Alla faccia della discriminazione

e gli abitanti degli altri comuni figli di un Dio minore?

L’onere di pagare tasse per finanziare i cittadini di serie A (anche se si parla di un omaggio di 40 euri)

Chissà se questi “misteriosi” aventi diritto saranno scelti su base clientelare-mafiosa 

  

15 gennaio 2013

Parte la nuova social card. Sul piatto 50 milioni per 12 città tra cui Roma e Milano

Quasi 12 milioni di euro a Roma, per la precisione 11.757.543. Circa 9 milioni a Napoli, 6,1 milioni a Palermo, 5,6 a Milano, 3 a Bari, 1,6 milioni a Firenze, 1,1 milioni, a testa, a Venezia e Verona. È stato adottato il decreto interministeriale (Lavoro-Economia) che avvia la sperimentazione della nuova social card. La sperimentazione coinvolgerà le 12 città più grandi d’Italia, durerà un anno e impegnerà un ammontare complessivo di risorse pari a 50 milioni di euro.

Beneficio fino a 404 euro 
La nuova social card affiancherà la vecchia carta acquisti da 40 euro al mese lanciata nel 2008 e che oggi spetta agli ultrasessantacinquenni o alle famiglie con figli di età inferiore ai 3 anni con un reddito Isee fino a 6mila euro. La nuova carta parte da un valore minimo di 231 euro al mese per nuclei con due persone, sale a 281 euro per quelli con tre persone, a 331 euro per nuclei con quattro persone e a 404 euro se la famiglia ha cinque o più soggetti

Il beneficio sarà modulato sulla base della numerosità del nucleo familiare. Il target di riferimento, deciso in accordo con le città interessate, è la lotta alla povertà minorile a partire dalle famiglie più marginali rispetto al mercato del lavoro. La nuova social card, ha sottolineato una nota del ministero del Lavoro, «diventa uno strumento a disposizione dei Comuni – che effettueranno la selezione dei beneficiari – da integrare con gli interventi e i servizi sociali ordinariamente erogati, ma anche da coordinare in rete con i servizi per l’impiego, i servizi sanitari e la scuola».

I Comuni, infatti, si impegnano ad associare al trasferimento monetario connesso alla social card, un progetto personalizzato di intervento dal carattere multidimensionale, che riguarderà tutti i componenti della famiglia, con particolare attenzione anche ai minori presenti. La concessione della Carta al beneficiario sarà condizionata alla sottoscrizione del progetto personalizzato.


15 gennaio 2013

Quando a Melfi ci andava Monti: aspirine e cuori forti. Ma di Cig non si parlò

Pubblicato il 15 gennaio 2013 21.19 | Ultimo aggiornamento: 15 gennaio 2013 

ROMA –  Corre il giorno 20 dicembre. Mario Monti arriva  a Melfi col piglio del “risolutore”. Entra nello stabilimento dove lo attendono i “pezzi più grossi di Fiat”, l’amministratore delegato Sergio Marchionne e il presidente John Elkann. Prima di entrare incassa l’applauso dei dirigenti e degli operai, di quegli stessi operai che oggi si trovano improvvisamente in cassa integrazione straordinaria per due anni, fino al dicembre 2014.
Ma quel 20 dicembre le aspettative, di premier e operai sono altre, sono quelle della grande sfida. Non a caso Monti esce e agli operai, sempre tra gli applausi spiega: “Oggi, da Melfi, parte un’operazione che non è per i deboli di cuore, ma noi sappiamo che può emergere un’Italia forte di cuore”. E’ il giorno del “discorso dell’aspirina”, quello in cui Monti racconta dei sacrifici fatti perché “all’Italia non bastava un’aspirina”.ROMA –  Corre il giorno 20 dicembre. Mario Monti arriva  a Melfi col piglio del “risolutore”. Entra nello stabilimento dove lo attendono i “pezzi più grossi di Fiat”, l’amministratore delegato Sergio Marchionne e il presidente John Elkann. Prima di entrare incassa l’applauso dei dirigenti e degli operai, di quegli stessi operai che oggi si trovano improvvisamente in cassa integrazione straordinaria per due anni, fino al dicembre 2014.

E comunque è un Monti rassicurante e rassicurato, probabilmente da Marchionne e da quel miliardo diinvestimento che Fiat ha in programma per Melfi. Nulla si sa, quel 20 dicembre, dei due anni di cassa integrazione per tutti gli operai dello stabilimento.

Ufficialmente, spiega la Fiat, perché bisogna rinnovare i macchinari per produrre le auto. Per Marchionne, insomma, è una cassa integrazione “normale”.  La certezza, però, stando ai sindacati non è così cristallina. E per ora si registra il dato di due anni di stop. Così quelle parole sui “deboli di cuore” oggi suonano sinistre, quasi beffarde. Intanto le macchine si fermano. Poi si aspetta l’investimento. Per Marchionne è sicuro, per la Fiom un po’ meno. La speranza, stavolta, è che abbia ragione l’amministratore delegato.

http://www.blitzquotidiano.it/economia/quando-melfi-andava-monti-aspirine-cuori-forti-1449036/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter

 

Ecco i veri calcoli del redditometro:1,3 miliardi di imposte in più

15/01/2013 

La cifra è scritta nero su bianco in un documento vidimato dalla Ragioneria generale dello Stato e dalla Agenzia delle Entrate per il ministero dell’Economia: un miliardo, 374 milioni e 700 mila euro. Sarà questo l’incasso che arriverà dal nuovo redditometro fra il primo gennaio e la fine dell’anno, ed è una cifra che va ben al di là di quell’operazione di pressing morale e comportamentale entro cui i vertici del ministero sembravano volere circoscrivere il nuovo strumento di “aggiornamento dell’accertamento sintetico”. Un miliardo e 374 milioni di euro è cifra ben superiore al semplice recupero a tassazione di aree grigie che sembravano sfuggire. Perché attenzione: non è un auspicio o un obiettivo di massima, ma la somma contabilizzata nei conti dello Stato ai fini del saldo netto di finanza pubblica da finanziare sulla base dell’articolo 22 del decreto legge 78 del 2010, con cui l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva previsto il prossimo ritorno del redditometro, rimodellato poi durante il governo di Mario Monti attraverso le disposizioni via via emanate dall’Agenzia delle Entrate guidata da Attilio Befera (che è stato l’anello di congiunzione fra le politiche fiscali degli ultimi due governi). 

Quella norma fu allora spiegata nella relazione di accompagnamento come un semplice adeguamento tecnico del redditometro ai tempi e ai consumi degli italiani, assai mutati rispetto all’impostazione originaria. “L’attuale impostazione”, si spiegò all’epoca, “non tiene conto dei cambiamenti, connessi ai mutamenti sociali, verificatisi nel tempo in ordine alle tipologie di spesa sostenute dai contribuenti ed alle preferenze nella propensione ai consumi. Le modifiche proposte intendono pertanto innovare profondamente questo importante strumento di contrasto all’evasione dell’imposta sul reddito alle persone fisiche”. Sembrava dunque una banale operazione di restyling, simile a quella compiuta dall’Istat con l’aggiornamento del suo paniere per l’inflazione in modo da aggiornare i consumi degli italiani alla realtà. Questa però era un’operazione a costo zero, mentre il redditometro dovrà dare all’erario un incasso singolarmente superiore a molti nuovi balzelli introdotti negli ultimi 18 mesi. Ed esattamente come questi è stato contabilizzato ufficialmente fra le entrate dello Stato, come non avviene quasi mai quando si tratta di recupero di evasione.

La differenza è sostanziale, perché spesso si fanno campagne e iniziative di recupero dell’evasione che affiorano poi nei consueti rapporti annuali dell’Agenzia delle Entrate. Prudenzialmente non vengono però contabilizzate nei conti pubblici di previsione, costituendo invece l’anno successivo un tesoretto da parte per spendere o coprire eventuali buchi emersi. E’ accaduto così nel 2007 con un recupero di 6,4 miliardi di euro, nel 2008 sfiorando i 7 miliardi di euro, nel 2009 raggiungendo 9,1 miliardi di euro, nel 2010 con 11 miliardi di euro e nel 2011 con 12,7 miliardi di euro. Il dato 2012 al momento non è noto. Il premier Mario Monti si è vantato nel suo programma elettorale di avere recuperato 13 miliardi, ma l’Agenzia delle Entrate ha annunciato a dicembre inoltrato di averne recuperati 11 in 11 mesi e di non prevedere di raggiungere la cifra dell’anno precedente. I politici esagerano sempre, e Monti non è diverso dai suoi predecessori. Su queste cifre però si può sempre esagerare: su quella del redditometro, no. Avendola inserita nei conti pubblici quella somma da 1,347 miliardi di euro dovrà comunque essere raggiunta dagli esattori del fisco attraverso il redditometro. Un motivo in più per averne paura, visto che quegli incassi dovranno essere ottenuti con le buone o con le cattive. 

di Franco Bechis

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1161009/Ecco-i-veri-calcoli-del-redditometro—1-3-miliardi-di-imposte-in-piu.html

 

Nel Mali la Francia cerca di punire l’Algeria

GENNAIO 13, 2013 

Laid Seraghni Cameroon Voice, 11 gennaio 2013

La Francia storica saluta l’indipendenza dell’Algeria

Valéry Giscard d’Estaing

“Una pagina è stata voltata, l’Algeria è soprattutto figlia della propria storia, ha resistito alla prova del colonialismo che ha eclissato, dimostrando la necessità di questo desiderio inestinguibile di vivere, senza di cui i popoli rischiano l’estinzione”

Houari Boumedienne

maliMap

Due mesi dopo il colpo di stato militare del marzo 2012 in Mali, i ribelli tuareg occupavano il nord del paese, un’area più grande della Francia e proclamavano l’indipendenza dell’Azawade*. Il Mali è diviso in due. La giunta militare, che non si è sottomessa alla Francia, cerca di negoziare. Ma con chi? I ribelli appartengono a gruppi dalle relazioni complesse e oscure. Combattono fianco a fianco, ma per scopi diversi. Questi gruppi sono quattro (1) e il loro finanziamento dipende in parte dai riscatti pagati dagli europei per la liberazione di ostaggi. Anche la Svizzera sostiene questi movimenti: “Il Dipartimento federale degli affari esteri della Svizzera ha partecipato all’organizzazione e al finanziamento di una riunione politica dei tuareg ribelli indipendentisti del MNLA, il 25, 26 e 27 luglio 2012 a Ouagadougou.” (2)

La Francia si mobilita per l’intervento militare Con la scusa di ripristinare l’ordine costituzionale in Mali, in realtà per restaurare l’ordine coloniale per proteggere i propri interessi, la Francia supporta l’intervento militare. L’Algeria, che condivide un confine di quasi 1.500 km con il Mali, si oppone con forza; il Primo Ministro ha detto che “è con il dialogo” (3) che si risolve la crisi. Ovviamente, l’intervento militare straniero in Mali destabilizza e colpisce tutti i paesi della regione del Sahel. Compresa l’Algeria, i cui confini sono così grandi che lo Stato non può contrastare l’infiltrazione di gruppi terroristici di al-Qaida e il flusso di persone in cerca di rifugio sul suo territorio. Questo intervento costringerebbe l’Algeria a prendere in considerazione l’opzione militare per proteggere i propri confini e la popolazione algerina della regione di Kidal (Mali). L’esercito algerino si troverà ad affrontare i ribelli di Ansar al-Din, di al-Qaida nel Maghreb islamico e del Movimento per l’Unicità e la Jihad.
L’Algeria favorisce il dialogo per risolvere questa crisi con l’Ansar al-Din, sperando di evitare l’intervento militare. L’occidente sembra mettere in dubbio le intenzioni degli algerini, e si sospetta che i suoi leader vogliono mettere sotto controllo la zona algerina di Kidal, una regione nota per i suoi giacimenti di uranio e oro. Perché l’Occidente, che cerca di smembrare gli Stati, non incoraggia i tuareg a crearsi uno “stato dipendente” nel nord del Mali, in una regione ricca?

Integrità territoriale del Mali o smembramento dell’Algeria?
La Francia è coinvolta direttamente nella questione del Mali, in particolare dagli anni ’90. Questa crisi è un passo per raggiungere finalmente l’Algeria, che viene circondata dal sistema operativo meridionale dell’esercito francese, in Libia, Costa d’Avorio, Niger, Mauritania, Ciad e Mali. Sarkozy, ignorando gli accordi di pace firmati a Tamanrasset il 6 gennaio 1991, sotto l’egida dell’Algeria, tra il governo del Mali e l’MNLA, ha detto una settimana dopo la dichiarazione d’indipendenza dell’Azawade di voler “cooperare con i tuareg per vedere come potrebbero ricevere un minimo di autonomia“(4). Ignorando l’autonomia concessa al popolo delle tre regioni settentrionali del Mali “che gestiranno i loro affari regionali e locali sulla base dei loro rappresentanti nelle assemblee elettive, secondo uno statuto speciale riconosciuto per legge” (5).
La Francia silura l’accordo, non facendo altro che allontanare totalmente il progetto per la creazione dell’Organizzazione comune delle regioni del Sahara (6); “questa strana cosa chiamata OCRS, un meccanismo giuridico attraverso cui la Francia sperava di mantenere la sovranità sul Sahara.” (7) L’intervento francese che arma i terroristi nel Sahel, è stato svelato dal Le temps d’Algérie l’11 settembre 2011. “I servizi segreti francesi organizzano il traffico di missili libici e circa 20000 missili russi Sam 7 e Stinger statunitensi sono finiti nelle mani di al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM)”(9).

La Francia cerca con la forza delle armi di realizzare un sogno coloniale
I predatori occidentali, tra cui la Francia, vedono nella crisi del Mali l’opportunità di mettere sotto tiro l’Algeria. In questa regione, l’Algeria è senza dubbio il paese più potente e più importante della geografia economica e militare.
L’Algeria, dalla colonizzazione ha sempre sostenuto la propria indipendenza e sovranità. La rivoluzione algerina del 1957 fece fallire il piano di creare uno stato tuareg indipendente controllato dalle potenze coloniali. L’Algeria si rifiuta di ammettere nel proprio territorio basi francesi, la cui missione principale è monitorare e minacciare lo stato algerino. Dagli anni ’60, la Francia ha sempre voluto insediare una base militare a Mopti, cosa che le autorità del Mali hanno rifiutato dall’epoca del presidente Modibo Keita, che De Gaulle definì “l’unico leader cui non mi sentivo obbligato ad inchinarmi per parlargli“(10).
L’indebolimento di questo paese è desiderato da Parigi, consentendo all’MNLA di conquistare il nord del Mali partendo dalla Libia. La Francia, i cui Mirages volavano sulla Libia, e che ha basi militari in Ciad e controlla il Niger, potrebbe facilmente intercettare le colonne dei ribelli armati fino ai denti grazie agli arsenali libici, che si dirigono dalla Libia al Mali, se volesse davvero l’integrità di questo paese. Secondo il dott. Assadek Aboubacrine, accademico del Mali, la Francia avrebbe un accordo con l’MNLA. “La Francia è impegnata a sostenere finanziariamente, diplomaticamente e strategicamente i separatisti fino alla fine, cioè fino a raggiungere i propri obiettivi. In cambio, i separatisti si impegnano a sradicare l’AQIM dal nord del Mali, e anche ad affidare a società francesi la gestione del petrolio del nord” (11). Affinché i piani di Stati Uniti ed Europa siano attuati in questa regione, è indispensabile  destabilizzare l’Algeria, permettendo ai tuareg di equipaggiarsi con le armi delle scorte libiche, e permettendogli di attraversare liberamente il Niger controllato dalla Francia, raggiungendo il nord del Mali, vicino alla città algerina di Tamanrasset.
Quattro sono gli obiettivi culminanti nell’amputazione del paese dalla sua regione sahariana:
1 – Indebolire il Mali, costringendolo a ricevere sul suo suolo l’esercito francese, a Mopti;
2 – Assegnare l’estrazione di oro, petrolio e altri minerali alla Francia;
3 – Rompere le relazioni tra l’Algeria e il Mali;
4 – Controllare la geostrategica regione Sahara-Sahel, ricca di minerali.

Perché la Francia cerca d’indebolire l’Algeria?
Chi ha seguito le relazioni tra l’Algeria e la Francia capisce che non è il Mali che attrae l’attenzione della potenza francese, ma l’Algeria. La classe politica francese non ha mai perdonato l’indipendenza dell’Algeria, che ha aperto la strada alla decolonizzazione in Africa. Dal luglio 1962, la Francia mantiene relazioni con l’Algeria che rientrano nella scia del pensiero coloniale. L’Algeria storica dovrebbe essere punita per i seguenti motivi:
1 – Nel corso dei negoziati, l’Algeria non ha voluto un’indipendenza con una sovranità ridotta e un’integrità territoriale amputata del Sahara.
2 – Non ha concesso alla Francia ciò che alcuni paesi africani hanno concesso in base al patto coloniale del 1961. Così facilitando “a vantaggio delle forze armate francesi, lo stoccaggio di materie prime e strategiche**, quando gli interessi della difesa lo richiedono, limitandone o vietandone l’esportazione verso altri paesi” (12)
3 – L’Algeria non ha voluto far parte della moneta dell’area CEFA (13).
I paesi africani che appartengono a questa zona, guidata dalla Francia, mettono il 65% dei loro proventi dall’esportazione su un conto del tesoro francese. Così, la Banque de France dispone di ingenti riserve di valuta estera per adempiere alle proprie spese correnti, in un momento in cui milioni di africani non ricevono i loro stipendi per mancanza di liquidità. De Gaulle aveva ragione quando dichiarò che “la Francia non ha amici, ma solo interessi.”

Note:
* Azawade: le tre regioni del Mali di Gao, Timbuktu e Kidal dalla popolazione arabo-berbera.
** Le materie prime e i prodotti strategici sono classificati in due categorie:
· La prima categoria: idrocarburi liquidi o gassosi.
· La seconda categoria: uranio, torio, berillio e composti minerali.

(1) Gruppi armati nel Sahel:
· Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawade (MNLA) laico è il più grande, si batte per l’indipendenza dell’Azawade dal 1990
· Gruppi islamici composti principalmente da tuareg della Libia. Il loro ritorno è incoraggiato dalla NATO, che ha permesso il transito in Niger, sotto il controllo della Francia, di parte dell’arsenale libico.
· Il gruppo salafita islamico Ansar al-Din (Esercito della Religione). Combatte per l’applicazione della sharia, la legge islamica, in tutto il Mali. Ha ricevuto in rinforzo combattenti di al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM), la cui base è nel nord del Mali.
· Il Gruppo per l’Unicità e la Jihad in Africa occidentale (MUJAO), dissidente dall’AQIM.
(2), International Mail, 8 dicembre 2012.
(3) LeFigaro.fr 6 aprile 2012
(4) Le Monde 13 aprile 2012
(5) Alter Info 8 dicembre 2012
(6) Questa organizzazione doveva raccoglieva le regioni sahariane di Algeria, Mali, Mauritania, Niger e Ciad. L’Algeria ha impedito la realizzazione di questo progetto e il controllo della fascia Sahara-Sahel, ricca di minerali strategici per l’occidente.
(7) Terrain n° 28 marzo 1997. Lo specchio del colonialismo: “Charles de Foucault e i tuareg. Incontri e incomprensioni
(8) Le Grand Soir 1° maggio 2012.
(9) Le temps d’Algérie 11 settembre 2011
(10) sito Modibo Keita
(11) Mediapart 18 aprile 2012.
(12) AFRICA HUMAN VOICE – Federazione africana.
(13) Il franco delle colonie francesi in Africa, creato il 26 dicembre 1945 dalla Francia, dal 1958 è diventato il franco della comunità francese d’Africa.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

 

L’intervento militare in Mali: operazione speciale per ricolonizzare l’Africa

GENNAIO 14, 2013

 

Aleksandr Mezjaev Strategic Culture Foundation 14/01/2013

maliL’operazione militare in Mali lanciata l’11 gennaio, è un altro chiaro esempio delle azioni speciali finalizzate alla ricolonizzazione del continente africano. Si tratta di una sistematica e coerente nuova occupazione dei territori africani da parte delle potenze occidentali. Ottenuto l’atteso smembramento del Sudan (sottraendogli la maggior parte dei giacimenti di petrolio del paese), occupati i giacimenti petroliferi nigeriani, secondo le regole della Corte internazionale di giustizia, (1), la Libia è stata occupata in conseguenza di un intervento militare diretto, la Costa D’Avorio è stata occupata grazie a una piccola azione militare condotta sotto l’egida delle Nazioni Unite. Modalità diverse, ma risultato identico. Il processo di ricolonizzazione prende slancio in Africa…
Gli errori delle precedenti azioni aggressive sono stati presi in considerazione, mentre viene occupato il Mali. Oggi, tutti sono sicuri che l’occidente stia difendendo la sovranità e l’integrità territoriale del Mali. Non è proprio così, come alcuni fatti dicono. In realtà, i gruppi terroristici non sono apparsi nel nord del paese nel 2011-2012. Tali organizzazioni vi svolgono le loro attività da decenni. (2) La situazione è esplosa per via delle armi libiche catturate dopo il rovesciamento di Gheddafi. Il materiale militare non è arrivato in Mali da solo, ci sono fatti che dimostrano che la Francia sia coinvolta nel suo trasferimento dalla Libia.
La logica degli eventi nel nord del Mali, nel 2012, dimostra che si tratta di una ben orchestrata operazione volta a preparare l’opinione pubblica all’”imperativo dell’intervento militare”. Ecco perché è stato permesso che le armi libiche disperse finissero nelle mani dei tuareg. Istigando così le azioni militari. Ma ben presto, i tuareg hanno capito di essere stati usati e hanno cominciato a dissociarsi dall’indipendenza che avevano dichiarato in precedenza. Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (Mouvement National pour la Libération de l’Azawad; MNLA) ha detto che la dichiarazione di indipendenza è “un tentativo di attirare l’attenzione internazionale sulla condizione della popolazione del nord”, e ha espresso la volontà di tenere dei colloqui. (3) Per questo, il Movimento Nazionale per la Liberazione del Azawad è stato attaccato dai veri autori della provocazione: al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM) e gli islamisti del Movimento per l’Unità e la Jihad in Africa occidentale (MUJWA o MUJAO).
Ansar al-Din ha detto che è pronto ad aderirvi senza indugio. Nella riunione di novembre a Ouagadougou, Burkina Faso, il gruppo ha detto di respingere la violenza, l’estremismo e il terrorismo e si è assunto la responsabilità della lotta contro la criminalità organizzata oltreconfine. (4) La svolta di Ansar al-Din l’ha trascinato nel coinvolgimento nei combattimenti. A novembre si sono scatenati i combattimenti; il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad combatteva gli avversari di al-Qaida nel Maghreb islamico e del Movimento per l’Unità e la Jihad in Africa occidentale. Entro la fine di novembre, Ansar al-Din ha intrapreso azioni di combattimento contro le forze del Movimento per l’Unità e Jihad in  Africa occidentale, a sud-ovest di Timbuktu. Infine, tutte queste battaglie facevano parte della strategia finalizzata alla destabilizzazione del Mali. Tutti gli eventi qui descritti si svolgono sullo sfondo dei gruppi della jihad e terroristici che arrivano nel nord del Mali per rafforzare le formazioni armate. (5) Il terrorismo nel territorio settentrionale del Mali è diventato davvero internazionale, mentre riceve il sostegno di tutte le principali forze del terrorismo nella regione, tra cui il noto Boko Haram nigeriano.
Secondo le stime del Segretario Generale delle Nazioni Unite, l’occupazione della parte settentrionale del paese ha prodotto circa mezzo milione di rifugiati e oltre 200 mila migranti all’interno del paese. Il disastro umanitario si è diffuso in tutti i paesi limitrofi. Questo era l’obiettivo. Tutti i santuari musulmani di Timbuktu e di altri antichi centri storici del Sahara sono stati distrutti, per rafforzarne gli effetti. Le azioni non avevano altra missione se non scioccare la comunità internazionale e spingerla a rendere “imperativo” un intervento militare. Questo era il contesto giusto per compiere il colpo di stato che ha avuto luogo in Mali nel marzo 2012, pochi giorni prima della elezioni presidenziali, quando il presidente Amadou Toumani Toure è stato rovesciato. Sembrava che non ci fosse alcuna logica nella messa in scena del colpo di stato (che ha rovesciato il presidente, che non si era candidato nell’imminente tornata elettorale), ma può essere facilmente spiegato con il fatto che il presidente, e i vincitori più probabili, erano tutti contrari all’intervento militare occidentale.
Dopo il colpo di stato, l’idea di un intervento straniero ha ricevuto un nuovo forte impulso. Il nuovo governo del Mali ha chiesto alle Nazioni Unite assistenza militare e ha presentato una denuncia alla Corte penale internazionale. Ma il concetto di intervento militare era ancora al centro delle lotte intestine tra i sostenitori dell’”assistenza” occidentale e di quelli della missione militare inter-africana. Probabilmente questi due diversi approcci sono stati il motivo principale del fallimento del tentato colpo di stato, alla fine di aprile (6), e poi per il nuovo colpo di stato militare che ha spazzato via il Primo Ministro Modibo Diarra. Fu un occasione, per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per condannare fermamente l’intervento dei militari del Mali e delle forze di sicurezza nelle attività del governo di transizione del Mali, esprimendo la propria disponibilità ad affrontare la questione delle sanzioni contro coloro che violavano l’ordine costituzionale. Quindi, non furono i leader di al-Qaida, ma piuttosto i militari del Mali ad essere minacciati dalle sanzioni del Consiglio di sicurezza! Infine, la risoluzione 2085 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite venne adottata il 20 dicembre 2012, autorizzando l’intervento militare nel paese. (7) La missione di supporto internazionale africana in Mali (AFISMA) ebbe il permesso di schierarsi. La forza comprende militari del Mali (5000 uomini) e internazionali (3300). Il concetto è stato elaborato dalle autorità del Mali insieme a dei “partner”, e approvato dall’Unione africana e dall’ECOWAS. Ora, chi sono i partner del Mali? Stati Uniti, Francia, Germania, Canada, Algeria, Mauritania e Niger.
All’inizio di gennaio, le forze di al-Qaida nella parte settentrionale del paese adottavano un atteggiamento che contrasta con la logica, lanciando un’offensiva verso sud. La città di Kona cadeva  il 7 gennaio. Dal punto di vista geografico la città è di fondamentale importanza, essendo situata al confine tra il Nord e il Sud del paese, per cui l’azione in realtà significava l’inizio dell’offensiva contro il territorio in cui vive la maggior parte della popolazione. Nel caso in cui l’offensiva avesse avuto una qualche importanza militare per al-Qaida, avrebbe potuto essere lanciata prima della risoluzione 2085, ad esempio subito dopo la serie di colpi di stato a Bamako, o in qualsiasi altro momento favorevole per al-Qaida nel Maghreb islamico. Invece, viene lanciata subito dopo la decisione sull’operazione militare internazionale. L’unica cosa cui l’offensiva potrebbe mirare, è una provocazione per l’invasione immediata, non altro. La sera del 10 gennaio, il Presidente ad interim del Mali, Dionkunda Traore, dichiarava la mobilitazione totale e lo stato di emergenza. (8)
L’11 gennaio le forze francesi sbarcavano in Mali. Le agenzie di informazione parlavano di altri partecipanti all’operazione (Senegal, Niger), ma tutti sanno chi interpreta il ruolo di primo piano. Tra l’altro è emerso chiaramente, il giorno stesso in cui la risoluzione 2085 veniva adottata, che il ministro degli esteri del Mali aveva ringraziato, tra gli altri, tutti i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma espresse una particolare gratitudine verso la Francia. (9) Va reso noto che le informazioni sulla decisione dell’ECOWAS di avviare il dispiegamento immediato delle truppe, venne reso pubblico dopo la notizia che le forze francesi erano in arrivo. I francesi hanno iniziato le operazioni prima dell’arrivo delle truppe africane.
Una campagna d’informazione perfettamente organizzata per l’”intervento internazionale in Mali” ha evidenziando uno svantaggio: non vi è alcuna spiegazione ragionevole per le ragioni dietro le azioni di al-Qaida nel Maghreb islamico. Oggi si parla dei perduranti tentativi di fare del Mali settentrionale una base. Ma al-Qaida ci ha provato nell’ultima dozzina di anni, senza attirare l’attenzione. In realtà, le azioni attuali di AQIM sono palesemente provocatorie, volte a fornire un pretesto per l’intervento straniero. Pertanto, un’operazione speciale volta a ricolonizzare l’Africa è stata avviata all’inizio dell’anno. C’è una rivalità tra i tre attori principali, Stati Uniti, Francia e Cina. La Cina ricorre all’espansione economica, mentre le due nazioni occidentali si basano sull’intervento militare. Si dovrebbe riconoscere al diavolo ciò che gli è dovuto: gli errori commessi durante le guerre d’informazione relative agli eventi in Libia e in Costa d’Avorio, vengono corretti nel gennaio 2013. La conquista di questi paesi è stata spiegata da ragioni “umanitarie”, ma tali informazioni sono state presentate in modo goffo e poco convincente.
Oggi la comunità internazionale plaude l’invasione francese per liberare il Mali. A quanto pare una missione militare era necessaria. Ma il paese deve affrontare una dura scelta: gli islamisti o le truppe francesi. Comunque, il Mali dovrà pagare un prezzo alto per la libertà, cedere la propria sovranità, le sue enormi risorse minerarie e perdere l’indipendenza per molti anni. Secondo il presidente francese Francois Hollande, le truppe francesi resteranno in Mali per il tempo necessario. (10) Non è invano che il presidente abbattuto, Amadou Toure, dicesse che Parigi è più pericolosa di Timbuktu!
L’Africa è sempre stata ed è ancora un terreno di prova per diversi scenari politici e militari occidentali. (11) Non solo gli Stati africani, ma anche la Russia dovrebbero seguire con attenzione il modo in cui l’intervento militare viene elaborato e attuato (con successo finora), pur perseguendo l’obiettivo dichiarato di “salvare la libertà dagli islamisti”. É particolarmente importante considerare i tentativi dell’occidente per screditare il potere in Russia e incoraggiare le attività degli islamisti sul territorio della Federazione Russa.

http://aurorasito.wordpress.com/2013/01/14/lintervento-militare-in-mali-operazione-speciale-per-ricolonizzare-lafrica/

 

E’ lo stesso partito?

(ASCA) – Roma, 15 gen – La Lega Nord e’ ”un partito che ha il 5% dei voti” e ”sarebbe un’assurdita’ che alcune Regioni vengano governate da chi ha solo il 5% dei voti”. Lo afferma il presidente del Copasir ed esponente Pd Massimo D’Alema prima della presentazione del suo libro ‘Controcorrente’. In ogni caso, aggiunge, ”credo che verranno sconfitti se il Pd avra’ il successo necessario”. D’Alema ricorda di aver ”sempre detto che progressisti e moderati debbono collaborare”, anche perche’ c’e’ ‘‘in gioco il governo del nostro Paese, la necessita’ di ricostruire il Paese dopo i danni fatti dal governo Berlusconi, assicurando prospettive di lavoro e reddito per le famiglie”. Riguardo agli appelli al voto, D’Alema sostiene come sia ”naturale che si chieda di votare per le forze politiche in grado di governare il Paese”.

 Bisogna arrivare all’ultima riga dell’intervista per trovare la notizia e rischiare, subito dopo averla letta, un  «coccolone». Stefano Fassina, responsabile economico del Partito democratico, sceglie ilFinancial Times per uscire allo scoperto. L’ex economista del Fondo monetario internazionale la butta lì: «Cercheremo un accordo tra sindacati e imprese per congelare gli stipendi in cambio di investimenti» CONTINUA SU INFOSANNIO – IL PD SVELA I SUOI PIANI: CONGELARE GLI STIPEDI

 

Il Wi-Fi Influenza Negativamente la Nostra Salute

A cura delle d.sse C. Aschermann e B. Dohmen
Traduzione di F. R. Orlando

Per gentile concessione della Associazione A.M.I.C.A.
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Il punto di vista di due medici

 Che il Wi-Fi influenzasse negativamente la salute umana è stato reso noto chiaramente da noi medici per la prima volta nel 2002 con l’Appello di Friburgo.Sulla base delle nostre osservazioni ed esperienzeci opponiamo fortemente all’uso in tutto il mondo della comunicazione senza fili indipendentemente dal fatto che si usino campi elettromagnetici pulsati o meno.


Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un rapido aumento di connessioni wireless (WLAN o Wi-Fi) e questo ci preoccupa molto. Si trovano hot-spot wireless in molte case private, edifici pubblici (scuole, biblioteche, ospedali, alberghi, aeroporti, stazioni ferroviarie), internet caffè e nei luoghi pubblici delle grandi città. I treni passeggeri internazionali sono dotati di Wi-Fi. Le compagnie possono consentire ad altre compagnie o ad uffici di connettersi alla loro rete.

 In Germania le reti wireless operano ad una frequenza di circa 2450 MHz e si possono usare frequenze anche  tra 5000 e 6000 MHz. In modalità standby, quando non si trasmettono dati, il segnale viene acceso e spento con una frequenza di 10 Hz. In questa stessa frequenza si trovano le onde alfa del cervello. La distanza media dell’utente dall’hot-spot negli ambienti esterni è generalmente di 300 metri, ma sebbene oppongano qualche attenuazione, le pareti lasciano comunque passare le radiazioni.

 Il livello di esposizione effettivo in un luogo dipende da vari fattori, compresa la distribuzione dei cosiddetti punti di accesso (trasmettitori), la caratteristiche dello spazio interno (per esempio: effetti di riflettenti o di schermatura delle strutture degli edifici) e la distanza da computer portatili.

 Sono stati misurati livelli allarmanti di radiazioni nelle vicinanze di router Wi-Fi, dei punti di accesso Wi-Fi e di computer portatili connessi al Wi-Fi: ad esempio a 2 m di distanza sono stati riportati da W. Maes (1) livelli  fino a 3.000 μW/m² , nel 2010 la Ecolog Institute (2) ha riscontrato, a 0,2 m da un  router Wi-Fi  8,8 V/m = 205,000 μW/m², da un punto di accesso Wi-Fi, 7,5 V/m = 149,000 μW / m²;  lo studio IMST (3) ha misurato 27,000 μW/m² a 0,5 m di distanza da un computer portatile. Secondo Le Linee Guida della Building Biology Evaluation (4), questi livelli (oltre 1.000 μW/m²) sono classificati come una “estrema preoccupazione.” In presenza di molti utenti (ad esempio, 20 studenti in una classe) i livelli di esposizione sono ancora più alti.

 La radiazione da Wi-Fi viene percepita come particolarmente stressante e non sono solo le persone elettrosensibili a dirlo, ma anche persone sane segnalano il loro disagio in presenza di Wi-Fi. Lamentano numerosi sintomi e problemi di salute, in particolaremal di testa, irregolarità cardiaca, difficoltà di concentrazione, nausea e vertigini, stanchezza. Come riportato nell’Appello di Friburgo possono verificarsi anche spasmi muscolari spontanei, astenia e altri sintomi. In considerazione della vasta letteratura scientifica sugli effetti non termici delle radiazioni da cellulare è sorprendente che ci siano solo pochi studi che trattano specificamente delle radiazioni da  Wi-Fi.

 Magda Havas: studio inedito 2010 (5)

 Papageorgiou, C.C. et al. (2011) hanno rilevato, in presenza di Wi-Fi (6), ridotta attività elettrica e livello di attenzione nei giovani.

 Maganioti, A.E. et al. (2010) hanno osservato che l’attività dell’EEG in giovani donne esposte a radiazioni Wi-Fi si è modificata nel corso di test sulla abilità cognitiva. (7)

 Avendano, C. et al. (2010) hanno dimostrato danni allo sperma quando è stato posto un portatile abilitato alla connessione Wi-Fi vicino ad un soggetto. (8)

 Grigoriev, Y. (2011): dichiarazione generale sugli effetti dei dispositivi di comunicazione senza fili su bambini: in uno studio condotto su bambini di età compresa tra 7 e 12 anni si è osservata una diminuzione di segnali importanti delle loro prestazioni cerebrali. (9)

 Avvertenze sulle radiazioni Wi-Fi sono state pronunciate da anni, ad esempio da:

 2003: Swisscom ha sviluppato un dispositivo Wi-Fi che consente di disattivare il segnale ad impulsi di 10 Hz in modalità di attesa. Nel fascicolo di brevetto (pubblicato 2004), Swisscom ha indicato come  ragionevole per la domanda di brevetto, che il materiale genetico può essere danneggiato a causa di effetti non termici.(10)

 2006: Il distretto scolastico di Francoforte sul Meno respinge l’uso di Wi-Fi nelle scuolesu sollecitazione del Sindacato dei Lavoratori dell’Educazione e della Scienza. (11)

 2007: Il governo federale di Germania raccomanda di evitare l’uso di Wi-Fi. (12) La Commissione della Pubblica Istruzione e  protezione dei consumatori del Parlamento bavarese raccomanda che le scuole preferiscano le soluzioni cablate piuttosto che quelle wireless. (13)

 2007: La città di Parigi disattiva la connessione Wi-Fi appena installata nelle sue librerie dopo denunce presentate dagli impiegati. (14)

 2008: L’unione degli insegnanti nel Regno Unito mette in guardia contro l’installazione di Wi-Fi nelle scuole.(15)

 2009: L’Ufficio Federale per la Protezione dalle Radiazioni della Germania: “Le fonti più potenti di radiazioni elettromagnetiche in case private sono i telefoni cellulari, telefoni cordless DECT e Wi-Fi. Per motivi precauzionali, si raccomanda ai consumatori di usare il telefono cellulare il meno possibile e preferire il telefono fisso cablato. (16)

 2009: La città francese di Hérouville-St.Claire decide di rimuovere la connessione Wi-Fi dalle scuole; la decisione si basa sul principio di precauzione. (17)

 Giugno 2012: Yuri Grigoriev del Comitato Nazionale Russo per Le Radiazioni Non Ionizzanti (RNCNIRP) dice che le radiazioni emesse dalle reti wireless, telefoni cellulari, e ripetitori sono un pericolo per la salute dei bambini;  l’OMS e le agenzie sanitarie nazionali devono regolamentarle. (18)

 Sono state emesse avvertenze sulle reti wireless e le richieste di persone esposte a queste radiazioni sono state accolte e le reti rimosse e non sono state etichettate, come spesso accade quando si segue la raccomandazione dell’OMS, (19) come persone con problemi psicologici. Ci sono sufficienti prove scientifiche di ricercatori indipendenti che indicano gli effetti dannosi delle tecnologie wireless. (20)

 Per motivi precauzionali, noi medici consigliamo vivamente di rinunciare all’uso delle applicazioni wireless. Sebbene spesso considerate innocue, tecnologie come la Power Line (PLC) o la dLAN non rappresentano delle alternative al Wi-Fi perché utilizzano la rete elettrica di un edificio per trasmettere dati e, così, l’intero cablaggio elettrico della casa con la rete di cavi, le lampade e tutte le altre apparecchiature elettroniche emetterà – a livelli di potenza inferiori di una rete Wi-Fi – delle onde radio e, nel campo vicino, ci saranno un campo elettrico e uno magnetico, alla cui esposizione gli occupanti dell’edificio non potranno sottrarsi. (21)

 I bambini, le persone malate, i disabili, e gli anziani, sono particolarmente a rischio a causa dei  campi elettromagnetici.  I bambini, dal momento che i loro corpi e cervelli sono ancora in via di sviluppo, sono particolarmente sensibili alle condizioni ambientali non fisiologiche. Esplicando  la loro gioia di scoprire e seguendo il loro istinto del gioco, i bambini percepiscono questi dispositivi elettronici senza fili come un attraente giocattolo, completamente ignari di qualsiasi rischio. Come genitori e tutori, abbiamo la responsabilità di tutelare i bambini che rappresentano il nostro futuro.

 Si consiglia pertanto di rinunciare all’uso del Wi-Fi  scegliendo invece soluzioni cablate,sicuramente a casa così come nelle scuole e nelle scuole dell’infanzia, insomma, in tutti i luoghi in cui i bambini trascorrono lunghi periodi di tempo.

 21 luglio, 2012

 Dr. Christine Aschermann, Leutkirch

Dr. Barbara Dohmen, Murg

 Traduzione di Francesca Romana Orlando per l’Associazione Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale (A.M.I.C.A.)


Link diretto all’articolo:
http://www.infoamica.it/il-wi-fi-influenza-negativamente-la-nostra-salute/

 

I rischi dei treni radioattivi che stanno attraversando il Piemonte

 

I rischi dei treni radioattivi che stanno attraversando il Piemonte

ARTICOLO | 14 GENNAIO, 2013 – 23:10 | DA DAVIDE ZACCARIA

Container per scorie nucleari

Un Castor, container cilindrico per il trasporto di scorie nucleari. Foto GETTY (The Telegraph)

In queste ore, gli attivisti antinucleari di varie zone del Piemonte si stanno mobilitando contro il trasporto di scorie nucleari verso la Francia, che sarebbe previsto a breve. Questo tipo di traffico è molto contestato, non solo per l’opportunità di mandare avanti e indietro delle potenziali bombe ecologiche al fine di un riprocessamento di dubbia utilità, ma anche per il mancato avviso ai comuni attraversati dal convoglio. Ogni anno, di notte e più o meno in segreto, una dozzina di convogli attraversa campagne, montagne e centri abitati, per arrivare al centro di trattamento di La Hague.

Sebbene la legge regionale 5/2010 preveda una comunicazione preventiva alle popolazioni, per informarle sui rischi e sui provvedimenti da adottare per tutelare la salute e far fronte a un eventuale emergenza radiologica, sui convogli di scorie radioattive si cerca sempre di mantenere il segreto. Di conseguenza, i cittadini che si trovano lungo il percorso non sono informati sui rischi, e tanto meno sono preparati a reagire prontamente e adeguatamente ai pericoli derivanti da un’eventuale incidente nucleare.

Uno dei problemi, non trascurabile, è il fatto che la schermatura dei vagoni non è totale.

Stando ai dati forniti da Areva, multinazionale francese che opera in tutti i campi dell’energia nucleare, compreso il trasporto, a una distanza di zero metri dai vagoni si è esposti a una dose di 2mSv/h. Il Sievert (Sv) è una misura della dose di radiazione assorbita, e per il personale delle ferrovie e gli agenti di scorta ai convogli, la soglia massima da non superare per legge sarebbe di 1mSv/anno, anche se la Commissione Internazionale di Protezione Radiologica (ICPR) per le esposizioni da un’unica fonte raccomanda un valore di 0,3 mSv/anno come valore di riferimento. Se un operatore si appoggia a un vagone di scorie, in mezz’ora assorbe la sua dose massima annuale.

L’esposizione alle radiazioni diminuisce in funzione del quadrato della distanza, per cui a una distanza di due metri la dose è di 0,1mSv/h. In 10-15 minuti, si assorbe una quantità di radiazioni paragonabile a quella di una radiografia al torace. Sostare per un’ora a due metri da un treno radioattivo equivale a farsi 5 foto RX ai polmoni.

L’esposizione alle radiazioni ha già scatenato molte proteste da parte dei sindacati dei ferrovieri francesi, anche perché in passato non sono state fornite informazioni adeguate . Ignari dei rischi, molti ferrovieri pranzavano addirittura appoggiati al treno, per sfruttare il calduccio prodotto dalle radiazioni. Peccato che il caldo non era l’unica cosa che usciva dai vagoni.

Un altro rischio non da poco è la possibile fuga di materiale radioattivo, in caso di incidente grave. I vagoni hanno delle protezioni speciali, per reggere a un impatto con un altro treno o a una caduta da 10 metri. Lungo il percorso però ci sono dei precipizi, e soprattutto, in caso di esplosione, le conseguenze potrebbero essere gravi quanto la fusione di un reattore nucleare. I convogli possono resistere a un calore di 800 gradi per mezz’ora, ma durante l’incendio nella galleria del Monte Bianco la temperatura raggiunse i 1000 gradi per diverse ore. Lungo il percorso da Saluggia a La Hague, non mancano certo le gallerie.

Chiaramente, una cosa da non fare mai è avvicinarsi a un treno di scorie radioattive, e naturalmente è una pessima idea anche obbligare il treno a fermate non previste e non adatte allo stazionamento, soprattutto nei pressi dei centri abitati.

In caso di incidente grave con conseguente fallout radioattivo, il protocollo prevede diverse fasi di intervento. La prima fase comprende il soccorso delle persone più esposte, il controllo degli accessi all’area contaminata, l’evacuazione delle aree più a rischio. Come però si possa pensare di provvedere a un’evacuazione ordinata di persone ignare di tutto, per di più in piena notte, senza fornire alcun tipo di informazione e di pre-allerta, nei manuali non c’è scritto.

http://www.testelibere.it/article/i-rischi-dei-treni-radioattivi-che-stanno-attraversando-il-piemonte

Avigliana, protesta No Tav contro il treno delle scorie

CRONACA
15/01/2013 – IL CASO

da “LA STAMPA” web

Protesta No Tav alla stazione di Avigliana (foto archivio)

 
 
Alcune decine di attivisti si sono
sdraiati sui binari per tentare 
di fermare il convoglio diretto
in Francia. La contestazione 
si è conclusa senza incidenti
MASSIMO NUMA
 

E’ passato poco dopo le 4 da Avigliana Castor il convoglio che trasporta le scorie nucleari partite da Saluggia (Vercelli) e dirette agli stabilimenti di Le Havre in Francia, dove saranno trattate. 

Il convoglio era composto da tre segmenti: la motrice civetta, il carico di scorie e infine la scorta delle forze dell’ordine.  

 

Intorno all’1,30 una quarantina di attivisti No Tav si è sdraiato sui binari nel tentativo di fermare il treno, costringendo la polizia a sollevarli uno a uno per trasferiti sui marciapiedi della stazione. Dopo il passaggio del treno un gruppo di antagonisti ha tentato di rientrare in stazione ma è stato allontanato in modo deciso dalle forze dell’ordine. Attorno alle 4 gli attivisti si sono allontanati senza essere mai entrati in contatto con le forze dell’ordine. la situazione è tornata alla normalità. 

 

ELEZIONI 2013/ Clamoroso autogol di Bersani: in lista gli ‘incandidabili’ Crisafulli e Caputo

 

Notizie – Italia

Scritto da Andrea Succi e Maria Cristina Giovannitti

Domenica 13 Gennaio 2013

Le imbarazzanti scelte elettorali del Pd si stanno rivelando agli elettori. Che si chiedono: che ci fanno in lista Vladimiro Crisafulli, parlamentare siciliano ricandidato alla Camera in Sicilia II, e Nicola Caputo, consigliere regionale campano, candidato alla Camera in Campania II? Quello di Bersani è stato un clamoroso autogol: Crisafulli, infatti, nel 2010 è stato rinviato a giudizio per concorso in abuso d’ufficio. Ma le accuse più grave, poi archiviate dalla Procura di Enna, riguarderebbero presunti rapporti di “affari e appalti siciliani” con personaggi finiti nell’orbita della magistratura perché – secondo le accuse – organici a Cosa Nostra. L’altro ‘incandidabile’ è Nicola Caputo, indagato dalla Procura di Napoli per lo scandalo dei falsi rimborsi che ha colpito anche la Regione Campania: secondo le accuse, Caputo si sarebbe appropriato indebitamente di fondi destinati alla comunicazione. E Bersani, che ha candidato la “foglia di fico” Pietro Grasso, tace e fa finta di nulla.

 

di Andrea Succi e Maria Cristina Giovannitti

crisafulli_e_caputo_incandidabili_pdLo slogan di ‘Bersani 2013’ è: moralità, lavoro e legalità. Lo stesso leader del centro sinistra presenta la sua lista con orgoglio e la definisce una «scossa civica» che porterà anche una rivoluzione femminile con il 40% di donne nella lista. In linea con questa “scossa”, il Pd ufficializza la candidatura del procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, che sembra essere la classica “foglia di fico”.

Tanto è vero che alle parole e alla candidatura di Grasso non seguono i fatti. Perché? È presto detto: il Pd, se da un lato sbandiera le liste pulite, dall’altro si ritrova a dover fare i conti con personaggi alquanto discutibili, per non dire altro. Che ci fanno in lista gli “incandidabili” Vladimiro Crisafulli, from Sicily, e Nicola Caputo, from Campania?

Parliamo di due regioni su cui l’attenzione ai nomi dovrebbe essere massima, perché proprio in quei luoghi di frontiera si rischiano rapporti ambigui tra infiltrazioni malavitose e politica compiacente. La piaga dello Stato italiano a cui il Pd di Bersani promette di porre fine. Promesse, appunto.

 

CRISAFULLI “CAPPEDDAZZO” – È il primo ‘incandidabile’, candidato dal Pd. Vladimiro, detto “Mirello Cappeddazzo”, è parlamentare siciliano, vincitore delle primarie ad Enna, dal passato alquanto burrascoso. Era il 19 dicembre 2001 quando – secondo le accuse della Procura di Enna – l’allora vice del Presidente Totò “Vasa Vasa” Cuffaro, si incontrava nell’Hotel Garden di Pergusa con il mammasantissimo avvocato Raffaele Bevilacqua, che – secondo quanto riportato da Antimafiaduemila – “i giudici della Corte di Cassazione hanno definito capomafia, confermando la sentenza di condanna di secondo grado della Corte d’Appello di Caltanissetta, la procura competente per le indagini”.Bevilacqua deve ancora finire di scontare i 10 anni e 7 mesi di reclusione.

Durante questi summit, con ‘bacio’ iniziale e finale, il boss e il Crisafulli avrebbero discusso di affari e appalti siciliani. Il tutto è stato registrato dalla Procura di Enna con telecamere nascoste. La vicenda portò sotto i riflettori quello che cominciava ad accadere troppo spesso in Sicilia: le relazioni politica–mafia, per esempio con i casi di Totò Cuffaro (Udc) indagato per fatti di mafia e di Giuseppe Castiglione (Fi) condannato –ma poi assolto– per turbativa d’asta.

Nel 2003, dopo che i fatti furono resi noti, i Ds censurarono Crisafulli perché «non era ammissibile frequentare i boss». Il caso Crisafulli venne archiviato, nonostante laProcura scrisse che in questi incontri ci sarebbero stati “dei complessi contatti e disponibilità al dialogo di inquieta valenza”. Anche Giuseppe Arnone, avvocato e consigliere comunale di Agrigento, ha sottolineato i rapporti amichevoli tra Crisafulli e Bevilacqua, rischiando però di essere aggredito dallo stesso piddino. Ma la storia non finisce qui.

Secondo le note informative sulle intercettazioni dell’ottobre 2005 relative ad un lavoro di pavimentazione per la strada comunale che porta davanti alla villa del Crisafulli, ci sarebbero alcune telefonate tra il Crisafulli stesso e Marcello Catalfo, direttore dei lavori, nelle quali si dice che “sono serviti ben 8 camion da 19 metri cubi” però «la strada è uscita bella».

Le fatture sono firmate dal geometra Nicola Di Bari, arrestato per altre vicende, eintestate all’Amministrazione Provinciale di Enna.

Che c’entra Crisafulli? Nella relazione della Direzione Distrettuale Antimafia si specifica come ogni costruzione, ogni appalto, sembrava essere realizzato solo con il beneplacito del Crisafulli, che si difende parlando di «accuse sterili e complottiste».

Risultato: candidato in Parlamento, alla Camera, tra le fila del Pd.

 

NICOLA CAPUTO – Consigliere regionale campano, viene indagato dalla Procura di Napoli per truffa e peculato. E candidato nel Pd, nemmeno fosse un merito l’essere attenzionato dalla magistratura.

Alle primarie dello scorso 29 dicembre 2012 è stato il più votato in Campania e inserito al quarto posto della lista Pd per la circoscrizione Campania II.

Veniamo alle accuse. Nello specifico ci sarebbero – il condizionale è d’obbligo visto che parliamo di indagini in corso – due fatture sospette: una di 7 mila euro, rilasciata da una ditta di bevande ed un’altra, di 10.800 euro, del luglio 2010 rilasciata da una ditta di pulizia dove, però, il titolare ha disconosciuto la ricevuta.

Ad infittire i sospetti del pm Giancarlo Novelli e del procuratore aggiuntivo Francesco Greco sono le modalità di pagamento: le ricevute, anziché essere intestate alle ditte, erano intestate ai consiglieri ,che poi avrebbero dovuto “girare” i soldi ai lavoratori. Il candidato Pd si dichiara fiducioso nella magistratura, che prosegue nelle indagini.

Nonostante nessuno, o pochissimi, ne vogliamo parlare, il caso Caputo – dal punto di vista accusatorio – non si discosta da quello dei colleghi lombardi o laziali, contro i quali il Pd, e Bersani stesso, si è scagliato, additandoli come esempio di mala politica.

Senza rendersi conto che a guardare in casa d’altri si rischia di lasciarsi sfuggire quanto accade in casa propria.

A questo punto, in vista delle prossime elezioni, ci si chiede: che differenza c’è tra le liste del Pdl e quelle del Pd? Solo il numero degli “incandidabili”, certamente più alto tra i berluscones?

Ma, soprattutto, come può il signor Pietro Grasso accettare pedissequamente certi nomi? E intanto Bersani si cela dietro un “abbiamo le nostre regole e la Commissione di Garanzia”. Meno male…