In Italia i conti correnti bancari sono controllati da Serpico

By Edoardo Capuano – Posted on 21 gennaio 2013

RedditometroBasta un movimento incongruo per far scattare il sequestro e l’eventuale denuncia penale

Redditometro senza orizzonte: laddove non è (ancora) arrivato il fisco, arrivano i giudici. Secondo i quali basta un piccolo dubbio rintracciato sui conti correnti bancari per rischiare una confisca o addirittura una denuncia penale.

Mentre i contribuenti italiani cercano di capire come difendersi da Serpico e dai nuovi super accertamenti tributari messi a punto dal Governo di Mario Monti, la Corte di cassazione mette in mano agli 007 dell’agenzia delle Entrate un altro, potentissimo strumento.

Basterebbe un banale movimento sospetto sul conto corrente – questo il senso della pronuncia dei giudici di piazza Cavour – per giustificare non solo l’accertamento fiscale (che da aprile sarà la «regola» del redditometro), ma anche per aprire le porte al sequestro e quindi alla confisca per evasione tributaria. Di qui l’eventuale denuncia penale.

È l’ultimo, assurdo elemento che porta dritti alla nascita dello Stato di polizia tributaria. Temuto soprattutto da chi paga le tasse regolarmente, sopportando una pressione fiscale destinata ad arrivare vicina al 45% del prodotto interno lordo. E proprio gli onesti studiano il redditometro, con l’obiettivo di evitare di finire nella trappola del fisco senza avere la possibilità di difendersi ad armi pari. Rischio non improbabile in particolare per quanto riguarda i controlli che saranno effettuati dalle Entrate per il quadriennio 2009-2012. Certo c’è la «franchigia» da 12mila euro che l’amministrazione finanziaria ha informalmente promesso di attivare, almeno in una prima fase di controlli. Tuttavia, non è da escludere del tutto qualche errore. Per esempio potrebbero essere stati tanti ad attingere a risparmi in contanti (chi vieta di conservare banconote «sotto il mattone»?), negli scorsi anni, per far fronte anche a spese importanti. Del resto, fino al dicembre 2011 il limite all’utilizzo del cash, poi portato a 1.000 euro, era di 12.500 euro. Tra le spese destinate a far scattare l’allarme «evasore», ci sono anche alcune voci discutibili. Come le polizze assicurative, la spesa per scuole private, i contributi per lavori domestici.

Serpico, dunque, fa sempre più paura. Prova a placare l’ira dei contribuenti la Cgia di Mestre. «Il redditometro non sarà quello spauracchio che qualcuno vuole farci credere. I contribuenti onesti non devono temere nulla: non sarà nè feroce nè repressivo» ha spiegato ieri il segretario dell’associazione.

La Cgia ha realizzato alcune, utili simulazioni. Il risultato è che – calcolando la franchigia di 12 mila euro l’anno che l’amministrazione finanziaria applicherà, almeno in via ufficiosa – per essere convocata dal fisco a giustificare la propria posizione una coppia tra i 35 e i 64 anni e senza figli dovrà scendere sotto una soglia di reddito complessivo annuo che nel Nordest è di 7.642 euro. Livello che scende a 6.923 euro per un nucleo del Nordovest e si abbassa ulteriormente nel Centro (4.643 euro) nel Sud (2.324 euro) e nelle Isole (270 euro).

Se invece si tratta di una coppia di anziani over 64 senza figli abitante nel Nordest la posizione di rischio scatterà sotto i 4.184 euro che salgono nel Nordovest a 4.412 euro, mentre nel Centro l’asticella non dovrà andare sotto quota 2.018 euro. Nel Sud e nelle Isole tutti i nuclei famigliari di questo tipo non avranno nessun problema.

Stesso scenario tranquillizzante anche per gli altri nuclei familiari studiati dalla Cgia. Secondo cui saranno colpiti solo i falsi poveri. Col risultato che gli sceriffi delle tasse porteranno a casa un bottino magro. Del resto, per il 2013 il gettito previsto dall’applicazione del redditometro, come ricorda la stessa Cgia, si attesterà attorno agli 815 milioni di euro, 715 attraverso l’autotassazione e gli altri 100 dall’attività accertativa. Calcolatrice alla mano vuol dire lo 0,7% dell’evasione totale, stimata a quota 115-120 miliardi di euro. «Il fisco – spiega Bortolussi – recupererà solo le briciole».

Autore: Francesco De Dominicis / Fonte: liberoquotidiano.it

 

10 Contentini per i Sudditi del Nuovo Mondo

Viator

Qualsiasi finta rivoluzione politica, sociale, economica, tecnologica progettata e attuata dal Potere per condurre il gregge da un punto A ad un punto B è stata ‘venduta’ alla collettività tramite la concessione di apparenti benefici e conquiste sociali che in seguito si rivelavano invariabilmente niente altro che contentini.

Nella antica Roma, il generale Marco Licinio Crasso fingendo di combatterla orchestrò in prima persona la rivolta degli schiavi, allo scopo di smantellare la vigente repubblica; la rivolta, consumatasi con l’attivo supporto delle classi sociali più umili, speranzose in un futuro più equo, contribuì in effetti a provocare la caduta della repubblica, tuttavia finì per condurre ad una dittatura …schiavistica.

La rivoluzione industriale donò alla popolazione contentini quali la elettricità e l’acqua corrente, ma la espropriò della vita libera a contatto con la natura, segregandola nel grigiore delle città e assoggettandola al ricatto del debito (v. correlati). 
La rivoluzione borghese introdusse il contentino del voto democratico, con il quale le oligarchie attraverso i fantocci dei rappresentanti eletti dal popolo si scrollarono di dosso le responsabilità derivanti dalle loro azioni tiranniche.
La rivoluzione russa illuse i lavoratori di avere assunto il comando del loro paese, ma finì per assoggettarli alla solita becera dittatura.
La rivoluzione fascista fece leva sul legittimo malcontento e le ambizioni di una parte della nazione italiana, promettendo un futuro di grandezza e prosperità, ma finì per condurre alla instaurazione di una dittatura dai connotati hegeliani e a scaraventare il Paese nella seconda grande guerra, provocando molte tragiche conseguenze che continuano ad echeggiare nel presente. La dittatura fascista poté inoltre essere facilmente demonizzata, combattuta e spodestata dalle forze anglo-americane, che riuscirono a legittimare la occupazione permanente di un paese sovrano (di elevata rilevanza geopolitica) senza essere percepiti da opinione pubblica e storiografia come invasori, bensì come salvatori, tutori della democrazia. Successe allora con gli Alleati ed i partigiani, continua a succedere oggi in Africa e Medio Oriente con la Nato ed i ‘ribelli’ delle varie primavere arabe.

Gli anni della contestazione giovanile e del femminismo grazie ai contentini della emancipazione giovanile e femminile diedero inizio alla opera di distruzione della famiglia tradizionale (v. punto 7) e posero le basi degli attuali conflitti generazionali (anche grazie al contributo della psicanalisi che tirò fuori dal cilindro luoghi comuni come il ‘complesso di Edipo’) e sessuali; crearono il cliché della ‘falsa ribellione’ ed indussero le nuove generazioni a disprezzare i propri genitori per lasciarsi educare dai miti propagati dal sistema dei mass media e della cultura pop.

Alla luce della gran mole di movimenti attivistici e partiti politici sorti come funghi per descrivere e anticipare una radicale soluzione di continuità rispetto al passato, e degli effettivi cambiamenti che stanno stravolgendo il mondo occidentale dopo decenni di sostanziale calma piatta, non è un delitto immaginare che questa Nuova Era, all’atto della sua instaurazione, porterà con se alcuni contentini sociali con cui chi comanda farà in modo di indorare al cittadino medio la pillola dei ‘nuovi paradigmi.’


Proviamo a immaginare di cosa potrebbe trattarsi.

1- Democrazia Diretta.
Ai tempi della monarchia era sempre ben individuabile il responsabile delle politiche di un paese. Quando le cose andavano male, la popolazione poteva presentarsi – forconi alla mano – sotto il palazzo reale. 
Quando le cose andavano male la esistenza del re e dei suoi reali congiunti diventava molto difficoltosa; i semplici atti di cibarsi, dormire o uscire di casa finivano per diventare una sorta di avventura piena di insidie. Dunque gli stessi re nutrivano interesse affinché la maggioranza dei sudditi non sviluppasse sentimenti di odio e repulsione nei confronti dello status quo.

Con la rivoluzione francese fu introdotta la democrazia rappresentativa. Da quel giorno ogni responsabilità politica fu scaricata sui ‘rappresentanti’ del popolo, ed ogni sentimento di odio e repulsione nei confronti dello status quo fu dirottato per metà contro i governi espressi delle maggioranze parlamentari, e per metà su quella parte di cittadinanza che con il proprio voto (ovviamente segreto) aveva dato mandato a una precisa fazione politica di governare il paese, fino a scadenza della legislatura.

Ora, non è difficile immaginare che se si instaurasse la tanto evocata ‘democrazia diretta’, le responsabilità politiche di cui sopra cesserebbero di ricadere su qualcuno in particolare, e finirebbero equamente distribuite su ogni singolo cittadino; in altre parole, ricadrebbero su tutti e nessuno. Nessun responsabile, dunque una grande libertà di manovra per chiunque fosse eventualmente in grado – tramite la solita, ormai nota letale combinazione di immoralità e capacità finanziaria – di manomettere gli esiti delle votazioni. Ecco a voi il divide et impera elevato alla ennesima potenza.

2- Reddito di Cittadinanza.
Sempre più frequentemente si fa riferimento alla istituzione di un reddito minimo garantito per tutti i cittadini, compresi quelli che non lavorano. Iniziativa condivisibile e auspicabile a condizione che non contempli strani vincoli di fruibilità. Se – ad esempio – la fruizione del reddito di cittadinanza fosse subordinata al possesso di una carta di debito, di un chip NFC o un chip corporeo (per praticità amministrativa), una simile innovazione perderebbe parte dei connotati benigni tradendo una natura strumentale finalizzata alla soppressione del contante, quindi allo asservimento ancora più netto del cittadino da parte dei poteri finanziari.

3- Incandidabilità dei condannati.
In un mondo perfetto, la non candidabilità politica di chiunque si macchi di gravi reati sarebbe sacrosanta. In un mondo come il nostro, per natura dominato dalla paura e dalla avidità, una simile condizione finirebbe inevitabilmente per favorire i soliti ignoti, dal momento che ogni potere occulto degno di tal nome sarebbe del tutto in grado di minacciare o corrompere il poliziotto o il magistrato compiacente di turno affinché si adoperi per stroncare le velleità di ogni potenziale candidato ‘scomodo.’ Della serie: chi controlla i controllori? In altre parole, ho il sospetto che chi si batte per la introduzione della incandidabilità dei condannati stia lavorando inconsapevolmente per facilitare la vita dei soliti ignoti.

4- Riduzione del numero dei parlamentari.
Un’altra battaglia politica attualmente in corso è quella circa la riduzione dei seggi in parlamento, e perfino la soppressione di una camera parlamentare. Le motivazioni ufficiali tirano in ballo i costi della politica e la maggiore governabilità ed efficienza di un sistema ‘snello.’ Anche qui, nulla da ridire dal punto di vista teorico e di principio. Tuttavia se la si esamina più prosaicamente, non è difficile comprendere come una simile innovazione finirebbe per danneggiare il popolo, contribuendo a soffocare gli ultimi barlumi di eterogeneità democratica, già agonizzante dopo la introduzione del bipolarismo, destinato ad essere soppiantato dal bipartitismo. E’ una questione statistica: meno teste ci sono, più è semplice il loro controllo ed indirizzamento.

Quando nel 2008 nel nostro Paese ebbero luogo le elezioni politiche, e all’orizzonte si prospettava la ratifica del Trattato di Lisbona (attuata nella estate del 2009 a totale insaputa della nazione, complice la ‘sbadataggine’ della cosiddetta informazione), una ben strana coincidenza volle che dopo mezzo secolo di presenza costante sui banchi del parlamento, le ali estreme della politica italiana – avverse o molto critiche nei confronti del Trattato – restassero inopinatamente fuori dai giochi. Ovviamente simili espedienti non possono essere adottati a piacimento, in quanto alla lunga rischierebbero di minare la incrollabile fiducia che il cittadino medio ripone nella cosiddetta democrazia. Di conseguenza nei piani dei burattinai urge l’adozione di riforme che siano in grado di ridurre il rischio di incappare in personalità dissenzienti. La riforma del potere legislativo potrebbe essere una di esse.

5- Legalizzazione delle droghe leggere.
Chi di voi si è chiesto come mai per prelevare un pacchetto di sigarette dai distributori automatici, da qualche tempo sia obbligatorio l’inserimento della propria tessera sanitaria? Per impedirne l’acquisto ai cittadini minorenni? Possibile.
Tuttavia 
dando per scontata la ormai imminente privatizzazione del settore sanitario  molto perseguita dai poteri forti anche tramite la attuale finta ‘crisi economica’ – è immaginabile che sia in atto una vera e propria schedatura dei cittadini fumatori. A che scopo? Molto probabilmente per fornire una motivazione alle compagnie assicurative nel momento in cui si rifiuteranno di accordare una adeguata copertura economica alle terapie da prestarsi ai cittadini dalle abitudini provatamente ‘insalubri.’

Fateci caso: la stigmatizzazione delle abitudini insalubri è iniziata da anni, e prosegue con veemenza. Questi amabili filantropi sembrano tanto preoccupati per la nostra salute quando si tratta di vietare il fumo nei locali pubblici o stampare frasi ad effetto sui pacchetti di sigarette, o proporre di tassare le bibite gasate, tuttavia non battono ciglio di fronte alle porcherie commesse quotidianamente sotto i nostri occhi con le scie chimiche ed i vari livelli di inquinamento ambientale e alimentare. Come si spiega questa doppiezza? Io la spiego con una sola parola: colpevolizzazione. Come laboriosi muratori stanno edificando il luogo comune secondo cui chiunque non si omologhi a un rigido regime di ‘salutismo’ non meriti di essere curato con il medesimo dispiego di mezzi e fondi concesso ai cittadini diligenti.

Una volta abolito il denaro contante ogni nostro acquisto birichino, dalle sigarette ai dolciumi, al trash food, alle droghe non omologate, sarà registrato e potrà essere sfruttato per negarci (o ridimensionare fortemente) la copertura assicurativa per fini terapeutici. Non si può negare che una simile iniziativa costituirebbe un bel risparmio economico per le assicurazioni, il tutto con la approvazione del clan dei cittadini salutisti. Molto probabilmente fu in questa ottica che anni fa nel codice stradale fu introdotta la obbligatorietà di caschi e cinture di sicurezza, ed è in questa ottica (oltre che in ottica erariale) che si inquadrerà la eventuale legalizzazione delle droghe leggere,per accedere alle quali potrebbe essere resa obbligatoria la schedatura in appositi registri.

6- Fine Vita.
Fino a qualche tempo fa era denominata ‘eutanasia’; oggi la chiamano ‘fine vita’, probabilmente per un fatto comunicativo. Sta di fatto che anche in merito a tale politica ‘progressista’ è difficile non scorgere la longa manus di globalisti ed assicurazioni che si preparano ad amministrare la copertura finanziaria della sanità privata di massa.Escludere dalle spese risarcitorie il mantenimento in vita dei pazienti versanti in stato (cosiddetto) ‘vegetativo’ o di (cosiddetta) ‘morte cerebrale’ costituirebbe un notevole risparmio per costoro.
Non è il caso di soffermarsi in questo post sulle implicazioni etiche e spirituali del fenomeno; né sui potenziali sviluppi verso cui la legalizzazione e regolamentazione della eutanasia potrebbe condurre a medio – lungo termine (v. correlati). 
Basti sapere che la scienza non ha mai provato la irreversibilità né degli stati vegetativi, né delle morti cerebrali. La scienza ha provato invece l’esatto opposto. LINK LINK LINK LINK. Lascio a voi le conclusioni in merito a chi gioverebbe realmente tale ‘misericordiosa’ e ‘civile’ politica finalizzata al ‘distacco della spina.’

7- Matrimoni e adozioni gay.
Da che mondo è mondo il principale strumento di difesa del singolo cittadino nei confronti delle autorità costituite è stato il clan di consanguinei, la famiglia, il casato.Fintanto che un singolo individuo possa contare su un ampio gruppo di consanguinei pronti a difenderlo dai soprusi del potere ed a prestargli supporto economico per non farlo soccombere al ricatto del debito, esso non può dirsi isolato ed in balia dei poteri finanziari.

Nelle famiglie tradizionali i bambini crescevano all’interno di un ambiente caloroso e attento, e potevano costantemente contare sul supporto delle loro madri (principali figure di riferimento, indispensabili per lo sviluppo psicologico del bambino) e dei nonni. Oggi vengono affidati a badanti e nidi che per quanto onesti e professionali non potranno mai sostituire adeguatamente la figura materna. Per non parlare delle dosi massicce di televisione e videogiochi somministrate ai bimbi ad ogni ora del giorno, e con cui molti genitori pretendono di sopperire alla loro assenza. I risultati di un simile abbandono in tenera età sono sotto gli occhi di tutti. Si rispecchiano in molte patologie psichiche moderne un tempo assenti, nella coltivazione di valori sballati ed antisociali e nella progressiva atomizzazione degli individui, sempre più isolati, immaturi, violenti e dipendenti dai mille palliativi offerti dal mercato. 


Inoltre ‘famiglia’ vuol dire ‘figli’, e ‘figli’ significa sovrappopolazione: una ‘piaga’ che i globalisti proprio non riescono a digerire (v. correlati ed il punto 9).

E’ proprio per queste (ed altre) ragioni che i tromboni che tirano i fili al mondo, da ormai mezzo secolo sono impegnati a manipolare l’economia e la cultura di massa con l’ormai evidente obiettivo di ridimensionare, screditare ed in ultima istanza far cadere in desuetudine l’antico istituto della famiglia tradizionale. I luoghi comuni del divorzio al primo intoppo, del femminismo, del figlio unico, dello status da ‘single ad oltranza’ (di cui chi scrive è vittima) non sono piovuti nelle nostre menti per una fortuita casualità. Il graduale processo (culturale, sociale) di femminizzazione dei cittadini di sesso maschile e di mascolizzazione di quelli di sesso femminile a cui da molti anni si sta assistendo rientra tra i primi motivi della incomunicabilità sorta a complicare i rapporti tra i due sessi, e non è stato casuale, tanto meno naturale, né è dipeso da una tendenza scaturita dal basso. Chi nutre dubbi al riguardo è invitato a ripercorrere con la mente sgombra da pregiudizi l’andazzo culturale e mediatico degli ultimi decenni.

Proprio come nel caso della crociata contro il fumo parallela al lassismo con cui si consente alla industria di avvelenarci quotidianamente, è necessario chiedersi se il potere (quindi i mass media che ne sono espressione) abbia realmente a cuore i diritti ed i sentimenti degli omosessuali, o se invece le istanze degli omosessuali siano strumentalizzate per perseguire altri obiettivi. E’ possibile che chi continua a dipingere come  legittime le guerre a cui l’Italia si accoda, chi digerisce come una cosa normale un golpe politico come quello del 2011, chi continua a descrivere come accettabile la attuale classe dirigente, chi non apre bocca sul fenomeno delle scie chimiche, di contro sia invece sinceramente interessato alla tutela di una particolare categoria di cittadini?

Nel mio piccolo non nutro alcun pregiudizio nei confronti delle persone omosessuali. Sono convinto che ognuno abbia non solo il diritto, ma il dovere di perseguire la propria realizzazione in qualsiasi modo (civile e pacifico) ritenga opportuno. Di contro, credo che ognuno debba assumersi le proprie responsabilità politiche nei confronti del tipo di società che lascerà in eredità ai posteri. E che in taluni casi sia dovere morale di ogni cittadino osservare il motto ubi maior minor cessat, anche quando ciò comporti una grande sofferenza e sacrificio individuale. Una eventuale introduzione del matrimonio e delle adozioni gay, unitamente alle altre mutazioni sociali elencate nel paragrafo precedente, alla lunga non potrebbe che nuocere ai singoli individui (di qualsiasi orientamento sessuale) e a quel briciolo di libertà rimasto nella società, in quanto concorrerebbero alla estinzione della malmessa famiglia ‘di sangue’, che – come già accennato – rappresenta un fondamentale baluardo in favore dei singoli cittadini, contro lo strapotere del grande fratello.

8- Riapertura delle case chiuse.
Tra i dieci ipotetici contentini elencati in questo articolo, credo si tratti del più innocuo, sebbene la sua introduzione servirebbe a coadiuvare l’azione di quelli più pericolosi. I controlli sanitari periodici scongiurerebbero molti ricoveri per malattie a trasmissione sessuale, il tutto a vantaggio delle assicurazioni. Inoltre – proprio come nel caso delle droghe leggere – un simile provvedimento susciterebbe l’emersione del lavoro nero che regola il settore e condurrebbe a nuovi introiti fiscali che solo in Italia sono stimati intorno ai 3-5 miliardi di euro annui, con gran goduria da parte di governi e banche. Per finire, la ‘normalizzazione’ del sesso a pagamento, all’interno di una società come quella contemporanea, costituirebbe l’ennesimo bastone gettato tra le ruote della famiglia tradizionale.

9- Connettività gratuita
Ideologi e filosofi transumanisti inseguono un futuro in cui l’intera comunità umana sia permanentemente interconnessa con l’ausilio della tecnologia. Un simile conseguimento getterebbe le basi per la realizzazione della cosiddetta 
mentalità da alveare, una cultura in cui tutti i cittadini vivano, pensino e lavorino come miriadi di singole parti di un unico organismo sistemico, sotto lo sguardo rapito e compiaciuto di coloro i quali si sono auto-proclamati ‘padroni del mondo.’ Legioni di individui omologati, alienati e privi di ambizioni individuali, pronti a servire la causa comune senza porsi domande e senza discutere gli ordini piovuti dall’alto, in nome del sistema, ribattezzato all’uopo: collettività.

Il primo passo verso tale arido obiettivo è coinciso con la introduzione del web e della ‘filosofia’ dei social network. Il secondo contemplerà l’evoluzione del web in qualcosa dipersistente, una sorta di estensione delle capacità cognitive e comunicative di ogni cittadino attraverso i dispositivi indossabili ed impiantabili a connettività permanente. Si introdurranno nuovi protocolli di comunicazione mobile estremamente più efficienti e veloci di quelli attuali e probabilmente si procederà a coprire ampie porzioni di territorio con il segnale ‘wi-max’ concesso a prezzi esigui o del tutto gratuitamente Il wi-max altro non è che una connessione wi-fi ad ampio raggio. Mediante questa tecnologia anche coloro i quali non avessero voluto o potuto aggregarsi alla comunità dei cittadini ‘connessi’, finirebbero per lasciarsi ‘irretire.‘ Dopo la eventuale abolizione del contante il wi-max consentirebbe ai cittadini di ricevere ed effettuare pagamenti elettronici mediante smartphone, tablet, occhiali a realtà aumentata e chip corporei.Comporterebbe i medesimi rischi per la salute della tecnologia wi-fi (v. post correlati), estesi però alla intera popolazione. Concorrererebbe alla opera di sterilizzazione di massa attualmente in corso, e la gente – se non adeguatamente sensibilizzata – lo accoglierebbe come un fatto di civiltà e di cultura.

10- Free energy.
Eccoci giunti al capolinea di questa carrellata di ipotesi. Come abbiamo visto, per buona parte non si tratta di innovazioni intrinsecamente dannose, eppure esiste il rischio che all’atto della loro concretizzazione possano assumere una connotazione negativa, in quanto collocate all’interno di una società dominata dal materialismo, dagli istinti territoriali e di conservazione, e dalla paura. Soprattutto il progresso scientifico / tecnologico, è improbabile che quaggiù si porrà mai realmente al servizio del bene collettivo; purtroppo costituirà sempre un’arma che i pochi sfrutteranno per soggiogare i molti. Un’arma che con il passare dei decenni sta via via potenziandosi e perfezionandosi, e che nei prossimi anni potrebbe infliggere il colpo di grazia alla libertà di questa umanità già quasi del tutto alienata.


Prendiamo la cosiddetta
 ‘free energy’, cioè una eventuale fonte di energia ecologica, gratuita ed inesauribile capace di ripulire l’ambiente e sgravare l’umanità del fardello delle spese di approvvigionamento energetico. Sembra che già il fisico Nikola Teslaquasi un secolo fa avesse trovato il modo di sfruttare l’energia ‘eterea’ mediante la cosiddetta ‘elettro-pulsione.’ Oggi Mehran Keshe, fisico iraniano a capo della omonima fondazione con sede in Belgio, afferma di avere sviluppato un insieme di soluzioni che consentirebbero di compiere viaggi nello spazio a basso costo e di rivoluzionare l’accesso alla energia.

Ciò detto, ben vengano simili soluzioni capaci di restituirci un po’ del tempo perso a svolgere lavori alienanti per far fronte alle spese quotidiane. Tuttavia è necessario tenere presente che i progetti descritti al punto 9 saranno definitivamente coronati solo quando l’intera comunità mondiale sarà ‘connessa’ alla rete, fattispecie che potrà verificarsi solo nel momento in cui ogni singola sparuta località del pianeta – comprese quelle più povere ed arretrate – sarà messa nelle condizioni di accedere alla energia elettrica. Ecco una chiave di lettura distopica della eventuale introduzione di questa tanto attesa  fonte di energia gratuita.

Per concludere, non scordiamo che mentre da un lato (si dice) staremmo dirigendoci verso l’energia libera, dall’altro alcune potenti organizzazioni stanno adoperandosi per privarci della libertà di coltivare il nostro cibo e di possedere una privacylimitazioni ben più gravi dell’accesso alla elettricità tramite pagamento. Perciò bando ai facili entusiasmi, teniamo occhi e mente ben aperti e assicuriamoci che poche innovazioni ‘positive’, introdotte per indorarci la pillola della nuova era, non oscurino molte altre innovazioni tutt’altro che benigne.

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http://www.anticorpi.info/2013/01/10-contentini-per-i-sudditi-del-nuovo.html

 

 

Borsa, Monte dei Paschi di Siena in caduta libera dopo scoop del Fatto

Profondo rosso per il titolo di Mps a Piazza Affari a causa dei rischi sui conti legati ad alcuni contratti derivati siglati sotto la precedente gestione, guidata dall’attuale presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, e da Antonio Vigni. Il titolo, dopo aver ceduto oltre il 4%, è entrato in asta di volatilità ed è stato sospeso. Poi è stato riammesso ma perde il 6,2 %

di Redazione Il Fatto Quotidiano 22 gennaio 2013   

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Meno quattro per cento. Si appesantisce il titolo di Monte dei Paschi di Siena a Piazza Affari a causa dei rischi sui conti legati ad alcuni contratti derivati siglati sotto la precedente gestione, guidata dall’attuale presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, e da Antonio Vigni. Il titolo, dopo aver ceduto oltre il 4%, è entrato in asta di volatilità ed è stato sospeso. Successivamente è stato riammesso alle contrattazioni e cede il 6,19% a 0,27 euro. Determinanti per l’andamento in Borsa di Mps sono state in Borsa le rivelazioni del Fatto Quotidiano, che in un’inchiesta di Marco Lillo ha raccontato di un’operazione segreta conNomura per nascondere perdite per centinaia di milioni dal bilancio 2009 e oggetto di esame anche da parte della Procura di Siena nell’ambito dell’inchiesta su Antonveneta. Il dossier derivati, su cui stanno cercando di far luce i nuovi vertici del Monte, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, sarà oggetto di esame da parte del Cda del prossimo 24 gennaio.

L’INCHIESTA DEL FATTO
”Il Monte dei Paschi di Siena nel2009 durante la gestione di Giuseppe Mussari ha truccato i conti con un’operazione di ristrutturazione del debito per centinaia di milioni di euro di cui oggi i contribuenti italiani pagano il conto”: questo l’attacco del pezzo di Marco Lillo sul Fatto Quotidiano di oggi, in cui si ricostruisce l’operazione Alexandria, dal nome di un contratto derivato siglato dal Monte con la banca giapponese Nomura e su cui sono in corso accertamenti da parte dell’attuale cda di Mps.

Il contratto, ricostruisce Marco Lillo, impone subito una correzione nel bilancio di 220 milioni di euro ma i consulenti di Pwc e Eidos stanno cercando di quantificare il buco reale nei conti del Monte che, secondo una fonte anonima citata dal nostro giornale, potrebbe salire a 740 milioni di euro. L’operazione Alexandria, al vaglio anche della Procura di Siena, sarebbe servita a Mps per “abbellire il bilancio 2009” scaricando su Nomura le perdite di un derivato basato su rischiosi mutui ipotecari che poi i giapponesi avrebbero riversato sul Monte attraverso un contratto ‘segreto’ a lungo termine non trasmesso dall’allora vertice di Mps, guidato da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, ai revisori dei conti Kpmg e a Bankitalia.

Il Cda presieduto da Profumo, che sta cercando di far luce sui derivati ‘segreti’ sottoscritti sotto la gestione Mussari, ha già ricevuto una relazione di otto pagine dal titolo ‘Alexandrià che verrà discussa il prossimo 24 gennaio, alla vigilia dell’assemblea di Mps, e in cui si parla anche di un altro derivato in perdita per il Monte, l’operazione ‘Santorini’. La relazione, firmata dall’adFabrizio Viola, sottolinea che “a fronte dei possibili impatti patrimoniali” derivanti da queste “operazioni strutturate” il cda ha aumentato da 3,4 a 3,9 miliardi di euro le richieste di Monti Bond al Tesoro. Sulla questione è intervenuto il Monte dei Paschi di Siena, che ha confermato come l’incremento di 500 milioni di euro di Monti Bond assicurerà la copertura “degli impatti patrimoniali” derivanti dai derivati, compresa l’operazione Alexandria, la cui analisi verrà sottoposta al cda entro metà febbraio.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/article-titolo-mps-in-caduta-libera-per-acquisto-derivati-tanto-paghiamo-noi-114626226.html

 

Chiazza di idrocarburi nell’Adriatico al largo dell’Abruzzo

 

PESCARA  – Una chiazza di idrocarburi stimata in circa mille litri è stata avvistata dall’equipaggio della nave di stoccaggio Alba Marina, al campo petrolifero Rospo Mare, al largo delle coste tra Abruzzo e Molise. Lo riferisce la Edison che opera alle piattaforme petrolifere. La stessa società riferisce che è scattata la procedura di emergenza e che la produzione è stata subito fermata.Non si hanno notizie della natura della chiazza e né della provenienza. Stanno operando le squadre del campo Rospo Mare e la Capitaneria. 

Ambasciator ci porta pena

Ambasciator ci porta pena

paese libero

“Nuova Amministrazione, nuovo ambasciatore.
Anche se il colore politico alla Casa Bianca e al Dipartimento di Stato rimane lo stesso, il blu del Partito democratico, la regola verrà confermata e David Thorne lascerà il suo incarico di ambasciatore degli Stati Uniti in Italia per essere sostituito da un nuovo (o nuova) rappresentante di Washington. Lo spiegano all’Adnkronos fonti diplomatiche, ricordando che “tradizionalmente” la prassi è sempre stata questa, “anche quando un presidente, sia esso repubblicano o democratico, viene confermato per un secondo mandato”.”
Al netto delle recenti indiscrezioni che vorrebbero il figlio di CIA a capo di Finmeccanica, in modo tale da farla divenire in tutto e per tutto “un’industria in ostaggio” – dopo la designazione dell’ex viceministro della Difesa USA, William J. Lynn, come nuovo presidente e amministratore delegato della controllata DRS Technologies, avvenuta circa un anno fa – quanto ai possibili sostituti a Villa Taverna la corsa sembra ristretta a tre nomi.
Il New York Times ricorda che generalmente circa il 70% degli incarichi è destinato a diplomatici di carriera e un 30% è di nomina politica, con scelte che “spesso, ma non sempre”, vengono fatte tra i principali donatori della campagna presidenziale. Roma, come avviene per le capitali dei Paesi (vassalli) europei, è appunto una sede di nomina politica, sin dal secondo dopoguerra e dai tempi “luminosi” di Clare Boothe Luce.
Dunque, i papabili sarebbero Azita Raji, ex (?) banchiera californiana di origini indiane che nelle ultime due elezioni si è distinta per la raccolta fondi a favore di Obama; John Phillips, noto avvocato di Washington sposato con Linda Douglass, ex giornalista, portavoce della campagna di Obama nel 2008 e poi membro dell’Amministrazione fino al 2010; infine, Robert Mailer Anderson, romanziere e marito dell’ereditiera Nicole Miner, figlia del cofondatore di Oracle, Bob Miner. A febbraio dello scorso anno, nella loro casa di San Francisco, la coppia organizzò uno degli eventi più spettacolari della campagna di raccolta fondi per Obama.
Si accettano scommesse.
Federico Roberti

http://byebyeunclesam.wordpress.com/2013/01/22/ambasciator-ci-porta-pena/

 

«Un’impresa al minuto ha chiuso nel 2012»

L’allarme del presidente di Confcommercio e Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli: nel nostro Paese l’anno scorso hanno chiuso circa 100 mila aziende. 

 

ROMA. Nel 2012 in Italia ha chiuso un’impresa al minuto. È l’allarme lanciato dal presidente di Confcommercio e Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli, in occasione della presentazione della giornata di mobilitazione prevista per il 28 gennaio in cui Rete Imprese metterà a punto un documento di proposte per la prossima legislatura.

Sangalli ha posto l’accento sul fatto che ancora l’Italia si trova in crisi “drammatica, profonda e duratura, una crisi che viene da lontano rispetto alla quale ancora non si riesce a scorgere l’uscita dal tunnel, che ha colpito e continua a colpire indistintamente tutti i settori e tutti i territori senza fare sconti a nessuno”.
Nel 2012, secondo i dati resi noti da Rete Imprese, la stima è di una chiusura di circa 100mila imprese. Da gennaio a settembre il saldo tra iscrizioni e cessazioni, per quanto riguarda i servizi di mercato, è di -53.234, mentre per quanto riguarda l’artigianato è di -16.912 a fronte di un saldo che nell’analogo periodo del 2011 era stato rispettivamente di -41.347 e di -10.179.

 

Rbr/Sar

http://www.larena.it/stories/Home/457952_unimpresa_al_minutoha_chiuso_nel_2012/

 

EED – L’ufficio di Soros con i nostri soldi

bene. Austerità e rigore per finanziare questi organismi con i nostri soldi.

Visto che si occupano di democrazia, quand’è che  sarà data facoltà ai popoli europei di votare tutti i trattati ed anche di discutere sulla nascita di organismi come questi?

 

L’Unione Europea si vuol comprare la “democrazia”

 

L’Unione Europea si vuol comprare la “democrazia”

 

Di Luca Fiore
http://www.contropiano.org

 Nella disattenzione dei media, pochi mesi fa l’Unione Europea si è dotata di un organismo politico il cui scopo è intervenire nella vita politica dei paesi confinanti per orientare a suo favore movimenti politici, sindacali e di opinione. A suon di milioni.

“Il Consiglio di amministrazione dello European Endowment for Democracy (Sovvenzione europea per la democrazia) si è riunito lo scorso 9 gennaio 2013 a Bruxelles per discutere la visione strategica e il mandato della nuova iniziativa. In questa occasione, Jerzy Pomianowski, attuale Segretario di Stato della Polonia, è stato eletto Direttore esecutivo dell’Endowment.

All’incontro hanno partecipato l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea, Catherine Ashton, il Presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo, Elmar Brok e il Commissario per l’allargamento e la politica di vicinato Štefan Füle”.

Questa è la notizia. Ma che cos’è l’European Endowment for Democracy? Con molta probabilità i cittadini dell’Unione che se ne sono accorti sono molto pochi, ma si tratta di un organismo politico – dotato però, come si è visto, di un consiglio di amministrazione – che è stato istituito nell’ottobre del 2012 dalla Commissione europea finalizzato, recita il suo statuto, a “sostenere finanziariamente le organizzazioni e gli attivisti che lottano per l’avanzamento dei processi di transizione democratica nei Paesi dell’area del vicinato”. Per ora i soldi stanziati per finanziare “attivisti democratici” e “processi di transizione” nei paesi confinanti con l’Unione Europea sarebbero solo 14 milioni di euro, 6,2 milioni assicurati dalla Commissione europea e i restanti 8 dai Paesi membri e dalla Svizzera. Non una grande cifra, dunque.

Ma che l’Unione Europea si doti di uno strumento politico-economico per intervenire direttamente nella vita interna di altri paesi la dice lunga sulle ambizioni imperialiste, o se non altro egemoniche, di un’entità politica che spesso liberali e democratici criticano per la mancanza di identità, di coesione, di progettualità. Ma ora accanto alla ‘Fondazione Soros’ gli interessi non sempre coincidenti delle grandi potenze occidentali potranno contare anche sul nuovo organismo europeo. Che non fa mistero di voler intervenire attivamente nella vita politica dei paesi della sua potenziale area d’influenza per orientare movimenti, opinione pubblica e forze organizzate verso i suoi interessi.

“Il fondo arriva al momento opportuno, il 2013 sarà un anno cruciale per le transizioni democratiche nei Paesi a noi vicini” afferma con il candore che la contraddistingue la baronessa Ashton. Contenta di avere a disposizione finalmente uno strumento dinamico, rapido, snello, e soprattutto non costretto a lunghi iter burocratici delle pastoie rappresentate dalla necessaria mediazione tra i diversi punti di vista dei paesi europei. Non è un caso che a presiedere l’organismo sarà Pomianowski, uomo dell’occidente già assai attivo nella Polonia degli anni ’80, in piena guerra fredda.

Di cosa si occuperà soprattutto l’EED? Di Palestina, Egitto, Libano, Marocco, Siria. Destinando sostegno e appoggio a quelle opzioni che siano collimanti con gli interessi delle potenze principali dell’Unione Europea, coprendo il tutto nel consueto discorso del favorire la difesa dei diritti umani e lo sviluppo della democrazia in aree problematiche.

Nelle aree di intervento dell’EED rientrano naturalmente anche i Balcani e l’Europa orientale, terreno di conquista in questi anni per la Fondazione Soros che non ha mai fatto mistero di fomentare e finanziare le cosiddette ‘rivoluzioni colorate’. Ora c’è da capire se i progetti del miliardario e quelli dell’UE saranno complementari o entreranno in contraddizione. Per ora le reazioni dei piccoli movimenti filoccidentali in Ucraina e Bielorussia sono entusiastiche, visto che aumenterà per loro il flusso dei finanziamenti e anche l’appetibilità mediatica.

Ma per avere qualche speranza di funzionare i finanziamenti europee all’EED devono aumentare, e di molto. Le campagne e le belle parole funzionano fino a un certo punto. Ma per finanziare blogger, giornalisti, attivisti sindacali e per convincere qualche funzionario o leader politico a passare dalla propria parte servono parecchi soldi, molti di più di quelli attualmente a disposizione di Ashton e Pomianowski. Soldi che, secondo il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, arriveranno nei prossimi anni soprattutto dai singoli stati, più che dall’Unione Europea in quanto tale.

Fonte:http://www.contropiano.org/it/esteri/item/13904-l’unione-europea-si-vuol-comprare-la-%22democrazia

http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2345:lunione-europea-si-vuol-comprare-la-qdemocraziaq&catid=171:unione-europea

 

Monti ha stanziato 2 milioni per “iniziative in Mali”: previsto l’uso di militari

L’Italia offrirà “supporto logistico” all’intervento francese in Mali. Parola del ministro degli Esteri Giulio Terzi, dopo che lo stesso concetto era stato espresso anche dal professor Mario Monti in persona. Peccato però che basta leggere il dl missioni internazionali (che Infiltrato.it ha già analizzato in filo e per segno) per comprendere l’ennesima bufala tecnica. Altro che intervento d’urgenza. Altro che appoggio alla Francia. Nel testo (approvato il 16 gennaio ma presentato addirittura a dicembre) spunta un finanziamento per ben due milioni di euro per “iniziative per il Mali”. Non solo. Diceva ancora Terzi: “Non è previsto alcuno spiegamento di forze militari italiane nel teatro operativo”. Leggendo la scheda tecnica però sembrerebbe che l’Italia ne abbia invece previsto l’uso. L’ennesima balla targata Monti&Terzi.

di Carmine Gazzanni – infiltrato.it

 

Solo “supporto logistico” e nient’altro. Il governo tecnico-dimissionario ha parlato chiaro. Interverremo, ma – sia chiaro – “non è previsto alcuno spiegamento di forze militari italiane nel teatro operativo”. Parola di Mario Monti e del suo ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata.

Insomma, la Francia dichiara guerra? Noi li seguiamo a ruota. Immediatamente. È un’emergenza, d’altronde. Eppure più di qualcosa non torna. A cominciare dalla possibilità del governo di prendere una decisione così delicata a meno di due mesi dalle elezioni politiche. La prassi parlamentare, infatti, prevede che l’esecutivo porti avanti nulla più che una “ordinaria amministrazione”. Ora, vien da chiedersi: rientra nella gestione degli “affari ordinari” anche dichiarare la guerra a un Paese straniero?

Ma c’è dell’altro. Siamo davvero sicuri che l’intervento italiano sia stato deciso in fretta e furia, spinti dall’emergenza europea? La decisione presa dal governo tecnico è davvero un gesto di responsabilità dovuto alla crisi del momento? Assolutamente no. A dimostrarlo un decreto presentato dallo stesso esecutivo nelle sue persone più rappresentative: lo stesso Mario Monti, il ministro degli Affari Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, quello della Difesa Giampaolo Di Paola e quello dell’Interno Anna MariaCancellieri.

monti_guerra_maliStiamo parlando del decreto legge sulle missioni internazionali (testo tramite cui il governo italiano ogni anno finanzia tutte le missioni nelle quali sono impegnate le forze militari e civili italiane) approvato soltanto il 16 gennaio, mapresentato il 28 dicembre 2012. Dunque molto prima dei raid aerei francesi in territorio maliano, i quali, come sappiamo, sono cominciati precisamente una settimana fa. Quelo che pare, insomma, è che l’esecutivo tecnico avesse deciso prima del tempoprima ancora dell’attacco militare francese, di finanziare un intervento armato in Mali.

Leggiamo l’articolo 1, comma 17 del decreto: “È autorizzata, a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 30 settembre 2013, la spesa di euro 1.900.524 per la partecipazione di personale militare alla missione dell’Unione europea denominata EUCAP Sahel Niger, di cui alla decisione 2012/392/PESC del Consiglio del 16 luglio 2012, e alle iniziative dell’Unione europea per il Mali”. Chiaro. Lampante. Poco meno di due milioni di euro anche per “iniziative dell’Unione europea per il Mali”. Ma di quale iniziativa stiamo parlando? Della stessa intrapresa dalla Francia. La decisione di Hollande, infatti, si inserisce all’interno dell’operazione EUTM, in concertazione proprio con l’Unione Europea. La stessa operazione tirata in ballo anche nel testo governativo.

La conclusione del discorso, a questo punto, è più che chiara: sono ben due i milioni di euro con cui il governo italiano ha previsto un intervento in Mali prima ancora dell’attacco francese nella sua ex colonia (risalente al 13 gennaio). Il motivo? Rimane oscuro.

 

Ma, a quanto pare, sembra proprio che tutto, in qualche modo, fosse stato già deciso. Anche perché – altro particolare da non sottovalutare – sono in tanti in Francia a cominciare a non credere più nelle ragioni antiterroristiche dell’intervento armato in Mali. Soprattutto perchè Parigi, fino ad ora, ha addotto varie e tante motivazioni. Lotta al terrorismo, ristabilimento dell’integrità territoriale del Paese, ritorno della democrazia, ragioni umanitarie. Le stesse presentate all’opinione pubblica nel caso della Libia nel marzo 2011. Una confusione di fondo, dunque, che è foriera di tanti e inquietanti dubbi, sostenuti, peraltro, non solo in territorio d’oltralpe ma anche a livello internazionale: l’intervento francese in Mali è finora unaguerra senza immagini, di cui l’opinione pubblica possiede scarse informazioni, sia sugli obiettivi militari colpiti durante le incursioni dei Mirage e dei Rafale, sia sulle perdite fra la popolazione civile. Più di un particolare, dunque, rimane oscuro.

Ma a questo punto – appurato che il nostro Paese abbia preso la decisione di intervenire in Mali ancora prima dell’arrivo dei francesi – le nubi inquietanti si spostano anche al di sotto delle Alpi. In territorio italiano.

 

Non bisogna, poi, dimenticare anche un’altra questione. Il ministro Terzi, a riguardo, era stato chiaro: “Non è previsto alcuno spiegamento di forze militari italiane nel teatro operativo”.Siamo sicuri sia proprio così? In soccorso arriva ancora il decreto approvato solo due giorni fa. Nella scheda tecnica del dl sulle missioni internazionali, infatti, è prevista una “consistenza militare in teatro” pari a 24 unità. Altro, dunque, che semplice “supporto logistico”.

A questo punto sarebbe curioso chiedere ai nostri ministri perché sia stato previsto un intervento (peraltro militare) in Mali prima ancora della dichiarazione di guerra francese. Un bel ben servito per gli italiani. Dal valore di due milioni di euro.



Fonte: http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/italia-in-guerra-monti-ha-stanziato-2-milioni-per-iniziative-in-mali-previsto-l-uso-di-militari

MALI, FRANCIA E POLLI

Ovvero: tutti i polli finiscono allo spiedo
“Sembra che i francesi avessero in corso una delle loro guerre, da quelle parti.”
– Charlie Marlow, da Cuore di tenebra di Joseph Conrad

La visione che il personaggio di Conrad, Marlow, descrive è quella di una fregata francese che spara bordata su una vasta giungla africana, sostanzialmente bombardando un continente. Tale immagine mi si è presentata alla mente questa settimana, quando Mirage ed elicotteri da combattimento francesi sono entrati in azioni contro un esercito eterogeneo d’insorti islamici in Mali. Che ci sia un picco d’instabilità in quel paese senza sbocchi e largamente deserto non dovrebbe certo essere una sorpresa per i francesi: in larga misura la causa sono loro e i loro alleati. 
Ed erano stati avvertiti.

Di Conn Hallinan
Foreign Policy in Focus

Un po’ di storia. Il 17 marzo 2011 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la Risoluzione 1973 per “proteggere i civili” nella guerra civile in Libia. Due giorni dopo Mirage francesi hanno cominciato raid di bombardamento contro i blindati e gli aeroporti di Muammar Gheddafi, innescando così l’intervento diretto della Gran Bretagna, assieme al Qatar e all’Arabia Saudita. 
La Risoluzione 1973 non autorizzava la NATO e i suoi alleati e parteggiare nella guerra civile libica, solo a proteggere i civili, e molti dei firmatari – comprese Russia e Cina – presumevano che l’azione del Consiglio di Sicurezza avrebbe seguito la prassi normale e avrebbe iniziato con l’esplorare innanzitutto una soluzione politica. Ma il solo tipo di “soluzione” cui era interessata l’alleanza anti-Gheddafi era il genere realizzato da bombe da 600 chili a guida laser. 

Il giorno dopo l’attacco francese l’Unione Africana (AU) ha tenuto una riunione d’emergenza in Mauritania nel tentativo di fermare i combattimenti. L’AU era profondamente preoccupata che, se la Libia fosse crollata senza un piano pronto per il dopo Gheddafi, avrebbe potuto destabilizzare altri paesi della regione. L’UA era particolarmente preoccupata che i vasti magazzini di armi della Libia potessero finire per alimentare guerre locali in altre parti dell’Africa. 
Tuttavia nessuno a Washington, Parigi o Londra ha prestato alcuna attenzione all’AU e sette mesi dopo che la Francia aveva lanciato i suoi attacchi, la Libia è implosa nella sua condizione attuale di stato mancato. Nel giro di due mesi i tuareg – riforniti delle provviste di armamenti di Gheddafi – si sono sollevati e hanno cacciato dal nord del Mali il corrotto e inutile esercito maliano. 

I tuareg sono gente del deserto, collegati ai berberi che popolano la catena nordafricana dell’Atlante. Hanno combattuto quattro guerre contro il governo maliano da quando il paese è stato liberato dalla Francia nel 1960 e molti tuareg vogliono creare un proprio paese, “Azawed”. Ma il ribollente scontento nel Mali settentrionale non è limitato ai tuareg. Altri gruppi etnici sono irritati per lo studiato abbandono, da parte del sud, di tutto il popolo del nord del paese. 
I tuareg stanno combattendo i francesi anche per le miniere d’uranio del Niger. 
Il governo di Gheddafi aveva appoggiato a lungo le richieste dei tuareg di un maggiore autogoverno e molti tuareg hanno servito nell’esercito libico. C’è da sorprendersi se tali tuareg hanno saccheggiato i depositi di armi quando è crollato il governo centrale? E che, una volta ottenuta quella fantastica potenza di fuoco, l’abbiano utilizzata per un tentativo di ritagliarsi un paese proprio?


I tuareg sono nomadi e avevano scarso interesse a tenere città come Timbuktu, Gao e Kidal, nel Mali settentrionale, e dopo aver distrutto l’esercito maliano sono tornati nel deserto. Nel vuoto creato dalla rotta dell’esercito maliano, sono affluiti nel Maghreb islamico (AQIM) gruppi islamici, come Ansar-al-Din, al-Tawhid wa al-Jihad e al-Qaeda. Sono queste organizzazioni che i francesi stanno bombardando, anche se ci sono notizie che nel fuoco sono presi in mezzo civili. 
Anche gli USA sono coinvolti. Secondo Democracy Now l’amministrazione Obama sta trasferendo truppe e equipaggiamenti francesi nell’area, e sta impiegando droni di sorveglianza. E con la guerra che si estende all’Algeria, dove circa due dozzine di occidentali, tra cui numerosi statunitensi, sono stati rapiti per rappresaglia contro gli attacchi francesi in Mali, gli Stati Uniti possono finire con l’inviare truppe di terra. 
Perché i francesi stanno nuovamente bombardando un continente?

Innanzitutto la Francia ha grandi investimenti nel Niger e in Mali. Tirate le somme, si tratta di franchi (o euro, a seconda dei casi). Circa il 75% del fabbisogno energetico francese proviene dall’energia nucleare e una fonte a basso costo è il suo antico impero coloniale nella regione (che, oltre al Mali e al Niger, comprendeva Senegal, Mauritania, Guinea, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Chad, Algeria e Repubblica Centroafricana). La maggior parte del suo combustibile nucleare proviene dal Niger, ma Al Jazeera riferisce che le imprese francesi dell’uranio, del petrolio e dell’oro si stanno organizzando per sviluppare il Mali settentrionale. Salvo che uno pensi che tale “sviluppo” sia un bene per i locali, si consideri che, secondo l’Indice di Sviluppo Umano dell’ONU, il Niger è il terzo paese più povero del mondo. 
Ci sono anche altri problemi.
Ad esempio un complesso di Napoleone.

“I francesi, come gli statunitensi, giudicano i presidenti dalla loro capacità di prendere decisioni dure e ce ne sono poche di più dure che mandare giovani in guerra,” scrive il giornalista del New York Times Steve Erlanger, in un articolo sulla decisione del presidente francese Francois Hollande di intervenire in Mali. ‘Hollande, da lungo tempo considerato morbido, cambia volto con una posizione ferma’ (che fa suonare la cosa vagamente come una pubblicità del Viagra), l’articolo cita l’”esperto della difesa” Francois Heisbourg che elogia Hollande per aver agito “con decisione” e per aver “dimostrato di essere in grado di decidere in questioni di guerra e di pace”.

In realtà, nel 1812 quella faccenda di “guerra e pace” finì piuttosto male per i francesi, anche se il modello attuale di Grand Armee francese non deve temere granché quanto a neve e ghiaccio in Mali. Ma il Mali è quasi due volte la Francia: 1.240.000 chilometri quadrati contro 547.000 chilometri quadrati, una bella area da coprire per il Mirage. In realtà gli aerei da guerra francesi non hanno neppure la loro base in Mali, ma nel vicino Chad, a circa 2.000 chilometri dai loro obiettivi. E’ una lunga distanza da percorrere per i cacciabombardieri e lascia loro poco tempo sul campo di battaglia. Apparentemente gli Stati Uniti stanno valutando un supporto mediante rifornimenti in volo, ma, sotto ogni aspetto, le forze francesi incontreranno considerevoli ostacoli logistici. E anche se la geografia del Mali può non fare il paio con le steppe russe in inverno, il suo feroce deserto è un terreno scoraggiante. 

Infine, Hollande desidererebbe distogliere un po’ di pressione dalla sua situazione interna. Non c’è nulla come una guerra per far dimenticare alla gente un’economia stagnante, l’alta disoccupazione, i lavoratori insofferenti e ancora un’altra tornata di tagli d’austerità. 
Ma questa guerra potrebbe diventare molto brutta, e se volete la definizione di un pantano, provate con il Mali settentrionale. Invece di essere intimiditi dagli attacchi francesi gli insorti hanno contrattaccato con successo e hanno preso la città di Diabaly, nel Mali centrale. Se Parigi pensava che si trattasse soltanto di disperdere i negracci con qualche giro di bombardamenti, si dovrebbe suggerire che Hollande ristudi le passate campagne controinsurrezionali del suo paese, cominciando da Vietnam. 

I gruppi islamici sembrano godere di scarso sostegno locale. Il Mali è in larga misura un paese islamico, ma non del genere di quello dei simili di Ansar al-Din o dell’AQIM. Ma se si mette a disposizione una gran quantità di potenza di fuoco – che è esattamente ciò che ha fatto la guerra per rovesciare Gheddafi – allora non occorre un grande sostegno per provocare un mucchio di guai. 
I ribelli certamente non incontreranno nessuna opposizione da parte dell’esercito del Mali, il cui capo addestrato negli Stati Uniti, il capitano Amadou Sanogo, ha rovesciato il governo democratico del proprio paese due mesi dopo che i tuareg erano venuti dal Sahara all’attacco per prendere Timbuktu. Apparentemente un certo numero di quei soldati addestrati dagli Stati Uniti ha cambiato bandiera, trasferendo armi e mezzi di trasporto agli insorti. 

Ci sono prove che l’esercito del Mali può aver provocato i tuareg, tanto per cominciare. Risulta che, anziché usare i milioni di dollari ricevuti dagli Stati Uniti negli ultimi quattro anni per la lotta contro il “terrorismo” nella regione, l’esercito del Mali li abbia usati per massacrare i tuareg. Cioè, fino a quando questi ultimi non hanno ricevuto un’iniezione di potenza di fuoco superiore dopo la caduta di Gheddafi. 
I francesi prevedono di dispiegare circa 2.500 soldati in Mali, ma fanno affidamento sulla Comunità Economica dell’Africa Occidentale (ECOWAS) per raccogliere un esercito di 3.300. Ma l’esercito dell’ECOWAS dovrà essere trasportato in Mali ed essere addestrato e qualcuno dovrà pagare il conto. Ciò significa che per i prossimi numerosi mesi saranno i francesi a difendere il forte, e ciò costerà un mucchio di euro, dei quali non si può dire che la Francia abbia un surplus.

La gente del Mali settentrionale ha antichi motivi di dolersi, ma la crisi attuale è stata scatenata dall’intervento militare in Libia. E se pensate che la Libia abbia creato mostri, pensate soltanto a cosa succederà se in Siria cadrà il governo di Assad senza un percorso politico predisposto. Sì, i francesi sono molto coinvolti in Siria oggi, in una guerra civile che sempre più mette i sunniti contro gli sciiti e si è già diffusa in Libano, Turchia, Giordania e Iraq. In confronto con le riserve di armamenti della Siria, la potenza di fuoco Libica pare una collezione di moschetti e baionette. 

Dominique de Villepin, l’ex primo ministro francese e critico aspro dell’invasione statunitense dell’Iraq, ha scritto recentemente sul Journal du Dimanche: “Queste guerre [come quella del Mali] non hanno mai costruito uno stato solido e democratico. Al contrario, favoriscono il separatismo, gli stati falliti e il tallone di ferro delle milizie armate.” 

E dunque cos’hanno a che fare il Mali e l’intervento francese con i polli?
Che finiscono sempre allo spiedo.

Traduzione di Giuseppe Volpe per © 2013 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0 

 

La Francia imperialista ha voluto assassinare Chavez?

Traduzione a cura di N. Forcheri di un articolo del 31 dicembre 2012 tratto dalejournaldusiecle.com Link


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Le autorità venezuelane hanno estradato sabato un agente dei servizi di intelligence francesi Frédéric Laurent Bouquet, che stava scontando una pena di detenzione per il tentato omicidio del presidente Hugo Chavez nel 2009.

“Un agente dei servizi francesi che ha scontato una pena di condanna per l’intenzione di assassinare il capo di Stato, per sua confessione, è stato espulso dal Venezuela ” ha scritto Iris Varela la ministra venezuelana della Giustizia.

Frédéric Laurent Bouquet è stato arrestato assieme a tre cittadini della Repubblica domenicana nel 2009 per detenzione di armi da guerra ed esplosivi e per il tentativo di assassinare il presidente Hugo Chavez, il 18 giugno 2009. Ha ammesso di essere colpevole, confessando di essere arrivato in Venezuela per uccidere Chavez e che era stato condannato a quattro anni di prigione.

Era stato arrestato nel maggio 2009 dopo la scoperta di una grossa quantità di armi in un appartamento a Caracas, di sua presunta proprietà. La polizia scientifica aveva sequestrato 13 fucili, due mitragliatrici, tre carabine da caccia, 500 g da esplosivo C-4, circa 5000 cartucce, radio professionali a lunga distanza e uniformi militari, secondo quanto affermato dal PM.

Ai sensi della legge venezuelana, i cittadini stranieri che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale, possono essere espulsi dal territorio. Il governo venezuelano non ha ancora indicato in quale paese sia stato estradato il francese, la ministra venezuelana non ha dato altri dettagli, né ha precisato verso quale destinazione sia stato deportato il presunto agente francese.
L’ambasciata francese in Venezuela non ha diramato alcun comunicato in merito.

VIDEO 

Hugo Chavez e il signoraggio bancario

http://www.stampalibera.com/?p=58831