Manzi (Sos racket e Usura) tenta suicidio: si taglia le vene

come ci vuole Monti. Morti per usura

L’uomo è stato salvato dai carabinieri. Recentemente era stato condannato per avere inscenato “un finto incendio”. E’ “in grosse difficoltà economiche”

di Redazione – 4 gennaio 2013

Frediano Manzi in un'immagine recente

Frediano Manzi in un’immagine recente

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Il fondatore dell’Associazione sos racket e usura, Frediano Manzi, ha tentato il suicidio e si trova ricoverato in ospedale. Secondo quanto si è appreso ora sarebbe fuori pericolo.

Manzi, la cui associazione ha permesso alla magistratura di avviare indagini importanti, soprattutto sul fronte della criminalità organizzata e della corruzione grazie alle denunce dei suoi iscritti, ma che poi era stato condannato per essersi fatto un attentato incendiario a un negozio da solo, ha detto di trovarsi in “disperate situazioni economiche”.

“Proprio giovedì ho dovuto chiudere due attività commerciali – ha detto al telefono – e per la ‘ndrangheta sono ‘un morto che camminà”.

Manzi si è tagliato le vene nell’appartamento dove vive, da solo, fuori Milano, ed è stato trovato dai carabinieri allertati dal presidente dell’associazione antiracket Sos Italia, Paolo Bocedi.

http://www.milanotoday.it/cronaca/suicidio-frediano-manzi-4-gennaio-2013.html

Cassa integrazione, sforato di nuovo nel 2012 il miliardo di ore

Di Ilaria Ammendola

Cassa integrazione, sforato di nuovo nel 2012 il miliardo di ore

 

Le ore di cassa integrazione sforano di nuovo il miliardo nel 2012. Con le 86,5 milioni di ore di cig autorizzate a dicembre 2012 l’anno appena terminato fa registrare un consistente aumento, toccando complessivamente quota 1.090,6 milioni di ore, contro i 973,2 milioni del 2011 (+12,1%). 

L’Inps ha comunicato che il mese scorso le ore autorizzate sono cresciute del 15,3% rispetto allo stesso mese del 2011 mentre, rispetto al mese di novembre, quando furono autorizzate 108,3 milioni di ore, a dicembre c’è stata una diminuzione del 20,1% delle richieste. 

Dal 2009, quando per effetto della crisi economica ci fu un balzo del 301% dai 227,6 milioni dell’anno precedente a 913,6 milioni la cassa integrazione ha fatto registrare ancora un aumento nel 2010, quando ha raggiunto il picco di 1.197,8 milioni di ore autorizzate (+31% rispetto al 2009). Il primo spiraglio di luce si è visto nel 2011, quando le ore autorizzate scesero del 19% rispetto al 2010 a 973,2 milioni. Miglioramento solo effimero visti i dati odierni che mostrano che lo scorso anno è stato di nuovo superato il miliardo. 

Passando al dettaglio per tipologia di prestazione, per gli interventi ordinari (Cigo) le ore di Cassa integrazione ordinaria autorizzate a dicembre 2012 sono diminuite del -20,9% rispetto al mese precedente, passando da 33,0 a 26,1 milioni. Considerando invece il mese di dicembre 2011, l’Inps ha evidenziato un incremento del 16,2% delle ore Cigo (22,4 milioni di dicembre 2011 contro i 26,1 di dicembre 2012). 

Aumento determinato tanto dalle autorizzazioni riguardanti il settore industriale, aumentate del 15,6% rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente, quanto di quelle del settore edile (+19,4%). Per quanto riguarda, invece, gli interventi straordinari (Cigs), il numero di ore autorizzate a dicembre 2012 è stato di 33,6 milioni, con una diminuzione del -27,2% rispetto al precedente mese di novembre 2012 (46,1 milioni) e un aumento del +2,5% rispetto al mese di dicembre 2011 (32,7 milioni). 

Infine, gli interventi in deroga (Cigd), pari a 26,8 milioni di ore autorizzate a dicembre 2012, mostrano una diminuzione del -7,9% rispetto ai 29,1 milioni dello scorso mese di novembre e un aumento del 35,5% se confrontati con i 19,8 milioni del mese di dicembre 2011. 

Il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, ha spiegato che i dati definitivi del 2012 confermano la generale tendenza all’aumento di richieste di cassa integrazione si presenta più vicina ai livelli del 2010, quando furono autorizzate quasi 1,2 miliardi di ore, piuttosto che a quelli del 2011, quando non venne raggiunto il miliardo. 

In questa perdurante situazione è ancora più forte, dal punto di vista delle prestazioni erogate dall’Inps, l’impegno dei nostri uffici e del nostro personale per assicurare il pagamento dell’assegno di cig nel più breve tempo possibile. “Attualmente, nel 96% dei casi l’assegno viene erogato dai nostri uffici entro 30 giorni dalla domanda, e speriamo presto di arrivare alla erogazione dell’assegno entro questi termini per tutti i beneficiari”, ha concluso Mastrapasqua. 

Risultato lievemente più confortante quello relativo alle domande di disoccupazione presentate a novembre all’Inps che sono scese del 4,58% rispetto allo stesso mese del 2011. Tuttavia i primi 11 mesi dell’anno mostrano ancora un incremento del 14,9% rispetto allo stesso periodo del 2011. Infine sono cresciute del 10% le domande di mobilità presentate a novembre 2012, un aumento che tocca il 17,82% se si considerano i primi 11 mesi del 2012.

http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201301041215094668&chkAgenzie=TMFI

Portogallo: le misure di austerità sono socialmente inique

Il presidente Cavaco Silva accusa il piano di “salvataggio” di aver creato un ciclo recessivo e definisce il programma come socialmente insostenibile 

Andrea Perrone

Il presidente del Portogallo Anibal Cavaco Silva mette in dubbio la validità del programma di austerità, imposto dai poteri forti internazionali, poiché iniquo socialmente.
È stato durante il suo discorso di Capodanno che il capo di Stato lusitano ha chiesto l’intervento della Corte costituzionale affinché valuti se i tagli alla spesa previsti, seguiti da una ulteriore soprattassa sulle pensioni superiori ai 1.350 euro al mese, possano essere considerati costituzionali o meno. A suo dire infatti la finanziaria varata dal Parlamento portoghese non ripartisce equamente i sacrifici. Secondo le previsioni del governo di destra di Pedro Passos Coelho (nella foto) e dell’Assemblea nazionale la finanziaria 2013 dovrà raggiungere un obiettivo di risparmio da 5,3 miliardi di euro principalmente con un aumento senza precedenti delle tasse e ulteriori tagli alle pensioni e alla sanità. Uno sforzo che per oltre l’80% sarà realizzato attraverso un innalzamento ulteriore delle imposte a danno dei ceti meno abbienti“L’entrata in vigore della finanziaria  ha osservato puntualmente Cavaco Silva nel suo discorso – si tradurrà in una forte riduzione delle entrate per i cittadini, oppure in un significativo aumento delle imposte o ancora in una diminuzione del welfare state. Tutti saranno colpiti ma alcuni più direttamente di altri e questo solleva legittimi dubbi sull’equità della suddivisione dei sacrifici”. Per questo il presidente lusitano ha annunciato che il budget approvato lo scorso novembre sarà sottoposto al vaglio della Consulta, ricordando però che il Portogallo deve “rispettare i suoi obblighi internazionali” in materia di riduzione del debito pubblico, ma sottolineando che una sentenza negativa da parte della Corte costringerebbe il governo lusitano a rivedere il bilancio 2013. L’anno scorso la Consulta aveva  dichiarato incostituzionali le misure di austerità del 2012.
Ma torniamo al discorso del presidente portoghese. Cavaco Silva ha poi accusato il piano di “salvataggio” di aver creato un “ciclo recessivo” e definito senza mezzi termini il programma “socialmente insostenibile”. Il Portogallo è stato infatti costretto a chiedere, sottoscrivendo nel maggio 2011 un accordo vincolante con l’Ue e il Fondo monetario internazionale, un prestito a tassi d’usura del valore di 78 miliardi di euro. Il tutto è avvenuto dopo che l’usura internazionale con l’aiuto delle agenzie private ha tagliato il rating lusitano a “spazzatura” (“junk”) e il governo non è stato più in grado di rifinanziare il proprio debito, di cui si prevede un picco pari al 124 per cento del Pil nell’anno in corso. In cambio del prestito ricevuto dall’usura internazionale, il Portogallo dovrà ridurre il deficit al 4,5 per cento del Pil nel 2013 e sotto il 3 per cento l’anno successivo. Una condizione questa che secondo le previsioni il Paese provocherà recessione per tutto il 2013 e per il terzo anno consecutivo, mentre il tasso di disoccupazione ha già raggiunto 17 per cento e quello giovanile quasi il 40 per cento con il rischio di forti tensioni sociali in tutto il Portogallo. Inoltre, da quanto emerge dai dati ufficiali si prevede che i cittadini dovranno contribuire con un ulteriore aumento del gettito fiscale, pari al 30 per cento in più.
In una situazione come questa è evidente che monta la protesta popolare. A guidare il movimento contro la politica dei sacrifici sono i sindacati, l’opposizione e varie sigle di movimenti che contestano le scelte del governo imposte dall’usura internazionale. Nelle prossime settimane si prevede un deciso aumento della lotta popolare e delle manifestazioni contro l’austerità a cui parteciperanno milioni di lusitani come nei mesi scorsi.
 

04 Gennaio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18550

PARLAMENTARIE PD SEL/ Vincono quasi tutti i candidati indagati. Conferme per i big con qualche sorpresa

Ingroia Mr Legalità:

Il suo rapporto con Bersani. Gli ha chiesto un confronto. Cosa significa: alleiamoci o ognuno per la sua strada?

«Non è un appello per fare semplici accordi elettorali, non abbiamo bisogno di farli. Io credo che ci sono tanti punti in contatto tra noi e il Pd. Tra i nostri dieci punti programmatici e quelli loro. Io ho stima personale di Bersani, una persona seria e capace. Da parte mia non ci sono pregiudizi di sorta, spero che non ci siano da parte loro».

http://www.gds.it/gds/sezioni/politica/dettaglio/articolo/gdsid/231850/

 

PARLAMENTARIE PD SEL/ Vincono quasi tutti i candidati indagati. Conferme per i big con qualche sorpresa

 

 

 

 

Notizie – Italia

Scritto da Viviana Pizzi

Lunedì 31 Dicembre 2012

Solo un terzo degli elettori, rispetto al primo turno delle primarie di coalizione, si è recato alle urne per le parlamentarie: parliamo del 2.5% del totale aventi diritti al voto in Italia (47 milioni). Quattro indagati su cinque ce la fanno, i big che Renzi voleva rottamare passano in massa, tanto è vero che uno dei pochi “vip” a non farcela è proprio il braccio destro del sindaco di Firenze, Giorgio Gori. Le sorprese? Pochissime.

 di Viviana Pizzi

Oltre un milione di persone ha votato sabato e domenica per le elezioni parlamentarie di Pd e Sel. Un terzo di quanti presero parte alle primarie che hanno incoronato Pierluigi Bersani capo della coalizione di centrosinistra. Per i vertici di partito è un buon risultato, considerando che le consultazioni sono state effettuate in pieno clima natalizio. Resta comunque però un dato, ladisaffezione crescente verso lo strumento delle primarie a cui soltanto il 2,5% per cento di quelli effettivi (oltre 47 milioni in totale) si sono recati alle urne. Un dato molto lontano da quello dei sondaggi che dannoil Pd al 30% degli elettori totali. L’altro 27% dov’era? O in casa a soffrire per le temute tasse del 2013 che lo stesso partito ha votato insieme a Monti o a fare regali per la Befana.

 LE PUNTE PIÙ ALTE E QUELLE PIÙ BASSE

parlamentarie_risultati_finali_pd_selÈ stata la provincia di Barletta- Andria Trani quella in cui si è votato di più raggiungendo il 70% di coloro che avevano diritto a recarsi alle urne. A Roma si sono recati alle urne in ben 46 mila persone contro le 90 mila di tutto il Lazio. Anche qui però il dato è nettamente inferiore a quello del due dicembre quando sono andati a votare 264. 119 persone. Stefano Fassina, Michela Campana e Ileana Argentin le persone che sono pronte a ricoprire le candidature di Camera e Senato.

Allarme invece a Cagliari e nell’intera Sardegna dove si sono recati alle urne poco meno di 30mila elettori. In una regione intera un decimo degli abitanti di tutto il capoluogo di regione. Segno di una disaffezione che si era già registrata alle primarie tra Bersani e Renzi e ora ha finito di scendere ancora più in basso.

 

I BIG: SI A BINDI E FINOCCHIARO, NO A GIORGIO GORI

Tra i dieci che, nonostante la loro lunga carriera parlamentare, avevano ottenuto la deroga per candidarsi, hanno ottenuto un posto nelle liste Rosy Bindi, vincitrice a Reggio Calabria e Anna Finocchiaro a Taranto. Non ce la fa invece Cesare Marini a Cosenza e ancora in forse il risultato di Verona di Maria Pia Garavaglia (In Veneto si è votato nella giornata di ieri).

Gli altri sei derogati invece hanno deciso di non concorrere alle primarie del partito democratico. Si tratta di Beppe Fioroni, Franco Marini, Giorgio Merlo, Mauro Agostini, Gian Claudio Bressa e  Giuseppe Lumia.

Insieme agli altri quattro avevano lottato per candidarsi dopo aver trascorso 15 anni in Parlamento. La deroga gli era stata concessa a patto che si sottoponessero alle primarie per la scelta dei candidati alle politiche di febbraio. Se le regole sono regole non dovrebbero essere inseriti nelle quote segreteria. L’arcano però sarà svelato soltanto dopo la presentazione ufficiale delle liste.

Un dato sui renziani: Giorgio Gori, tra i fedelissimi del sindaco di Firenze, perde aBergamo ottenendo appena il 13% delle preferenze sui votanti che si sono recati alle urne. Resta fuori anche il segretario della Cisl D’Antoni. Poco male perché potranno rientrare con le quote segreteria.

 

INDAGATI: QUATTRO SU CINQUE CE LA FANNO

La canzone di Gianni Morandi recita: uno su mille ce la fa. Non hanno certo ascoltato la melodia del cantautore bolognese le persone che si sono recate alle urne nei collegi dove erano candidati gli indagati del Pd. Due le possibilità: o chi ha votato non si è informato oppure ha vinto la solita logica del clientelismo.

In provincia di Messina l’indagato Francantonio Genovese stravince con 19360preferenze. La seconda Liliana Modica raggiunge appena i 6529 voti.  Stesso discorso per la provincia di Trapani: l’indagato Antonio Papania si piazza al primo posto con 6165 voti seguito da Pamela Orrù che racimola soltanto 2420 preferenze.

In provincia di Enna vince l’omonimia: Mirello Crisafulli ottiene infatti 6348 voti mentre l’indagato Vittorio resta al palo.

Anche in provincia dell’Aquila l’inquisito Giovanni Lolli fa la sua bella figura piazzandosi al secondo posto con 2598 voti e raggiungendo una percentuale del 35%. Vince peròStefania Pezzopane con il 42%. Entrambi i nomi però troveranno posto sulle schede elettorali del Pd. Stessa solfa a Massa Carrara dove l’indagato Andrea Rigonisi impone con 5610 voti contro i 2506 di Maffei e i 631 di Musoni. Di questi i primi due verranno inseriti sulle schede elettorali.

Questa è la chiara dimostrazione che i partiti non devono candidare le persone che hanno conti in sospeso con la giustizia. I cittadini, e in particolare gli elettori del Pd, non sono stati pronti a dare quelle risposte che ci si aspettava. Meglio avrebbero fatto i garanti di quelle province a scegliere nomi nuovi e senza carichi pendenti.

 

GLI SPECCHIETTI PER LE ALLODOLE

Come ormai avviene spesso anche in questa tornata elettorale si è verificato il fenomeno degli specchietti per le allodole. Infatti la canoista Josefa Idem è entrata nelle liste del Pd candidandosi nel circondario di Ravenna.

La più volte medagliata alle olimpiadi parteciperà ad un’altra gara importante: quella delle elezioni del 24 febbraio prossimo. A Ravenna e provincia si sono recati alle urne quindicimila elettori: 9382 preferenze sono andate alla sportiva che in tutta l’Emilia Romagna è stata la seconda candidata in assoluto come numero di preferenze. Più voti di lei li ha ottenuti soltanto l’ex segretario Andrea De Maria in una Bologna dove hanno votato 35mila persone.

Torna in politica dopo essere stata assessore allo Sport nella città di Ravenna dal 2001 al 2007. Un nome che di certo ha trascinato i ravennati alle urne. Senza di lei probabilmente avrebbero scelto di recarsi per un giro ai parchi tematici della Romagna.

Delle primarie di Sel invece si è parlato ben poco sulla stampa nazionale. Oscurate da quelle del Pd come Vendola ormai è oscurato dalla presenza di Bersani. In regioni come il Molise non si sono nemmeno svolte.

In Toscana però ci ha pensato Renzo Ulivieri, presidente dell’associazione nazionale italiana allenatori di calcio, a dare smalto anche a questa competizione. L’ex allenatore del Bologna, del Cagliari e di altre squadre di serie A non ha ottenuto però lo stesso risultato prorompente della collega Idem. Verrà candidato però al Senato avendo ottenuto 2112 voti. Più di lui soltanto Alessia Petraglia con 2325 preferenze.

Le passate esperienze in politica del tecnico sono come segretario di circolo del partito di San Miniato. Vedremo a febbraio se i loro nomi entreranno in parlamento.

http://www.infiltrato.it/notizie/italia/parlamentarie-pd-sel-vincono-quasi-tutti-gli-indagati-conferme-per-i-big-con-qualche-sorpresa


Finanza ed Egemonia Anglofona sull’Europa – La linea Delors

Giovedì, Gennaio 3rd/2013

 Parigi, Londra    Francia, Gran Bretagna                                                       

Finanza – L’Egemonia Anglofona sull’Europa

E’ giusto che Londra rimanga nell’Ue? Il parere di Delors  L’analisi dettagliata del socialista francese, già presidente

della Commissione Europea e la truffa finanziaria e mercatista che rende l’Europa schiava dei Paesi anglofoni

 L’Analisi di “Qui Europa”: la gabbia europea ci sta portando all’autodistruzione! Uscirne al più presto la priorità dei popoli!

 Cosa si nasconde dietro la strategia di accentramento continentale:

Il Piano Delors

 

Parigi, Londra – Mentre i Francesi sono alle prese con il caso Depardieu (Putin ha offerto cittadinanza russa all’attore) e con la fuga dei super-ricchi dalle grinfie del nuovo “fisco all’austerity” imposto dal governo di Francois Hollande, Jacques Delors, socialista francese e già Presidente dellaCommissione Europea (nonchè membro della celeberrima Commissione Tilaterale) ha inscenato una sorta di polemica (o pseudo-tale) nei confronti della Gran Bretagna. Ma a ben vedere le argomentazioni poste  sono venute da un tecnocrate, ossia da una delle persone che vorrebbe vedere i 27 abbandonare pian piano la propria sovranità  politica ed economica per sottostare ai diktat pieni della Commissione Europea e alla scure della Bce.  Le sue obiezioni di primo acchitto sono apparse apparentemente condivisibili, ma da un’analisi più dettagliata, come vedremo, in larga parte totalmente pive di senso. L’interpetazione del “Delors pensiero” potrebe aprire, infatti, ad ancor più pericolose derive colonialistiche. Vediamo perchè!

 Le ragioni di Delors  La Gran Bretagna fuori dall’Ue  

In una intervista ad un quotidiano tedesco, l’ex-politico ha esposto le sue ragioni:  “la Gran Bretagna dovrebbe uscire dall’Ue ed optare per un’altra forma di legame privilegiato politico ed economico“. Il motivo? “Gli Inglesi – nota Delors – vivono in una situazione di estrema comodità“. Bella scoperta, caro Delors! “Troppo semplice – ha sostenuto ancora Delors –appartenere all’Unione Europea, senza però prendersi le responsabilità di questo legame!”. Considerazione inoppugnabile! In parole spicciole – come ampliamente dimostrato da “Qui Europa” finora –  i britannici fanno i propri interessi, sia politici che economici, mantenendo però saldamente la loro posizione di appartenenza condizionata ai 27 paesi. La posizione di Delors risalirebbe – secondo l’intepretazione ufficiale manifestata da molti tabloid europei – al lontano 1972, quando il socialista francese era consigliere del primo ministro gollista, Jacques Chaban Delmas. Delors sarebbe stato totalmente contrario all’entrata di Londra nell’ Unione Europea e  l’allora Presidente della Repubblica, Georges Pompidou,  – secondo l’interpretazione che va per la maggiore – avrebbe salvato la City definendo “senza senso” un’Unione Europea senza Londra.

 L’egemonia anglofona   UK complice Usa nel controllo dell’Europa 

Ma nel tempo molte sono rimaste le anomalie intorno al rapporto “privilegiato” tra Londra e Bruxelles. Aggiungiamo per dovere di cronaca, per completezza, che la stessa Banca d’Inghilterra (in assoluta autonomia rispetto a Bce ed Eurozona) detiene ancor oggi la maggioranza relativa delle quote bancarie della stessa Bce. Pazzesco ma vero!  Pertanto non solo predominio finanziario indiretto della City (predominio recentemente rafforzato dalla stessa tecnocazia del Consigio Europeo, nel quale Monti è stato determinante, con l’adozione di una Tobin Tax non estesa a tutti ma estesa a soli 11 Paesi (fessi): manovra autolesionista tale da favorire  (vedi allegato) la controproducente fuga dei capitali di tali Paesi proprio verso la City di Londra) ma anche altre forme di sottile e strategico controllo. 

Dietro le ovvietà   Il sottile gioco dei tecnocrati 

Delors si è detto altresì convinto – in un festival delle ovvietà e delle mezze verità – come d’altra parte anche lo stesso Charles De Gaulle (presidente francese dal 1958 al 1969) che la  Gran Bretagna fosse solo un escamotage che gli Usa volevano utilizzare per tenere sotto controllo  un’Europa che era forte politicamente, militarmente ed economicamente e non perdere la propria supremazia. E su questo c’è piena identità di vedute. Cosa diversa, invece, sulle conclusioni poi tirate da Delors. La Gran Bertagna – inutile negarlo – ha sempre privilegiato (per motivi linguistici, legami storici ma, soprattutto, interessi finanziari) gli Stati Uniti, trincerandosi fittiziamente dietro sentimenti europeisti (a corrente alternata): un lavoro certosino e sistematico di disgregazione dell’Europa e della sua economia

 Il Liberismo europeo?   Una bomba per distruggere l’Europa! 

Delors è parso apparentemente indignato davanti ad un’apertura dei mercati realizzata solamente per aiutare le banche e le multinazionali. Un’apertura che – come evidente a tutti – ha provocato l’abbassamento del costo del lavoro provocando nel contempo ilfallimento di decine di migliaia di piccole imprese.  Ad oggi lo stato delle cose è dunque davvero pessimo. Ma le conclusioni alle quali è giunto l’ex Presidente della Commissione Europea  non sono per nulla  condivisibili. In tali condizioni di disordine economico-finanziaio e di disagio – ci viene da obiettare – caro “presidente” lei propone il modello di un’Europa più “continentale”,  e “che non abbia bisogno dell’Inghilterra e degli Usa per andare avanti“.  Ma lasciando tutto invariato e consentendo la definitiva fuga dalla gabbia della sola Gran Bretagna, la situazione giocherebbe ancora una volta a solo vantaggio del colonialismo anglofono. Non trova caro Delors?

 Un’osservazione fondamentale   Il nocciolo del cancro mercatista 

Permettere ora la sola fuoriuscita dell’UK di Cameron dall’Ue, senza prima porre fine a questo distruttivo liberismo e senza invertire il processo di distruzione e disintegrazione degli stati in effetti farebbe proprio il gioco del colonialismo anglofono sulla stessa Europa, rafforzando ancor più tale tendenza. D’altronde il caso lapalissiano dell’anomala presenza di Londra nell’Unione è la non partecipazione al sistema dell’euro va proprio letta in tal direzione. Un rappoto storico di pura convenienza! Allora ci chiediamo: Perchè Londra ha un peso determinante nella Bce – banca a carattere privatistico che stampa le banconote dell’euro senza  adeguata copertura in oro – senza aver adottato l’euro stesso come propria moneta? Gli inglesi, dal canto loro, pensano bene a mantenere la sterlina, garanzia ed espressione del suddetto colonialismo, senza incorrere  nei disastrosi effetti collaterali dell’iniquo euro. Ciò mentre il 70% delle transazioni di titoli emessi in euro passa sempre  per la piazza di Londra, tanto che – come denunciato in più occasioni da “Qui Europa” – la City of London si è trasformata nel maggior centro finanziario continentale (il secondo al mondo dopo Wall Street) fornendo nel contempo servizi finanziari all’intera unione economica europea, ma traendo dall’Unione soli vantaggi. Una sorta di secondo “Sacco del Britannia” (vedi allegato) però di dimensioni ancora maggiori: per l’appunto continentali.

 La priorità   Porre fine al predominio della City ed al colonialismo anglofono 

Al tempo stesso la City è rimasta una piazza finanziaria che risponde in minima parte alle direttive europee. Il risultato – riepilogando – è che  laGran Bretagna non fa parte dell’Eurozona, ma condiziona pesantemente la nostra moneta unica e lo stesso spread  tra i titoli pubblici più forti, i tedeschi Bund, e quelli sottoposti ad attacchi speculativi: come Bonos spagnoli e Btp. Una speculazione che inizia da Wall Street, dalla City e daiparadisi fiscali posti sotto la sovranità anglo-americana: iIl che testimonia non solo l’approccio autolesionista  dei Paesi europei – incapaci non soltanto di tutelare i propri interessi ma anche di individuare i propri nemici reali – ma anche il loro tentativo, per mezzo della tecnocrazia dominante, di salvaguardare per copione gli interessi anglofoni contro gli interessi degli stessi popoli europei. Stesso dicasi sul piano “prettamente industriale” con il predominio delle lobby tedesche. Basta! O questa dittatuta cambia o è meglio uscire tutti da questa gabbia di matti chiamata Unione europea, che ci costa miliardi di euro l’anno a fronte di lacrime e sangue, e zero vantaggi. E’ l’ora di capirlo, cari lettori! Ma gli europei – ci chiediamo – sono davvero un popolo di masochisti o eterni illusi? 

Silvia Laporta, Sergio Basile  (Copyright © 2013 Qui Europa)

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 Schede e Approfondimenti                                                                                    

 Il Piano Delors e il Mondialismo      

Il Piano Delors – Nel 1989, quasi contestualmente alla caduta del Muro di Berlino, il Rapporto Delors (allora Presidente della Commissione della CEE) delineava i tre passaggi chiave verso la realizzazione dell’unione economica e monetaria europea. Il primo fu sancito nel luglio 1990, attraverso lo SME (Sistema Monetario Europeo) proteso a rafforzare il raccordo tra le monete dei Paesi comunitari, e la creazione del SEE (mercato interno europeo): il secondo fu proteso alla creazione del SEBC (Sistema Europeo di Banche Centrali) a carattere sostanzialmente privatistico (con pieni poteri di signoraggio, a discapito della sovranità monetaria e finanziaria degli stati nazionali) e con poteri di controllo enormi.

 Il Piano – Le strategie eseguite in Italia 

In Italia contestualmente Draghi & C. sul panfilo della Regina Elisabetta (Britannia) davano luogo all’ominimo “sacco”, iniziando un programma di privatizzazioni senza precedenti. Nel 1992 il Decreto Carli-Amato portò allaprivatizzazione della Banca d’Italia, che divenne succube delle scelte dei banchieri privati (che ottennero di fatto il 96% delle quote azionarie); Il terzo passaggio verso l’accentramento portò alla ceazione di tassi di cambio fissi e alla moneta unica: la cosiddetta “moneta imperiale” del nuovo super-stato accentratore chiamato Unione europea, l’euro.

 Il trattato di Maastricht 

Fondamentale fu poi il Trattato di Maastricht, firmato anch’esso nel 1992 (in una strategia ben studiata e pianificata) con lo scopo di dare agli organismi Ue (specie consiglio e Commissione) più poteri in campo politico e organizzativo, favorendo unione monetaria e di politica estera (e di sicurezza) comune (ma ovviamente filo Nato). 

 Il vincolo del 3%, la BCE e l’ingresso nell’euro-gabbia  

Il trattato stabiliva inoltre le condizioni per entrare nell’UEM: tra l’altro fu stabilito che il tasso di sconto non avrebbe dovuto essere superiore al 2% rispetto a quello dei tre Paesi a più bassa inflazione. Infine, e qui ricasca l’asino, fu stabilito che le finanze pubbliche avrebbero dovuto contenere le spese correnti entro il 3% del PIL e il debito pubblico complessivo doveva dimostrare di scendere verso il 60% del PIL. Pur sapendo che a lingo temine – vista la futura ceazione del sistematarget 2 di regolamentazione interbancariatra banche centrali – ciò sarebbe stato semplicemente impossibile ed implosivo per l’intera Unione, visto la profonda differenza tra le economie dei diversi stati dell’Unione. Porli sullo stesso piano equivalse dunque ad un vero e proprio suicidio. Nel 1994 fu poi la volta dell’Istituto Monetario Europeo (IME) – preparatorio alla transizione verso l’euro – e laBanca Centrale Europea (BCE) che lo sostituì. 

 Delors e la Commissione Trilaterale 

 

Curioso è notare come lo stesso Delors – cui posizioni ufficiali in merita ai problemi di sovranità si mostrarono da sempre vicine ad unridimensionamento reale della democrazia dei paesi comunitari, a vantaggio di una cerchia ristretta di personaggi – provenisse dallaCommissione Trilaterale – come d’altronde altri autorevoli personaggi del mondo politico e bancario come Robert D. Hormats, anche membro del Bilderberg Group e vicepresidente della banca ebraica Goldman Sachs. La molti sono i personaggi vicini ai progetti di accentramento europeo e provevienti dagli ambienti della Trilaterale. Tra di essi Henry Kissinger, Helmut Schmidt, il giapponese Ogata e Richard Gardner (esponente di punta della comunità ebraica americana) giusto per fare qualche nome. Senza ovviamente dimenticare gli italiani Giorgio La Malfa (Bilderberg Group, Commissione Trilaterale, Istituto Affari Internazionali italiano); lo stessoSilvio Berlusconi (anche come noto ex membro della P2); Luciano BenettonGianni e Umberto Agnelli e Giorgio Benvenuto (sindacalista della U.I.L.). Ma la lista è lunga e corposa, da destra a sinistra, al centro. Iltrasversalismo politico è sempre stato la principale costante. Ciò dimostra anche come la politica di oggi sia diventata per lunghi tratti una sorta disegreteria del mondialismo dominante e lontanissima dal considerare l’uomo e la sua dignità (e sacralità) quali epicentri dello sviluppo della società civile, contrariamente a quanto sostenuto da Papa Leone XIII nella sua Rerum Novarum: enciclica oggi di fatto ridotta a carta straccia. E le conseguenze si vedono!

http://www.quieuropa.it/finanza-ed-egemonia-anglofona-sulleuropa/

Stato divora redditi, il 50% va nel buco nero delle sue casse

di: Pasquale MarinelliPubblicato il 03 gennaio 2013

Basta teorie, e diamo uno sguardo a un esempio reale. La tabella dice chiaramente che Enzo ha lavorato nel 2012 per intascare solo la metà del valore totale del suo lavoro. E meno male che non ha neanche un immobile. Opinione di Pasquale Marinelli.

Il vero reddito che finisce nelle tasche di un cittadino italiano da collaboratore e dipendente dopo il pagamento delle imposte.

Oggi è l’ultimo giorno dell’anno e l’ultimo post del 2012. Con un anno che oggi va a concludersi, è consuetudine fare il bilancio delle proprie finanze, dei propri affetti, delle proprie realizzazioni professionali, eccetera.

Ebbene! A questo proposito, desidero condividere con voi ciò che è emerso dai calcoli che il mio amico Enzo ha voluto fare, in riferimento alle sue economie del 2012.

Il tutto è partito da una mia considerazione circala reale pressione fiscale in Italia, la quale si attesta mediamente intorno al 70%. Enzo, incuriositosi, non essendo proprio portato a far di conto, ha chiesto a me se potessi aiutarlo a soddisfare la sua curiosità di capire quanto, della ricchezza da lui prodotta nell’anno 2012, è stata assorbita dallo stato. Ho accettato la sua richiesta e il risultato che ne è emerso lo ha lasciato sbigottito.

Durante la prima parte dell’anno, Enzo ha prodotto redditi come collaboratore occasionale, mentre nella seconda metà dell’anno ha lavorato comeimpiegato nel settore privato. Considerato che Enzo non è proprietario di alcun immobile e che vive ancora in casa dei genitori e a loro spese, guardate cosa è saltato fuori dai miei calcoli; per ogni 100 euro di costo sostenuto per pagare il lavoro svolto da Enzo, nell’anno 2012 è accaduto che (guarda la tabella allegata). 

Come è ben evidenziato nel prospetto riepilogativo, nel 2012 Enzo ha lavorato per intascare solola metà del valore totale del suo lavoro. L’altra metà è finita nel buco nero dello stato italiano. Teoricamente, Enzo ha lavorato 6 mesi dell’anno solo per pagare le tasse allo stato.

“Enzo” gli ho detto “tu sei fortunato e ti auguro, con tutto il cuore, di riuscire a mantenere il tuo posto di lavoro, anche per il nuovo anno”. E, ironizzando “Tu sei fortunato. Perché il 50% del frutto del tuo lavoro resta nelle tue tasche. Immagina che sfigato saresti stato, se invece di vivere dai tuoi genitori vivessi per conto tuo, magari in un appartamento di tua proprietà. Immagina che disgraziato saresti se avessi una bella famiglia con due bei figlioli da accudire, da amare. E meno male che tu non sia un imprenditore, con l’azienda dei tuoi sogni da mandare avanti, con la quale soddisferesti le esigenze della tua comunità e daresti da vivere al personale che lavorerebbe con te! Altrimenti, altro che il 50% del tuo lavoro nelle tue tasche!”

Ironie a parte, io consiglio a tutti i ragazzi della mia generazione (anche a Enzo) di reagire nonostante tutte le avversità, di combattere sempre, facendosi forza con tutte le proprie possibilità, anche se minime, per realizzarsi e avere una famiglia. Senza mai intimorirsi davanti alle evidenze della realtà ma, semplicemente, avendole sotto controllo come monito ad ogni importante decisione. Buon anno a tutti.

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Sterminio di cani in Ucraina, nulla è cambiato

L’ITALIANO ANDREA CISTERNINO APRE UN RIFUGIO PER RANDAGI. «CACCIATORI VIOLENTI E PERICOLOSI»

Spenti i riflettori di Euro 2012 le proteste internazionali sono cessate e i dog hunter sono tornati in azione

Da quando, il 6 luglio scorso, si sono spente le luci sugli Europei di calcio a Kiev, capitale dell’Ucraina, le indicibili violenze perpetrate sui randagi del Paese ex sovietico non fanno più notizia. Ma Andrea Cisternino, ex delegato Oipa in Ucraina, fotografo di professione e animalista convinto, a Kiev ci vive e continua ad assistere all’eccidio dei cani. E se prima si limitava a raccontarlo al mondo con i suoi reportage, attraverso il suo sito iononpossoparlare.com e il suo libroRandagi, storie di uomini e animali, ora è passato all’azione diretta, progettando uno spazio protetto, unico al mondo per concezione dove i branchi potranno vivere in pace, al riparo dalle fucilate, dalle sevizie e dal veleno.

Che progetti ha per i randagi ucraini in questi ultimi mesi, dopo la fine degli Europei? 
«Ho deciso di fondare una mia associazione che si chiama International Animal Protection League. Sto anche realizzando una struttura unica al mondo, non un rifugio con box ma un enorme terreno recintato e protetto dove trasferire i branchi sopravvissuti che saranno sterilizzati, assistiti dai volontari e potranno vivere al sicuro. Il terreno di 7000 mq è stato messo a disposizione da un privato. Lo dividerò in ampie sezioni per i singoli branchi e qui i cani vivranno liberi come in natura e i volontari potranno prendersene cura in assoluta sicurezza. Nella struttura, che si chiamerà Rifugio Italia ci sarà anche una clinica veterinaria dotata di un’ambulanza, un gattile, una casa dove i volontari potranno dormire nelle notti d’inverno quando la temperatura scende fino a 35 gradi sotto zero. All’esterno, metteremo delle telecamere per la video sorveglianza donate da un’associazione tedesca».

Come è cambiata, se è cambiata, la situazione dei randagi ucraini dopo la fine dei campionati di calcio? 
«Per i cani di strada non è cambiato nulla, solo che ora ce ne sono di meno perché l’eccidio perpetrato da quelli che qui vengono chiamati “dog hunter”, cacciatori di cani ma anche di gatti, è iniziato nel 2010 e ha fatto migliaia di vittime e tutt’ora continua a pieno ritmo Quello che è cambiato è il comportamento degli animalisti stranieri: niente più proteste o manifestazioni, sono spariti tutti. Dopo il can can mediatico i cani ucraini sono stati dimenticati e sono tornati a morire in silenzio. Me lo aspettavo, mi spaventava molto il “dopo Euro 2012”. Lo sapevano anche i dog hunter che scrissero, già nel 2011, su un loro sito: “Quando sarà finito il campionato di calcio noi andremo avanti e non resterà un solo randagio in Ucraina”».

A Kiev ci sono rifugi privati efficienti per randagi? E cosa accade invece nei canili comunali? 
«Nella capitale c’è un solo canile comunale dove gli animali catturati in strada vengono soppressi dopo tre giorni di permanenza. C’è anche qualche struttura privata , io ne conosco tre , ma purtroppo alcune non hanno una buona fama, La migliore secondo me è Sirius».

C’è qualcuno che sterilizza i cani di strada? E se sì, non le sembra è un atto generoso ma inutile visto che poi gli animali reimmessi nei loro branchi di origine vengono uccisi? 
«Qui sono l’associazione Etn tedesca e l’austriaca Fier Pfoten a sterilizzare. Hanno investito molti soldi, ma io ho molte volte documentato le uccisioni di randagi sterilizzati da loro. Forse con quei fondi sarebbe stato meglio costruire rifugi. I dog hunter dissero addirittura che si sarebbero accaniti sui randagi sterilizzati da Fier Pfoten per mandar via l’associazione dall’ Ucraina».

Lei ha spesso descritto i volontari ucraini come molto combattivi e determinati. Dove nasce questa cultura zoofila in un Paese che considera la vita degli animali meno di niente?
«I volontari del posto, quasi tutte donne, mettono la propria vita in gioco per aiutare i randagi e molte volte queste persone vengono picchiate così brutalmente che finiscono all’ospedale. Ci sono anche stati casi di tentati accoltellamenti. Io ho denunciato questa vergogna al viceministro dell’Ecologia e ambiente Igor Vildman durante un nostro incontro e lui non conosceva neanche l’ esistenza dei volontari di strada».

I dog hunter sono privati cittadini o tra di loro ci sono anche impiegati statali? Sono ancora online i loro siti Internet? Da che cosa sono motivati secondo lei? 
«Sono privati cittadini, motivati da odio puro verso i cani. Hanno un sito su internet che si chiama vredy.org dove pubblicano mappe per trovare i branchi da sterminare o ricette per fare veleni. Eppure una legge del 2006 proibisce l’uccisione di randagi ma non è mai stato fermato nessuno perché arrestarli non interessa ai politici né alla polizia. Solo un dog hunter di 19 anni, Alexey Vedula e il suo compare Polibin , sono stati processati e condannati a 4 anni di carcere per avere torturato e ucciso più di cento cani. Ma è successo solo perché hanno pubblicato in Internet il video e le foto di quello che avevano fatto. Spesso i dog hunter sono potenti e hanno forti agganci con la politica. Addirittura alcuni di loro sono invitati in televisione a raccontare come avvelenano i cani e i gatti. Un dog hunter ha persino mostrato in televisione un documento del ministero degli Interni che lo autorizzava a uccidere. Ora stanno cercando di far passare una legge proposta dal primo ministro Nicolay Azarov per dare l’autorizzazione a uccidere i randagi a fucilate se ritenuti pericolosi o malati. Addirittura daranno il porto d’armi gratuito a chi lo vorrà per questo scopo».

Ma chi controlla se i cani sono pericolosi o malati? Ha avuto contatti con esponenti politici ucraini?
«Lo scorso luglio ho incontrato il viceministro Vildman che ha accettato il mio progetto di fare incontrare i volontari di strada con esponenti del governo presso l’ambasciata italiana. Più recentemente, il 6 settembre, ho conosciuto il presidente ucraino Leonid Kravciuk che ha detto che i politici del Paese non hanno umanità verso gli animali e che occorre fermare i dog hunter».

Giorgia Rozza