L’ULTIMA VERGOGNA? KISSINGER PREMIERA’ NAPOLITANO PER AVER DISTRUTTO L’ITALIA!

Che bella notizia, il bene vince sul male, l’integrazione europea “sconfigge” i malvagi euroscettici….Che gioia vedere premiati Napolitano e Kissinger, due persone del popolo per il popolo…..

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aprile 03 2015

NAPOLITANO, IL PRESIDENTE AMERIKANO – KISSINGER PREMIA A BERLINO IL SUO “COMUNISTA PREFERITO” – A BELLA NAPOLI VIENE RICONOSCIUTO IL MERITO DI AVER SALVATO (CANCELLANDO LA NOSTRA SOVRANITA’) L’ITALIA NELLE CRISI DEL 2011 E DEL 2013

È la prima volta che il Premio Kissinger va a un italiano – Napolitano lo condividerà con l’ex ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, è stato designato l’11 marzo scorso “in riconoscimento degli straordinari contributi al consolidamento dell’integrazione e stabilità europea”…

ANDATE A RACCONTARLO AI DECEREBRATI CHE GLI ORGANIZZARONO LA FESTA POCHI MESI FA.

Antonella Rampino per la Stampa”

 Caro Giorgio, ci vediamo a Berlino. Con una e-mail Henry Kissinger ha confermato a Giorgio Napolitano che sarà lui a consegnargli il Premio Kissinger, il prossimo 17 giugno all’American Academy a Berlino.

Del resto, non sarebbe stato possibile diversamente, non solo quella è la tradizione del premio: soprattutto, l’uomo che per un quarto di secolo ha rappresentato la personificazione della politica americana all’estero e il suo «comunista preferito» («ex comunista», reagì Napolitano alla battuta), si sentono spesso, il filo è sempre acceso. L’ultima volta che si sono incontrati, per un lungo faccia-a-faccia, fu due anni fa a New York, quando Henry salì a trovare il vecchio amico Giorgio nelle Torri del Waldorf Astoria. Adesso, si rivedranno a Berlino.

Per Napolitano è il secondo riconoscimento in politica estera nel giro di pochi giorni, avendo recentemente accettato la presidenza onoraria dell’Ispi, il più importante e storico think-tank italiano sulle relazioni internazionali. Il Kissinger Prize dal 2007 premia la personalità della politica europea che si sono distinte nei rapporti transatlantici.

Ed è la prima volta che il prestigioso premio, che ha avuto come destinatari tra gli altri Helmut Kohl, George Bush (senior), James Baker e quell’Helmut Schmidt del quale lo stesso Napolitano apprezzò l’analisi fortemente critica della politica tedesca nella crisi dell’eurozona, va a un italiano

Di più: è la prima volta che va a un politico del Sud dell’Europa, a un uomo del Mediterraneo. Napolitano, che lo condividerà con l’ex ministro degli Esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, è stato designato l’11 marzo scorso «in riconoscimento degli straordinari contributi al consolidamento dell’integrazione e stabilità europea», segno di quanto si abbia consapevolezza anche all’estero del certosino lavoro di tessitura nei rapporti interni ed internazionali e del polso saldo con cui dal Colle si affrontarono, nel 2011 e nel 2013, due crisi politiche italiane che avrebbero potuto minare con la stabilità dell’eurozona anche quella dell’area del dollaro.

Genscher verrà premiato «per il contributo alla soluzione della Guerra Fredda». Verso entrambi, ha detto il presidente dell’Accademia Americana di Berlino Gerhard Casper, «abbiamo un debito di gratitudine». L’uso del Kissinger Prize è che i premiati vengano presentati da una personalità di rilievo. Per Genscher non si esclude possa essere Angela Merkel.

Fonte: grandecocomero.com

Pre Tangentopoli, intercettazioni shock. Amato intimava al silenzio con i giudici altri indagati

Ma Amato è un tecnico tanto caro alla parte sana del paese che governa ancora oggi con gli stessi saldi principi….tutto in nome dei più deboli della società, anche se in Italia non ci sono poveri per questo li importiamo

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aprile 03 2015

Siamo ancora in piena prima Repubblica. La voce che compare, però nell’intercettazione datata 21 settembre 1990, di cui l’audio esclusivo è su “Il Fatto Quotidiano.it” è del nuovo giudice della Corte Costituzionale Giuliano Amato. Nella conversazione possiamo ascoltare il dottor Sottile, come fu ribattezzato da Giampaolo Pansa, che chiama la moglie del senatore socialista Paolo Barsacchi morto quattro anni prima. Il sottosegretario fu accusato dai vecchi compagni di partito di aver intascato una tangente di 270 milioni di lire per la costruzione della nuova pretura di Viareggio. E sua moglie, per onorare il nome del marito morto, non vuole che il nome finisca nel fascicolo dei magistrati. E per ottenere questo risultato è disposta a fare nomi e cognomi.

Il compito di Amato a quel punto è quello di evitare uno scandalo. Che sarebbe arrivato due anni prima di Tangentopoli. E per questo motivo la chiama a telefono. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Pisa Alberto Bargagna, Carmelo Solarino e Alberto De Palmaa dicembre di quello stessoa nno – “un capitombolo complessivo del Partito socialista”.

Nelle motivazioni della sentenza che condannerà i responsabili di quella tangente, si chiedono come mai “nessuno di questi eminenti uomini politici come Giuliano Vassalli (all’epoca ministro della giustizia) e Amato stesso, si siano sentiti in dovere di verificare tra i documenti della segreteria del partito per quali strade da Viareggio arrivarono a Roma finanziamenti ricollegabili alla tangente della pretura di Viareggio”. Per la tangente furono condannati i boss della Versilia del Psi e fu scagionata la figura del senatore Barsacchi.

Cosa accadde il giorno della telefonata?  Amato chiama la vedova di Barsacchi e si trattiene al telefono con lei per 11 minuti e 49 secondi. Amato cerca la sua interlocutrice, poi è lei che lo richiama, registra e consegna il nastro, di cuiil Fatto Quotidianoè in possesso, ai magistrati. Che acquisiscono la telefonata come prova, un’intercettazione indiretta, ma inserita nel fascicolo processuale.

E’ Giuliano Amato ad iniziare così la conversazione: “Anna Maria, scusami, ma stavo curandomi la discopatia, ma vedo che questa situazione qui si è arroventata”. Dall’altra parte la vedova tace. Poi dice solo: “Ti ascolto”.  E’ allora che Amato, va dritto al problema: “La mia impressione è che qui rischiamo di andare incontro a una frittata generale per avventatezze, per linee difensive che lasciano aperti un sacco di problemi dal tuo punto di vista”. La frittata alla quale Amato fa riferimento è appunto un coinvolgimento – come dirà esplicitamente – di altre persone nel processo.

Troverei giusto che tu direttamente o indirettamente entrassi in quel maledetto processo e dicessi che quello che dicono di tuo marito non è vero. Punto. Non è vero. Ma senza andare a fare un’operazione che va a fare quello non è lui, ma è Caio, quello non è lui ma è Sempronio. Hai capito che intendo dire? Tu dici che tuo marito in questa storia non c’entra. Questo è legittimo. Ma a… a… a… a Viareggio hanno creato questo clima vergognoso, è una reciproca caccia alle streghe, io troverei molto bello che tu da questa storia ti tirassi fuori”.

In cosa consiste lo scandalo? Nel fatto che Amato non abbia detto alla vedova di raccontare tutta la verità ma “vai e non fare nomi”. Insomma la vedova aveva il diritto di difendere il marito ma non di accusare altri membri del partito socialista, che a quell’epoca era il più corrotto d’Italia.

L’oggi giudice della Corte Costituzionale però ammette di sapere parte della verità, ma invita tutti a chiamarsi fuori. E’ proprio lì che la moglie di Bersacchi chiede ad Amato che a pagare siano i veri responsabili: “Giuliano, io voglio soltanto che chi sa la verità la dica”. E Amato replica: “Ma vattelapesca chi la sa e qual è. Tu hai capito chi ha fatto qualcosa?”. “Io”, risponde lei all’illustre interlocutore, “penso che tu l’abbia capito anche te”. E Amato: “Ma per qualcuno forse dei locali sì, ma io non lo so, non lo so. Ma vedi, noi ci muoviamo su cose diverse. Questo non è un processo contro Paolo, ma contro altri”.

Il 13 dicembre del 1990 i responsabili della tangente verranno condannati. Tra loro Walter De Ninno, due anni e mezzo per ricettazione nei confronti di un imprenditore di Pisa. È l’inizio di Tangentopoli. E della fine del Partito socialista. E Amato, oggi salvatosi dalla tempesta e rientrato a pieno titolo nel panorama politico italiano, era coinvolto in tutti i giochi.

 Tratto da: L’Infiltrato

Gli USA Sono Tornati al Settecento con la Guerra Contro i Poveri

Imparassero da noi, qui si nega i suicidi per crisi, per indigenza. In Italia siamo tutti benestanti, ed evasori. I disoccupati non esistono per questo non si necessita di reddito di cittadinanza, se non hai i soldi e rubi una salciccia al supermercato qui ti premiano?!?!!? Pare che non sia un problema della società civile e parte sana del paese, l’importante è difendere il terzo governo non eletto dalla piazza di Salvini

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aprile 04 2015

Negli USA chi non riesce a pagare anche il più piccolo dei debiti finisce in galera!

Quanto sta accadendo negli Stati Uniti è qualcosa di incredibile, anche per le modalità in cui il tutto avviene. L’articolo che vi proponiamo di seguito illustra molto bene la persecuzione che subiscono i cittadini più poveri, che non riescono a pagare i debiti.

La povertà in USA è una colpa evidentemente, da espiare in carcere. Non solo. I processi sentenziano multe improponibili per chi già non riusciva a pagare i debiti, facendo sprofondare le persone in un baratro.

Se i metodi equi-taliani vi sembrano duri, antidemocratici e spietati, aspettate di capire quello che sta accadendo negli States, e forse anche Equitalia vi sembrerà democratica. La cosa preoccupante, sta nel fatto che ciò che oggi avviene in USA, domani avverrà da noi.

E’ così in ambito tecnologico, ed è così a livello di leggi, visto che l’America viene considerata un paese “libero e democratico”… In Usa se sei povero, non consumi e non produci, sei inutile, non hai dignità, sei un nemico pubblico da combattere e distruggere.

PENSATE CHE LE BANCHE PIGNORANO LE ABITAZIONI ALLE FAMIGLIE E LE DEMOLISCONO, PERCHE’ SE CI SONO TROPPE CASE VUOTE IL MERCATO IMMOBILIARE PERDE VALORE!

Negli Stati Uniti esplode il fenomeno dei debtor’s prisons: cittadini in difficoltà economiche vengono arrestati perché non in grado di pagare i propri debiti

A volte basta una multa non pagata per finire in galera. Almeno questo succede in Georgia, dove la “caccia” al povero è diventata un business molto redditizio.

Prendete il caso di Patrick, 38 anni, sposato con due figli. Ha perso casa e lavoro da impiegato in un motel e ora è alle prese con lavoretti saltuari e carta di credito in rosso. Un giorno, pur di arrivare puntuale al posto di lavoro dove l’uomo è addetto alle pulizie, ha spinto troppo l’acceleratore della sua vecchia Ford. Un agente della polizia l’ha fermato e sanzionato con 150 dollari per eccesso di velocità. Tra pagare l’affitto e la multa, Patrick ha scelto il tetto della famiglia. Ma la municipalità l’ha citato un giudizio. A suo carico tutte le spese legali. Non potendo saldare il dovuto, l’uomo finisce nel vortice delle probation companies, le società private che si occupano della vigilanza domiciliare per i condannati a pene minori. Il costo del bracciale elettronico che gli cinge la caviglia è di 3 mila dollari l’anno. Patrick non riesce a rimborsare neppure le prime rate e finisce in carcere per circa sei mesi a fianco di criminali comuni.

Come nel Settecento

La sua stessa disavventura, di piccoli debiti che diventano insormontabili, succede a migliaia di cittadini americani indigenti.Soprattutto nel sud: in Georgia, che ha il più alto tasso di incarcerati (in certe contee supera il 15% ) per reati amministrativi, ma anche in Alabama, Mississippi, Arizona, Arkansas. Sono i debtor’s prisons. Proprio come nel settecento. «Le contee e le città», dice Sarah Geraghty, legale al Southern Human Rights Center di Atlanta, «stanno usando il sistema giudiziario per fare soldi alle spalle dei cittadini più poveri». E come se non bastasse anche il privato ha colto l’opportunità di fare profitti. «Ci sono più di 500 società private che si occupano di vigilanza dei condannati per reati minori. Sono poco regolamentate, per nulla trasparenti, ma stanno guadagnando milioni».

Il ruolo del non profit

Il Southern Human Rights Center è una delle poche realtà non profit che presta gratuitamente (si finanzia attraverso donazioni) – difesa legale alle vittime di un sistema giudiziario ormai votato al for profit. Questo centro è nato negli anni ’70 per fare da argine alle ingiustizie di prigioni sul punto di esplodere, dove la popolazione è balzata in pochi anni da 200 mila a 2 milioni di persone. Secondo il 14 esimo Emendamento lo Stato non può incarcerare un individuo per debiti. E anche la Corte Suprema ha giudicato incostituzionale tali pratiche. Ma diversi tribunali locali si appellano all’idea che la persona sotto processo non ha fatto di tutto per sdebitarsi.

«Non ha smesso di fumare, avrebbe potuto vendere il telefono», queste sono le osservazioni più frequenti dei giudici. E le compagnie private di probation scorrazzano indisturbate. Secondo l’Aclu, l’American civil liberties association, la galera per chi ha debiti sta diventando un problema nazionale, e non solo del sud. Nella contea di Bentos, nello stato di Washington, un quarto delle persone in gattabuia, perde la libertà perché non sono riusciti a saldare i conti con i creditori.

Fonte – FonteFonte

Con Delrio e Cantone il Tav va in soffitta! – Comunicato stampa ass. Idra

COMUNICATO STAMPA    

Se due più due fa ancora quattro, siamo finalmente al sicuro! Il nuovo ministro alle Infrastrutture Graziano Del Rio rivendica un programma di trasparenza e di condivisione“Noi dobbiamo lavorare per fare un ragionamento trasparente su tutte le cose, per prendere decisioni molto condivise, i cui elementi siano a conoscenza di tutti”.

Il nuovo ministro alle Infrastrutture preannuncia un rapporto solido con l’Autorità Nazionale Anticorruzione“Mi sono sentito anche stamattina col presidente Cantone con cui lavoreremo a strettissimo contatto su Expo, su Mose, su tutte le grandi opere italiane”.

Pochi giorni fa Raffaele Cantone ha dichiarato: “Una legge ben scritta sugli appalti serve alla lotta alla corruzione molto più di due milioni di intercettazioni perché, per esempio, la Legge Obiettivo che concedeva il potere al direttore dei lavori di essere nominato dall’impresa è una legge criminogena. Su quello bisogna intervenire”.

Se due più due fa quattro, anche la TAV, dove il controllore è il controllato, dove le popolazioni insorgono, dove la corruzione e le infiltrazioni mafiose non si fanno attendere, va definitivamente in soffitta! Da Graziano Del Rio è lecito attendersi un’iniziativa urgente (magari un decreto?) per l’abolizione della Legge Obiettivo e della figura contrattuale del ‘general contractor’.

Dice giustamente Del Rio: “Nessuno inizia a riparare la cucina e poi la lascia a metà, la porta a termine, la cura con attenzione, guarda come vengono eseguiti i lavori, li controlla, fa in modo che i preventivi corrispondano alla spesa finale”. Ma questa TAV non è certo una cucina, e costruirla come si è fatto finora non è certo un riparare. E’ semmai un guastare, distruggere, un minare: territorio, ambiente, erario, servizi, legalità.

Ass. Idra Firenze

Firenze, 03 aprile 2015

Trivella di Venaria, il tribunale condanna i No Tav

post — 3 aprile 2015 at 12:02
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Questa mattina il Tribunale di Torino ha emesso condanna di 3 mesi di carcere più risarcimento delle spese processuali per 25 dei 27 imputati No Tav accusati di violenza privata .

Stiamo parlando dell’inverno 2010, stagione di sondaggi in Valle e nella cintura torinese che, come ricorderete, mise in difficoltà la controporte che riuscì a portare a termine solo una piccola parte dei sondaggi, molti dei quali in maniera non corretta.

Durante quell’inverno il movimento No Tav si organizzò in maniera dinamica e ogni qualvolta arrivava la segnalazione di una trivella e di uno spostamento massiccio di polizia ecco che centinaia di persone accorrevano sul luogo, a qualsiasi ora del giorno e della notte.

I fatti in questione riguardano il presidio permanente di Venaria che durò diversi giorni, che costrinse gli operai a smontare in fretta e furia il cantiere i cui lavori vennero rallentati per tutta la durata da una grande partecipazione di No Tav e abitanti di Venaria.

Il presidio ci permise di informare la popolazione di questa periferia cittadina rispetto le conseguenze del passaggio dell’Alta Velocità tra le loro case e scoprimmo in tale occasione quanto poco era stato comunicato da chi in questi casi avrebbe dovuto informare la popolazione interessata al progetto.

Il processo ha giudicato per la precisione i fatti del 26 gennaio, un blocco fatto da centinaia di persone dopo un’assemblea in mezzo al prato ancora coperto dalla neve.

Nonostante si perpetui il tentativo da parte della procura e del tribunale di riscrivere la storia, noi quei giorni ce li ricordiamo ricchi di assemblee, incontri, cene e momenti di socialità.

Una stagione di lotta che mise molto in difficoltà la controparte e che ci vide lottare senza fare mai un passo indietro.

Solidarietà ai condannati No tav!

L’anima di Marta richiusa in un cassetto

post 26 marzo 2015 at 11:53

549473_613240128709515_2027805242_nPer le violenze denunciate dall’attivista NOTAV non vale la pena di indagare

Fernando Pessoa | posta @ resistenze.org

21/03/2015

Ha un gusto amaro il caffe, in queste mattine, da quando si è appresa la notizia che il Giudice delle Indagini Preliminari di Torino ha archiviato la denuncia di Marta, attivista NOTAV, per le violenze sessuali subite dopo il proprio arresto, avvenuto nel corso di una manifestazione del movimento valsusisno nella notte tra il 19 ed il 20 luglio 2013.

Gran brutta storia, quella di Marta. Aveva denunciato di essere stata fermata dopo essere stata travolta e gettata a terra da una violenta carica delle Forze dell’Ordine. Sarebbe stata brutalmente immobilizzata e palpeggiata nelle parti intime, percossa violentemente al volto, insultata. Aveva riconosciuto perfettamente, nel corso delle indagini, gli autori dei fatti. Ora, a più di un anno di distanza, il Giudice di Torino ha deciso che il procedimento non deve più proseguire, nessun processo, nessuna verifica, nessun’altra indagine.

Si apprendono scampoli sconvolgenti del provvedimento con il quale il Tribunale ha chiuso il fascicolo sulla vita offesa di Marta. Ipotesi squisitamente discusse in punta di mera logica: Marta sarebbe inattendibile perchè è logicamente contraddittorio ed inammissibile che un appartenente alle forze dell’ordine decida di sfogare la sua libido proprio in un momento di concitazione qual’è quello dell’arresto, e per giunta alla presenza di altri colleghi tenuti astrattamente a denunciare fatti di reato. Secondo il giudice, che è una donna, sarebbe inaudito che ciò possa avvenire. Assurdo ipotizzarlo: dunque Marta non è meritevole di tutela dagli uomini e donne di Tribunale.

Mai un dubbio che la violenza possa avvenire più per sfregio ed offesa che per mera libido!
Mai un dubbio che l’eventuale malfattore contasse in modo sicuro sulla connivenza od anche solo sull’omertà dei colleghi.
Un atto di fede verso un potere che, almeno nei Tribunali, si dovrebbe osar controllare.

Eppure, dovrebbero esser noti i numerosi casi in cui gli abusi delle forze dell’ordine si esplicano anche attraverso odiose prevaricazioni sessuali, nella più totale omertà di colleghi presenti.

Negli atti processuali del G8 del 2001 a Genova, vi sono “racconti di donne che diventeranno denunce: “stavano lì, a braccia aperte, bloccate contro un muro, immobili da ore, e intorno i poliziotti che le chiamavano “troie, puttane ” e poi urlavano “entro stasera vi scoperemo tutte”, prima di strusciare i manganelli sulle cosce delle ragazze, tanto per far capire bene che aria tirava là dentro. Erano otto, forse dieci, quelle che hanno vissuto l’ incubo della caserma di Bolzaneto.” (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/08/07/g8-denunce-di-violenze-sessuali.html ). Per alcuni fatti fioccheranno sentenze divenute irrevocabili: condannato a 12 anni e mezzo di reclusione per stupro l’assistente capo di polizia Massimo Luigi Pigozzi. Questa la decisione della terza sezione penale della Cassazione. Pigozzi, già condannato a tre anni e due mesi per le violenze avvenute nella caserma di Bolzaneto nei giorni successivi al G8 di Genova del 2001, dovrà anche risarcire una delle vittime delle violenze sessuali avvenute durante il servizio prestato in quella occasione presso la Questura di Genova.

Illogico dunque che questi fatti avvengano?

La natura imita l’arte?

Difficile.

Per alcuni sarà difficile accettare che simili asserzioni logiche siano condotte da un giudice che appartiene allo stesso genere della vittima. Per altri sarà l’ennesima conferma dell’irrilevanza delle differenze di genere. Sono quelle sociali che invece spesso si impongono con sconvolgente crudezza, tagliando l’anima di ciascuno di noi che si scopre indifeso di fronte al potere.

Altri scampoli di quell’archiviazione suscitano insieme rabbia ed indignazione. Marta sarebbe inattendibile perchè, quando veniva caricata e calpestata, avrebbe visto solamente su di sè anfibi delle forze dell’ordine, non si chiede se era possibile ci fossero anche scarpe di manifestanti…. Questa imperdonabile (per il giudice) mancanza di fantasia è frutto della sua contrapposizione ideologica.

Eppure, sommessamente si nota, quando una carica di poliziotti ti travolge, è difficile che all’interno di quel gruppo od addirittura dietro ad esso  vi siano i manifestanti caricati…

Il tasto della contrapposizione ideologica è il fardello più sconfortante: finchè a parlare è la donna maltrattata dagli ordinari mariti o nella routine domestica, il potere non fa fatica a crederle, magari, a volte, anche oltre il consigliato. La violenza di genere è argomento di convegni e quotidiani strilli di politici ed operatori giuridici.

Quando il racconto proviene dalla donna indipendente ed antagonista che prova a resistere agli abusi del potere, la fiducia si ferma alle reti di Chiomonte.

Ma ciò che è altrettanto inaccettabile, per qualsiasi paese che si finga afflitto da un minimo di democrazia, è il fatto che un racconto così terribile venga chiuso subito in un cassetto senza nemmeno abborracciare una verifica processuale, pur in assenza di oggettive smentite fattuali, pur in presenza di riconoscimenti.

Qualche stilla di giustizia sostanziale dovrebbe almeno colare nella routine burocratica degli uomini e donne di Tribunale: la giustizia è pur sempre amministrata in nome del popolo, stancamente ricorda la Costituzione italiana.

Al popolo sarebbe dovuta quantomeno una verifica del potere: l’atto fideistico nei confronti di esso non dovrebbe aver cittadinanza. D’altra parte, chi denuncia sa che verrà punito se smentito. Chiudere il cassetto senza aver nemmeno provato ad accertare nè l’una nè l’altra cosa significa chiudere anche la porta delle curie in faccia al popolo, lasciandolo fuori.

Noi, avvezzi al vento di Cabo de Sao Vicente, non siamo pronti a questa ginnastica d’obbedienza e sognamo un popolo intero bussare giorno e notte alla porta di quel giudice, per chiederLe di riaprire subito quel cassetto.

* Fernando Pessoa vive e scrive in Portogallo.

Luca Mercalli e Luca Giunti: Tav Notav le ragioni di una scelta

post 3 aprile 2015 at 10:52

11080779_951756391525474_8045796234163649406_oFreschissimo di stampa… Tempo una settimana circa e lo trovate in libreria: TAV NO TAV – le ragioni di una scelta, di Luca Mercalli e Luca Giunti!

TAV sì o TAV no? Scegliere consapevolmente è un diritto-dovere dei cittadini Per farlo occorre ascoltare voci differenti e approfondire i fattori in gioco. La trattazione scientifica e rigorosa evita prese di posizione ideologiche e si basa su fatti e documenti prodotti da esperti in varie discipline. TAV NO TAV propone un approccio multidisciplinare che può essere adottato per altre grandi opere che costellano Italia ed Europa.

http://www.scienzaexpress.it/presa-diretta/261-tav-no-tav.html

Indagato per corruzione e arrestato sei volte Ora è al vertice di una società pubblica

http://www.tzetze.it/redazione/2015/02/indagato_per_corruzione_e_arrestato_sei_volte_adesso_e_al_vertice_di_una_societa_pubblica/
TzeTze Politica
POLTRONE

E’ la storia di Bruno Binasco, uscito da Tangentopoli con la fedina penale pulita grazie ad assoluzioni e prescrizioni ed oggi in mezzo al caso delle mazzette delle autostrade lombarde. Ma che ad Alessandria politici e imprenditori premiano con una nomina in una controllata

DI ANDREA GIAMBORTOLOMEI

05 febbraio 2015

Indagato per corruzione e arrestato sei volte<br />
Ora è al vertice di una società pubblica
Bruno Binasco

Corsi e ricorsi storici, in un paese che sembra incapace di smarcarsi dai suoi difetti. Perché è difficile non rimanere stupiti di fronte alla nomina di Bruno Binasco al vertice di una fondazione pubblica piemontese.

Durante Mani Pulite Binasco ha fatto avanti e indietro da San Vittore. Era lui l’uomo che per conto del potente imprenditore delle autostradeMarcellino Gaviogestiva i rapporti con la politica, quegli leciti e quelli meno: in un solo anno è stato arrestato sei volte. Tra l’altro, descrisse al pool la consegna di un miliardo di lire a Primo Greganti, il celebre Compagno G tornato sulla scena per le mazzette dell’Expo. Ma Binasco da Tangentopoli è uscito con la fedina penale immacolata: tra assoluzioni e prescrizioni, se l’è cavata con un’unica condanna definitiva. Per la quale è stato formalmente riabilitato, grazie alla procedura di legge.

Non è che le sue frequentazioni con i tribunali appartengano al passato. Ora è sotto processo per corruzione a Monza, per quello scandalo di bustarelle, appalti ed autostrade che ha travolto il leader lombardo del Pd Filippo Penati.

E nello stralcio torinese di quella vicenda, nell’ottobre 2013, è stato condannato in primo grado a otto mesi per appropriazione indebita: per i giudici avrebbe prelevato soldi da società dei Gavio per versare una liquidazione in nero a Giorgio Ardito, ex politico Pd ed ex dirigente della Sitaf, che gestisce l’autostrada Torino-Bardonecchia. «Abbiamo fatto appello e siamo in attesa del processo, abbiamo fiducia», afferma l’avvocato Umberto Giardini che lo difende insieme al collega Alessandro Mazza.

Vicende sulle quali in tanti ad Alessandria hanno preferito chiudere gli occhi. Perché i rappresentanti di enti locali, camere del commercio e della fondazione della Cassa di risparmio cittadina lo hanno scelto per il vertice della Slala, organismo che si occupa della logistica e dei trasporti in quelle che sono le zone dei Gavio.

L’idea di nominare Binasco è emersa nel consiglio generale del 17 novembre scorso. L’ex presidente della Provincia di Genova e attuale vicepresidente della Carige Alessandro Repettostava lasciando la presidenza della Slala e Pier Angelo Taverna, presidente della Fondazione della Cassa di risparmio (“azionista” di peso), ha proposto l’affidamento del ruolo al manager, «figura professionale nota e di grande esperienza nel settore logistico e già in passato dirigente di importanti imprese del settore», si legge nel verbale. Nessuno dei consiglieri ha sollevato rilievi particolari. Tuttalpiù qualcuno ha chiesto la nomina di un presidente proveniente dagli enti locali, mentre Rocchino Muliere, sindaco Pd di Novi Ligure, ha evidenziato «che per cercare il dialogo con gli operatori privati la nomina di Bruno Binasco sarebbe certamente determinante». Non una parola sulle inchieste per corruzione del passato e sui processi in corso.

Lo ha fatto invece il consigliere comunale di Alessandria Domenico Di Filippo (M5S) che ha chiesto al sindaco Rita Rossa, presente a quella riunione della Slala, «quali siano stati i criteri che hanno determinato l’appoggio del Comune di Alessandria all’elezione del Presidente di Slala, nome significativo dell’imprenditoria, purtroppo anche delle cronache giudiziarie riguardanti i legami fra il mondo degli affari a quello della politica».

Rita Rossa è una veterana della politica piemontese, scena che cavalca sin dai primi anni Novanta grazie all’esperienza del padre Angelo, un esponente di punta del Psi e presidente del consiglio regionale. Lei è stata vicepresidente della provincia e infine è stata eletta sindaco con il sostegno di tutto il centrosinistra. Ma sul nome di Binasco è convinta di avere rispettato ogni norma.

«Innanzitutto è una carica non onerosa, non percepisce il gettone. È una forma di servizio al territorio – dichiara a “l’Espresso” – Poi la fondazione fa solo programmazione, non maneggia finanziamenti né media con la politica».

Rossa sostiene che siano stati rispettati requisiti «molto severi», basati su quelli delle governance bancarie, controllati dal prefetto: il presidente non deve trovarsi in situazione di decadenza e ineleggibilità, non deve essere sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza, e non deve avere condanne passate in giudicato o sentenze di applicazione della pena. «All’atto di presentazione ci è stato detto che questi criteri sono stati rispettati», conclude.

Storica intesa Usa-Iran sul nucleare. Furiosi israeliani e sauditi

aprile 03 2015

Nella resa dei conti globale che caratterizza questa fase geopolitica complessa, in cui ogni attore gioca su due o tre tavoli contemporaneamente, può accadere anche questo: Iran e Usa che festeggiano insieme mentre Israele, Arabia Saudita, Egitto e gli altri Paesi sunniti guardano in cagnesco la strana coppia.

Colpa dell’accordo sul nucleare, che segna una tappa storica nel disgelo fra Washington e Teheran.

 Punti centrali della storica intesa, la cancellazione graduale e monitorata delle sanzioni, la riduzione di due terzi dell’arricchimento dell’uranio, controllo da parte di ispettori internazionali della sospensione del programma nucleare iraniano.

“L’accordo è stato trovato sui parametri chiave. Cominciamo immediatamente a lavorare sulla stesura, che verrà completata entro il 30 giugno”, ha detto il presidente iranianoHassan Rohani. Cauto il ministro degli Esteri Javad Zarif: “L’Iran è stato vittima in passato di molte, molte promesse infrante. Vogliamo essere sicuri che questo non accada di nuovo. Le nostre relazioni con gli Usa non hanno niente a che vedere con questo. Ci dividono tante differenze e nel passato abbiamo eretto una reciproca diffidenza. La mia speranza è che, con la coraggiosa implementazione di questo accordo, si possa recuperare un po’ di quella fiducia. Non ci resta che aspettare e osservare”.

Nei quartieri più benestanti della capitale la gente è scesa in strada a festeggiare. AncheObama presenta l’accordo come una vittoria: “E’ una storica intesa, preverrà la bomba nucleare. Se arriveremo a un accordo finale, gli Stati Uniti, i nostri alleati e il mondo saranno più sicuri. Se l’Iran mentirà, il mondo lo saprà”.

Ma l’inquilino della Casa Bianca deve fare i conti con l’ira del premier israelianoBenjamin Netanyahu. I due si sono sentiti telefonicamente in serata e il premier israeliano è stato duro: “Questo accordo mette a rischio la sopravvivenza di Israele. L’intesa apre la strada alla possibilità che l’Iran si doti della bomba atomica”.

Fonte: Il Primato Nazionale

http://www.informarexresistere.fr/2015/04/03/storica-intesa-usa-iran-sul-nucleare-furiosi-israeliani-e-sauditi/

Soros prepara la regina delle speculazioni: quella sul cibo

Soros, condannato in Indonesia per la speculazione sulla loro moneta, premiato in Italia da Prodi, rappresentante della “società civile”

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aprile 03 2015

Sono certo che la terra da coltivare sia il miglior investimento della nostra epoca. I prezzi dei prodotti alimentari aumenteranno, grazie alle richieste sempre maggiori dei mercati, e il fabbisogno sarà soddisfatto attraverso la coltivazione di nuove terre, o della tecnologia o, forse, di entrambe”.George Soros aveva le idee chiare già nel 2009 e l’anno successivo ha iniziato la sua scalata all’approvvigionamento di terre, aziende agricole e società impegnate nell’agrochimica e nella biotecnologia. Secondo alcuni analisti l’obiettivo del miliardario e speculatore americano sarebbe quello di creare una bolla economica sui principali prodotti alimentari di largo consumo: una speculazione dalla portata enorme, capace di mettere in ginocchio vaste aree del globo.

L’allarme riguardante la “food security” fece la sua comparsa nel dibattito politico internazionale nel biennio 2007-08, quando la volatilità delle quotazioni dei prezzi degli alimenti mise in allarme Fao, Fmi, e Banca mondiale. Una serie di rapporti e studi commissionati dalle organizzazioni citate evidenziò alcuni fattori che indussero a preoccupanti riflessioni: nel 2050 la popolazione mondiale dovrebbe superare i 9 miliardi di unità, la superficie di terra coltivabile pro capite diminuirà di oltre il 50% e, di conseguenza, la produzione agricola dovrà essere incrementata del 70%. L’allora primo ministro giapponese, Taro Aso, sfruttò l’occasione data dal G8 tenutosi a L’Aquila nel luglio del 2009 per proporre un documento contenente una dichiarazione di intenti per regolamentare il fenomeno delle acquisizioni di terra, il cosiddetto Land Grabbing. I capi di stato e di governo dell’Unione Africana ne seguirono l’esempio nel corso della 13° Sessione Ordinaria tenuta a Sirte, in Libia, sempre nel luglio del 2009, in cui adottarono un documento con linee guida specifiche denominato “Framework and Guidelines on Land Policy in Africa”.

L’azione dei governi per porre un argine alle imminenti speculazioni indusse, molto probabilmente, gli speculatori stessi ad accelerare le loro operazioni finanziare. A conferma di questa ipotesi giunge un dato oggi facilmente verificabile: nel biennio 2009-10 oltre 50milioni di ettari passarono, tra vendite o affitti pluridecennali, dagli Stati o da piccoli agricoltori e proprietari terrieri a grosse società private e multinazionali. Chiaramente la regia di questa mega operazione rispondeva al nome di George Soros. Nel 2010 acquistò la Garilon, società produttrice di silos, la quale dopo il passaggio di proprietà acquisì prima la De Bruce Grain, terza azienda produttrice di cereali nel mercato americano, con una produzione stimata in 300milioni di stai all’anno, poi ottenne dal governo australiano la concessione dei terreni destinati alla produzione di grano, riuscendo in breve tempo a diventare la prima esportatrice dell’emisfero sud. Un record se si considera che, a livello mondiale, solo il 15% del grano prodotto viene destinato all’esportazione.

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Ottenuti i terreni il progetto speculativo del “filantropo” (come ama autodefinirsi) necessitava di tecnologia atta all’incremento della produzione e di una copertura politica. La prima fase si concluse con l’acquisizione di 897.813 azioni di Monsanto, la multinazionale americana, con diramazioni e sedi in tutto il mondo, detentrice del monopolio sulla produzione di glifosati e sementi Ogm. L’operazione fu quantificata in un investimento totale di 312,6 milioni di dollari. Il secondo fattore non può essere direttamente attribuito al volere di Soros ma non è difficile immaginare i fili che mossero i burattini della politica americana, in particolare democratici, che proposero e attuarono il famigerato Disegno di legge S510, ovvero ilFood Safety Modernization Act. Negli Stati Uniti il finanziamento ai partiti e ai loro candidati è legale e reso pubblico, non è quindi un segreto che George Soros abbia promosso le campagne elettorali del presidente Obama, a partire dalla sua elezione a senatore, della famiglia Clinton, di Al Gore, e di una ventina di deputati del Congresso fra i quali Al Franken, l’uomo che a distanza di 40 anni ha posto fine alla disputa tra Usa e Vietnam riguardo all’utilizzo americano, durante la guerra, del famigerato Agente arancio, ideato e prodotto per l’esercito a stelle e strisce proprio dalla Monsanto.

Tra i punti principali del Fsma possiamo evidenziare: il controllo di tutte le aziende alimentari Usa da parte della Homeland Security e del Ministero della Difesa, al fine di prevenire, questa la motivazione ufficiale, contaminazioni sul cibo prodotto in patria da parte di terroristi o servizi segreti di Stati nemici. Il controllo dei prodotti alimentari provenienti da mercati esteri attraverso l’utilizzo della marina militare, con la possibilità di estendere il reato di contrabbando anche ai piccoli produttori o a privati, qualora esercito e governo ne individuassero la necessità. Terzo e ultimo passaggio fondamentale l’adozione del Codex Alimentarius varato da Onu e Oms, una pubblicazione che induce all’omologazione delle caratteristiche dei prodotti alimentari da attuare a livello mondiale. La normativa americana ha prodotto effetti anche sulle scelte dell’Ue, a cominciare dalla legge che obbliga i paesi comunitari all’uso di sementi certificate, eliminando di fatto la possibilità di utilizzare alcune cultivar autoctone. Passaggi fondamentali nell’iter che ha condotto all’ideazione e ormai prossima attuazione del Ttip.

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Secondo un report del New England Complex System Institute l’aumento del prezzo del grano all’inizio del 2011, dovuto anche agli investimenti di Soros e al regime di monopolio che sta acquisendo, è da considerarsi tra le cause scatenanti delle rivolte in Nord Africa e Medio Oriente. Una dimostrazione del potenziale enorme a disposizione del miliardario di origine ungherese, il quale, negli ultimi due anni, ha visitato in almeno due occasioni anche il Salento, soggiornando a Lecce. Che si tratti di una improvvisa passione per il barocco leccese o di un segnale preoccupante da cogliere, forse, lo scopriremo nei prossimi anni. E’ un fatto, però, che proprio nel famigerato 2010, presso lo Iam (Istituto Agronomico Mediterraneo) di Bari si sia tenuto un congresso durante il quale, per la prima volta, furono introdotti materiali infettati dalla Xylella Fastidiosa, il batterio al quale viene imputato il disseccamento rapido di migliaia di ulivi in diverse zone del Salento. La tipologia dei campioni analizzati nel corso del convegno, e la relativa distruzione in base alle norme codificate, è oggi al vaglio degli inquirenti. La pm Elsa Valeria Mignone, della procura di Lecce, sta indagando sull’origine del batterio con un ampio filone d’inchiesta indirizzato sull’attività dello Iam. Indagini rese complicate, come ha sottolineato la stessa pm, dalla singolare immunità della quale gode, per legge, l’Istituto agronomico. Siamo nel campo delle ipotesi, forse anche estreme, ma il modus operandi, la cronologia dei fatti, la presenza sul territorio per prendere contatti con associazioni ambientaliste, i rapporti con la società brasiliana della Monsanto, la Alellyx, che studia proprio tipologie di piante resistenti alla Xylella, sono tutti fattori che sembrano allungare l’ombra della speculazione alimentare di George Soros anche su questo lembo d’Italia.

Francesco Pezzuto

Fonte: Il Primato Nazionale