COME COLTIVARE LA CANAPA – Con i finanziamenti del ministero per l’Agricoltura

17 gen

 

IL MINISTERO PER LE POLITICHE AGRICOLE

Pubblica un bando per il sostegno dei progetti di Filiera che può riguardare anche la coltivazione della canapa. Questa pianta è versatile e si usa per la bioedilizia, nel tessile, cure naturali, chimica, alimentazione umana e animale e anche medicina.Le domande per il finanziamento agevolato, è di questo che si tratta, potranno essere presentate a sportello dopo il 1° aprile 2013. I finanziamenti sono regolati dal Decreto 19-12-2012 e dalla Circolare 558 del 20-12-12.

SECONDO ASSO CANAPA

Che raggruppa i coltivatori della canapa e dei settori di trasformazione, si tratta di un bando che interessa sopratutto le aziende “fondate” che possono presentare un bilancio credibile, comunque intenzionate a investire con fondi propri e che hanno le idee chiare sul progetto di massima che intendono realizzare. Alcuni gruppi di agricoltori e aziende già oggi clienti di Assocanapa srl potrebbero trarre vantaggi indubbi da questo bando. Tuttavia l’associazione vede difficoltà di accesso a causa della poca chiarezza della normativa italiana in materia di coltivazione di canapa da fibra per cui esiste sempre il pericolo che appartenenti alle Forze dell’Ordine e Magistrati poco informati sequestrino le coltivazioni calpestando le norme e danneggiando gli agricoltori. In questa situazione è molto difficile pensare a imbarcarsi in un’impresa importante come quella di far decollare su scala economicamente rilevante la coltivazione e lavorazione della canapa.Infatti il bando è rivolto alle cooperative agricole, piccoli consorzi, società che esercitano l’impresa agricola, imprese commerciali e associazioni temporanee di impresa. Nel complesso l’investimento nel progetto dei partner deve essere tra i 5 milioni di euro e i 50 milioni di euro e ogni azienda beneficiaria deve investire minimo 500 mila euro. Non sono previsti contributi a fondo perduto bensì accesso ai finanziamenti del fondo rotativo per il sostegno a imprese, investimenti e ricerca.Resta da attendere il decreto che il ministero per l’Agricoltura, dopo il tavolo del 13 dicembre scorso al fine di regolamentare ulteriormente le procedure di coltivazione, ha assicurato di voler presentare.

Fonte

Redatto da Pjmanc:  http://ilfattaccio.org

I partiti dello straniero

17 gennaio 2013

By coriintempesta

italia

di: Gianni Petrosillo

Le maggiori difficoltà italiane, nell’attuale crisi sistemica globale, derivano da relazioni di forza internazionali, assolutamente sfavorevoli, che pesano negativamente e pesantemente sugli apparati sociali, finanziari, economici e produttivi del Paese. L’Italia deve fare i conti con deficit strutturali atavici ma l’aggravamento della sua posizione, sul proscenio mondiale, discende dal clima e dalle evoluzioni geopolitiche,  avverso alle quali non sono state attivate reazioni e risposte adatte.

La caduta degli indici borsistici e l’allargarsi della forbice tra i differenziali di rendimento dei titoli di Stato (lo spread), è la faccia esterna di problematiche molto più complicate che nessuno prende correttamente in considerazione. Le crisi economiche sono terremoti di superficie scatenati dallo spostamento e smottamento del terreno in profondità, e questo subbuglio sotterraneo, questo scontro e sfregamento di placche, è il prodotto di scelte strategiche e ricollocamenti politici dovuti all’insorgere di nuove istanze sistemiche, in una  fase storica di transizione. C’è chi si rende protagonista di tale movimento e c’è chi lo subisce.

Noi siamo tra chi patisce ogni conseguenza.

Sicuramente, in una società di tipo capitalistico, dove la gran parte di ciò che è prodotto è merce e si deve scambiare mediante denaro, la crisi inizia manifestandosi nella sfera finanziaria, quella che prende il davanti della scena. Tuttavia, da questo non deriva che la causa principale della débâcle sia di origine economica. Se saltano gli equilibri finanziari e monetari non è per ragioni intrinseche all’economia ma per fattori di conflittualità geopolitica.

Le nostre criticità non scaturiscono da contingenze sfortunate ed aleatorie, non almeno in maniera preponderante, ma sono il risultato di decenni di scelte errate e valutazioni inadeguate in merito alle mutazioni in atto sullo scacchiere planetario, già all’indomani degli esiti finali della Guerra Fredda.

A sbagliare sono state classi dirigenti  orbe di visione storica, al cospetto di avvenimenti unici ed irripetibili; élite parassitarie che si sono garantite la permanenza in sella allo Stato svendendo il patrimonio pubblico a concorrenti esteri, per un tozzo di pane, evitando accuratamente di dialogare con le urgenze dell’èra, presenti e future. Gruppi direttivi neofiti, le seconde file dell’arco parlamentare che fu, hanno innalzato la bandiera costituzionale per meglio affossarla, hanno ballato sulle ceneri dei più qualificati predecessori, rinnegando di esserne stati allievi, per autolegittimarsi in assenza della medesima spinta ideale, dopo i nefasti delle mani pulite e delle zucche vuote con la coscienza più sporca.

La retorica delle privatizzazioni indispensabili, tanto in voga al principio dei ’90,  posteriormente alle annate di sperperi assistenziali ed elargizioni clientelari delle risorse statali, non le scagionerà mai dalle loro responsabilità, che sono gravissime, poiché una cosa è vendere asset marginali, razionalizzare le spese, segare rami d’attività improduttivi, e non strategici, per perseguire più elevati obiettivi, avendo presente un quadro di opportunità, di sviluppo, di innovazione e di crescita, ovvero ambendo ad un maggior benessere comunitario, un’altra è liquidare l’argenteria di famiglia per dimostrare la propria sottomissione ai vecchi e nuovi padroni del vapore, a loro volta sostenuti da fameliche cricche sopranazionali.

Se si vanno a guardare le liquidazioni dell’impresa pubblica dei lustri scorsi, non vi si troverà un solo vero affare ad un prezzo onesto, ma soltanto tante menzogne riguardo a fantomatici capitani coraggiosi salvatori della propria panza, imprescindibili esigenze di dismissione per rimpinguare le casse vuote, salvo raschiare successivamente  anche il fondo del barile e gestioni a perdere come mai visto. Oggidì, siamo diventati davvero cittadini dissoluti di Sodoma, come ci ricordano in alto loco continentale, ma non dimentichiamo di provenire da ben altra e temuta Sparta. Scaricare, invece, il peso dei guai odierni su chi è venuto prima, con la surrettizia frase sventolata in ogni occasione: “è colpa del precedente governo e dei suoi uomini”, andando a ritroso fino alla notte dei tempi, è tipico degli imbelli e dei corrotti.

Detto più chiaro, mentre il mondo cambiava rapidamente, scosso da eventi drammatici (caduta del Muro di Berlino, dissoluzione dell’URSS, unipolarismo Usa e svelto ritorno del multicentrismo, conseguente all’emergenza e riemergenza di altri attori geopolitici sulla scena mondiale), i percorsi (collettivi e personali) e le idee (generali e soggettive), di chi avrebbe dovuto guidarci fuori dal guado, con soluzioni moderne ed originali, generate da valori e scopi progressivi, si pietrificavano.

L’inazione e la confusione vennero a lungo celate da apologhi integrativi, multilateralisti, cooperativi, solidaristici ecc. ecc. che prendevano il posto delle ideologie manichee appena consumatesi.

In sostanza, dunque, la presunta fine dell’età delle grandi narrazioni giunse cavalcando un romanzo ancora più immaginario ed impraticabile. Presto, ci saremmo risvegliati e scontrati con altre durezze storiche dello stesso materiale, se non più solide, di quelle appena superate.

L’UE in ampliamento scriteriato al fine di inglobare comunità provenienti dall’ex sistema socialista per sottrarle all’influenza russa, l’allargamento della Nato ai medesimi paesi, gli altri organismi mondiali di gestione falsamente unanime dell’economia e delle relazioni diplomatiche, la globalizzazione, i diritti umani e ambientali,  tante belle parole accompagnate da altrettanta propaganda ed effetti collaterali, sempre esclusi a priori e puntualmente verificatisi, che produssero non quell’eden finalmente pacificato e parificato nelle libertà sociali, di cui blateravano gli intellettuali di regime (la storia non è finita, la loro credibilità sì), ma tutto il suo contrario. Fu ed è l’averno, con l’esportazione impossibile della democrazia,  le guerre al terrore che addizionano paura anziché sopirla (Afghanistan, Iraq), l’accumularsi del settarismo su basi etnico-confessionali, le divisioni culturali neganti i punti di contatto anche laddove esistenti. Elementi che segnalano una strategia di unilateralismo “imperiale”, irrealizzabile nella incipiente fase multipolare. Per questo salgono i tributi di sangue in ogni luogo d’instabilità, trascinando nel caos anche quei territori che una certa saldezza l’avevano conquistata a fatica.  Penso, soprattutto, alMediterraneo e ad alcuni Paesi dell’Africa araba.

Senza confutare e opporsi alla conformazione concreta della situazione che contraddiceva i primigeni proclami universalistici, e che discordava con i nostri interessi nazionali, siamo rimasti agganciati al carro occidentale ma in posizione sempre più subordinata e dipendente, accettando il ruolo di figurante senza battute, imposto da alleati prepotenti, impropriamente definiti amici dai nostri governanti senza coraggio.

Poiché subiamo questi rapporti di forza senza incidere sulla loro formazione e diramazione, la ripresa, inclusa quella economica, che è  un aspetto delle problematiche complessive qui abbozzate, sicuramente non quello determinante, non è fattibile e mai lo sarà, fintantoché persisterà questa situazione di passività generale – meglio sarebbe dire di effettiva sudditanza dei nostri vertici statali a diktat esterni – aggravata dalla presenza di “partiti dello straniero” interni, trasversali ai cosiddetti schieramenti liberali e riformisti.

E, qui, ci troviamo finalmente dinanzi alla disputa realmente impellente, allo spartiacque epocale. Non riusciamo a venire fuori dal vicolo cieco in cui ci siamo cacciati perché siamo governati da antiitaliani che prendono ordini dalle capitali estere per amministrare Roma, derubricando i destini dei connazionali.

Questi autentici nemici della “patria” considerano la propria perpetuazione verticale, con spartizione degli incarichi e delle funzioni pubbliche, più importante della stessa esistenza della nazione. Ciò lo riscontriamo quotidianamente nel dibattito politico, assorbito da temi e problemi inessenziali, che non mettono mai in questione le decisioni calate dall’alto, dagli organismi europei ed atlantici, i quali ci trattano da paria e da carne da macello.

Ed è così che l’UE diventa, per i nostri politici arroccati dietro presunte logiche monetarie e unitarie irreversibili (parola di DraghiMonti ed altri), il penultimo rifugio delle canaglie, essendo l’ultimo ancora il rassemblement di organismi militari e finanziari di ispirazione statunitense, dalla Nato al FMI ecc. ecc., consorziate con le varie massonerie sovracontinentali (BilderbergTrilateral ecc. Ecc.)

Chi nega l’ evidenza non conosce la Storia dell’Italia, recente e passata, da quella pre-unitaria, a quella post-unitaria fino all’edificio repubblicano, impastato con la calce di influenze forestiere non benevoli, né disinteressate (non trattiamo in questa occasione, ovviamente, di periodi più antichi, quando gli eserciti stranieri marciavano direttamente sul nostro suolo e si spartivano terre e bottini manu militari).

Come tutti dovrebbero sapere, i  rapporti internazionali influenzano le agende delle formazioni partitiche in ogni spazio nazionale. Questo, soprattutto, in stagioni di caos geopolitico, quale quella in atto, dove si sta verificando la perdita di egemonia, relativa e non ancora assoluta, del polo dominante (gli Usa), a vantaggio di altre aree in recupero di potenza (Cina, Russia, e subordinatamente Brasile, India, ecc. ecc.). Detta situazione di multipolarismo fa saltare molti equilibri poiché viene a mancare quel centro regolatore che per una lunga fase, almeno nell’area occidentale, aveva garantito, in cambio di un appoggio incondizionato contro il comunismo, benessere economico e pace sociale.

Ma, stando diversamente le cose, nell’attuale congiuntura mondiale (la quale potrebbe durare a lungo, con buona pace di chi pensa di uscire dalla crisi già nel 2013), un eccesso di passività nella riedificazione dei rapporti internazionali (che sono, in primo luogo, rapporti di forza), comporta, per le soggettività nazionali lasciatesi perifericizzare, una sottrazione permanente di sovranità.

Da questa serie di fatti si può giungere ad alcune conclusioni che non ci fanno per nulla piacere.

In Italia imperversano i cosiddetti “partiti dello straniero”, organismi che delegano ai centri di comando europei e atlantici il futuro dei propri concittadini, rinunciando alla capacità di decidere autonomamente del proprio destino.

I partiti dello straniero, oramai quasi tutti, li riconoscerete immediatamente dalle loro agende programmatiche in cui abbondano i riferimenti all’incontestabile partenariato euro-atlantico e i proclami di adesione incondizionata ai dettami dell’UE. I partiti dello straniero ripetono come una nenia, quando devono dissimulare la loro impotenza, “ce lo chiede l’Europa, l’Onu, la Nato” e così via, quasi ci trovassimo al cospetto di infallibili dèi. In tal maniera, muore la politica nazionale, sostituita dalla delega internazionale, senza che il popolo si sia mai espresso su siffatta cessione di autodeterminazione. Ancora, i partiti dello straniero li riconoscerete da come si peritano di presentarsi al pubblico, quali forze della responsabilità e della sobrietà. Quest’ultima è la manovra di copertura più adoperata da simile “borghesia compradora” per reprimere  le  energie  vitali  della società  e  per meglio adempiere  alla sudditanza economica e politica verso  nazioni  o  gruppi  di  nazioni  egemoniche.

Da chi sceglierete di farvi rovinare, data l’assoluta omogeneità di “sviste” istituzionali, dopo le prossime elezioni? Chi vincerà? Perderà l’Italia, questo è il vero risultato scontato.

Fonte: Conflitti e Strategie

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IL LOBBYING RICREA IL MONDO A PROPRIA IMMAGINE E SOMIGLIANZA

Di comidad del 17/01/2013 

Continua l’effetto sorpresa di un Hollande che si dimostra sempre meno socialista e sempre più guerrafondaio. Ora il presidente francese si è ridotto a fare il vigilante per gli interessi della Total e di altre multinazionali in Mali ed in Somalia. [1] 

Il suo pretesto/casus belli del momento è la crociata contro i jihadisti locali; cosa che ha suscitato più di qualche perplessità dato che invece in Siria i jihadisti sembrano andargli più che a genio quando combattono Assad. In un’Italia in piena ubriacatura elettoralistica, potrebbe essere utile riflettere sulle sorti dei programmi elettorali una volta che i candidati siano stati eletti. 

L’elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L’emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l’eccezione diventa la regola. Se il vero sovrano è chi può dichiarare lo stato di emergenza, chi è oggi il sovrano? Chi è in grado di creare le emergenze? 

Le multinazionali non spendono un soldo per migliorare la propria immagine pubblica, poiché è ovvio che nessuno prenderebbe sul serio un tale sforzo. Le multinazionali invece spendono moltissimo per creare un’immagine del mondo funzionale ai loro interessi. A questo serve il lobbying, sia palese che occulto. 

Il lobbying infatti invade e permea tutta la società e tutte le istituzioni: parlamentari, militari, di “intelligence”, di comunicazione e informazione, sino alle ONG per i diritti umani. Una manina alle velleità guerrafondaie di Total e Hollande è arrivata infatti anche da Amnesty International, che il 15 maggio ha pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Mali. L’ONG denunciava le milizie islamiche presenti nel Nord del Paese, come il gruppo di Ansar Eddine, per le conversioni forzate all’Islam ed il reclutamento di bambini-soldato. L’ONG Amnesty International è sovvenzionata dalla rete Open Society Foundations del finanziere George Soros. [2] 

Anche la rivista “Jeune Afrique” ha dato il suo contributo, riportando la notizia secondo cui vi sarebbero state manifestazioni violente a Gao, nel Nord del Mali, contro i divieti imposti dalle milizie islamiche sul fumo per strada e sul guardare la TV. Niente di meglio per consentire ad Hollande di presentarsi come un liberatore. 

Le bustarelle riguardano l’infanzia della corruzione, mentre la modernità è costituita dal più che legale “revolving door”, che può consentire a parlamentari, giornalisti, militari ed agenti segreti di pensionarsi per andare ad occupare posti nelle multinazionali, oppure di piazzarvi loro parenti; come è capitato, ad esempio, al figlio dell’ex governatore della Campania, Bassolino, oggi dirigente della banca svizzera UBS. 

Un’opinione pubblica che non potrebbe mai credere alla bontà delle intenzioni della Total o della Chevron, o di Jp Morgan e di Goldman Sachs, potrà invece attribuire credito alle varie emergenze: lo spread nell’Unione Europea, la questione dei diritti umani e dei massacri in Siria, la minaccia dell’integralismo islamico in Mali e Somalia, o alle stragi di cristiani da parte di musulmani in Nigeria. L’estensione del denaro elettronico conferirebbe un potere assoluto alle multinazionali bancarie, ed ecco sorgere un’emergenza-evasione fiscale che riesce a far passare il denaro elettronico addirittura come una misura di “sinistra”.

L’India è sempre più coinvolta in un aspro contenzioso con la multinazionale agricola Monsanto, responsabile di migliaia di suicidi fra i contadini indiani; ed ora, casualmente, la stessa India si trova descritta dai media mondiali come un covo di violentatori. All’ordine del giorno non ci sono i crimini di Monsanto, ma l’emergenza-stupri in India. [3] 

Per le multinazionali si tratta di replicare il modello Congo, sia il Congo Kinshasa che il Congo Brazzaville, in cui non esiste più per la colonizzazione un problema di controparti locali con cui misurarsi. In molti Paesi africani oggi le multinazionali non sono più semplicemente uno Stato nello Stato, ma costituiscono lo Stato vero e proprio, dato che le istituzioni locali sono dissolte dalla guerra civile permanente. Ed è questo il tipo di posizione di dominio assoluto che la Total può vantare sia nell’ex Congo belga che nell’ex (?) Congo francese. [4] 

Ovviamente anche una partita truccata come il colonialismo non è ogni volta una passeggiata, dato che c’è pur sempre la competizione fra colonialisti, con gli annessi colpi bassi e pugnali nella schiena. Il povero Hollande si è infatti auto-condannato ad una figuraccia con il suo blitz in Somalia allorché ha accettato la “collaborazione dell’alleato” Obama. [5] 

Ormai il conflitto in Mali coinvolge direttamente anche l’Italia, che per il momento fornirà solo “supporto logistico” alle truppe francesi, salvo poi farsi invischiare maggiormente in futuro; quindi anche il nostro Paese si candida a prendere bidoni dai cari “alleati”. [6] 

Il triste caso dei cani del Moncenisio

SOS Gaia ha intrapreso una azione per salvare i cani dell’allevamento cani da slitta e sleddog del Moncenisio.
Si tratta di circa 80 cani, anche se è impossibile stabilire il numero con precisione perché molti di loro sono detenuti in gabbie inaccessibili al pubblico.

Dopo varie segnalazioni allarmanti che definivano il posto un lager, sabato 5 gennaio un gruppo di volontari è andato a fare un sopralluogo per verificare di persona la situazione, che si è rivelata più grave di quanto non ci si aspettasse.
I cani si trovano in uno spiazzo completamente ricoperto di neve e ghiaccio, sono prevalentemente cani a pelo corto (pertanto non hanno neanche pelo lungo, folto e sottopelo invernale), sono di una magrezza impressionante, alcuni presentano anche evidenti zoppie. Sono legati ad un palo con una catena fissa, alcuni hanno un riparo fatiscente, spesso completamente ricoperto dalla neve e comunque non adatto ad una temperatura che, a quella altezza, può arrivare anche a -20°/-30°.
I cani si muovono intorno al palo, unica possibilità di movimento che hanno, così la catena si accorcia e talvolta non possono più neanche raggiungere il fatiscente riparo e rimangono all’aperto nel gelo invernale.
È tristissimo vedere questi poveri cani accartocciati su se stessi cercando di ripararsi dal freddo, sopra un terreno ghiacciato spazzato continuamente da un vento gelido, senza la possibilità di muoversi o di tentare di arrivare a quegli pseudo-ripari fatiscenti, per via della catena troppo corta, e del resto i ripari sono sepolti dalla neve.
Questa situazione va avanti da parecchi anni. Nonostante le numerose proteste degli animalisti, i richiami da parte delle autorità cittadine e delle associazioni animaliste e le indagini in corso, l’attività di questa azienda va avanti come se niente fosse, senza prendere provvedimenti che possano rendere un po’ più confortevole la vita di questi cani.
 Ci si chiede come possano esserci persone che tranquillamente vanno in quel sito a passare i week-end, a contatto con la natura e convinti di praticare uno sport (se sport si può chiamare farsi trainare sulla slitta da cani costretti con la forza a farlo), incuranti della scena drammatica che si svolge attorno a loro, con lo scenario di cani incatenati denutriti e infreddoliti. Il sito web del proprietario dell’attività presenta una situazione idilliaca che non corrisponde per nulla alla realtà.
I volontari di SOS Gaia hanno provveduto a fare foto e filmati per documentare la situazione, ma non è stata impresa semplice perché il proprietario dei cani e dell’azienda, nonostante i volontari fossero fuori dalla sua recinzione, li ha subito aggrediti verbalmente con minacce pesanti e insulti irrepetibili, per poi passare all’aggressione fisica con lancio di pietre, quindi è uscito dalla sua proprietà per venire a strattonare gli operatori che stavano documentando lo stato dei cani.
Non si voleva che l’azione di SOS Gaia finisse in una rissa, poiché l’unico obiettivo era salvaguardare i cani, quindi non c’è stata reazione da parte dei volontari, lasciando che della cosa se ne occupassero le autorità competenti.
SOS Gaia, tramite il suo responsabile, ha fatto un esposto alla Questura di Torino denunciando lo stato dei cani, corredandolo di materiale fotografico e filmati.
Ci auguriamo che questa situazione venga presa in seria considerazione dalle autorità competenti, onde evitare che i cani passino un altro inverno in queste condizioni, mettendo a grave rischio la loro sopravvivenza oltre che essere sottoposti ad una sofferenza e un disagio inaccettabili.

17 gennaio 2013

http://www.sos-gaia.org/2013/01/il-triste-caso-dei-cani-del-moncenisio/

 

Mario Monti: la mediocrità dei falsi santi

Un anno fa gran parte degli italiani conveniva che un governo di tecnici fosse sicuramente migliore di un governo di politici. La casta, la credibilità all’estero, gli scandali dei finanziamenti pubblici ai partiti, il livello di corruzione pari solo all’Africa nera, tutto portava ad una sola conclusione: i partiti avevano fallito. Fu così che gli stessi italiani credettero di concepire da se’ l’idea che affidarsi a degli esterni fosse meglio. L’imposizione di un governo di tecnici, convocato solo grazie a Giorgio Napolitano che ha nominato Monti senatore a vita, è sembrata come il miele che rende più dolce la medicina al fanciullo. Le regole della democrazia, la mancanza di accountability di questi personaggi, ovvero la responsabilità del rendere conto ai cittadini con un mandato revocabile, tutto è passato in secondo piano: “Francia o Spagna purché se magna”. 


Il governo Monti è formato da 17 ministri riconducibili a grandi banche, aziende, soci di concessionari pubblici, e la sua governance è improntata tutta sull’aumento dell’imposizione fiscale. Vediamo un sunto dei provvedimenti più importanti, comprensivi dell’inserimento del pareggio in bilancio in costituzione e della legge di stabilità, dovuti al Fiscal Compact dell’Unione Europea.


In tema immobiliare viene introdotta l’IMU, che sintetizza ICI ed IRPEF fondiaria. L’aliquota applicata è del 4 per mille sulle abitazioni principali, e del 7.6 per mille sugli altri immobili. I comuni sono responsabili dell’eventuale aumento dell’IMU per garantirsi gettito fiscale. Gli immobili all’estero verranno tassati con Ilvie, un’aliquota dello 0.76 al valore d’acquisto. La tassa sui rifiuti diventa Tares, con una quota di 0.30 euro a metro quadro.
Il bollo auto aumenta sia per le cilindrate basic sia per le super cilindrate. In base al riordino delle province, potranno aumentare anche le polizze RC auto.
In ambito bancario, l’orientamento è l’incremento dell’uso del danaro virtuale. Esso assicura anche la tracciabilità dei dati. Nasce Serpico: un computerone delle Agenzie delle Entrate che controlla tutti i movimenti bancari on line. Vengono scoraggiati i prelievi contanti tramite un limite ai 1000 euro. I bolli sui conti deposito subiscono un aumento dello 0.10% annuo. Sono introdotte commissioni sui prestiti in caso di sconfinamento. 


Con la Legge di stabilità dell’ottobre 2012 l’Iva cresce di un punto percentuale. Sono così colpiti i beni di prima necessità. L’Irpef, dopo l’iniziale aumento dallo 0.9% all’1.23%, viene ridotta solo per gli ultimi due scaglioni più bassi. Aumenta l’accise sulla benzina. Il fabbisogno sanitario nazionale è tagliato di 1.5 miliardi. E’preventivata la chiusura di 250 ospedali. La Scuola pubblica è tagliata di 47.5 milioni di euro, l’Università di 300.
Per la pubblica amministrazione, le province sono ridotte da 86 a 51 e mutuate in enti di secondo livello. I contratti statali sono bloccati fino al 2014, ed è cancellata l’indennità di vacanza contrattuale. Scatta l’operazione cieli blu: illuminazione di notte è tagliata.
L’età pensionabile passa da 65 a 66 anni per gli uomini, da 60 a 62 anni per le donne. Gli anni di contributi passano da 40 a 42 per gli uomini, a 41 per le donne. Il ministro Elsa Fornero non assicura la copertura di 130mila esodati. Le pensioni di guerra e di invalidità saranno soggette a Irpef. La retribuizione dei giorni di permesso per l’assistenza ai disabili è tagliata del 50%. 


Con la riforma del lavoro è ridotta la flessibilità in entrata e aumentata quella in uscita. I contratti a tempo determinato vengono scoraggiati con un’aliquota maggiorata. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è modificato, e il licenziamento per motivi economici e disciplinari è facilitato. Il reintegro diviene infatti una remota possibilità. L’indennizzo di licenziamento passa a 12-24 mesi dai 15-27. L’apprendistato diviene il mezzo principale per inserirsi nel mondo del lavoro e per ottenere il contratto a tempo indeterminato. 

 

Alla guida della RAI, società di televisione pubblica, Monti promuove presidente Anna Maria Tarantola, vice direttore della Banca d’Italia, e direttore generale Luigi Gubitosi, ex amministratore delegato di Wind. Una politica mediatica a dir poco unilaterale. Tali politiche sono state fatte passare come super partes poiché fiscaliste, ma ora che si è aperta la compagna elettorale gli orientamenti sono tracciabili dagli appoggi sostenuti. Chi supporta Mario Monti? Possiamo divederli in piccoli interessi italiani e grandi interessi stranieri. In Italia ritroviamo nella lista Monti l’Udc di Casini, gli ex ministri Corrado Passera e Andrea Riccardi (fondatore della comunità di Sant’Egidio), Gianfranco Fini e Futuro e Libertà, Luca Cordero di Montezemolo, il Vaticano, la CEI, l’Opus Dei (rappresentata già da un anno nel governo da Passera, suo azionario). E’ quello che storicamente è chiamato il centro o eredità della Democrazia Cristiana. E’una benedizione che ha avuto un costo concreto, che si porta dietro l’associazionismo cattolico delle scuole paritarie, finanziate dal governo Monti a scapito delle pubbliche con 200 milioni di euro. Un retroterra che ha consentito l’esenzione dall’IMU per le proprietà del Vaticano, che priva lo Stato di 700 milioni di euro di entrate. La stessa rete di relazioni che ha permesso che, nel bel mezzo dei tagli alla sanità, ospedali in orbita Vaticano quali Il Bambin Gesu’ e la Fondazione Gaslini di Genova, ricevessero finanziamenti statali rispettivamente per 12.5 e 5 milioni di euro. I grandi interessi stranieri che spingono per il professore fanno capo alla Commissione Trilaterale, di cui Monti è un ex presidente. E’ un parlamento globale di personalità invitate, e non elette, fra banchieri, politici, industriali, accademici, editori. E’stato costituito negli anni settanta dal banchiere americano David Rockefeller.

 

Le tre parti sono costituite da Europa, Stati Uniti e Giappone e si riuniscono in seduta plenaria almeno una volta l’anno attorno alle direttive di tecnocrazia e interdipendenza, ovvero togliere il potere ai politici e ai parlamenti per delegarlo ad un governo mondiale, modello G8. Essa si muove in simbiosi con il Bilderberg Group, piattaforma gemella che vanta anch’essa Monti fra le sue anime. L’Italia inaugurata un anno fa’ è dunque indirizzata verso la cancellazione della sovranità nazionale, la formazione di governi non scelti che mettono al centro delle politiche il rigore dei bilanci al posto della dignità dell’individuo. Se l’accademia della linea Bocconi- Trilateral fosse producente, per lo meno nessuno eccepirebbe. Ma la disponibilità economica della popolazione è ridotta dalle tasse, la domanda diminuisce e il deficit pubblico non riesce a rientrare. Cifre di Bankitalia alla mano, nel 2012 il debito pubblico ha raggiunto il massimo storico di 2mila miliardi con il massimo aumento del 2.6% di pressione fiscale. Il tasso di inflazione ha toccato il suo picco degli ultimi 4 anni: il 3%, a dispetto del 2.8% del 2011. Il tasso di crescita dei prezzi dei prodotti ad alto consumo è salito dal 3.5% del 2011 al 4.3% del 2012. Le ore di cassa integrazione sono aumentate da un anno all’altro del + 12.1%. Il tasso di disoccupazione si aggira attorno all’11%. Il New York Times, il Daily Telegraph, tutti i massimi organi di economia internazionale hanno sconfessato il sobrio professorone. 


Il Financial Times spara a zero con Wolfgang Munchau: «L’anno di Monti è stato una bolla, buona per gli investitori finché è durata. E probabilmente gli italiani e gli investitori stranieri non ci metteranno molto a capire che ben poco è cambiato nel corso dell’ultimo anno, ad eccezione che l’economia è caduta in una profonda depressione. Due cose devono essere sistemate in Italia: la prima è invertire immediatamente l’austerità, in sostanza smantellare il lavoro di Monti, e la seconda è scendere in campo contro Angela Merkel». 


L’ultimo è Paul Krugman, nobel per l’economia: «Tecnocrati “responsabili” costringono le nazioni ad accettare la medicina amara dell’austerità; l’ultimo caso è l’Italia, dove Monti lascia in anticipo, fondamentalmente per aver portato l’Italia in depressione economica».
Dove Monti passa giace una nazione depressa, dove “il posto fisso è monotono”, “i giovani sono choosy e viziatelli”, “il posto fisso per tutti è una illusione”, “L’Europa ha bisogno di gravi crisi per fare passi avanti”. Tenendo questa frase montiana a mente, un altro paese con un ex presidente Trilateral al governo è la Grecia con il banchiere Lucas Papademous. E si noti in che condizioni versa.


Lo scenario elettorale sarà dunque presenziato dall’entrata di un ligneo cavallo di Troia: l’aspetto è quello di accademici in giacca e cravatta rispettati in sede internazionale, dai curricula spettacolari, dalle amicizie più rette, pubblicizzate dalla Chiesa Cattolica e dai vescovi, dirigenti delle università più prestigiose. Chi oserebbe dubitare di tali referenze? Forse solo i cittadini che hanno a cuore la sovranità e le regole democratiche della propria nazione. Una schiera di persone che dovrebbe essere la norma, poiché accomunate dalla giustizia sociale e dalla cura del più debole, naturali predisposizioni dell’uomo. Una composizione che al momento latita, in attesa di un porta bandiera contro la mediocrità dei falsi santi.

 

di Maria Giovanna Lanotte

 

Fonte: Arianna Editrice

 

Piccoli droni crescono

Viviamo la prima fase di un piano che tende a controllare e reprimere qualsiasi dissenso e ribellione a livello globale?

L’ipotesi è niente affatto peregrina

 Che a volte si possano incontrare opinioni veritiere sugli accadimenti contemporanei sulla stampa cosiddetta alternativa è abbastanza verosimile ma che qualcosa che assomigli alla verità possa arrivare nelle nostre case uncensored e magari in prima serata, credetemi, è davvero raro.

Eppure, incredibile ma vero, di tanto in tanto qualche sussulto d’intelligenza riesce a farsi largo tra le menzogne sistematiche del mainstream media.

In particolare qui negli USA, dove i punti di vista realmente critici nei confronti dell’establishment vengono sistematicamente tenuti a distanza dai mass media e bollati come ‘minacce alla sicurezza nazionale’ o, come minimo, ‘antipatriottici’.

Per questo motivo sono rimasto piuttosto sorpreso nel sentire l’altro ieri la popolare conduttrice Rachel Maddow nel suo show del giovedì su MSNBC esprimersi molto criticamente nei confronti dei droni-killer che hanno avuto dal presidente la ‘licenza di uccidere’ qualsiasi persona – cittadini americani compresi – in qualsiasi parte del mondo.

Dubbi sulla legalità di questo sistema di killeraggio istituzionalizzato erano già stati sollevati nel novembre scorso sul New York Times da parte della direttrice di Amnesty International USA. Suzanne Nossel rilevava, infatti, come nel corso della prima amministrazione Obama si fosse manifestata una posizione sempre più permissiva nei confronti degli omicidi a distanza – condotti con aerei senza pilota – dove la presunzione d’innocenza – caratteristica del sistema giudiziario americano – era stata sostituita tout court dalla presunzione di colpevolezza.

Non solo; quest’argomento, che è evidentemente off-limits per la stampa a stelle e strisce, è stato ripreso anche dall’alto commissario ONU per i diritti umani, Navi Pillay, che ha affermato che gli attacchi con i droni “provocano uccisioni indiscriminate di civili e costituiscono una violazione dei diritti umani”.

Tutte accuse rimandate al mittente da Obama, che candidamente ha assicurato che gli attacchi con i droni “non provocano grosse perdite civili in quanto vengono tenuti sotto strettissimo controllo”.

Così i droni continuano quotidianamente a colpire – guidati da un militare comodamente seduto alla sua postazione in New Mexico o in Nevada – su tutti i quadranti dello scacchiere mondiale: in Afganistan, Pakistan, Yemen, Somalia e Filippine, uccidendo senza distinzione famiglie intere e vicini di casa dei bersagli designati. Ma si sa, sul monitor non si vedono bambini e donne macellati dai missili lanciati dai Predator.

In realtà fonti dell’amministrazione USA hanno ammesso con la stampa che – essendo i droni comandati a distanza e non potendo verificare da vicino certe situazioni – gli attacchi degli aerei senza pilota colpiscono anche degli innocenti che, ad esempio, vengono ‘travestiti’ da combattenti dai ribelli delle aree tribali pakistane proprio per sviare gli attacchi dei droni su bersagli creati ad arte.

Ma si sa, quelli sono ‘collateral damages’…

Anche la Pillay considera queste azioni di killeraggio ‘mirato’ come una palese infrazione al diritto internazionale, dato che “sono al di fuori di qualsiasi meccanismo di controllo civile o militare”. Soprattutto perché se il criterio di ‘uccisione a distanza’ può essere formalmente ed eticamente giustificabile in aree di guerra, riesce molto difficile estenderlo ad aree dove guerra non c’è.

Nel 2010 vi sono stati 122 attacchi di droni in Pakistan, 7 solo nei primi dieci giorni del 2013 e, come è noto, gli USA non sono in guerra con il Pakistan.

Ma a questo problema, diciamo così, formale, si è rimediato con il richiamo alla famosa strategia del ‘War on terror’ vale a dire della guerra al terrorismo.

Globale, dunque indipendente da territori o da Stati con i quali, evidentemente, non si è in guerra.

Torniamo ora alla Rachel Maddow; nella sua trasmissione la giornalista rileva il fatto che tutti sanno degli attacchi ma che le fonti istituzionali – quando vengono richieste dalla stampa di un commento ufficiale – ne parlano sempre con la formula “viene riportato questo o quell’attacco”, come se fossero altri a ordinarli.

Ora, dice la nostra anchorwoman, ciò rappresenta un contrasto abissale con le regole basilari della democrazia, e, rincarando la dose, aggiunge che il fatto che pur essendo risaputo che queste cose avvengono e che ciò nonostante il governo le possa negare “costituisce quanto di più orwelliano sia costretto a vivere il cittadino americano nel XXI secolo”.

Il governo americano non ha, infatti, a tutt’oggi ammesso pubblicamente l’esistenza di queste missioni killer; è il segreto di Pulcinella, tutti ne parlano ma non troverete una dichiarazione governativa che si assuma la responsabilità di tali missioni.

Ebbene, chi è l’architetto di questa ‘morte dal cielo’ che continua a seminare dolore e distruzione in giro per il mondo? Chi è la persona che riferisce direttamente al presidente e che per primo ha sostenuto che questo sistema di uccisioni a distanza è “saggio e legale”?

Udite, udite, è John Brennan, fresco di nomina a capo della CIA!

Il 30 aprile dello scorso anno Brennan affermava: “Non c’è alcun diritto internazionale che vieta l’uso di aerei telecomandati a tale scopo [di ‘terminare’ terroristi o presunti tali] o che ci vieta di usare la forza letale contro i nostri nemici al di fuori di un vero e proprio campo di battaglia, quantomeno quando il paese interessato acconsente o non è in grado o non vuole prendere posizione contro la minaccia”.

Ora, se è vero che Obama intende togliere alla CIA la responsabilità di questa guerra di sicari volanti, trasferendola direttamente all’esercito, quindi facendo compiere alla stessa un’escalation verso una sua aperta visibilità, come mai Brennan è stato nominato capo della CIA?

Elementare, Watson! Obama aveva bisogno di una CIA che accettasse di ‘perdere’ il giocattolo.

E con John Brennan il gioco è fatto!

Nei piani di questo presidente – di gran lunga il più aggressivo di ogni altro prima di lui – c’è dunque la volontà di portare il killeraggio dei droni su un piano diverso, non più di ‘covert-operation’ ma di aperte operazioni di guerra, con tutte le conseguenze strategiche e politiche del caso.

E, guarda caso, il Pentagono ha investito ben 32 miliardi di dollari per incrementare del 30% la sua flotta di 7500 droni; un altro regalo del nostro premio Nobel per la pace alle corporation delle armi!

Quello però che la nostra simpatica giornalista non dice – se lo facesse dovrebbe iniziare da subito a cercarsi un nuovo lavoro – è che tutto ciò sembra preludere ad uno scenario ben più drammaticamente orwelliano del semplice ‘si fa ma non si dice’, che potrebbe realizzarsi in un futuro prossimo anche all’interno dei confini degli Stati Uniti.

Dopo averli già usati per il pattugliamento del confine con il Messico, la recente approvazione da parte del Congresso di una legge che autorizza l’impiego di decine di migliaia di droni entro il 2020 – non solo all’estero ma entro i confini nazionali – con funzioni di prevenzione del crimine e di repressione, prefigura, infatti, un futuro da ‘Anno 1984’.bbe [sic – n.d.r.] realizzarsi in un futuro prossimo anche all’interno dei confini degli Stati Uniti.

Scenari di questo genere rendono allora sempre più verosimile l’ipotesi – niente affatto peregrina – secondo cui il ‘War on terror’ sia solo la prima fase di un piano che tende a controllare e reprimere qualsiasi dissenso e ribellione a livello globale, fuori e dentro i confini USA.

Piero Cammerinesi

 

Fonte

Il pupillo

By 

Antonella Serafini

Published: 16/01/2013Posted in: Editoriale

318041_10200469179960689_767365421_nArticolo a cura di Enrico Tagliaferro e Antonella Serafini

Sono in tanti a pensare che Ingroia sia il pupillo di Borsellino. Questo perchè? Magari perché lui stesso ha dimostrato più compiacimento che intenzione di apporre anche solo qualche modesta correzione, a detta definizione, quando negli ultimi anni gli è stata associata, sui vari mezzi d’informazione e comunicazione, in centinaia di occasioni: una ricerca su “Google” dell’accoppiata di parole “Ingroia andpupillo” fornisce circa 22.700 link a siti vari, uno più, uno meno .

Già il 21 maggio 1993, su Repubblica, si faceva specifico uso di quel termine, per creare distinzione fra Ingroia ed i suoi colleghi: “Dalla vigilia dell’ anniversario delle stragi di Capaci e di via D’ Amelio, quattro colleghi di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e Paolo Borsellino, rompono il silenzio. I quattro magistrati, Antonino Ingroia,il “pupillo” di Paolo Borsellino, Giacchino Natoli, Roberto Scarpinato e Guido Lo Forte, descrivono il clima di rinnovata unità all’ interno di quello che un tempo fu definito il “palazzo dei veleni” [ed anche “nido di serpenti”, definizione dello stesso Borsellino – ndr] ed indicano la strategia d’ attacco contro Cosa Nostra elaborata ed attuata in questi ultimi dodici mesi.”

Noi nutriamo seri dubbi sull’effettiva proprietà di questo sostantivo “pupillo”, nella definizione del rapporto tra Antonio Ingroia e Paolo Borsellino, dal momento che il modus operandi del magistrato nemico giurato di Cosa Nostra, differisce parecchio da quello del magistrato politico. Per ripristinare le cosiddette verità, in questo periodo, si è disposti a tutto, anche a crearne di nuove di zecca. Purchè si tenga il riflettore acceso… e così, il delfino di Borsellino, per spirito patriottico, si toglie la toga (ma solo temporaneamente, perchè è in aspettativa, metti che va male con la politica, la poltrona di magistrato se la tiene calda) e viene a fare le pulci al nostro Paese.

Un magistrato che ha fatto spendere alla procura di Palermo una valanga di euro per istruire processi imbastiti talvolta solo su sospetti (proprio stamani ne è stato archiviato uno che aveva visto l’NCIS di Ingroia riesumare e scandagliare la mummia settuagenaria del bandito Giuliano, che secondo il nostro pupillo era un impostore, e quando mai) , molti dei quali non possono che avere gratificato mafiosi come Riina, Madonia, Fidanzati ed altri (i quali, pizzicati e schiaffati in galera dal ROS dopo anni di latitanza, hanno potuto sedersi in poltrona ad assistere compiaciuti alle numerose persecuzioni giudiziarie in danno proprio ai loro nemici-cacciatori del ROS) , quanto può far comodo alla nostra politica? Ma facciamo un po’ noi, le pulci a questa sanguetta.

Il 15 luglio 1992 Borsellino al pomeriggio tardi è solo nel palazzo deserto con Ingroia, che se ne va per penultimo lasciando solo Borsellino nel palazzo deserto. Così si legge nelle sue biografie più autorizzate. Ma se passiamo poi alle testimonianze di Agnese Borsellino, scopriamo che Borsellino QUELLO STESSO GIORNO uscito da quel palazzo, torna a casa dalla moglie e gli dimostra grande sconforto ed inappetenza, a causa del fatto che, così come riferisce la vedova, al lavoro qualcuno gli aveva detto che un GENERALE DEI CARABINIERI, Subranni, era NIENTEMENO CHE “PUNGIUTU” (affiliato a Cosa Nostra con tanto di giuramento e”punzonatura”), e la cosa in Borsellino aveva provocato un grosso turbamento.

Quindi, i casi possono essere soltanto due: o la rivelazione proveniva dallo stesso Ingroia (che è la sola persona certa che ci risulti avere parlato con Borsellino nel palazzo CHE ERA DESERTO PERCHE’ ERA SANTA ROSALIA LA FESTA PATRONALE), oppure, seconda eventualità, altri fecero a Borsellino quella confidenza quel giorno, SENZA CHE EGLI PERO’ NE FACESSE PAROLA CON IL SUO PUPILLO prima di rientrare.

In buona sostanza, avrebbe raccontato alla moglie di essere sconvolto per una cosa enorme che gli era stata detta su Subranni, tacendo invece, nonostante l’intimità della circostanza che vedeva i due soli nel palazzo a causa della festività, la stessa informazione al suo pupillo che tra l’altro aveva invece competenza per ottenerla, essendo suo collega alla DDA.

Intorno al 25 giugno, Borsellino palesa un altro momento di sconforto ai magistrati RUSSO e CAMASSA rivelando che un amico lo aveva tradito. Idem come sopra. Fa tale rivelazione a due figure della procura per lui più marginali, mentre NON NE FA PAROLA CON IL SUO PUPILLO.

In un verbale del 3.5.2002 Agnese BORSELLINO riferisce di un incontro avvenuto il 29.06.1992 con il pm Fabio Salamone di Agrigento in questi termini: “Ricordo che il giorno del suo onomastico, fra i tanti che vennero a trovare Paolo per gli auguri, vi fu il magistrato di Agrigento Fabio Salamone. Rimasero nello studio in un colloquio riservato per circa tre ore. Ricordo solo che quando lo accompagnò sul pianerottolo gli sentii dire a Paolo: “io ti consiglio di andar via dalla Sicilia”. Nel salotto c’erano altre persone, fra cui Antonio Ingroia e i miei genitori. Antonio si era lamentato perché Paolo non l’aveva fatto entrare nello studio dove era già iniziato il colloquio con Salamone. Nulla so del contenuto di tale colloquio.” E nulla dovrebbe quindi saperne il pupillo di Borsellino, dal momento che il suo tutore morale lo lasciò alla porta.

Ma proseguiamo. Nel mese di giugno, secondo i PM che oggi accusano il ROS, Borsellino era venuto a conoscenza della trattativa stato-mafia e vi si opponeva, tanto che Cosa Nostra decide di “accelerare” il suo omicidio. Immagino avrete già compreso dove voglio arrivare: al suo pupillo, di una cosa così importante, non dice un bel niente. Per la verità, che intendesse opporsi ad una trattativa Borsellino pare non averlo proprio mai detto a nessuno, se non nelle visioni creative di qualche magistrato, e comunque men che meno al suo pupillo.

Ad un certo punto decide di riunirsi con i carabinieri nella caserma Carini, per parlare di “mafia e appalti.” Ma a quanto pare al suo pupillo si guarda bene di farne anche solo una parola.

Con quei carabinieri ci va quindi a cena, e la chiama, proprio Borsellino, “la cena degli onesti”. Naturalmente non c’è, a quella cena, il suo pupillo seduto al suo fianco.

Infine: Borsellino dice che rivelerà ai PM di Caltanissetta il movente e la ratio della strage di Capaci. Morirà prima di poterlo fare, ma neppure si può dire che, nonostante sapesse di dover morire, avesse intorno a lui qualche “pupillo” o “braccio destro” cui lasciare in eredità tale informazioni. Di fatto, non lo fa, e men che meno con Ingroia. Al tenente Canale, suo vero braccio destro, confiderà di avere l’intenzione di arrestare il procuratore Giammanco. Ma al tenente Canale, eh? Non certo al suo pupillo.

Pupillo sul dizionario italiano significa “prediletto”. Ora, è vero che se hai un figlio prediletto, cerchi di proteggerlo anche tacendogli delle informazioni. ma con un collega sostituto procuratore della Direzione Antimafia. è un po’ diverso. Se lo avesse considerato davvero il suo pupillo, qualcosina avrebbe dovuto dirglielo. Invece, scusate la volgarità, pare proprio che Borsellino al suo pupillo non volesse dirgli un cazzo.

Partendo dal presupposto che le coincidenze non esistono, noi ci domandiamo: è corretto o meno, ipotizzare che la persona che fece il nome di Subranni a Borsellino fosse proprio Ingroia, quel giorno di festa, al che, a seguito di ciò, Borsellino tornando a casa disse che aveva visto “la mafia in diretta” perchè qualcuno gli aveva raccontato che Subranni fosse punciutu e che questa cosa gli aveva tolto l’appetito e dato i conati di vomito, perché per lui “l’arma dei carabinieri era intoccabile”? La posizione di Ingroia, negli ultimi vent’anni, nei confronti dei comandi del ROS di Palermo di quel periodo, non è forse compatibile con quest’ipotesi, oppure è sempre stata decisamente amichevole e mai ostile? E ancora: potrebbe essere che quando Borsellino lamentava che un amico lo aveva tradito, non si riferisse proprio a Ingroia, che era suo collega e contiguo da un certo tempo anche in altre procure, ma con cui si rifiutò di trascorrere il week-end al mare pur sapendo che a Palermo aveva le ore contate?

Ed ultima domanda: perchè mai Riina dovrebbe mai avercela con chi l’ha arrestato? E come mai Ingroia e Riina se la prendono spesso con le stesse persone?

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L’AMERICA SI INTERROGA SUL RIMPATRIO DELL’ORO TEDESCO. NOI CI INTERROGHIAMO SUL FATTO CHE IL GOVERNO USA QUESTO MESE NON HA PAGATO IL FONDO PENSIONE DEGLI STATALI

Ieri sera, con una buona giornata di ritardo rispetto al ” Corriere della Collera” la catena televisiva CNBC  dava notizia dell’ordine di rimpaterio dell’oro tedesco e, nel titolo,  si chiedeva se fosse il caso di preoccuparsi. Hanno due notizie in più: da Londra sono già stati ritirati 2/3 dei lingotti in ottobre e anche Hong Kong lo ha fatto anni fa..

Per parte nostra, siamo preoccupati della notizia apparsa su “Le Figaro” di stamattina secondo cui il governo americano non ha versato il dovuto alla cassa pensioni dei dipendenti federali, spiegando il fatto con l’obbligo di non dover superare il tetto di sppesa consentito dal Congresso che è di 16.394 miliardi di dollari. ( sedicimilatrecentonovantaquattro miliardi di dollari USA). L’altro anno successo col rinnovo dei Bond cinesi.

Dal punto di vista tecnico, l’operazione si compie evitando di rinnovare a scadenza le obbligazioni che finanziano i pagamenti alla cassa pensioni, in maniera da finanziare con questa capienza altre più impellenti e non rinviabili esigenze.

In altre parole, i fondi per la guerra ci sono e quelli per la pensione ( magari alla vedova) di  un ufficiale che combatte questa – o altra – guerra, no.

fornisco  qui il link della notizia CNBC per coloro che siano familiiari con la lingua inglese.  vale la pena leggersi il pezzo per vedere come i maggiori soloni del mondo ( es. Bill Gross il CEO della PIMCO) interpellati hanno detto delle banali avvietà, oppure ripetuto quel che avevo già detto io, usando il buon senso,  dopo dieci minut di riflessione mentre guidavo l’auto verso l’ufficio.

La ragione di questo stallo finanziario USA  è che mentre il governo cerca di ottenere dal Congresso l’autorizzazione ad aumentare il plafond massimo del debito consentito, i repubblicani – che controllano la camera bassa – si oppongono a meno che non siano varati contemporaneamente  una serie di  importanti tagli al bilancio.

Da noi, in assenza di una opposizione decente, tutti PARLANO di tagli alle spese ( meglio sarebbe dire agli sprechi), ma quando i giornalisti li interrogano chiedendo l dettagli,  fanno i vaghi e , dopo otto secondi otto , passano a parlare di come si potrebbe sviluppare il paese investendo miliardi di qua e di la.

Non vogliono capire che le vigna  è già stata abbondantemente vendemmiata anche qui da noi.

P.S. per coloro che desiderassero conoscere tutta la vicenda dell’oro tedesco , consiglio i post ( due: uno al mattino 6,54 e uno alla sera 18,33) del 24 ottobre scorso e naturalmente  quello di ieri.

http://corrieredellacollera.com/2013/01/16/lamerica-si-interroga-sul-rimpatrio-delloro-tedesco-noi-ci-interroghiamo-sul-fatto-che-il-governo-usa-questo-mese-non-ha-pagato-il-fondo-pensione-degli-statali-di-antonio-de-martini/

 

video eccezionale imperdibile – Perché hanno montato l’Europa?

Monia Benini mette in luce il delirio di Monti e la  ideologia schiavista dogmatica europeista.

Il video parte proprio dal senso di democrazia caro a Monti e la lotta notav….

 Descrizione video

 L’Europa delle banche e l’annientamento della sovranità popolare, attraverso gli scritti di Mario Monti. Perché ci stanno rendendo servi dell’idea di “Europa a ogni costo”? Per salvare le banche. E allora osiamo immaginare una nuova Europa, fatta di popoli sovrani che cooperano e collaborano. Pretendiamo di mandare al diavolo l’Europa della grande finanza e lavoriamo per dare un futuro al nostro paese e a noi stessi.

Sel e lista civica sbloccano l’iter per il terzo valico

16 gennaio 2013

Genova, la Tav diventa arancione

 

Genova RASSEGNA STAMPA

 

Sel e lista civica sbloccano l’iter per il terzo valico

 

E’ bastata la promessa di una compensazione al quartiere per convincere Sel e gli “arancioni” della lista Doria a votare sì su uno degli snodi del Terzo Valico, la tav genovese. Ieri sera a palazzo Tursi è stato deciso quali saranno le cave destinate ad accogliere lo smarino (il detrito dei lavori di scavo). Si tratta di tre cave in val Chiaravagna e lo scempio viene presentato come un recupero «atteso da decenni».

Regista dell’operazione il vicesindaco del Pd Stefano Bernini. Il suo partito, già dall’estate, aveva iniziato un pressing sul sindaco proprio sulla questione delle Grandi opere (l’altra è la mostruosa Gronda autostradale). In sostanza veniva detto, nello stile consueto dei democratici, di scaricare l’Idv, imbarcare l’Udc per aprire quei cantieri sulla pelle di chi ci abita intorno. La lista Doria s’è accontentata di qualche emendamento per aggiungere controlli e prevedere una serie di compensazioni al quartiere. In cambio ha votato compatta (astenuto solo il capogruppo Enrico Pignone) la delibera rimasta in sospeso prima di Natale, quando era stato fatto mancare il numero legale. Anche Sel non ha voluto perdere l’occasione di sostenere la maggioranza.

Così l’emendamento presentato dal Movimento Cinque Stelle, che chiedeva di sospendere la pratica, è stato bocciato, passa invece la delibera con 31 voti a favore. Contrario solo Antonio Bruno, della Federazione della Sinistra, mentre i grillini hanno lasciato l’aula dicendo «Quando si parla di salute non c’è compensazione che tenga». Questo perché l’ smarino del terzo valico è velenoso come quello della Val Susa: milioni di metri cubi di terra, roccia, amianto e additivi “schiumogeni” stabilizzanti. Da cento a duecentomila camion che viaggerebbero per anni, a tutte le ore, giorno e notte. Che l’amianto ci sia è testimoniato dalle varie delibere di approvazione del Terzo Valico così come la pericolosità degli additivi stabilizzanti.

Totalmente contraria la cittadinanza della Val Chiaravagna che ha sempre definito «inaccettabile definire recupero ambientale il deposito di smarino nella ex cava “Vecchie Fornaci”: l’intervento cancellerebbe il seppur faticoso processo di rinverdimento naturalmente avviato anni fa con l’abbandono dell’estrazione e pregiudicherebbe l’esistenza stessa del Parco Urbano del Monte Gazzo». Anche la gradonatura prospettata per le cave Gneo e Giunchetto «mette in dubbio il ritorno del verde ma soprattutto la sicurezza idrogeologica», secondo l’Associazione Amici del Chiaravagna Onlus. Vengono formulate domande precise e inquietanti: «Come garantire in tempo reale il controllo sulla natura dei materiali in transito e sulle acque essendo parte delle aree della zona ricche di fibra d’amianto? Cosa verrà poi realizzato negli ampi piazzali che resteranno disponibili dopo l’esaurimento delle cave e quali impieghi avrà il deposito di smarino prospettato per la base della discarica di Scarpino?».

Il Pd ha la maggioranza relativa a Tursi, il municipio genovese, ma Doria potrebbe avere una maggioranza più di sinistra potendo contare, ipoteticamente, su Sel, sulla lista a suo nome che ha eletto esponenti dei movimenti cittadini, sull’anomala Idv locale (divisa tra persone che vengono da sinistra e quelle al seguito del potente leader di un sindacato di polizia tutt’altro che di sinistra), oltre alla Fds.

Doria è stato eletto sull’onda dell’entusiasmo per una nuova politica sul territorio ma il suo programma sulle Grandi opere lascia dubbi fin dall’inizio. Cosa accadrà ora che si dovrà parlare di Gronda, Piano Urbanistico Comunale, inceneritore/ gassificatore, rispetto del referendum in merito all’eliminazione della remunerazione del capitale investito nella bolletta?

Se, come il grigio, anche l’arancione ha cinquanta sfumature, quello di Doria sembra proprio tendente al grigio.

 

Checchino Antonini

16/01/2013