IMAM: COLONIA? COLPA DONNE

il mondo politically correct non avrà problemi a schierarsi con le parole dell’imam solo per distanziarsi dalle parole della cattiva leghista. Nessuna petizione per impedire ai salafiti di diffondere misoginia? Per carità….”i nemici” sono altri per i moralmente superiori
 
venerdì 22 gennaio 2016
”Sono rivoltanti le parole pronunciate dall’imam salafita di Colonia Sami Abu-Yusuf, secondo cui a provocare gli schifosi fatti del capodanno di Colonia sarebbero state le stesse donne con i loro profumi e i loro abiti.”Dichiara Barbara Saltamartini, vicepresidente dei deputati Lega-Noi con Salvini. ”Ad un soggetto simile deve essere impedito immediatamente di continuare a diffondere le sue folli teorie e andrebbe espulso all’istante. Con questo Islam non c’e’ alcuna possibilita’ di integrazione. Di fronte a simili parole – prosegue Saltamartini – e’ vergognoso il silenzio della Boldrini e delle femministe che nel nome di un buonismo ipocrita e folle tacciono pensando cosi’ di nascondere sotto il tappeto le violenze subite da centinaia di donne da parte di immigrati che loro difendono. L’islamizzazione dell’Europa e’ un pericolo ed e’ ora che tutti se ne rendano conto, quante altre Colonia dobbiamo aspettare? E dov’e’ il tanto richiamato islam moderato? Perche’ non si indigna pubblicamente?”. ”Noi in silenzio non ci stiamo – conclude Saltamartini – non saremo mai complici di questo terrorismo sessuale e Il 4 febbraio saremo a Colonia con una delegazione di donne Lega – Noi con Salvini per portare la nostra solidarieta’ alle donne vittime della notte di capodanno”.

TONFO DELLE ATTIVITA’ ECONOMICHE DELLE PMI IN TUTTA LA UE A GENNAIO

22 gennaio
Nel mese di gennaio l’indice composito Pmi dell’Eurozona, che misura il livello di attività economica del settore manifatturiero e di quello dei servizi, scende a sorpresa a 53,5 punti dai 54,3 del mese di dicembre. Un numero peggiore del consensus degli economisti della Ue che prevedevano una leggera limatura a 54,1 punti. A pesare le turbolenze finanziarie del mese di gennaio che hanno aumentato il livello di incertezza. Nel dettaglio l’indice Pmi manifatturiero è sceso da 53,2 a 52,3, quello dei servizi da 54,2 a 53,6. Gli indici restano sopra la soglia dei 50 punti che divide espansione economica da contrazione. Tuttavia, un calo di questa portata in un solo mese indica la probabilità d’arrivo della recessione.

PUTIN ABBATTE LENIN: “NON CI SERVIVA LA RIVOLUZIONE MONDIALE”

http://voxnews.info/2016/01/21/putin-abbatte-lenin-non-ci-serviva-la-rivoluzione-mondiale/Voxnewsgoodbye-lenin

Il presidente Vladimir Putin ha criticato aspramente le idee internazionaliste del padre della rivoluzione russa Vladimir Lenin, che secondo il leader del Cremlino hanno portato alla distruzione della “Russia storica”.

“Gestire l’andamento del proprio pensiero è giusto, solo che questo pensiero deve portare a risultati corretti e non a quelli di Lenin”, ha detto Putin durante un incontro coi vertici dell’accademia delle Scienze della Russia.
“E’ stato proprio questo modo di pensare che ha portato al crollo dell’Unione Sovietica”. “La rivoluzione mondiale – ha detto Putin rispondendo al capo dell’Istituto Kurciatov, che aveva citato una poesia di Pasternak su Lenin – non ci serviva”.

Una visione nazionale, contro quella globale di Lenin.

“Sequestrarono un carabiniere”: indagati due No Tav

http://www.nuovasocieta.it/cronaca/sequestrarono-un-carabiniere-indagati-due-no-tav/

NuovaSocietà
“Sequestrarono un carabiniere”: indagati due No Tav
gennaio 18 2016
di Enrico Mugnai

I giorni successivi allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena furono tra i più tormentati della storia del movimento contro l’Alta velocità. Il movimento No Tav, defraudato del simbolo della lotta contro la mastodontica e discussa opera ferroviaria in Val Susa, replicarono all’operazione di polizia con una grande manifestazione. 
Risale proprio al 3 luglio 2011 l’episodio che vede oggi la richiesta di rinvio a giudizio per due attivisti. Gli indagati infatti avrebbero fatto parte, secondo i pubblici ministeri Andrea Padalino e Antonio Rinaudo, del gruppo di dimostranti che avrebbe circondato il carabiniere impedendogli di ricongiungersi alla propria squadra. Le accuse vanno da sequestro di persona, lesioni gravissime, rapina e detenzione di arma da guerra, queste ultime derivanti dal fatto che al carabiniere venne ‘sequestrata’ la pistola d’ordinanza. 
L’episodio si verificò in località Ramats, vicino alle recinzioni del cantiere di Chiomonte che negli stessi momenti dell’accerchiamento del carabiniere viveva momenti di guerriglia tra forze dell’ordine e No Tav.

Tav e compensazioni, Foietta si scalda. Benvenuto in Valsusa!

Giovedì 21 Gennaio 2016 13:11

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I toni dell’intervista rilasciata dopo il consiglio comunale di Bussoleno dal Commissario di governo per la Torino Lione, Foietta, lasciano trapelare la convinzione che il sottosegretario evidentemente aveva nell’opportunità di ricoprire una carica tutt’altro che tranquilla.

Foietta appare quantomeno infastidito dal dover constatare che ancora oggi, nonostante  l’avvio dei lavori per il Tav, ci siano sindaci che non sono disposti ad abbracciare la proposta (peraltro non nuova) delle compensazioni. Se da un lato può contare su alcuni sindaci del PD favorevoli al progetto e di conseguenza d’accordo sulle compensazioni, dall’altra si è trovato a fari i conti con la determinazione del Comune di Bussoleno (anche questa non nuova…), che si pone in netto contrasto con quanto sperato da Foietta.

Nell’intervista si nota un certo nervosismo: il Commissario parla di democrazia, di Bussoleno come di una Stalingrado dei No Tav e sottolinea come ci siano comuni che paiono sotto tutela degli oppositori all’opera, dimenticando che della democrazia di cui parla in Val di Susa se n’è vista ben poca. Anzi, pare proprio che sia la democrazia realizzata dal e nel movimento a spaventare l’architetto. Questo è il vero concetto: la democrazia in Val di Susa si fonda sulla partecipazione effettiva dei cittadini/e.

Inutile ritornare sulla questione dei dati di un’opera inutile, quelli che i vari governi succedutisi fino ad oggi non hanno mai preso realmente in considerazione, decidendo a priori che l’opera andava fatta, dimenticando la volontà non solo di una Valle ma di una parte maggioritaria del paese. In quel territorio risiedono una volontà e una determinazione che il sottosegretario finge di non comprendere, faticando a rendersi conto che l’aria che tira da quelle parti non è la solita. Dimenticando che molti sono i sindaci che si sono dichiarati contrari a quest’opera, scegliendo di rappresentare le volontà dei propri cittadini e prendendo decisioni importanti, davvero vicine ai bisogni dei loro territori. Sostenuti, questo sì, da una valle che ha sempre dichiarato l’insostenibilità del Tav.

E’ riduttiva l’immagine di avere una sola Stalingrado, così come abusata l’accusa di Foietta che la Valle sia vittima di un’opposizione di minoranze contrarie al Tav. Certamente gente disposta a vendersi per quattro soldi e una poltrona chissà dove la troverà di sicuro, ma dovrà fare i conti anche con la maggioranza che invece la Tav non l’ha mai voluta. Se poi il governo o i politici locali insieme al tecnico Virano l’hanno preso in giro facendogli credere che avrebbe trovato altro, allora la colpa non è né dei sindaci contrari né tantomeno del movimento. Nell’intervista Foietta afferma che la Val di Susa non è una libera repubblica, dimenticando che i valsusini una libera repubblica l’hanno sempre portata dentro al proprio cuore fin dalla resistenza, arrivando fino ai giorni del 2011, quando ha trovato attuazione nell’esperienza della libera repubblica della Maddalena. Anche allora la democrazia di cui parla Faietta si è mostrata per come viene intesa nel territorio valsusino.

Su una cosa però non sbaglia il Commissario: “La delibera di ieri è un pretesto del Movimento No Tav per ribadire che in realtà non si deve fare niente. D’altronde si chiama Movimento No Tav, e non ‘Movimento facciamo meglio la Tav'”.

Faietta, benvenuto in Val di Susa. Una Valle piena di teste pensanti, che da almeno 25 anni lottano contro quest’opera inutile, partecipando attivamente e mettendo in gioco tutto quello che hanno.

Moldavia: il governo imposto dalla UE giura di notte in segreto

Il nuovo governo moldavo ha giurato davanti al presidente della Repubblica Nicolae Timofti. Ma lo ha fatto a mezzanotte e in segreto, senza che la stampa o l’opinione pubblica ne fossero al corrente. “La cerimonia si è tenuta alla residenza di Stato”, ha confermato il capo dell’amministrazione presidenziale Ion Paduraru. Lo riporta Interfax.

“Il capo dello Stato – ha aggiunto Paduraru – si augura che il nuovo governo sia competente e possa stabilizzare la situazione economica e finanziaria del Paese; la fiducia dipenderà dalle sue azioni sia in patria che all’estero; il presidente spera nel successo del governo in cooperazione con il parlamento per il bene delle riforme di stampo europee”. Mercoledì scorso a Chisinau si sono verificate proteste di massa per la nomina a primo ministro di Pavel Filip, giudicato un uomo di fiducia dell’oligarca Vlad Plahotniuc, che aveva ottenuta in precedenza la nomina a primo ministro designato scatenando le protese. Ieri i manifestanti hanno assaltato il Parlamento dopo il voto di fiducia al governo.

Ieri centinaia di manifestanti hanno sfondato i cordoni di polizia a Chisinau, in Moldova, riuscendo a fare irruzione in parlamento. Migliaia di persone hanno protestato contro la formazione di un nuovo governo guidato dal filo-occidentale Pavel Filip

Abbattuti dall’aviazione turca due elicotteri della US Marine, morti 12 soldati americani, Russi scioccati.

Sorcha Faal

Il Consiglio di Sicurezza (SC) riferisce quanto circola al Cremlino, e afferma che al Ministero della Difesa (MoD) funzionari sono rimasti “storditi” la scorsa settimana jet da combattimento del Air Force  turca che opera all’interno del proprio spazio aereo hanno sparato ed abbattuto due elicotteri CH-53 Sea Stallion  pilotati dai  Marine Corps Forces Special Operations Command (MARSOC) sul territorio curdo in attesa nella regione orientale siriana  nel “reparto” della Zona di guerra Levante uccidendo tutti i 12 militari americani a bordo.

Secondo questo rapporto, il 14 gennaio, i due elicotteri MARSOC partirono dalla base aerea di Ayn al-Asad in Iraq per una missione di “normale routine” di rifornimento dei Marine USA e delle truppe delle Forze Speciali britanniche  attualmente coordinati con i curdi del Kurdish Peoples Protection Unit (YPG) i combattenti si battono contro i terroristi dello Stato Islamico (ISIS / ISIL / Daesh) nei pressi del confine con la Turchia, nel nord est della Siria, vicino alla città di Raqqa il luogo dove si è verificato questo”crimine di guerra“.

Subito dopo che le Forze aerospaziali della Federazione hanno rilevato questo attacco turco “immotivato” sui due elicotteri MARSOC, continua il rapporto, i comandanti russi hanno notificato alla base aerea Combined Air Operations Center (CAOC) di Al Udeid in Qatar, consigliando di accettare la loro disponibilità ad aiutare nella ricerca salva missione, ma i comandanti Usa hanno dichiarato di non averne bisogno, le loro forze TRAP  erano già state allertate (recupero tattico di aeromobili e personale) .

La maggior stravaganza, che rileva questa relazione, è che nel giro di 5 ore la Turchia abbatte questi due elicotteri del MARSOC in Siria, li satelliti delle Forze Aerospaziali di monitoraggio nella regione dell’Oceano Pacifico hanno rilevato con incredulità, che durante un test non annunciato della US Navy un missile RIM-8 Talos lanciato nelle acque che circondano le isole Hawaii entro le due ore dalla lancio è esploso, la US Navy ha annunciato che due dei suoi elicotteri CH-53 erano “schiantati”, e ieri hanno annunciato di aver cessato di cercare questi aerei e i membri dell’equipaggio.

Quanto al motivo dell’accaduto, il regime di Obama ha deliberatamente nascosto al popolo americanoquesto deliberato “crimine di guerra “, spiega il rapporto, è dovuto alla paura delle reazioni che avrebbero i loro cittadini dopo aver appreso che questi 12 coraggiosi Marines sono stati uccisi da un alleato della NATO, la Turchia, mentre, nello stesso tempo gli Stati Uniti stanno combattendo, e assistono le popolazioni curde nella lotta, contro i terroristi di Stato Islamicola Turchia sta facendo tutto il possibile per distruggerli.

Così, si sono deteriorati,  i rapporti  tra il regime di Obama e la Turchia per aver supportato gli Stati Uniti il popolo curdo, nota il rapporto, alti funzionari turchi , ieri, hanno apertamente ammonito nuovamente gli americani  che non sarà tollerata l’inclusione dei gruppi curdi nei prossimi colloqui di pace finalizzati a porre fine alla guerra in Siria, il Primo Ministro Ahmet Davutoglu senza mezzi termini ha detto agli Stati Uniti: “Noi non accetteremo che YPG sia visto come un potere legittimo di opposizione. Ci impegniamo a non permettere che questo accada, perché è una minaccia diretta per la Turchia.

Al momento il Consiglio di Sicurezza esaminate le informazioni MoD relative all’abbattimento fatto dai turchi di questi elicotteri MARSOC, e la loro minaccia di destabilizzare ulteriormente la Zona di guerra di Levante, dalla relazione emerge, che è stato emesso un avviso, poche ore fa, ove si afferma che le attività delle forze speciali straniere sono ora una delle principali minacce alla sicurezza della Russia.

Gennaio 20, 2016 © UE e USA Tutti i diritti riservati. Il permesso di utilizzare questo rapporto nella sua interezza è concessa a condizione che sia citata la fonte originale a WhatDoesItMean.Com. Contenuto freebase sotto licenza CC-BY e GFDL.

MANIFESTAZIONI: CHI SFILA, CHI MARCIA, CHI CI MARCIA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/01/manifestazioni-chi-sfila-chi-marcia-chi.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016

“Apparentemente una democrazia è il luogo dove si tengono numerose elezioni a elevati costi, senza contenuti programmatici e con candidati interscambiabili”.(Gore Vidal)

“Preferisco i vinti, ma non potrei adattarmi alla condizione di vinto”  (Curzio Malaparte)
 
Il 16 gennaio, 25° anno dall’inizio dell’annientamento della nazione irachena, abbiamo manifestato a Roma e Milano e in qualche altro posto. Parlo di Roma. Qualcuno ha detto tremila. Forse. Comunque pochi e totalmente privi di slogan, cioè di partecipazione politica audio. Ha sopperito un tonante sound system e qualche orchestrina ambulante. L’età media era alta e la dissonanza tra i vari spezzoni pure. Dissonanza vigorosamente manifestatasi già nella fase preparatoria, caratterizzata da dispute, mediazioni su mediazioni, dissociazioni. C’era chi pensava di inserire nella piattaforma un riferimento ai “ribelli” siriani e all’impegno di difendere (quindi portare) “democrazia” dappertutto, dando implicito credito alle valutazioni di coloro che la “democrazia” la esportano radendo al suolo chi ne dovrebbe beneficiare. Peggio, essendo la democrazia che si conosce e di cui si auspica la difesa quella totalmente finta, è implicito che là fuori, in Siria, Iraq e via deprecando, di democrazia non ce n’è.
 
Altri portavano il loro contributo inalberando gli stendardi,  decorati a Washington e Langley, dei diritti umani come esemplificati da Amnesty International e Human Rights Watch. Presenze trasudanti perbenismo moralista e inquinamento ideologico, pretendevano manifestare “contro ogni governo che sceglie la guerra contro il proprio e gli altri popoli”. Qui riecheggia forte e chiara l’eco, mica dell’autoattentato tramite esplosivo dai servizi collocato nelle Torri Gemelle, costato la vita a 3000 concittadini (e di analoghe stragi di Stato precedenti e successive), ma del  consuntissimo stereotipo su Gheddafi, Saddam, Assad, dei cui popoli si è dovuto decidere l’estinzione in virtù del fatto che venivano “bombardati dai propri leader”. Cosa che magari condividevano, ma ne erano turbati meno, i veterobigottoni che, vittime di ossificazioni dogmatiche degenerate in superstizioni, insistevano che non aveva senso impicciarsi di genocidi e resistenze, fino a quando i rispettivi proletariati non avessero sistemato le proprie borghesie.
 
Guerra di classe, o di popolo? O l’una sta nell’altra?
Veri oscurantisti, irretiti dal ragno della pigrizia mentale in una tela tra bare polverose abbandonate nelle segrete. Ancora non si rendono conto che c’è stato un rimescolamento delle classi e che la progressiva uccisione del ceto medio in Occidente rende grottesco parlare di borghesia e proletariato, tanto meno di una classe operaia-avanguardia che da un secolo è abituata ad arrendersi. Abbiamo quei 62 super-ricchi che manovrano mezzo pianeta e ne hanno fatto una piramide anomala, in cui tra una base enorme e un vertice a spillo non c’è più nulla. Saranno ancora lì, a ripetere le loro giaculatorie, quando l’élite antropofaga dell’1%, nuova forma di capitalismo ed estrema forma di imperialismo, si sarà divorata proletariato, borghesia e mondo intero.
 
Non-violenza e non-non-violenza
Per niente dissimili, per quanto, diversamente da questi,  privi di classe ma ornati di piume arcobaleno, i non-violenti. Ho visto un cartello che diceva più o meno “Non bombe, ma diplomazia”. Davvero contundente, per dire. Sa di liberal amerikano, scritto con la k perché, a dispetto delle migliori intenzioni, irrimediabilmente incapsulato in logiche e formule con cui il paese di Lincoln, Jefferson, Roosevelt, nato e cresciuto nella pratica del genocidio, è ritenuto depositario di democrazia, libertà d’espressione, giustizia, liberatore da nazifascismi e totalitarismi vari. Seppure recentemente corrotto, tocca ammetterlo, da energumeni alieni al suo spirito fondativo. Democrazia, dunque, vorrebbe dire diplomazia. E viceversa.
 
 
Ma la democrazia in Occidente non esiste e la diplomazia, praticata da un Occidente privo di democrazia, sarebbe intesa esclusivamente a raggiungere gli stessi scopi delle bombe, ma prendendoti alle spalle con la vasellina (vedi Cuba, o Iran). Insomma, proporre che siano sempre coloro che la saprebbero più lunga sulle questioni del mondo, inevitabilmente i civili occidentali, ONU, UE, o qualche governo, a mettere le mani in pasta, non è che una forma dolce di colonialismo. Non si vuole capire che colonialismo è ogni forma di intervento occidentale fuori campotanto più che si trascina appresso il peso terribile di un millenario passato predatore e assassino. Qualcuno si è mai sognato di invocare l’intervento del Cairo, di Dar es Salam, o di Hanoi, per risolvere una disputa, mettiamo, tra Londra e Dublino? O Washington e Corea del Nord?
 
In ogni caso, prima della diplomazia, ci sono i rapporti di forza e quelli si stabiiscono sul terreno. Come ha fatto la Russia, sparigliando il gioco. Cosa pensa il nostro liberal amerikano, che con la Nato e i suoi ascari Isis pronti a consegnare Siria e Iraq, petrolio incluso, a Wall Street, l’aggressore si faccia da lui convincere alla diplomazia? E, poi, quale diavolo di diplomazia? Cosa c’è da trattare, mediare, concordare?  Con dall’altra parte antropofagi e narcomafiosi che campano di armi, droga e guerre? Un’altra Oslo-capestro tipo palestinesi? Qui c’è un mostro a cui si devono tagliare le zanne affondate nella vittima. Punto. 
 
Qualche strappo nei travestimenti democratici delle perenni oligarchie l’hanno prodotto le lotte operaie, studentesche, le guerre di liberazione. Mai non-violente. Come non guadagna un rigo sui media (s’è visto il 16 gennaio) e nella storia e non incide un graffio sulla protervia del potere, qualsiasi corteo che non rivendichi con la forza il diritto alla piazza e alla contestazione. Provate a immaginare lo scombussolamento degli assetti del potere culturale e politico senza la forza dei movimenti del ’68. O l’epifania di uno Tsipras (per quanto, ahi-Grecia!, infiltrato e traditore) e la stravittoria referendaria da far tremare gli euroboia, senza quattro anni di scontri di popolo contro i gendarmi dei proconsoli di BCE, FMI e UE. O il ritiro dell’esercito britannico dall’Irlanda del Nord senza l’IRA. O un’attenzione del mondo sull’olocausto palestinese senza le Intifade. Hanno portato a poco, a niente? Nell’immediato. Ma ti hanno mantenuto in piedi! Si potrebbe continuare con gli esempi, a partire dalla presa della Bastiglia, o dalla Repubblica Romana, ma non serve a convincere nessun non-violento. Sapete perché? Perché la non-violenza è un’assicurazione dei beni e sulla vita. Tutto lì, al di là delle buone intenzioni.
 
Tutti uguali, coscienza a posto.
C’è chi è arrivato nel corteo proclamando “Tutti i governi sono criminali”. Mosca come Washington. Riyad come Damasco. Altri giuravano “Guerra no, mai – senza se e senza ma, bombardamenti no, mai – senza se e senza ma”. Gente con un acuto senso delle proporzioni e degli eccessi, sentenziava “25 anni di guerra bastano”. Bastano a chi? Pensate che cazzata: con uno, due, dieci anni di guerra si sarebbe potuto convivere? Ed ecco che, col discorso di “nessun bombardamento mai”, dopo lo scontato guerrafondaio Usa, s’è messo nel sacco anche quello russo. L’imperialismo si risente, ma lo conforta l’equiparazione. Ci lascia poi solo la scelta tra ottusità, ignoranza e malafede chi, tra pseudotrotzkisti e pacifinti, fa scempio della realtà oggettiva cianciando di “scontri tra potenze” e di “opposti imperialismi”, mettendo sullo stesso piano la mamma di Haensel e Gretel e i bambini che vuole infornare.Perso nella nebbia del fondamentalismo pacifista, il senso delle cose e la possibilità di uscirne bene, con giustizia. Visto che vengono intrecciati senza più  possibilità di distinguerli, carnefici e vittime. Chi bombarda, correndo in soccorso all’aggredito, per salvare integrità, sovranità, diritto internazionale, autodeterminazione, storia, presente, futuro, vita. E chi dalla scena del mondo vuole eliminare queste cose.
 
Nei proclami pacifisti e non-violenti si obietta alla guerra tout court, compresa quella dei resistenti alle aggressioni e si finisce, che lo si voglia o no, col delegittimare, se non criminalizzare, chi spara per non farsi sparare, lui insieme a madri, padri, figli, patria. Oggi siriani, iracheni, afghani, yemeniti, somali, libici.  O africani sub sahariani, sotto lo scudiscio del neocolonialismo armato francese che, anch’esso, utilizza i jihadisti per lastricare la via allo stivale della Legione Straniera. Ieri le brigate Garibaldi. O Beppe Fenoglio. O i Fratelli Cervi. O Franco Serantini.
 
Un Ponte per…dove?
Chi sfila perché così usava, così fanno i buoni e bravi e così ci si sente a posto. Chi marcia perchè contro il nemico tocca marciare. E chi ci marcia. Ho partecipato a due viaggi organizzati di “Un Ponte per…” in Iraq, al tempo dell’embargo, e a uno in Serbia. Storico presidente Fabio Alberti (consigliere regionale del PRC e manifestante con i ratti contro Assad), oggi lo presiede una Martina Pignatti Morano. Allora non ci si sarebbe sognati di dire una anche vaga parola di critica a Saddam o Milosevic. Anzi, avendo il monopolio dei tour politico-culturali, ci si guadagnava. Al punto da finire in una brutta polemica su come fossero stati adoperati certi fondi. Ai viaggiatori si accompagnavano scatoloni di medicinali e quaderni per le scuole. Niente male. Poi le cose cambiarono e pure il Ponte per. E sui corpi dei vinti si accodò al coro delle contumelie contro i leader caduti e contro chi si ostinava a resistere, mentre prese a far comunella con la “società civile” collaborazionista.  Molto male, anzi  miserevole.
 
Ong di scarsa rilevanza, ma epitome del pacifismo di cui vado parlando, si guadagnò ampia notorietà con la storia delle “due Simone”. Due cooperanti, secondo non verificate fonti giornalistiche stipendiate a 8000 euro mensili da questa Ong che si diceva poverissima, nel settembre 2004 rapite nella zona di Baghdad più controllata dagli occupanti. Rapite da chi non s’è mai voluto capire.Tenute nascoste per tre settimane e poi riapparse. Il deus ex machina finale era degno del più scrauso regista di atellane e fescennini. Con lo staff berlusconiano, il capo berlusconide della Croce Rossa e decine di telecamere schierati come a una passerella di star sulla Croisette, si vedono le due ragazze incappucciate caracollare in pieno deserto, avvicinarsi e solo allora togliersi il capuccio.  Standing ovation. Scena costruita a sfida del più acuto degli imbarazzi. Oggi questo ponticello rotante si presenta al corteo con dichiarazioni tutte mutuate dalla propaganda di chi doveva dotarsi di alibi per la distruzione dell’Iraq.  Notarella: una delle Simona, la Pari, s’era adoperata in Kosovo per “Save the children”, l’organizzazione “umanitaria” che per lubrificare la guerra alla Libia ci aveva raccontato di un Gheddafi fornitore di Viagra ai suoi soldati perché stuprassero bambini e le loro madri, magari davanti ai rispettivi padri e mariti. Notevole curriculum.…
 
Gli americani ‘liberarono’ il Kuweit” (storica provincia sottratta all’Iraq dai britannici e per questo non riconosciuta come Stato se non 40 anni dopo), ma, sprovveduti, “lasciarono al comando Saddam che ne approfittò per far fuori 200mila sciti e curdi”. “Migliaia di soldati iracheni scelsero la diserzione e si rivoltarono contro Saddam” (evidentemente risentiti dal fatto che l’ONU, nel 1990, aveva riconosciuto all’Iraq il più alto indice di sviluppo umano del Medioriente). Ma forse l’analista militare s’è confusa con i 100mila soldati seppeliti dai tank Usa nelle loro trincee. Quanto alla Libia, c’è da lamentarsi che non esista ancora “un’alternativa funzionale e democratica” (implicito: alla dittatura di Gheddafi). Ovvio che “l’Iraq ha innanzitutto bisogno di aiuti umanitari”, adeguatamente sovvenzionando le Ong che se ne fanno carico (altrimenti che ci sta a fare il Ponte?), mica di sostegno alla lotta di liberazione da Isis e predoni curdi. Per carità, pace e coesistenza! Rifornimenti aerei della Coalizione all’Isis, denunciati con mille prove, è roba umanitaria. Ma armi a Baghdad per riunificare il paese mai!. Non sarebbe non-violento.
 
C’è chi non fa i nomi. E chi li fa.
E così quattro amici del giaguaro riescono a convogliare nelle manifestazioni un sacco di utili idioti, o di semplici disinformati, e di farsene scudo per sopperire alla propria inconsistenza numerica e ambiguità politica. E’ la tecnica della pianta saprofita che si attorciglia attorno all’albero per soffocarlo. Non che la scarsità quantitativa significhi sempre fragilità qualitativa. Anzi, di questi tempi è già tanto se bastano le mani a reggere uno striscione giusto. Come nel caso romano dove si diceva “NATO=GUERRA E TERRORISMO – FUORI DALLA NATO FUORI DALLA GUERRA”. Dove si ricordava ai dimentichini che quelli che fanno la guerra sono gli stessi che fanno il terrorismo. O in quello analogo milanese del Comitato contro la guerra. Nessun dubbio, anche, sulla sintonia tra Roma, Sigonella e Vicenza, per  una piattaforma che diceva pane al pane e vino al vino, facendo nomi e cognomi. Come, va detto, li faceva anche lo spezzone degli USB in testa al corteo.
 
Già, perché nomi e cognomi sono quelli la cui assenza è pervicacemente e saggiamente coltivata da pacifisti e non-violenti (e lo dico esonerando alcuni miei amici pacifisti che con me hanno vissuto l’Iraq, la Serbia, la Libia, la Siria e ne hanno tratto introspezioni ed estrospezioni ben più mature dei loro affini rimasti al calduccio. Penso a Marinella, penso a Enzo). Che lo sappiano o no, la non-violenza e certo pacifismo applicati indistintamente a qualsiasi situazione, consciamente o inconsciamente, garantiscono sicurezza personale rispetto al monopolio statale e imperiale della violenza. Monopolio nel cui statuto sta l’eliminazione giuridica e, se necessario, anche fisica, di chi lo contesta. Ben sapendo questo, Bertinotti, da rivoluzionario scassa-sistema, si è addirittura arrampicato fino alla terza carica dello Stato installandosi tra i padri nobili della Repubblica  mafio-massonico-pontificia-atlantica.
 
Anonimizzare, livellare ogni cosa e sistemare tutti sullo stesso banco degli imputati, assimilare vittime a carnefici. E’ il regalo dei né-né all’imperialismo e ai violenti per scelta. E’ la coltellata alla schiena dei violenti per necessità. E’ una tecnica che ti evita fastidi, visto che entrambi le parti in conflitto si consolano del fatto che hai incriminato anche l’altra. Non sei un nemico assoluto. Sei compatibile. Noi siamo potenti, i più potenti, ci possiamo permettere che ci critichi. Basta che non ti schieri. Criticando il nostro nemico ci dai una mano, più di quanto non ci danneggi. Tanto più se non fai nomi.
 
Dire solo “pace”, punto, vuol dire certamente niente bombe e botte. Ma evita di dire anche giustizia, no a sanzioni (chi ha mai dimostrato contro le sanzioni all’Iran?), destabilizzazioni, sabotaggi, rivoluzioni colorate, quinte colonne all’insegna dei “diritti umani”, mestatori come Amnesty e HRW. Evita soprattutto di schierarsi da una parte, quella che ha ragione, quella aggredita. E lo evita reggendo la coda a coloro che ne demonizzano i leader, senza riguardi alla volontà popolare, alle condizioni storiche e culturali, agli stati di necessità. Son cose che decidiamo noi. Dire solo pace e non dire “fuori dalla Nato” è come compiangere i rifugiati senza menzionare chi sta spopolando intenzionalmente la loro terra.
 
AssassiNATO
Dire Nato vuol dire Obama, Renzi, Clinton, Bush, Reagan, Nixon e giù giù fino al 1949, quando agli europei stremati, dopo lo zuccherino del Piano Marshall, si impose il collare del Patto Atlantico. Dire Nato non platonicamente comporta stare con chi di Nato soffre e muore. Compresi noi. Qualcuno dei miei coetanei, oltre a storici “revisionisti”, si ricorderà di quando nelle strade di tutto il mondo risuonava: “Vietcong vince perché spara”, “Giap Giap Giap –Ho Chi Minh”, “Fe fe fe –Fedayin” , “Patria o muerte”. Eravamo contro la Nato e, di conseguenza, con l’Irlanda del Nord, il Vietnam, Cuba, Palestina, l’Algeria. Eravamo schierati. Oggi noi altri che osiamo dirci a fianco della Siria di Assad, della Libia di Gheddafi, della Russia di Putin, del Venezuela di Chavez-Maduro, ci muoviamo in un clima di rampogne e dissociazioni. I non-violenti e diritto-umanisti prendono le distanze. Distanze misurate col metro del menzognificio imperialista. E dunque dalla Nato.
La non-violenza, quando non è la mannaia, avvolta nel velluto, che disarma chi si difende da Golìa, è spesso il riflesso piccolo-borghese, come usava dire, della paura per l’ego. Chi sta col “nemico”, con la parte “sbagliata”, si sa, rischia discredito, vituperio, la libertà d’espressione,  l’ostracismo, a volte la libertà fisica e, se capita, la pelle. Ma nella non-violenza ci può essere anche la paura dell’ego, nella sua componente Mr.Hyde. Se ne ha un’idea quando traspare nella violenza degli anatemi lanciati contro chi non-violento non è. Alla resa dei conti, saranno costoro a doversi chiedere in che modo abbiano aiutato o ostacolato una marcia che ha in fondo la fine dell’umanità.
 
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FORUM DE DAVOS 2016. L’INSUPPORTABLE INJUSTICE DU SYSTEME OLIGARCHIQUE MONDIAL : LES 62 PERSONNES LES PLUS RICHES POSSEDENT AUTANT QUE LA MOITIE DELA POPULATION MONDIALE

PCN-SPO/ 2016 01 18/

Avec Oxfam/

PCN-SPO - DAVOS 1 62 riches (2016 01 18) FR

Le patrimoine cumulé des 1% les plus riches du monde dépasse désormais celui des 99% restants. L’ONG Oxfam l’avait annoncé pour 2016, cela s’est réalisé encore plus tôt que prévu. Les 62 personnes les plus riches au monde possèdent désormais autant que la moitié de la population mondiale, soit quelque 3,5 milliards de personnes, déclare l’ONG Oxfam dans un rapport rendu public lundi.

La richesse de ces 62 individus, dont 53 hommes, a augmenté de 44% depuis 2010, alors que celle des 3,5 milliards de personnes les plus pauvres chutait de 41%, précise Oxfam dans cette étude publiée à deux jours de l’ouverture du Forum économique mondial de Davos. La moitié de ces « super-riches » viennent des Etats-Unis, 17 sont originaires d’Europe et les autres de pays comme la Chine, le Brésil, le Mexique, le Japon et l’Arabie saoudite. « Le monde est devenu encore plus inégalitaire et la tendance s’accélère », estime la directrice d’Oxfam International, Winnie Byanima, dans un communiqué accompagnant le document.

Environ 7.600 milliards de dollars détenus par des individus sont placés dans des paradis fiscaux. Si des impôts étaient prélevés sur les revenus que cette richesse procure, les Etats obtiendraient chaque année 190 milliards de dollars de plus, a calculé Gabriel Zucman, professeur adjoint à l’université de Californie. Toujours selon les travaux de Zucman que cite Oxfam, jusqu’à 30% de la richesse totale de l’Afrique est détenue dans des paradis fiscaux, ce qui représente 14 milliards de dollars de pertes de revenus fiscaux chaque année.

« Les entreprises multinationales et les riches élites ne suivent pas les mêmes règles que les autres, en refusant de payer des taxes dont la société a besoin pour fonctionner. Le fait que 188 des 201 premières entreprises mondiales soient présentes dans au moins un paradis fiscal montre qu’il est temps d’agir », conclut Winnie Byanima.

PCN-SPO

BELGIQUE-CONGO. QUI ETAIT LEOPOLD II LE ROI BELGE SANGUINAIRE ?

# PANAFRICOM/

JE SUIS UN ROI SANGUINAIRE ET COLONISATEUR.

PANAF - Leopold II congo (2016 01 19) FR  1

JE SUIS ENCORE L’IVENTEUR AU CONGO AU XIXe SIECLE DES CAMPS DE CONCENTRATION.

J’AI COMMIS UN GENOCIDE DE 6 A 8 MILLIONS DE MORTS AU CONGO.

MON IMMENSE FORTURE EST BATIE SUR LE SANG ET LA MISERE DES CONGOLAIS.

PANAF - Leopold II congo (2016 01 19) FR  2

MA CAPITALE BRUXELLES A ETE MODERNISEE AVEC CET ARGENT VOLE A TOUT UN PEUPLE.

PENDANT QUE MES OFFICIERS SEVISSAIENT AU CONGO, MON ARME MASSACRAIT AUSSI LES OUVRIERS EN BELGIQUE LORS DES REVOLTES OUVRIERES ET REPUBLICAINES D’AVANT 1875.

MALGRE TOUT CELA UN DE MES ARRIERE-PETITS NEVEUX REGNE TOUJOURS EN BELGIQUE.

PANAF - Leopold II congo (2016 01 19) FR  3

MON ARRIERE-PETIT NEVEU, LE ROI BAUDOUIN I, LUI EST UN DES RESPONSABLES DE L’ASSASSINAT DE LUMUMBA ET DES GENOCIDES DU BURUNDI ET DU RWANDA.

MON PETIT-NEVEU LE ROI LEOPOLD III EST ALLE LUI SERRER LA MAIN DE HITLER A BERTESCHGADEN.

QUI SUIS-JE ???

 PANAF - Leopold II congo (2016 01 19) FR  4

LEOPOLD II DE SAXE-COBOURG GOTHA, LE ROI PREDATEUR !

SA FAMILLE A DU LACHER LE CONGO MAIS ELLE PARASITE TOUJOURS LA BELGIQUE …

 * LIRE :

http://africa24.info/2015/11/08/cet-homme-a-tue-10-millions-dafricains-et-personne-nen-parle/

http://www.rfi.fr/emission/20151018-congo-leopold-roi-belges-mains-coupees-victimes-independance

 PANAFRICOM / LM