La denuncia dell’Authority dei contratti a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione: “Deroghe a ottanta regole, così la spesa è lievitata”
di GIULIANO FOSCHINI e FABIO TONACCI
Le falle. Per capire di cosa stiamo parlando basta prendere l’opera al momento più famosa dell’Expo, le cosiddette “Architetture di servizio” per il sito, cioè le fondamenta dei capannoni. Famosa per il costo, 55 milioni di euro, ma soprattutto perché attorno a quel contratto ruota l’indagine di Milano sulla banda di Frigerio. Lo ottiene la Maltauro, ma come? Per l’affidamento Expo sceglie di non bandire una gara europea, aperta a tutti, ma di seguire la procedura ristretta. Partecipano sette aziende e dopo la valutazione della commissione vince un’Ati (Associazione temporanea di imprese) che ha come capofila appunto la Maltauro, l’azienda che è accusata di aver pagato mazzette a Frigerio e Greganti. La procura di Milano accerterà cosa è accaduto e come. Per il momento si può dire che a spalancare la porta alla corruzione è stata proprio la legge, permettendo la procedura abbreviata. “Come in molti altri casi per l’Expo – scrive il Garante nel suo dossier – si è seguito il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. A individuare quale sia, deve essere una commissione di 3 o 5 membri, “imparziale e altamente qualificata”. Ma, ed ecco l’anomalia, nell’offerta della Maltauro hanno avuto più peso gli elementi qualitativi “per loro natura soggettivi”, quali l’estetica e il pregio, rispetto al prezzo e ai tempi di esecuzione, “che sono invece dati oggettivi”. Il punteggio qualitativo era 65 punti, quello quantitativo 35 punti. In sintesi, basta avere dei commissari amici e il gioco è fatto. “Ne abbiamo due su tre”, si compiacevano Frigerio e Greganti, al telefono. E lo stesso Maltauro, interrogato dopo l’arresto, ha confermato il sistema.
L’urgenza che non c’è. Ma a impressionare l’Authority è l'”emergenza perenne” che tutto giustifica. Perché, per esempio, viene affidato “in deroga” a Fiera di Milano spa l’allestimento, la scenografia e l’assistenza tecnica (2,9 milioni)? “Non si ravvisano evidenti motivi di urgenza – annota Santoro – per un appalto assegnato il 28 novembre scorso, un anno e mezzo prima della data del termine dei lavori”. Ancora: con procedura “ristretta semplificata” sono stati dati i 2,3 milioni per il servizio di vigilanza armata a un’Ati (la mandataria è la Allsystem Spa), nonostante quella modalità “è consentita solo per contratti che non superino il milione e mezzo di euro”. Sforamenti simili, ma di entità inferiore, sono avvenuti con l'”affidamento diretto”, utilizzato 6 volte. “Il tetto massimo ammissibile è 40mila euro”, segnala Santoro, ma nella lista figurano i 70mila a un professionista per lo sviluppo del concept del Padiglione 0 e i 65mila per servizi informatici specialistici.
Il caso Mantovani. Su un caso, la realizzazione della “piastra del sito espositivo”, l’Authority si sofferma un po’ di più. È l’appalto più consistente, la base d’asta è fissata a 272 milioni di euro. Con un ribasso addirittura del 41 per cento e un offerta di 165 milioni lo ottiene, il 14 settembre di due anni fa, una cordata guidata dal colosso delle costruzioni Mantovani, il cui presidente Piergiorgio Baita sarà arrestato il febbraio successivo nell’ambito di un’inchiesta sul Mose di Venezia. “Con lo stesso aggiudicatario – rileva il garante – Expo ha stipulato però altri due contratti, rispettivamente di 34 milioni e 6 milioni, in opere complementari alla piastra”. Un’osservazione che rimane tale, che non arriva ad assumere le forme di una qualche accusa specifica contro la cordata di imprese vincitrici, ma che per Raffaele Cantone (che martedì si incontrerà con Santoro) potrebbe valere un approfondimento.
La Pedemontana. Quando l’Authority ha potuto ficcare il naso, sono stati guai. “Solo per la costruzione della Pedemontana – spiegano – non siamo stati esautorati dal nostro ruolo di vigilanza”. A marzo del 2013, dopo uno screening dello stato di avanzamento, oltre a segnalare gravi ritardi ha individuato un incremento del costo complessivo dell’opera complementare all’Expo di 250 milioni di euro. Non sarebbe un caso. Nella relazione ispettiva si legge che l’appalto era stato affidato con “elementi oggettivi di distorsione della concorrenza e conseguente alterazione del risultato della gara”. In sostanza appalto sbagliato, costi impazziti, autostrada che rischia di non essere mai terminata.