Banche fallite negli Stati Uniti: Dicembre 2012

 

Il lungo elenco di banche americane fallite dall’inizio della crisi finanziaria globale del 2008 ha raggiunto quota 468. Lo scorso mese di dicembre le autorità statunitensi hanno imposto la chiusura dei battenti alla Community Bank of the Ozarks, un istituto di credito con sede a Sunrise Beach nel Missouri. Il numero dei fallimenti dichiarati nel 2012 si ferma a51 contro i 92 (2011), 157 (2010), 140 (2009), 25 (2008) e 3 nel 2007. Intanto la Casa Bianca ha raggiunto un accordo d’emergenza con i leader repubblicani al Senato e alla Camera per evitare le conseguenze del Fiscal cliff (baratro fiscale, termine usato dal vampiro della FED Ben Bernanke). Il tetto sul debito federale è stato formalmente toccato il 31 dicembre scorso a oltre 16.400 miliardi e il Tesoro solo con una serie di manovre straordinarie, quali il rinvio di stanziamenti per i piani pensionistici dei dipendenti pubblici, ha creato un margine di circa 200 miliardi che verrà però esaurito entro marzo. L’espressione fiscal cliff si riferisce al rischio di dover aumentare le tasse e tagliare drasticamente la spesa pubblica (crollo del Pil e recessione) se non si fosse trovato l’accordo su come ridurre l’abissale debito pubblico Usa. Nel pacchetto sono contenute misure come l’aumento al 39,6% dell’aliquota sui redditi superiori ai 400mila dollari per contribuenti individuali e ai 450mila dollari per le famiglie. C’è anche un aumento dal 35% al 40% della tassa di successione sulle eredità superiori ai 5 milioni e un aumento dal 15 al 20% delle tasse sui guadagni di capitale per chi ha un reddito superiore ai 450mila dollari. Dalla Casa Bianca, prima di ripartire per le Hawai dove è in vacanza la famiglia, Barack Obama ha detto: «Grazie ai voti dei repubblicani e dei democratici al Congresso firmerò una legge che aumenterà le tasse per il 2% degli americani più ricchi e al tempo stesso eviterà aumenti di tasse che potrebbero portare l’economia di nuovo in recessione». Il maggiordomo di Wall Street omette però di dire che per ora è stato evitato solo il rischio di un collasso fiscale, poichè (è un dato di fatto) un piccolo effetto recessivo in ogni caso ci sarà, perchè l’ammontare del taglio di bilancio in queste misure rimane parziale e il ciclo economico Usa continuerà a essere debole, con ripercussioni globali. Basta solo non urtare gli interessi dei grandi centri di potere.

http://ilgraffionews.wordpress.com/2013/01/02/banche-fallite-negli-stati-uniti-dicembre-2012/

 

Brindisi davanti a Equitalia, in Veneto a rischio 35.000 imprese

di CARLO MELINA

 E’ un brindisi amaro quello organizzato stamattina da Marco Paccagnella, presidente nazionale di Federcontribuenti, davanti alla sede di Padova di Equitalia. Con alcuni associati, Paccagnella ha ripercorso un anno di battaglie a tutela di consumatori e contribuenti, soprattutto di centinaia di imprenditori tartassati dal fisco e da un sistema di riscossione che uccide il lavoro.

 Atteso anche il direttore dell’ufficio provinciale di Equitalia Nord S.p.a. Maurizio Trevisan, in partenza per il Piemonte, dove assumerà un altro incarico, che non si è fatto vedere: “Poco male – ha spiegato Paccagnella – In alcuni casi abbiamo trovato il modo, grazie ad una corretta contrapposizione, di dialogare con l’Agenzia e risolvere alcune situazioni particolari.  Per questo ritengo che sia necessario un cambio di strategia da parte di tutti. Per il 2013 cercheremo di non attaccare Equitalia in quanto tale, che è solo l’esecutrice di leggi che provengono dallo Stato, vero colpevole del disastro perpetrato ai danni di aziende e famiglie”.

 Preoccupato per il 2013 delle imprese italiane, Paccagnella ha fatto trapelare un dato che ha dell’incredibile: “Abbiamo incrociato alcune cifre, secondo quanto appreso da varie associazioni di categoria: speriamo di sbagliarci, ma pare che entro il 31/12/2012 ben 35.000 aziende venete siano a rischio liquidazione. Il dato ufficiale lo avremo solo il primo gennaio. Ci auguriamo tutti che sia diverso”.

 Quanto agli auspici per le prossime consultazioni politiche, il presidente di Federcontribuenti auspica che almeno uno schieramento, fra quelli in campo, prenda una posizione chiara e stipuli una sorta di patto elettorale: “Altrimenti meglio stare a casa e non votare”,  ha spiegato.

 Forte di più di 500.000 iscritti, Federcontribuenti ha distribuito il bollettino di guerra dell’impresa italiana nel 2012, anno record quanto a fallimenti di aziende: “Ogni giorno sono circa 200 le imprese che escono dal mercato del lavoro a causa dei fallimenti (9.000), di procedure concorsuali non fallimentari (1.500) e liquidazioni (45.000) – ha chiosato Paccagnella – Ora basta: i sacrifici li chiediamo ai politicanti: rinuncino a 12 mesi di stipendio o pensione e resettino i debiti dei contribuenti. E ordinino alle banche di prestare i soldi alla PMI ai tassi imposti dalla BCE. Così non si può andare avanti”.

 

Monti, Montezemolo, banche, scatole nere: sarà il governo del conflitto d’interessi

Dopo gli aiutini a istituti e Vaticano, arriva l’ultima beffa: grazie a Passera regalo “milionario” a un’azienda controllata da Montezuma

29/12/2012

Monti, Passera, banche, assicurazioni e scatole nere: i conflitti d'interesse dei centrini che hanno convinto Luca Cordero a far un passo indietro 

 

 

Vietato parlarne, perché non si chiama Silvio Berlusconi. Eppure Mario Monti, del tanto famigerato conflitto d’interessi, sembra essere un piccolo campione. Da premier tecnico, insieme al fido ministro dello Sviluppo (ex Intesa Sanpaolo) Corrado Passera, ha fatto e brigato per dare qualche aiutino alle banche, il belmondo al quale appartiene il professore bocconiano e consulente del colosso finanziario Goldman Sachs. Dall’Ace all’abuso di diritto, per non parlare delle primissime misure prese nel 2011, appena insediato a Palazzo Chigi, su tracciabilità e garanzie sui bond. Ora, però, l’affare s’ingrossa. Da premier tecnico e “d’emergenza”, Monti si è auto-candidato capocordata dei centristi. Non sarà candidato fisicamente, ma ci metterà faccia, nome, voce. 

I conflitti d’interesse di Monti – Da qui al 24 febbraio, data del voto, il professore non solo si occuperà dell’amministrazione corrente (da presidente del Consiglio uscente) ma viaggerà (rigorosamente a spese dei contribuenti) per fare la propria campagna elettorale. Parlerà in Rai, i cui vertici, dalla Tarantola a Gubitosi, ha nominato direttamente per risolvere un’altra emergenza, quella della “occupazione di Berlusconi a viale Mazzini”, per citare frequenti voci di sinistra. Ora l’occupazione sarà tecnica, in attesa del verdetto delle urne che potrebbe farla ridiventare politica. Il tecnico Monti ha avuto anche un occhio di riguardo per il Vaticano, con gli aiuti milionari agli ospedali Gaslini di Genova (caro a monsignor Bagnasco) e Bambin Gesù di Roma (vicino a monsignor Bertone) inseriti nel maxi-emendamento alla legge di stabilità. In extremis, giusto in tempo per attirarsi la simpatia della Cei e della Chiesa tutta, entrata pesantemente in campo a sostegno della sua candidatura. Carota alla Chiesa, e carota agli imprenditori più influenti d’Italia. Benetton, Palenzona e soci potranno ampliare sui propri terreni l’aeroporto di Fiumicino grazie al raddoppio delle tariffe aeroportuali (26,50 euro a passeggero contro le precedenti 16) deciso gentilmente dal governo: in tutto, ricorda Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, sono 360 milioni l’anno.

I conflitti d’interesse di Passera e Montezemolo – A godere dell’operato del governo sarà anche, guarda caso, uno dei massimi alleati di Monti in campagna elettorale e nella futura avventura parlamentare, Luca Cordero di Montezemolo. Sempre il Fatto, in un articolo a firma Stefano Feltri, evidenzia come lo sgravio fiscale deciso nel decreto liberalizzazioni per le assicurazioni che imporranno agli automobilisti la dotazione a bordo di una speciale scatola nera sia in realtà un regalo del governo a mister Ferrari. Perché è presto detto: la norma, firmata dal ministro Passera, è un colossale aiutino alla società che gestisce quasi in monopolio la costruzione di detta scatola nera, l’emiliana Octo Telematics. Come scritto anche dal Sole 24 Ore,l’azienda fondata nel 2002 da Germano Fanelli è pronta per essere ceduta per un miliardo di euro. Lo scorso gennaio, stesso mese del decreto liberalizzazioni, la Octobi compra da Fanelli il 30% della società. E di chi è la Octobi? Al 60% è controllata proprio dalla Montezemolo & Partners sgr, per 18,5 milioni. Rischia ora una plusvalenza colossale da 800 milioni di euro: buoni affari in vista perMontezuma, che d’altronde se ne intende: da presidente Ferrari ha ancora ampi rapporti con Fiat ed è fresco vicepresidente di Unicredit (a proposito di banche…) nonchè lanciatissimo imprenditore nel settore ferroviario con Italo e il Nuovo Trasporto Viaggiatori (di cui ha comunque da poco lasciato la presidenza). Insomma, l’articolo 32 della legge sulle liberalizzazioni sarà pure un miglioramento per le assicurazioni (che in teoria si vedranno ridurre frodi e costi di contenzioso) ma appare soprattutto un generoso anticipo.

http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1152285/Monti–Montezemolo–banche–scatole-nere–sara-il-governo-del-conflitto-d-interessi.html

Il bivio

19 dicembre 2012 di matierno

don t panic organise

L’anno che verrà porterà una serie di cambiamenti, anche se continuasse la politica dell’austerità imposta dall’élite attuale. Oltre ai limiti dello sviluppo, siamo giunti ai limiti della pazienza ed ai limiti della sopravvivenza quotidiana.

La scelta volontaria di vivere diversamente dagli schemi mentali imposti dal potere attuale si fa sempre più diffusa. Aumentano i cittadini sani, quelli che decidono di cambiare stile di vita ed optano ad un ritorno al buon senso. Aumenta la crisi di nervi dei cittadini non sani, quelli che rimangono nell’obsoleto paradigma culturale e che continuano a servire il sistema attuale. Fuori dalla crisi di nervi, accelerata dall’insicurezza economica, gli abitanti riscoprono le opportunità suggerite anche dalle proposte del Movimento per la Decrescita Felice che ha la virtù di mettere insieme tutte quelle categorie di persone che ritengono prioritario il benessere delle persone, l’uomo al centro della polis.

Le future coalizioni politiche ed i partiti che godono del maggiore consenso elettorale si rifiutano di cambiare rotta. Siedono tutti nel treno del liberismo e della dittatura europea, tutti. I binari conducono questo treno dei partiti nel burrone. Il sistema non democratico dell’UE comincerà a mostrarsi meglio nel 2013, quando il fiscal compact ed il meccanismo europeo di stabilità avranno riscontro in una serie di provvedimenti che sostanzialmente sono la cancellazione dello Stato sociale, cioè la struttura portante della Costituzione italiana tradita dai parlamentari che hanno votato l’immorale Trattato di Lisbona. Quel crimine consumato nel luglio del 2008 va giudicato come un tradimento alla Repubblica, poiché l’Ue e le sue attuali politiche di austerità violano i diritti umani.

Solo una volontà popolare, che ha la titolarità giuridica della sovranità, può ripristinare la Costituzione e promuovere una politica monetaria e industriale socialmente utile. La nostra Nazione ha l’opportunità di affrontare e risolvere il problema dell’occupazione, dell’istruzione e della ricerca. Le nostre risorse culturali e ambientali richiedono conoscenza, capacità e tecnologie adeguate per essere tutelate, e tali caratteristiche sono presenti nel nostro paese, ma osteggiate dal treno dei partiti che ovviamente include media e mainstream. L’intero territorio nazionale richiede risorse per prevenire dissesti e degrado.

Il treno dei partiti ha deciso di non occuparsi della Nazione privilegiando il pensiero dell’élite che li retribuisce tramite i paradisi fiscali, l’elusione e la corruzione.

Spetta ai cittadini risvegliarsi e smettere di sostenere un sistema palesemente contrario all’interesse pubblico. Spetta ai cittadini organizzare una proposta politica alternativa e seria, e raccogliere consenso intorno ad essa. Credo sia prioritario diffondere il cambio di paradigma culturale e indirizzare le attuali risorse verso tecnologie intelligenti che cancellano sprechi e migliorano la qualità della vita. Tutto ciò deve avere un’energia popolare.

Priorità politiche:

Cambiare i paradigmi dell’istruzione. Transitare dal modello ideato per addomesticare gli individui (censura di conoscenze) a un modello creativo consentendo il libero accesso a tutti livelli di conoscenza, e lo sviluppo di programmi educativi innovativi per la nascita di idee socialmente utili. Sostituire il modello d’istruzione industriale con l’istruzione creativa ed i “pensieri divergenti”.

Sconfiggere l’ignoranza di ritorno. Stimolare la lettura di saggi e divulgare le conoscenze scientifiche di base. Avviare un programma divulgativo per gli adulti al fine di consentire a tutti i cittadini di elaborare nuovi schemi mentali e valutazioni più mature sui temi legati alla tutela degli ecosistemi e del territorio.

Restituire sovranità alla Repubblica. Nel luglio del 2008 il Parlamento ha tradito la Repubblica ed il popolo sovrano votando l’anti democratico Trattato di Lisbona che viola i principi fondamentali della Costituzione italiana.  La Repubblica ha l’obbligo di tutelare il credito, il risparmio e la sovranità monetaria. I dipendenti eletti hanno l’obbligo di adottare una politica monetaria nazionale e una politica industriale tutelando l’interesse pubblico consentendo ai cittadini di accedere alla proprietà delle infrastrutture strategiche.

Introdurre la democrazia. Sperimentare tutti i sistemi di partecipazione: diretta tramite gli strumenti referendari e assembleare tramite i processi partecipativi. La democrazia migliora la qualità della vita. Sperimentare processi decisionali creativi e partecipativi ove i cittadini possano accedere ai bilanci pubblici e possano pianificare la politica. Introdurre società ad azionariato diffuso popolare per la gestione dei servizi pubblici locali sottraendoli all’avidità delle SpA.

Adottare nuovi indicatori. Adottare il Benessere Equo e Sostenibile (BES) come indicatore principale. Le “dimensioni” usate dal BES aggiungono informazioni importanti per valutare la società e la qualità della vita.

Finanziare la prevenzione primaria. Spostare risorse su attività socialmente utili: l’agricoltura sinergica, il rischio sismico, la tutela del patrimonio storico e culturale, l’efficienza energetica, i parchi naturali e la biodiversità.

Sufficienza energetica. La Repubblica con un piano nazionale di decrescita energetica può raggiungere l’auto sufficienza cancellando gli sprechi e l’adozione di un mix tecnologico con fonti alternative.

Sovranità alimentare. La Repubblica deve tutelare la natura ed il paesaggio con la sostituzione dell’obsoleto modello agri-industria, sorto con la chimica-industriale, con il modello virtuoso agricoltura naturale sinergica e progettare una rete di comunità autosufficienti.

Governo del territorio. La Repubblica ha l’obbligo di tutelare la sicurezza, la vita umana, e pertanto è necessario finanziare l’adeguamento e il miglioramento sismico degli edifici esistenti. Cambiare l’estimo introducendo l’analisi del ciclo vita, cambiare la rendita immobiliare ed arrestare i piani urbanistici in espansione per trasformarli in piani di rigenerazione urbana investendo sui suoli costruiti. Avviare piani per introdurre l’agricoltura naturale nelle città.

Introdurre la class action efficace. Il legislatore deve modificare l’attuale legge denominata “class action” con una vera class action introducendo il danno punitivo. E’ necessario consentire a qualsiasi cittadino, tramite un legale, di “istruire” un’azione di classe e porre istanza al giudice.

Ripensare il diritto societario. Il legislatore deve cancellare il sistema delle scatole cinesi e vietare gli accordi denominati patti di sindacato.

Adeguare pene e reati ai comportamenti. Il legislatore deve modernizzare il codice penale cancellando reati socialmente poco pericolosi e dannosi, e introdurre reati nuovi o adeguando le pene attuali ai comportamenti sociali maggiormente dannosi, quelli compiuti dai colletti bianchi, ad esempio, l’evasione e elusione fiscale, il riciclaggio, i comportamenti legati alle società SpA  ed ai danni ambientali.

http://peppecarpentieri.wordpress.com/2012/12/19/il-bivio/

 

Spagna: Bankia, ancora una voragine. Quando gli aiuti non bastano più

Spagna: Bankia, ancora una voragine. Quando gli aiuti non bastano più

di: WSI Pubblicato il 27 dicembre 2012

 BFA e Bankia hanno già ricevuto 18 miliardi di euro di aiuti per ripianare il loro bilancio dissennato, elargiti dall’ESM. Bruxelles per concedere 32,4 miliardi di aiuti ha imposto a Madrid ulteriori piani di ristrutturazione. Nuovo buco di 10,4 miliardi. Nuovo aumento di capitale. Ma fatele fallire, invece.

 Bankia, l’istituto spagnolo in crisi, è diventato il simbolo delle conseguenze della bolla immobiliare

Madrid – Salvataggio o non salvataggio? La Spagna si appresta a chiudere un 2012 difficile senza aver risolto il dilemma su una possibile richiesta di aiuti all’Unione europea. Ma chi è in cerca di una risposta può già trovarla in realtà nelle stime per il 2013: parlano di un calo del Pil fino all’1,4% e soprattutto non lasciano intravedere la possibilità di una crescita economica fino al terzo o quarto trimestre dell’anno nuovo. 

 Sarà ancora una volta il bubbone finanziario esploso con lo scoppio della bolla immobiliare a turbare i sonni del premier Mariano Rajoy. Nel gruppo che controlla Bankia, Banco Financiero y de Ahorros, si è aperta una voragine. Ha un buco da 10,4 miliardi di euro, ha denunciato il Frob, il Fondo spagnolo per la ristrutturazione del sistema bancario, specificando che Bankia invece ha un deficit pari a 4,15 miliardi. 

 Leggere anche:

 

BFA e Bankia hanno già ricevuto qualcosa come 18 miliardi di euro di aiuti per ripianare il loro bilancio dissennato, elargiti dall’ESM, il fondo salva-stati dell’Ue. Gli ultimi dati denunciati dal Frob non cambiano secondo gli analisti di mercato il quadro, anzi saranno usati per determinare quanto capitale della banca è ancora nelle mani degli azionisti. La strada per l’aumento di capitale che partirà a breve e che verrà sottoscritto da Frob e ESM è segnata, ma non è chiaro se sarà abbastanza.

 Dall’inizio della crisi, hanno denunciato fonti sindacali, in Spagna sono stati chiusi 4.587 sportelli bancari e il numero degli addetti è sceso da 135.415 a 104.504. Solo Bankia dovrà tagliare altri 5mila posti. Bruxelles per concedere 32,4 miliardi di aiuti (sempre dall’ESM) ha, infatti, imposto a Madrid ulteriori piani di ristrutturazioni nelle banche nazionalizzate. Ma la fine di questa agonia potrebbe non essere vicina.

 

LO SPOT PUBBLICITARIO DROID DNA “HYPER INTELLIGENCE/EXTRA SENSORY” E IL SUO MESSAGGIO TRANSUMANISTA

Questo doppio spot promozionale Verizon, riguardo il nuovo telefonino “Droid DNA”, è inquietante, fa rabbrividire e “promuove” anche qualcos’altro: il transumanesimo. L’obiettivo, infatti, non è solo quello di vendere uno smartphone al pubblico. Non diversamente da film e video musicali, si cerca di normalizzare il concetto di “miglioramento” umano attraverso la fusione con le macchine.

Mentre la maggior parte di noi ha già un rapporto di dipendenza malsano con il proprio telefonino, questo spot rende le cose ancora più inquietanti mostrandoci il dispositivo modificare completamente il corpo dell’utente e la sua composizione genetica. Sì, è “solo uno spot”, ma tutti i concetti basilari esposti, sono reali e saranno disponibili, a breve, ad un pubblico molto ricco e limitato. Ecco la pubblicità.

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watch?v=NXyNeOZrtRk&feature=youtu.be (Grazie a Stefania)

Lo spot si svolge in una specie di laboratorio transumanista proprio all’inizio del processo di potenziamento “DNA Droid”. Fin da subito, sentiamo il tipico vocabolario associato al transumanesimo: “Miglioramento”, “Aggiornamento” e così via. Molte persone credono che il corpo umano sia la macchina più avanzata sulla Terra. Non i transumanisti….

Quando è collegato al telefono cellulare, il DNA del ragazzo diventa un nero, artificiale e robotico filamento di DNA. Anche questo è compreso nel contratto di 3 anni con Verizon?

Qualcosa, viene poi iniettata, nelle vene del ragazzo. Nel frattempo, sentiamo in sottofondo “velocità neurale aumentata a 4G”. Sì, loro amano “iniettarci” o inserire dispositivi nel nostro corpo con il pretesto di farlo “per il nostro bene”, in realtà vogliono controllarci e monitorarci meglio.

Mentre gli scienziati supervisionano la procedura, udiamo in sottofondo “cervello aggiornato a processore quad-core”. Davvero? I nostri cervelli sono veramente inferiori ad un Quad Core, una tecnologia che sarà totalmente obsoleta tra circa 10 mesi? Non sapevo che i nostri cervelli sono dei Pentium 4.

In un sistema completamente basato sul materialismo anche gli strumenti con cui decodifichiamo la realtà “esterna” devono essere migliorati (ovviamente per una ristretta e ricca cerchia). Ma gli occhi non erano lo specchio dell’anima?

Anche il tatto umano non è abbastanza per i transumanisti…

Auricolari direttamente collegati ai timpani! L’orecchio umano è ormai superato…

Lo spot si conclude con uno slogan puramente transumanista: “Non è un aggiornamento per il telefono, è un aggiornamento di te stesso”. Sì. E poi, se non gli piaci, semplicemente riformatteranno il cervello Quad-Core reinstallandone una versione migliorata. Evviva il transumanesimo insomma…-_-’

Fonte

http://www.neovitruvian.it/2013/01/04/lo-spot-pubblicitario-droid-dna-hyper-intelligence-e-il-suo-messaggio-transumanista/#more-9652

 

DOTT MARIA ROSARIA RANDACCIO: EQUITALIA E’ ANTI COSTITUZIONALE – ART 53 E 54 –


Popolo di ignoranti sottomessi vigliacchi che sanno prendersela con il vicino ma non ha il coraggio di andare alla radice dei problemi e unirsi per chiedere ciò che è semplicemente e onestamente giusto! Intanto la gente si da fuoco e altri finiscono letteralmente sotto i ponti nell’indifferenza totale di tutti coloro che pensano solo al loro orticello a discapito di quei pochi che hanno il coraggio di far valere la propria dignità. Vi dicono che la colpa è di coloro che non pagano le tasse? Mi sa che ancora credete a babbo natale! Informatevi sul Signoraggio Bancario, cercate “Avvocato Marra” su youtube, oppure “Giacinto Auriti” e svegliatevi, i debiti sono MATEMATICAMENTE inpagabili! Ci stanno togliendo la vita! Vergogna Italia Ignorante! “Siamo” un Popolo di Pecore Belanti chiuse felicemente nel proprio recinto! Almeno pagate e state zitti, si risparmia in inquinamento acustico.

 

SCANDALO CROCE ROSSA/ La Corte dei Conti certifica un buco da 14 milioni: “Manca il controllo”

Inchieste – Italia

Scritto da Maria Cristina Giovannitti

Sabato 05 Gennaio 2013 

Gli scandali nella Croce Rossa Italiana non finiscono mai e stavolta continuano le denunce della Corte dei Conti. Disagi e deficit economici indeboliscono ancora di più il più importante Ente umanitario: la CRI ha un buco economico di quasi 14 milioni di euronon ha la capacità interna di controllare la contabilità; non esiste una tesoreria unica a cui attingere denaro in modo vigilato e le commissioni hanno troppa autonomia. Un sistema ‘anarchico’ che, oltre ai scandali del passato, crea troppe lacune economiche. E così la Croce Rossa si avvia alla privatizzazione.

 

di Maria Cristina Giovannitti

scandalo_croce_rossaLa Croce Rossa Italiana è l’Ente umanitario più importante della nazione, con alle spalle una storia ultra centenaria e anche troppi scandali da smaltire.

LO ZITO-LETTA – Nel 2008 il maresciallo Vincenzo Lo Zito denuncia le troppe irregolarità interne nella sezione Abruzzo della CRI dove il presidente era Maria Teresa Letta. Un cognome di prestigio quello del presidente; sorella del politico Gianni Letta. Lo Zito denuncia movimenti economici sospetti della signora Letta, usando i fondi della CRI: assegni con firme false; doni natalizi per i terremotati abruzzesi e riciclati per i donatori di sangue accompagnati dagli auguri della Letta; trasferimenti di denaro verso conti bancari non autorizzati; il tutto senza giustificazioni. Insomma manovre economiche poco chiare che sono sinonimo di scandali economici. A seguito dei controlli sulla gestione finanziaria della Croce Rossa Abruzzo, nonostante tutto, non ci fu nessuna denuncia ma solo una querela. Il pm Erminio Amelio ancora non scrive nessuno nel registro degli indagati. Era il 2008, siamo nel 2013.

SCELLI-SMOLIZZA-PANDOLFI – Nel 2011 la Corte dei Conti condanna Maurizio Scelli, ex commissario della CRI, e i due funzionari Aldo Smolizza e Virgilio Pandolfi. Scelli  è condannato a risarcire l’Ente con 900 milioni di euro. 3 milioni di euro in totale per l’accusa di  ‘disprezzo di qualsiasi canone di sana amministrazione in totale noncuranza della Croce Rossa Italiana’. Insomma i tre, nel 2004, avevano firmato contratti informatici pur sapendo che la CRI non aveva la disponibilità economica. Bilanci incongrui e non necessari. Lo stesso Scelli parlò di accanimento dei giudici nei suoi confronti, sentendosi attaccato ingiustamente dalla magistratura come era accaduto a Silvio Berlusconi. Eppure l’ex commissario era già stato accusato, ma poi assolto, per aver sottratto fondi interni pari a 17 milioni di euro destinati alla missione umanitaria  ‘Antica Babilonia’.

Ora torna un nuovo resoconto della Corte dei Conti che denuncia altre lacune che rischiano sempre più d’indebolire la CRI: una criticità organizzativa e gestionale. C’è da dire che rispetto al fondo nero toccato in più casi, negli ultimi anni la situazione della CRI è migliorata lievemente pur rimanendo ancora negativa. Nonostante la politica dei tagli – riduzione delle auto blu, autovetture di servizio, da 29 a 9; i ‘benefits’ non sono presenti nella struttura; gli organi collegiali sono diminuiti da 7 a 3- comunque la Croce Rossa si avvia alla privatizzazione decisa dal Governo Monti.  Infatti è in corso di approvazione il decreto di riforma  che prevede una parziale privatizzazione soprattutto delle strutture periferiche. Secondo l’Annual Report 2011 la CRI possiede ben 981 immobilimolti di cui andranno in mano a privati, distribuiti soprattutto in Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte e Friuli.

Un altro grave problema è il buco economico che ammonta a quasi 14 milioni di euro: infatti 6.554.770 euro è il disavanzo dei comitati regionali e 7.400.000 euro ammonta lo scompenso del comitato centrale. Un triennio finanziario in dissesto a causa di una poca liquidità dell’Ente e da un’organizzazione interna, disorganizzata che rallenta le approvazioni di bilancio. La Croce Rossa non ha mai avuto una Tesoreria Unica, ovvero un macro fondo nazionale a cui, tutte le rappresentanze possano attingere in modo controllato e questo sarebbe uno dei provvedimenti urgenti da prendere. Inoltre la Corte dei Conti ha rilevato un abnorme buco economico con problemi finanziari per la CRI sezione Molise, Lazio, Friuli, Toscana ed Umbria. Mentre a livello provinciale il default economico è per Roma, Latina e Perugia.

 

Dulcis in fundo la discrasia organizzativa: la CRI ha un ordine interno che con difficoltà permette di tenere sotto controllo i livelli di responsabilità finanziaria perché i comitati: centrale, provinciali (103), regionali (20) e locali (448) hanno una loro organizzazione autonoma che rende difficile anche controllare gli spostamenti di denaro.

 

Francia, i misteri nucleari di Edf

LUNEDÌ 31 DICEMBRE 2012 

di Carlo Musilli

 Il super manager infedele, i segreti industriali spifferati ai cinesi, gli accordi sottobanco, i servizi segreti, la sindacalista picchiata da misteriosi sicari. E l’ombra dell’Eliseo che incombe. Non è un intreccio partorito dalla penna di John le Carré, ma lo scandalo con cui i vertici dell’economia francese hanno deciso di chiudere il 2012. Nell’occhio del ciclone c’è Henri Proglio, numero uno di Edf (“Electricité de France”), gigantesca società energetica controllata dallo Stato.

 La settimana scorsa il periodico “Le Canard enchaîné” ha accusato il manager di aver rivelato a un gruppo cinese alcune importanti informazioni in materia di tecnologia nucleare. Subito dopo si è scoperto che a carico del buon Proglio sono state aperte addirittura due inchieste: una del ministero delle Finanze, l’altra dei servizi segreti.

 La spy story ruota attorno a un misterioso accordo firmato nel novembre 2011 fra Edf e Cgnpc (China Guangdong Nuclear Power Company) per la realizzazione di un reattore nucleare di ultima generazione in Cina. Sembra che pur di chiudere l’intesa Proglio sia andato ben oltre il suo mandato, garantendo ai cinesi “i codici di calcolo francesi riservati e gli strumenti di simulazione”, la “documentazione operativa di Edf” e l’accesso alla riservatissima unità di crisi. Non solo: Areva, altro colosso nucleare francese che si occupa della realizzazione materiale delle centrali (mentre Edf le gestisce), viene incredibilmente lasciata fuori dall’accordo.

 In aprile la vicenda si complica. Il Comitato strategico di Edf boccia l’intesa che, dopo l’intervento dell’Agenzia delle partecipazioni di Stato, viene definitivamente bloccata dall’allora ministro dell’Economia, François Baroin. Il tutto poco prima delle elezioni. A quel punto le trattative ripartono e stavolta includono anche Areva. Lo scorso 19 ottobre, infine, viene firmato un nuovo accordo a tre per la realizzazione del fantomatico reattore. Intorno al contratto è però buio pesto: nessuno sa ancora con precisione cosa abbia ottenuto Edf dai cinesi, né tantomeno a quale prezzo.

 Ed è qui che dallo spionaggio si passa al thriller vero e proprio. Una certa Maureen Kearney, sindacalista di Areva, vuole andare fino in fondo: pur di vederci chiaro minaccia di ricorrere alla carta bollata, telefona a vari politici e mette la pulce nell’orecchio alla stampa. Casualmente (ma solo perché gli avvocati di Areva hanno minacciato querele contro chiunque metta in relazione le due vicende), il 17 dicembre un manipolo di energumeni fa irruzione in casa sua. Dopo averla aggredita, gli uomini le disegnano addosso una “A”, poi se ne vanno. Con che lettera comincia “Areva”? Ma no, in fondo le coincidenze esistono (e i depistaggi anche).

 Per calmare le acque, il direttore di produzione di Edf, Hervé Machenaud, fa sapere che il primo accordo bilaterale con i cinesi era solo una bozza e che l’intesa finale non prevede alcuna rivelazione dei segreti atomici francesi. “Non firmare questo accordo ci avrebbe fatto correre il rischio di vedere un certo numero di contratti importanti passarci sotto il naso”, chiosa Machenaud.

 Edf dà lavoro a 156 mila persone e realizza un fatturato annuo superiore ai 65 miliardi di euro. La maggior parte dell’elettricità che gestisce è di origine nucleare e viene prodotta nei suoi 54 impianti. Le dimensioni però non sono tutto. Al momento Edf è in difficoltà: ai minimi storici in Borsa e sotto il peso di un enorme indebitamento, deve fronteggiare il drastico calo della domanda in questi anni di crisi. Ci sono poi gli impianti vecchi da dismettere e quelli nuovi da realizzare (l’inaugurazione del primo, in Normandia, è stata rinviata più volte e i costi sono lievitati ben oltre il previsto).

 In Italia Edf è presente da una decina di anni. Dopo aver acquistato da Fiat la maggioranza relativa nel capitale di Edison, la società francese si è recentemente messa in tasca la maggioranza assoluta grazie all’accordo raggiunto con i soci italiani guidati da A2A. Per chiudere l’affare nel nostro Paese la trattativa è stata lunga e travagliata. All’epoca di quei negoziati, tuttavia, Proglio poteva contare sull’appoggio politico del presidente Nicolas Sarkozy, di cui è sempre stato un fervente sostenitore. Ora invece, dopo l’elezione di François Hollande, la musica è cambiata e i rapporti fra il numero uno di Edf e l’Eliseo sono ogni giorno più tesi. Il contratto di Proglio scade nel 2014, ma dopo l’ultima spy story di capodanno c’è già chi scommette sull’addio anticipato.

 

Mini-Job: welfare tedesco e disinformazione italiana

La “controinformazione” italiana vuole smentire che in Germania i salari siano più alti che in Italia, e porta il caso dei Mini-Job. Ma non spiega che i Mini-Job sono lavori part-time, che si possono sommare al reddito minimo garantito, con affitto per la casa, riscaldamento e cure mediche, riduzione per i trasporti. Un caso di autolesionismo, o il bisogno di far tornare per forza i conti di un’interpretazione del tutto sbagliata del “modello europeo”? 

di Giovanni Perazzoli 

Secondo Alberto Bagnai, economista all’Università di Chieti, quello degli alti salari tedeschi è un luogo comune da sfatare. In una recente intervista per Il Fatto Quotidiano ci informa che “in Germania non ci sono solo gli operai strutturati e non c’è solo la Volkswagen: c’è anche sotto-occupazione, ci sono i mini-job”. Articoli analoghi si leggono su Keynesblog e in altri siti.

Mi chiedo perché non si aggiunge mai il resto. Ovvero, che i Mini-Job sono lavori part-time da 400 euro al mese netti rivolti per principio agli studenti, e che – attenzione – si possono sommare a Hartz IV, il reddito minimo garantito tedesco. Nella formula base del reddito minimo garantito questo significa aggiungere altri 360 euro al mese e in più c’è l’affitto pagato per l’alloggio (!), le cure mediche, i soldi per il riscaldamento (!) e una riduzione per i trasporti. Il netto percepito dalla somma arriva a 560 euro al mese. Ognuno comprende il significato del fatto che l’affitto dell’alloggio non pesi sul reddito. E parliamo comunque della base del sussidio: poi per ogni eventuale figlio debbono essere calcolati altri 250 euro circa. 

Dunque, non solo l’industria automobilistica tedesca va bene con salari doppi (se non tripli) rispetto all’Italia, ma esistono delle forme di contratti per lavoretti temporanei e a bassa qualificazione garantiti dal welfare. Allora, alla difficoltà di capire il senso di una battaglia per confutare il fatto (il dato di fatto) che possa anche esistere un’economia che funziona, come quella tedesca, con operai tutelati e ben paganti (a chi giova una tale battaglia?), si aggiunge la difficoltà di comprendere perché questa battaglia dimentichi sempre di prendere in considerazione l’importanza e il senso del welfare europeo. Difficile da capire, tanto più che in Italia di questi temi non si sa nulla, e viene anche il dubbio (leggendo i programmi di TUTTI i partiti in campo) che si finga di non saperne nulla. Sull’assenza di un reddito minimo garantito si fonda però il paternalismo e il clientelismo italiano. A quando, per altro, qualche statistica sul lavoro nero italiano in rapporto all’Europa? Dovrebbe far riflettere l’unanime e trasversale propaganda anti-europea, molto poco attendibile nei fatti, che copre l’intero arco partitico, a partire da Berlusconi. È la chiave del “vero volto” del Paese.

Le informazioni che arrivano in Italia sono sempre deformate, omissive. Potrebbe dare un’idea dell’abisso che ci separa dall’Europa sapere che il problema su cui si discute nei paesi nord-europei riguarda la possibile funzione di incentivo alla disoccupazione dei sussidi. Per loro la disoccupazione esiste perché ci sono i sussidi, per noi, al contrario, perché non c’è lavoro, o c’è il lavoro nero. Per loro la flessibilità è a condizioni di garanzia, per noi è a condizioni di sfruttamento (coadiuvato dalla disinformazione). Il caso tipico è quello della commessa tedesca con figli: se lavorasse, guadagnerebbe solo 100 euro in più rispetto a quanto avrebbe con il reddito minimo garantito (1800 euro circa, molto di più per altro di quanto guadagna un insegnante in Italia). Recentemente, in un dibattito suMicroMega, Pierre Rosanvallon e Alain Touraine hanno ricordato che la “terza via” si proponeva di aumentare la differenza tra il reddito dei sussidi e il reddito da lavoro, perché la disoccupazione finisce per essere, in Francia come nel Nord Europa, economicamente preferibile all’occupazione. Un questione che in Italia (grazie anche ai nostri studiosi) semplicemente non ha senso.

In questo contesto, per dare un’altra idea della distanza siderale con l’Europa, nasce la proposta del Basic Income di Philippe van Parijs e del movimento internazionale BIEN, che quest’anno si è riunito a convegno a Monaco (due anni fa erano in Brasile): un reddito di cittadinanza incondizionato (ovvero non condizionato dalla ricerca del lavoro), che mantenga i benefici del welfare anche per chi torna al lavoro. Non a caso, in Italia si fa confusione tra questa proposta di reddito incondizionato (e universale) con il reddito minimo garantitocondizionato (per i soli disoccupati che accettano di cercare un lavoro). Quest’ultimo in Europa non è l’obiettivo di una lotta perché esiste da decenni (la Francia, ultimo dei paesi ad introdurlo, lo ha introdotto venti anni fa). Altro tipico errore è credere che il reddito minimo sia limitato nel tempo, mentre è illimitato. L’Unione europea lo raccomanda ai paesi che ne sono privi (Italia, Grecia) dal 1992. Lo ricordo a proposito di “democrazia in vendita” e altre disinformazioni. In Francia, per dire, hanno il reddito minimo garantito, e le 35 ore.

Utile, per dare un’idea del baratro cognitivo che ci separa dall’Europa, sarebbe anche conoscere la storia dei mini-job tedeschi. 

Fino alla riforma dell’università, che ha introdotto per la prima volta le rette in Germania (dieci anni dopo, vorrei ricordare, rispetto all’Italia), agli studenti universitari tedeschi era fatto obbligo di non lavorare. Esisteva però un ufficio di collocamento per i soli studenti che consentiva di trovare dei piccoli lavori (Job) part-time. Un amico, ad esempio, mise insieme i soldi per un viaggio raccogliendo per due mesi gli scatoloni degli imballaggi di un’industria. Pensate un po’ a un ufficio che mette a disposizioni dei piccoli lavoretti senza la mediazione di terzi, partiti, sindacati, preti e altro. Una cosa rivoluzionaria, uno scandalo che l’Italia non può permettersi, altrimenti viene giù tutto. Mai l’Italia feudale di destra e di sinistra potrebbe permettersi tanto individualismo poco comunitario. Troppo “liberista”.

I mini-job sono un’estensione di questo tipo di lavori. Del resto il termine “Job” indica in tedesco (non è inglese) il “lavoretto”, il lavoro occasionale (jobben); altro significato di lavoro hanno “Arbeit” o “Beruf” (ricordando, almeno, Max Weber). Il “Mini-Job” è dunque due volte un “lavoretto”, perché è un “Job” e perché è “mini”. 

I Mini-Job sono stati voluti dal Cancelliere socialdemocratico Schroeder. E, nonostante siano, rispetto alla condizione italiana, così straordinari da sfuggire anche all’immaginazione, sono criticati dalle organizzazioni sindacali tedesche. Il loro utilizzo è andato infatti ben oltre quello che si proponeva la riforma. Di fatto tendono a destrutturare il lavoro in quei contesti dove il lavoro è scarsamente qualificato e temporaneo. Per fare un esempio: i giovani che lavorano come camerieri (prima di iscriversi all’università o di fare altro) sostituiscono i camerieri sessantenni (che si vedono tristemente in Italia). Ma è sempre un male? Bisognerebbe aprire un discorso (serio) sul lavoro che cambia, e sul ruolo che deve avere il welfare in questo contesto. È facile immaginare però che in Italia la storia dei Mini-Job arrivi attraverso la polemica dei sindacati tedeschi, ma senza il contesto relativo. Purtroppo anni di disinformazione e di una certa arretratezza ideologica (che oggi si attacca al liberale Keynes non riconoscendo che l’Europa del Nord è keynesiana, non certo l’Italia, che invece cerca di preservare lo status quo del berlusconismo diffuso) ci impediscono non solo di conoscere, ma perfino di immaginare che possa esistere qualcosa di diverso rispetto al nostro ristretto orizzonte.

(31 dicembre 2012)