IL PRESIDENTE DELL’ECUADOR E LA SUA CAMPAGNA CONTRO LE BANCHE

Il governo del Presidente dell’Ecuador, Rafael Correa, ha recentemente passato una legge per aumentare le tasse nel settore finanziario  al fine di elevare lo standard  di vita dei poveri.

Il Presidente Correa, un economista in corsa per una rielezione, durante il suo mandato ha ridotto la povertà ed aumentato lo standard generale di vita dell’Ecuador.Comprensibile quindi che le grandi banche, alcune delle quali salvate, si siano opposte a Correa. Infatti, il suo oppositore principale per la presidenza,  è un banchiere in trincea.
Ma Correa potrebbe dover affrontare un oppositore ben piu’ pericoloso del suo rivale politico. C’è un complotto della CIA  da 88 milioni di dollari  per destabilizzare il governo dell’Ecuador ed assassinare Correa, secondo quanto riporta un giornalista cileno: Patricio Mery Bell che, alcuni mesi fa,  ha pubblicato il rapporto sul complotto della CIA per destabilizzare l’Ecuador, cosa che Correa sta prendendo molto seriamente.

Bell ha affermato che il complotto nascosto è stato finanziato dal controllo della CIA sultraffico di droga nella regione.

FONTE: http://www.activistpost.com/2013/01/ecuador-taxes-bankers-president-faces.html

http://cafedehumanite.blogspot.it/2013/01/il-presidente-dellecuador-e-la-sua.html

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Gli Usa stanno realizzando “soldati mutanti”. Lo scenario da incubo delle guerre prossime venture

 

 

Di Umberto Mazzantini
http://www.greenreport.it

Non è il siero del super-soldato di Capitan America ma ci si avvicina molto quanto rilevato da Patrick Lin, Maxwell J. Mehlman e Keith Abney, tre ricercatori dell’Ethics + Emerging Sciences Group del California Polytechnic State University nel loro studio  ”Enhanced Warfighters: Risk, Ethics, and Policy” realizzato per la Greenwall Foundation. Negli Stati Uniti d’America diverse Agenzie stanno lavorando a progetti per produrre soldati “mutanti” utilizzando farmaci, protesi, manipolazioni genetiche ed altre tecniche di rafforzamento delle loro abilità. Sembra un fumetto della Marvel, ma non lo è e non è neppure  la prima volta che gli Usa effettuano esperimenti sui loro soldati. Wired.com ricorda infatti che «Le preoccupazioni di ordine etico sono certamente precedenti. In una serie di esperimenti negli anni ’70, volti a sviluppare armi allucinogeni, il Pentagono ha dato i soldati Lsd, apparentemente senza che i soggetti comprendessero appieno le conseguenze dell’utilizzo del farmaco. Durante la Guerra Fredda le truppe statunitensi sono state esposte a gas nervino, sostanze psico-chimiche ed altre sostanze tossiche, su base sperimentale e senza il loro consenso». Però, questi nuovi progetti puntano per la prima volta a sviluppare super-militari mutanti dotati di nuovi geni che eliminano la paura ed aumentano resistenza e forza.

Secondo il rapporto, gli organismi coinvolti in questi progetti testano sui soldati farmaci, protesi robotiche, terapia elettroshock, manipolazioni genetiche e altre tecniche con effetti collaterali o conseguenze a lungo termine ancora ignoti. Il quadro, nonostante questi avvertimenti, sembra ancora peggiore dell’utilizzo di droghe e stimolanti che è noto che le forze armate Usa somministrano ai soldati impegnati in interventi armati. I ricercatori dicono che siamo alle soglie di una nuova era nella tecnologia di miglioramento del personale militare che il governo dovrebbe rapidamente cominciare a pensare attentamente alle gravi implicazioni che questo comporta prima di inviare “super-soldati” sul campo di battaglia: «Le autorità devono iniziare a prendere in considerazione le rilevanti questioni etico-morali, legali e di politica generale che si presentano, soprattutto per quanto riguarda un uso improprio o l’abuso della tecnologia». Soprattutto per quanto riguarda i rischi poco conosciuti che si presentano con lo sviluppo di “miglioramenti militari umani” e cioè l’utilizzo di esoscheletri rimovibili, impianti interni (e qui siamo a Wolerine e Ironman), droghe, alimentazione speciale, terapia genica, impianti robotizzati e protesi che possono essere utilizzati per migliorare le prestazioni e l’efficacia delle truppe. Secondo Wired.com, il Pentagono sta lavorando ad un “military human enhancement project” che prevede “metodi di valorizzazione” specifici: dieta e regimi di esercizi mirati, iniezioni per inibire lo stress, Transcranial direct current stimulation stile elettroshock per velocizzare il pensiero e terapia genica.

Gli autori della ricerca mettono in guardia sulle complicazioni politiche e giuridiche che possono derivare da questa avventura dei vertici militari Usa, per esempio la possibilità che i danni derivanti dal fallimento di un qualche progetto di “valorizzazione” (e qui torniamo ai mutanti cattivi della Marvel e della Dc) possano portare ad azioni legali molto costose e sottolineano che «Un soldato rafforzato potrebbe anche diventare un criminale migliore». Inoltre i ricercatori dicono anche che «La paura della nuova tecnologia potrebbe portare a un’escalation della corsa globale agli armamenti. Come con altre tecnologie militari emergenti, quali la robotica e le cyber-capabilities, le human enhancement technologies sfidano le leggi e le politiche esistenti, così come valori etici basilari. Ma mentre le implicazioni della valorizzazione umana in generale sono stati ampiamente discussi, esiste attualmente una scarsa analisi delle implicazioni specificamente operative nel contesto militare, etiche e legali della valorizzare dei combattenti, come ad esempio: quanto sono o dovrebbero essere sicuri questi miglioramenti umani e i nuovi trattamenti medici sia prima della loro diffusione (considerando le recenti polemiche, come le vaccinazioni obbligatorie contro l’antrace)? Devono essere miglioramenti reversibili o temporanei (considerando che la maggior parte combattenti torneranno nella società come civili)? I miglioramenti potrebbero essere considerati come “armi biologiche” ai sensi della Biological and Toxin Weapons Convention (se si considera che il termine non è chiaramente definito)?»

In una e-mail inviata a Wired.com, Patrick Lin scrive che «Grazie ai potenziamenti  militari e ad altre tecnologie, il genio è già uscito dalla bottiglia: i benefici sono troppo irresistibili e il complesso militare-industriale ha ancora molto slancio. Ora, la cosa migliore che possiamo fare è quella di contribuire allo sviluppo di politiche preventive  per prepararsi a queste nuove tecnologie, non post hoc o dopo che siano state fatte (come stiamo vedendo con i droni e le armi informatiche)».

Come esempio del tipo di complicazione che possono insorgere in caso di un dispiegamento di soldati potenziati in battaglia, Wired.com cita l’incidente del “Canadian friendly fire”: Il 18 aprile 2002, un paio di piloti di F16 dell’Air Force di ritorno da una missione di 10 ore sopra l’Afghanistan videro lampeggiare a 18.000 piedi sotto di loro. Pensando che fossero loro commilitoni sotto il fuoco dei ribelli, il maggiore Harry Schmidt sganciò una bomba a guida laser da 500 libbre. Ma si trattava di truppe canadesi in esercitazione e 4 soldati vennero uccisi dalla bomba. Le accuse penali contro i piloti alla fine furono lasciate cadere e furono soltanto espulsi dall’aeronautica militare canadese per “dolo” e “scarsa capacità di giudizio”. In realtà i piloti di caccia canadesi erano pieni di Dexedrine stimolante, un’anfetamina che l’Air Force Usa e Canadese prescrivono di routine ai piloti che volano in lunghe missioni e la Food and Drug Administration Usa avverte che la Dexedrine può causare «Nuovi comportamenti aggressivi o di ostilità o peggiorarli», quindi non si capisce più se la colpa del fuoco amico canadese fosse dei piloti o della droga.

Sembra solo un assaggio del tipo di problemi che le autorità militari e politiche si troveranno davanti con soldati con “poteri mutanti” dispiegati in una zona di guerra. Secondo i ricercatori californiani, «Da qualche parte, tra la robotica e la ricerca biomedica, si potrebbe arrivare al futuro Warfighter perfetto: quella che è in parte macchina e in parte uomo, un equilibrio formidabile tra la tecnologia e le nostre fragilità». E Wired.com scrive: «Ora, immaginate un futuro campo di battaglia pieno di piloti alimentati ad anfetamine, una fanteria cyborg e dei comandanti i cui cervelli sono stati scioccati per raggiungere livelli di astuzia tattica altrimenti impossibili..».

Secondo Lin Mehlman ed Abney la questione più rilevante in futuro sarà quella di regolamentare e controllare la creazione e l’uso di questi super-soldati e a farlo dovrebbe essere un organismo internazionale che tuteli anche la loro salute dai cambiamenti genetici e dai possibili danni fisici e mentali che potrebbero subire.  «Quali sono gli accessori dovrebbero essere consentiti  dal diritto internazionale e quali dovrebbero essere vietati? – si chiedono – I combattenti potenziati possono essere considerati loro stessi “armi” e, pertanto, soggetti a regolamentazione secondo le Laws of Armed Conflict? O questi combattenti potrebbero essere considerati come un ulteriore “agente biologico”  all’interno della Biological and Toxin Weapons Convention?” Altre domande vengono fuori anche se si pensa al diritto dei soldati di accettare o rifiutare i trattamenti/terapie di miglioramento: «I combattenti sono tenuti a dare il loro consenso informato per essere migliorati e, in caso affermativo, quale dovrebbe essere questo procedimento?»

I ricercatori evidenziano le principali questioni che dovrebbero porsi i legislatori e tutti noi e The Blaze scrive: «Questo è un utilizzo militare legittimo? E’ davvero necessario, nel senso che non ci sono altre alternative che potrebbero raggiungere l’obiettivo previsto? Quali benefici superano il rischi?».

Il team  del California Polytechnic sottolinea inoltre le questioni riguardanti la trasparenza pubblica nell’uso di tecnologie di potenziamento e per questo si rivolge direttamente al Pentagono perché inizi a lavorare per sviluppare un quadro di riferimento etico-morale e legale per la regolamentazione delle tecnologie militari di potenziamento umano: «Nei fumetti e nella fantascienza, si può sospendere l’incredulità riguardo ai dettagli legati a tecnologie ed abilità fantastiche, come quelle rappresentate dai miglioramenti umani. Ma nel mondo reale, quando la vita imita l’arte ed i “poteri mutanti” si sta veramente cambiando il mondo, i dettagli sono importanti e richiedono indagini reali».

Fonte: http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=+19672

http://www.informarexresistere.fr/2013/01/09/gli-usa-stanno-realizzando-soldati-mutanti-lo-scenario-da-incubo-delle-guerre-prossime-venture/#axzz2HTNwmTik

 

Fine dei giochi in Siria: scenario strategico nella guerra segreta del Pentagono contro l’Iran

GENNAIO 8, 2013 

Mahdi Darius Nazemroaya, Global Research, 7 gennaio 2013

525968Dall’avvio del conflitto in Siria nel 2011, è stato riconosciuto, da amici e nemici, che gli eventi in quel paese sono legati a un piano che prende di mira, in ultima analisi, l’Iran, il primo alleato della Siria. [1] Scollegare la Siria dall’Iran e scardinare il Blocco della Resistenza che Damasco e Teheran hanno formato, è uno degli obiettivi della politica estera supportata dalle milizie anti-governative in Siria. Tale divisione tra Damasco e Teheran cambierebbe l’equilibrio strategico del Medio Oriente a favore degli Stati Uniti e di Israele. Se ciò non può essere realizzato, però, si paralizzerà la Siria  evitando che possa fornire all’Iran una qualsiasi forma effettiva di sostegno politico, economico, diplomatico e militare di fronte alle minacce comuni, di cui sono obiettivo primario. Impedire una qualsiasi continua cooperazione tra le due repubbliche è l’obiettivo strategico. Questo include impedire il terminale energetico Iran-Iraq-Siria in fase di costruzione e la conclusione del patto militare tra i due partner.

Tutte le opzioni sono finalizzate a neutralizzare la Siria
Il cambio di regime a Damasco non è l’unico o il principale modo, per gli Stati Uniti ed i loro alleati, di evitare che la Siria resti al fianco dell’Iran. Destabilizzare la Siria e neutralizzarla come  Stato fallito e diviso, ne è la chiave. Le lotte settarie non sono un risultato casuale dell’instabilità in Siria, ma un progetto alimentato dagli Stati Uniti e dai loro alleati, che hanno costantemente fomentato con il chiaro intento di balcanizzare la Repubblica araba siriana. A livello regionale, soprattutto Israele, tra tutti gli altri stati, ha la partecipazione più importante nel garantire tale risultato. Gli israeliani, in realtà, hanno delineato in diversi documenti a disposizione del pubblico, tra cui il Piano Yinon, la distruzione della Siria in una serie di piccoli Stati confessionali; uno dei loro obiettivi strategici. E questo lo prevedono i pianificatori militari statunitensi.
Come il vicino  Iraq, la Siria non ha bisogno di essere formalmente divisa. A tutti gli effetti, il paese può essere diviso come il vicino Libano, in vari feudi e tratti di territorio controllati da diversi gruppi, durante la guerra civile libanese. L’obiettivo è degradare la Siria in un ruolo esterno. Dalla sconfitta israeliana in Libano nel 2006, vi è stata una rinnovata attenzione verso l’alleanza strategica tra l’Iran e la Siria. Entrambi i paesi si oppongono decisamente ai progetti statunitensi nella regione. Insieme sono stati protagonisti nell’influenzare gli eventi in Medio Oriente, dal Mediterraneo orientale al Golfo Persico. La loro alleanza strategica ha indubbiamente svolto un ruolo importante nel plasmare il paesaggio geopolitico in Medio Oriente.
Anche se i critici di Damasco dicono che ha fatto molto poco riguardo un’azione sostanziale contro gli israeliani, i siriani sono stati i partner di questa alleanza che hanno sopportato il maggior peso nel confronto con  Israele, ed è stato grazie alla Siria che Hezbollah e i palestinesi hanno avuto santuari, logistica e una profondità strategica iniziale contro Israele. Fin dall’inizio i leader dell’opposizione estera supportata dagli stranieri, hanno reso chiara la loro politica estera, che può essere fortemente indicata come un riflesso degli interessi che servono. Le forze antigovernative e i loro leader hanno anche dichiarato che allineeranno la Siria contro l’Iran.  Usando perciò un linguaggio settario per farla rientrare “nell’orbita naturale degli arabi sunniti“. Questa è una mossa chiaramente favorevole agli Stati Uniti e ad Israele.
Rompere l’asse tra Damasco e Teheran è fin dagli anni ’80 anche uno degli obiettivi principali di Arabia Saudita, Giordania e petro-sceiccati arabi, nell’ambito del piano per isolare l’Iran durante la guerra Iran-Iraq. [2] Inoltre, il linguaggio settario usato fa parte di un costrutto che non è un riflesso della realtà, ma un riflesso di congetture e desideri orientalisti che, falsamente, prevedono che i musulmani che si percepiscono sciiti o sunniti, siano di per sé in opposizione gli uni agli altri come nemici.
Tra i leader della prostrata opposizione siriana che perseguirebbero gli obiettivi strategici degli Stati Uniti vi è Burhan Ghalioun, l’ex presidente del Consiglio nazionale siriano di Istanbul patrocinato dall’estero, che aveva detto al Wall Street Journal, nel 2011, che Damasco avrebbe posto fine alla sua alleanza strategica con l’Iran e al suo sostegno a Hezbollah e ai palestinesi, non appena le forze antigovernative avessero occupato la Siria. [3] Questi esponenti dell’opposizione sponsorizzata dall’estero, sono anche stati usati per convalidare, in un modo o nell’altro, le varie narrazioni che pretendono che sunniti e sciiti si odino a vicenda.
I media mainstream nei paesi che operano in sincronia per un cambiamento di regime a Damasco, come gli Stati Uniti e la Francia, hanno sempre presentato il regime in Siria come un regime alawita, alleato con l’Iran perché gli alawiti sono un ramo dello sciismo. Anche questo è falso, perché la Siria e l’Iran non condividono una comune ideologia, ma sono alleati a causa della comune minaccia e condividono obiettivi politici e strategici. Né la Siria è diretta da un regime alawita, essendo la composizione del governo riflettere la diversità etnica e religiosa della società siriana.

Il ruolo di Israele in Siria
La Siria è tutto per l’Iran secondo Israele. Come se Tel Aviv non avesse nulla a che fare con gli eventi in Siria, i commentatori e gli analisti israeliani ora insistono pubblicamente sul fatto che Israele ha bisogno di colpire l’Iran, intervenendo in Siria. Il coinvolgimento di Israele in Siria, insieme agli Stati Uniti e alla NATO, si è cristallizzato nel 2012. E’ chiaro che Israele sta cooperando con un conglomerato composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Turchia, NATO, Arabia Saudita, Qatar, Giordania, minoranza dell’Alleanza del 14 Marzo in Libano, e dagli usurpatori filo-NATO che hanno conquistato e distrutto la Jamahiriya Araba di Libia.
Anche se dovrebbe essere letta con cautela, si segnala la corrispondenza piratata di Reva Bhalla della Strategic Forecast Incorporated al suo capo, George Friedman, su una riunione del dicembre 2011 al Pentagono tra lei (che rappresentava Stratfor) e funzionari inglesi, statunitensi e francesi sulla Siria. [4] La corrispondenza di Stratforsosteneva che gli Stati Uniti e i loro alleati nel 2011 avevano inviato forze militari speciali per destabilizzare la Siria, e che in realtà non c’erano molti siriani tra le forze antigovernative sul terreno o, come scrive Bhalla, “non c’è molto da prendere dell’esercito libero siriano per l’addestramento”. [5]
The Daily Star, di proprietà della famiglia libanese Hariri, coinvolta nelle operazioni di cambio di regime contro la Siria, subito dopo aveva riferito che tredici agenti segreti francesi erano stati catturati dai siriani nelle operazioni ad Homs. [6] Invece di un no categorico alle informazioni relative agli ufficiali francesi catturati, la risposta  pubblica del ministero degli esteri francese era di non poter confermare nulla, cosa che può essere indicata come un’ammissione di colpa. [7] Giorni prima, al-Manar di Hezbollah aveva rivelato che armi ed equipaggiamenti di fabbricazione israeliane, dalle granate e binocoli notturni ai dispositivi di comunicazione, erano stati catturati insieme ad agenti del Qatar nella roccaforte degli insorti di Bab Amr a Homs, verso la fine di marzo e l’inizio di aprile. [8] Un anonimo funzionario degli Stati Uniti avrebbe poi confermato, nel luglio 2012, che il Mossad affianca la CIA in Siria. [9]
Appena un mese prima, a giugno, il governo israeliano aveva iniziato a chiedere pubblicamente un intervento militare in Siria, presumibilmente degli Stati Uniti e del conglomerato dei governi che lavorano con Israele per destabilizzare la Siria. [10] I media israeliani ha anche cominciato a segnalare, casualmente, che dei cittadini israeliani, anche se uno era stato identificato come arabo-israeliano (vale a dire un palestinese con cittadinanza israeliana) erano entrati in Siria per combattere contro l’esercito siriano. [11]
In genere qualsiasi israeliano, in particolare quelli arabi, che entrano in Libano e/o Siria, vengono processati e condannati dai tribunali delle autorità israeliane, e le notizie israeliane si concentrano su questo aspetto delle storie. Tuttavia, non è stato così in tale caso. Va inoltre ricordato che gli oppositori palestinesi ad Israele che vivono in Siria, sono presi di mira proprio come i palestinesi che vivevano in Iraq venivano presi di mira dopo che gli Stati Uniti e il Regno Unito l’invasero nel 2003.

La Siria e l’obiettivo di isolare l’Iran
Il giornalista Rafael D. Frankel ha scritto un articolo per Washington Quarterly, rivelando ciò che i politici statunitensi e i loro partner pensano della Siria. Nel suo articolo Frankel ha sostenuto che a causa della cosiddetta primavera araba, un attacco contro l’Iran di Stati Uniti e Israele non innescherebbe più una risposta coordinata regionale dell’Iran e dei suoi alleati. [12] Frankel ha sostenuto che a causa degli eventi in Siria, vi era l’occasione per Stati Uniti e Israele di attaccare l’Iran senza innescare una guerra regionale che coinvolgesse Siria, Hezbollah e Hamas. [13] La linea di pensiero di Frankel non è andata persa nei circoli della NATO o d’Israele. In realtà la sua linea di pensiero scaturisce dai punti di vista e dai piani di questi circoli stessi. Come rafforzamento psicologico delle loro idee, il testo è effettivamente arrivato nella sede della NATO di Bruxelles, nel 2012, come materiale di documentazione. Mentre Israele ha pubblicato il rapporto della sua intelligence su questo argomento.
Secondo il quotidiano israeliano Maariv, il rapporto dell’intelligence al ministero degli esteri israeliano concludeva che la Siria e Hezbollah non saranno più in grado di aprire un secondo fronte contro Israele se dovesse entrare in guerra con l’Iran. [14] Nella pubblicazione del rapporto israeliano, un alto funzionario israeliano avrebbe detto: “la capacità dell’Iran di danneggiare Israele in risposta a un nostro attacco, è diminuita drasticamente“. [15] Molti giornali, documenti e scrittori su posizioni ostili verso la Siria e l’Iran, come The Daily Telegraph, hanno immediatamente replicato i risultati del rapporto di Israele sull’Iran e i suoi alleati regionali. Due delle prime persone a riprodurre le conclusioni della relazione israeliana, Robert Tait (reporter dalla Striscia di Gaza) e Damien McElroy (espulso dalla Libia nel 2011 dalle autorità del paese durante la guerra con la NATO), riassumono in modo significativo i risultati della relazione, precisando effettivamente come gli alleati chiave dell’Iran nel Levante siano stati neutralizzati. [16]
Il rapporto israeliano ha trionfalmente dichiarato che la Siria è ripiegata ed è troppo occupata per sostenere il suo alleato strategico iraniano contro Tel Aviv, in una guerra futura. [17] Le conseguenze della crisi siriana hanno anche posto gli alleati libanesi dell’Iran, Hezbollah in particolare, in una posizione instabile, dove le loro linee di rifornimento sono a rischio, e sono politicamente danneggiati per il loro sostegno a Damasco. Se qualcuno in Libano dovesse fiancheggiare l’Iran in una futura guerra, gli israeliani hanno detto che l’invaderanno attraverso massicce operazioni militari terrestri. [18]
Il ruolo del nuovo governo egiziano nel favorire gli obiettivi degli Stati Uniti sotto la presidenza di Morsi, diventa anch’esso chiaro, secondo quanto afferma il rapporto israeliano circa il suo ruolo di sostegno: “La relazione del ministero degli esteri ha anche previsto che l’Egitto avrebbe impedito ad Hamas, il movimento islamista palestinese, di aiutare l’Iran con il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza“. [19] Ciò porta credito all’idea che Morsi abbia avuto il permesso dagli Stati Uniti e da Israele per mediare una pace tra la Striscia di Gaza e Tel Aviv, che impedirebbe ai palestinesi di appoggiare l’Iran durante una guerra. In altre parole, la tregua egiziana è stata posta per legare le mani diHamas. I recenti annunci del governo Morsi di impegnarsi politicamente con Hezbollah, può anche essere indicato come un prolungamento della stessa strategia applicata a Gaza, ma in questo caso per distaccare l’Iran dai suoi alleati libanesi. [20]
Inoltre si chiede a gran voce una procedura per scollegare Hezbollah, l’Iran e, per estensione, i loro alleati cristiani in Libano. Il German Marshall Fund ha presentato un testo che sostanzialmente dice che ai cristiani libanesi alleati di Hezbollah, Siria e Iran, deve essere presentata una narrazione politica alternativa, che sostituisca quella in cui si crede che l’Iran sia una grande potenza del Medio Oriente. [21] Anche ciò è teso ad erodere ulteriormente il sistema di alleanze iraniano.

Missione compiuta?
Il conflitto in Siria non è solo un affare israeliano. La lenta erosione della Siria interessa altre parti che vogliono distruggere il paese e la sua società. Gli Stati Uniti sono al primo posto tra le parti interessate, seguiti dai dittatori arabi dei petro-sceiccati. La NATO inoltre vi è sempre stata segretamente coinvolta. Il coinvolgimento della NATO in Siria rientra nella strategia degli Stati Uniti, che utilizza l’alleanza militare per dominare il Medio Oriente. Per questo motivo si è deciso di istituire una componente dello scudo missilistico in Turchia. Questo è anche il motivo per cui i missili Patriotsono stati dispiegati sul confine turco con la Siria.
L’Istanbul Cooperation Initiative (ICI) e il Dialogo Mediterraneo della NATO sono anch’essi componenti di questi piani. Inoltre, la Turchia ha tolto il suo veto contro l’ulteriore integrazione di Israele nella NATO. [22] La NATO si riorienta verso la guerra asimmetrica e una maggiore enfasi viene ora posta nelle operazioni di intelligence. Gli strateghi della NATO hanno sempre studiato i curdi, l’Iraq, Hezbollah, la Siria, l’Iran e i palestinesi. Nello scenario di una guerra totale, la NATO si è preparata per evidenti ruoli militari in Siria e Iran.
Anche l’Iraq è stato destabilizzato ulteriormente. Mentre gli alleati dell’Iran a Damasco sono stati colpiti, i suoi alleati a Baghdad non lo sono. Dopo la Siria, lo stesso conglomerato di paesi che opera contro Damasco rivolgerà le sue attenzioni all’Iraq. Ha già iniziato ad operare in Iraq per galvanizzare ulteriormente le sue linee di frattura settarie e politiche. Turchia, Qatar e Arabia Saudita stanno giocando un ruolo di primo piano, con questo obiettivo. Ciò che sta diventando evidente è che le differenze tra musulmani sciiti e sunniti, che Washington ha coltivato dall’invasione anglo-americana dell’Iraq nel 2003, sono inasprite dal settarismo curdo. Sembra che molti della dirigenza politica israeliana ora credano di esser riusciti a spezzare il Blocco della Resistenza. Che sia giusto o sbagliato è una questione dibattuta.
La Siria è ferma, la Jihad islamica palestinese (che era di gran lunga il gruppo palestinese più attivo nel combattere Israele a Gaza, nel 2012) e altri palestinesi si schiereranno con l’Iran, anche se Hamas avrà le mani legate dall’Egitto, ma vi sono sempre degli alleati di Teheran in Iraq, e la Siria non è la sola linea di rifornimento dell’Iran per armare il suo alleato Hezbollah. Ma è anche molto chiaro che l’assedio contro la Siria è un fronte della guerra occulta multidimensionale contro l’Iran. Solo questo dovrebbe far riconsiderare le dichiarazioni dei funzionari degli Stati Uniti e dei loro alleati, di preoccuparsi del popolo siriano soltanto per motivi umanitari e democratici.

GENNAIO 8, 2013 LASCIA UN COMMENTO

Mahdi Darius Nazemroaya, Global Research, 7 gennaio 2013

525968Dall’avvio del conflitto in Siria nel 2011, è stato riconosciuto, da amici e nemici, che gli eventi in quel paese sono legati a un piano che prende di mira, in ultima analisi, l’Iran, il primo alleato della Siria. [1] Scollegare la Siria dall’Iran e scardinare il Blocco della Resistenza che Damasco e Teheran hanno formato, è uno degli obiettivi della politica estera supportata dalle milizie anti-governative in Siria. Tale divisione tra Damasco e Teheran cambierebbe l’equilibrio strategico del Medio Oriente a favore degli Stati Uniti e di Israele. Se ciò non può essere realizzato, però, si paralizzerà la Siria  evitando che possa fornire all’Iran una qualsiasi forma effettiva di sostegno politico, economico, diplomatico e militare di fronte alle minacce comuni, di cui sono obiettivo primario. Impedire una qualsiasi continua cooperazione tra le due repubbliche è l’obiettivo strategico. Questo include impedire il terminale energetico Iran-Iraq-Siria in fase di costruzione e la conclusione del patto militare tra i due partner.

Tutte le opzioni sono finalizzate a neutralizzare la Siria
Il cambio di regime a Damasco non è l’unico o il principale modo, per gli Stati Uniti ed i loro alleati, di evitare che la Siria resti al fianco dell’Iran. Destabilizzare la Siria e neutralizzarla come  Stato fallito e diviso, ne è la chiave. Le lotte settarie non sono un risultato casuale dell’instabilità in Siria, ma un progetto alimentato dagli Stati Uniti e dai loro alleati, che hanno costantemente fomentato con il chiaro intento di balcanizzare la Repubblica araba siriana. A livello regionale, soprattutto Israele, tra tutti gli altri stati, ha la partecipazione più importante nel garantire tale risultato. Gli israeliani, in realtà, hanno delineato in diversi documenti a disposizione del pubblico, tra cui il Piano Yinon, la distruzione della Siria in una serie di piccoli Stati confessionali; uno dei loro obiettivi strategici. E questo lo prevedono i pianificatori militari statunitensi.
Come il vicino  Iraq, la Siria non ha bisogno di essere formalmente divisa. A tutti gli effetti, il paese può essere diviso come il vicino Libano, in vari feudi e tratti di territorio controllati da diversi gruppi, durante la guerra civile libanese. L’obiettivo è degradare la Siria in un ruolo esterno. Dalla sconfitta israeliana in Libano nel 2006, vi è stata una rinnovata attenzione verso l’alleanza strategica tra l’Iran e la Siria. Entrambi i paesi si oppongono decisamente ai progetti statunitensi nella regione. Insieme sono stati protagonisti nell’influenzare gli eventi in Medio Oriente, dal Mediterraneo orientale al Golfo Persico. La loro alleanza strategica ha indubbiamente svolto un ruolo importante nel plasmare il paesaggio geopolitico in Medio Oriente.
Anche se i critici di Damasco dicono che ha fatto molto poco riguardo un’azione sostanziale contro gli israeliani, i siriani sono stati i partner di questa alleanza che hanno sopportato il maggior peso nel confronto con  Israele, ed è stato grazie alla Siria che Hezbollah e i palestinesi hanno avuto santuari, logistica e una profondità strategica iniziale contro Israele. Fin dall’inizio i leader dell’opposizione estera supportata dagli stranieri, hanno reso chiara la loro politica estera, che può essere fortemente indicata come un riflesso degli interessi che servono. Le forze antigovernative e i loro leader hanno anche dichiarato che allineeranno la Siria contro l’Iran.  Usando perciò un linguaggio settario per farla rientrare “nell’orbita naturale degli arabi sunniti“. Questa è una mossa chiaramente favorevole agli Stati Uniti e ad Israele.
Rompere l’asse tra Damasco e Teheran è fin dagli anni ’80 anche uno degli obiettivi principali di Arabia Saudita, Giordania e petro-sceiccati arabi, nell’ambito del piano per isolare l’Iran durante la guerra Iran-Iraq. [2] Inoltre, il linguaggio settario usato fa parte di un costrutto che non è un riflesso della realtà, ma un riflesso di congetture e desideri orientalisti che, falsamente, prevedono che i musulmani che si percepiscono sciiti o sunniti, siano di per sé in opposizione gli uni agli altri come nemici.
Tra i leader della prostrata opposizione siriana che perseguirebbero gli obiettivi strategici degli Stati Uniti vi è Burhan Ghalioun, l’ex presidente del Consiglio nazionale siriano di Istanbul patrocinato dall’estero, che aveva detto al Wall Street Journal, nel 2011, che Damasco avrebbe posto fine alla sua alleanza strategica con l’Iran e al suo sostegno a Hezbollah e ai palestinesi, non appena le forze antigovernative avessero occupato la Siria. [3] Questi esponenti dell’opposizione sponsorizzata dall’estero, sono anche stati usati per convalidare, in un modo o nell’altro, le varie narrazioni che pretendono che sunniti e sciiti si odino a vicenda.
I media mainstream nei paesi che operano in sincronia per un cambiamento di regime a Damasco, come gli Stati Uniti e la Francia, hanno sempre presentato il regime in Siria come un regime alawita, alleato con l’Iran perché gli alawiti sono un ramo dello sciismo. Anche questo è falso, perché la Siria e l’Iran non condividono una comune ideologia, ma sono alleati a causa della comune minaccia e condividono obiettivi politici e strategici. Né la Siria è diretta da un regime alawita, essendo la composizione del governo riflettere la diversità etnica e religiosa della società siriana.

Il ruolo di Israele in Siria
La Siria è tutto per l’Iran secondo Israele. Come se Tel Aviv non avesse nulla a che fare con gli eventi in Siria, i commentatori e gli analisti israeliani ora insistono pubblicamente sul fatto che Israele ha bisogno di colpire l’Iran, intervenendo in Siria. Il coinvolgimento di Israele in Siria, insieme agli Stati Uniti e alla NATO, si è cristallizzato nel 2012. E’ chiaro che Israele sta cooperando con un conglomerato composto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Turchia, NATO, Arabia Saudita, Qatar, Giordania, minoranza dell’Alleanza del 14 Marzo in Libano, e dagli usurpatori filo-NATO che hanno conquistato e distrutto la Jamahiriya Araba di Libia.
Anche se dovrebbe essere letta con cautela, si segnala la corrispondenza piratata di Reva Bhalla della Strategic Forecast Incorporated al suo capo, George Friedman, su una riunione del dicembre 2011 al Pentagono tra lei (che rappresentava Stratfor) e funzionari inglesi, statunitensi e francesi sulla Siria. [4] La corrispondenza di Stratforsosteneva che gli Stati Uniti e i loro alleati nel 2011 avevano inviato forze militari speciali per destabilizzare la Siria, e che in realtà non c’erano molti siriani tra le forze antigovernative sul terreno o, come scrive Bhalla, “non c’è molto da prendere dell’esercito libero siriano per l’addestramento”. [5]
The Daily Star, di proprietà della famiglia libanese Hariri, coinvolta nelle operazioni di cambio di regime contro la Siria, subito dopo aveva riferito che tredici agenti segreti francesi erano stati catturati dai siriani nelle operazioni ad Homs. [6] Invece di un no categorico alle informazioni relative agli ufficiali francesi catturati, la risposta  pubblica del ministero degli esteri francese era di non poter confermare nulla, cosa che può essere indicata come un’ammissione di colpa. [7] Giorni prima, al-Manar di Hezbollah aveva rivelato che armi ed equipaggiamenti di fabbricazione israeliane, dalle granate e binocoli notturni ai dispositivi di comunicazione, erano stati catturati insieme ad agenti del Qatar nella roccaforte degli insorti di Bab Amr a Homs, verso la fine di marzo e l’inizio di aprile. [8] Un anonimo funzionario degli Stati Uniti avrebbe poi confermato, nel luglio 2012, che il Mossad affianca la CIA in Siria. [9]
Appena un mese prima, a giugno, il governo israeliano aveva iniziato a chiedere pubblicamente un intervento militare in Siria, presumibilmente degli Stati Uniti e del conglomerato dei governi che lavorano con Israele per destabilizzare la Siria. [10] I media israeliani ha anche cominciato a segnalare, casualmente, che dei cittadini israeliani, anche se uno era stato identificato come arabo-israeliano (vale a dire un palestinese con cittadinanza israeliana) erano entrati in Siria per combattere contro l’esercito siriano. [11]
In genere qualsiasi israeliano, in particolare quelli arabi, che entrano in Libano e/o Siria, vengono processati e condannati dai tribunali delle autorità israeliane, e le notizie israeliane si concentrano su questo aspetto delle storie. Tuttavia, non è stato così in tale caso. Va inoltre ricordato che gli oppositori palestinesi ad Israele che vivono in Siria, sono presi di mira proprio come i palestinesi che vivevano in Iraq venivano presi di mira dopo che gli Stati Uniti e il Regno Unito l’invasero nel 2003.

La Siria e l’obiettivo di isolare l’Iran
Il giornalista Rafael D. Frankel ha scritto un articolo per Washington Quarterly, rivelando ciò che i politici statunitensi e i loro partner pensano della Siria. Nel suo articolo Frankel ha sostenuto che a causa della cosiddetta primavera araba, un attacco contro l’Iran di Stati Uniti e Israele non innescherebbe più una risposta coordinata regionale dell’Iran e dei suoi alleati. [12] Frankel ha sostenuto che a causa degli eventi in Siria, vi era l’occasione per Stati Uniti e Israele di attaccare l’Iran senza innescare una guerra regionale che coinvolgesse Siria, Hezbollah e Hamas. [13] La linea di pensiero di Frankel non è andata persa nei circoli della NATO o d’Israele. In realtà la sua linea di pensiero scaturisce dai punti di vista e dai piani di questi circoli stessi. Come rafforzamento psicologico delle loro idee, il testo è effettivamente arrivato nella sede della NATO di Bruxelles, nel 2012, come materiale di documentazione. Mentre Israele ha pubblicato il rapporto della sua intelligence su questo argomento.
Secondo il quotidiano israeliano Maariv, il rapporto dell’intelligence al ministero degli esteri israeliano concludeva che la Siria e Hezbollah non saranno più in grado di aprire un secondo fronte contro Israele se dovesse entrare in guerra con l’Iran. [14] Nella pubblicazione del rapporto israeliano, un alto funzionario israeliano avrebbe detto: “la capacità dell’Iran di danneggiare Israele in risposta a un nostro attacco, è diminuita drasticamente“. [15] Molti giornali, documenti e scrittori su posizioni ostili verso la Siria e l’Iran, come The Daily Telegraph, hanno immediatamente replicato i risultati del rapporto di Israele sull’Iran e i suoi alleati regionali. Due delle prime persone a riprodurre le conclusioni della relazione israeliana, Robert Tait (reporter dalla Striscia di Gaza) e Damien McElroy (espulso dalla Libia nel 2011 dalle autorità del paese durante la guerra con la NATO), riassumono in modo significativo i risultati della relazione, precisando effettivamente come gli alleati chiave dell’Iran nel Levante siano stati neutralizzati. [16]
Il rapporto israeliano ha trionfalmente dichiarato che la Siria è ripiegata ed è troppo occupata per sostenere il suo alleato strategico iraniano contro Tel Aviv, in una guerra futura. [17] Le conseguenze della crisi siriana hanno anche posto gli alleati libanesi dell’Iran, Hezbollah in particolare, in una posizione instabile, dove le loro linee di rifornimento sono a rischio, e sono politicamente danneggiati per il loro sostegno a Damasco. Se qualcuno in Libano dovesse fiancheggiare l’Iran in una futura guerra, gli israeliani hanno detto che l’invaderanno attraverso massicce operazioni militari terrestri. [18]
Il ruolo del nuovo governo egiziano nel favorire gli obiettivi degli Stati Uniti sotto la presidenza di Morsi, diventa anch’esso chiaro, secondo quanto afferma il rapporto israeliano circa il suo ruolo di sostegno: “La relazione del ministero degli esteri ha anche previsto che l’Egitto avrebbe impedito ad Hamas, il movimento islamista palestinese, di aiutare l’Iran con il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza“. [19] Ciò porta credito all’idea che Morsi abbia avuto il permesso dagli Stati Uniti e da Israele per mediare una pace tra la Striscia di Gaza e Tel Aviv, che impedirebbe ai palestinesi di appoggiare l’Iran durante una guerra. In altre parole, la tregua egiziana è stata posta per legare le mani diHamas. I recenti annunci del governo Morsi di impegnarsi politicamente con Hezbollah, può anche essere indicato come un prolungamento della stessa strategia applicata a Gaza, ma in questo caso per distaccare l’Iran dai suoi alleati libanesi. [20]
Inoltre si chiede a gran voce una procedura per scollegare Hezbollah, l’Iran e, per estensione, i loro alleati cristiani in Libano. Il German Marshall Fund ha presentato un testo che sostanzialmente dice che ai cristiani libanesi alleati di Hezbollah, Siria e Iran, deve essere presentata una narrazione politica alternativa, che sostituisca quella in cui si crede che l’Iran sia una grande potenza del Medio Oriente. [21] Anche ciò è teso ad erodere ulteriormente il sistema di alleanze iraniano.

Missione compiuta?
Il conflitto in Siria non è solo un affare israeliano. La lenta erosione della Siria interessa altre parti che vogliono distruggere il paese e la sua società. Gli Stati Uniti sono al primo posto tra le parti interessate, seguiti dai dittatori arabi dei petro-sceiccati. La NATO inoltre vi è sempre stata segretamente coinvolta. Il coinvolgimento della NATO in Siria rientra nella strategia degli Stati Uniti, che utilizza l’alleanza militare per dominare il Medio Oriente. Per questo motivo si è deciso di istituire una componente dello scudo missilistico in Turchia. Questo è anche il motivo per cui i missili Patriotsono stati dispiegati sul confine turco con la Siria.
L’Istanbul Cooperation Initiative (ICI) e il Dialogo Mediterraneo della NATO sono anch’essi componenti di questi piani. Inoltre, la Turchia ha tolto il suo veto contro l’ulteriore integrazione di Israele nella NATO. [22] La NATO si riorienta verso la guerra asimmetrica e una maggiore enfasi viene ora posta nelle operazioni di intelligence. Gli strateghi della NATO hanno sempre studiato i curdi, l’Iraq, Hezbollah, la Siria, l’Iran e i palestinesi. Nello scenario di una guerra totale, la NATO si è preparata per evidenti ruoli militari in Siria e Iran.
Anche l’Iraq è stato destabilizzato ulteriormente. Mentre gli alleati dell’Iran a Damasco sono stati colpiti, i suoi alleati a Baghdad non lo sono. Dopo la Siria, lo stesso conglomerato di paesi che opera contro Damasco rivolgerà le sue attenzioni all’Iraq. Ha già iniziato ad operare in Iraq per galvanizzare ulteriormente le sue linee di frattura settarie e politiche. Turchia, Qatar e Arabia Saudita stanno giocando un ruolo di primo piano, con questo obiettivo. Ciò che sta diventando evidente è che le differenze tra musulmani sciiti e sunniti, che Washington ha coltivato dall’invasione anglo-americana dell’Iraq nel 2003, sono inasprite dal settarismo curdo. Sembra che molti della dirigenza politica israeliana ora credano di esser riusciti a spezzare il Blocco della Resistenza. Che sia giusto o sbagliato è una questione dibattuta.
La Siria è ferma, la Jihad islamica palestinese (che era di gran lunga il gruppo palestinese più attivo nel combattere Israele a Gaza, nel 2012) e altri palestinesi si schiereranno con l’Iran, anche se Hamas avrà le mani legate dall’Egitto, ma vi sono sempre degli alleati di Teheran in Iraq, e la Siria non è la sola linea di rifornimento dell’Iran per armare il suo alleato Hezbollah. Ma è anche molto chiaro che l’assedio contro la Siria è un fronte della guerra occulta multidimensionale contro l’Iran. Solo questo dovrebbe far riconsiderare le dichiarazioni dei funzionari degli Stati Uniti e dei loro alleati, di preoccuparsi del popolo siriano soltanto per motivi umanitari e democratici.

https://aurorasito.wordpress.com/2013/01/08/fine-dei-giochi-in-siria-scenario-strategico-nella-guerra-segreta-del-pentagono-contro-liran/

 

Alaska, piattaforma petrolifera alla deriva.

Pericoli.pngNel pomeriggio del 1° gennaio forti venti hanno causato la rottura dei cavi di traino della chiatta Kulluk. A bordo 600mila litri di carburante ma le operazioni di messa in sicurezza sono impedite dal maltempo.

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Il 2013 rischia di iniziare con un altro grave disastro ecologico. Durante le operazioni di rimorchio dal Golfo dell’Alaska verso Seattle per interventi di manutenzione, la piattaforma petrolifera Kulluk, di proprietà della Shell, si è incagliata sulle coste dell’isola Sitkalidad, davanti al Parco Nazionale Kodiak.

L’incidente è stato causato dai forti venti (oltre 100 chilometri orari) e dal mare in burrasca, che hanno determinato la rottura dei cavi del rimorchiatore, spingendo la trivellatrice e il suo bagaglio di ben 600mila litri di carburante alla deriva. L’equipaggio della chiatta, 18 persone in tutto, era già stato portato in salvo alla fine di dicembre quando le condizioni meteorologiche erano iniziate a peggiorare destando le prime apprensioni. La preoccupazione ora è tutta concentrata sul pericoloso carico – 540mila litri di gasolio e 45mila litri di olio lubrificante – nonostante le ricognizioni effettuate tramite elicotteri non abbiano riscontrato perdite dai serbatoi.

A complicare la situazione è il cattivo tempo che sta rendendo praticamente impossibile qualsiasi intervento di messa in sicurezza. “Stiamo parlando di condizioni meteo vicine a quelle degli uragani”, ha spiegato Darci Sinclair del Kulluk Tow Incident Unified Command, istituito dalla guardia costiera statunitense e dalle società coinvolte. ”Riprendere il comando è diventato estremamente difficile.”

Il comando unificato ha dichiarato che la piattaforma è ancora incagliata nel Golfo dell’Alaska, ma “in posizione verticale e stabile”. I primi tentativi di far arrivare del personale esperto su Kulluk per il recupero sono falliti, ma coordinatore federale delle squadre di emergenza, il capitano Paul Mehler, ha assicurato che verrà intrapreso a breve un nuovo tentativo con l’obiettivo di rimettere la trivellatrice nuovamente in condizioni di galleggiare e poterla così trainare via dalle coste dell’isola, appena le condizioni meteo lo consentiranno.

E possibile seguire gli aggiornamenti in tempo reale all’indirizzo http://www.kullukresponse.com .

Fonte: http://www.rinnovabili.it

 

Scie chimiche e trasferimento orizzontale genetico: la connessione con gli organismi transgenici

Pubblichiamo un importante articolo che ci è stato segnalato dal sodale Paolo. La meticolosa traduzione si deve all’amico Ron. Li ringraziamo entrambi. Il soggetto dello studio, inerente agli ibridi transgenici, è completato almeno dai seguenti testi: Bio-ingegneria, 2011, Scie chimiche e modificazioni genetiche, 2012

Questo non è un film di fantascienza: è la realtà. Il nostro D.N.A. individuale ed il D.N.A. di quasi tutti gli esseri viventi sul pianeta sono modificati in un modo che non possiamo nemmeno immaginare, attraverso il processo di trasferimento genico orizzontale o laterale, gentilmente offerto dal settore biotecnologico e dalle attività di geoingegneria. 

Il trasferimento genico orizzontale è la dislocazione di materiale genetico da un organismo ad un altro che non sia la sua prole: questo processo è il più comune tra i batteri. [ LINK]

Il trasferimento orizzontale dei geni è usato nell’ingegneria genetica in laboratorio e si verifica talora anche in natura. Quando la natura prevale, però, certe cose semplicemente non accadono, come l’incrocio di un pomodoro con un pesce. In laboratorio, invece, ricorrendo al trasferimento genico orizzontale artificiale, tutto è possibile. 

L’ingegneria genetica comporta la progettazione di costruzioni artificiali per superare le barriere di specie e per invadere i genomi. In altre parole, si migliora il trasferimento genico orizzontale, il trasferimento diretto di materiale genetico a specie non correlate. I costrutti artificiali o D.N.A. transgenici in genere contengono materiale genetico di batteri, virus e di altri parassiti che causano malattie genetiche così come geni resistenti agli antibiotici che rendono le malattie infettive incurabili. [ LINK]

I risultati di questi esperimenti sono intrinsecamente instabii e sono rilasciati senza alcun controllo nella nostra catena alimentare e nel mercato agricolo mondiale. 

[…] L’ingegneria genetica in laboratorio è grezza, imprecisa ed invasiva. I geni-canaglia inseriti in un genoma per creare un organismo transgenico potrebbero dilagare dappertutto, in genere in forma riarrangiata o difettosa, scomponendo e mutando il genoma dell’ospite. Essi tendono a spostarsi ed a riorganizzarsi ulteriormente, una volta inclusi in un altro D.N.A.. L’instabilità del trans-gene è un grosso problema ed è stato così fin dall’inizio. Ci sono nuove prove che le piante O.G.M. coltivate commercialmente da anni si sono riorganizzate [15, 16] (MON810 Genome Rearranged AgainTransgenic Lines Unstable hence Illegal and Ineligible for Protection, SiS 38). Si tratta di una reale opportunità di contestare la validità di tutti i brevetti biotecnologici. Un altro aspetto fondamentale è la sicurezza. Instabilità del trans-gene significa che la linea transgenica originale si è trasformata in qualcos’altro e, anche se questa operazione di cross over fosse stata valutata come “sicura”, di fatto non è più così. [ LINK ]

Il trasferimento genico orizzontale in laboratorio è completamente estraneo alla natura. Crea mutazioni genetiche derivanti dalla fusione innaturale di specie che non dovrebbero mai incrociarsi. Usando un processo artificiale, l’informazione genetica viene trasmessa da una specie all’altra, cosa che normalmente non si verifica. I batteri poi trasferiscono orizzontalmente queste informazioni genetiche innaturali ad altri batteri ed organismi. Un luogo in cui questo cambiamento di sede si verifica regolarmente è nel terreno. 

Gli studi di scambio genico orizzontale nei terreni sono importanti da diversi punti di vista. In primo luogo, il crescente interesse per la possibile diffusione degli organismi geneticamente modificati e le caratteristiche di resistenza agli antibiotici hanno spinto i ricercatori a studiare le interazioni genetiche fra i batteri in un certo numero di habitat diversi. In secondo luogo, il trasferimento genico orizzontale nel suolo può giocare un ruolo nell’evoluzione di nuove caratteristiche batteriche. [ LINK ]

Che cosa succede quando le mutazioni si scatenano nel nostro terreno agricolo? Il trasferimento genico orizzontale scompare miracolosamente? Le varie Monsanto del mondo vorrebbero che noi pensassimo sia così. Riflettiamo. Le leggi della natura non sono sospese solo perché lo asserisce la Monsanto. 

Motivi per sospettare che il D.N.A. transgenico può diffondersi più facilmente orizzontalmente rispetto al D.N.A. non-transgenico http://www.ratical.org/co-globalize/MaeWanHo/horizontal.html # Box1 

• Costrutti artificiali e vettori sono progettati per essere invasivi nei genomi estranei e per superare così le barriere tra le specie.

• Tutti i costrutti artificiali genici sono strutturalmente instabili [20] quindi predisposti per ricombinarsi e trasferirsi orizzontalmente.

• I meccanismi che permettono di inserire geni estranei nel genoma consentono loro anche di saltare di nuovo, di reinserirsi in un altro sito o in un altro genoma.

• I siti di integrazione di più vettori comunemente adoperati per trasferire geni artificiali sono ‘hotspot’ di ricombinazione, dunque hanno una maggiore propensione a trasferirsi in modo orizzontale.

• I promotori virali, come quelli del virus che causa il mosaico del cavolfiore, ampiamente usati per rendere più potenti i trans-geni, contengono “hotspot” di ricombinazione [21] , perciò favoriscono ulteriormente il trasferimento genetico orizzontale. 

• Lo stress metabolico sull’organismo ospitante dovuto al continuo potenziamento dei trans-geni può contribuire anche all’instabilità dell’inserto [22].

• I costrutti genetici allotri ed i vettori in cui sono assemblati in parallelo, sono in genere mosaici di sequenze di D.N.A. provenienti da numerose specie e dai loro parassiti genetici; ciò significa che avranno anologie di sequenza con il materiale genetico di molte specie e dei loro parassiti genetici, facilitando così il trasferimento genico orizzontale e la ricombinazione ad ampio raggio.


Fonte tratta dal sito.

 

Cremaschi: caro Ingroia, la vera mafia è quella di Bruxelles

Scritto il 09/1/13 

Caro Ingroia, l’antimafia non basta: perché oggi il vero nemico che ci minaccia è molto più pericoloso del potere delle cosche, persino di quelle che si infiltrano nell’economia fino ad avvelenarla. Deve cadere il Muro di Bruxelles, quello che ricatta i popoli dell’Eurozona sulla base dei diktat emanati dalle oligarchie finanziarie, ordini firmati da tecnocrati non eletti da nessuno, a cui – grazie all’attuale personale politico – siamo costretti a sottometterci, per fare la stessa fine della Grecia. Dopo i “garanti” dei movimenti firmatari dell’appello “Cambiare si può”, anche l’ex leader della Fiom Giorgio Cremaschi, vicino ai No-Tav e promotore del Comitato No-Debito e del “No-Monti Day”, prende le distanze dalla lista “arancione” capeggiata da Antonio Ingroia, ipotetico leader del “quarto polo”, sul quale confluiscono i partiti di Di Pietro, Ferrero e Diliberto, insieme ai Verdi di Bonelli.

«Siccome non son mai stato una vittima del nuovo in politica, di quel nuovismo attraverso il quale si sono perpetuate da trent’anni le stesse Antonio Ingroiapolitiche e le stesse classi dirigenti – premette Cremaschi, in un intervento su “Micromega” – non mi scandalizza che la lista del cosiddetto quarto polo sia diventata l’ennesima lista personale, ove il leader è la sostanza della proposta, né mi sconvolge che i partiti siano alla fine l’architrave della lista». I partiti esistono da sempre, aggiunge Cremaschi, e chi li rifiuta «semplicemente ne sta fondando un altro». Quello che non convince, della coalizione Ingroia, è «l’ordine delle priorità e il messaggio di fondo del programma annunciato dal suo leader», secondo cui l’Italia sarebbe un paese devastato dalla corruzione e dalle mafie, grazie al ruolo attivo di una parte della “casta”, cioè i berlusconiani, e il silenzio-assenso di una componente più debole e subalterna, che va da Monti al Pd.

Secondo Ingroia, a quanto pare, una lotta vera alle mafie e alla corruzione finora non si è fatta per colpa di questa classepolitica, e il paese ne paga i costi con la crisi economica. Ergo: mettere al governo una classe dirigente che distrugga davvero le mafie è la necessaria condizione di giustizia per una possibile ripresa economica, non “pagata” dai più poveri.  Intendiamoci, ammette Cremaschi: «Il peso della corruzione, dell’evasione fiscale, della criminalità nella nostra economiaè da tempo documentato». Tuttavia, aggiunge l’ex dirigente sindacale, «non mi pare che questo possa essere sufficiente a motivare una lista alternativa ai principali schieramenti ed in particolare a Monti», che peraltro «su questo terreno ha nella sua agenda temi e proposte molto vicine a quelle di Ingroia». Anche Monti, infatti, «mette al centro del suo programma liberista l’idea che in Italia una buona economia emergerà dalla distruzione dell’economia corporativa e criminale». E non a caso, dice Cremaschi, il premier “tecnico” «individua in Marchionne l’esempio imprenditoriale da esaltare sulla via delle “riforme”». Curioso: già di per sé, «il liberismo è spesso criminale per i suoi risultati sociali». Nonostante ciò, chi lo propugna può persino «proporsi di combattere l’economia criminale».

«Naturalmente – continua l’ex dirigente Fiom – Monti mette al primo posto della sua agenda la politica di austerità, così come viene definita dai vincoli del Fiscal Compact, del pareggio costituzionale di bilancio, dei trattati europei». La lotta alla criminalità economica e mafiosa sarebbe ancora più stimolata da questi vincoli, perché essi ci imporrebbero di trovare lì i soldi che servono per lo “sviluppo”. Se Ingroia afferma di combattere il montismo, «perché allora non contesta questo punto che è il punto cardine di esso? Perché nel suo discorso d’investitura è assente la critica ai vincoli europei e del capitalismo internazionale, quello formalmente onesto?». Il guaio è che Ingroia, probabilmente, è davvero convinto che la questione sociale ed economica sia solo «una derivata della questione criminale», e Giorgio Cremaschiche quindi «basti essere rigorosi davvero e non a parole, per creare le condizioni economiche per la giustizia e lo sviluppo». Magari fosse così.

«Per affrontare questa crisi economica da una punto di vista alternativo a quello di Monti – afferma Cremaschi – si deve programmare un gigantesco intervento pubblico nell’economia e la rottura di tutti i vincoli europei: o si segue questa strada oppure ci si deve affidare al mercato». Non è un caso che il Pd sia spiazzato dalla candidatura di Monti, «perché ha sinora sostenuto una politica di mercato e non ha alcun programma realmente alternativo ad essa». Una politica del pubblico e dell’eguaglianza sociale richiede un forte controllo democratico sull’economia, sottolinea Cremaschi. «E qui diventa decisiva la lotta a mafie e corruzione: perché il liberismo si è sempre alimentato con il corrompimento della classe politica». Infatti, «tutto il sistema delle partecipazioni statali è stato privatizzato sventolando le tangenti e le mazzette dei manager pubblici e dei politici che li controllavano: è lì che è nata l’egemonia, anche a sinistra, dell’ideologia del mercato come antidoto alla corruzione». Come diceva Brecht, «è più profittevole fondare una banca che rapinarla».

Nella crisi attuale, continua Cremaschi, la priorità è la lotta alla disoccupazione e al super-sfruttamento del lavoro e dell’ambiente. «Questa la può fare davvero solo il pubblico, e per questo il potere pubblico dev’essere liberato dalla criminalità e dalla corruzione». Allo Stato di domani, alternativo all’attuale fantasma finanziario costretto a obbedire a Bruxelles, occorre affidare «una nuova politica economica e sociale». L’alternativa a Monti «nasce dalla rottura con le politiche liberiste europee e con quella economia criminale amministrata dalla Troika internazionale che ha distrutto la Grecia, dove oggi trionfa l’economia illegale». La questione sociale comanda sulla lotta alla criminalità e non viceversa, insiste Cremaschi. «Questa è la differenza di fondo tra la lotta alle mafie dei liberali onesti e quella del movimento operaio socialista e comunista: una differenza ancora più vera oggi, se davvero ci si vuol collocare su un fronte alternativo a tutto il quadro politico liberista dominante».

C’è chi dice no alla troika. In Italia lo farà Bersani? Berlusco ni o Ingroia?

Il Portogallo avverte la Troika: marcia indietro sulle richieste di austerità

Dal Telegraph: il Presidente Portoghese rinvia alla Corte Costituzionale i provvedimenti di austerità… un coraggioso messaggio di fine anno per i Portoghesi!

 

 

 

Ambrose Evans Pritchard – Il Presidente del Portogallo ha avviato un’azione legale sulle politiche di austerità del paese e minaccia una resa dei conti con i creditori sui termini draconiani del bail-out.

 

 

 

Il Presidente Anibal Cavaco Silva ha richiesto un’azione urgente per fermare la “spirale recessiva“, mettendo in guardia i leader europei sul fatto che il percorso è diventato “socialmente insostenibile.”

 

 

In un discorso alla nazione, egli ha affermato che il Portogallo avrebbe “onorato i suoi obblighi internazionali,” ma nello stesso tempo ha invitato a una linea dura con la Troika (Unione europea-FMI) sul percorso di stretta fiscale previsto dal pacchetto di prestiti da € 78 miliardi.”Abbiamo gli argomenti, e dobbiamo usarli con fermezza“, ha detto.

 

 

Il Presidente ha dichiarato: “l’austerità fiscale sta portando ad un calo della produzione e delle entrate fiscali. Dobbiamo fermare questo circolo vizioso“, mettendo in guardia la troika che non ci sarà modo di uscire dalla crisi finché la politica non sarà impostata sugli interessi dei “portoghesi”, oltreché dei creditori stranieri.

Il suo severo discorso  ha richiamato l’attenzione sul fatto che la crisi in Europa è tutt’altro che finita.

Nel corso dell’ultimo anno il tasso di disoccupazione del Portogallo è passato dal 13.7% al 16.3%, e al 39% dei giovani, già prima di un pieno impatto del programma di austerità

Ammonendo aspramente il premier Pedro Passos Coelho, il Presidente ha chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità degli aumenti delle tasse che entrano in vigore a gennaio e sugli altri provvedimenti del bilancio 2013 che tendono a smantellare lo stato sociale.

 

 

Ci sono dubbi ben fondati sul fatto che la distribuzione del sacrificio sia equa” ha detto. La bordata di Mr. Cavaco Silva contro i ministri del suo stesso partito Social Democratico di centro-destra lascia il governo nettamente isolato e sempre più a rischio di perdere la sua autorità.

 

 

La rabbia popolare  contro la terapia d’urto fiscale della troika sta crescendo; le aliquote medie delle imposte sul reddito aumenteranno fino a 3,4 punti percentuali e sarà introdotta una pletora di sovrattasse e oneri. I provvedimenti si pongono l’obiettivo di ridurre il deficit di bilancio al 4.5% quest’anno, in gran parte attraverso aumenti delle tasse.

 

 

Finora i mercati non hanno preso in considerazione il rischio che, con i morsi dell’austerità, il Paese entri in un vortice di tipo greco. I rendimenti delle obbligazioni portoghesi a 10 anni mercoledì sono crollati di 30 punti base al 6.76%, sull’onda dell’ottimismo alimentato in tutto il mondo dall’accordo sul bilancio degli Stati Uniti.

 

 

Gli investitori in questo momento sono disposti a dare al Portogallo il beneficio del dubbio, ma il paese è ancora in bilico” ha detto David Owen di Jefferies Fixed Income “La nostra preoccupazione è che i fondamentali dell’economia stanno ancora peggiorandoLa politica della Banca centrale europea è ancora troppo restrittiva. Dovrebbero fare quantitative easing e portare i tassi overnight sotto zero.“.

L’indice manifatturiero Markit per la zona euro è sceso al di sotto della linea di contrazione del mese di dicembre al 46,1, guidato da un forte calo dei nuovi ordini – anche in Germania. “La recessione dell’area sembra peggiorata, forse in modo piuttosto significativo,” ha detto Chris Williamson di Markit.

 

 

Fino ad ora il Portogallo ha assunto la sua medicina con stoicismo, ed è stato elogiato dai leader europei per essersi attenuto ai termini del bail-out.Ma i funzionari della troika temono che con l’aggravarsi della crisi la “coesione sociale” si stia logorando. Questo autunno il paese ha visto le più grandi proteste di piazza dalla fine della dittatura di Salazar.

L’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo si attende quest’anno una contrazione dell’economia dell’1.8%, dopo il 3.1% dell’anno anno scorso, che spingerebbe il debito pubblico al 133% del PIL. Tuttavia, le previsioni variano di molto. Citigroup prevede per il prossimo anno un calo del 4.6%. Un peggioramento del genere manderebbe all’aria la dinamica del debito e provocherebbe l’effetto valanga già visto in Grecia.

 

 

Mr. Passos Coelho sta svendendo a rotta di collo i beni dello Stato per colmare il gap. Prima di Natale si è aggiudicato  un affare da € 3 miliardi con il gruppo francese Vinci per la rete degli aereoporti Portoghese ANA.

 

 

Affare che segue la privatizzazione da € 3,3 miliardi nel settore dell’energia, compresa una quota del 21% del servizio di distribuzione dell’energia PDE e del 40% della distribuzione del gas REN. Anche il porto di Viana do Castelo e la televisione pubblica RTP sono nel pacchetto.Lisbona ha rinviato la vendita della compagnia di bandiera TAP dopo aver ricevuto una sola offerta per € 340 milioni.

 

http://vocidallestero.blogspot.it/2013/01/il-portogallo-avverte-la-troika-marcia.html

 

MARIO MONTI E WIKIPEDIA – PARTE II

By admin  /   9 gennaio, 2013 

DI G.G. ilbuio.org 

 

 

 

 

 

 

Il 28 dicembre 2012 sul comedonchisciotte è apparsa una nota che denunciava la clamorosa censura wikipediana pro Mario Monti. La denuncia è stata ripresa in prima pagina da Il Giornaledel 31 dicembre (cfr. qui) ed ha avuto così più ampia diffusione. Che tempi curiosi, si direbbe! Come è stato osservato altrove in rete: “Anche questo ha un suo deprimente significato: che nel coro dei media addomesticati si debbano cercare le informazioni sull’house organ del Cavaliere, è davvero il colmo del grottesco in cui è finito questo Paese”.

La notizia ovviamente è rimbalzata anche su Wikipedia in italiano, generando – pur tra nuove, parziali censure di interventi scomodi – un ampio dibattito sulla pagina di discussione della voce Mario Monti e su quella della voce Governo Monti. Malgrado le proteste, la voce Mario Montinella Wikipedia italiana, al contrario di quella nella Wikipedia francese, risulta ancora priva dei dati economici del suo anno di governo e di ogni riferimento alle critiche sul suo operato, che pur ci sono state da varie parti (Confindustria e sindacati in primis).

Resta da chiedersi veramente che Paese sia questo in cui la stampa cosiddetta di sinistra con tutti i suoi pennivendoli resta muta nei confronti di un governo che fa palesemente gli interessi del grande capitalismo internazionale ai danni dei ceti di cui quella stessa sinistra si proclama tuttora protettrice. Ed ai danni della Nazione stessa, dato che il centro di questi interessi è al di fuori dell’Italia !

E non è un caso, allora, che la censura wikipediana più pesante l’abbia subita la voce Bruegel (questo illustre sconosciuto). Il contenuto della vecchia voce è stato svuotato, con la scusa di trasformarla in un redirect alla omonima dinastia di artisti fiamminghi, e la ricreazione della voce come gruppo o think tank è stata impedita da filtri automatici: la censura, opera del diligentissimo amministratore wikipediano M7, è stata anche preventiva dunque, avvalendosi delle più moderne tecniche informatiche.

Per fortuna, il 2 gennaio 2013, la voce (censurata il 21 dicembre 2012, come si era denunciato) è stata ripristinata da un altro utente come Bruegel (organizzazione), con tanto di rimprovero all’onnipotente amministratore-censore: “Organizzazione internazionale rilevante. Per cancellare passare da una PdC non da un redirect” (cfr. qui). Finalmente un sussulto di libertà wikipediano? In ogni caso auguriamo alla voce di avere lunga vita, più lunga almeno dell’esistenza wikipediana dell’utenza che l’ha originalmente redatta (bannata ad infinitum).

Come si era ricordato, Bruegel fu fondato nel gennaio 2005 proprio da Mario Monti (che conserva la carica di presidente onorario; l’attuale presidente è l’ex presidente della BCE, Jean Claude Trichet, che è succeduto a Monti anche nella presidenza europea della Trilaterale). All’origine del Bruegel ci furono incontri privati tra politici, industriali ed economisti ed un’idea degli allora presidenti di Francia e Germania, il gollista Chirac e il socialdemocratico Schröder, desiderosi di creare un “European Centre for International Economy” (cfr. qui). Al Bruegel hanno aderito diversi stati europei sovrani, compresa l’Italia, diverse multinazionali, di cui attualmente nessuna italiana, e diversi istituti bancari centrali, tra i quali non è rappresentata la Banca d’Italia: dunque se il padre fondatore è italiano, gli interessi italiani sembrano abbastanza marginali all’interno dell’organizzazione.

Nel novembre 2010 il Bruegel lanciò una proposta per un default controllato dei Paesi dell’Eurozona: European Mechanism for Sovereign Debt Crisis Resolution: A proposal. Il documento ebbe larga circolazione, fu commentato dai principali media economici, ed è tuttora disponibile sul sito ufficiale dell’organizzazione. Guardacaso a partire dall’estate successiva le borse europee precipitavano, il famigerato spread raggiungeva livelli spaventosi, e poco dopo (novembre 2011), i “tecnici” Monti e Papademos (anch’egli legato al Bilderberg e alla Trilaterale, nonché ex vicepresidente della BCE), si installavano a capo dei governi italiano e greco, con le conseguenze e gli sviluppi che tutti conosciamo. In Spagna Zapatero veniva sostituito da Rajoy, quest’ultimo almeno eletto (per così dire) dal popolo, ma non per questo non meno sottomesso agli stessi interessi e poteri forti palesemente serviti dal grigio tecnocrate nostrano.

La storia di tutto quanto è raccontata in un libro recentemente uscito per i tipi di una piccola casa editrice, Il Grigiocrate Mario Monti. Nell’era dei mediocri (Fuorionda edizioni, 2012) , opera dello stimato giornalista de Il Sole 24 Ore Augusto Grandi in collaborazione con Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano. Libro che, pur elogiato in riviste specialistiche straniere, è stato ignorato dalla grande stampa nostrana: la più interessante ed accessibile recensione in italiano si trova sul sito di Tiscali (cfr. qui), e lo stesso pezzo è consultabile sul sito di un quotidiano telematico di Imola (cfr.qui; ma cfr. anche un interessante servizio disponibile qui).

E con una citazione delle illuminanti frasi di Grandi possiamo concludere, augurandoci che la catastrofe predetta, se proprio deve avvenire, avvenga con moderazione e frugalità, nello stile del Grigiocrate: “Quando noi parliamo di era dei mediocri non ci riferiamo alla Banda Monti e alla Fornero, che sono sicuramente mediocri, ma soprattutto a questa classe politica che va a suicidarsi. Abbiamo dei politici che dopo Berlusconi non hanno saputo reagire, che ancora oggi vanno a dire alla gente quanto sia bravo Mario Monti e che ripetono che non lo vogliono ma sono pronti a seguire tutti i punti della sua agenda. Questo è il suicidio della politica (…) La dimostrazione di quanto noi sosteniamo è sotto gli occhi di tutti. Quando Mario Monti dice che a questo punto l’Italia è in saldo ed è ora che qualcuno la compri e oggi Goldman Sachs dice che noi siamo una sorpresa positiva e meritiamo maggiori investimenti capisci che la svendita è iniziata”.

Amen.

G. G. 
Fonte: http://www.ilbuio.org 
Link: http://www.ilbuio.org/?p=7770#more-7770 
Link utili:

Struttura ufficiale del Bruegel

Notizia su Mario Monti dal sito ufficiale del Bruegel

POST SCRIPTUM

Nonostante clamore e dibattiti, purtroppo la censura wikipediana non si è fermata, e mentre si accingeva a pubblicare questo testo, lo scrivente è stato testimone di un altro episodio tra il grave e il grottesco.

In data 6 gennaio un utente aveva creato la voce Lista dei membri del gruppo Bilderberg, già presente sulle wikipedie inglesetedescafrancesespagnolafinlandese etc. etc.

La voce era strettamente compilativa (se ne può consultare una bozza “sopravvissuta” qui) e non faceva altro che riportare la lista dei nomi dei vari membri dei Direttivi del gruppo, in primis quelli di David Rockefeller e dell’attuale presidente del gruppo Henri de Castries, amministratore delegato di AXA, presente alla riunione straordinaria del Bilderberg a Roma del 13 e 14 novembre 2012 (invitati d’onori Mario Monti ed alcuni suoi ministri, tra i quali la Fornero), documentata daServizio Pubblico (vedi anche qui) ma anche dal Corriere della Sera. Sparsi tra i vari membri elencati, si potevano ritrovare anche i nomi di Franco Bernabè, Mario Monti, Romano Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, Gianni e Umberto Agnelli, e dei pochi altri italiani (una dozzina in tutto) che hanno avuto l’onore di far parte del comitato-guida del Bilderberg dal 1954 ad oggi (i nomi sono reperibili sul sito ufficiale stesso).

Ma la lista è stata quasi immediatamente cancellata (insieme alla voce su Henri de Castries), stavolta dall’amministratore Vituzzu, a testimonianza che la censura delle informazioni scomode sulla Wikipedia italiana non si ferma mai: così, dopo la clamorosa censura di Natale sui risultati economici del governo Monti, ecco la censura dell’Epifania sui membri, italiani e non, del Bilderberg ! Quale sarà la prossima puntata ?

LEGGI ANCHE: MARIO MONTI, LA TRILATERALE E LA CENSURA SU WIKIPEDIA

http://www.altrainformazione.it/wp/2013/01/09/mario-monti-e-wikipedia-parte-ii/

Quando Obama ha paura dell’IRIB: sanzioni ufficiali contro la radiotelevisione iraniana

ricordo come la Ue ed i democratici galoppini del Pentagono urlavano contro Orban per una presunta censura ai danni di una emittente locale.

Ora che la Ue, come i suoi padroni americani hanno silenziato per legge tutte le emittenti perché iraniane, quindi razzismo allo stato puro stiano “stranamente” zitti.

Il razzismo della Ue è “nobile”.

 

Quando Obama ha paura dell’IRIB: sanzioni ufficiali contro la radiotelevisione iraniana

 

di Davood Abbasi. 

 

La sera di mercoledì 2 Gennaio 2013 il presidente degli Stati Uniti ha firmato il budget militare del nuovo anno, 633 miliardi di dollari. Tralasciando la somma galattica del budget militare di questi paladini della pace e della giustizia del mondo ed i discorsi che dovremmo farci sopra, sembra una normalissima prassi statale ma in quel maledettissimo budget militare, stanno molte cose, persino una “prima volta assoluta” nella storia politica umana.

No, non voglio raccontarvi quanti innocenti uccideranno quei 633 miliardi di dollari, non voglio dirvi quanti missili faranno sparare ai droni che uccidono gente innocente, non intendo addentrarmi nelle macabre cronache sull’Afghanistan, l’Iraq, la Siria, non voglio starvi a raccontare delle torture che quei soldi faranno infliggere a gente innocente nelle prigioni segrete, non sto quì a raccontarvi dei bambini che piangeranno per l’assassinio dei loro genitori ad opera di qualche raid israeliano su Gaza con armi americane, non volevo dirvi che in Sicilia a Niscemi molti si beccheranno il cancro per via del Muos, no non avevo intenzione di dirvi che per quel budget magari altre ragazze giapponesi di 14 anni verranno stuprate ad Okinawa.

No ormai tutto questo nel nostro mondo è diventato all’ordine del giorno, non fa nemmeno notizia.

Ma certo gli iraqeni, gli afgani, gli italiani, i giapponesi, i popoli del mondo non sono dei carciofi e per questo se di quel budget militare qualcuno inizia a parlarvi come non volevo parlarvi io, ecco che tutti questi crimini inizieranno pure a fare notizia.

Ed ecco che arriviamo al dunque, a quello che volevo raccontarvi.

Per la prima volta nella storia in quel budget militare c’è una sezione strana: non ha precedenti nella storia. L’IRIB, il gruppo radiotelevisivo di una nazione viene ufficialmente colpito dalle sanzioni del governo americano, tutte le sue trasmissioni devono essere oscurate, censurate, interrotte come si può, tutti i suoi asset vanno bloccati, verrà colpito da ritorsioni durissime persino chi collaborerà con questo gruppo.

Gli Stati Uniti hanno combattutto per anni contro l’Unione Sovietica una guerra fredda, negli anni dopo il crollo dell’URSS hanno avuto i loro alti e bassi ma quandomai erano caduti così in basso da dichiarare ufficialmente di voler zittire la radiotelevisione di un altro paese?

Quegli stessi Usa che ritengono o ritenevano il loro impero mediatico la loro arma più efficace, che riescono o riuscivano a far credere al mondo quello che era nel loro interesse, com’è che ora gettano la spugna dinanzi alla sigla IRIB e sono costretti ad una così clamorosa ammissione di inferiorità da aggrapparsi alle sanzioni ed alla censura?

Per chi non lo sa IRIB è la sigla di Islamic Republic of Iran Broadcasting. Quella sigla che timida timida negli ultimi anni ha scritto le pagine del giornalismo della regione mediorientale ed ha conquistato la sua rispettabile fetta nel mondo intero.

Oggi chi è che non conosce Press TV, Al Alam, Hispan TV, reti d’informazione ed intrattenimento con 24 ore di programmi diramati in tutto il mondo.

In Medioriente le popolazioni musulmane preferiscono i serial tv iraniani di IFILM ai telefilm osceni di Paesi Arabi e Stati Uniti, in Bosnia la radio dell’Iran viene pubblicata su banda FM, in Italia il sito di Radio Italia ormai lo conoscono tutti, il sito della radio francese iraniana ha oltre un milione di visite al mese, in Germania è tra i più gettonati. In Indonesia e Malesia è considerato tra i migliori. L’Iran si esprime oggi nelle più impensabili lingue, oltre ai soliti inglese, spagnolo, russo…non immaginerete che ci sono anche giapponese, cinese, turco, curdo, arabo, pashtu, urdu, hindi, swahili, ebraico; in tutto 35 lingue.

Per la prima volta nella storia dell’imperialismo, della prepotenza, dell’ingiustizia della politica di questo nostro mondo, gli Stati Uniti mettono il bavaglio ad una voce contraria e questa volta non potranno dire che lo fanno per lottare contro il terrorismo, per questioni umanitarie, per portare la democrazia, non c’è bugia che regga. È chiaro come il sole che impedire ad una voce di parlare è censura, è paura di essere contrastati.

L’IRIB costringe per la prima volta nella Storia quell’ipocrisia personificata che si chiama politica Estera americana ad ammettere di essere una entità contro la libertà di espressione e la vera democrazia.

E così dietro quella faccia calma di quell’Obama che mercoledì sera firmava quella nuova legge anti-iraniana, c’era paura, c’era tanta paura.

C’era paura del “pensiero iraniano” e mai gli Stati Uniti lo avevano ammesso così palesemente. Perchè da anni a Washington non temono altro che il pensiero di questo antico popolo mediorientale che inizio’ la sua avventura nel mondo con Ciro; un Ciro che guarda caso e’ firmatario della prima legge di diritti umani della Storia umana.

Nel 1953 il “pensiero” di nazionalizzare il petrolio era apocalittico ma un certo Mosaddeq lo fece per la prima volta proprio in Iran e proprio per questo venne rovesciato con un colpo di Stato della Cia.

Agli americani però andò decisamente male quando quel “pensiero” non venne ucciso dallo Sha fantoccio e nel 1979 milioni di iraniani gridarono “Ne orientale Ne occidentale” per le strade di Teheran e l’ambasciata americana a Teheran venne presa da un manipolo di studenti coraggiosi stufi di avere tra le scatole un covo della Cia.

E il “pensiero iraniano” riuscì a sopravvivere anche all’aggressione dell’alleato Saddam e poi alle sanzioni che si allungano fino ai nostri giorni.

Il “pensiero iraniano” diede vita a quel movimento che poi anni dopo liberò il Libano dall’occupazione israeliana e che oggi è il partito più forte del paese dei cedri.

Ed il “pensiero iraniano” mise a punto senza l’aiuto di nessuno l’industria dell’automobile, dell’acciaio, l’estrazione del petrolio, la produzione di benzina, dei più disparati prodotti industriali moderni.

Ed il “pensiero iraniano” diede i natali al nucleare civile che gli americani hanno cercato di ostacolare per impedire che il paese che galleggia su petrolio e gas divenga in futuro una potenza economica grazie ad immense quantità di energia a basso costo ricavata dal nucleare.

Ed il “pensiero iraniano” oggi è il 17esimo produttore di Scienza del globo, il primo in Medioriente, ha fatto registrare il più alto tasso di aumento di produzione scientifica del mondo.

Ed il “pensiero iraniano” ha appassionato con il cinema di Kiarostami e Farhadi, con il canto di Shajarian, con i tappeti in ogni salotto occidentale, con la poesia di Hafez e Rumi, con i discorsi di Khatami ed Ahmadinejad all’Onu.

Ed è di quel pensiero che Obama ha avuto paura, ancora una volta, quando ha approvato le sanzioni contro l’IRIB.

Il nocciolo di questo pensiero è solo una cosa: “Credi in te fratello. Per essere grande non c’è bisogno di un padrone che si chiami Stati Uniti, Banca Mondiale, FMI, o qualsiasi altra cosa. Un popolo che fa affidamento alle sue forze può farcela, in tutto ed in tutti i sensi. Basta Dio come Padrone”.

Se domani tutti i popoli della Terra si sveglieranno con questo pensiero in testa non una sola nazione sarà più disposta a fare “il vassallo” degli Stati Uniti. Obama lo sa e per questo ha paura e cerca di zittire la voce di questo Iran, cerca di fermare questo pensiero.

Ma il pensiero lo si può ingabbiare? Lo si può murare? Povero Obama.

Quando l’intelligence si ribella alla strategia suicida della Francia in Siria

Secondo un ex ufficiale dell’intelligence francese, “la crisi siriana ha risvegliato l’orso russo … Assad tiene, e noi dobbiamo cambiare la nostra politica.”

AD, un ex ufficiale della DGSE (Direzione generale per la sicurezza esterna francese) scommette sui tempi per riparare agli errori commessi dal governo francese nella crisi siriana, negli ultimi due anni. Di ritorno da Beirut (si rifiuta di ammettere di aver visitato la Siria e di avervi incontrato  funzionari di diversi servizi di sicurezza), elenca gli errori dalla Francia:
– L’allineamento alla politica degli Stati Uniti di alleanza con gli islamisti, a prescindere dagli interessi storici della Francia in Siria.
– Rinunciare alle preziose fonti di informazioni siriane che provenivano dai servizi antiterrorismo siriani che da molti anni proteggevano la Francia dal terrorismo.
– L’inconsulta scommessa sulla caduta del regime di Bashar al-Assad, scommessa che ha risvegliato l’orso russo con il precedente libico, spingendolo a difendere fieramente i propri interessi. Il risultato è una nuova guerra fredda che mina i fragili interessi della Francia nel mondo.
– La perdita della cooperazione strategica e di sicurezza con la Siria, e gli svantaggi politici di una situazione il cui esito sarà amaro, nel migliore dei casi, e nel peggiore dei casi un enorme caos che non salverà le strade delle periferie di Parigi, che ospitano un’alta concentrazione di popolazione musulmana.
Cosa faceva un ex ufficiale dell’intelligence francese in Libano, nei pressi del confine con la Siria? Risposta da un altro esperto di politiche di sicurezza occidentali: “A casa, un ufficiale dei servizi segreti in pensione o diventa un intellettuale o un contadino o un professionista o uno sciocco. In Francia, continua l’esperto, diventa un ricercatore, per contratto a titolo personale o mette le sue abilità al servizio di uno dei molti istituti o aziende che offrono servizi di consulenza al governo, all’opposizione o a soggetti influenti di entrambi i campi.” Il nostro ufficiale in pensione AD è diventato un ricercatore, e ritiene che la Francia abbia commesso errori strategici e stupidi in Siria, perché è entrata in una partita (contro il regime siriano), in cui perderà comunque e gli unici vincitori saranno gli statunitensi. Per quanto riguarda le perdite, la Francia fa la parte del leone, se trionfa il piano dei suoi nemici armati e finanziati dai paesi della NATO e dalle monarchie del Golfo.
A proposito della passata cooperazione franco-siriana, l’ex ufficiale francese dice: “La politica di escalation tra la Francia e la Siria non è un problema in sé, fra gli Stati non c’è amicizia o animosità eterna, solo gli interessi decidono la natura dei rapporti. La Grande perdita della Francia è la fine della sua cooperazione per la sicurezza con la Siria.” Aggiungendo: “I servizi di sicurezza siriani hanno salvato la Francia più volte dai terribili disastri che i terroristi di origini arabe si apprestavano a causare. Solo le informazioni fornite dai servizi siriani ci hanno permesso di sconfiggerli e di salvare delle vite innocenti.”
Parla sempre l’ex-ufficiale: “Fino all’inizio della crisi attuale, la cooperazione continuava e i funzionari di entrambe le parti collaboravano strettamente contro il terrorismo internazionale. Ma la stupidità dei politici francesi ha messo con le spalle al muro i servizi antiterrorismo siriani, ponendo fine a tale cooperazione. Io non li biasimo! Come possiamo mettere sotto sanzioni francesi ed europee degli ufficiali (come Hafiz Maqlouf) feriti durante un’operazione contro dei terroristi che volevano attaccare le ambasciate statunitense e francese a Damasco?! Immaginate qualcuno che salva i nostri figli da morte certa, e invece di ringraziarlo la nostra diplomazia lo tratta da terrorista e l’inserisce come un criminale nell’arrogante lista delle sanzioni.” Continuava: “Hafiz Maqlouf e altri ufficiali siriani hanno compiuto missioni i cui benefici non erano limitati solo alla Siria, ma che hanno beneficiato il popolo francese e gli altri popoli d’oriente e d’occidente. Non divulgo un segreto, dicendo che quest’uomo ha ricevuto i ringraziamenti di grandi aziende farmaceutiche per avere smantellato fabbriche clandestine di farmaci contraffatti, e arrestato i trafficanti di droga più importanti che utilizzavano una rete siriano-libanese per vendere i loro veleni in Europa e soprattutto in Francia. Invece di ringraziarli, li abbiamo messi sulla lista delle sanzioni!”
La fonte francese continua: “Attraverso la cooperazione con la Siria, abbiamo avuto informazioni preziose che ci aiutarono a sventare un complotto terroristico nel 2008, che avrebbe provocato migliaia di morti nella metropolitana di Parigi. I servizi di intelligence siriani diedero le loro preziose informazioni dopo che il colonnello Maqlouf aveva smantellato un gruppo dei più pericolosi terroristi di al-Qaida, tra cui Aymen al-Daher alias Khaled al-Qashef, Abdullah Azzam (che non ha nulla a che fare con la teorico palestinese famoso, ora defunto, e che era il mentore di Osama bin Ladin, di cui è omonimo), Ghassan Abu Qassab, Abdelhakim Qassem, Naaman al-Mandou, Layth Badran, e il più pericoloso di tutti, Asaad Houriah, responsabile dell’operazione fallita ‘della Metropolitana di Parigi’, che avrebbe ucciso migliaia di persone, se non fosse stata sventata in tempo. Questa operazione, al-Qaida ha impiegato anni per svilupparla, e il gruppo è stato arrestato sulla via per la Francia, attraverso la Siria, Libano e Beirut. Si stavano muovendo per attuare il loro piano terroristico.”
Gli ufficiali dei servizi antiterrorismo francesi erano quasi di casa a Damasco. Parlavano con i capi dei servizi di sicurezza siriani. “Questi leader continuano a collaborare con noi contro il terrorismo che punta ai nostri civili in Francia, mentre li abbiamo messi sulla lista nera e gli abbiamo vietato l’ingresso nel nostro paese?!” Si chiede l’ex ufficiale francese che conosce a memoria il problema: “I politici francesi sono ragionevoli, quando credono di fare un servizio alle legittime aspirazioni del popolo siriano sostenendo i terroristi, anche quelli che abbiamo combattuto fianco a fianco con i nostri omologhi siriani? Il governo siriano ci ha salvato dagli attacchi terroristici e lo stiamo ringraziando sostenendo gli attacchi terroristici sul suo territorio! É una politica ragionevole?!”
Questa analisi del disilluso ex-ufficiale francese, che ha il sostegno della stragrande maggioranza dei servizi anti-terrorismo francesi, finirà per pesare sui responsabili politici di Parigi e a convincerli a cambiare direzione prima che che sia troppo tardi? A questa domanda, l’ex ufficiale francese ha risposto: “Sì! Ci sono molte persone ragionevoli nel servizio francese. Sono in grado di influenzare il corso della politica francese nei confronti della Siria, in particolare dopo il fiasco dello scenario libico, progettato e realizzato da Parigi e Londra. La posizione della Russia alla fine rafforza il campo pragmatico e mette in difficoltà gli estremisti che cercano di soddisfare gli Stati Uniti. Soprattutto da quando è diventato chiaro che il regime siriano tiene, e che il sostegno russo non è congiunturale: è strategico, coerente e non cambierà. Sta a noi a cambiare e dobbiamo farlo per gli interessi della Francia.”

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Tratto da: Quando l’intelligence si ribella alla strategia suicida della Francia in Siria | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2013/01/09/quando-lintelligence-si-ribella-alla-strategia-suicida-della-francia-in-siria/#ixzz2HU45EtSR 
– Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!