I servizi segreti francesi: ‘Gli USA mentono sull’Ucraina’

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Di fronte alla camera bassa del parlamento francese, il capo dei servizi segreti militari punta il dito contro i servizi americani: ‘Pesano troppo all’interno della NATO’
Redazione
lunedì 13 aprile 2015 16:02
Il direttore dei servizi segreti militari francesi, il gen. Christophe Gomart

Il direttore dei servizi segreti militari francesi, il gen. Christophe Gomart

 di Matteo Carnieletto.

Il generale francese Christophe Gomart, a capo della Direction du Renseignement Militaire, ha lasciato tutti di stucco quando, di fronte alla camera bassa del parlamento francese, ha pronunciato queste parole:

Il vero problema all’interno della Nato è che l’intelligence Usa è predominante, a differenza della francese. 

La Nato ha infatti annunciato falsamente che i russi avrebbero invaso l’Ucraina, mentre, secondo le informazioni del Drm (servizi segreti francesi) non vi era alcuna evidenza a sostegno di questa ipotesi”.

E sulla questione ucraina il Generale non ha usato mezzi termini: 

“Dalle nostre osservazioni era chiaro che i russi non avevano mai dispiegato alcun comando o logistica – compresi ad esempio ospedali da campo -, come nessun battaglione di movimento, tali da poter prendere in considerazione un inizio di invasione militare. La realtà dei fatti ha dimostrato che avevamo ragione. Se poi dei soldati russi sono stati effettivamente visti al di là del confine ucraino è stato più che altro uno stratagemma per far pressione sul presidente ucraino Poroshenko che un tentativo di invasione”.

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/mondo/i-servizi-segreti-francesi-accusano-stati-uniti-menzogne-1115886.html.

Sindaco Fracchia ed amministratori di Sant’Ambrogio al cantiere del TAV

per ritornare alla realtà, in una sorta di viaggio nel possibile futuro, alcuni cittadini di Sant’Ambrogio, con il Sindaco Fracchia ed alcuni suoi amministratori hanno deciso lo scorso sabato pomeriggio di andarlo a vedere il cantiere della grande opera

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di Gabriella Tittonel

Fiumi di parole. Quelle dette intorno alla grande opera. Parole per illustrare progetti (nelle fantasie o nelle carte), parole per renderechiare le questioni e parole per nascondere i fatti. Parole che, se non supportate da prese di visione concrete lavorano sull’immaginario più sfrenato. Questo è il tentativo messo in atto ogni giorno dai fautori della grande opera. Parole.

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Ed allora, per ritornare alla realtà, in una sorta di viaggio nel possibile futuro, alcuni cittadini di Sant’Ambrogio e del comitato locale, con il Sindaco Fracchia ed alcuni suoi amministratori hanno deciso lo scorso sabato pomeriggio di andarlo a vedere il cantiere della grande opera, di osservarlo dall’alto, percorrendo l’antica via francigena che da Giaglione un tempo conduceva a Chiomonte e raggiungendo infine le doppie recinzioni che imprigionano il cantiere e tutte le persone che vi lavorano, operai e forze dell’ordine.

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SINDACO FRACCHIA

Qui la realtà si è presentata, realtà fatta di polveri, di macchinari, di persone impegnate in un lavoro che si vorrebbe far condividere in futuro a tanti giovani della valle, che prima di seguire il canto delle sirene sarebbe auspicabile che cercassero di capire di quale lavoro in realtà si tratta e cosa può rappresentare in costi veri per le proprie aspirazioni e la propria salute.

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Molte sono state le domande, molte le riflessioni scambiate, fatte anche alla luce delle ultime richieste di pacificazione della valle…. Il pomeriggio in Clarea si è rivelato prezioso e l’auspicio è che altri amministratori vogliamo fare la stessa esperienza!

G.T. 12.3.15

Nuovo docufilm di Fulvio Grimaldi

In allegato locandina e copertina del nuovo docufilm “L’ITALIA AL TEMPO DELLA PESTE- Grandi Opere, Grandi Basi, Grandi Crimini”
Il lungometraggio sarà disponibile a partire dal 1.maggio 2015. Per richiederne copia dvd , o per presentarlo con l’autore, occorre scrivere a visionando@virgilio.it. .
Il dvd non è disponibile in rete. Vi sarà però un trailer su Youtube.
Il documentario illustra e denuncia alcune delle più significative aggressioni, “civili” e militari al territorio, volute da una strategia fondata sul disprezzo dell’ambiente e dell’autodeterminazione delle comunità. Sullo sfondo di una situazione nazionale e internazionale, dominata dagli interessi dell’élite globale, incontriamo l’Ilva di Taranto e le industrie dei veleni di Brindisi, i gasdotti progettati per la Puglia, l’offesa a Venezia delle Grandi Navi e del Mose, le trivelle petrolifere che sconvolgono la Basilicata, altre regioni e tutti i mari, il buco nero dei traffici di rifiuti e delle discariche tossiche alla Spezia. Tutto ora potenziato e imposto con la forza dal decreto “Sblocca Italia”. E poi le basi, i poligoni, le servitù militari che costellano il territorio dalla Sardegna, già colpita da uno sviluppo fallimentare e dal successivo abbandono, al Friuli, da Lampedusa a Spezia e a Camp Darby di Pisa.
Ovunque, per opporsi a queste aggressioni all’ambiente, alla salute, alla pace, alla sovranità, si muovono  mobilitazioni popolari delle quali abbiamo sentito i protagonisti.   
Un documento che fa rabbrividire, ma che illustra anche una resistenza che percorre la via dell’alternativa hasta la victoria
Italia peste copertine
serigrafia_ItaliaPeste
Italia pesta locandina

Local tax, l’ultima porcata

13 Apr 2015

di GIULIO ARRIGHINI

Giù le tasse, scenderemo da quel 43 per cento, annuncia Renzi. Ma certo. Basta allora leggere con attenzione e senza cambiare una virgola l’ultimo rapporto della Cgia di Mestre. Siccome non siamo fessi, guardiamo in faccia il roseo avvenire…

Dal 2016 la Local tax, che sostituira’ l’Imu e la Tasi, assorbira’ il 65% circa delle entrate tributarie comunali. Lo rileva uni studio della Cgia secondo la quale tra le grandi citta’ italiane l’incidenza dovrebbe attestarsi al 69% a Milano, al 66% a Roma, al 57% a Bologna e al 52% a Firenze, Genova e Torino. Abbondantemente al di sotto della media nazionale i risultati emersi a Perugia (47%), a Palermo (45%), a Reggio Calabria (38%) a Venezia (36%) e a Napoli (33%).

Nel calcolare queste incidenze non si è considerato il gettito dell’addizionale comunale Irpef che dovrebbe confluire nelle casse statali in cambio del gettito Imu degli immobili di categoria D (tassati ad aliquota base del 7,6 per mille) che attualmente viene incassato dall’Erario. In alcune citta’ emergono percentuali inferiori al dato medio nazionale. Questo dipende dalla presenza – in fase di transizione – di numerose voci collegate al recupero di gettito di tributi ormai soppressi, ma che figurano ancora tra le entrate. A regime, l’incidenza dovrebbe aumentare anche in questi casi sino a portarsi a un valore attorno al 60%. Per capire il peso della Local tax sono stati analizzati i bilanci dei principali Comuni capoluoghi di regione: dopo aver stimato il gettito delle due imposte che sostituiranno il nuovo tributo è stata calcolata l’incidenza di quest’ultimo sulle entrate tributarie complessive riferite al 2014. “Oltre all’imponente sforzo economico che i proprietari degli immobili sono chiamati a sostenere – spiega Giuseppe Bortolussi segretario Cgia di Mestre – gli italiani sono costretti a farsi carico di un costo addizionale per espletare tutte le operazioni di pagamento che non ha eguali in Europa”. Secondo i dati della Banca Mondiale, per onorare le tasse in Italia sono necessarie 269 ore all’anno, pari a 33 giorni lavorativi. Nell’area dell’ euro solo il Portogallo registra una situazione peggiore della nostra.

“Pertanto – prosegue Bortolussi – ridurre il numero di tributi che grava sulla casa è un provvedimento che va nella direzione giusta, ma non basta. E’ ancor piu’ indispensabile tagliare drasticamente e in misura strutturale il peso fiscale che preme sugli immobili. Ricordo che tra il 2010 e il 2014 la tassazione sulla casa e’ quasi raddoppiata, mentre il valore economico delle abitazioni e’ mediamente sceso di oltre il 16%. Due fenomeni di segno opposto che hanno contribuito a ridurre la ricchezza degli italiani”.

Prendendo come riferimento i dati medi nazionali, infatti, la Cgia ha potuto constatare che in un’abitazione di tipo civile (categoria catastale A2) tra il 2010 e il 2014 il valore di mercato è sceso del 16,4% (da quasi 200.000 a poco meno di 170.000 euro), mentre le imposte ordinarie (cioe’ quelle generalmente versate da tutti i proprietari, come i rifiuti e la Tasi) sono salite del 86% (da 300 a 560 euro). Pertanto, l’ incidenza delle imposte sul valore dell’abitazione è passata dall’1,5 per mille al 3,3 per mille: un incremento del 119%. Gli Artigiani ricordano che le principali imposte comunali attualmente in vigore sono: l’Imu, la Tasi e la Tari che tutte assieme formano la Iuc (Imposta unica comunale). Dopodiché ci sono l’addizionale comunale Irpef, l’Imposta di scopo, l’Imposta di soggiorno, l’imposta sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, nonché la tassa/canone sull’occupazione di spazi pubblici. Il processo di semplificazione della normativa fiscale sugli immobili è comunque in corso da qualche anno: i risultati, purtroppo, sono stati deludenti, per non parlare del caos terminologico che si è sviluppato. “La ridda di sigle che abbiamo assistito è stata addirittura imbarazzante. Inizialmente – conclude Bortolussi – si parlava di Service tax, poi di Isi, Imposta per i servizi indivisibili, successivamente di Trise, di Tuc, e infine di Iuc, che attualmente include la Tasi, l’Imu e la Tari. In attesa della Local tax, non ci rimane che incrociare le dita e sperare che gli esperimenti e il dilettantismo di coloro che li hanno compiuti siano finalmente terminati”. Chiederemo asilo politico.

Segretario Indipendenza Lombarda

http://www.lindipendenzanuova.com/local-tax-lultima-porcata/

Non manderanno più nessuno in galera, neanche per omicidio e corruzione

Cancellare le pene per il Pd e soci è un gesto di civiltà. Fanculo le vittime Per ovviare al sovraffollamento delle carceri si cancellano i reati. Fantastico

 11 Apr 2015

di F.Q.

Manette più difficili per tutti i reati, dall’omicidio alla violenza sessuale alla corruzione, a parte la rituale eccezione su mafia e terrorismo. Ieri, mentre l’attenzione di tutti era assorbita dalla strage del tribunale di Milano e dalla fuga del killer bloccato poi in Brianza, il Senato ha approvato definitivamente la riforma delle misure cautelari, e al momento del voto non c’è stata partita: 177 sì, 12 no e 30 astenuti, in un’aula per la verità semivuota. Ad annunciare l’astensione, che nell’aula di Palazzo Madama vale un no, è stato il Movimento 5 Stelle. Perché, ha spiegato in aula Maurizio Buccarella, la Camera aveva escluso il voto di scambio tra i reati per cui, in sostanza, sarebbe rimasta in vigore la “vecchia” custodia cautelare, ed è stata respinta la proposta grillina di “salvare” dalla riforma anche i reati contro la pubblica amministrazione. Il succo del provvedimento è che la custodia cautelare in carcere diventa la “extrema ratio“, l’ultima spiaggia. In fase di indagine, pm e gip dovranno obbligatoriamente privilegiare altri provvedimenti come l‘obbligo di dimora, il ritiro del passaporto, il divieto di esercitare una professione, la sospensione dal pubblico ufficio…). E se decideranno per il carcere, dovranno motivare la scelta in modo più preciso rispetto a oggi, e provare non solo il pericolo di fuga, inquinamento delle prove o reiterazione del reato, come avviene oggi, ma anche che questo pericolo sia “attuale“.

“Un segnale di civiltà giuridica e un passo avanti nel rispetto dei principi costituzionali”, ha commentato il viceministro della Giustizia, Enrico Costa(Ncd). “Il provvedimento – sottolinea – avrebbe forse potuto essere più incisivo e certo non esaurisce tutte le tematiche connesse alla privazione della libertà in assenza di una condanna definitiva”. Gli arresti per custodia cautelare negli anni sono diminuiti, ha spiegato Costa, ma i numeri sono ancora “elevati”: nel 2009, il numero dei detenuti in custodia cautelare era di 29.809, pari al 46% del totale della popolazioe carceraria; il dato di oggi è di 18.622, il 34,5%. “Questi dati rivelano come troppe volte l’applicazione della custodia cautelare non costituisca l’extrema ratio, ma assuma connotati diversi, come quelli di un’anticipazione della pena”, ha sostenuto il viceministro. Che infine ha invitato a riflettere sul fatto che “in molte occasioni i destinatari di misure cautelari personali vengono, dopo anni, assolti: i numeri parlano chiaro, dal 1991, lo Stato ha pagato quasi 600 milioni di euro a più di 20 mila persone per riparazione per ingiusta detenzione, anche per effetto di sentenze definitive che hanno assolto persone che erano state arrestate”.

Per il ministro Pd della Giustizia Andrea Orlando quello approvato “è un provvedimento di grandissima importanza che consente di dare una risposta ulteriore e definitiva alla questione sollevata dalla Corte di Strasburgo” in materia di sovraffollamento carcerario.

 Ecco, in sintesi, le principali novità della nuova legge.

CARCERE COME EXTREMA RATIO. Saltano gli attuali automatismi applicativi: la custodia cautelare in carcere potrà essere disposta soltanto quando siano inadeguate le altre misure coercitive o interdittive. Tali misure, a differenza di quanto è previsto oggi, potranno applicarsi cumulativamente.

GIRO DI VITE SU PRESUPPOSTI CARCERAZIONE. Per giustificare il carcere, il pericolo di fuga o di reiterazione del reato non dovrà essere soltanto concreto (com’è oggi) ma anche “attuale”.

VALUTAZIONE STRINGENTE. Il giudice non potrà più desumere il pericolo solo dalla semplice gravità e modalità del delitto. Per privare della libertà una persona l’accertamento dovrà coinvolgere elementi ulteriori, quali i precedenti, i comportamenti, la personalità dell’imputato…MOTIVAZIONE ARTICOLATA. Gli obblighi di motivazione si intensificano. Il giudice che decide per il carcere non potrà infatti più limitarsi a richiamare gli atti del pm, ma dovrà dare conto con autonoma motivazione delle ragioni per cui anche gli argomenti della difesa sono stati disattesi.

MISURE INTERDITTIVE PIU’ EFFICACI. Aumentano (dagli attuali 2 mesi) a 12 mesi i termini di durata delle misure interdittive (sospensione dell’esercizio della potestà dei genitori, sospensione dell’esercizio di pubblico ufficio o servizio, divieto di esercitare attività professionali o imprenditoriali) per consentirne un effettivo utilizzo quale alternativa alla custodia cautelare in carcere.

REATI GRAVI E DI MAFIA. Per i delitti di mafia e associazione terroristica resta la presunzione assoluta di idoneità della misura carceraria. Per gli altri delitti gravi (omicidio ad esempio, violenza sessuale, sequestro di persona per estorsione…) vale invece una presunzione relativa: niente carcere se si dimostra che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con altre misure.

 CONTROLLI RAFFORZATI. Cambia in profondità la disciplina del riesame delle misure cautelari personali. Il “Tribunale della libertà” avrà tempi perentori per decidere e depositare le motivazioni, pena la perdita di efficacia della misura cautelare. Che, salvo eccezionali esigenze, non potrà più essere rinnovata. Il collegio del riesame dovrà inoltre annullare l’ordinanza liberando l’accusato quando il giudice non abbia motivato il provvedimento cautelare o non abbia valutato autonomamente tutti gli elementi. Tempi più certi anche in sede di appello cautelare e in caso di annullamento con rinvio da parte della Cassazione.

 (www.ilfattoquotidiano.it)

Aiuti agli incapienti? Il centro del Def è il risiko bancario. Renzi vuole aiutare gli istituti di credito

Per il governo amico, quello politically correct tanto vicino agli indigenti,  gli incapienti sono le banche. Non contestatelo, anzi, circondate chi contesta questo governo amico non eletto

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E se la vera partita del Def, e quindi della legge di stabilità autunnale fosse sul sistema bancario? I segnali in questa direzione si moltiplicano. La costruzione della Bad bank in cui far confluire tutti i “rossi” degli istituti di credito italiani è a buon punto. Se ne parla da mesi. E ora che giungono a maturazione alcuni processi parallelo occorre parlare di cifre: risiko bancario interno ed estero, supervisione Bce, flussi di denaro dal QE, “aiutini” pubblici. Sono queste le tessere sul tavolo per la ricomposizione del quadro finanziario dopo lo sconquasso della crisi. Prima della crisi le sofferenze delle banche italiane erano pari a 42 miliardi di euro, mentre ora hanno raggiunto i 183 miliardi. Ma questa cifra potrebbe diventare esattamente il doppio non appena entreranno nel conteggio quelle che oggi vengono considerate perdite “maturande”. Insomma, allo Stato servirà qualche miliardo per tentare di arginare la situazione ed evitare il pericolo che i forzieri italiani diventino prede per gli speculatori esteri. Da dove lo prenderà Renzi? Alla luce di queste riflessioni sembra chiaro che il miliardo e passa di cui si favoleggia per aiutare gli incapienti sono vere e proprie briciole date in paasto all’opinione pubblica per confondere le acque. 

Primo segnale, ieri Padoan ne ha parlato nel corso della conferenza stampa di presentazione del Documento di economia e finanza a palazzo Chigi. Aiuti di Stato travestiti? Il gioco delle tre carte sui termini è un perno fondamentale del ragionamento. E infatti l’Ue vuole vederci chiaro. “Il dialogo con la Commissione europea” su una possibile soluzione per la questione dell’elevato stockdi sofferenze bancarie “va avanti”, dice Padoan. “Sul tappeto ci sono una serie di ipotesi: da un intervento piu’ forte dello Stato con un veicolo specifico a un intervento piu’ leggero” ha aggiunto Padoan. “Sono tutte ipotesi che hanno pro e contro e le stiamo valutando molto in dettaglio, pero’ nelle prossime settimane – ha assicurato – concluderemo questa fase di dialogo per passare alla fare di disegno specifico delle misure da prendere”.

Di aiuti di Stato si può parlare senz’altro da un punto di vista politico. E’ la stessa Bankitalia, infatti, a dirci che nonostante la maggiore esposizione degli istituti di credito verso Ltro, cioè il “supporto” della Bce affinché si alzi lo stock del credito, i rubinetti si stanno chiudendo ancora di più. Insomma, sembra profilarsi un vero e proprio buco nero, che assorbe risorse e la cui entità è ancora ignota. Chi correrà ai ripari, e come? 

Secondo segnale, l’Europa è convinta che le regole che in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia consentono alle banche di iscrivere nel capitale i cosiddetti ‘deferred tax assets’ potrebbero nascondere una forma di aiuto di Stato, ed in quanto tali essere vietate dall’Unione europea. Il caso è stato sollevato da una anticipazione del Financial Times. La Commissione ha chiesto informazioni ai quattro governi precisando che al momento “non c’è un’inchiesta formale”. In Italia i rappresentanti delle banche esprimono “totale sorpresa” per la richiesta: “l’intervento del legislatore italiano”, commenta l’Abi, è stato “necessario per evitare una doppia penalizzazione delle banche che operano in Italia, la prima sotto il profilo fiscale e la seconda sotto il profilo dei requisiti patrimoniali. Appare quantomeno bizzarro che una norma che contribuisce a ristabilire un terreno di gioco livellato tra le banche europee possa essere invece interpretata alla rovescia come un aiuto di Stato”.

In gioco, nei quattro paesi, asset per un totale di molte decine di miliardi di euro. Con le principali banche spagnole e greche più inguaiate delle altre, avendo tra il 30% ed il 40% del capitale Core Tier 1 costituito appunto da ‘Dta’. Al centro della vicenda, le cosiddette “imposte anticipate” (ovvero un credito – presunto – nei confronti dello Stato) che talvolta concorrono a determinare i coefficienti patrimoniali definiti dai criteri di Basilea III. Le norme sulla qualità di capitale prevedono che i ‘Dta’ vengano completamenti cancellati dagli asset patrimoniali entro il 2019. E già cinque anni fa dopo un confronto tra Abi, ministro del Tesoro e Bankitalia, con il consenso della Bce, è stato adottato lo schema che l’Eurotower ha sostanzialmente validato inaugurando a novembre scorso la nuova stagione della supervisione bancaria centralizzata.
Ma ad essere nel mirino come possibili aiuti stato sono ora le garanzie che i governi devono offrire perché‚ le banche possano trasformare i ‘Dta’ in crediti certi e computabili. E che aprono due scenari di possibili rischi: da una parte, per le banche, quello di vedersi cancellati miliardi di capitale se gli Stati dovessero cambiare le norme fiscali; dall’altra, per gli Stati, quello di dover veramente versare le somme se le banche ne avessero improvvisamente bisogno.

Sembra di capire che siamo nel bel mezzo di un risiko bancario dalle dimensioni internazionali in cui le banche dei paesi “Pigs” rischiano grosso. E’ tutta una cors alla cannibalizzazione in previsione dell’”ora X”, ovvero della supervisione della Bce. Sul fronte interno, e siamo al terzo segnale, Bankitalia, intanto, è in allerta per il risiko delle banche popolari e Mediobanca apre ufficialmente il dossier fusioni, candidando quattro potenziali partner alla Popolare di Vicenza. Alla vigilia delle assemblee degli azionisti delle principali banche del credito cooperativo in cui il tema aggregazioni terrà banco, il Governatore, Ignazio Visco, sottolinea di fare attenzione sul futuro consolidamento bancario e sulle possibili aggregazioni. Il timore è che questa fase possa rappresentare una occasione irripetibile per un saccheggio del risparmio italiano per mano straniera.

In un’intervista a l’Avvenire, il numero uno di Palazzo Koch ha commentato: “Credo che occorra essere molto attenti nel valutare eventuali operazioni di aggregazione. E bisognerà essere molto attenti anche nella fase di definizione delle modalità attraverso cui gli aumenti di capitale andranno effettuati, laddove non ci saranno aggregazioni”. Una affermazione di un “certo peso” che arriva alla vigilia delle assemblee dei soci di alcune delle più grandi popolari già in odore di aggregazione. Sabato sono convocati gli azionisti della Banca Popolare di Milano, del Banco Popolare, della Popolare di Vicenza e del Creval; mentre la prossima settimana toccherà ad altri come la Bper. In vista di questi appuntamenti più di un gruppo come la Bpm e il Banco, che per alcuni potrebbero fondersi tra loro, hanno provveduto ad alzare il numero di deleghe per favorire una maggiore partecipazione, mentre altri istituti non quotati in Borsa come Veneto Banca e la Popolare di Vicenza, anch’esse potenziali ‘spose’, hanno proposto alle rispettive assemblee di ‘tagliare’ il valore delle azioni per recepire le indicazioni arrivate dalla Bce in seguito agli stress test e rendersi più appetibili.

http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2015/4/11/44384-aiuti-agli-incapienti-il-centro-del-def-e-il-risiko/?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

Def: Codacons, tasse locali +277% in 20 anni, peso insopportabile

Le maggiori entrate vengono redistribuite ai poveri. Infatti è per questo che in Italia non ci sono indigenti e disoccupati senza reddito di citadinanza.

Perché mai la società civile dovrebbe scendere in piazza contro un governo non eletto tanto magnanimo?!??!

 12:49 09 APR 2015

(AGI) – Roma, 9 apr. – Tra il 1994 e il 2014 i tributi locali richiesti ai cittadini sono aumentati del 277%, portando ogni singola famiglia a spendere in 20 anni mediamente 3.205 euro in piu’ a livello di tasse. Lo denuncia il Codacons. Nel 1994, infatti, spiega l’associazione di consumatori, i contribuenti italiani hanno versato 27,776 miliardi di euro a titolo di tasse locali. Nel corso degli anni la pressione fiscale si e’ inasprita a livelli “insopportabili”, al punto che nel 2014 le famiglie hanno versato per i tributi locali complessivamente 104,7 miliardi di euro (per una media di 4.362 euro a famiglia). In soli 20 anni, quindi, i cittadini hanno pagato quasi 77 miliardi di euro in piu’ solo per tasse e imposte locali. “E’ una vergogna – attacca il presidente Carlo Rienzi – gli enti locali, invece di ridurre sprechi e di intervenire sui costi, hanno reagito ai tagli decisi dell’amministrazione centrale aumentando la pressione fiscale. Al contempo, pero’, i servizi resi ai cittadini non solo sono diminuiti, ma sono anche peggiorati. In sostanza, si paga di piu’ per ricevere sempre meno”. “Per tale motivo lanciamo oggi un grido d’allarme, e chiediamo al Governo di intervenire per evitare che gli enti locali proseguano nella folle corsa al rialzo delle tasse, attuando un federalismo fiscale dissennato che ha portato ad un grave impoverimento delle famiglie”, conclude Rienzi.

DEF(icienti): ecco come Renzi ha abbassato le tasse

Mica si va in piazza contro il gov amico. Basta banfare al bar, tanto per fingere di essere contrari, agli “antagonisti” son sufficenti le apparenze.

Poi le tasse sono sexy, servono per raccattare fondi da elargire ai meno abbienti, narrano le sinistre

Posted on aprile 11, 2015 di ilcontagio

Alla fine, dopo lo show…

Dopo gli annunci…
Dopo i tweet…
Dopo la propaganda di regime…
Restano i numeri e la realtá.
Peccato che arrivi a babbo morto,quando ormai la maggior parte degli stolti italiani (grazie al nostro sistema di informazione) si siano fatti incul….care altre veritá…

Ecco come Renzi (nel suo def) dice di aver abbassato le tasse.

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Direi che non servono altre parole.
In un paese appena normale o rinchiuderebbero questa persona in un ospedale psichiatrico o i cittadini lo prenderebbero a calci nel culo.

Nel paese degli italioti,invece, succede il contrario.

Dunque…
Oltre 100 miliardi di tasse in 5 anni.
NESSUNA RIDUZIONE DI TASSE.

Da notare il trend:le tasse sono in continuo ed inesorabile aumento negli ultimi 10 anni.

Tutto questo senza che vi sia stato:

– un miglioramento/potenziamento dei servizi
– una redistribuzione della ricchezza
– un abbattimento del ns debito pubblico
Etc etc

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I veri stronzi non sono quei 4 buffoni e delinquenti che sono al governo, ma quei milioni di idioti lobotomizzati che ancora li supportano.

Per tale ragione é ormai per me inutile qualsivoglia discussione e confronto con questi signori.

Fonte: scenarieconomici.it

https://ilcontagio.wordpress.com/2015/04/11/deficienti-ecco-come-renzi-ha-abbassato-le-tasse/

Il tesoretto di salvaguardia del governo Ponzi

È sempre il caro governo amico, guai andare in piazza contro. Chi lo fa, si trova circondato dagli amichetti del Pd

Apr 11, 2015

Riassunto delle puntate precedenti: il DEF è online e lotta assieme a noi. Nel frattempo, il premier ha avuto uno dei suoi caratteristici colpi d’ala, ed ha “trovato” un importo di 1,6 miliardi di euro da spendere “nelle prossime settimane”, verosimilmente per il welfare, nello specifico pare a favore delle “classi meno abbienti”. Nel frattempo, nel paese dove i crediti d’imposta fioriscono in ogni stagione, spunta come funghi anche l’”antimateria” di tali crediti: le clausole di salvaguardia. Tutto si tiene, lo sapevate?

La vicenda del “tesoretto che non si chiama tesoretto ma anche si” è ormai nota. il deficit-Pil per il 2015 doveva essere in origine il 2,5%. Renzi si è accorto che l’atmosfera non è poi così elettrizzata, che forse poco e nulla si muove sotto la crosta della propaganda, che forse i sondaggi non sono così eclatanti, che serve tenere a bordo la sinistra Pd che gli sta creando qualche grattacapo di troppo, ed ha quindi deciso di creare dal nulla (out of thin air, come dicono assai efficacemente gli americani) un po’ di  risorse, da lanciare sull’umanità dolente in prossimità delle prossime elezioni amministrative, che a fine maggio interesseranno ben 17 milioni di italiani.

Il modo in cui l’operazione è stata congegnata è disarmante: il deficit-Pil, previsto quest’anno al 2,5% viene innalzato con un tratto di penna al 2,6%. Il risultato, moltiplicato per un Pil di poco più di 1.600 miliardi, sono per l’appunto 1,6 miliardi di caramelle. Questa operazione farebbe impallidire i banchieri centrali che da anni “stampano” moneta con i vari easing quantitativi. Si prendono due dati, scritti sul vapore acqueo, e si martellano sino al raggiungimento dell’obiettivo. Sin qui, pratiche vecchie come il mondo, in tutto il mondo.

Quello che invece è esilarante è l’aver scoperto che, nel decreto legislativo sul riordino dei contratti, la Ragioneria Generale dello Stato ha chiesto ed ottenuto l’inserimento di una clausola di salvaguardia (eccola là), nell’ipotesi in cui il fabbisogno di risorse per la decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato stipulati quest’anno eccedesse la somma di 1,886 miliardi appostati dall’esecutivo. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, in caso vi fossero trasformazioni di massa da contratti di collaborazione (che pagano robusti contributi, anche nell’intorno del 30%) rispetto alle stime dal governo (37.000 trasformazioni originarie più altre 20.000 aggiuntive, con retribuzione media stimata di 15.000 euro). In tal caso, il ministero dell’Economia provvederà «all’introduzione di un contributo aggiuntivo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali a carico dei datori di lavoro del settore privato e dei lavoratori autonomi»

Il che vuol dire che si pagheranno contributi (però “di solidarietà”, sia chiaro) per avere un taglio di contributi. Ora, speriamo tutti che le cose non andranno così, che quei fondi si troveranno, eccetera. Ma l’effetto straniante è che da un lato abbiamo un DEF che crea dal nulla 1,6 miliardi di mance elettorali, dall’altro abbiamo una clausola di salvaguardia su una decontribuzione. Certo, se riflettiamo sul fatto che i collaboratori in monocommittenza (quelli che hanno caratteristiche di operatività non distanti dalla subordinazione) in Italia sarebbero circa 370.000, si coglie il potenziale di emicrania per i conti pubblici.

A proposito di coperture ballerine e clausole di salvaguardia di vario tipo, ci preme segnalarvi che ne esiste anche una relativa alla Nuova Aspi, l’indennità di disoccupazione “universale”, che dovrebbe erogare il relativo assegno fino ad un massimo di metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (quindi, con un complesso algoritmo, fino a due anni), ma che dal 2017 verrà ridotta ad un massimo di 18 mesi. Perché non c’era la copertura, ça va sans dire.

Però abbiamo appena creato un “tesoretto” con cui far salivare la sinistra Pd e quella sociale, giusto? Il timore è che Renzi finisca a far rima con Ponzi.

http://phastidio.net/2015/04/11/il-tesoretto-di-salvaguardia-del-governo-ponzi/?utm_source=pulsenews&utm_medium=referral&utm_campaign=Feed%3A+phastidio%2Flhrg+%28Phastidio.net%29

Gli “aiuti” alla Grecia

E chi l’avrebbe mai detto che gli “aiuti” del FMI non fossero per le famiglie e la gente greca che non ha soldi per ripagare le banche? Ancora oggi circola la leggenda che le banche regalino soldi alla gente

Come è stato utilizzato il prestito al governo greco?

Utilizzando i dati sui conti finanziari, pubblicati dalla Banca di Grecia, e i conti non finanziari dei settori istituzionali, pubblicati da ElStat (ElStat), si ottiene:

Grecia. Utilizzo dei prestiti internazionali (miliardi euro)
  2010 2011 2012 2013 2014* Sum
Risorse ottenute
1. Prestiti a lungo termine dall’estero 24.3 30.0 110.0 30.8 5.3 200.5
Utilizzi
2. Acquisti di titoli a lunga scadenza da creditori esteri 19.9 24.4 44.3 8.0 10.7 107.4
3. Acquisti di azioni emesse da istituzioni finanziarie 0.2 0.9 0.0 19.0 0.0 20.2
4. Trasferimenti in conto capitale 3.6 3.7 8.6 23.3 1.4 40.7
5. Spesa per interessi 13.2 15.1 9.7 7.3 5.3 50.6
6. Residuo = 1 – (2+3+4+5) -12.7 -14.2 47.3 -26.8 -12.1 -18.4
NB: * Primi tre trimestri

La stima dei fondi ricevuti è ottenuta sommando i prestiti a lunga scadenza dal resto del mondo (dai flussi nei conti finanziari). La maggior parte di questi fondi è stata utilizzata per ridurre lo stock di titoli detenuti all’estero (nel grafico): la riga 2 in tabella è ottenuta sommando le variazioni nei titoli a lunga scadenza (dai flussi nelle passività del goveno, nei conti finanziari). Tali flussi sono negativi dal 2010 in poi (flussi negativi sono coerenti con il riacquisto del debito esistente(1)).

ch_ltds

Un’altra parte consistente è stata trasferita al sistema bancario greco, tramite l’acquisto di azioni (riga 3 in tabella) o con trasferimenti in conto capitale (linea 4, che riporta i trasferimenti complessivi in uscita dal governo).
Se aggiungiamo gli interessi pagati in totale dal governo (linea 5) abbiamo che, in totale, i fondi ottenuti non sono stati sufficienti a coprire queste spese.
Si potrebbe argomentare che, se il governo non avesse ricapitalizzato le banche, una crisi bancaria avrebbe avuto conseguenze anche più drammatiche per l’economia. Ma d’altra parte, visto che queste risorse non sono arrivate a famiglie o imprese non finanziarie, chi era indebitato (famiglie con mutui e imprese), a seguito del calo dei propri redditi – per le famiglie – o delle vendite – per le imprese – dovuti all’austerità, si trova sempre più di frequente nella impossibilità di rimborsare i debiti esistenti, e/o pagare gli interessi, generando un calo negli attivi delle banche che richiederà nuovi interventi di sostegno.
L’unico modo di affrontare in modo sostenibile il problema del debito greco – che è sempre stato in realtà un problema di debito estero – consisteva nel rafforzare l’economia nella sua capacità di produrre e vendere all’ estero in modo sufficiente a finanziare le importazioni. Alla Grecia serviva un piano di investimenti: come Joseph Stiglitz ha detto da poco nella conferenza organizzata a Parigi da INET, “EU addresses the imbalances by making deficit countries to starve instead of increasing their export” (tweeted by INET)


Note
(1) Nel 2010 e 2011 un elevato valore negativo nei flussi di titoli pubblici greci detenuti all’estero era affiancato – per circa 20 miliardi di euro – da aumenti nei titoli pubblici detenuti dal settore finanziario greco. I flussi dei fondi sono il risultato del consolidamento di operazioni di tipo diverso.

http://gennaro.zezza.it/?p=1631