L’Unione africana contro la Cpi

di: Francesca Dessì

Il Consiglio esecutivo dell’Unione africana ha adottato giovedì sera una risoluzione che chiede alla Corte penale internazionale (Cpi) di far cadere le accuse contro il neo presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, e il suo vice William Ruto. La risoluzione è stata approvata all’unanimità. Per anni il Kenya ha cercato di chiudere il procedimento, facendo richiesta nel febbraio del 2011 al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e il mese successivo alla Corte penale internazionale.

“Sembra che questo tribunale sia stato creato per i leader africani, per umiliarli. Non lo accetteremo mai” ha affermato il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir (foto), che ieri ha ricevuto a Juba il suo omologo Kenyatta.

Le sue dichiarazioni riprendono quanto più volte affermato dai rappresentanti dell’Unione africana. Il 2 luglio del 2009, l’Unione africana, riunitasi a Sharm El-Sheikh, ha votato all’unanimità una risoluzione che sancisce che i mandati di arresto internazionali emessi contro dirigenti africani non sono esecutivi sul continente. In quell’occasione i capi di Stato africani hanno evidenziato che ci sono stati “degli abusi riguardo al principio di competenza universale”, applicabile ai crimini di guerra e contro l’umanità che possono colpire il diritto internazionale, l’ordine e la sicurezza. Una decisione spiegata dai leader africani chiamando in causa motivazioni “politiche” da parte dei giudici “non africani” nelle azioni avviate contro dirigenti del Continente Nero.

Molti Paesi africani, come del resto Stati Uniti, Russia, Cina, non hanno infatti firmato il Trattato di Roma che istituiva il Tribunale. Un tribunale che stranamente giudica e avvia procedimenti solo contro Stati, africani e non, che avrebbero il diritto di lavare i panni sporchi a casa propria. In genere Paesi poco graditi agli Stati Uniti, certamente più volte colpevoli di crimini contro l’umanità, ma mai portati da nessuno davanti ad una corte internazionale.

È il caso del presidente del Sudan, Omar Hassan al Bashir, sulla cui testa pende un mandato di cattura per presunti crimini di guerra commessi durante la guerra in Darfur, scoppiata nel febbraio del 2003 e costata la vita a 300mila persone. O quello dell’ex capo di Stato ivoriano, Laurent Gbagbo, sotto processo per crimini contro l’umanità. Si tratta di casi in cui la Cpi risponde agli interessi dell’Occidente, nel primo degli Stati Uniti, nel secondo della Francia.

Tornando sulla visita a Juba del presidente keniota, i due capi di Stato hanno ribadito gli impegni relativi alla costruzione di un oleodotto che dovrebbe collegare i giacimenti di Juba al porto keniano di Lamu,.

Si tratta di un oleodotto che permetterebbe al governo di Juba di estrarre e raffinare il greggio senza dover più dipendere dalle infrastrutture del governo di Khartoum. Nel sud del Sudan ci sono infatti i giacimenti petroliferi, ma nel nord ci sono le infrastrutture, gli oleodotti e il terminale di Port Sudan.

24 Maggio 2013

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21110

 

L’Unione africana contro la Cpiultima modifica: 2013-05-27T18:16:00+02:00da davi-luciano
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