Gli Stati Uniti preparano un’azione militare in Bolivia

GENNAIO 23, 2013

Nil Nikandrov, Strategic Culture Foundation 22/01/2013

boliviaLo scandalo del ‘team scientifico degli Stati Uniti’ è scoppiato, nonostante i tentativi dell’ambasciata degli Stati Uniti in Bolivia per metterlo a tacere. Nel giugno 2012, un team di circa 50 specialisti era arrivato nel Paese apparentemente per studiare gli effetti negativi dell’alta quota sugli esseri umani e sulla loro possibilità di un rapido recupero delle capacità di combattimento. Per evitare di attirare l’attenzione, gli statunitensi avevano dei visti turistici e attraversarono in piccoli gruppi il controllo delle frontiere. Un gruppo di questi specialisti si recò nella zona di Yungas, e un altro gruppo alle pendici del monte Chacaltaya. Delle escursioni ‘turistiche’ furono compiute nelle zone di confine con il Perù e il Cile.
Le attività della spedizione continuarono per alcuni mesi. Solo dopo una serie di articoli nei media statunitensi le autorità boliviane iniziarono ad indagare. Il Vicepresidente Alvaro Garcia aveva dichiarato che le attività degli ‘studiosi’ statunitensi nel Paese erano assai dubbie. Inizialmente, assicurarono che indagavano sui problemi di adattamento umano alle alte quote. Poi  annunciarono che gli esperimenti venivano effettuati nell’interesse delle truppe degli Stati Uniti/NATO in Afghanistan. Ecco, più di dieci anni di guerra contro i talebani, con i termini per il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan che si avvicinano, e il Pentagono si ricorda improvvisamente del problema ‘delle alte quote’! Naturalmente, dopo queste spiegazioni confuse, si fece l’ipotesi che non tutti questi statunitensi fossero scienziati.
Ufficialmente, la spedizione era guidata da Robert Roach dell’Università del Colorado, ma in realtà, il ‘gruppo di ricerca’ era subordinato a ufficiali dei servizi segreti militari statunitensi (Defense Intelligence Agency – DIA) … In Bolivia, il loro lavoro era coordinato dall’attaché militare dell’ambasciata degli Stati Uniti. Il col. Mathes Patrick e il suo personale fornirono la copertura operativa. 4 milioni di dollari di fondi furono stanziati dalla DIA del Pentagono per le spedizioni scientifiche e le attività di intelligence. Effettuare simili operazioni senza l’autorizzazione formale del paese ospitante è una aperta sfida per dimostrare disprezzo per le leggi della Bolivia e la sua leadership.
Secondo il Vicepresidente Garcia, si tratta di un “aggressione alla sovranità del Paese, e della preparazione di un attacco militare contro la Bolivia.” Tale dichiarazione ha un fondamento. Al primo segnale dello scandalo, Mathes ha lasciato la Bolivia e il colonnello Dennis Fiemeyer è divenuto l’attaché militare. E’ considerato uno dei maggiori esperti del Pentagono sul Sud America. In precedenza ha lavorato in Paraguay e Perù, ed è consapevole dell’equilibrio di potere nella regione, della strategia della Bolivia per avere l’accesso all’Oceano Pacifico, dello stato attuale delle forze armate boliviane e delle loro capacità di difesa. L’esercito statunitense attribuisce importanza nel monitorare costantemente i sentimenti nell’esercito, nel reclutare agenti ed utilizzare ‘dissidenti’ per destabilizzare e rovesciare ‘il regime di Morales’. “Il governo degli Stati Uniti ha abusato della nostra fiducia e generosità“, ha detto il Vicepresidente della Bolivia. “Questo è un segnale molto negativo, sullo sfondo dei tentativi di ripristinare delle piene relazioni diplomatiche tra i due paesi. Non possiamo restare indifferenti di fronte a questa aggressione. Abbiamo il diritto di adottare misure per evitare che una cosa del genere accada di nuovo. L’esecutivo intende mantenere sotto costante sorveglianza tutte le azioni dei rappresentanti del Nord America in Bolivia”.
L’ambasciata degli Stati Uniti è ostile fin dall’inizio al presidente indiano Evo Morales, e ha cercato di impedirne l’ascesa al potere nel 2006 e la rielezione alla presidenza nel 2010. Per sbarazzarsi di Morales, e rimettere la Bolivia sotto il controllo di Washington, i servizi segreti degli Stati Uniti hanno usato ogni opportunità per condurre una ‘guerra segreta indiscriminata’ tra cui la direzione di gruppi terroristici. I terroristi superstiti e i loro complici sono poi fuggiti dalla Bolivia negli Stati Uniti. Lungo i confini con la Bolivia, il Comando Sud degli Stati Uniti ha stabilito basi militari a Iquitos (Perù), Concon (Cile) e Mariscal Estigarribia (Paraguay). L’attuale presidente del Paraguay Federico Franco, salito al potere con un complotto sostenuto dagli USA, coopera con il Pentagono e agisce da nemico coerente del processo d’integrazione del continente perseguito dai paesi dell’ALBA, l’Alleanza Bolivariana per i popoli dell’America Latina.
Il Paraguay è considerato dal Pentagono una base importante da cui avviare la destabilizzazione della Bolivia. Per questo motivo, una campagna di informazione e propaganda è stata lanciata in Paraguay “per allertare contro l’esportazione della rivoluzione bolivariana” in Paraguay. Gli analisti politici non escludono che la ‘risposta adeguata’ del regime fantoccio del Paraguay agli ‘atti ostili di Morales’ possano portare all’attuazione ‘dello scenario siriano’. La Bolivia è considerata dagli analisti dei servizi segreti degli Stati Uniti un punto debole del blocco per l’integrazione ALBA.
Tendenze separatiste nelle regioni pianeggianti della Bolivia persistono. L’insoddisfazione delle élites tradizionali  diventa sempre più radicale, perché scontente che il Paese a maggioranza indiana sia governato da ‘marxisti’ che imitano le esperienze di Cuba e del Venezuela. Gli episodi di corruzione che hanno coinvolto funzionari governativi sono stati gonfiati dai media, compromettendo gli aspetti positivi che Evo Morales e i suoi collaboratori hanno ottenuto durante la presidenza. Il conflitto nelle relazioni tra gli indiani e le popolazioni bianche rimane e viene usato dai servizi segreti degli Stati Uniti per rafforzare le posizioni dell’opposizione. Washington esprime sempre le stesse lamentele su Morales:  mantenimento di relazioni amichevoli con l’Iran, rafforzamento dei legami, anche militari, con la Cina, e non aver fatto abbastanza nella lotta contro i cartelli della droga.
Dopo quattro anni di assenza dell’ambasciatore statunitense da La Paz, un raggio di speranza era finalmente spuntato diretto alla normalizzazione delle relazioni bilaterali. Washington aveva annunciato la sua intenzione di inviare il diplomatico James Nealon in Bolivia, che ha trenta anni di esperienza di lavoro nel dipartimento di Stato. L’ultimo ambasciatore degli Stati Uniti era Philip Goldberg, che nel settembre 2008 fu dichiarato persona non gradita dal Ministero degli Esteri boliviano, per aver avuto contatti con i separatisti e per il finanziamento delle attività sovversive delle organizzazioni non governative. Goldberg ha cospirato quasi apertamente, confidando nel fatto che la leadership boliviana non avrebbe osato toccarlo. Ma ha dovuto fare i bagagli in fretta. Anche perché Goldberg, quando parlava ad alcuni colleghi occidentali del corpo diplomatico, si scatenava in insulti razzisti contro Morales. I boliviani hanno imparato da quell’evento.
Prima di arrivare in Bolivia, Goldberg aveva la reputazione di specialista nel ‘rovesciamento di regimi ostili’, che non aveva smentito. La Paz ora intende condurre uno studio approfondito della vita diplomatica di Nealon, per eventuali ‘contraddizioni’ e per vedere se ci sono prove del suo coinvolgimento in operazioni sovversive in America Latina. La decisione sarà presa sulla base dei risultati dell’inchiesta. Al momento, l’unico materiale che comprometterebbe lo statunitense è una pubblicazione su WikiLeaks: in un documento di analisi inviato al dipartimento di Stato da Lima, Nealon definisce  Evo Morales presidente anti-sistema e prevedeva un impatto negativo della sua politica radicale sul progresso economico del Perù e la popolazione indiana di quel paese. Nealon ha anche osservato che Morales ‘adottava misure’ per destabilizzare il governo leale agli Stati Uniti del presidente peruviano Alan Garcia, cercando il sostegno dei ‘regimi radicali’ di Venezuela ed Ecuador. Quindi, in termini di interessi nazionali statunitensi, l’interpretazione di Nealon è che Morales sia un personaggio estremamente pericoloso. Che tipo di obiettività ci si può aspettare da questo statunitense, se dovesse arrivare a La Paz? Tra l’altro, risultano pochi dati relativi a Nealon suWikileaks. È un diplomatico esperto che ha lavorato in Cile, Uruguay, Perù e Canada, ma non viene menzionato in corrispondenza regolare con il dipartimento di Stato. Ciò suggerisce una conclusione: Nealon ha lavorato per un altro ufficio, la CIA.
L’impressione è che la leadership boliviana non sia troppo interessata alla presenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti a La Paz. I timori di Morales e della sua squadra sono comprensibili. La Bolivia è sottoposta a complessi attacchi destabilizzanti nei fronti interni ed esterni. Nel paese una ‘quinta colonna’ si è di recente consolidata. Il governo ha annunciato l’intenzione di verificare la legittimità delle operazioni di 22 organizzazioni non governative, la fonte delle loro finanze e la conformità delle loro vere attività con i rispettivi statuti. L’opposizione mostra apertamente i suoi rapporti con l’ambasciata degli Stati Uniti. Al recente congresso del partito “Movimento senza paura” (MSM), Geoffrey Schadrack, il capo della CIA nel paese e consigliere politico all’ambasciata degli Stati Uniti, era stato invitato. Il MSM si presenta quale partito della destra conservatrice che si oppone al governo del MAS.
La Bolivia ha difficoltà nelle sue relazioni con i paesi vicini, Paraguay, Perù e Cile. Rivendicazioni concorrenti, situazioni di conflitto e accuse di ‘gioco sporco’ persistono. Washington con coerenza e competenza pone un cuneo conflittuale nella regione. Particolare attenzione viene rivolta alla questione indiana e all”incitamento’ della Bolivia nei tentativi di ‘rivoluzionare’ i movimenti indiani di questo paese. Ciò crea le condizioni per un futuro conflitto. L’imputato principale è già noto.

É gradita la ripubblicazione con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

 

REDDITOMETRO 2013 ILLEGITIMO, PARTE IL RICORSO

 

Il redditometro 2013 sarebbe incostituzionale nonché contrario allo Statuto del contribuente. Arrivano i primi dubbi di legittimità costituzionale del nuovo strumento di accertamento sintetico del reddito e i primi ricorsi da parte dell’Adusbef, l’associazione di consumatori.

Redditometro 2013: le critiche di Adusbef

Ad avanzare questi dubbi di legittimità sul nuovo redditometro 2013 è stata l’Adusbef, l’associazione in difesa dei diritti dei consumatori che pone in luce come il nuovo redditometro viola gli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione e dello Statuto dei diritti del contribuente. 

Onere della prova a carico del contribuente? E’ sbagliato

Le critiche mosse al  nuovo redditometro  riguardano innanzitutto il fatto che pone a carico del cittadino contribuente l’onere della prova per discolparsi e giustificarsi da eventuali spese fatte eccedendo il reddito dichiarato del 20%. “In qualsiasi civiltà giuridica dovrebbe essere posto (l’onere della prova) in capo all’amministrazione pubblica, la quale dispone di strumenti invasivi e di accesso ai conti correnti bancari e postali, non c’entra nulla con la lotta all’evasione, assomigliando a uno strumento coercitivo teso a terrorizzare i contribuenti onesti piuttosto che gli evasori” sottolinea l’Adusbef. Il presidente Lannutti ha affermato che “Numerose pronunce consolidate di Cassazione (l’ultima n. 23/554 del 2012 depositata il 20 dicembre scorso), che fornisce nuovi chiarimenti sui controlli fiscali del nuovo redditometro, hanno stabilito che in merito al redditometro, è il Fisco a dover provare l’incoerenza del reddito in ordine alla presunzione semplice dell’accertamento sintetico, essendo lo stesso redditometro uno strumento di accertamento sintetico che permette al Fisco di formulare solo una presunzione semplice non una presunzione legale, e quindi non può scaricare l’onere della prova sulle spalle del contribuente, stabilendo la Corte che non è il contribuente a doversi difendere sulla base dell’accertamento da redditometro, come previsto dalla nuova legge, ma è il Fisco a dover provare l’incompatibilità del reddito dichiarato con spese effettuate e tenore di vita”. L’associazione in questione ricorda come la lotta all’evasione fiscale nel nostro sistema può già contare sui numerosi strumenti di cui dispone l’Agenzia delle Entrate e sulle nuove norme introdotte da Governo, dal controllo dei conti correnti bancari e postali  ai vari archivi informatici in possesso del Fisco in base ai quali si possono incrociare i dati dichiarati e quelli relativi alle spese realmente sostenute, con gli stessi conti correnti bancari. “E’ solo un’inutile vessazione addossare l’onere della prova sulle spalle dei contribuenti, se l’amministrazione finanziaria già dispone tutte le informazioni.

Redditometro retroattivo

Altro profilo di incostituzionalità che presenta il nuovo redditometro 2013 concerne il fatto che il calcolo redditometro si effettua per redditi  risalenti al 2009. L’articolo 1, primo comma, del decreto ministeriale sul redditometro 2013 afferma che le disposizioni ivi contenute trovano applicazione per la determinazione sintetica dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009. Ciò  comporta la  retroattività del nuovo strumento di accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche, in contrasto con quanto affermato nell’articolo 3, primo comma, della legge n. 212/2000, in base al quale le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo.

Primi ricorsi contro il redditometro

Sulla base di questa critiche, l’associazione dei consumatori Adusbef ha dato mandato ai propri legali di impugnare il decreto ministeriale sul nuovo redditometro 2013, poiché affetto da rilevanti vizi di illegittimità, anche di ordine costituzionale, “che invece di contribuire alla lotta all’evasione e all’elusione fiscale” – afferma il Presidente – “ sta ottenendo l’effetto di un ulteriore risentimento dei contribuenti onesti, spesso perseguitati, verso il Fisco e un vero e proprio Stato di polizia fiscale”.

Fonte:http://www.investireoggi.it/fisco/redditometro-2013-illegittimo-parte-il-ricorso/#ixzz2IUtp4dU2

http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/article-redditometro-2013-illegitimo-parte-il-ricorso-114547324.html

http://www.informarexresistere.fr/2013/01/20/redditometro-2013-illegitimo-parte-il-ricorso/#axzz2Ic3Lv45x

 

RIMBORSO IMU/ Ecco come fare per recuperare l’intero maltolto versato nel 2012

Notizie – Italia

Scritto da Viviana Pizzi

Mercoledì 23 Gennaio 2013 

È la tassa più odiata dagli italiani, quella che al 50% della popolazione ha tolto la possibilità di festeggiare un Natale dignitoso. Ci sono famiglie che hanno pagato fino a 1.400 euro. Ora però arriva una novità che riguarda la possibilità di richiedere il rimborso per quanto versato alle casse dello Stato nell’arco del 2012. La motivazione risiede nell’incostituzionalità dell’Imu, certificata anche dall’UE. Risultato: i cittadini italiani potrebbero recuperare miliardi di euro. All’interno dell’articolo abbiamo inserito la possibilità di scaricare in formato pdf il modello per il rimborso dell’Imu.

 

di Viviana Pizzi

IL PERCORSO PER RECUPERARE IL DENARO

L’Imu è un’imposta municipale propria. Ed è proprio per questo motivo che le richieste di rimborso vanno presentate al Comune dove l’immobile per cui si è pagato è ubicato e deve essere corredata di ricevute di pagamento.

Per completare la domanda non bisogna recarsi da nessun consulente o associazione di categoria, perché può essere scaricata gratuitamente da qui ed essere compilata senza spendere alcuna forma di denaro. Il modello è conforme in base a quanto previsto dall’articolo 6 al comma 3 dello statuto del contribuente.

Esiste naturalmente un termine entro il quale bisogna presentare le domande ed è fissato entro il 28 febbraio 2013.

C’è  tuttavia il rischio che il Comune di competenza non dia alcuna risposta all’istanza di rimborso. Così come avviene sul versante giudiziario si può proporre appello alla Commissione Tributaria Provinciale evidenziando le ragioni di incostituzionalità dell’odiosa imposta varata dal Governo Monti.

Il procedimento va avanti anche  chiedendo la remissione degli atti alla Corte Costituzionale. Successivamente se una delle Sezioni di Commissioni Tributarie italiane verifica la fondatezza e la rilevanza della questione di costituzionalità proposta rimetta gli atti alla Corte Costituzionale che sarà tenuta ad esaminarla e pronunciarsi.

I contribuenti interessati potranno chiedere e ottenere il rimborso di quanto pagato soltanto se l’imposta verrà dichiarata anticostituzionale.

 

LE MOTIVAZIONI DEL RICORSO

rimborso_imu_come_fareIl rimborso è dovuto soltanto se la quota Imu è superiore a dodici euro. L’unica motivazione che spinge a ottenerlo è proprio l’incostituzionalità della norma.

Tutto questo deriva dall’applicazione imposta dal decreto legge 201/ 2011 in merito alla crescita dei conti pubblici in una particolare situazione di crisi.

Quali sono i vizi contestati all’Imu? Hanno origine e derivazione dalla scelta di sviluppo della sua base imponibile che si identifica nei valori immobiliari rivalutati di colpo e di imperio in forma lineare.

Secondo l’applicazione del decreto legge non hanno alcun collegamento con i valori economici reali sottostanti ed in più senza flessibilità nella previsione di criteri correttivi successivi.  

Una flessibilità che sarebbe necessaria proprio per la caratteristica principale dell’imposta Imu che è e resta una patrimoniale permanente.

Nella meccanica della valutazione dell’Imu risiede anche l’errore iniziale della moltiplicazione della tassa che si amplifica proprio con l’avanzare della crisi. Ridotta in termini poveri lo sbaglio è quantificato con l’aumento esponenziale della tassa imposta proprio quando le casse dello Stato sono più vuote. Naturalmente proprio quando il cittadino, schiacciato dagli effetti della crisi (disoccupazione, pil in calo ecc) si trova a dover pagare un ‘imposta che rischia anche di quintuplicarsi.

Un altro errore del calcolo del valore dell’Imu è riferito ai valori immobiliari. Questi ultimi infatti scendono però il debito che deriva dalla tassa è sempre uguale.

Il principio anticostituzionale della tassa è riferito proprio alla incapacità dei più poveri a far fronte a questa tassa evidenziando la diseguaglianza sociale.

Un esempio pratico: l’Imu viene calcolata soltanto in base al valore della casa senza tener conto delle effettive capacità del proprietario di pagarla o meno. Due case di cento metri quadrati possono essere infatti possedute sia da un impiegato statale con stipendio fisso e quindi in grado di far fronte alla spesa, sia a un disoccupato che magarti ha ereditato l’immobile da parenti defunti.

Nel secondo caso, in contrasto con quanto impone la Costituzione, si toglie al secondo il diritto di poter disporre del proprio bene mettendolo in condizione (in caso di indigenza) di disfarsene.

È questo un assurdo ulteriormente incostituzionale perché da una parte la Costituzione favorisce l’accesso alla “proprietà dell’abitazione” e “tutela il risparmio”, dall’altra parte l’Imu va in direzione radicalmente opposta: non favorisce l’accesso ma il decesso della proprietà dell’abitazione, non tutela ma attenta alla base stessa del risparmio.

 

QUANTO INCASSATO DALLO STATO E QUANTO SI POTREBBE RECUPERARE

In totale lo Stato dal pagamento dell’Imu ha incassato 24 miliardi di euro. Tre solamente dal pagamento delle imposte sulla prima casa.

Una richiesta totale o parziale di rimborso dell’imposta potrebbe portare anche al recupero di metà di questi fondi.  Cosa che di certo aumenterebbe il debito pubblico dell’Italia di qualche miliardo di euro ma che di fatto sarebbe ininfluente visto che ormai alla fine del 2012 è stata superata la soglia dei duemilamiliardi.

Per ogni cittadino però recuperare il denaro speso potrebbe significare però rientrare in possesso di quella fonte necessaria per una vita dignitosa. Per ora non si hanno ancora stime ufficiali di quanti cittadini abbiano finora presentato la domanda. Fino al 28 febbraio, data di scadenza, il numero però è destinato ad aumentare in maniera vertiginosa.

E nel caso in cui la Corte Costituzionale ritenga fondati i motivi di ricorso dei cittadini questo significherebbe una sola cosa per il Governo Monti: un altro fallimento, un’altra legge sbagliata dopo quella sul lavoro. Chi ne paga le conseguenze? Come al solito i cittadini.

SCARICA IL MODELLO RIMBORSO IMU – CLICCA QUI

 

DECRETO RIFIUTI/ Ennesima porcata: Tares da pagare subito e munnezza pericolosa in discarica

Notizie – Italia

Scritto da Carmine Gazzanni

Mercoledì 23 Gennaio 2013 

Ieri, sebbene nessuno ne parli, è stato approvato l’ultimo decreto del governo Monti, quello sulla gestione rifiuti. Un incredibile mix di bufale e inspiegabili deroghe, alcune delle quali in palese contrasto con altri decreti (approvati sempre da Monti) che vietano proprio i rinnovi delle gestioni commissariali. Ecco l’analisi dettagliata del nuovo decreto-mostro. Dalla bufala del pagamento della Tares a luglio (solo una marchetta elettorale), alla proroga per sversare rifiuti speciali nelle discaricheNonostante, incredibile ma vero, il divieto risalga addirittura al 2003.

 

di Carmine Gazzanni

 

Era da tempo che i ministri tecnici ci lavoravano. Alla fine, con 325 sì, 60 astenuti e 12 no, è giunto in porto soltanto ieri. Questo è il risultato dell’ultimo provvedimento del governo Monti. Stiamo parlando del testo sulla gestione rifiuti. Un decreto, dunque, che, vista la situazione di tante drammatiche realtà ambientali e visto il fatto che in questo provvedimento si parla anche di Tares, riveste un’importanza di prim’ordine. Peccato, però, che non sono poche le norme che lasciano sconcertati. A partire proprio dalla trovata elettorale sulla Tares (che non porterà alcun beneficio per i cittadini, anzi li inguaierà ulteriormente) fino alle proroghe contra-legem sulle gestioni commissariali e anche sullo sversamento di rifiuti speciali nelle discariche(nonostante il divieto risalga per legge al 2003).

 

LA TARES SI PAGA A LUGLIO? SÌ, MA IL DOPPIO Tutti i grandi media, presi dalla teatrale campagna elettorale che stiamo vivendo in questi giorni, preferiscono dedicare semplicemente un trafiletto al decreto. Giusto il tempo di scrivere  e gioire per l’umanità dimostrata dall’esecutivo: i ministri tecnici, infatti, proprio tramite il testo approvato definitivamente ieri, hanno fatto slittare il pagamento della Tares al mese di luglio. Bene, si dirà. Non è così scontato, però.

Innanzitutto ricordiamo cosa sia questa nuova imposta. La Tares, in poche parole, è una versione decisamente più esosa della vecchia Tarsu, dato che sarà abbinata anche alla TIA1ovvero i costi per tenere pulite le zone urbane, i giardinetti pubblici e tutte le aree verdi limitrofi- e la TIA 2 –la tassa necessaria per pagare i costi di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Insomma, la Tares si preannuncia protagonista assoluta del nuovo anno. Così come l’Imu lo è stato per il 2012.

Torniamo ora al decreto approvato ieri. È vero: con l’approvazione di ieri la prima rata della Tares verrà pagata a luglio e non più ad aprile come previsto in un primo momento. Ma siamo sicuri che sia una notizia positiva? A ben vedere no. Quella che sembrerebbe una notizia che fa tirare un sospiro di sollievo, in realtà è semplicemente una “marchetta”, come l’ha definita il parlamentare Idv Francesco Barbato, una trovata elettorale che, nei fatti, non comporta alcun beneficio per il cittadino. Anzi, se vogliamo lo inguaia ulteriormente. Insomma, dietro c’è il trucco.

Ragioniamo. Sì, il Parlamento ha spostato il pagamento della prima rata a luglio. E poi? Cosa succederà? “Mica gli italiani – ha osservato ancora Barbato intervenendo in Aula – non pagheranno la prima rata che scade a luglio, ma ne pagheranno una a doppio, a luglio, quella del primo trimestre più il secondo trimestre, e chi campa con una pensione di 400 euro non so proprio come farà!”. In altre parole, spostandola a luglio, la prima rata sarà molto vicina alla secondaErgoi cittadini si troveranno a pagare due rate della Tares in un tempo estremamente ridotto. Nessuna dilazione effettiva, dunque. Niente di niente. Semplicemente una trovata elettorale: in questo modo i cittadini potranno andare al voto meno con il portafoglio più pieno, particolare che, soprattutto in questo periodo, potrebbe incidere e non poco sul voto.

Nei fatti, però, come detto, non cambia nulla per le tasche degli italiani. Anzi, a luglio arriverà una vera e propria batosta dato che, nel giro di poco tempo, si assommeranno ben due rate della Tares.

 

decreto_rifiuti_monti_pdPROROGA N.1: LO STRANO CONCETTO DI EMERGENZA DEI TECNICI – Deroghe su deroghe su deroghe. In sintesi, questo è quanto previsto dal decreto legge. Il governo ha deciso di prorogare praticamente qualsiasi cosa. In alcuni casi, però, è difficile comprendere il motivo di tali scelte.

Prendiamo la decisione di prorogare il cosiddetto “regime temporaneo” in Campania. In vigore dal 2010, tale regime prevede che le funzioni di gestione per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani sia affidato alle province. Ai comuni, invece, spettano solo le funzioni di raccolta, spezzamento e trasporto, oltre a quelle di smaltimento o recupero dei rifiuti della raccolta differenziata. La legge stabiliva il passaggio dal regime speciale delle competenze a quello ordinario a partire proprio dal dieci gennaio 2013. Ecco il punto: due settimane dopo questa data – e dunque a regime straordinario già scaduto – si è introdotta una norma transitoria che prolunga fino al 30 giugno 2013 il regime speciale. Solo dal primo luglio, quindi, ai comuni – compresi quelli già ora virtuosi – tornerà l’organizzazione e la gestione dei servizi concernenti i rifiuti urbani, con la riscossione dei relativi tributi. Insomma, anche i comuni virtuosi si troveranno ad essere ancora “commissariati”, dato che la gestione dei rifiuti verrà mantenuta dalle province. E qui allora la domanda: a cosa serve mantenere, almeno per alcune realtà, una situazione d’emergenza pur non essendocene alcun motivo? Come ha denunciato Antonio Borghesi, “qui si è fatta una norma per colpire tutti, parificando i comuni virtuosi a quelli inadempienti. È una misura irragionevole, una misura contraddittoria rispetto proprio alla finalità del superamento dell’emergenza”.

 

PROROGA N.2: SE LA NORMA DI MONTI VA CONTRO UN’ALTRA LEGGE DI MONTI – Ma non è finita qui. All’articolo 2, infatti, vengono previste ulteriori proroghe. Questa volta per i commissariamenti, per i commissari nelle gestioni straordinarie. Peccato, però, questo provvedimento sia in palese contrasto con un altro decreto approvato sempre dal governo Monti (quello del 15 maggio 2012, n. 59) con il quale –guarda un po’ – si vieta la proroga o il rinnovo delle gestioni commissariali. Un controsenso assoluto, insomma: si proroga oggi qualcosa per il quale è sancito, da un altro decreto-legge, il divieto di proroga o di rinnovo.

 

PROROGA N.3: LA LEGGE DEL 2003 MAI ATTUATA – Se quanto detto nel paragrafo precedente sembra assurdo, tenetevi forte. Non è niente, infatti, ad un’altra proroga (art.1 comma 1) prevista nel decreto e riguardante lo smaltimento in discarica di rifiuti con “potere calorifico inferiore”. La questione è cruciale, soprattutto per una regione come la Campania.  Tecnicamente sono i rifiuti che superano il limite massimo di tolleranza calorifica di 13 mila chilo joule per poter essere sversati in discarica. In altre parole, stiamo parlando dei rifiuti speciali che, con questa proroga, potranno continuare ad essere gettati nelle discariche: come ha affermato Barbato, “si scherza e si gioca con la pelle, con la vita, con la salute dei napoletani e dei campani”.Finita qui? Certo che noL’assurdo – semmai non bastasse quanto detto – viene proprio ora. Il divieto che ieri è stato appunto prorogato è stato sancito non l’anno scorso, nemmeno due anni fa, né tre. Risale, addirittura, al 2003 (decreto legislativo n.36/2003). Da allora si è andati di proroga in proroga. E ieri lo stesso. In pratica, da dieci anni abbiamo una disposizione nell’ordinamento che non è mai entrata in vigore. Ciò significa averla tacitamente abrogata. “È scandaloso – ha detto Borghesi – perché se in dieci anni non siamo stati capaci di mettere in atto quello che era necessario riguardo ad un divieto stabilito – ripeto – dieci anni fa, vuol dire che siamo in presenza di soggetti tecnicamente incapaci, di un Ministero incapace di fare il suo lavoro”. Dargli torto è molto, molto difficile.

 

TARIFFE POSTALI/ Aumenti spropositati in favore della Cassa Depositi e Presititi

Aumentano ancora le tariffe postali a danno dei consumatori a partire dal 2013. Date le ultime acquisizioni della CDP volute dal Governo Monti, pare che questi aumenti servano per avere più liquidità in cassa.

di Maurizio Bongioanni

“Non c’è limite al peggio, e questo limite è stato travalicato dall’Agcom”.Così esordisce il senatore Elio Lannutti sfogandosi contro l’Agenzia della Comunicazioni diretta da Angelo Marcello Cardani, fidato scudiero di Mario Monti. Secondo il senatore in forza all’Idv, alla vigilia di Natale, Cardani ha approvato una revisione delle tariffe postali che si sono trasformate nell’ennesima stangata per la cittadinanza. Lo scopo? Quello di finanziare, con l’ingente ricavato, la Cassa Depositi e Prestiti.

Con la delibera n. 640/12 dell’Agcom datata 20 dicembre e pubblicata sul suo sito il 24, gli aumenti tariffari sono convalidati a partire dal 2013. Ma tali aumenti superano di dieci volte il tasso di inflazione a danno di lavoratori sempre più in crisi e in ritardo con i pagamenti. Ecco alcuni esempi: il pagamento tramite bollettino postale aumenta del 18,18% (da 1,10 euro a 1,30); il canone Bancoposta passa da 30,99 euro a 48 (+58,08%); il costo degli assegni, prima gratuiti, passa a 3 euro per carnet da 10; aumenti fino al 45% sui pacchi di posta prioritaria. Le stime parlano di un incasso di 150 milioni di euro a fronte di servizi sempre più scadenti.

E come se non bastasse Poste Italiane taglia posti di lavoro: sono 15.659 infatti i posti di lavoro in meno dal 2002 a oggi. Ogni anno se tagliano a migliaia. E dire che il bilancio di Poste Italiane (partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze) non sembra affatto in rosso: 9 miliardi di ricavi da mercato e 699 milioni di utile netto. Ma quei soldi servono alla CDP, la nuova Iri.

CDP e Poste Italiane hanno un rapporto molto stretto. La prima è l’emittente del Risparmio postale, dei Buoni Fruttiferi tanto amanti dagli italiani e dei Libretti di Risparmio. Insomma, chi investe i propri risparmi attraverso uno dei 14mila uffici postali italiani, in realtà affida il suo patrimonio nelle mani di CDP. Questo ente, nato nel 2003, viene da subito creato come contenitore dei fondi postali. L’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per dare una patina di privato alla CDP, chiede alle Fondazioni bancarie private di sottoscrivere il 30% del capitale allettandole con condizioni vantaggiose di ingresso, salvo un conguaglio da pagare entro il 2006 (termine spostato a dicembre 2012: ancora adesso nessun ente ha versato la cifra pattuita).

Da 3,5 miliardi di patrimonio iniziale, oggi CDP può disporre di 14,5 miliardi. Tutte le fondazioni bancarie hanno riavuto i loro soldi incassando un dividendo di 1 miliardo e 76 milioni (a fronte di 1 miliardo e 50 milioni speso per entrarci, in CDP). Un uso che viene fatto di CDP è quello di riequilibrare i conti statali che non tornano. L’ultima volta è capitato a giugno 2012: il Governo Monti avviò le pratiche di trasferimento di tre controllate statali (Fintecna, Sace e Simest) alla CDP, la quale già controllava quote di Eni, Terna e Snam Rete Gas. CDP ha pagato 10 miliardi per l’acquisizione delle tre nuove aziende e il debito dello Stato, come per magia, scese dal momento che CDP, che legalmente è un Spa, è classificata come esterna alla pubblica amministrazione. Un gioco contabile che, come è facilmente comprensibile, ha bisogno di liquidità. E quella liquidità arriva dagli sforzi dei cittadini.

Per tutte queste ragioni, Adusbef (Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari), riservandosi di impugnare questi aumenti ingiustificati davanti al Tar del Lazio, ha incaricato i propri penalisti di predisporre un esposto di denuncia davanti alle Procure della Repubblica, “ritenendo scandalosa una delibera adottata nell’assoluta segretezza” conclude Lannutti “per impedire la giustificata reazione dei consumatori, stanchi di subire vessazioni ed angherie da Autorità come l’AGCOM, che avrebbero il dovere di terzietà e di tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori-utenti.

 http://www.infiltrato.it/notizie/italia/tariffe-postali-aumenti-spropositati-in-favore-della-cassa-depositi-e-presititi-cittadini-o-bancomat

 

Raccolta Filmati (prevalentemente sul TAV)

Ecco a Vostra disposizione un po’ di Filmati (prevalentemente sul TAV) raccolti qua e là.

 

Per accedere, prima aprire il foglio di excel allegato (Archivio Filmati.xls); sarà visualizzato un elenco di nomi (dei filmati) a fianco i codec/dimensioni dei files.

I filmati saranno visualizzabili agevolmente facendo click sul codec/dimensione file; sono anche facilmente scaricabili usando il tasto destro del mouse e facendo click su download. 

 

Archivio Filmati.xls

Link a Doc Vari

Gas Tossici – (nervini ecc.)

 

Uranio – Estrazione – Arricchimento…

 

Dossier UFO – Gli UFO e la CIA

 

Bilancio delle vittime dei gulag – Documento declassificato del KGB

 

Le Foibe

 

TIBET

 

Pacifismo

 

Storia dei Calendari

 

Calendario Decimale

 

Ora Illuministica

 

Natale (storia)

 

Storia di Gesu’ secondo Cascioli

 

Rotonde & Circolazione Stradale

 

La rotonda magica

 

Perchè occorre allacciare le cinture di Sicurezza

 

LEGGI di MURPHY

 

Dichiarassion per la lenga (piemonteis)

 

Lenga piemonteisa

 

Lenga piemonteisa – istrossion per l’usage

 

Un breve elenco dei principali scritti in lingua piemontese

 

Vandali

 

Direttiva CEE n.80/181 relativa alle unità di misura

 

Unità di Misura

 

Speciale GPRS Dizionario Umts

 

Temperature di Paradiso ed Inferno – Calcolo Ingegneristico

 

Storielle sui Computer

IL FONDO MONETARIO AMMETTE DI AVER SBAGLIATO SOTTOVALUTANDO GLI EFFETTI DELLE RESTRIZIONI SUI NOSTRI CONTI.

IL FONDO MONETARIO AMMETTE DI AVER SBAGLIATO SOTTOVALUTANDO GLI EFFETTI DELLE RESTRIZIONI SUI NOSTRI CONTI. MONTI E VISCO FANNO FINTA DI NULLA. PERCHÈ NON CHIEDERE I DANNI A CHI NON HA CONTROLLATO? A COMINCIARE DA TRICHET, MONTI E VISCO. di Antonio de Martini

 Olivier Blanchard, il capo economista del Fondo monetario Internazionale ed il suo collega Daniel Leigh, il 3 gennaio , in un articolo pubblicato sul sito ufficiale della banca, hanno ammesso che i piani di austerità imposti all’Europa ( Grecia, Spagna, Italia ecc) sono stati mal calcolati e, ovvio, calcolati per eccesso.

 La riduzione dei deficit pubblici ha provocato una riduzione della crescita molto superiore a quanto previsto dai modelli matematici del FMI.

A pagare le conseguenze di questo errore siamo stati noi , i greci, gli spagnoli, i portoghesi , gli irlandesi, i ciprioti.

A pagare per aver commesso l’errore , o omesso di controllarlo, non verrà chiamato nessuno.

 Procediamo con ordine: finora l’algoritmo del FMI prevedeva che per ogni riduzione dell’1% del deficit pubblico , si verificava una contrazione della crescita dell’ordine dello 0,5% .

 L’ultima elaborazione dell’FMI mostra invece che per ogni 1% di riduzione del deficit, si è provocata una riduzione di ricchezza dell’ 1,6%. Il triplo del previsto.

 Al momento non dispongo di un modello matematico che consenta di calcolare se anche i disoccupati siano stati il triplo del necessario, ma a occhio, direi che non sono lontano dal vero.

 ” La spiegazione è che i moltiplicatori fiscali hanno provocato effetti piu elevati di quanto implicitamente previsto” scrivono i due economisti. Ne deduco che gli evasori fiscali hanno salvato l’Italia, dopo che negli anni cinquanta e sessanta – come disse Ugo La Malfa – crearono il miracolo economico investendo i loro guadagni senza darli allo stato.

 La scelta di imporre l’austerità per recuperare credibilità è stata presa dalla UE e dalla Banca Centrale Europea di quel figurino con la camicia bicolore di Jean Claude Trichet. Secondo il loro punto di vista, la riduzione di ricchezza sarebbe stata sopportabile ed “i conti sarebbero tornati in ordine” un po’ come quei sacerdoti che promisero il vento in poppa alla flotta greca se si fosse sacrificata Ifigenia.

Tanto a morire non sono mai i loro figli.

 Invano Paul Krugman e tutti i keneysiani d’ Europa hanno messo in guardia dall’errore strategico aggravato dalla miopia matematica , ormai si era costituita la Troika ( FMI, BCE, UE) – che d’ora in poi sarebbe meglio chiamare Trimurti – comodo rifugio deresponsabilizzante che iniziò a chiedere sempre più sacrifici umani. I loro fiduciari locali , tra questi il professor Mario Monti da Varese , applicarono ai pazienti le sanguisughe per diminuire la pressione del sangue e… meraviglia, invece di guarire il paziente da strani segnali preagonici.

 Fuor di metafora, quel che più mi indigna in Italia è che nessuno di questi farabutti si sia sentito in dovere di chiedere scusa o almeno di informare dell’accaduto magari addossando la colpa a qualcun altro.

Mario Monti ha detto, col sussiego del mago Zurlì, che se richiamato a Palazzo Chigi potrebbe ridurre l’IMU. Bontà sua.

Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio – si chiama pure come Larussa – Visco, ha corretto verso il basso la previsione di decrescita come se fosse farina del suo sacco.

Berlusconi, è tornato dalla sua fuga precipitosa dicendo che rivuole governare.

Bersani, vecchio filone, dice che non promette miracoli, sapendo di averne uno nella borsa da tirar fuori al momento opportuno.

Delle due , l’una: o non lo sanno e vanno cacciati a calci nel sedere, oppure lo sanno e stanno spacciando per capacità di miglior governo la correzione di un errore che solo il capo del FMI ha avuto il coraggio di ammettere pubblicamente.

 Nel prossimo post affronteremo il problema dell’affidare la nostra vita ai modelli matematici, intanto suggerisco di organizzare una class action contro tutti i responsabili. In America .

HENRY KISSINGER E IL GRUPPO BILDERBERG DIETRO ALL’OMICIDIO DI ALDO MORO

«Nel 1982, John Coleman, un ex agente dell’intelligence che poteva accedere a tutti gli stadi del potere e a tutte le carte segrete, rivelò che l’ex Presidente del Consiglio italiano Aldo Moro, «un alto esponente della Democrazia Cristiana, che si opponeva alla “crescita zero” e alle politiche di riduzione della popolazione [oltre che al signoraggio (Nota di Andrea Di Lenardo)], pianificate per il suo Paese, fu ucciso da killer gestiti dalla loggia massonica P2 [di Licio Gelli, amico di Henry A. Kissinger, membro del R.I.I.A. e del Gruppo Bilderberg (Nota di Andrea Di Lenardo)], allo scopo di piegare l’Italia ai voleri del “Club di Roma” e del Bilderberg, volti a deindustrializzare il Paese e a ridurne in modo considerevole la popolazione».

In La Cerchia dei Cospiratori1, Coleman afferma che le forze della globalizzazione volevano utilizzare l’Italia per destabilizzare il medio Oriente, il loro obiettivo principale.

«Moro progettava di dare stabilità all’Italia attraverso la piena occupazione e la pace industriale e politica, rafforzando l’opposizione cattolica al comunismo e facendo in modo che la destabilizzazione del Medio Oriente fosse più difficile da ottenere»2.

 

Coleman descrive con dovizia di particolari la sequenza di eventi che paralizzò l’Italia: il rapimento di Moro e la spietata esecuzione della sua scorta, da parte delle Brigate Rosse [collegate, almeno per quanto riguarda la figura di Franceschini, con i vertici dei Liberali al Parlamento Europeo, esattamente con un funzionario del Parlamento Europeo, amico di Gaetano Martino, di Antonio Martino (membro della P2) e del padre di Alessio Vinci, come provano le lettere originali di cui sono in possesso (Nota di Andrea Di Lenardo)], nella primavera del 1978 alla luce del giorno, e la sua successiva uccisione. Il 10 novembre 1982, in un’aula del tribunale di Roma, Corrado Guerzoni, un intimo amico della vittima, testimoniò che Aldo Moro – che è stato un leader politico per decenni – «fu minacciato da un agente del “Royal Institute for International Affaire” (RIIA), mentre era ancora ministro».

Coleman racconta che, durante il processo ai membri delle Brigate Rosse, «molti di loro testimoniarono di essere venuti a conoscenza dell’implicazione di un alto funzionario degli Stati Uniti nel pieno per uccidere Moro». Tra il giugno e il luglio del 1982, «la vedova di Aldo Moro testimoniò che l’omicidio di suo marito era stato il risultato di una serie di minacce alla sua vita, mosse da qualcuno, che lei definì una figura molto importante della politica degli Stati Uniti».

Quando il giudice le chiese se poteva dichiarare alla Corte cosa aveva detto precisamente questa persona, Eleonora Moro ripeté esattamente lo stesso concetto espresso da Guerzoni: «Se non cambi la tu alinea politica, la pagherai cara».

In una delle pagine più emozionanti del libro, Coleman scrive: «A Guerzoni, richiamato dal giudice, venne chiesto se era in grado di identificare la persona, di cui aveva parlato la signora Moro. Guerzoni rispose che si trattava di Henry Kissinger, come aveva già detto precedentemente».

Perché un importante uomo politico statunitense minaccia un leader di una nazione europea indipendente? La testimonianza sensazionale, e potenzialmente distruttiva delle relazioni tra Stati Uniti e Italia, di Guerzoni fu immediatamente diffusa da tutti i media dell’Europa occidentale, il 10 novembre 1982. curiosamente, nessun canale televisivo americano pose l’attenzione su quella notizia, anche se Kissinger venne condannato per complicità in omicidio. Ma questo silenzio non è poi tanto sorprendente, come capiremo meglio nella seconda parte del libro, quando parleremo del “Council [on (Nota di Andrea Di Lenardo)] Foreign Relations” [C.F.R. (Nota di Andrea Di Lenardo)]»3.

Daniel Estulin

(autore, prestigioso giornalista investigativo ed ex agente del K.G.B.)

Oltre al Gruppo Bilderberg, anche il Mossad di Israele collaborò all’omicidio di Moro. Si veda:

http://conoscenzaliberta.myblog.it/archive/2012/03/28/il-mossad-dietro-l-omicidio-di-aldo-moro.html.

E pensate che Giorgio Napolitano e Henry Kissinger o collaborano nell’Aspen Institute di Israele e della Fondazione Rockefeller di David Rockefeller (membro del Gruppo Bilderberg, del C.F.R. e della T.C.). L’ho dimostrato in un mio articolo:

http://conoscenzaliberta.myblog.it/archive/2012/03/19/kissinger-e-napolitano-amici-per-la-pelle.html.

Giorgio Napolitano (vicino a C.L.) era un membro del P.C.I., quello stesso P.C.I. che sosteneva che fosse giusto lasciare che Moro fosse assassinato. Il P.C.I. combatté strenuamente per lasciare Moro al suo destino. Chissà come mai. R chi furono gli altri due che sostennero che fosse giusto lasciare che Moro fosse assassinato? Giulio Andreotti (membro della P2 e vicino a C.L.) e a Francesco Cossiga (vicino alla Massoneria e a C.L.), i due nuovi padroni della D.C., una volta che fu ammazzato Moro. Guarda caso.

Andrea Di Lenardo

1J. Coleman, Cospirators’ Hierarchy: The Story of the Committee of 300, America West Publisher, 1992.

2J. Coleman, Cospirators’ Hierarchy: The Story of the Committee of 300, America West Publisher, 1992.

3D. Estulin, Il Club Bilderberg, Città di Castello (PG), Arianna Editrice, 2012, pp. 89, 90.

19:30 Scritto da: gnosisveritas in IL BLOG NERO D’ITALIAIL BLOG NERO DEGLI U.S.A.