Draghi a Davos: rivolete la sovranità? Datecela!

 Mario Draghi Davos


 Tutti ricorderete il celebre outing di Mario Monti sul vero prodotto finale delle crisi: la sedimentazione di leggi irreversibili che facciano compiere un ulteriore passo avanti alla costruzione degli Stati Uniti d’Europa, spingendo i popoli ad accettare giocoforza la privazione della sovranità nazionale. Oggi Mario Draghi, a Davos, esplicita la roadmap per il 2013, disseminando l’opinione pubblica di evidenti paradossi spacciati per incontrovertibili verità, da accettare con animo sereno e predisponendosi a un inevitabile, ineluttabile destino.
 A intervistare il presidente della Banca Centrale Europea è un’ex del Fondo Monetario Internazionale (in pratica, la Troika quasi al gran completo), che non perde occasione di ricordare come già dai loro studi all’FMI emergesse che non bisogna avere esitazioni nel perseguire con ogni mezzo il consolidamento fiscale, ovvero – in soldoni -: il toro va preso per le corna e bisogna attuare tutto e subito, a cominciare dal pareggio di bilancio, passando per il fiscal compact e altre amenità da 50 miliardi di tagli all’anno.

 Ma l’apoteosi di questo teatrino dell’assurdo la raggiunge, sul finire, Mario Draghi, secondo il quale i paesi che hanno dovuto subire l’imposizione di condizionalità, o che la subiranno presto, se vogliono recuperare la loro sovranità nazionale e monetaria non devono fare altro che cederla a un livello sovranazionale.

 Come dire: prima ti porto via tutto e poi, generosamente, ti dico che se rivuoi indietro le tue cose basta che mi firmi un documento in cui mi dici che è tutto mio. Firmato il quale, non sarai più padrone di niente.

 Trovo fenomenale che nessuno si alzi e gli chieda se per caso ci ha preso tutti per degli emeriti deficienti. Ma temo che la sua risposta sarebbe, senza esitazioni, un chiaro e netto “sì!”.

http://www.byoblu.com/post/2013/01/25/Draghi-a-Davos-rivolete-la-sovranita-Datecela!.aspx

 

Su, Caproni che belate che comandano le Banche. Votate PD, il partito che é una banca: MPS.

 25 gennaio 2013Di Giuseppe Sandro Mela

Campo di Sterminio in Cambogia. Campo di Sterminio di Choeung 650x432 Su, Caproni che belate che comandano le Banche. Votate PD, il partito che é una banca: MPS.

Cambogia. Campo di Sterminio di Choeung. Vota PD: ti troverà un posto nelle teche.

 

  Suvvia, non fate i timidi. Sono anni che tutti i bravi cittadini di credo comunista o, più in generale, di sinistra, si strappano i capelli perché saremmo finiti nelle mani adunche e grifagne dei banchieri.

  Banchieri razza perversa, maledetta, mai sufficientemente esecrata, affamatori del popolo, tesi esclusivamente al loro misero e stramaledetto tornaconto ed illecito guadagno: in poche parole, i prototipi dei Kapitalisti! La quintessenza del male.

  Quindi, per sfuggire alla morsa di codesta genia la panacea sarebbe una soltanto: votare PD.

  Solo il PD vi difende dalle banche kapitaliste

.

  PD: grande nome, grande tradizione. PCI, poi Quercia, poi Pds. Gli eredi degli sterminatori di oltre centocinquanta milioni di esseri umani: coloro che assistettero compiaciuti al massacro cambogiano indicando agli italiani quel regime come il loro obiettivo politico. Grande tradizione di miseria ed assassinio.

 

  Quelli del furto e del peculato se ne fanno un baffo. Fossero onesti, mica militerebbero in quel partito!

 

  Ma da sempre anche una grande tradizione di collusione con il mondo finanziario.

 

  Il PD é Monte Paschi Siena.

  «Pubblico è bello, se comando io

». E come non si potrebbe essere ultrastatalisti sfegatati quando ci si guadagnano paccate di soldi? Al punto tale che si impossessarono di una grande banca per gestire i loro affarucci: Monte Paschi Siena, tramite la Fondazione che la governa.

  Fu la vacca da mungere, l’agone dove perpetrare tutte le nefandezze finanziarie che a parole imputavano agli altri.

 

  La telefonata del luglio 2009 che ora incastra il dr. Giuseppe Mussari fu registrata da mano provvida. Guarda caso, coinvolge anche Nomura.

 

  Decine di anni di bilanci falsi, una dirigenza rigorosamente comunista doc, con tessera Stella di Lenin in tasca, e proprio per questo di sublime incapacità: tanto da portare Mps al fallimento.

 

  Fallimento Mps? No problem.

  Sono o non sono statalisti? «Pubblico è bello!».

  Bene, che lo stato ripiani i debiti e non rompa il giocattolo di don Bersani, capo-cupola dei faccendieri

.

  E giù, poco tempo fa, 3,9 miliardi del contribuente nelle caditoie senesi.

 

  Non bastano? Ancora stato: «Per uscire dalla crisi serve più Stato

»: parola di Bersani. Indovinate l’uso che ne farebbe?

  Adesso che state pagando di tasca vostra, sì, l’Imu che avete versata é servita a dare qualche mese di respiro ai compagniucci, vi sentite un po’ meglio?

 

  Non fatevi proprio nessuna illusione, ma nessuna.

 

Il buco supera allegramente i trecento miliardi:

vota PD, sanerai Monte Paschi Siena.

  «Il Pd c’entra in questa vicenda. Ha sempre avuto molta influenza attraverso la Fondazione sulla banca e sulla vita politico-culturale (di Siena)»

 

  «Fenomeno storico, meno forte in questi ultimi anni, della commistione tra banche e politiche che va ulteriormente sradicato

».

f.to: prof. sen. Mario Monti

 

                Nota.

 

  E siamo nel clima agrodolce pre-elettorale: quello dei sondaggi taroccati, delle promesse mirabolanti. Poi verrà a galla tutta la verità: ed allora sì che avrete l’immneso onore di pagare i conti del PD.

 

  E adesso, sotto anonimi comunistelli e statalisti da strapazzo, insultate pure a destra e manca, sputate il vostro rabbioso veleno, la bile che trasborda la vostra povera cistifellea.

 

  Lo so che tanto non ce la avete come me, ma piangete calde lacrime sul fu Monte Paschi Siena: «Pubblico è bello!» e vorreste continuare a starngugiarvi nell’orgia del denaro pubblico che trova alla fine naturale collocazione nelle vostre tasche. Ma non c’é nemmeno più mezzo centesimo.

 

Bersani e gli aerei F-35

BY 

ADMIN

 – 25 GENNAIO 2013

 Bisogna assolutamente rivedere e limitare le spese militari degli F35 perché le nostre priorità sono altre. Alla luce della crisi, questa è una spesa che va rivista. Le nostre priorità non sono i caccia ma il lavoro.

Pier Luigi Bersani, intervista al Tg2

Le immagini parodistiche, per quanto divertenti e sollazzanti, sono ingannevoli. Il senso del suo discorso è: compreremo meno f35, ma li compreremo. Lo ha capito anche Alenia Aermacchi, che si oppone al “ridimensionamento del programma”, non alla sua soppressione. Come reagirà l’opinione pubblica quando scoprirà che Bersani non ha mai rifiutato l’acquisto?

“Una cosa è certa. L’11 dicembre 2012 il Pd non s’è opposto alla Riforma della Difesa voluta ostinatamente dal ministro Di Paola, acquisto degli F-35 incluso. La Camera ha definitivamente approvato la legge con 294 sì, 53 astenuti e solo 25 no. Il Pd si è espresso a favore. Tra le poche voci apertamente dissenzienti, quella del deputato Andrea Sarubbi: «Si liberano soldi per l’acquisto dei cacciabombardieri e di altri 70 programmi d’armamento, in un momento in cui si chiedono alle famiglie sacrifici. Tra le guerre ad alta densità inseguite dall’ammiraglio Di Paola e gli interventi di polizia internazionale iscritti nella carta dell’Onu c’è una gran differenza. Per questi motivi, annuncio il mio voto di astensione, in dissenso dal mio gruppo parlamentare»”.
http://www.famigliacristiana.it/volontariato/organizzazioni/articolo/f-35-bersani-meglio-tardi-che-mai.aspx

Il Pentagono e la Marina degli Stati Uniti hanno bloccato le missioni degli F-35, dopo un incidente al sistema di scarico che si è verificato durante un volo di addestramento a Eglin Air Force Base in Florida. L’incidente è avvenuto pochi giorni dopo la pubblicazione di un rapporto del Pentagono che elenca una serie di vecchi problemi a cui non è stato ancora possibile porre rimedio e di nuovi problemi che non erano stati previsti (alcuni strutturali) e sottolinea come il programma da 396 miliardi dollari sia ancora ben lontano dal produrre risultati soddisfacenti.

Il Pentagono pensava di acquistare quasi 2500 velivoli, ma limiti di budget ridurranno questo numero. [Dunque il Pentagono fa lo stesso discorso di Bersani: li compreremo ugualmente, pur comprandone meno]

http://news.yahoo.com/pentagon-grounds-marine-corps-version-f-35-fighter-200530351–finance.html

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01/21/caccia-f35-puo-esplodere-se-colpito-da-fulmine-e-pentagono-blocca-voli/476180/

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Rimangono ancora problemi per il casco del pilota, per lo sviluppo di software, integrazione delle armi e serbatoio del carburante. E proprio i problemi al serbatoio lo renderebbero a rischio di esplodere, qualora venisse colpito da un fulmine. Inoltre, sempre secondo lo stesso rapporto, i tentativi di alleggerirlo “hanno reso il velivolo più vulnerabile del 25 per cento”.

http://www.analisidifesa.it/2013/01/il-fulmine-ha-paura-dei-fulmini/

L’F-35…è stato «catturato» da un team di hacker della Marina militare degli Stati Uniti, dopo che il Pentagono aveva cominciato a sospettare che il “gioiello” della Lockheed Martin fosse vulnerabile alle incursioni informatiche.

http://www.lettera43.it/economia/macro/f-35-hackerati-dalla-marina-usa_4367573201.htm

Inoltre, ci sono anche dei dubbi sul fatto che l’avanzata elettronica dell’aereo sia oggetto di spionaggio. La britannica Bae, infatti, a marzo 2012 è stata attaccata da hacker cinesi che hanno rubato informazioni sulla progettazione dell’aereo, causando la riprogettazione di alcune componenti elettroniche.

http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/articoli/1078417/f-35-che-cose-laereo-piu-costoso-di-sempre.shtml

Il costo di ogni singolo velivolo “nudo” (cioè esclusi ricambi ed armamenti)  è valutato oggi 88 milioni di dollari contro i 65 previsti inizialmente ma nuovi rincari sono in arrivo considerati i ritardi del programma e i tagli agli ordinativi annuali anche da parte del Pentagono che stanno facendo lievitare ulteriormente i costi. Secondo le tabelle di previsione del Pentagono i jet della versione A costeranno infatti 90 milioni di dollari ma solo nel 2017 mentre quelli prodotti nei prossimi tre anni avranno un costo progressivamente in calo da 127 a 95 milioni di dollari.  Abissale inoltre la differenza tra i costi di manutenzione della flotta di F-35 annunciati dal governo (8,9 miliardi)  e rilevati da KPMG (15,2) che ha valutato costi operativi  in 19 miliardi contro i 9 stimati dal ministero della Difesa.  […]. Il Programma F-35, ribattezzato “l’aereo da un trilione di dollari” dal Wall Street Journal, prevede 2.443 velivoli per Usaf, Marines e Us Navy e almeno altri 700 per gli alleati ma i tagli al Pentagono e soprattutto il ripensamento del Canada potrebbero influire sul futuro del velivolo determinando un ”effetto domino” su altri Paesi che hanno mostrato perplessità nei confronti dell’F-35, soprattutto sul fronte dei costi in crescita costante, come Australia e Olanda mentre la Gran Bretagna prende tempo e ha annunciato che non effettuerà ordini fino al 2015.

http://www.analisidifesa.it/2012/12/il-canada-rinuncia-ai-cacciabombardieri-f-35/

Il Canada rinuncia agli F-35

A Israele li regalano. Arabia Saudita, Canada, Australia e Paesi Bassi li rifiutano. Il Regno Unito Prende tempo.

http://www.investireoggi.it/finanza/f35-un-progetto-fallimentare-e-pieno-di-problemi/

Al progetto di sviluppo hanno collaborato anche gli Australiani ed ecco cosa hanno concluso a febbraio 2012 (commissione parlamentare):
“There has been a lot of effort in pulling together this great collaborative goodwill and industry network. The only trouble is that we are building the wrong aircraft” (stiamo costruendo l’aereo sbagliato).

La simulazione australiana conferma il terribile scenario della RAND Corporation di qualche anno fa. Contro gli aerei cinesi, solo 30 F35 tornerebbero alla base, su 240 inviati. Ecco un significativo scambio di battute in commissione:

Mr O’DOWD: Do I get this right: Russia and China have already got a better aircraft than the F35? (Russi e Cinesi hanno già aerei migliori dei nostri?)

Mr Goon : Yes. (sì)

Mr O’DOWD: We have got 14 F35s on order, have we? (abbiamo ordinato 14 F35?)

Mr Goon : Two. (2)

Mr O’DOWD: Two, 12 or 14, whatever it is. Where do we go from here? I hear what you are saying, but do we stop, progress or change our path? (che si fa? andiamo avanti o torniamo indietro?)

Mr Goon : I see there are great opportunities for Australia—I honestly do. I see sitting down with our American colleagues and together saying, ‘Hey, we have got a problem!” (c’è una grande opportunità: sederci al tavolo con i colleghi americani ed ammettere che abbiamo un problema)

Fonte: http://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/25/bersani-e-gli-f-35/

Tratto da: http://www.informarexresistere.fr/2013/01/25/bersani-e-gli-f-35/

 

Antonio, sei stato nominato!

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Kezia ScanuPublished: 23/01/2013

a cura della new entry di censurati.it Kezia Scanu

295335_319041421539469_32694685_nPer dirla alla Lucarelli: “se fosse un film, sarebbe “Lo strano caso di Antonio Ingroia”, l’uomo più nominato d’Italia, o quantomeno così racconta in giro per il mondo. Infatti, in un solo anno è stato nominato all’Onu ed al Parlamento Italiano. Andiamo con ordine: il 26 luglio 2012 viene data, dai maggiori quotidiani nazionali, la notizia della “nomina” di Antonio Ingroia a capo delle investigazioni per la CICIG (Comision Internacional contra la Impunidad en Guatemala), un’agenzia ONU che opera in Guatemala nata per combattere i reati commessi dalle forze di polizia corrotte e che ultimamente si è accollata anche la lotta al Narcotraffico.

 Niente di strano fino a qui, se non fosse per un paio di dettagli. Prima di tutto la presunta “nomina” non è riportata nei dettagliatissimi comunicati stampa della CICIG. Le uniche due note in cui si parla di Ingroia risalgono una al novembre del 2011, per la presentazione di un suo libro e l’altra risale al 04/01/2013, quando il PM richiede l’aspettativa per motivi elettorali, su cui torneremo. Risulta invece aperta, una procedura di “vacancy” (ovvero i concorsi dell’ONU) per la copertura del posto di “Fiscal Investigador” alla CICIG, ovvero di un procuratore inquirente di livello P4 (caposervizio-Amministratore Principale), titolo con cui viene salutato anche dal sito del governo Guatemalteco in una nota del 23/07/2012.

 La data di inizio concorso non è riportata, ma si colloca tra il 2011 e il 2012, come si può desumere dalle vacancies attorno ( www.esteri.it ). E qui si colloca la seconda curiosità: a novembre del 2011 Ingroia si reca proprio in Guatemala a presentare il suo libro “Herramientas para combatir la delincuencia organizada” (letteralmente metodi per combattere la criminalità organizzata) , come dimostra il primo comunicato stampa del CICIG, in cui illustra dei metodi efficaci per combattere la mafia sul territorio. Che dire, sicuramente un ottimo biglietto da visita per ottenere un incarico per cui si è presentata candidatura, no? Infatti, nel giro di pochi mesi arriva la risposta affermativa da parte della CICIG. Ingroia però sa bene che dall’Italia non si può spostare.

 Nei mesi successivi alla candidatura ha infatti portato avanti il processo della trattativa stato e mafia, il Processo Mori – Obinu e come se non bastasse il superteste Massimo Ciancimino rischia di perdere credibilità e fargli perdere la faccia per la storiella della dinamite in giardino, periziata a Marzo 2012 . Il CSM non acconsentirebbe mai, ma Ingroia, da vecchia volpe, a fine maggio ed in via del tutto informale, comunica al Ministro Severino di una sua nomina all’ONU (come riportano il Corriere della Sera e lo stesso Ministero dell’Interno in una nota del 24/07/2012 estratta dalla pag. 10 del Giornale di Sicilia), la quale non aveva potuto che replicare che era, cito, “un onore, per l’Italia, l’assegnazione di un incarico così prestigioso ad un nostro magistrato.”

Messo alle strette, il CSM, dopo una richiesta di chiarimenti tra cui il trattamento economico riservatogli dalle Nazioni Unite, concede il permesso in data 24/07/2012. A questo punto il pupillo, come ama autodefinirsi, potrebbe già fare le valigie e partire per il suo incarico annuale, ma non partirà fino al 05/11/2012. Perché? Semplice: il governo tecnico ha scadenza naturale ad aprile 2013 e i vari partiti stanno già mettendo in campo gli schieramenti elettorali. La candidatura del “partigiano di sé stesso” è data per scontata ormai da mesi ma con la partenza per il Guatemala può fare il prezioso ed “estorcere” un posto in prima fila, come ad esempio quello del candidato premier, anziché quello scontato da Ministro della Giustizia, con il risultato del tira e molla con Grillo e Di Pietro – De Magistris a cui tutti abbiamo assistito, sfociata in un intensa pagina di diario pubblicata da Antimafia2000 “Candidarmi in politica? Non ci penso proprio!” del 27/11/2012 dove Ingroia ci spiega i mille impegni a cui deve già sopperire nella seconda settimana di lavoro.

 Col nuovo anno però cambiano anche i buoni propositi. Ingroia cambia idea: decide di candidarsi. E qui la parabola dell’esperienza Guatemalteca di Ingroia arriva a compimento: come aveva già fatto con la Severino, mente anche alla CICIG. Nel comunicato stampa dell’organo internazionale del 04/01/2013 in cui si annuncia la sospensione del mandato per impegni elettorali si legge che Ingroia ha fatto richiesta di aspettativa scrivendo che, cito testualmente, “I have been nominated to stand for a political position in Italy and I have decided to accept. Therefore, I must return [to Italy] to campaign for the Italian Parliament elections, which will be held in the last week of February 2013 (trad. Sono stato nominato ad un incarico politico in Italia che ho deciso di accettare e per questo motivo devo ritornare per iniziare la campagna elettorale per le elezioni nazionali del Parlamento Italiano che si svolgeranno l’ultima settimana del mese di febbraio 2013).

  E’ stato nominato?! Ancora?! E da chi di grazia? Strano, perché a noi italiani risulta tutta un’altra storia. A noi risulta che il pupillo abbia proposto la sua candidatura il 21/12/2012, giorno delle dimissioni di Monti, alla presentazione del manifesto politico “Io ci sto” del Movimento Arancione ed ufficializzando tale posizione il 29/12/2012. Tutti i giornali nazionali hanno riportato la notizia e da quel giorno ha spostato la residenza in Tv, ora per un’intervista, ora per un Talk show, ora per una candidatura di personaggi “eccellenti”. L’uomo più nominato d’Italia, il pupillo, ilpartigiano di sé stesso, Antonio Ingroia ovviamente non chiarirà mai questi dubbi di irregolarità. Abbiamo visto le sue reazioni a “Leader” con la storica frase “Io a lei non rispondo” e sappiamo anche dell’invito declinato ad un talk show solo per la partecipazione di Filippo Facci, ritenuto giornalista antagonista e quindi non degno dell’onore di poterlo intervistare. Ma, se per caso sentisse improvvisamente il bisogno di raccontare qualcosa a qualcuno e gli avanzassero due minuti nella sua movimentatissima campagna elettorale, saremmo veramente lieti di sapere come mai i documenti Onu raccontano una verità diversa dalla sua.

http://www.censurati.it/2013/01/23/antonio-sei-stato-nominato/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+Censurati+%28Censurati%29

 

MONTE DEI PASCHI: LE VERE ORIGINI E LE CAUSE DI UNO SCANDALO

 

A destra il banchiere, a sinistra il suo politico

IL GROVIGLIO ARMONIOSO

Della serie: la truffa è l’anima del capitalismo finanziario
 

di Moreno Pasquinelli 

 

Pochi oggi ricordano lo scandalo della Banca Romana culminato nel 1893 con le dimissioni del governo Giolitti e il crollo di mezzo sistema bancario italiano. Per occultare la perdite dovute a cattivi investimenti la Banca Romana, a fronte dei 60 milioni autorizzati, coperti da corrispondenti riserve auree, emise biglietti di banca per 113 milioni di lire, incluse banconote false per 40 milioni. L’inchiesta rivelò che il governatore della banca versò, affinché lo scandalo non emergesse, cospicue somme a diversi esponenti politici, tra cui due Presidenti del Consiglio, Francesco Crispi e Giovanni Giolitti.

 

Menzogne sistemiche

 

A 112 anni di distanza l’Italia è alle prese con lo scoppio di un altro gigantesco bubbone bancario, quello del Monte dei Paschi di Siena, i cui vertici —già indagati per  “aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza” per la torbida vicenda dell’acquisto della Banca Antonveneta, ma su questo vedi più sotto— rischiano di finire in galera assieme ai loro politicanti complici, per aver, sotto la gestione di Giuseppe Mussari (a sua volta già rinviato a giudizio per falso e turbativa nella gara per la costruzione dell’aeroporto di Ampugnano), truccato i conti dopo almeno un paio di disastrose operazioni speculative in titoli tossici.

 

Giovanni Bazoli, presidente di Intesa Sanpaolo, afferma che quello del Mps «è un fatto episodico… che il sistema bancario italiano è sano». [1] Da parte sua, visto che il Mps è controllato da una Fondazione a sua volta controllata dal Pd, Pierluigi Bersani sostiene: «Nessuna responsabilità del Pd, per l’amor di Dio. Il Pd fa il Pd e le banche fanno le banche». [2]

 

Entrambi mentono. Mentono con ogni evidenza anche le Autorità preposte alla vigilanza, tra cui Banca d’Italia e Consob, che in un laconico comunicato pensano di cavarsela scrivendo che: «La possibilità da parte delle autorità di conoscere in modo compiuto le operazioni di una banca dipende dalla corretta contabilizzazione delle medesime e soprattutto dalla corretta gestione della documentazione. Con il Mps ci sono mancate entrambe queste condizioni». [3]

 

Ma come? Non dovrebbe essere che chi vigila è appunto tenuto verificare la correttezza della documentazione prodotta dal soggetto su cui s’indaga? Fesso chi lo ha pensato! Con solare candore Bankitalia e Consob ci dicono che si sono fidati delle carte e dei bilanci presentati da Giuseppe Mussari e dal consiglio di Amministrazione del Mps, e che quindi le loro indagini son sempre fatte alla carlona, concepite per coprire gli imbrogli contabili e le sconsiderate operazioni corsare delle banche d’affari.

 

Tab. 1. Titoli derivati per tipologia in pancia
alle banche italiane.
 (clicca per ingrandire)

Ovviamente mente Bazoli. Che il sistema bancario italiano, ed il sistema bancario in generale, siano fondati sulla contraffazione dei conti, sulla falsificazione dei bilanci, sull’occultamento delle manovre finanziarie più spericolate, e quindi sull’inganno dei correntisti, sul raggiro degli azionisti, nonché delle autorità di vigilanza,  in breve sul malaffare, sono fatti lampanti, dimostrati incontrovertibilmente dagli scandali più recenti, come quello della manipolazione dei tassi Libor —la tabella n.1 ci indica che le banche italiane, dopo il crollo Lehman, hanno bellamente continuato a giocare coi titoli tossici.

 

E mente anche il Bersani. Il segretario pensa di poterci ingannare con uno dei suoi soliti fumogeni, con una delle sue mediocri battute paesane, mentre l’intreccio tra malaffare e politica, ai massimi livelli è acclarato, in particolare il senese “groviglio armonioso” tra sinistra sistemica e mondo della grande finanza, consacrato negli anni del governatorato Mario Draghi in Bankitalia. [4]

 

Tab 2. I titoli tossici nei bilanci delle banche europee
(clicca per ingrandire)

Torbido intreccio  

 

L’attuale inchiesta della Procura della repubblica di Siena sull’ammanco colossale di Mps dipende dall’aver giocato d’azzardo, nel 2005-2006, in titoli tossici, in famigerati derivati. Il catastrofico affare corsaro del Mps emerse ben presto, dopo il settembre 2008 quando, scoperchiatosi a scala mondiale il Vaso di Pandora della speculazione sui derivati (fallimento della Lehman Brothers), Mps vide svanire una cifra che si aggirava sui 740 milioni di euro. [5]

 

Andava a farsi friggere la bella favoletta della banca “democratica” legata al territorio e rispettosa delle regole etiche che dovrebbero presiedere alla tutela dei risparmiatori: i quattrini di questi ultimi venivano (e vengono ancora) giocati, ovviamente a loro insaputa, nella bisca del capitalismo casinò, nella spasmodica ricerca di sovraprofitti, non solo e non tanto per potenziare la banca, ma per elargire ai manager dei diversi dipartimenti bonus stellari nonché per oliare la vorace macchina delle clientele politiche. I banchieri vorrebbero fare del Mps un capro espiatorio, la verità è che tutto il sistema bancario europeo (per non parlare di quello mondiale), passata la buriana del 2008, ha ricominciato a giocare pesante coi diabolici titoli derivati (vedi la tabella n.2).

Il fatto è che la più antica banca d’europa, una delle poche che non aveva mai registrato perdite, oramai diventata banca d’affari quotata in borsa, non poteva permettersi di far sapere a clienti e azionisti di essere andata in rosso, con ciò temendo l’inevitabile crollo dei propri titoli e il rischio di default. Di qui non soltanto la contraffazione dei bilanci, la manipolazione dei conti, l’occultamento dell’ammanco; di qui ulteriori spericolate operazione corsare nella disperata ricerca di far ri-quadrare i conti, risoltesi poi in rovesci ancora più disatrosi.

«Le probabilità di realizzare tanti investimenti sbagliati tutti in fila, come è accaduto al Mps dal 2006, erano più o meno le stesse di fare “zero” alla schedina del Totocalcio. Monte Paschi ci è riuscita. (…) Con le operazioni sui derivati Santorini e Alexandria, l’istituto ha perso centinaia di milioni (c’è chi stima 750 milioni lordi) mai visti in bilancio, colmati ora con 500 milioni di euro di Monti-bond aggiuntivi rispetto alle stime inziali. [6] Ma questo ormai è coperto. L’ulteriore bomba da gestire è un’altra: il maxi-derivato realizzato da Mps su buona parte dei 25 miliardi di BTp che ha in bilancio. Qui la banca ha fatto un doppio flop. Ha rinunciato a circa 3 miliardi di euro di incassi sulle cedole negli ultimi tre anni. E in più si ritrova con perdite potenziali per 2,8 miliardi». [7] 

 

 

Tab 3. Mps detiene titoli di stato
italiani per tre volte il proprio
patrimonio 
(clicca per ingrandire)

La tabella n.3 indica che Mps è la banca che più di tutte ha fatto da salvagente al governo Monti, portando l’acquisto di titoli pubblici al 306% del suo patrimonio di base! Cortesia che di sicuro dovrà essere ricambiata col salvataggio.

 

L’intrigo Antoveneta

 

E’ negli stessi anni, esattamente nel novembre 2007, mentre presiede alle spericolate scorribande sui derivati, che Giuseppe Mussari, oramai entrato a far parte del gotha dei banchieri, guidò l’operazione d’acquisto dellaBanca Antonveneta —già al centro, nel 2005, della battaglia per il suo controllo da parte della Popolare di Lodi, vicenda che fece finire in carcere Giampiero Fiorani e indagato l’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio. La cifra sborsata fu astronomica: più di 10 miliardi (circa 20mila miliardi di vecchie lire).

 

Il fatto è che Antonveneta era stata acquistata pochi mesi prima dagli spagnoli diSantander per la ben più modesta cifra di 6,6 miliardi.

 «Un affare concluso a una cifra davvero folle, roba da perdersi dietro agli zeri: 10,3 miliardi. Il venditore, la banca spagnola Santander, che l’Antonveneta l’aveva acquistata per 6,6 miliardi appena due mesi prima, incassò una sostanziosa plusvalenza. Mps si trovò invece con un ferro vecchio, anche se qualcuno in Italia provò ad esultare per il presunto successo patriottico. Il fatto è che l’Antonveneta quei soldi non li valeva proprio: anni dopo il collegio sindacale della banca senese stimò il suo valore patrimoniale in 2,3 miliardi. Non basta. Antonveneta fu pagata da Mps molto più di 10 miliardi e passa. La banca allora guidata da Mussari si accollò infatti anche i 7,9 miliardi di passivo che gravavano al momento della compravendita sull’ex gioiello del Nord-Est». [8]

Resta il “mistero” che l’inchiesta ancora in corso dovrà chiarire: per quale ragione il Mps sborsò più di tre miliardi e mezzo in più per acquistare una banca che ne valeva al massimo 3? [9] In onore al patriottismo bancario, come sbandieravano media ed analisti compiacenti? Oppure, com’è lecito sospettare, i quattrini vennero stornati di nascosto anche per corrompere consulenti, politici e vigilanti?

 

Sta di fatto, come fanno notare Morya Longo e Fabio Pavesi, che «L’operazione Antonveneta pagata 10 miliardi nel 2007 ha lasciato tracce incancellabili nei conti. La banca di Siena ha cumulato, solo tra il 2011 e i primi 9 mesi del 2012, 6,2 miliardi di perdite. Una cifra che va oltre la metà del patrimonio netto della banca». [10]

 

Tab 4. Il giro d’affari delle prime 5 banche supera di gran
lunga il  Pil dei rispettivi paesi. 
(clicca per ingrandire)

All’origine del casinò

 

Quanto abbiamo sin qui scritto, lo si può trovare, a spizzichi e bocconi, sulla stampa di questi ultimi giorni. L’organo ufficiale del capitalismo italiano, Il Sole 24 Ore, non ha esitazioni a mettere sulla graticola Mussari e i suoi sodali al vertice Mps nonché quelli politici —salvo porre al riparo i vertici Consob e Bankitalia, e  anzitutto Mario Draghi che era governatore bankitalia ai tempi delle magagne senesi in questione. In effetti Il Sole criticò al tempo velatamente l’acquisizione di Antoveneta, facendo intuire che l’esoso prezzo d’acquisto era il risultato di una irrazionale bolla, ma tutti gli altri giornali mainstream stesero il tappeto rosso all’operazione che poi consentì a Mussari di salire nella scala presiedendo addirittura l’Associazione bancaria italiana (Abi).

 

Quello che non troverete nella stampa di questi giorni, nemmeno su Il fatto quotidiano che strilla tanto (grazie alle carte passategli si suppone dallo stesso Profumo), è l’indagine sull’origine del tumore che affetta l’intero sistema bancario italiano (ed europeo) e di cui quella del Mps è solo una delle metastasi.

 

Ci riferiamo al colossale processo di privatizzazioni e concentrazioni degli anni ’90 e che culminò nel 1998 nella nascita, ad esempio, dei due mostri Unicredit e Banca Intesa. Un processo che cambiò da cima a fondo l’architettura stessa del sistema economico e bancario italiano e che consistette nel passaggio delle banche da commerciali a banche d’affari, quindi non solo quotate in borsa ma oramai dedite alle scorribande predatorie sui mercati finanziari. Solo a patto di focalizzare questo colossale processo di privatizzazione-concentrazione-speculazione è possibile capire perché anche una banca come Mps si lanciò nella gara fraudolenta, viziata nativamente da trucchi di vario tipo e, quel che a noi preme sottolineare, voluta e avallata dai partiti politici e dai governi, sia di centro-sinistra che berlusconian-leghisti.

 

Gli anni ’90 erano quelli che prepararono l’ingresso nell’Euro. Gli anni in cui l’Italia doveva adeguarsi agli standard previsti dai Trattati, implicanti il trasferimento della sovranità politica a Bruxelles e quella monetaria a Francoforte. Gli anni in cui prendeva definitivamente forma il regime oligarchico europeo incardinato nel predominio del sistema bancario e finanziario.

 

Una delle tappe cruciali di questo processo di avvicinamento verso l’abisso globalizzato  iniziò certamente nel 1981, col divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia. Ma ve ne fu una seconda, di portata altrettanto grande. Essa venne sancita il 30 luglio 1990, con la Legge Amato n. 218 e successivi decreti di attuazione —Primo Ministro Andreotti, coalizione di centro-sinistra Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli con Azeglio Ciampi a governatore della Banca d’Italia. [11]  

 

Tab 5. LO CHIAMANO “SALVATAGGIO”
Gli interessi sui titoli a due anni della Grecia

Essa venne adottata sotto la pressione della Comunità Europea, che nel decennio degli ’80 avviò un radicale processo di liberalizzazioni e privatizzazioni dell’economia e quindi del mondo bancario. L’imperativo liberista, sappiamo, era quello di porre fine ad ogni tipo di supremazia e controllo vincolante degli Stati nella sfera economica, in ossequio al dogma della cosiddetta “libera concorrenza”. In verità, in nome della concorrenza, nacquero i colossi monopolistici che oggi abbiamo sotto gli occhi, e che fanno il bello e il cattivo tempo, ed hanno una potenza a volte superiore a certi Stati.

 

Con la legge Amato le banche commerciali vennero spinte a trasformarsi in banche d’affari, divennero così Società per azioni, vennero quotate in borsa, iniziarono a giocare i depositi e i risparmi in investimenti speculativi, e furono esse un veicolo per trasportare i titoli di Stato italiani sui mercati finanziari internazionali. Erano gli anni del raddoppio del debito statale malgrado la costante riduzione della spesa pubblica. Gli anni del sodalizio imperfetto tra centro-sinistra e centro-destra, dei governi che agirono tutti in perfetta continuità e sincronia assecondando i dettami europei e i desiderata dei banchieri (compreso Giulio Tremonti che oggi cerca di rifarsi un’impossibile verginità).

 

Questo è quello che media, economisti e analisti non vi dicono, né possono dirvi, perché essi stessi, come i politici, sono collusi se non addirittura venduti, alla finanza predatoria globale, quella che ha nelle banche i suoi templi, i luoghi dove i nuovi sacerdoti del Dio-denaro offrono in sacrificio la vita e il sangue di interi popoli così come lo scalpo di intere nazioni.

L’Arabia Saudita ammette la sconfitta in Siria

L’Arabia Saudita ammette la sconfitta in Siria

Al-Faisal ammette la sconfitta in Siria … Clinton: terroristi utilizzano armi libiche 

DAMASCO, (SANA) – Il ministro degli esteri saudita, Saud al-Faisal, ha detto la verità sul ruolo del Regno nell’aggressione straniera contro il popolo della Siria, ammettendo di essere in guerra contro la Siria, ma di non aver ancora vinto. Al-Faisal, il cui paese partecipa al reclutamento, finanziamento e armamento dei terroristi prima che entrino in Siria con l’aiuto del governo turco, non ha potuto fare a meno di ammettere che il loro piano è in “un vicolo cieco” in Siria, per l’incapacità di imporre ai siriani una soluzione esterna.
Questo fallimento segue l’altro fallimento nel raggiungimento di ciò che l’Arabia Saudita e il campo che guida volevano ottenere attraverso il terrorismo in Siria, ragione che li ha spinti a sostenere la bandiera della soluzione politica. Pur avendo fallito nella ‘fase d’intervento straniero’ dell’aggressione alla Siria, al-Faisal, parlando alla fine del vertice arabo economico a Riad, ha ribadito la sua richiesta al Consiglio di sicurezza di adottare una decisione ai sensi del capitolo VII, sperando che questo possa essere un modo per minare la fermezza del popolo e dell’esercito siriani, che hanno contrastato decisamente i terroristi.
Il ministro degli esteri saudita ha chiesto “cosa si potrebbe fare per vincere questa battaglia” in Siria, dopo aver osservato che armare l’opposizione è un dovere, e di aver già speso miliardi di dollari per il reclutamento di gruppi takfiri e mercenari per combattere in Siria. D’altra parte, il padrone di al-Faisal, la segretaria di Stato degli USA Hillary Clinton ha ammesso, a sua volta, che i terroristi in Siria utilizzano armi provenienti dalla Libia, dopo l’intervento militare straniero.
Parlando al Congresso dell’attacco al consolato statunitense a Bengasi, Clinton ha riconosciuto che la Libia si è trasformata in un paese delle milizie, in cui uomini armati usano armi rubate dai magazzini della Libia e li contrabbandano per utilizzarle in atti terroristici sul territorio dei paesi vicini. Pur ammettendo ciò, Clinton ha ignorato il ruolo dal suo paese nel trasferimento delle armi libiche in Siria, nel dare ordini ai propri agenti regionali o chiudendo un occhio sulle relative operazioni d’invio via mare in Turchia e quindi in Siria, sotto la supervisione del governo turco.

H. Said- Syria360

Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://www.statopotenza.eu/5656/larabia-saudita-ammette-la-sconfitta-in-siria

 

MONTE DEI PACCHI SIENA

 

Eh sì,è proprio il caso….il Monte dei Pacchi,visto che già  ha confezionato un paio di pacchi dono ai contribuenti: uno di 4 miliardi,e un prossimo già richiesto di 500-700 milioni.
Per la serie privatizzare i profitti e socializzare le perdite.E forse non basteranno,visto che il Monte é una voragine di debiti,
Il tutto mentre agli italiani si continua a predicare sacrifici ed austerità da parte di un governo criminale e da ipocriti politici suoi complici.

MPS ci ha messo cinque secoli per diventare la terza banca italiana,e cinque minuti ad essere distrutta dai trafficanti politici del PD che ora vorrebbero chiamarsi fuori.

A Siena,non si muove foglia che MPS non voglia,o meglio che il PD non voglia.
La Fondazione che controlla la Banca è a sua volta controllata dal Comune,uno dei più rossi d’Italia,i cui sindaci in gran parte erano dipendenti del Monte...alla faccia del conflitto di interessi.
In pratica,il controllore della banca era un impiegato della stessa banca che a sua volta finanziava il Comune controllore.Comune in mano al PD che nel Consiglio di Amministrazione della banca ha infilato per anni i suoi galoppini.Un incredibile intreccio perverso,

IL POVERETTO BERSANI SPROLOQUIA MISERAMENTE QUANDO AFFERMA CHE LA BANCA È LA BANCA E IL PD È IL PD….UNA DIFESA PATETICA…E’ SEMPRE STATA UN’UNICA COSA A SIENA….PDBANCA .!

Poi c’è l’altra storia dell’Antoveneta,quella della famosa frase di Fassino “abbiamo una banca…”,pagata al Banco di Santander circa 10 miliardi,quando gli spagnoli pochi mesi prima ne avevano sborsati 6,e qualche anno dopo valutata 2,5 miliardi.Un grande affare!!
O erano ciechi o molto probabilmente c’è puzza di mazzette,sulla cui eventualità sta indagando la magistratura.
Artefice lo stesso Mussari,uomo pd,a suo tempo già indagato.

Per disgrazia della città,c’è pure l’Università,la più indebitata d’Italia,e di cui fu rettore Luigi Berlinguer,l’autore della sciagurata riforma scolastica e iniziatore delle spese folli.
Anche qui la magistratura sta indagando su un buco di 200 milioni.
Per inciso,il figlio Aldo Berlinguer,laureatosi nella stessa università,è membro del cda dell’aeroporto senese (altra grana oggetto di indagine) e recentemente é stato promosso nel cda di Antonveneta…..

Oltre alla truffa dei derivati di Mussari,ci è dato pure di assistere ad un patetico scaricabarile tra Mps,governo,bankitalia.
La BC sostiene di essere stata ingannata da Mussari,ma nella migliore delle ipotesi si vede che in Bankitalia dormono di grosso.Ricordiamo il caso Parmalat.Pare che il controllore dovesse essere la Tarantola,ora presidente Rai.
Nell’ipotesi peggiore,e tenendo conto che i soci della BC,che dovrebbe controllare ,sono gli stessi controllati,viene il dubbio che tutti invece sapessero e stessero zitti.E la Consob?altri dormienti…..
E il governo dei tecnici?Anche questi dormivano,prima di sborsare soldi pubblici ad una banca in fallimento?
Molto sì è dato da fare per concedere l’aiutino a Mps Vittorio Grilli (quello che ha acquistato casa ai parioli per metà del suo valore di mercato,mutuo Mps,ca va sans dire….),lo stesso Grilli,direttore del tesoro al tempo dell’Antonveneta.
Possibile che nessuno al governo sapesse le condizioni del Monte?

Ora hanno messo alla presidenza Alessandro Profumo,altro uomo Pd sponsorizzato dalla Bindi e indagato per frode fiscale,lo stesso che ha lasciato Unicredit con un buco di miliardi.
Se questo è il futuro,siamo a posto!

Certo che è un bel giro di galantuomini….

Da notare che dopo il salvataggio con soldi pubblici,il titolo ha avuto un rialzo del 12%
Chissà mai chi avrà acquistato..! Non ricordo che qualcuno in Parlamento abbia fatto obiezioni a questo salvataggio…ma può essere che sbagli….Ricordiamo anche che il governo Monti ha decretato l’aiuto alla banca senese, su un testo approvato da un relatore Pd ed uno Pdl,
Aiuto poi messo in discussione dalla  Bce,ma che il solito Grilli molto si é speso per difenderlo.

La morale che si può trarre da questa storiaccia è che ancora una volta i cittadini sono stati presi in giro da tutti gli attori della vicenda e specialmente da un partito,il PD,che vorrebbe governare l’Italia,magari allo stesso modo con cui ha governato una città ora distrutta.
Un partito che non è più un partito ,e che se consideriamo COOP e Unipol,è ormai una istituzione finanziaria,una Corporation di ipocriti faccendieri,una cricca di intrallazzatori..


anche: http://www.rischiocalcolato.it/2013/01/si-scrive-mussari-si-legge-draghi-indovinate-chi-era-li-a-controllare-mentre-giuseppe-mussari-gicocava-coi-derivati.html

http://www.stavrogin2.com/2013/01/monte-dei-pacchi-siena.html

 

La favola del piccolo Hollande che salvò i negretti dall’orco Al -Qa’ida

Scritto da Karim MetrefVenerdì 25 Gennaio 2013 

alq-2013di Karim Metref.

Ecco. Fatto! Svanita anche la speranza Hollande. É vero che la classe politica mondiale, quella che dirige, o almeno fa finta di dirigere, questo mondo, non assomiglia tanto ad una riviera di diamanti. Anzi dall’odore che emana dalle sue azioni si avvicina più al letamaio. Eppure di ‘fior’, a dispetto del poeta, da questo letamaio velenoso della politica, non ne vengono fuori mai, ma mai. Nemmeno una. Ogni tanto ci sembra di scorgere un germoglio ma poi va a finire sempre nel marciume più assoluto.  Eppure rimane tutto un popolo di sinistra che continua ad andare a votare con la speranza di cambiare le cose. Ci ha creduto in Zapatero, quel popolo. E questo ha svenduto il suo paese alla finanza e al cemento. Poi ha creduto ancora più saldamente in Obama. Oh sììì… Quanto ci hanno creduto in Obama! Era nero, bello, giovane. Sapeva parlare. Mamma mia, come sapeva parlare. Incarnava nella sua storia personale il percorso, le sofferenze e i sogni di milioni di neri. Di tutti i popoli oppressi. Di tutti noi!

Poi quando anche lui, come tutti, ha cominciato a macellare pezzi di terzo mondo per darli in pasto alle lobby, l”hanno lasciato da parte per seguire altre speranze. Ultima tra queste speranze…  lui: François Hollande!

Con il suo fisico da uomo qualsiasi, la sua faccia da postino buono. Con i suoi occhi dolci, che si inumidivano quando lanciava i suoi slogan. Con le sue parole coraggiose, sembrava il piccolo sarto della fiaba che va a caccia di giganti. Lavoratori, giovani, donne, immigrati, “blancs, blacks, beurs”, come si dice oltralpe, gay, pacifisti… Tutti ad abbracciarsi e a congratularsi doipo la vittoria. Il demonio Sarkozy è sconfitto. Vedrete che grandi cambiamenti adesso!

Ed eccoli qui i cambiamenti arrivare. Aveva promesso di riportare la crescita durante la sua campagna elettorale (quella maledetta crescita che fa sognare tutti ma poi frega tutti) senza mai precisare come. “Avrà nel sacco qualche piano innovativo?”, ci si chiedeva. Ed ecco che questi giorni arriva la risposta. Sì! Un piano, il buon François ce l’ha, di sicuro. Ma niente di molto innovativo. Si tratta della buona vecchia ricetta delle guerre coloniali. Ricetta che, si sa, alla Francia ha portato tanta, ma tanta crescita.

Se Sarkozy ha bombardato la Libia solo poche ore dopo una risoluzione dell’ONU che ne ipotizzava la possibilità, Hollande si lancia contro i gihadisti in Nord Mali senza l’ombra di un mandato internazionale e senza nemmeno consultare i suoi alleati. Il Sahel è zona sotto controllo francese e l’uomo che poche settimane fa andava ad Algeri a scusarsi per i crimini del colonialismo, ci tiene a sottolinearlo a colpi di missili aria-terra. Quelle scuse e quelle lacrime di coccodrillo ad Algeri, dunque, erano solo la moneta di scambio contro il nullaosta di Algeri per quest’attacco. Che grande giocatore, il piccolo François!  

 

La fiaba infinita e lo spaventapopoli

Bisogna dire, però, che tutto il merito non è suo. Il cibo gli è stato ben preparato da prima, lui adesso deve solo masticare e buttare giù.

C’è stata tutta la cultura delle guerre umanitarie coltivata con cura e forza fertilizzanti mediatici. C’è stato il recupero politico-mediatico-militare delle rivolte dei giovani arabi. Un lavoro da orafo. C’è stata la riconquista della libia da parte del suo predecessore e degli alleati. C’è stata la costruzione di una galassia di gruppi armati di criminali, trafficanti, barbuti che sono genericamente definiti come Al Qaeda e che sono certe volte definiti come alleato strategico -vedere alla voce guerra in Bosnia, Kossovo, Libia e Siria- e certe altre come nemico perfetto quello da combattere a tutti i costi e che serve a giustificare interventi armati, guerre umanitarie, uccisioni preventive, bombardamenti a tappeto… Lo spauracchio ideale. Lo spaventapopoli per antonomasia. Se non dormite chiamo Al Qaeda, dice mamma stato.

Ma le altre mamme, poi alla fine, se il bambino rifiuta di dormire non chiamano mai il lupo cattivo o l’orco mangia bambini. Mentre le mafie/governi che gestiscono ormai questo nostro mondo, se un popolo rifiuta di dormire, loro chiamano per davvero lo spaventapopoli, l’orco Al Qaeda. E come per magia il paese diventa un pullulare di barbuti armati che sparano e sgozzano tutto quello che si muove.

«Da dove arrivano? Come fanno ad avere le quantità ingenti di denaro e armamenti che sfoggiano ovunque?», chiede il popolino impaurito.

«E’ perchè l’Orcomaggiore, il capo di tutti gli orchi, un tale Binladen, è miliardario, e tiene tantissimi soldi nei paradisi fiscali.» , rispondono le mammine con la loro voce più soave, la stampa.

«Cosa sono i paradisi fiscali, mamma? Chi li ha creati, l’orco Binladen? Perché papà NATO che combatte i cattivi ovunque non li bombarda questi paradisi fiscali?

“Adesso basta con le domande! Chiudi gli occhi e fai la nanna e basta.”

Peccato che le mammine non vogliono raccontarci come mai che, oggi che l’Orcomaggiore è ufficialmente morto, i barbuti continuano ad essere sempre più ricchi. Come mai che prima dell’inizio delle rivolte arabe erano quasi scomparsi. Non se ne parlava quasi più. E che improvvisamente hanno ricominciato a proliferare come blatte in un ambiente caldo e umido.

Il nemico perfetto, anzi l’alleato…

Anzi, con la guerra in Libia si è riscoperto un legame che non si ammetteva più dai tempi della guerra d’Afghanistan. La prima. Quella con i russi.

Agosto del 2011, la città di Tripoli è presa d’assalto da un vero e proprio esercito uscito dal nulla. Le milizie di Jebel Nefusa. Alla testa di queste milizie un veterano dell’Afghanistan, Abdelhakim Belhadj.

Il “Comandante Hakim”, come lo chiamano con affetto i suoi uomini, è un vecchio amico degli USA e della NATO in quanto combattente in Afghanistan con … Al Qaeda. Poi dopo l’11 settembre diventò ufficialmente nemico della Nato-USA e fu arrestato e trasferito a Guantanamo, in quanto militante di … AlQaeda. Poi di nuovo è ridiventato amico della Nato-USA in quanto oppositore contro Gheddafi e militante di… Al Qaeda. E così fu armato e finanziato per instaurare la democrazia, che lui considera una eresia. Semplice, no?

Belhadj è entrato a Tripoli alla testa di un folto gruppo di giovani, armati e addestrati da militari USA e con le tasche piene di soldi del Qattar e dell’Arabia Saudita. Attualmente è l’uomo forte di Tripoli e, oltre a mandare i suoi giovani a instaurare la democrazia anche in Siria, fa di questa città il nuovo Eldorado dei Gihadisti di ogni dove. Non a caso, secondo alcuni reparti dei servizi segreti algerini (e attraverso il giornale Liberté vicinissimo ad alcuni dei generali più potenti di Algeri) sostengono che la riunione per l’attacco contro la base BP di In Amenas si è tenuta proprio lì, a Tripoli.

Altro legame con la “primavera araba” si trova nell’improvvisa proliferazione di gruppi armati barbuti. Fino all’inizio delle rivolte dei giovani nei paesi arabi, Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI per gli amici) era una piccola banda di criminali. Schegge residue della sporca guerra algerina degli anni 90 mescolate ai trafficanti del deserto. Praticavano un po’ (anzi tanto) traffico di tutto quello che si può trafficare, e ogni tanto quando qualcuno aveva bisogno dei loro servizi o quando si presentava l’occasione rapivano qualche turista o operatore umanitario per mettere un po’ di carne sul fuoco dei media.

Si sa che se massacri un intero villaggio di maliani o di mauritani, al limite ottieni qualche riga di lancio dell’AFP che andrà a perdersi tra tante informazioni molto più importanti, come il numero di contatti sul clip-video di Gagnam Style e l’ultima torta da 2 tonnellate iscritta al Guiness dei record.

Se invece becchi un qualsiasi testa di min… con il passaporto giusto, intanto fai la prima su tutti i giornali del mondo, poi becchi tanti di quei soldi che ti bastano per vivere da nababbo per anni.

Il business era fiorente, droga, armi, esseri umani. Di disperati da trafficare nella zona non mancano e di persone sequestrabili bastava beccarne qualcuna/o ogni tanto.

I governi dell’area sono tutti corruttibili a piacere. Con gli eserciti si facevano buoni affari. E a tutti faceva piacere questa presenza. Ai regimi per chiudere ogni spazio di libertà; agli eserciti per chiedere sempre più soldi, mezzi e poteri; alle potenze occidentali per giustificare una futura invasione di questa vasta parte dell’Africa che, quasi ormai unica al mondo, è priva di basi militari Nato; per creare e rafforzare cose tipo l’Africa Corp, per allargare le basi militari intorno al mediterraneo -vedere Dal Molin e compagnia bella- per comprare e vendere un mucchio di armi… Insomma per la buona salute del business della guerra.

Era la dolce vita per tutti. 

Ma ecco che appena cominciano le rivolte arabe, che presto contagiano anche altre parti del mondo, i gruppi armati nel deserto diventano molti di più. Gli Aqmi non si contano più. Poi c’è il Mujao, che molti chiamano organizzazione di narco-terroristi. Poi c’è Iyad Ag Ghali un ex combattente per la liberazione dell’Azawad, all’epoca in cui la Francia sosteneva e manipolava il movimento Tuareg, poi ex funzionario dello stato maliano e ex diplomatico nei paesi del golfo. Poi alla fine del 2011, si lascia crescere la barba, si orna con un nome di guerra: Abū al-Fal , e lancia il suo movimento: Ansar Al Islam, che un po’ si avvicina All’Aqmi e vuole istaurare la Sharia, un po’ fa l’occhiolino al Movimento di liberazione dell’Azawad e dice di non essere amico di Al Qaeda e dei terroristi…

Tutti questi gruppi si animano nello stesso tempo. All’improvviso arrivano uomini, mezzi e petrodollari da tutte le parti. E ben presto quella area vastissima che è ai limiti sud del Sahara diventa un vero e proprio nido di vipere.

 

Chi lo vuole un Azawad libero?

Ma le connessioni, con il fenomeno del risveglio delle coscienze nel mondo arabo, e oltre, non finiscono qui. Chi conosce bene la zona lo vede chiaramente che i gruppi armati sono arrivati per temprare una rivolta del popolo tuareg che rischiava di contaminare altre nazioni e altre popolazioni della zona. In un articolo precedente ho raccontato come i guerriglieri del Movimento di Liberazione dell’Azawad siano tornati dalla Libia, dopo anni di esilio, con armi e bagagli e si ritrovano a conquistare quasi senza combattimento un paese dove l’esercito si era trasformato in una banda di trafficanti-estorsori che è scappato via dalle caserme ai primi spari.

Quella della liberazione dell’Azawad era in qualche modo una delle vittorie dei popoli nelle rivolte degli ultimi anni. Quelli del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad sono militanti laici e non alleati con nessuno. Che siano indipendenti, o a dirla tutta non sostenuti da nessuno, lo dimostra la loro estrema povertà. Nel verbale dell’ultima assemblea generale ordinaria il MNLA scrive: « Considerando le disfunzioni dovute al carattere etnico e tribale dell’esercito del MNLA e al fatto che che la quasi totalità del materiale e armamento militare appartiene a certi combattenti . »

Un movimento senza mezzi ma ancora pieno di ideali che raccomanda di superare lo «sfruttamento abusivo della diversità etnica e tribale della nostra popolazione opponendole le une alle altre fin dall’era coloniale. » e chiama al «rafforzamento della coesione sociale tramite incontri inter e intra-comunitari e insiste sulla necessità di preservare i legami storici tra le nostre comunità.» (leggere il comunicato– fr).

Niente quindi a che fare con le orde di banditi e mercenari più o meno integralisti e più o meno gihadisti con i quali la stampa internazionale li ha sempre mescolati, come fossero un tutt’uno.

 Un movimento che, dal 14 dicembre scorso dopo un incontro ospitato nella capitale Abuja e mediato dal presidente della repubblica Federale del Nigeria, Goodluck Jonathan, ha accettato di entrare in negoziazione con il governo del Mali e di contribuire alla lotta «contro i gruppi armati di terroristi e di narcotrafficanti.» (comunicato N° 43 del Comitato Transitorio dello Stato dell’Azawad -CTEA – fr )

Le vie per un isolamento progressivo delle forze integraliste e criminali c’erano. Una via mediata, negoziata tra le componenti della società maliana e i loro vicini diretti (che certo nemmeno loro sono degli angeli). Una via che avrebbe ridatto dignità sia al Nord che al Sud del Mali.

 

Dopo Benalì anche Traore? Mais non alors! 

Perché allora la Francia si è affrettata di colpire, senza chiedere il parere di nessuno? Perché l’anticolonialista Hollande ha mandato con tanta leggerezza i suoi Para a fare pulizia nel paese del Sahel?

Hollande dice che è il presidente ad interim Dioncounda Traoré che lo ha sollecitato ufficialmente. Che bella la solidarietà internazionale! Che bello lo spirito di sacrificio con cui la madre Francia manda i suoi soldatini bianchi a morire per salvare dei poveri negretti…

Invece la stampa locale racconta un’altra storia , storia confermata tra altro dalla radio Voice of America (dico bene, Voice of America, la radio ufficiale del governo statunitense) ci racconta che il governo ad interim era in difficoltà non tanto per l’avanzata delle milizie gihadiste ma soprattutto per la rivolta popolare in corso a Bamako. Rivolta che l’ha portato alla chiusura di tutte le scuole e ad uno stato di quasi coprifuoco. Una specie di mini primavera nell’inverno di Bamako .

Potrebbe essere questa la causa della fretta del caro François? Sarkozy non ha reagito abbastanza velocemente per salvare l’amico Ben Ali e oggi il governo della Tunisia sono altri ad averlo in tasca. Allora il nostro Hollande si da da fare per non far perdere alla Francia (o almeno alle sue multinazionali) un altro governo “amico”.

Comunque c’è il fatto che i militari Francesi presidiano già la sicurezza dei giacimenti di Uranio nel Nord del Niger, rafforzare una presenza militare (che non se ne andrà via domani mattina. Scommettiamo?) anche nel Nord Mali permette a “Marianne” di partire con un bel po’ di anticipo sulla perfida Albione, sullo zio Sam e su tutti gli altri nella corsa al controllo della regione e delle sue infinite risorse naturali. Bel colpo del bravo piccolo sarto, no? Et vive la République! 

PS. Nei prossimi giorni tenterò di raccontarvi l’assalto alla base di In Amenas. Spero di riuscire ad uscire sano di mente dal groviglio di versioni contradittorie che stanno spuntando come funghi dopo la pioggia. 

 Fonte: http://karim-metref.over-blog.org/article-la-favola-del-piccolo-hollande-che-salvo-i-piccoli-negretti-dall-orco-alqaeda-114645894.html