-et-si-nous-vivions-un-bain-de-sang_1440599

Ce lundi, les mêmes sont passés à la vitesse supérieure et annoncent sur les réseaux « un attentat contre le président Sassou Nguesso », « blessé par balles ». Ceux qui reprennent ces fausses infos démontrent aujourd’hui qu’ils travaillent contre les intérêts de l’Afrique, veulent y semer le chaos …

« RAS LE BOL » :

LES MERCENAIRES DE SORÖS’ VERSION BRAZZAVILLE

Derrière une grande partie de ces fausses infos, un groupuscule « Ras le bol », appartenant aux Réseaux Sorös, un clone des « Y en à mare » et autres « Balais citoyens » financés par les « vitrines légales de la CIA (NED, NDI, USAID) et l’affairiste américain …

TV5 les encense, oubliant de préciser l’origine de cette « génération » guère spontanée : « De la mobilisation de l’opposition et de la société civile contre le président sortant Denis Sassou Nguesso a émergé un mouvement citoyen baptisé “ras-le-bol”. »

Africains ouvrez les yeux !

LM / PANAFRICOM

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BRUXELLES: BASTONE ALL’EUROPA, HAVANA: CAROTA A CUBA

 http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/03/bruxelles-bastone-alleuropa-havana.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 22 MARZO 2016

La ricerca della verità è la più nobile occupazione dell’uomo; la sua pubblicazione è un dovere assoluto”. (Anne Louise Germaine de Stael)
“Ci sono solo due errori che si possono fare lungo la strada per la verità: non percorrerla tutta e non iniziarla”. (Budda)
Bruxelles, qualche domanda
Se uno riesce a non farsi stordire dal brusìo compatto e indistinto con cui la grande informazione accompagna nelle nostre sinapsi gli acuti dei suoi editori di riferimento nel palazzo, di fronte al cataclisma terroristico che percuote l’Europa si porrebbe qualche domanda.
Se è vero, come è vero, che tutti i grandi attentati, dall’11 settembre in qua, hanno dimostrato fallimenti, disastrosi fino all’inconcepibile, delle forze di sicurezza e dell’intelligence, questo succede perché siamo protetti da idioti, da complici, o dagli stessi mandanti degli attentati?
Se è vero, come è vero, che gli apparati di intelligence e di contrasto al terrorismo in Usa, Francia, Belgio, ovunque, si sono dovuti ammettere inefficienti e non all’altezza della situazione, cos’è che gliene viene? Forse quel che se ne ricava vale l’umiliazione? Forse che la inadeguatezza deve provocare ricadute positive in termini di domanda pressante, da parte dell’opinione pubblica, di rafforzamento di tali apparati, di stanziamenti più ampi, anche a spese di bisogni sociali fondamentali, di capacità di sorveglianza, controllo, repressione più totalizzanti?
Se è vero, come è vero, che quasi tutti i grandi episodi di terrorismo sono accaduti mentre erano in corso, a New York, a Parigi, a Madrid, a Boston, esercitazioni in cielo e in terra che simulavano esattamente quanto sarebbe successo e che a Bruxelles tutto l’apparato nazionale di lotta al terrorismo era posto all’allarme rosso quando nei luoghi della massima vulnerabilità, aeroporto, metropolitana, i terroristi hanno operato indisturbati, questo succede, ripeto, perché siamo protetti da idioti, da complici, o dagli stessi mandanti degli attentati?
Se è vero, come è vero, che chiunque indaghi fuori dai canali di regime su questi attentati e si permette di proferire dubbi e interrogativi su abbaglianti carenze e contraddizioni nelle versioni ufficiali, anziché essere accolto con interesse, se non con tutti gli onori, dalla comunità degli investigatori, viene indicato al ludibrio universale e ridotto al silenzio o addirittura al carcere (vedi il giornalista Hisham Hamza a Parigi), manco fosse un infame negazionista, di quale verità hanno paura lorsignori?
Se è vero, come è vero, che è in atto una collusione-collisione tra UE (Bruxelles) e Turchia su cosa fare di milioni di rifugiati, se spedirli in massa a tagliare le gambe a quel che resta di agibilità economica e coesione sociale europea, o se tenerli a marcire nei propri lager in cambio di cospicue remunerazioni a chi ha perso l’input finanziario del petrolio jihadista, non è che quell’evaso dal manicomio criminale di presidente turco pensi di mandare qualche avvertimento convincente alla capitale UE?
Se è vero, come è vero, che la spinta neo-ottomana e wahabita verso l’Europa, manifestatasi con virulenza già ai tempi del disfacimento della Jugoslavia, con formazioni jihadiste in Bosnia e Kosovo, favorite dall’integralista islamico Izetbegovic, l’opposizione di alcuni governi europei e di larghe masse popolari all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea non potrebbe suscitare ad Ankara ritorsioni di portata incalcolabile, vista la totale mancanza di scrupoli di quel regime?
Se è vero, come è vero, che UE e USA traccheggiano sull’annientamento definitivo di Siria e Libia (preferendo la meno costosa e più remunerativa carota per Cuba e Tehran), mentre Turchia, Arabia Saudita, Fratellanza Musulmana sparsa, Israele e Francia (il Belgio è un suo protettorato), è assurdo ipotizzare che questi regimi, dimostratisi specialisti dello stragismo false flag, pensino di forzare la mano ai renitenti attraverso l’escalation delle mostruosità jihadiste?
Se è vero, come è vero, che l’Isis ha rivendicato anche gli attentati di Bruxelles e che il catturato a casa sua, Abdelslam Salah, dove stava durante 4 mesi di ricerche da parte di un universo di intelligence e polizia nei cinque continenti, unico attentatore tenuto in vita e pronto collaboratore di giustizia annunciante apocalissi terroristiche in arrivo, cosa ne vogliamo fare del granitico dato di fatto che i turchi, assieme a sauditi, qatarioti, israeliani e statunitensi, si sono inventati l’Isis (una volta logoratasi l’immagine di Al Qaida), l’hanno reclutato in giro per il mondo fin dai tempi della Jugoslavia da sbranare, l’hanno finanziato, armato, addestrato, infiltrato in Siria, Libia, Iraq, Africa? E’ credibile che l’Isis, che dipende per la sua sopravvivenza e agibilità da linee di rifornimento che partono da fonti sotto controllo Nato e Golfo, possa essere sfuggita ai suoi mandanti e sponsor? Non è credibile.
Se è vero, come è vero, che gli unici, assieme alle forze patriottiche siriane e irachene, ad aver rotto le uova nel paniere ai conquistadores degli Stati nazionali arabi indipendenti, avendo combattuto con efficacia e ridotto il potenziale invasivo ed espansivo del mercenariato Isis-Al Qaida, sono i russi in Siria (con le bombe) e in Iraq (con l’intelligence) e l’Egitto a casa sua e in Libia, sarà mica che ora un’ulteriore militarizzazione Nato dell’Europa, con l’alibi della lotta al terrorismo, serva ad attrezzare il continente al confronto finale con la Russia (per il quale la Cupola sta allevando Hillary Clinton) e incidenti come quello di Giulio Regeni servano a neutralizzare l’ultima (insieme all’Algeria) entità araba non incapacitata?
Se è vero, come è vero, che ogni attentato ha provocato rappresaglie dall’esito catastrofico per la comunità musulmana da noi e nel mondo, ma ha recato grande beneficio a classi dirigenti impegnate a far digerire al popolo vessazioni e penurie diffondendo psicosi da “si salvi chi può” , che poi giustificano la sdemocratizzazione delle istituzioni e lo stato d’assedio, siamo in preda al delirio se ora ci aspettiamo che, a partire dalla “ferita al cuore dell’UE”, le manette “anti-terrorismo” ci pencoleranno sul naso a ogni accenno di pensiero e di azione non conforme?
Se è vero, come è vero, che con il PNAC, Programma per il Nuovo Secolo Americano, dettato dalla Cupola ai Neocon, inaugurato con l’11 settembre, rilanciato da Obama e dal 2017 affidato alla Gorgone Hillary, si è avviato l’umanità sullo scontro di civiltà, indispensabile per coltivare l’odio che la spacchi in due e poi in più parti, iniziando con la criminalizzazione dell’Islam, detentore delle risorse energetiche necessarie a neutralizzare Europa, Russia e Cina e arrivare alla dittatura mondiale, come categorizzata a sua tempo da David Rockefeller (*), allora i fatti di Parigi e di Bruxelles e gli altri che ci aspettano non sono forse altro che pagine di un libro che al primo capitolo raccontava di Torri Gemelle?
E, per finire, se è vero come è vero, che le élite oligarchiche e antidemocratiche euro-atlantiche, stanno per imporre all’Europa la macina al collo del TTIP, trattato di libero scambio Usa-UE, per scagliarci tutti nel buco nero della dittatura delle multinazionali e della fine dei rimasugli di sovranità popolare e nazionale, dello Stato di diritto, non sarebbe segno di scaltra lungimiranza da parte dei TTIPisti fare del boia Bruxelles il martire dell’euroresistenza al Male? Chi obietterebbe più a chi del terrorismo è stato vittima e dal terrorismo ci difenderà, anche mediante TTIP?
(*)Sono certo che il mondo odierno sia pronto alla progressione unanime verso la creazione di un solo grande governo mondiale. Si tratterà di un’entità sovranazionale controllata da un’élite intellettuale e imprenditoriale accuratamente scelta, la gestazione sarà in mano alle banche. Credo che questo mio progetto sia di gran lunga preferibile all’auto-determinazione nazionale esercitata in tutti questi secoli. (Convegno del Gruppo Bilderberg del giugno 1991 a Baden, Germania) David Rockfeller .
Per un’analisi di classe del terrorismo, vedi il mio precedente post “IL TERRORISMO E’ LA LORO GUERRA DI CLASSE”.
Prendi la carota e strozzati
A questo punto dovrei passare dal bastone – e che bastone! – alla carota, e che carota! Ma se la collera e lo sdegno più sono smisurati e più ti spingono ad esprimerti, a gridare, a colpire, come è nel caso degli Untermenschen che allestiscono gli orrori di Bruxelles (e sono identificabili perché della stessa genìa di coloro che simili orrori li hanno perpetrati da sempre), il dolore e la vergogna fanno ammutolire. E il caso qui è quello di Cuba, che oggi festeggia in un tripudio di massa a stelle e strisce la visita del più grande masskiller della nostra generazione. Una cricca di rinnegati che, il 3 marzo 2009, con un colpo di mano, rimosse e liquidò politicamente e moralmente 60 stimati e amati dirigenti del partito e del governo, decapitando la seconda generazione rivoluzionaria e sostituendola con una gerontocrazia di generali pronti a ogni arretramento, ha compiuto il suo tradimento fino in fondo. E l’ha potuto fare grazie alla passivizzazione di un popolo ridotto in miseria senza fondo e senza prospettiva di riscatto, dato il contesto di incompetenza, corruzione e ossificazione burocratica in cui è stato costretto.
Il superamento del disastro sociale ed economico è stato cercato, prima, in una vera e propria controrivoluzione che ha ridotto di metà la quota pubblica dell’economia  (in gran parte, del resto, in mano ai militari) e messo in mezzo a una strada mezzo milione di dipendenti statali, riqualificati “cuentapropistas”, cioè imprenditori privati, in effetti privati di ogni agibilità economica.  E’ su questa nuova piccolissima borghesia, aspirante a diventare media, che punta Obama, facendosi fotografare, somma inguria, sotto il ritratto del Che in piazza della Rivoluzione. E’ la quinta colonna destinata a frantumare, con gli appetiti che verranno soddisfatti dalle multinazionali del turismo, delle costruzioni, dell’industria pesante, delle telecomunicazioni, dell’alimentazione, dell’azzardo, quanto rimane del socialismo cubano. Che, a parte il partito unico, è poco.
Colma di dolore e vergogna vedere un gruppo dirigente famelico e inetto trascinare un popolo, già faro della liberazione, giustizia sociale, resistenza antimperialista per l’America Latina e il mondo intero, ad applaudire il rappresentante di un potere che per 67 anni  non ha cessato di infierire su di lui, con l’embargo, il terrorismo, la diffamazione, il sabotaggio. E che ora si presenta sorridente, tenendo nella mano dietro la schiena l’arma risolutrice del colonialismo economico e culturale, La carota che dovrà rimediare al fallimento del bastone. Come con l’Iran, solo che lì i giochi non sono per niente fatti.
Fanno pena i commentatori, gli stessi che hanno accompagnato con gli applausi Tsipras fino a quando ha pugnalato alla schiena la Grecia, che si arrampicano sugli specchi per dimostrare che la riconciliazione Cuba-Usa volge a favore dell’Isola un rapporto di forze per tanti anni rimasto apannaggio dell’aggressore. Come se ci potesse essere un qualsiasi rapporto di forze tra la più forte arrogante, cinica e sanguinaria potenza mondiale e un piccolo, debole paese, privo di strutture produttive, forte solo di belle spiagge e belle ragazze, in mano a meschini opportunisti pronti a vendersi tutto pur di restare in sella.
Dolore e vergogna al pensiero che, mentre le strade dell’Avana, i suoi taxi, le persone, i suoi muri sbianchettati dai murales del Che e della lotta antimperialista, sono imbandierati di stelle e strisce e la tv di Stato e i social network tracimano delle orrende serie americane del culto della violenza e della volgarità, la visita a Fidel del presidente venezuelano Maduro di appena pochi giorni fa merita sui media uno scarso trafiletto. Presidente di quel paese che, negli anni dell’embargo e del rischio di morte per l’isola e la sua indipendenza, l’ha tenuta in vita. Presidente di quel paese a cui, nelle stesse ore in cui annunciava la visita che sigillava la resa di Cuba, Obama rinnovava le criminali sanzioni definendo il Venezuela un “grave e urgente pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti”. E rinnovava il Piano Condor per destabilizzare e ricondurre alla sottomissione e alla dipendenza tutte le esperienze di emancipazione latinoamericane.
Solo vergogna a vedere coloro che si dicevano, in Italia e nel mondo, amici e sostenitori della rivoluzione cubana, ora marciare allineati e coperti, orrendamento opportunisti, con addosso le prebende e onorificenze ricevute da Cuba socialista, nella parata funebre guidata da Obama e Raul. Amici e sostenitori, come è d’uso in questo nostro paese che s’è perso per strada, dei capi e padroni, non del popolo cubano.
Pubblicato da alle ore 20:53

Ecco perché presto la festa del papà sarà abolita

Non v’è da dubitarne, presto o tardi anche la festa del papà verrà rimossa per legge. Nel quadro del pensiero unico imperante, dire papà significa essere per ciò stesso “omofobi”: ergo, bisognerà abbattere la festa del papà. Niente padri e madri, solo “genitore 1” e “genitore 2”: Orwell e Huxley erano dilettanti, in confronto!

papà
La nostra è la società dell’”evaporazione del padre”, come diceva Lacan: il padre è simbolo dell’unione di Legge e Desiderio, è colui che pone limiti al desiderare illimitato. In assenza del padre, si spezza l’equilibrio tra Legge e Desiderio e sopravvive unicamente il secondo, nella forma estrema e illimitata del godimento individualizzato e senza interdizioni.
 
Il capitalismo assoluto è, per sua essenza, edipico: è in lotta contro la figura del padre come simbolo etico della legge e della misura. Il capitalismo assoluto è desiderio illimitato, godimento autistico, privo di legge e di misura. La nostra, in effetti, è la società dell’illimitatezza scatenata, ove tutto è possibile purché si abbia l’equivalente monetario. Tutto è possibile, purché ve ne sia sempre di più: così recita il discorso iperedonistico del capitalista anarchico.
 
Per questo, la nostra è la società del padre evaporato: niente padri, niente patrie, niente limiti per l’economicizzazione integrale della vita e della società, del reale e del simbolico, della mente e del cuore. Sradicamento dei popoli e degli individui, godimento illimitato per individui cinici e sradicati, senza coscienza e senza identità. Per questa via, si compie quell’“assenza di patria” (Heimatlosigkeit) dell’uomo moderno, diagnosticata con lungimiranza da Heidegger nella Lettera sull’umanismo in riferimento alla storia dell’essere come suo oblio e solo oggi divenuta realtà in senso pieno: “l’assenza di patria diventa un destino universale” (die Heimatlosigkeit wird ein Weltschicksal) in ragione del fatto che il ritmo stesso della mondializzazione impone lo sradicamento e la deterritorializzazione come condizioni fondamentali della precarizzazione e della flessibilizzazione coessenziali al nuovo assetto assoluto dell’economia.
 
L’epoca dell’evaporazione del padre come simbolo della Legge e della misura coincide, dunque, anche con il tempo dell’eclisse della patria gramscianamente intesa come luogo del radicamento nazionale-popolare, storico e culturale di un popolo, ossia come provenienza originaria della sua vicenda e come nesso vivente con la terra e con l’ethos.
 
Il movimento con cui l’integralismo economico dissolve il limite sul piano simbolico è lo stesso con cui annichilisce la dimensione storica, tradizionale e culturale dei popoli: li disgrega nella forma degli atomi nomadi e migranti, infinitamente mobili, perché privi di radici. La logica della mobilitazione e dello sradicamento fa sì che gli io senza radici non possano avere una casa e una famiglia, una patria e una comunità solidale. E, naturalmente, un padre.
di Diego Fusaro – 20/03/2016
 
Fonte: Il fatto quotidiano

Referendum trivelle 17 Aprile: IO voterò

peccato che con il TTIP prossimo venturo sarà carta straccia, Renzi ha detto che accetterà tutto come se avessimo dei dubbi.
 
Mar 20, 2016
 
trivelle
Trivelle in mare
 
di G.Cirillo
 
Nonostante la disinformazione o sottoinformazione fornita da partiti e media di regime, il 17 Aprile, per chi ancora non lo sapesse, si svolgerà un referendum.
 
Purtroppo la maggior parte delle persone che affronta gli argomenti alla base del referendum lo fa in maniera ideologica, da tifoso, con moltissimi pregiudizi e senza una minima riflessione. Scopo di questo articolo è invece cercare di invitare il lettore a decidere seconda un proprio ragionamento personale e in maniera individuale senza seguire, come un automa o peggio un suddito, le influenze familiari, di partito o mediatiche. Per raggiungere questo scopo cercherò di spiegare cosa mi spinge ad andare a votare e cosa votare.
 
Partiamo, prima di tutto, dal quesito referendario: Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane, anche se c’è ancora gas o petrolio?. In questi giorni c’è stata molta propaganda e disinformazione sui media e soprattutto su Facebook (che sta diventando molto importante nell’influenzare le opinioni dei cittadini) su questo referendum. A molte persone sembra che si vada a votare per fermare immediatamente tutte le trivellazioni nei mari italiani, ma in realtà non è assolutamente così. Quello per cui si va a votare è fermare la proroga fino ad esaurimento delle trivellazioni entro le 12 miglia marine, trivellazioni per le quali già non possono più essere richieste ulteriori concessioni. Quindi se vincerà il sì, verrà abrogata la proroga alla concessioni presenti entro le 12 miglia marine, che di conseguenza potranno essere sfruttate fino alla scadenza della concessione e non fino ad esaurimento. Quindi verrebbe ristabilita la precedente normativa. E’ molto importante chiarire questo punto per non fare della stupida tifoseria e per capire i limiti di questo referendum. A favore e contro il referendum esistono due comitati: Vota sì per fermare le trivelle (a favore del referendum) e gli Ottimisti e Razionali (contrari allo stesso).
 
Vediamo ora le ragioni del sì e del no:
 
1) VOTARE O NON VOTARE: prima ragione sulla quale discutere è quella di votare o non votare. Purtroppo i referendum italiani hanno bisogno del quorum del 50% per essere legali, quindi, normalmente, i contrari al referendum invitano all’astensione, così da sfruttare anche la posizione degli astenuti cronici. Personalmente, avendo scritto un trattato sull’illegittimità dello stato e dell’attuale sistema politico, sono spesso portato ad un’astensione ideologica, nel referendum però, l’esistenza del quorum è qualcosa che va proprio contro i principi espressi nel mio libro sulla democrazia integrata, dove la democrazia diretta è fondamentale e dove il quorum assolutamente non potrebbe esistere, dato che le decisioni deveno essere prese da chi almeno si prende la briga di informarsi e di alzare il fondoschiena per andare a votare. Gli altri, semplicemente, non usufruiscono di un loro diritto, quindi che subiscano le decisioni di chi ha votato. Questo discorso varrebbe pienamente in un sistema di democrazia integrata e negli attuali referendum, come quello in questione. Per quanto riguarda le elezioni politiche il discorso è diverso, dato che non siamo una reale democrazia e data l’illegittimità di fondo dell’intero sistema, ma questo è un altro discorso. Detto questo, io invito a votare, che sia Sì oppure No, solo per far fallire la logica del quorum, logica antidemocratica e utile ai politici per mantenere e difendere il proprio potere. Se si crede nella democrazia, se si vuole maggiore partecipazione e democrazia diretta, nei referendum bisogna andare a votare. Invece nelle elezioni politiche l’astensione ha molto più senso. Quindi, primo punto neutrale, ma favorevole alla partecipazione al voto anche se contrario.
 
2) PROROGA O NON PROROGA: seconda ragione di principio sulla quale ragionare è quella della proroga. L’Italia purtroppo è un paese di cialtroni e le innumerevoli proroghe dimostrano l’incapacità di creare un sistema di leggi strutturali e durature. Per principio sono tendenzialmente contrario a questo tipo di politica e sono contrario alle misure una tantum, quindi no alle proroghe. Di conseguenza, primo punto a favore del Sì al referendum.
 
3) TASSAZIONE BASSISSIMA: delle società private estraggono risorse naturali, di conseguenza è logico che al paese proprietario di quelle risorse vengano versati dei diritti. Il problema è che in Italia sono bassissimi, 10% per il gas e 7% per il petrolio. Come facciamo a sostenere che siano bassi? Semplicemente per confronto con altri paesi, in Guinea ad esempio, sono del 25%, in Norvegia e Russia dell’80%. Quindi lo stato italiano, come sempre, agisce contro i suoi cittadini: a chi produce ricchezza reale, basata sul proprio impegno e sulla propria intelligenza vengano applicate tasse assurde, che raggiungono anche il 70% per un lavoratore autonomo o per una ditta individuale, invece chi estrae risorse naturali viene agevolato. Se la tassazione su queste estrazioni fosse alzata, potrei ripensarci, ma non esistendo referendum propositivi, la mia risposta è ancora negativa. Quindi un altro punto a favore del Sì al referendum.
 
4) PETROLIO: come ho detto non sono ideologizzato, quindi se effettivamente esistessero dei giacimenti interessanti entro le 12 miglia marine, oppure se la tassazione sulle estrazioni fosse alzata, sarebbe anche giusto procedere con le estrazioni, dato che i maggiori introiti potrebbe servire a ripagare le eventuali conseguenze ambientali. E concordo con il discorso degli Ottimisti e Razionali (comitato per il NO) sul fatto che rinnovabili e trivelle non sono vasi comunicanti (dato che le trivellazioni sono effettuate da aziende private) mentre investire o incentivare le rinnovabili è una decisione statale. Di conseguenza da questo punto di vista ho forti perplessità nei confronti delle argomentazioni degli anti-trivelle. Quindi primo punto a favore del NO al referendum.
 
5) RILEVANZA DELLE ESTRAZIONI: le estrazioni entro le 12 miglia marine coprono meno dell’1% e dell’3% del fabbisogno di petrolio e gas nazionale. In un momento storico-economico dove probabilmente godremmo ancora per molto di abbondanza e basso prezzo di queste risorse, il danno della graduale chiusura di questi giacimenti (chiusura che ricordiamo non essere immediata, quindi probabilmente saranno giacimenti ancora più impoveriti di quelli attuali) è abbastanza modesto, contando che gli introiti pubblici superano di poco il miliardo di euro
 
5bis) ITALIA VS TRIVELLE: strettamente collegato al punto precedente è la rilevanza degli altri settori che potrebbero essere danneggiati dalla indeterminata attività di queste trivelle, tra turismo, pesca e ricchezza culturale si sfiora il 20% del PIL. E’ vero che eventuali incidenti non danneggerebbero per intero questa percentuale di PIL, ma questi settori sono il vero petrolio italiano e proteggerli, anche in maniera zelante, deve essere una priorità per governanti e cittadini. Anche un solo punto di PIL in meno dovuto ad un incidente, supererebbe di gran lunga i ricavi petroliferi. A mio avviso non si può assolutamente scherzare nella difesa del paesaggio, del mare e delle coste italiane. Il comitato degli Ottimisti e Razionali parla di controlli in regola, ma purtroppo le analisi ufficiali devono tenere conto della tradizionale corruzione e falsificazione dei dati, purtroppo tendenze patologiche nel nostro paese. Non ci possiamo fidare purtroppo. Quindi i punti 5 a mio avviso sono un altro punto a favore del referendum.
 
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Mappa trivelle
 
6) MENO TRIVELLE, PIU’ PETROLIERE: una argomentazione molto interessante del Comitato degli Ottimisti e Razionali (ricordiamo contrari al referendum) è che la maggior parte degli incidenti che hanno inquinato il nostro mare sono dovuti alle petroliere e che quindi una minore produzione nazionale, porterà ad un incremento dell’utilizzo di queste navi per una maggiore importazione di greggio. Di conseguenza il rischio per le coste aumenterebbe non diminuirebbe. Questo è un discorso logico, personalmente credo che la chiusura delle trivelle dovrebbe essere accompagnata da misure di risparmio energetico per ridurre il consumo e di conseguenza l’importazione di petrolio. Misure che non sono state per niente incentivate ma che potrebbero essere facilmente adottate (ad esempio sfavorire l’utilizzo dei mezzi privati, ridurre il consumo di plastica, ridurre gli eccessi di riscaldamento abitativo e pubblico, incrementare mezzi pubblici puliti, aumentare le piste ciclabili, favorire il km zero e la riduzione degli spostamenti inutili e via dicendo). Ovviamente queste argomentazioni vanno oltre queste referendum. Quindi, su questo punto vince il NO.
 
7) INQUINAMENTO DEI FONDALI: il catrame depositato sui fondali del Mar Mediterraneo è di 38 milligrammi per MQ, record al mondo. E i fondali attorno alle trivelle sono inoltre inquinati dai metalli pesanti. Purtroppo non possiamo credere alle rassicurazioni degli Ottimisti e Razionali, siamo in Italia, dove è tutto falso e corrotto e quindi possiamo soltanto dubitare dei dati forniti. Fossimo in paesi che non hanno mai fatto dubitare della loro correttezza, il discorso cambierebbe, ma in Italia la fiducia verso le istituzioni ufficiali è decisamente persa e attualmente non ci sono segnali per farci cambiare idea. Di conseguenza contribuire ancora all’inquinamento del nostro mare, in una situazione mondiale già purtroppo devastata dall’attività umana, non può che consegnare un altro punto ai favorevoli al referendum.
 
8) SEGNALE POLITICO: non ha senso essere contrari per principio ad una risorsa naturale come il gas o come il petrolio. Votando sì al referendum però, a mio avviso, si vuole esprimere la propria contrarietà ad una logica economica che mette al primo posto il profitto fregandosene altamente della violazione della libertà attraverso l’irreversibile danneggiamento dell’ambiente, ricchezza patrimonio di tutti. Votando sì, si vuole dare un segnale, anche se non strettamente collegato alle trivelle o alle rinnovabili, si vuole dire basta inquinare, abbiamo esagerato. Quindi, altro punto a favore del referendum.
 
9) COSTI DEL REFERENDUM: il governo, composto da PD e NCD (due partiti che rappresentano il picco del peggio della politica italiana), non ha voluto abbinare il referendum alle elezioni amministrative, per rendere più difficile raggiungere il quorum. Un comportamento squallido e antidemocratico che ci costa quasi 400 milioni di euro. E la colpa non è degli organizzatori, ma del governo che non ha voluto abbinare il referendum per puro calcolo politico e per difendere interessi privati (dietro lauti compensi, ma questa è solo una mia fantasia). Solo per il fatto che il PD si oppone al referendum e che abbia sprecato soldi dei contribuenti per farlo fallire, dovrebbe spingere tutti ad andare a votarlo. Altro punto a favore del SI. (Piccola riflessione: quando adotteremo i referendum digitali?)
 
In conclusione ho 1 voto a favore dell’andare a votare, 6 a favore di votare SI, 2 a favore di votare NO. Quindi ho deciso: andrò a votare e voterò SI. Invito ognuno di voi a ragionare e a trarre le proprie conclusioni. Il referendum è uno strumento di potere, non sprecatelo, usatelo.

Sul coraggio e la Resistenza degli Yemeniti, piove morte, crudeltà e abominio

alla società antirazzista diritto umanista degli yemeniti non frega nulla. Non un sit in, non un presidio, non una manifestazione di solidarietà. Per i moralmente superiori gli yemeniti non sono umani, non valgono quanto gli amati sauditi.
 
In preda ad un attacco criminale contro il suo popolo, contro la sua sovranità, e contro il suo diritto di autodeterminazione politica, lo Yemen è riuscito in qualche modo a resistere alla furia della coalizione militare saudita,  il più debole in un conflitto che avrebbe dovuto spazzare via ogni resistenza da tempo.
 
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Ma se lo Yemen è stato trasformato in un grande cumulo di macerie, se la sua gente si è appassita sotto le atrocità di un blocco umanitario che ha impedito cibo, medicine e tutte le forniture, attraverso la tenacia e l’incredibile determinazione, le avversità hanno permesso una rinascita sociale – la pietra angolare di un movimento di resistenza sociale che parla di forza di carattere yemenita.
 
Per dodici mesi interminabili il regno saudita ha devastato questo paese impoverito; piove la morte, la crudeltà e l’ abominio  per ogni bomba a grappolo e per ogni esplosione: più di 8.400 mori, di cui 2.236 bambini, e più di 16 mila feriti,  infrastrutture pesantemente danneggiate, scuole, fabbriche e ospedali  distrutti.
 
Perché sono soprattutto i civili a pagare? All’inizio della settimana un’incursione saudita nella provincia di Hajjah ha preso di mira un mercato affollato nella città di Mostaba, e un ristorante affollato adiacente al mercato di al-Kharmis, causando almeno 107 morti.
 
Proprio come gli Stati Uniti in Vietnam, i sauditi in Yemen non capiscono quello che stanno cercando di fare. Come gli Stati Uniti combattevano contro una teoria del dominio del comunismo, così i sauditi combattono contro una teoria del dominio iraniano. In nessuno dei due casi c’è un qualche senso e purtroppo i sauditi,  con la loro grande ricchezza petrolifera,  sono riusciti a destabilizzare la regione, trascinando altri paesi comprati dai loro petrodollari in questa guerra. Ma sono impantanati. Proprio come gli Stati Uniti in Vietnam i sauditi si sono invischiati, non stanno raggiungendo alcun obiettivo militare, e così tutto quello che possono fare è punire il popolo dello Yemen facendo una carneficina.
 
Si tratta solo di una sorta di omicidio di massa casuale di civili innocenti da parte dell’Arabia Saudita e dei suoi complici, in un tentativo folle di inviare un messaggio. E più persone uccidono inutilmente, maggiore diventa il messaggio che sono fuori controllo e che è il momento in cui c’è davvero bisogno di un cambio di regime in Arabia Saudita.
 
La situazione nello Yemen è in qualche modo peggiore rispetto alla situazione in Palestina, perché nessuno ne sta parlando, se non con un filo di voce. Se si guarda ai media mainstream, la Bbc, la Cnn e gli altri, tutti insieme non dicono nulla, solo Amnesty International ha detto qualcosa, limitandosi a un appello al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (Unhrc) “per le gravi violazioni dei diritti umani” dell’Arabia Saudita nello Yemen.
 
Di fronte alla situazione – assolutamente tragica – della popolazione yemenita, gli ipocriti governi occidentali continuano a vendere armi all’Arabia Saudita, mentre Amnesty dice che non vi è la prova di armi proibite in uso che possono costituire crimini di guerra. Nel frattempo, Gran Bretagna e Stati Uniti sono seduti nella war room saudita a fornire il loro aiuto tecnico.
 
Perché i sauditi sono protetti? Il motivo è semplice: perché i sauditi hanno speso 100 miliardi di dollari in armi vendute dai governi occidentali dal 2011.
 
Quanto durerà ancora questa carneficina? Il numero di persone che saranno uccise, purtroppo, può crescere di molto, perché il mondo ignora quella tragedia con indifferente ipocrisia. È una situazione molto, molto triste ma alla fine la vittoria sarà sempre a fianco degli oppressi. La vittoria sarà sempre con la Resistenza e lo Yemen è parte integrante di essa; ad Ansarullah, che si batte per essa, e al Popolo yemenita, va il nostro rispetto.
di Cristina Amoroso – 20/03/2016
 
Fonte: Il Faro sul Mondo

Acqua pubblica, il Pd tradisce gli italiani. Vi è del metodo in questa follia

le sinistre che tradiscono, che novità. Si certo, ci si può anche raccontare che il Pd non sia sinistra, peccato che ad ogni tornata elettorale i partiti di sinistra più “estremisti” finiscano sempre per convogliare nel Pd
In altri termini, se vogliamo mantenere questa vecchia dicotomia di ordine topologico, il capitale si rivolge oggi alle sinistre per fare le “riforme” di destra. E lo fa per ingannare meglio il gregge omologato, che, indotto a pensare che il solo nemico siano i totalitarismo del 900, non è in grado di cogliere la natura totalitaria del fanatismo economico di cui il PD è espressione.
V’era da aspettarselo. Un tempo era quasi un paradosso proverbialmente citato come controsenso impensabile, che mai si sarebbe potuto realizzare: “un giorno anche l’acqua e l’aria saranno privati”, si diceva scherzosamente.
 
Oggi sta per diventare realtà nel nostro Paese. Perché, si sa, la realtà finisce sempre per superare la fantasia. E l’inverosimile diventa plausibile. Fronte avanzato della modernizzazione capitalistica e della difesa liturgica del progresso inteso come liberazione dell’economia, il Partito Democratico è pronto a compiere un nuovo crimine. È pronto a privatizzare l’acqua. È pronto a trasformare in merce disponibile a seconda del denaro posseduto un bene che spetta liberamente a ogni essere umano in quanto tale. Fa, peraltro, ridere che questo partito che non ha valori di riferimento che non siano il valore di scambio porti orwellianamente nel suo nome l’aggettivo “democratico”: proprio quando, pronto a privatizzate l’acqua, si accinge a buttare alle ortiche la volontà di un referendum democratico con cui – ricordate? – nel giugno del 2011 ventisei milioni di Italiani dissero “sì” alla gestione pubblica dell’acqua.
E ora il Partito “Democratico” – le virgolette sono d’obbligo, a questo punto – è pronto ancora una volta a compiere un gesto tutto fuorché democratico. Alla Camera, l’esecutivo appoggia la cancellazione di quanto si votò con il referendum.
 
L’acqua deve ora diventare privata, affidata al mercato: deve cessare di essere un bene comune e pubblico. Siamo al cospetto dell’ennesima opera di “enclosure”, con cui i beni pubblici diventano merci: e a difendere questa follia è il Partito Democratico, nel quale masse di “militonti”, anche in buona fede, si identificano perché pensano, ad oggi, che votare PD sia “di sinistra”, “antifascista”, “antiberlusconiano”, ecc. Non sanno che, con quel voto, stanno affossando la democrazie e il pubblico, permettendo al mercato sovrano di trionfare senza limitazioni. Non sanno che oggi il capitale, per affermarsi nella sua logica classista e privatistica, competitiva e mercificante, ha scelto di rivolgersi alle sinistre: di modo che le masse lobotomizzate non si accorgano di quanto sta avvenendo, pensando magari anzi che sia “di sinistra”.
 
In altri termini, se vogliamo mantenere questa vecchia dicotomia di ordine topologico, il capitale si rivolge oggi alle sinistre per fare le “riforme” di destra. E lo fa per ingannare meglio il gregge omologato, che, indotto a pensare che il solo nemico siano i totalitarismo del 900, non è in grado di cogliere la natura totalitaria del fanatismo economico di cui il PD è espressione. Martedì 8 marzo i resoconti di Montecitorio hanno rivelato l’esistenza di due emendamenti di Enrico Borghi e Piergiorgio Carrescia (entrambi PD): essi chiedono di “sopprimere” l’articolo 6, ossia il nucleo portante della legge.
 
Il giorno dopo, il 9 marzo, il relatore Massimiliano Manfredi (PD) “esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Borghi e Carrescia”. Ed ecco che la sottosegretaria Silvia Velo, a nome del governo, “concorda”. Vi è del metodo in questa follia, si direbbe nell’“Amleto”: sono pronti a privatizzare l’acqua. Sono pronti a “sopprimere” l’articolo centrale della legge, ossia l’articolo che rende operativa fattualmente la volontà di 26 milioni di italiani.
 
Si sceglie – è il caso di dirlo – di annientare in modo non democratico il volere democraticamente espresso da 26 milioni di Italiani. Se fossimo in “1984” di Orwell, così troveremmo scritto: la Guerra è Pace, la Schiavitù è Libertà, il Partito è Democratico.
di Diego Fusaro – 20/03/2016
 
Fonte: Il Fatto quotidiano

Cinque anni fa iniziava il martirio della Siria

il genocidio politically correct della Clinton

di Salvo Ardizzone

Il 15 marzo è caduto il 5° anniversario della tragedia siriana; allora, con la scusa bugiarda delle “primavere”, è iniziata un’aggressione che ha distrutto un Paese; nessuno sa quanti siano i morti, è difficile contarli in quel mostruoso mattatoio, l’Onu ci ha rinunciato e le stime arrivano a sfiorare i 500mila.

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Prima, la Siria era un Paese progredito, ordinato; chi dice il contrario è perché non c’è stato o non lo conosce o più semplicemente perché è prevenuto. Dei circa 22 milioni di abitanti che c’erano, e sottolineiamo c’erano, quasi la metà ha dovuto abbandonare le proprie case, e in molti non potranno mai ritornarci perché non esistono più. Stando ai dati dell’Unhcr, sono più di 4,5 milioni i siriani che sono fuggiti all’estero, sparsi fra la Turchia, il Libano, la Giordania e altrove, alla ricerca, il più delle volte vana, di una nuova vita che sostituisca quella ormai distrutta.
 
Ma anche per chi è rimasto non va meglio: è sempre l’Onu a riferire che il 70% della popolazione non ha un accesso regolare all’acqua potabile, un terzo non può sfamarsi correttamente, oltre due milioni di bambini sono privati del’istruzione e quattro siriani su cinque sono ormai ridotti in condizione di povertà.
 
Un’immane catastrofe distorta dalla sistematica disinformazione dei media, capaci di travisare la realtà fino al grottesco; giornalisti, sedicenti esperti e una canea di blogger per anni hanno coperto quella che è stata un’aggressione di potenze straniere per destabilizzare e spartire la Siria.
 
Si sono ostinati, oltre il ridicolo, a parlare di un’“opposizione moderata” che semplicemente non esiste, e ancora a definire “moderati” sedicenti “ribelli” che di moderato nulla avevano se tali non si vogliano definire Al-Qaeda, ovvero la sua filiale siriana di Al-Nusra, i salafiti di Al-Sham e i tanti gruppi e gruppuscoli loro alleati.
 
Hanno ritenuto normale che Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Usa, Israele ed altri ancora, finanziassero, mandassero armi, mercenari, consiglieri militari e ogni altro aiuto a bande criminali che attentavano all’integrità di uno Stato sovrano, con lo scopo dichiarato di rovesciarne il Governo e ridisegnarne i confini, mentre hanno strillato, bollandola come un’ingerenza inammissibile, per gli aiuti che altri Stati, come la Russia e l’Iran, portavano su richiesta del legittimo Governo.
 
Hanno dato la massima visibilità alle provocazioni montate ad arte per screditare chi difendeva il proprio Paese o giustificare l’ennesimo intervento dall’esterno, salvo tacere o ignorare deliberatamente quando si dimostravano per quello che erano: ignobili finzioni. Un caso per tutti: l’attacco chimico di Ghuta, a Damasco, col tempo rivelatosi una macchinazione ordita di conserva da Servizi e “ribelli”.
 
Adesso, all’inizio del 6° anno, la sconfitta di sedicenti “ribelli” e seguaci del “califfo” emerge sempre più netta; intendiamoci: è ancora lungo il cammino che il Popolo siriano dovrà percorrere, e gli sponsor del terrore che questa guerra hanno suscitato e alimentato in ogni modo tenteranno di tutto, perché su di essa alcuni di essi hanno puntato la propria stessa sopravvivenza (vedi Erdogan), ma una luce in fondo a quel tunnel degli orrori ormai si vede.
 
Resta il martirio di un Paese, resta un Popolo che ha pagato un prezzo altissimo alla sete di potere, all’avidità dell’imperialismo e di molti, troppi Stati, coccolati da un Occidente pavido e colluso. È un conto che la Storia sta iniziando a far pagare.
di Salvo Ardizzone – 20/03/2016
 
Fonte: Il Faro sul Mondo