UN VIRUS PER CAMBIARE IL MONDO —- EPIDEMIA, RECESSIONE, TOTALITARISMO, GUERRA —– IN PALIO L’EURASIA

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MONDOCANE

DOMENICA 29 MARZO 2020

I nostri in Occidente sono, da secoli, governanti ad alto tasso malavitoso, in quanto alle dipendenze di poteri criminali organizzati, economici, militari, religiosi, di intelligence, sia formalmente “legali”, sia massonico-mafiosi. Il quadro politico, economico e sociale che si vorrebbe produrre dall’attuale congiuntura, corrisponde a un disegno che annovera precedenti in tutte le fasi storiche in cui i popoli si sono fatti sottomettere e hanno condiviso la visione delle élite.

Verso il tecnofeudalesimo e il bioassolutismo

Alla fine di questa gigantesca operazione di riordinamento dell’Occidente in chiave di tecnofeudalesimo e bioassolutismo, ci saranno inevitabilmente conseguenze economiche rispetto alle quali altre crisi epocali, come quella del dopoguerra 1918 e del ’29, parranno, appunto, una lieve influenza. Da bischero toscano o, se volete, da nescio genovese, di economia so solo, per grandi linee, ciò di cui i veri saputi mi hanno beneficiato. E non è difficile condividere con loro, già solo su basi storiche e logiche (il famoso cui prodest), la visione di una società in cui le conseguenze, non del virus, ma dei provvedimenti presi, più o meno stoltamente e strumentalmente, da decisori (ir)responsabili, assomiglierà sul piano sociale a quella del tanto paventato day after nucleare.

In un futuro prossimo, per quanto reso nebbioso dalla totale mancanza di trasparenza dei provvedimenti e propositi dei vari regimi, già si possono intravvedere esiti catastrofici per vaste categorie di esseri umani. Nell’immediato abbiamo, nel popolo imprigionato e privato di tutti i diritti sanciti dalla sua costituzione, addirittura per decreti, senza intervento del parlamento, persone che non possono ricorrere a emergenze sanitarie. Negati i trattamenti ambulatoriali per patologie croniche, esami clinici, coronarografie, urgenze dentistiche, cure fisioterapiche, psichiatriche, neoplastiche, podologiche, cardiocircolatorie, dermatologiche, di riabilitazione, di terapia del dolore, otorinolaringoiatriche e tutto il resto che non sia Pronto Soccorso o, appunto, un vero o presunto virus influenzale, stavolta con in testa il cappello del coronavirus. E scendendo nel più banale e ricorrente quotidiano domestico: se si rompe una tubatura del bagno e la casa vi si allaga, rovinandola, se la tramontana vi porta via un pezzo di tetto e vi piove in casa, dove sono l’idraulico e il muratore che vi soccorrono, rischiando fino a 5 anni di prigione e 5000 euro di ammenda?

Monetizzare il sociocidio

Possiamo immaginare cose ne consegue, dopo settimane, forse mesi, di blocco in casa in un paese che già lamenta i più lunghi tempi d’attesa d’Europa, addirittura per trattamenti salvavita, grazie alla riduzione alla lisca di pesce del servizio sanitario pubblico. Una devastazione a favore di indecenti regalie al privato da parte di quella stessa classe dirigente politico-economica, che ora pretende di risanarci dalla cosiddetta pandemia con provvedimenti che farebbero arrossire Mussolini. Una devastazione che cadrà sulle spalle dei soliti noti, cioè di una popolazione di sudditi le cui problematiche sanitarie psicofisiche saranno state ingigantite dal prolungamento della reclusione senza aria, senza sole, senza movimento e socialità. Tutto questo si assommerà al sociocidio di categorie di piccole e medie imprese della produzione e del commercio, con il loro seguito di partite Iva, precari, part time, disoccupati, semioccupati, artigiani. Un’ecatombe alla quale si provvede in questi giorni di lockout, monetizzando la reclusione e i danni conseguenti con lo spargimento scriteriato e propagandistico di elemosine una tantum.

Chi perde e chi vince

Un recupero, se mai possibile, di una sopravvivenza collettiva, dopo il blocco e il conseguente smantellamento di tante realtà produttrici e distributrici, vedrà di certo una nuova, cioè antica, gerarchia di classe, con una spaventosa concentrazione della ricchezza in alto e un ancora più spaventoso allargamento della povertà assoluta e di quella al limite della sopravvivenza. Oggi sui 17 milioni, domani chissà. Chi ci avrà guadagnato in termini economici e politici sono sempre gli stessi: quelli che gestiscono il denaro e sanno speculare e volgere le crisi in guerre; coloro che, occupandosi della salute, cioè della vita, si sono eretti, vieppiù, a domini del destino terreno degli umani; e quelli che, offrendo, con provata esperienza, la risposta metafisica alle sofferenze e speranze terrene e ultraterrene dei credenti.

Quando ciai le madonne

Al quale proposito notiamo, con raccapriccio, l’esultante nota di “Vaticano. Com” che ci informa come nel cielo, improvvisamente radioso e dal quale fino a un attimo prima scrosciava la pioggia su un papa in bianco e nella piazza, sia apparsa…. la Madonna, vista, fotografata e filmata dai fedeli. Il miracoloso evento sarebbe coinciso con le parole del pontefice: “Perché temete? Non avete fede?” E, zac, ecco la Madonna a suggerire la risposta dall’alto dei cieli. E noi che ci saremmo accontentati di una madonnina di gesso che piangesse lacrime di sangue a sconfitta del virus! A questo punto, anche Bergoglio si è garantito la santificazione. Grande questo virus!

Di rivoluzione in rivoluzione. Sempre le loro

Di rivoluzione in rivoluzione. Sempre le loro 

Lasciamo le facezie, per quanto terrificantemente regressive. Come, al volgere dal XVII al XVIII secolo passammo dai campi, artigianato e meccanica alle fabbriche, al vapore e all’elettricità, parrebbe che ora si stia transitando da quella rivoluzione industriale, la prima  delle macchine e la seconda tecnologica, se si vuole, alla “civiltà” delle distanze globalizzate via elettronica e telematica. Quanto a chi ne eserciterà il controllo e a vantaggio di chi, al momento non sono alle viste né un ’89, né un ’17, ma solo imperi e sovrani. E manager e banche. Comunque, non si sa mai. La Storia fa scherzi imprevisti.

Occasione creata o sfruttata?

Precisiamo subito che qui non si parlerà di quanto è fondatamente il tema di altre argomentazioni: l’analisi di un complotto dei pochi ai danni dei tanti, che poi – dateci mille volte dei complottisti – Storia e cronaca dimostrano essere il metodo, dai tempi dei tempi, abituale e irrinunciabile, per esercitare potere e accumulare ricchezze da parte di una minoranza di parassiti. E non ci è voluto Marx a dimostrarcelo, anche se lo ha fatto meglio di altri.

La stessa espansione del Coronavirus negli Stati Uniti che, nel momento in cui scrivo, stanno superando l’Italia come epicentro dell’infezione, potrebbe mettere in dubbio alcune ipotesi avanzate da investigatori con, peraltro, una buona esperienza di smascheramento. Ma non ci interessa qui, anche se tre e più indizi farebbero una gran bella prova, di dimostrare che il Coronavirus del 2020 è stato tirato fuori da un laboratorio della ricerca per le guerre biologiche e sparato contro paesi sgraditi e poi, magari, sfuggito al controllo e rientrato a casa. Oltre agli indizi, ci sarebbero i precedenti: gli esperimenti chimico-farmaceutico-psichici sulla propria gente fatti dalla CIA del famigerato Allen Dulles nei metrò e per le strade delle grandi città statunitensi, i farmaci sterilizzanti distribuiti alle donne ignare del Sud del mondo, l’uranio sparso a pieni bombardieri su interi paesi, dall’Iraq alla Serbia, il fosforo fatto scrociare sugli inermi abitanti di Fallujah e di Gaza, la diossina dell’Agente Orange (Monsanto, quelli del veleno agricolo universale Roundup) che in Vietnam ha contribuito ai tre milioni di civili uccisi.

La conquista dell’Heartland

Lascio ad altri di approfondire. Il complotto che conta, la cospirazione vera, provata e impudicamente esibita e rivendicata, è l’uso che si è fatto dell’occasione. Su quello attinente ai rapporti di forza tra gruppi di élite e masse indebolite fisicamente e psicologicamente da un ambiente avvelenato, o distrutto con una manipolazione sistematica delle menti e dei sentimenti, ci dilunghiamo nei capitoli di questo volume. Qui interessa l’altro corno, non del dilemma, ma della strategia a cui ha dato adito questa pandemia, spontanea, casuale, accidentale, o provocata. Il modo in cui si è pensato di trarne beneficio in una fase di stallo del confronto tra chi si propone, per la conquista del mondo, lo smantellamento e la sottomissione del blocco continentale eurasiatico, l’Heartland, il “cuore del mondo”, a cui ambivano le mene diplomatico-belliche di Zbigniew Brzezinski, e quel blocco che gli resiste.

Il tentativo di Washington di contenere, con dazi, provocazioni ai vicini coreani, accanimento propagandistico, l’ormai evidente superamento della sua egemonia economica mondiale da parte del colosso demografico, tecnologico e manufatturiero cinese, si è ritorto contro gli stessi Stati Uniti e non è stato seguito con entusiasmo, né dalle industrie statunitensi dislocate in Cina, nè dai satelliti europei. L’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, le banche per lo sviluppo eurasiatico, la stessa Via della Seta, “Road and Belt”, gli accordi di Difesa comune sono tutte work in progress che rinsaldano l’unità strategica di Cina e Russia e coinvolgono la maggior parte dei paesi dell’area e perfino dell’Africa. E a esso gli Usa non sono in grado di opporre, sul piano globale, niente di simile, non in America Latina, dove sono costretti a squalificanti colpi di Stato per ricuperare una presenza che sarà sicuramente transitoria, dati i risentimenti che le depredazioni neoliberiste e i suoi caudilli suscitano nelle masse del subcontinente. Tanto più che alle opinioni pubbliche di quei paesi si vanno evidenziano sempre più i vantaggi della collaborazione finanziario-industriale con Russia e Cina in vertiginosa crescita.

Via della Seta

Ma neppure in Europa, dove la creatura amerikana dell’UE, già in indebolimento per la Brexit, nel corso del Covid-19 è stata minata alla base da inefficienza e perdita di credibilità, proprio per la sua dimostrazione di impotenza, accoppiata a tracotanza autoreferenziale, dei suoi organi e della sua padrona tedesca rappresentata a Bruxelles da Ursula von der Leyen.

La guerra come ultimo rimedio

Nell’altro continente, l’Africa, che per buona parte le è conteso dalla Francia neocolonialista, gli Usa si avvalgono dello strumento militare AFRICOM: presidi, basi, forze speciali, contingenti per l’addestramento degli eserciti locali e, come in Medioriente, terrorismo jihadista importato per giustificare interventi a difesa delle proprie multinazionali. A fronte di queste forme tradizionali di colonialismo, ben conosciute da quei popoli, che se ne liberarono neanche molti decenni fa, ci sono gli investimenti e le opere infrastrutturali, del tutto prive di elementi militari, con cui cinesi e russi intervengono in tutto il continente. Quale approccio nel lungo termine possa avere il maggiore consenso da parte delle popolazioni, a dispetto di governi venduti e classi dirigenti corrotte, non è difficile immaginarlo.

Via delle armi

Tutto questo i vertici degli Usa lo sanno e ne rabbrividiscono. Si direbbe che sul piano globale, a dispetto delle 900 e passa basi militari americane che costellano il globo e assediano Russia e Cina, le cose volgano a vantaggio strategico, geopolitico e geoeconomico, del blocco eurasiatico. Per dirla nei termini del passato, l’equilibrio pare spostarsi dalla potenza marittima dell’Occidente atlantico, Oceania, come Orwell chiama la realtà anglosassone, a quella del massimo blocco terrestre, geografico e demografico, l’Eurasia, dove risorse, mercati e tecnologia risultano impegnate nella creazione di una vasta area mondiale di pace, scambi e sviluppo.

Eurasiatici o euroamericani?

L’attrazione che questo centro di gravità economico, ma anche culturale, esercita nei confronti dell’Europa è irreversibile, se non nell’immediato, nel medio e lungo periodo, e dunque, percepita da Washington come l’eventualità da evitare costi quel che costi. E tale è riconosciuta, se non dai governanti UE, che devono il proprio ruolo alla Nato e alla subalternità agli Usa, sicuramente dai protagonisti dell’economia finanziaria, produttrice e investitrice europea, con inevitabili ricadute sulle opinioni pubbliche, come s’è visto, per esempio, in Italia con l’avversione di esportatori, settori politici come M5S e Lega e anche della maggioranza delle persone, alle sanzioni contro la Russia.

Rimarrebbero, in un simile quadro, gli sforzi propagandistici di un sistema mediatico consunto e in crollo di credibilità, ancorato a editori e giornalisti che devono il proprio mandato alle cupole massonico-mafiose come si esprimono con Bilderberg, la Trilateral, il Forum Economico Mondiale di Davos. Ogni cambio di paradigma geopolitico, come quello che sembra prospettarsi, li vedrà sempre più ringhiosi e virulenti diffamatori di ogni cosa russa o cinese.

Negli Stati Uniti, al di là degli ondeggiamenti del presidente Trump, sempre condizionato da varie angolazioni del Potere, chi manovra la politica estera, nell’un campo politico come nell’altro, con forte prevalenza Democratica, è il partito della guerra, identificato con i neocon di matrice bushiana e cheneyana, oggi operanti nell’ambito di quello che viene chiamato il “governo parallelo” o “Deep State”Ne sono protagonisti il Pentagono e relativa industria, le grandi industrie del petrolio e della chimica-farmaceutica, Wall Street, l’Intelligence.

Tempo di guerra?

Le pesti, le recessioni, le tensioni sociali, che fisiologicamente si succedono a cascata, portano frequentemente gruppi di potere che sappiano approfittarsene, al diversivo della guerra. Quella che negli ambienti di quei poteri si vaticina e persegue dai tempi del dopoguerra, della guerra fredda e, con particolare vigore, oggi, con la nascita della nuova guerra fredda. L’uso propagandistico che si è fatto del più o meno normale virus influenzale da tutto lo schieramento intorno alla superpotenza Usa, nominandolo ossessivamente “cinese”; l’inarrestabile, neanche con un’epidemia, sviluppo cinese, a fronte degli Stati Uniti in pieno collasso infrastrutturale e devastati da una povertà che infetta settori sempre più vasti della società; la consapevolezza della crescente forza militare e geopolitica della Russia, vincitrice netta nello scacchiere arabo, stabiliscono i parametri di un’egemonia in corso di rapido cambiamento. E richiedono, come unica soluzione, una guerra in tempi ravvicinati.

Europa, non un continente, un’appendice

Quanto alle nazioni europee, finora soggetti paralizzati nella loro libertà di manovra da un’obbedienza cieca e assoluta agli Usa dei loro circoli dirigenti, sarebbe anche ora che finisca questo rapporto innaturale, militare, economico e culturale. Rapporto di subordinazione imposto con la seconda guerra mondiale militare, ma spesso messo in discussione dalle masse. Un artificio, quello atlantico, grazie alla quale gli Usa si assicurarono il controllo e il dominio su un’Europa distante 8000 chilometri di oceano, a detrimento di una connessione con il mondo asiatico, a tutti i livelli e con tutti i benefici di scambi sinergici e della comunicazione via terra. Fin dai tempi di Alessandro Magno e poi di Roma e di Venezia.

Noi, che ci troviamo nella posizione di una nazione a cui, con provvedimenti restrittivi anticostituzionali, e dunque illegali, è stato negato il diritto di essere tale in libertà e autodeterminazione, abbiamo poca voce in capitolo. Possiamo solo augurarci che chj s’è giocato la carta del virus perda tutta la posta.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 21:06

In India un miliardo di persone in isolamento

https://www.internazionale.it/notizie/2020/03/25/india-coronavirus-isolamento?fbclid=IwAR3DVj8E8tOfCgVp03GMKKVKNoFmWF1Fggt3ggWFd2SWJsMazm5w3zQFkeQ


Un applauso agli operatori sanitari impegnati nell’emergenza coronavirus. Mumbai, India, 22 marzo 2020. (Rafiq Maqbool, Ap/Lapresse)
Il 25 marzo l’India si è svegliata nel silenzio. “Nelle strade vuote il cinguettio degli uccelli ha sostituito l’abituale cacofonia di clacson e grida di persone”scrive il corrispondente dell’Afp a New Delhi per commentare il primo giorno di blocco totale delle attività e di divieto per tutta la popolazione di uscire di casa. Queste misure erano state annunciate dal premier Narendra Modi la sera prima, appena quattro ore prima dell’entrata in vigore, e dureranno almeno 21 giorni. Restano fermi anche i treni, gli aerei e tutti gli altri mezzi di trasporto pubblico e privato, e sono previste pene molto severe per chi lascia la propria abitazione.

Con 1,3 miliardi di abitanti, l’India è il secondo paese più popoloso del mondo dopo la Cina. L’esperimento annunciato da Modi, di una portata mai vista, ha l’obiettivo di bloccare la diffusione del nuovo coronavirus. Nel paese sono stati registrati 597 casi, con undici morti, ma secondo alcuni esperti è un bilancio fortemente al ribasso perché nel paese sono stati realizzati pochissimi test per individuare le persone contagiate.

Nelle ultime settimanespiega il sito Vox, sono stati fatti dei tentativi di coprifuoco o di chiusura limitati ad alcune attività, ma gran parte degli indiani non li ha rispettati rigorosamente, quindi il governo ha deciso di usare la mano pesante. Intervistato da Vox, il dirigente medico SP Kalantri dichiara che le autorità sanitarie si aspettano che il 55 per cento della popolazione sia contagiato dal Covid-19: questo significherebbe tra i 300 milioni e i 500 milioni di casi nell’arco dei prossimi quattro mesi, e possibilmente un milione di morti in un anno.

Corsa ai negozi
Dopo l’annuncio serale di Modi la prima reazione di molti indiani è stata precipitarsi nei negozi di alimentari e nelle farmacie per fare scorte, anche se il governo ha assicurato che non ci saranno interruzioni nell’approvvigionamento di prodotti essenziali, come latte, frutta e verdure. Tuttavia, la popolazione non ha molta fiducia nel governo e ancora ricorda il caos scatenato dalla demonetizzazione del 2016, un’altra misura drastica decisa da Modi. Un altro dubbio è come saranno osservate le norme di distanziamento sociale nei quartieri poveri delle grandi città, dove la densità abitativa è altissima.

In India i primi casi di persone contagiate dal nuovo coronavirus sono stati registrati nella capitale, a Mumbai e in altri grandi agglomerati urbani, ma il virus sta arrivando anche in moltissimi centri più piccoli, cosa che ha spinto il governo ad agire con più decisione, osserva la Reuters. La paura è che il sistema sanitario, già a corto di fondi, non riesca a tenere il passo dell’emergenza: in India la proporzione di posti letto è 0,5 per mille persone, contro i 3,2 dell’Italia e i 4,3 della Cina.

Le misure mal pensate e poco tempestive di Modi hanno colpito duramente i più vulnerabili

Ma, allo stesso tempo, bloccare un’economia da 2.900 miliardi di dollari ha conseguenze pesantissime. Il primo impatto è sui lavoratori delle categorie più deboli, molti dei quali vengono dalle campagne. “Il primo ministro Modi ha visto le immagini delle lunghe file di persone che, con borse e fagotti, camminano lungo il ciglio delle strade a scorrimento veloce che escono da New Delhi?”si chiede il sito Scroll.in. “Queste immagini dovrebbero preoccuparlo, e non solo perché si violano le norme sul distanziamento sociale. Queste persone sono lavoratori che cercano di tornare a casa abbandonando una città ostile che gli ha chiuso le serrande davanti, gli ha portato via il lavoro e i soldi, senza dare in cambio nessuna forma di conforto. Camminano verso i loro villaggi perché i governi dei vari stati indiani hanno chiuso i confini, fermando gli autobus, i camion e tutti gli altri mezzi di trasporto. Le misure mal pensate e poco tempestive di Modi hanno colpito duramente i più vulnerabili”.

In un editoriale il quotidiano The Hindu chiede aiuti per la popolazione in un momento così difficile: “Il governo ha il dovere di proteggere le classi sociali più fragili dal punto di vista economico e sociale, compresi gli anziani, e di assicurare che possano accedere facilmente ai beni essenziali, comprese le medicine. Non dovrebbe essere difficile recapitare pacchetti di prodotti, pensati per durare una settimana, attraverso gli uffici e i funzionari delle amministrazioni locali, o le ong. Ricordiamo che il 37 per cento delle famiglie indiane può contare solo su redditi da lavori saltuari e che il 55 per cento ha un lavoro regolare ma poco remunerativo, perciò è importante che si prevedano sussidi per tutto il periodo dell’emergenza”.

Secondo il giornale, un’altra priorità è mettere in piedi un sistema per somministrare i test che sia accessibile a tutti. In questo modo, una volta che sarà revocato il blocco totale, si potrà impedire che il virus torni a circolare.

Tav, Frediani: “La pandemia ferma tutto tranne la lobby del Tav”

http://www.torinoggi.it/2020/03/26/leggi-notizia/argomenti/politica-11/articolo/tav-frediani-la-pandemia-ferma-tutto-tranne-la-lobby-del-tav.html?fbclid=IwAR1g7eA_uzoHfbOL8qizeLHGt7ki4JLoWI1onp5tNWXNRLMyYSVJM6Wx0S0

26 marzo 2020, 11:53

La capogruppo del Movimento Cinque Stelle in Regione: “Ripensare il futuro senza grandi opere inutili e investire dove serve davvero”

Tav, Frediani: "La pandemia ferma tutto tranne la lobby del Tav"

“Il cinismo della lobby del Tav non si attenua nemmeno in questo momento di grave emergenza sanitaria”. A dirlo è Francesca Frediani, capogruppo regionale del Movimento Cinque Stelle. “Mentre tutto il Paese si trova combattere contro il Covid19, scoprendo tragicamente le conseguenze di anni di tagli e di scelte dissennate della politica, soprattutto in ambito sanitario, c’è chi pensa che sia ancora possibile far finta di niente e continuare a camminare lungo la scellerata strada dello spreco e della devastazione. E così, tra i titoli dei quotidiani che richiamano la tragedia in corso e ci pongono di fronte alla terribile e dolorosa realtà, spicca il bando che Telt ha pubblicato per l’avvio del procedimento di pubblica utilità per un gruppo di terreni nell’area intorno a San Didero di Susa. Un vero e proprio necrologio della ragione”.

“Questa emergenza ha messo in evidenza le gravi carenze del nostro sistema, le falle di una dottrina economica incardinata sulla crescita insostenibile e sulla depredazione dell’ambiente, i ritardi e le debolezze della nostra politica. Oggi emerge come mai era successo prima l’importanza di ripensare le priorità, dando alla salute e alla sanità pubblica un ruolo di primissimo piano. Abbiamo bisogno di ridistribuire le risorse dove servono davvero: ricerca scientifica, tutela dell’ambiente, lotta alla povertà e all’emarginazione sociale”. 

“E invece nell’epicentro della crisi, quando tutti dovremmo interrogarci sugli errori, formulare nuove ipotesi  e considerare nuove prospettive, c’è chi continua a guardare la punta delle sue scarpe e ignora l’emergenza pubblicando l’avvio degli espropri. In un momento, per giunta, in cui tutto il Paese è bloccato, molte attività sono ferme, cantiere TAV incluso e sono in vigore precise limitazioni rispetto alle libertà di movimento. Il che ovviamente sarebbe un ostacolo ad esercitare il diritto di andare a prendere visione dei documenti relativi agli espropri nella sede di Telt. L’emergenza di questi giorni ha spinto molti cittadini a donare risorse per l’emergenza sanitaria, compiendo grandi atti di generosità.  Perché dovremmo ancora accettare che i nostri fondi pubblici siano impiegati nella devastazione dell’ambiente per realizzare un’opera inutile, quando tutti abbiamo ben chiare le vere priorità?”.

“Niente sarà più come prima, il tempo della scelte coraggiose è adesso. Non possiamo permetterci ulteriori errori. Quei cantieri, chiusi per decreto in questi giorni, non dovranno più riaprire”.

Italia e Spagna rompono, Ue sull’orlo del baratro

Italia e Spagna rompono, Ue sull’orlo del baratro

Macron si sfila all’ultimo e torna in sintonia con la Germania. Ora a Conte e Sanchez non resta che alzare la posta per non finire nella mani della troika

https://quifinanza.it/editoriali/italia-e-spagna-rompono-ue-sullorlo-del-baratro/365987/?fbclid=IwAR3d9Nmb-UCSrGGJY-70XN5HepHCMtPrFDagdr2HIYSzeBNOxf75CFZYHYs

L’epilogo del vertice in teleconferenza fra i leader europei avrà conseguenze ben più significative rispetto all’ultimatum lanciato per trovare una soluzione condivisa entro dieci giorni. Il fronte è stato infatti rotto da Italia e Spagna, che ora devono dimostrare di poter tenere dritta la barra.

Retroscena: la marcia indietro di Macron
Secondo le indiscrezioni riportate dal sito Dagospia, Italia e Spagna sono state ‘tradite’ da Macron, che aveva appoggiato e firmato la lettera dei paesi favorevoli ai Corona-bond, obbligazioni garantite dall’Unione Europea e non dai singoli stati richiedenti. Il presidente francese ha avuto un ripensamento, un no forse dovuto a un precedente colloquio telefonico con Angela Merkel che avrebbe dovuto sfociare in una tregua con i paesi falchi, anti-Eurobond, capitanati dall’olandese Rutte.

Germania contraria
La Germania del resto si era già opposta all’ipotesi Eurobond, lasciando intendere come considerasse sufficienti le misure in atto come la sospensione del Patto di Stabilità. Inoltre non ha aperto all’utilizzo del Mes con formula differente da quella originale. A quel punto Italia e Spagna, Conte e Sanchez, hanno tenuto una posizione dura, ferma, per poter ottenere la garanzia del Mes a tutti i paesi ma senza alcuna condizionalità, e senza firmare quel famigerato memorandum che significherebbe trent’anni di troika. Ma la Germania, va ricordato, si è allineata ai paesi nordici anche per conservare il tradizionale ruolo di possibile mediatore tra falchi e colombe.

L’ambiguità di Draghi
Del resto la questione è spinosa anche sul piano tecnico. Le crisi bancarie in Italia e Spagna avrebbero ripercussioni pesanti sull’intero sistema bancario europeo, ed è in questo senso che va letto l’intervento sul Financial Times di Mario Draghi, peraltro al centro di manovre politiche che lo vorrebbero premier in un governo di salute pubblica. Come nota sempre Dagospia, l’ex presidente della Bce non ha mai il coraggio di pronunciare nemmeno di sguincio la parola magica, Coronabond, limitandosi a sospirare: ‘’Spetta ora allo Stato e alle banche intervenire in maniera “forte e veloce” per evitare ora che una “profonda recessione”, che è “inevitabile”, si trasformi in una “depressione prolungata”. Senza dire se il debito andrà a gravare sui bilanci dei singoli stati, ed allora sarà troika, oppure all’Unione Europea attraverso i Coronabond.

Conte e Mattarella
In tale situazione Giuseppe Conte, spinto anche e soprattutto dal capo dello Stato Sergio Mattarella, ha sbattuto finalmente i pugni sul tavolo e rifiutato di firmare, insieme agli spagnoli. Perfettamente consapevole che o riesce a dare soldi al popolo o si rischia l’esplosione sociale. A differenza della Francia, l’Italia non può permettersi di sforare del 5/6 per cento, pena la bancarotta.

“Se qualcuno dovesse pensare a meccanismi di protezione personalizzati elaborati in passato allora voglio dirlo chiaro: non disturbatevi, ve lo potete tenere, perché l’Italia non ne ha bisogno!”. Questa la linea, si apprende da fonti di Palazzo Chigi, tenuta dal premier Giuseppe Conte nel corso del Consiglio europeo. “Una risposta forte ed adeguata la dobbiamo ai nostri cittadini e in definitiva alla stessa Europa. Che diremo ai nostri cittadini se l’Europa non si dimostra capace di una reazione unitaria, forte e coesa di fronte a uno shock imprevedibile e simmetrico di questa portata epocale? – ha chiesto Conte ai leader collegati in conference call – come si può pensare che siano adeguati a questo shock simmetrico di così devastante impatto strumenti elaborati in passato, che sono stati costruiti per intervenire in caso di shock asimmetrici con riguardo a tensioni finanziarie riguardanti singoli Paesi?”.

Ora sta a Conte e Sanchez mantenere una posizione rigida, senza Italia e Spagna, l’Europa non esiste più. Ma adesso ci sono ancora due settimane per provare ad ammorbidire le posizioni più rigide. Come dice Ursula von der Leyen, l’Europa è davanti ad un bivio. Questa volta per davvero.

Maxi ospedale mai finito – La vergogna nelle Langhe

https://espresso.repubblica.it/attualita/2013/11/19/news/verduno-il-mostro-della-collina-un-maxi-ospedale-nella-terra-del-tartufo-1.141541?fbclid=IwAR2N9yVc3yHQmqe3wqF7scAyEJioJYOMNhQ3hA8_He0I4gmKqXthtkHifTs

Sono passati vent’anni dai primi finanziamenti. Dieci dalla prima pietra. E la struttura è ancora in costruzione. Su un terreno franoso ritenuto non edificabile: perché regga sono stati necessari 900 pali in cemento. E la strada per arrivarci costerà dodici euro al millimetro. Cronaca di uno scandalo a Verduno, la terra del tartufo

DI ROBERTO DI CARO, FOTO DI MICHELE D’OTTAVIO

Maxi ospedale mai finito La vergogna nelle Langhe

Il più drastico è Carlo Petrini, presidente Slow food: «Mi è sempre sembrata una follia costruire un enorme ospedale su una collina instabile a metà strada fra Alba e Bra quando ce n’erano due, più piccoli, ben funzionanti e vicini alla gente: di uno ho usufruito, c’è una dimensione umana, anche la mensa è eccellente. Ma da destra e sinistra mi facevano capire con un sorrisetto che io ero fuori dal tempo, che bisognava pensare e realizzare in grande. Ora paghiamo il fio di quella megalomania». Sì, posizione minoritaria, Petrini. I politici adducono la necessità di economie di scala, i tecnici la vetustà di muri e impianti dei settecenteschi ospedali di Bra e Alba, i dottori le esigenze della nuova medicina, diagnostica in testa. Giusto o sbagliato che fosse, ormai l’enorme falansterio sta lì, abbarbicato coi suoi tre bracci che si stagliano per nove piani sulla collina di Verduno: appena sotto il paese e grande altrettanto, quando ti si para innanzi dalla statale Alba-Bra. Fra vigne e noccioleti, casali e castelli, nel cuore di Langhe e Roero, cammeo dell’enogastronomia italiana: area d’elezione del tartufo bianco, terra dei vini nobili piemontesi, culla dello Slow food, meta di orde di colti gourmet francesi, tedeschi, inglesi a gustare Barolo e Barbaresco, tajarin e agnolotti al plin.

I lavori sono fermi da due anni. Del nuovo ospedale c’è solo l’imponente scheletro in cemento armato, metà pelle in vetro e metallo, qualche organo interno tipo le modernissime cellule bagno parzialmente all’addiaccio. E la gente del posto fa gli scongiuri perché il mastodonte non resti abbandonato a cadere a pezzi. «Assolutamente no! I lavori ripartiranno prima di Natale, due squadre di operai dell’impresa costruttrice sono già arrivate da Bari per ripristinare le condizioni di sicurezza per le maestranze», replica Francesco Morabito, da un anno direttore generale della Asl Cn2. Qui però finché non toccano con mano non credono a niente. Come dargli torto?

PROMESSE DA PRESIDENTE. «Rispetteremo i tempi», giura Roberto Cota in visita nel settembre 2010, caschetto verde-Lega lui e Gianna Gancia presidente della Provincia di Cuneo. Ma la sua Regione, fuori di 16 milioni e mezzo, non salda i debitisicché, settembre 2011, l’impresa ferma i lavori e il cantiere sbaracca. A maggio 2012 arrivano 8 milioni: finta ripartenza, giusto qualche pannellatura, e a settembre Renato Balduzzi ministro della Salute in visita pastorale assicura: «La costruzione sarà completata a giugno 2014». Invece qualche giorno e i lavori si fermano. Ma a febbraio Balduzzi e l’allora direttore generale della Asl Alba-Bra Giovanni Monchiero vengono eletti deputati per Scelta Civica in Piemonte. Qualcosa comincia a sbloccarsi quando la Regione salda finalmente il pregresso. Se davvero si rimetterà mano allo scheletro, benevole previsioni parlano di entrata in funzione a fine 2016. Vent’anni dopo i primi stanziamenti della Regione, governatore Enzo Ghigo, centrodestra: d’accordo all’unanimità tutti i Comuni interessati. Dieci anni dopo la posa della prima pietra in una nebbiosa giornata d’autunno, governatore Mercedes Bresso, centrosinistra. Ma come ci si è infilati in un  guazzabuglio del genere?

Veduta dell'ospedale in costruzione

Veduta dell’ospedale in costruzione

IL POSTO SBAGLIATO. Il terreno scelto, per cominciare. «La sua conformazione geologica è ben nota: marne argillose inclini a scivolamenti e uno strato gessoso carsico, frane attive e quiescenti»», fotografa Riccardo Torri, geologo che ha lavorato su gallerie Torino-Lione e Brennero. Una instabilità antica, bastava chiedere a qualunque contadino. «Nel piano regolatore la zona era classificata “non edificabile, salvo opere di interesse pubblico non diversamente ubicabili”», conferma il sindaco di Verduno, Alfonso Brero. Su un terreno dove non potevi costruire neanche un casotto decidono di edificare un ospedale da 550 letti. Il geologo Orlando Costagli viene incaricato di certificare: «Mi rifiutai. Posso forse cambiare le carte dell’Autorità di Bacino, dove l’area è segnata in dissesto?». Lui no, ma la palla passa alla Regione, «e d’improvviso, sulle carte ufficiali, le frane scompaiono».

Riccardo Torri

Riccardo Torri

Perché lì, su una collina franosa e scomoda da raggiungere, quando in tutta la piana c’erano fior di terreni alcuni tuttora liberi e altri negli anni a venire occupati da enormi centri commerciali? Chi decise? «Il primo lotto di terreno lo comprammo noi, Comune di Alba, e fatta un’accurata perizia geologica lo donammo alla Asl. Perché lì? Era a mezza strada e costava un tozzo di pane. Non fosse andato bene, potevano sempre rivenderlo», racconta Enzo De Maria, ingegnere, sindaco Dc di Alba per tutti gli anni Novanta, amareggiato perché «è diventata come la Salerno-Reggio Calabria, tempi folli e soldi al vento».

Veduta dell'ospedale in costruzione

Veduta dell’ospedale in costruzione

IL BASTONE E LA CAROTA. Leggenda vuole che la scelta del sito fu un intrallazzo con la Chiesa: della Diocesi di Alba era il lotto più grande, 9 giornate, un decimo del totale: «Ma noi neanche volevamo vendere», racconta don Angelo Franco, parroco di Verduno e presidente dell’Ufficio sostentamento del clero; «la Asl offriva poco, fu il vescovo a sentenziare: dateglielo, non si dica che la Chiesa boicotta l’ospedale». Incassarono, novembre ‘98, 122 milioni e 480 mila lire, meno di quanto ottennero in seguito altri proprietari di noccioleti e vigne di Dolcetto acquistati con la carota del fate del bene e il bastone della minaccia di esproprio. In tutto, l’acquisizione dei 300 mila metri quadri è costata 2 milioni 570 mila euro, quasi 4 con Iva e spese: cifra fornita da Ferruccio Bianco, architetto, il rup, responsabile unico del progetto.

LA BOLLA PROJECT FINANCING. Bianco diventa rup a fine ‘95. Si indice una gara internazionale: vince lo studio Aymeric Zublena di Parigi, progetto preliminare nel ‘99, esecutivo nel 2004. Ora tocca trovare chi costruisce. E qui è la seconda anomalia: con la motivazione che costerà (Iva esclusa) 114 milioni e la Regione non ne può mettere più di 97, si procede in project financing. Vantaggi? «Nessuno», risponde chiaro lo stesso Bianco, il rup: «in quegli anni tutti si riempivano la bocca col project financing: una bolla, chi l’ha usato per opere similari se n’è pentito. La sua quota del 15 per cento il privato la metterà solo nell’ultima fase dei lavori, poi gestirà i 500 metri quadri di spazi commerciali interni, la manutenzione ordinaria e straordinaria, le forniture di acqua, luce e gas: introito annuo concordato, 7 milioni 280 mila euro più Iva al 22 per cento. Per vent’anni».

Francesco Morabito, direttore...

Francesco Morabito, direttore generale Asl Alba-Bra

NOVECENTO PALI. Vince, settembre 2005, la Mgr Verduno 2005, gruppo Maire Tecnimont. Che appalta i lavori di costruzione a una ati, associazione temporanea, fra l’impresa Matarrese di Bari e, per l’impiantistica, la Olicar di Bra. «Una delle pochissime gare in cui non c’è stato neppure un ricorso», vanta Morabito, il dg della Asl. I guai cominciano l’anno dopo, bonifica e messa in sicurezza della collina. Scavi, e il terreno frana. Ti sposti, e continua a franare. Alla fine l’edificio risulta 200 metri più in alto verso ovest. Perché il terreno regga sono necessari 900 pali in cemento larghi 1,80 metri profondi 30, e una diga in cemento armato lunga 260 metri, larga 7,3 e profonda 6. Una montagna di cemento. Costo dichiarato, 15 milioni di euro, 4 in più del previsto.
E in tutto quanto costerà? Dice Bianco: «Fermati i lavori, le richieste del concessionario erano spropositate: 60 milioni in più. Con un accordo bonario, gliene abbiamo riconosciuti 12. Il che porta il costo nudo a 125 milioni». Se aggiungi Iva, acquisizione terreni, spese tecniche e di gare ballano altri 31 milioni. Per un totale di 156 milioni, 29 a carico del concessionario.

DODICI EURO AL MILLIMETRO. Ammesso che lo si finisca, poi come ci si arriva al nuovo ospedale? La posizione è infelice. Su un versante collinare esposto a nord dove, con neve e ghiaccio, si sono addirittura immaginati di riscaldare il manto con una serpentina a pannelli solari. Poi «dovranno allargare la provinciale 7 e il ponte sul Tanaro. Raccordarla con la strada statale. Scavalcare l’autostrada Asti-Cuneo che ancora non c’è ma prima o poi faranno. Un rompicapo», descrivono Silvio Veglio e Franco Bartocci, Osservatorio per la tutela del paesaggio di Langhe e Roero che raccoglie una ventina di associazioni. Guardi la carta dei progetti della Provincia ed è tutto un gira e svolta e scavalla. Una variante doveva costare 4 milioni di euro, l’ultima oltre 20. Per 1700 metri. Significa 12 euro al millimetro, roba che neanche il tartufo. Ora pare si torni al tragitto originario, ma di deciso non c’è un fico secco. Coi tempi medi di costruzione, se l’ospedale sarà terminato rischi di poterci arrivare solo in elicottero o su una stradina buona giusto per la camporella.

La mappa del tracciato stradale per...

La mappa del tracciato stradale per arrivare all’ospedale

PUNTI FEDELTA’. «I primi a sentirci drammaticamente presi in giro siamo noi», attacca Luciano Scalise, direttore della Fondazione Nuovo Ospedale Alba-Bra, nata nel 2008 con un primo contributo di un milione e mezzo di Franco Miroglio del tessile e 100 mila euro a testa degli undici soci fondatori, Oscar Farinetti di Eataly, Bruno Ceretto dei vini, imprenditori e maggiorenti della zona: «Siamo l’unico esempio in Italia di onlus privata che sostiene un ospedale pubblico. Abbiamo raccolto 11,8 milioni e l’obbiettivo è 15. Ne studiamo una più del diavolo, dai punti fedeltà nei supermercati, alle bottiglie della vigna del Camillo Cavour. E ci troviamo una Regione Piemonte e un’impresa costruttrice che non rispettano gli impegni presi».

MEDICI CONTRO. Non sono gli unici a lagnarsi. Settanta medici, tecnici, infermieri e amministrativi (ma in due settimane sono già diventati 470) hanno appena costituito un il movimento Salviamo gli ospedali di Alba e Bra: «Per la spending review e mentre tutti aspettano Verduno», elenca Giovanni Asteggiano, primario di Neurologia, uno dei promotori, «a Bra hanno tolto il punto nascita, chiusi Ostetricia e Pediatria, il Pronto Soccorso è destinato a sparire. Alba ha ridotto le prestazioni e allungato le liste d’attesa. Le attrezzature sono obsolete. Quattro medici specialisti a contratto precario se ne sono già andati via in un mese, e altri dovranno lasciare prima di Natale».

Bruna Sibile

Bruna Sibile

VIRTUOSI E GABBATI. Che cosa resterà dei due attuali nosocomi sotto casa? Bruna Sibille, centrosinistra, sindaco di Bra, nega che toccherà salire a Verduno per un esame del sangue: «Analisi, radiografie e lungodegenza resteranno dove sono. Ci stiamo battendo con la Regione per ottenere deroghe alla spending review. Perché la smettano di svuotare servizi essenziali a noi che per la sanità spendiamo 1600 euro a cittadino, 200 in meno della media piemontese. Significa che costiamo 25 milioni di euro l’anno in meno». Sì, però vi costruiamo l’ospedale, insinuano in Regione. Si annuncia un altro annoso tira e molla.

19 novembre 2013

IL MONDO È TUTTO UN VIRUS — SCIENZA, MEDIA, PENSIERO UNICI —- DOPO LA LEGGE MARZIALE, IL DOGMA E LA CENSURA

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/03/il-mondo-e-tutto-un-virus-scienza-media.htmlMONDOCANE

SABATO 28 MARZO 2020

Dante, Inferno X, Eretici

“In Era Covid-19 abbiamo da un lato scienziati solitsti, interessati ad autoreferenziarsi piuttosto che a confrontarsi, dall’altro una bulimia di informazioni, diffuse a scopo più strumentale che informativo”. (Maria Rita Gismondo, direttore Microbiologia clinica e Virologia, Ospedale Sacco, Milano)

Il top della scienza: in galera gli eretici!

https://www.byoblu.com/2020/03/25/il-patto-trasversale-per-la-scienza-di-burioni-chiede-alla-procura-loscuramento-di-byoblu-byoblu24/

Prima una notizia di quelle che fanno accapponare la pelle dalla radice dei capelli all’unghia del ditone. Aveva già assaltato con una “diffida legale” la direttrice di Virologia del “Sacco” di Milano, Maria Rita Gismondo, una delle voci della scienza “altra” rispetto a quelle che, sostenute dall’apparato farmaceutico e politico, dettano legge su virus e vaccini. Voci sparute e inascoltate in Italia, numerose e autorevoli all’estero. Poi la sua volontà di imporsi come monopolista dell’unica Scienza da lui ammessa e propagandata, insieme ai tanti brevetti anti-virus di cui si è assicurato la proprietà, gli ha ulteriormente fatto perdere il senso delle proporzioni tra se stesso e le storiche e perenni varianti di interpretazione scientifica. Si parla del Dr. Roberto Burioni che ha denunciato alle procure di Modena e di Ancona Byoblu di Claudio Messora. E ha loro chiesto, tenetevi forte, di oscurarla.

Roberto Burioni, Claudio Messora

Byoblu è una web-tv che da anni, godendo di milioni e milioni di visualizzazioni e di decine di migliaia di sostenitori, rappresenta una voce preziosissima, anzi irrinunciabile, per chi non si piega all’unanimismo dei media di regime. Oltre tutto, un sito che nelle sue trasmissioni si preoccupa di dare spazio, oltre che a voci “eterodosse” rispetto al mainstream, a coloro che si collocano dal lato “giusto” degli schieramenti. Insieme a Byoblu è stato denunciato un ospite, il Dr. Stefano Montanari, che, insieme alla sua compagna, Antonietta Gatti, da molti anni produce ricerche e risultati, apprezzati in tutto il mondo, su microparticelle e polveri ultrasottili. Ricerca ed esiti del tutto sgraditi a coloro le cui attività anti-ecologiche e antisalutari sono all’origine della diffusione di queste particelle, indubbiamente facilitatrici dell’incidenza di virus influenzali per i danni inflitti al sistema respiratorio e non solo. Ebbi il privilegio, insieme ad altri, di partecipare anch’io a una trasmissione di Byoblu, pochi giorni prima di Montanari e, per le opinioni espresse, che sono quelle a molti italiani note e non dissimili a quante messe virtualmente sul rogo da Burioni & Co., devo aver contribuito all’anatema lanciato contro Claudio Messora.

Il censore: Byoblu delenda est

Ebbi il privilegio di intervistare la dottoressa Gatti, consulente scientifica di molti governi, sul ruolo che le esercitazioni a fuoco nelle basi Nato e italiane, insieme alle sperimentazioni di esplosivi e sostanze chimiche di produttori da tutto il mondo, potrebbero aver avuto sull’eccezionale mortalità di umani e animali in Sardegna. Figuriamoci la simpatia che le possono aver riservato i responsabili di tali attività. Non stupisce perciò come, nella sua pretesa di rappresentare l’unica scienza veritiera, accreditata e titolata a pronunciarsi su interpretazioni e provvedimenti relativi a questo come a tutti i virus, Burioni, prestigioso esponente insieme ad altri virologicamente consanguinei, del “Patto Trasversale per la Scienza” e feldmaresciallo della guerra contro i novax, si sia ritenuto in diritto/dovere di segnalare alla Giustizia trasgressori mediatici e scientifici del suo unicissimo pensiero.

Si prospetta una notte di San Bartolomeo che la faccia finita con tutti gli ugonotti (ho la tara di esserne un discendente) che insistono a propagare opinioni diverse da quelle del luminare del San Raffaele di Milano (Clinica privata multimiliardaria fondata dal noto Don Verzè, prete spretato e pluricondannato per corruzione e abusi edilizi). Il San Raffaele in tempi recenti è stato beneficiario, insieme alla clinica Maugeri, di 60 milioni di euro sottratti dal presidente della Lombardia Formigoni alla Sanità pubblica in cambio di tangenti e in cambio di 5 anni e 10 mesi di carcere, con pena ridotta, grazie a prescrizione, per la corruzione relativa al San Raffaele.

Italexit, fusse che fusse la vorta buona…

La prima, immediata conseguenza geopolitica agli occhi di noi non pazzamente innamorati della gabbia UE-euro è la riapertura della finestra per una possibile Italexit. Assistiamo all’implosione di quella specie di vergine di Norimberga che, da quando il Grande Vecchio Romano Prodi ce la inflisse, ci teneva chiusi e trapassati dai suoi chiodi d’acciaio. Tutti i sempre demagogici e altisonanti discorsi di solidarietà, fratellanza, coesione, con cui un costrutto del tutto politicamente immotivato e deleterio, voluto dagli Stati Uniti per eliminare dalla scena gli Stati nazionali con le loro costituzioni democratiche e antifasciste, sono svaporati. Li ha dissolti la realtà di una pseudounione autoritaria, illegittima e predatrice, servita esclusivamente a disintegrare quel poco di democrazia conquistata dalle masse dopo il 1945 e a imporci un ordine di burocrati non eletti e totalmente soggetti alle lobby dei grandi poteri economici a guida Usa e francogermanica. Il confronto tra gli sprezzanti dinieghi della BCE di Lagarde e la stitichezza di aiuti tuttora eventuali, il rifiuto della Germania e dei suoi satelliti di rinunciare al MES, meccanismo debito-austerità che ha ucciso la Grecia, e la generosità di paesi che l’UE ci aveva insegnato a odiare, ne hanno decretato la fine, quanto meno morale e ideologica.

Una geopolitica senza comprimari

E’ sparito il resto del mondo, se l’è mangiato CVovid-19. Non so se al tempo in cui leggerete queste note sarà ricomparso, o forse svanito in un gigantesco blob di coronavirus e conseguenti effetti collaterali.  Il vantaggio per i governanti e i poteri della nostra parte del pianeta è che, con il resto del mondo, spariscono crimini dell’imperial- capitalismo. Per noi il vantaggio si riduce alla sparizione delle ONG, organizzazioni governative e del bancomat George Soros. Niente più Medici Senza Frontiere, Medici per i Diritti Umani, Save the Children, Avaaz e neanche Amnesty e Human Rights Watch, in carenza, di “dittatori”, anti-americani e spargivirus, da abbattere e diritti umani amerikani da garantire a “rifugiati” e “prigionieri politici” (come se noi, reclusi da Conte, non lo fossimo).

Trovatemi, durante il decorso della pandemia, un trafiletto o uno spazietto tv che ci aggiorni su Idlib dove turchi e jihadisti persistono in invasione e massacri; qualcosa sullo Yemen, dove gli angloamericani perseguono, tramite Emirati e sauditi, l’eliminazione dalla faccia della Terra di un intero popolo; o sulle stragi di vecchi e bambini provocate dalle sanzioni USA-UE in Iran e Venezuela. Sono anche scomparsi i mattatoi allestiti dal premier indiano Modi sui propri cittadini non indù e su quelli musulmani nel Kashmir sequestrato. Nè si sa più nulla sui giri di vite di Bolsonaro nei confronti sia della democrazia, sia della natura brasiliana che offre respiro al mondo e di chi ci abita e che si va incenerendo. Si è taciuta l’esecrazione mediatica dell’egiziano Al Sisi, del coreano Kim Jong Un, del libico Haftar. Il vuoto che rimane dopo un pieno strabordante è quello dello “Zar” Putin. I latrati quotidiani dell’intero branco e dei tg e talkshow de La7 sono scaduti in isolati e nervosi ringhi E, colmo dei colmi, sono svanite in qualche abisso oscuro le sardine che avrebbero dovuto capovolgere l’Italia come un calzino. Dicono, temo a buona ragione, che “nulla sarà come prima”. Vogliamo scommettere che, invece, quanto sopra ho citato tornerà e più forte che pria?

Tace l’Italia, urlano i media

L’Italia si azzittisce e ansima di paura, sempre meno per il terrorismo da coronavirus, scatenato da politici, “tecnici” e stampa su controverse basi scientifiche e matematiche, come confermano voci attendibili e non condizionate, ma con enormi prospettive di profitti e di potere. Il paese si azzittisce e teme, sempre più per la condizione di carcerato innocente, con sulla testa la spada di Damocle della fine di una libertà, peraltro da tempo menomata, ben oltre il limite che l’arbitrio vorrà fissare alla sospensione di diritti civili e umani.

Allarghiamo lo sguardo dalle miserie e cialtronerie di un’Italia avviata di corsa alla sepoltura della sua già logora democrazia, superando i muri che hanno eretto intorno a ognuno di noi e che ci fanno sorridere amaramente se ripensiamo a quei muri che Ong e caritatevoli accoglitori senza se e senza ma, volevano abbattere a favore degli sradicamenti e mescolamenti di popoli e culture progettati dalla globalizzazione.

Sorvoliamo sullo scandalo di una metastasi della frode di Stato che attribuisce al Covid-19 tutti i decessi, causati da patologie che vanno dalla polmonite alle cardiopatie e ai tumori, con o senza lieve interferenza di virus influenzali, arrivando a gonfiare al 10% (26 marzo 2020) un effettivo tasso di mortalità intorno a un 2% direttamente collegabile all’influenza.

Ciò che non è possibile trascurare in una disamina delle conseguenze geopolitiche di un’operazione che, oltre a prefigurare il controllo orwelliano sulle popolazioni da parte di chi del fenomeno se ne è assicurato l’origine, la conduzione e ne ha programmato l’esito sociale, è il ruolo di propagandista che ne ha assunto il complesso stampa-tv. Ha colto l’occasione. Dopo anni in cui si sono demonizzati i social media come sentina di ogni infamia manipolatoria e di fake news, ha dimostrato un’assoluta sinergia con gli interessi di tutto ciò che sa di padrone e, in particolare, con le mire dell’élite imperialista di giungere finalmente alla resa dei conti con la parte del mondo che si oppone al colonialismo globalizzato e ne minaccia il fallimento.

Una stampa di sussidarietà

Da anni proviamo profonda vergogna e repulsione per un sistema mediatico nostrano che, pure in un Occidente altamente omologato nei suoi strumenti di persuasione e con eccellenze manipolatorie come il New York Times, la CNN, il Washington Post, pratica, meglio di tutti, i manzoniani servile encomio e codardo oltraggio. Ma quanto si è verificato in occasione degli aiuti stranieri ricevuti da un’Italia in pieno marasma per la propria incapacità e impreparazione ad affrontare un’epidemia virale non molto più virulenta di quante l’hanno preceduta, supera ogni immaginazione.

Sono venuti in nostro soccorso, non gli alleati storici USA, non i nostri famigliari UE e nemmeno il Vaticano, se non in misura indecentemente micragnosa rispetto alle altre confessioni da 8×1000. Chi ci ha dimostrato amicizia, solidarietà, in termini generosissimi, umani e materiali, sono stati i russi, i cinesi, i cubani, gli egiziani, i venezuelani. Tutte nazioni sulle quali, su indicazione di chi ci detta ogni cosa, si abbatte da anni l’ignoranza, l’odio e la diffamazione dei nostri media. Il giorno dopo, “La Stampa” degli Agnelli ha battuto ogni primato di insolenza all’informazione e di accanimento propagandistico descrivendoci gli aiuti giunti su 11 aerei di trasporto russi come minaccia militare di Mosca: se ne avvarrebbe per fini spionistici e militari, in vista dei cavalli dei cosacchi alle fontane di San Pietro.

“Il manifesto” ha intensificato il suo bombardamento di calunnie, insinuazioni, imposture, contro Russia (e Cina) che datano dalla sua radiazione dal PCI e dalla nascita del giornale che si burla di noi definendosi “comunista”. Identica la posizione del “Fatto Quotidiano”, altra mosca cocchiera dell’atlanto-euro-sionismo e identica l’indecenza deontologica e morale di tutto l’apparato mediatico nazionale Tutti in frenetica rincorsa di rimedi  all’evidente cambio di paradigma che il cinismo menefreghista dei padroni europei e statunitense a confronto con il fraterno umanitarismo ha suscitato nell’opinione pubblica. Se ne deve concludere un dato assiomatico: giornali e tv i cui dipendenti abbiano frequentato la cupola impenetrabile, riunita in Bilderberg o Trilateral, hanno perso ogni credibilità. Vale anche per i politici. Il potere economico fa il suo mestiere.

Vittima e boia di vittime

Ma non solo. Mentre Venezuela, Russia, Cina, Egitto e Cuba ci mandano aiuti, Gli Stati Uniti, seppure vittime del virus anch’essi, hanno il buongusto di approfittare dalle temperie in corso per accentuare le sanzioni contro quei popoli e anche contro l’Iran. Delle cui morti a migliaia, provocate dall’impossibilità di acquistare medicine, gli USA sono i responsabili diretti e volontari, insieme all’UE. Ma davvero impensabile, nel momento di un’epidemia che colpisce insieme alle sanzioni, è stata l’iniziativa dei vertici Usa di incriminare il presidente venezuelano di “narcoterrorismo”, mettendogli sulla testa una “taglia” di 15 milioni. Questo, da parte di un governo gangster, inviperito dal totale fallimento del suo regime change con il grottesco Guaidò. Un governo che, sotto la mistificazione della “guerra alla droga” (pari a quella della “guerra al terrorismo”), da decenni alimenta il mercato suo e occidentale e, di conseguenza le sue banche, di cocaina dal paese vassallo Colombia, che ne è il massimo produttore, e di eroina, dal paese vassallo Afghanistan, che ne è il massimo produttore.

La velocità e l’accanimento con cui la nostra stampa si è affannata a ribadire che cinesi e russi, con rispettivi amici e alleati, sono il male assoluto e noi stiamo nella scialuppa di salvataggio che riesce a scamparci da quell’orso e quel dragone, è il segno di quanto i mondialisti dell’imperialismo odino e temano la prospettiva eurasiatica. Che la problematica del superamento dell’egemonia mondiale degli Usa, dalla quale dipende il successo della cricca globalista che richiede di manovrare tutto, compresi gli Stati Uniti, per raggiungere lo scopo della dittatura mondiale su un “nuovo mondo”  huxleyiano, sia al cuore dei modi in cui viene gestita e propagandata la supposta pandemia, lo dimostra l’automatismo con cui i media si precipitano a restaurare l’immagine dell’antico e perenne nemico, non più rosso, ma sempre dittatura che annienta i diritti umani.

Vaticano e USA, una faccia una razza

Un’immagine incrinata non solo dall’aiuto fornito e dalla solidarietà dimostrata addirittura ai camerieri dei loro aggressori, ma anche dall’efficienza e tempestività con cui in Cina si è risposto al virus e dalla capacità della Russia di contenere l’epidemia. A fronte di questi paesi “nemici” o, comunque, malfamati, che sono venuti in nostro soccorso, stanno le manovre Nato-Usa per simulare un’aggressione alla Russia è, ancora più simbolicamente, il mezzo milione di mascherine italiane dirottate da Aviano negli Usa. Quanto all’altro Stato che sovrintende ai nostri destini, non solo spirituali, la Chiesa si è distinta per l’offerta più taccagna. In compenso, storicamente la più grande fabbricatrice di scenografie ammalianti, ci ha offerto un papa bianco, solo sotto la pioggia nera, in una piazza San Pietro deserta e grigia, stagliato contro la maestà della cupola di Michelangelo. Rimbombano per tutto il mondo le sue due frasi lapidarie, storiche, frutto di pensiero profondissimo: “Nessuno si salva da solo” e “siamo tutti nella stessa barca” (cosa, peraltro, non del tutto vera). Diavolo di un Bergoglio, come hanno fatto a venirgli in mente!

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:55

LE PERSONE CHIUSE IN CASA, IL PENSIERO CHIUSO IN TESTA—- CACCIA ALLE STREGHE —– IL TRIPUDIO DEI CORTIGIANI

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/03/le-persone-chiuse-in-casa-il-pensiero.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 25 MARZO 2020

 https://www.youtube.com/watch?v=gfHpWwWu-qY  Povera Patria

Lo Zeitgeist dei pochissimi

Siccome la tendenza dominante, dai filosofi tedeschi chiamata Zeitgeist, spirito del tempo, è quella, dell’imbroglio, del raggiro, del complotto dei pochissimi ai danni dei tantissimi, i primi però con seguito di giullari, sicofanti, guardaspalle, chierici traditori e camerieri, noi ci affidiamo alla controtendenza della sincerità, onestà, libertà. Voci dissonanti che, pure, esistono, si vanno facendo largo tra le crepe della cospirazione. Che se dovessero prevalere, dovrebbero portarci un bellissimo giorno a un simil-processo di Norimberga. Processo in cui giudicare e condannare, certamente non all’impiccagione come l’originale, tutti coloro che hanno provato a fare al mondo un’inversione a U e così bloccare la storia dell’emancipazione umana. Ho scritto “simil-Norimberga”, dato che quell’episodio antigiuridico rappresenta un’aberrazione senza confronti: un processo di criminali di guerra vincenti a criminali perdenti. Il nostro processo sarebbe dei liberi e onesti ai ladri di verità e di onestà. Ladri a mero scopo di dominio e di profitto attraverso l’imposizione, ancora una volta, del dogma, del pensiero unico universale.

A la guerre comme à la guerre

Nei momenti di loro massima crisi, di credibilità prima ancora che di potere, i padroni ricorrono al mezzo estremo: la guerra. Ed è di guerra, di fronte, che straparlano i coloro che gestiscono l’attuale fase di attacco a quel poco che ci era rimasto di secoli di lotte di liberazione. E quando di guerra si parla, non solo appaiono sulla scena colonelli e truppe, ma i dissidenti, le voci alternative, diventano collusi col nemico Il nemico essendo non solo il Virus diventato, da normale fastidio, stragista e “nemico della vita”, ma tutti coloro, magari scienziati, che lo “sottovalutano”. Trattasi di disertori, traditori, il peggio del peggio, quelli che negli anni di Hitler in Germania praticavano la “Wehrkraftzersetzung”,  la disintegrazione della Forza di Difesa.

Ecco, oggi abbiamo, in aggiunta ai tanti castigati perché topi fuggiti dalla tana e oppositori del distanziamento sociale per spinta di sopravvivenza, la peste infame dei disintegratori della Forza di Difesa. Quelli che, quando poteva, la Chiesa faceva ardere sui roghi a maggiore gloria di dio e del proprio dogma. Ora, oltre che con la superfetazione di forze dell’ordine, dobbiamo vedercela con i droni che fulminino, per ora con telecamere, domani, chissà, con gli Hellfire, i delinquenti che, addirittura in coppia, ancora insistono a contagiare il paese facendo più di 100 metri per strada (6000 euro di multa, sei mesi di carcere, 5 anni se vai in giro contagiato).

Rispunta Torquemada

Una strega ideale che, si parva licet componere magnis, sarebbe banale, ma non improprio, avvicinare a Giovanna d’Arco, e la da me ripetutamente citata Maria Rita Gismondo, direttore Microbiologia clinica e Virologia all’ospedale “Sacco” di Milano, il più rinomato, insieme allo Spallanzani di Roma. Questa, al pari di alcuni tra i più autorevoli virologi ed epidemiologi d’Europa, si è permessa di opporre al terrorismo, tipo “Saw”, che ci incuneava in cunicolo dopo cunicolo della paura, un minimo di dati corretti, a ridimensionamento del clown, appunto, di “Saw”, dimostrandoci alla mano di numeri di contagi, malati, morti, come ci trovassimo in poco più di una normale influenza stagionale. Influenza però stavolta precipitata nel deserto di una Sanità pubblica, un tempo attrezzata, oggi ridotta, a dispetto e a insulto di coloro che ci operano da combattenti e martiri, a qualcosa di meno di un lazzaretto seicentesco.

 Roberto Burioni, Clinica privata San Raffaele; Maria Rita Gismondo, Ospedale Pubblico Sacco

Contro Gismondo, che aveva detto saggiamente, in coro con le massime eccellenze europee: “Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia… non dobbiamo preoccuparci”, si sono concentrate le artiglierie di fango di un qualcosa che ricordiamo averci imposto, unici nel mondo, in nome della Scienza dall’ S maiuscola, una e trina (Big Pharma, OMS, Burioni), 12 vaccini fin dalla nascita e sputi in faccia a chi ne temeva le ricadute, peraltro denunciate da un’altra scienza, ovviamente con la s minuscola. Si tratta del “Patto Trasversale per la Scienza” (PTS) dei noti Burioni, Lopalco e Silvestri. Hanno diffidato legalmente (sic) una delle nostre più eminenti specialiste della materia, “per le gravi affermazioni sul Coronavirus, volte a minimizzare la gravità della situazione e non basate su evidenze scientifiche”. Che solo loro hanno. Se la vedranno in tribunale, dato che Maria Rita Gismondo ha risposto da par suo: ”Non torno indietro sulle mie dichiarazioni”. Quanto a voi, da chi andreste in caso di difficoltà respiratoria, da Gismondo, o da Burioni?

Bergamo, Brescia, caro vaccino

A proposito di vaccini, questa è davvero interessante. Bergamo ce l’hanno raccontata come Manzoni la Milano della peste. Siamo stati percossi dalle immagini di innumerevoli camion militari che portavano via bare a una a una. Qualcuno, tra cui questo blog, ha segnalato il dato che, con la regione più inquinata da particolato d’Europa, forse c’era già qualcosa nell’aria della Lombardia che facilitava l’infezione polmonare. Ora ne abbiamo un altro di possibili facilitatori (purchè il prof. Burioni non ci scorga, sennò altro che diffida legale). Nel gennaio del 2020, in una campagna lanciata dalle autorità, vengono vaccinate 34.000 persone contro la meningite, tra le quali 1.680 scolari direttamente nelle scuole e 2.414 lavoratori negli stabilimenti. Anche a Brescia 9.200 persone ricevettero il vaccino speciale, in aggiunta a 1.700 persone da parte di medici di base e pediatri, 1.000 scolari e 300 lavoratori, per un totale di 12.200 cittadini.

Gli scienziati del ramo ci dicono che un effetto collaterale del vaccino può essere la sindrome Guillain-Barré che nel 25% dei casi produce una paralisi della muscolatura respiratoria, i pazienti devono essere ventilati e la mortalità sale al 5,5%. Fatene quel che volete. Ma, oggi come oggi, non fatevi sentire. Verrà il tempo…

Il caudillo e i suoi cacicchi

Il “Modello Italia” che l’OMS propone al mondo intero lo dobbiamo ai comandanti di questa guerra. Una combriccola (classe dirigente sarebbe dire troppo) di feldmarescialli, generali, colonelli, sergenti, tutti delegati dell’OMS, a sua volta delegato di Big Pharma, impegnati a marcare di malato l’asintomatico (sano) e di morto per Covid-19 qualunque deceduto per qualunque patologia, sempre senza autopsia, ma comunque con un tampone che gli ha individuato, ma anche no, tra polmonite e diabete, un qualche virus influenziale. Siamo in guerra, tuonano da ogni schermo e titolo e dunque coprifuoco, stato d’assedio e legge marziale sono fisiologici, istituzionali e indispensabili.

Più che di generali, si tratta di nani da giardino, un po’ Pisolo, un po’ Brontolo, un po’ Gongolo, cui la nostra coltivata sudditanza ha concesso i galloni di ufficiale di giornata, ma che si rappresentano sulla scena come fossero i 300 di Leonida alle Termopili. Nanetti pasticcioni e incompetenti, galline tra le quali è scoppiato un mortaretto, che si accapigliano tra di loro a colpi di ordinanze alla rincorsa di chi colpisce più duro, un’armata Brancaleone che nemmeno l’esercito di Franceschiello.

E i gendarmi? Mentre noi guardiamo in strada, al passato e al presente e al futuro, da sbarre come quelle di Cagliostro nella Rocca di San Leo, tocca preservare la salute a coloro che si preoccupano di tenerci chiusi. A noi, ridotti a larve dalla mancanza di vitamina D che ci regala il sole, 4000 dobloni di multa e 6 mesi di sbarre. A loro, almeno 30 minuti al sole ogni giorno. Ecco il documento, ingranditelo.

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Conte, chiudiamo la nazione, anche se metà non c’entra niente

Anche un incredibile premier che, quando ci sa mezzi abbioccati dall’ora, dagli schermi drogati di panzane e cretinerie, dal sonno, estenuati dalla paura, verso mezzanotte, con il mezzo che rappresenta Stato e governo, cioè sul suo profilo Facebook, ci fa sapere che la mattina dopo ci saranno tanti nuovi reati da farci trattare tutti da potenziali delinquenti. Una tecnica di comunicazione innovativa, rispettosa delle istituzioni, del parlamento degli eletti (che gli frega, mica è stato eletto, lui). Con un decreto nemmeno pronto, figuriamoci se discusso dalle assemblee con relativa assunzione di responsabilità costituzionale, l’ometto devoto a Padre Pio e a molto altro, mette sotto chiave tutti quelli che a lui e ai suoi soci mettono paura, cioè l’intero paese. E ora le ammende sono diventate di 4000 euro, il carcere di 6 mesi, e auto e moto da sequestro.

5,50 marchi al giorno costa allo Stato un malato. Di 5,50 marchi al giorno vive una famiglia sana.

Avendo in mente chissachecosa, con il centrosud del paese addirittura sotto la media annuale delle infezioni virali, gli è parso opportuno mettere in lockout l’intero paese. Fuorchè le fabbriche e gli schiavi nei campi (a proposito, le ONG, le avete mai più sentite?). Guai a far sentire il Nord del 84% dei decessi, perchè sanitariamente scassato e inquinato come nemmeno Seveso, l’untore d’Italia. La Confindustria non voleva. E nemmeno coloro che sussurrano all’orecchio di Giuseppe Conte e che vogliono l’Italia Nuova. Magari un po’ demograficamente dimagrita, libera dal peso sui giovani di vecchietti deboli, malati e improduttivi. Vecchio sogno malthusiano e sorosiano, che oggi si materializza in tutto il mondo occidentale e di cui si fa interprete Barbara Spinelli, eurodeputata nella lista degli amici di Soros, quando sul Fatto Quotidiano descrive il “triage”, la scelta di far morire quelli con minore aspettativa di vita, come “scelta razionale, anche se terribile”, senza prenderne le distanze.

Comunque non c’è solo la falce del Covid-19. Nello stesso tempo in cui al virus sono stati attribuiti nel mondo 250 morti di vecchi, di fame sono morti nel mondo 25.000 neonati e minori. E non si tratta di dato solo stagionale. E quando il mutante avrà terminato il suo giro annuale, dei suoi effetti si continuerà a morire. Una megarecessione trascina con sé sempre un aumento di decessi per malattie, suicidi, tossicodipendenze, alcolismo, violenze domestiche e un generale peggioramento delle difese immunitarie. Come risaputo e provato, c’è già chi, producendo farmaci, se ne lecca i baffi.

Da Roberto I a Urbano VIII, andata e ritorno. L’inquisizione non muore

Processo a Galileo Galilei

Come abbiamo ampiamente constatato e don Robertro Burioni ci ha ribadito, prima sbeffeggiando e poi minacciando una voce fuori campo (colpirne una per educarne cento), essere critici non è permesso. “La scienza non è democratica”, ha sentenziato, scambiando la materia con se stesso e se stesso con papa Urbano VIII (quello di Galileo). Eppure, né lui, né l’immenso coro che ci tempesta con l’ordine di stare in casa sennò ci fate morire tutti, hanno avuto da ridire quando si è saputo che la famigerata esercitazione USA-Nato Defender Europe 20 , della cui cancellazione aveva parlato la Merkel, dopotutto si farà. Un tantinello “ridimensionata” (qualche migliaio dei 40mila effettivi in meno, ma con masse di cingoli in terra, navi in mare e aerei in cielo), con tanto di militari di una dozzina di paesi belli mischiati e fraternizzanti nel segno dell’assalto alla Russia. Russia che, ipoteticamente, dovrebbe rifarsi sui popoli e beni europei, base dell’aggressione. Complimenti all’alleato e protettore.

Tutto il potere ai militari?

Del resto, il segretario Nato Jens Stoltenberg non aveva colto l’occasione per garantire che la Nato si sarebbe fatta parte attiva nella lotta al coronavirus? Ma non è che i generali Usa si preoccupano di promuovere, insieme al virus e alla guerra ai russi, solo in Europa il nuovo assetto che da queste mosse dovrebbe nascere. Ora che il coronavirus è tracimato alla grande anche negli USA, ecco che si ripresenta l’occasione, parzialmente sprecata dopo l’11 settembre 2001, nonostante il Patriot Act, le sette guerre, il terrorismo e tutto il resto. Secondo un articolo di Newsweek, uno dei più importanti settimanali americani, ripreso dall’Eurasia Daily, le autorità statunitensi hanno adottato misure per introdurre uno stato d’emergenza nel quale è previsto che il potere passi dal governo civile a quello militare. Tra le ipotesi per le quali ciò dovrebbe essere fatto, oltre a catastrofi naturali e diffuse insubordinazioni sociali, è stata ora inserita anche quella in cui una crisi da coronavirus dovesse incapacitare presidenza, governo e congresso. I piani di contingenza a ciò intesi sono pronti e si chiamano Octagon, Freejack e Zodiac. E danno ai militari, anche se subordinati e su base territoriale, il diritto di sostituirsi alle autorità civili. Il tutto è sotto il controllo di NORTHCOM, comando Nord delle FFAA statunitensi istituito dopo l’11/9. Mai più rivolte alla Berkley, mai più Pantere Nere, mai più studenti di Occupy Wall Street. E nemmeno Woodstock.

Russia, Cina, Cuba, grazie. USA non pervenuti. Ma Erri De Luca ahinoi sì.

Ci sono arrivati aiuti impensati, sebbene non impensabili. Medici specializzati e milioni di mascherine dalla Cina, 53 dei migliori medici e infermieri antivirus da Cuba e il carico più grosso, nove enormi IL-76 da trasporto russi con 100 specialisti di infezioni da virus, attrezzature di protezione e macchinari clinici, mezzi mobili per la bonifica di ambienti pubblici, strade e piazze. Dagli Usa, l’esercitazione “Defender Europe20 con il suo demenziale potenziale di virus. E sapete cosa ci ha fatto sapere Erri De Luca, uno dei patetici transfughi da Lotta Continua, l’ultimo movimento che abbia preoccupato i padroni?

L’autore molto supponente di mediocri poesie e di sciropposi libri autocelebrativi, grande cantore della Bibbia e dei suoi adepti confessionali e statali, avendo decantato tutto quello che si va facendo in nome della salvezza del paese, compresi i confusi che cantano inni dai balconi, le “misure di restrizione condivise e applicate con spirito civico di collaborazione, più che da minacce di sanzioni” (sic), si rifà a Sarajevo, altra gigantesca mistificazione. La città che anche lui frequentò in complicità con tutti i cattomiliziani del papa e collaborazionisti anti-serbi vari, co-distruttori della Jugoslavia. Una medaglia al merito Nato.

Definita avanguardia virtuosa l’Italia sderenata, disperata e passivizzata che abbiamo sotto gli occhi, messo da parte lo storico atlanto-sionismo, è arrivato a riconoscere gli aiuti da Cuba e dalla Cina. Ma non ha saputo contenersi dal deplorare la cinica mancanza di aiuti dalla Russia. Un De Luca che una volta di più ha pestato qualcosa di molto infettante.

Avrebbe potuto nettarsene, deplorando la stitichezza della Chiesa. Buddisti e valdesi, con il loro 8 per mille piuttosto povero, hanno donato per la lotta al virus una media del 22,33%. I cattolici del loro miliardo e 132 milioni hanno donato 10 milioni, anziché i 230 milioni che corrispondono alla percentuale degli altri.  Su questo problema, che inerisce alla tradizione del grande tronco monoteistico, Erri tace.

Giullari, chierichietti, cortigiani e presstitute

Nel corso di questi mesi di “pandemia” ne abbiamo viste di tutti i colori, una più stupefacente dell’altra e se eravamo già da qualche tempo abituati a osservare che, come paese, come conglomerato europeo e loro vertici, avevamo raggiunto il fondo e stavamo addirittura scavando, non riusciamo ancora, fessi come siamo, a farcene una ragione.

Neanche oggi che ci si offre lo spettacolo, nel nome della salute, anzi, della vita, di una totale distruzione della privacy, di una riduzione della libertà e dell’autodeterminazione di individuo e comunità mai viste, neanche nel Ventennio. E di una moltitudine di soggetti che, trafelati, si precipitano a soccorrere, omaggiare, servire, il vincitore. Dagli schermi si affacciano le facce benevoli, solidali, ammiccanti, ammonenti, truccate, ipocrite, tutte indistintamente belline e autocompiaciute, di vip dello spettacolo, dello sport, del cinema, della stampa, del trash. Ci consigliano, pregano, intimano di stare in casa, di lavarci le mani, di non toccarci qua e là (tipo il prete dell’oratorio), di stare allegri, di fare tante belle cose tra tinello e cucina, di godersi la famiglia. Complici. Come non è possibile che non lo siano, se vogliono continuare a essere vip anche nel nuovo regime.

Gente che, arrivata al successo, prova un’attrazione gravitazionale verso le camere dell’eco dell’élite, dove si coltivano narrazioni che favoriscono lo status quo. Quello status quo che gli ha procurato fama e fortuna. Costoro non hanno niente a che fare con noi, gente normale, perché nessuno li tratta più normalmente e loro non hanno più idea di cosa sia la normalità. Si ritrovano tra ricchi e famosi e tra persone che coltivano interessi a stare con i ricchi e famosi. E’ un ambiente in cui le celebrità sono ansiose di credere a storie positive circa il sistema che le ha favoriti. Nelle loro vite non ci sono persone qualunque che gli diano un feedback, un’idea di cosa sia normale. Vivono nelle camere dell’eco dei decisori. Non ne va ascoltata neanche una parola.

Il telemedico

Da un po’ ci stanno magnificando le virtù della telemedicina. Di qualcuno che ti opera o ti cura senza mai averti visto in faccia o toccato la pancia. E’ servito a tagliare quegli ospedali di cui ora si lamenta la mancanza. Ho dovuto andare dal mio medico di base, un amico, per qualche ricetta e una visita. Sulla porta dell’ambulatorio,  a sei metri di distanza, ottemperando alle prescrizioni governative del suo Ordine, mi ha bloccato. Niente visita e per le prescrizioni, solo telefonicamente. Poi me le manderà via mail. Siamo al tele-dottore, la negazione del rapporto medico-paziente, fatto di esami, sguardi, palpeggiamenti, ascolti, trentatrè e respiri. Come il telelavoro, chiamato dai burini smart working, come la telescuola, altrettanta negazione del rapporto-insegnante-alunni, fatto di sguardi, esami, scambi, contrasti, discussioni, comunanza. Tanto terrificante, dispotico e distopico che, vedrete, verrà mantenuto anche dopo. Come se le piattaforme non fossero già le più ricche, potenti e letali del mondo.

E, per finire in bellezza, guardate la data qui sotto: 1° gennaio 2018.  E poi scegliete se ridere o piangere. E se dare la colpa al virus, o a qualcun altro.

Milano, terapie intensive al collasso per l’influenza: già 48 malati gravi molte operazioni rinviate, così titolava un articolo del Corriere della Sera del 10 gennaio del 2018.  L’articolo riportava anche la difficoltà degli ospedali milanesi nel far fronte ai numerosi malati di influenza che dovevano far ricorso alle unità di terapia intensiva, in un periodo in cui il Coronavirus non era ancora apparso. 

Prenotazioni sospese per le operazioni, medici e infermieri in ferie richiamati urgentemente in servizio  e le complicazioni dell’influenza stagionale, le polmoniti che mandano in tilt i reparti di terapia intensiva degli ospedali milanesi: il San Raffaele, il Policlinico, il San Gerardo di Monza, e il San Matteo di Pavia, questo il quadro drammatico rappresentato da un articolo del Corriere della Sera di due anni fa.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 16:48

LETTERE DAL CARCERE (EDIZIONE TERZO MILLENNIO) —- “NUOVA STRETTA”: LA LEGGE MARZIALE LI SALVERA’ —– SEPOLTI VIVI INSIEME A SANITÀ E DEMOCRAZIA

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/03/lettere-dal-carcere-edizione-terzo.html

MONDOCANE

DOMENICA 22 MARZO 2020

 

Volete mettere la bandiera sul balcone? Mettetela così.

Credo che siamo governati da matti per obiettivi demenziali… e credo che rischio di essere rinchiuso come matto per aver detto questo” (John Lennon)

https://www.youtube.com/watch?v=0dnyd0cAtkE Qualunque cosa fai, ovunque te ne vai….

“La scienza è tale perché ci si mette sempre in discussione, non si è mai certi di nulla” (Maria Rita Gismondo, direttore Microbiologia clinica e Virologi, Ospedale “Sacco” di Milano)

“Una piccola pandemia, permetterà di creare un unico governo mondiale“. (Jacques Attali, intervista del 2009). Della Commissione Attali (Jacques Attali, banchiere di famiglia ebrea) nominata da Sarkozy per l’elaborazione del neoliberismo europeo, faceva parte Mario Monti, il primo dei “tecnici”, che lamentò i troppi poteri del Parlamento rispetto al governo. Con il nuovo tecnico Conte il parlamento non c’è più.

22 marzo 2020: 13.000 morti da influenza nel mondo su 7,6 miliardi; media delle altre stagioni: 500.000 morti a fine stagione

Secondo le stime del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore della sanità, in Italia ogni anno circa il 9 cento della popolazione è colpito da sindromi simil-influenzali, con un numero di morti che oscilla tra i 300 e i 400 dovuti direttamente all’influenza, e tra i 4 mila e i 10 mila tra chi sviluppa complicanze gravi insieme a un qualche nuovo virus. (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia)

Numeri come pallottole, ma manca il vaccino anti-media

Ieri quasi 800 morti”. Così la robotina falsaria parlante de La7. E butta lì inorridita: “A Bergamo sembra che muoia uno sui tre” (in realtà uno su 1000 è la media dei contagiati, non necessariamente malati) Alla faccia dell’Istituto Superiore di Sanità, che di quegli 800 ne attribuisce direttamente al coronavirus appena lo 0,4% e trova che i numeri sono, più o meno, quelli delle malattie respiratorie degli anni passati. Per puro masochismo mi ostino a seguire il tg condotto da quello che è considerato lo standard aureo del giornalismo e della conduzione televisiva, Enrico Mentana. Un campione dell’informazione politicamente e coronaviralmente corretta, fabbricataci addosso dalla congiuntura, tra coloro che agevolano la nostra nuova ricchezza di esperienze domestiche con un bombardamento di orrori rispetto al quale il napalm sul Vietnam è pioggiarellina di marzo.

Assistiamo a prodigi come quelli che ci presentava la simpatica trasmissione “Italia’s got talent”. Lì c’era un incredibile ventriloquo, addirittura triplo. Avevamo un uomo in carne e ossa, poi il pupazzo e infine un pappagallo. Metafora! Noi abbiamo una Cupola dello 0,1% di cui non si sentono le parole, un pupazzo che invece le dice e tanti pappagalli che le rilanciano al diapason.

Fuori dal coro

https://youtu.be/DavWFA0ymgQ  Irrinunciabile intervista al Dr. Francesco Oliviero, psichiatra e pneumologo

Più stiamo chiusi e più moriamo

Il sole ci fa produrre Vitamina D gratis (ma senza, dobbiamo comprarla). Il sole uccide i batteri, gratis (ma, senza dobbiamo comprare disinfettanti). L’aria aperta, specie nei parchi, giardini e boschi, ci disintossica dai veleni che ci fanno respirare, gratis (ma senza, compriamo farmaci e integratori). Il movimento ci mantiene in forma fisica e psichica, gratis (ma senza, dobbiamo ricorrere a medici, fisioterapisti, psichiatri). La mia pelle si protegge con grassi e un ph equilibrato, gratis (ma se compro gel e amuchina e mi ci lavo continuamente, faccio girare i soldi, anche se abbasso le difese immunitarie). Senza la mascherina, che infatti non si sono azzardati a rendere obbligatoria (perché sono come un’inferriata contro le zanzare), ma per tutti guai se non la porti, mantieni la tua identità e le tue espressioni e comunichi cose comprensibili e non farfugliate, gratis (con la mascherina non comunichi una sega, ma non ti danno dell’untore e fai contenti i produttori e commercianti). Forse quella mascherina che ci appiattisce e omologa tutti è qualcosa di più del simbolo della globalizzazione che mira a livellarci tutti, oltre le radici, le culture, le identità.

Topi impazziti

Avrò avuto sedici anni, ero a Monaco di Baviera per un corso di letteratura tedesca. Abitavo in nella casa dello studente. Non ricordo com’è, ma qualcuno mi regala due topini bianchi, detti “Tanzmaeuse”, topi ballerini. Non avendo a disposizione nient’altro e temendo che da una scatola scappassero, li misi in un cassetto del comò, con filo di apertura per l’aria. Anche perché a lasciarli liberi, sarebbero periti, dato che erano nati in un negozio. Si misero subito a curiosare vispi di qua e di là, a spiluccare le briciole che avevo sparso, a misurare il nuovo spazio. Ma parvero interdetti a trovare una parete e poi un’altra. La mattina dopo, però, erano lì, rannicchiati insieme in un angolo, impauriti, depressi, annichiliti. Tornai la sera e guardai nel cassetto. Le due candidissime creaturine col musino rosa roteavano freneticamente, velocissimi, in giro per il cassetto, uno dietro l’altro, incessantemente. Ogni tanto sbattevano contro un angolo, una parete. Temevo che si facessero male. Li presi e li misi sul pavimento. Continuavano a girare vorticosamente. Lo fecero per due giorni, non toccavano le briciole di pane e i pezzetti di formaggio. Al terzo giorno, uno rimase fermo, stecchito, con le zampette stese. L’altro continuava a girare. Impazzito. C’è ancora oggi chi se la spassa a vedere il criceto impazzito nella ruota.

Sicurezza!

Facile e ovvia la metafora. Siamo messi così. E rischiamo di star male, di uscire di senno. Cosa ci si aspetta che accada a una persona stressata da claustrofobia, costretta a subire dalla tv, accanto a programmi sempre più spazzatura, ore e ore di minacce e dati spaventosi? La noia, l’assoluta incertezza spingono a mangiare e bere, con l’immobilismo forzato si diventa obesi e ti scoppiano ipertensione e colesterolo. E’ la decimazione che si vuole? Non basta un virus pompato come la famosa rana di Esopo? Qualcuno, per sacrosanto istinto di sopravvivenza, fugge. Ho visto una persona macilenta, raggrumata su una panchina con una birretta in mano. Arrivano i carabinieri, la interpellano duro: “Avevo bisogno di un po’ d’aria, è la prima volta”. Niente. Verbale, rimbrotti, diciamo, grintosi, quelli adoperati per subordinati in torto. Con l’ultimo decreto dettato al Conte Zio dalla Cupola, via fascioleghisti, rischia 6 mesi di carcere, soprattutto se capita nelle grinfie della Procura di Roma, quella dei pignatonisti. Si chiama stato d’assedio. Ma più dei carabinieri, poliziotti, Finanza, vigili, protettori civili, evidentemente non sufficienti e, quindi, soldati, carri armati, elicotteri, droni (!!!), poterono i media che, in un rapporto ormai invertito, fanno dei politici e dei sanitari la loro camera dell’eco. E se giornalisti fiduciari di Bilderberg, come Gruber o Feltri, o di altre conventicole, come Mentana o Formigli, spingono a misure che neanche i colonelli greci, sappiamo da chi e per cosa questo virus viene e dove deve arrivare.

Voglia di colonelli

E, tragicamente, più dei media potè addirittura il cittadino pronto a ricuperare il ruolo di suddito che si sente al sicuro e privilegiato in ginocchio dal sovrano. Tanto che ci sono coloro, non paghi di fare i gendarmi di se stessi e non gli basta neppure l’esercito a garanzia dello stato d’assedio, che si improvvisano investigatori, giudici ed esecutori tirando roba e parolacce a chi vedono fuori dagli schemi: il runner delinquente, la coppietta blasfema, l’untore con la faccia scoperta. Comunque, a parte un Conte Pippo che, sull’attenti davanti ai piccoli Bava Beccaris di Lombardia e nel servile encomio di tutti gli intellettuali di regime, in una escalation parossistica, sera dopo sera si precipita ad emanare ukase contro il popolo, i nuovi papà e mamma e parroci e maestri di vita rimangono i giornalisti e conduttori di talk show.

In ogni caso, non illudiamoci: una volta che lo 0,1% ha assaporato il sangue del Potere assoluto, come lo esercita in queste settimane, garantito dai suoi pretoriani in divisa, come dai suoi gazzettieri, non ci rinuncerà se non trafitto dal famoso paletto anti-vampiro della rivoluzione. Ma non solo noi amiamo i militari sotto casa. Un’antica canzonetta tedesca ci racconta di ragazze entusiaste che al passaggio della banda militare aprono finestre e porte e offrono ai soldati vino e arrosto. Ora che la ministra della Difesa tedesca, Kramp-Karrenbauer, successora di quell’altra simpaticona, von der Leyen, ora capa UE ma allora inquisita per scandali finanziari, ha rincorso il Conte Zio e ha messo in campo la Bundeswehr “per sopperire alle necessità dei cittadini”, chissà se ancora si canta “Quando i soldati marciano per la città, le ragazze aprono…”

https://www.youtube.com/watch?v=MC9M3hN-E3A   Wenn die Soldaten….

Pupari e pupi

Non contenti di aver dato piena soddisfazione sia alla BCE che, con la storica lettera segreta di Trichet e di Draghi, intimava al nostro governo di de-democratizzare la nostra Costituzione (ci provò Renzi), sia al finanzcapitalismo mondiale, che pretese la stessa cosa con una lettera di J.P.Morgan, Giuseppe Conte e il suo ministro Gualtieri (inserito nell’eurolista di George Soros) invocano, contro gli strali del M5S, l’applicazione del MES. Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità (già “Salvastati”), è quell’invenzione degli eurocrati per cui, in cambio di un po’ di soldi prestati, 450 miliardi (la BCE ce ne darebbe 250 in più, senza condizioni),  ci arrivano tra capo e collo le note misure capestro, l’austerity, destinate a impoverire tutti quanti e arricchire qualcuno. Insomma meccanismo ammazza-nazioni, alla greca. E’ così che si arriva a un paese in cui il 5% più ricco possiede quanto il 90% più povero. La circostanza che il MES sia voluto da Stefano-Bilderberg-Feltri del Fatto Quotidiano, quanto “misure molto più stringenti” vengano auspicate con impeto mascellare da Lilli-Bilderberg-Gruber su La7, ci spiegano chi è il puparo, di questo e di tutto il resto.

UE contro la salute, ma per il Farmaco

Visto che è stata la UE, sistematicamente inquinata dalle lobby di Big Pharma, a imporci quanto, molto diligentemente, statisti patrioti come Monti, Letta, Renzi, Gentiloni hanno eseguito, non sorprende che i loro successori siano disponibili al MES, né stupisce in che condizioni i diktat europei, dal Fiscal Compact in giù, hanno ridotto la sanità italiana. Ne consegue un’equazione inesorabile: sanità a brandelli, popolazione malcurata, più inquinamento atmosferico e idrico record, equivale a proliferazione di virus e patologie di ogni genere, trionfo di Big Pharma, tutto il potere al farmaco. Ma i colpevoli siamo noi che siamo troppi e troppo promiscui e non ce ne restiamo sepolti vivi in casa.

Meno Sanità, più Big Pharma

Ricorda la virologa, Maria Rita Gismondo, le infinite riunioni, anche internazionali, della sua categoria, gli studi, le simulazioni di lavoro, i contatti con l’ONU, per elaborare una risposta all’evento sconosciuto, ma previsto. Qualcosa è stato fatto in Europa e lo si vede dall’enorme disparità di numeri di contagiati e morti tra noi, i tedeschi, i francesi, i britannici. Da noi si sono ridotti gli ospedali del 14,6%, centinaia di ospedali di prossimità e di eccellenza, solo a Roma il Forlanini, il Nuovo Regina Margherita, il S. Maria, il S. Gallicano, il San Giacomo; in trent’anni hanno dimezzato i posti letto; hanno tagliato il personale sanitario tra il 7 e il 16% a seconda delle regioni; Abbiamo 6,5 infermieri per 1000 abitanti, contro il doppio della Germania, mancano circa 60.mila infermieri; senza il nostro contributo netto all’UE di 150 miliardi, avremmo potuto costruire 500 ospedali modernissimi, assumere 10mila medici, 50mila infermieri. Gli stanziamenti per la ricerca sono diventati un centesimo di quelli per gli F35. Da Berlusconi a Conte, i nostri governanti hanno sottratto alla Sanità 37 miliardi di euro. In compenso la Sanità privata (quella di Formigoni nell’eccellente Lombardia), priva del tutto della capacità di rispondere all’emergenza, pur disponendo di appena il 35% dei ricoveri, si becca 2,153 miliardi sui 5,4 del totale (il 40%).

Stato Nuovo per nuova società

Si governa per decreto, in fabbrica si può lavorare, in treno o bus viaggiare a centinaia, vicini vicini, ma il parlamento non si può riunire, sapere, controllare, decidere. Ci dovremmo abituare. Chissà se si tornerà a votare. Intanto i decreti hanno creato una nuova struttura di classe. L’1’% in villa (o palazzo), con ettari di giardino o parco e, grazie a riders e autisti, il supermercato in casa; il popolo ristretto in mono-bi-o tri-locali, a volte con balconcino da cui cantare; colonelli e truppa per le strade. Poi ci sarà il sottoproletariato delle turbe disperse di tutti coloro che mesi di inattività avranno spazzato via: negozietti, piccole e medie imprese, piccoli e medi contadini, piccoli e medi professionisti, muratori, artigiani. Finalmente monopolio planetario e il vecchio Amazon ci sembrerà il baracchino dei vestiti usati.

Effetto mica tanto collaterale dei tecnici al potere, la bonanza per Big Pharma. Immaginate quale mercato sconfinato da quel verminaio di larve uscite di casa dopo mesi senza aria, sole, movimento, medici, esami clinici, trattamenti psicofisici, podologhi, parrucchieri, amici, parenti, socializzazione, con baruffe famigliari, Floris e D’Urso, Zoro e De Filippi, Mentana in orgasmo da catastrofe, carri armati dalle finestre, l’uomo nero con pochette e i suoi trombettieri ogni sera a roteare clave sullo schermo… Usciremo da casa malati, obesi, anchilosati, rincoglioniti, giù di pentola in tutte le parti del corpo e dello spirito. Una massa informe di cerebro-e fisico-lesi e, di conseguenza, un mercato nuovo, gigantesco, mondiale. Farmaci come piovesse, visite cliniche, analisi, esami, psicologi, fisiologi, fisioterapisti, palestre, trainer, istituti di bellezza, terme…. E pompe funebri, altro che Bergamo.

Ma confortiamoci. Alla fine – se ci sarà – del cataclisma distopico senza coiffeur, sembreremo tutti Cugini di Campagna (copyright “Spinoza”).

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:37

Coronavirus : la France rapatrie ses troupes présentes sur le sol irakien En savoir plus sur RT France

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Coronavirus : la France rapatrie ses troupes présentes sur le sol irakien

© Daphné Benoit Source: AFP

Des soldats de l’opération Chammal, lors de la visite de la ministre des Armées Florence Parly, le 9 février 2019, à la frontière irako-syrienne (image d’illustration). Le chef d’Etat-Major des armées a fait savoir que la France allait rappeler sur son sol ses troupes stationnées en Irak alors que la pandémie de coronavirus frappe également le Moyen-Orient. Une décision semblable à celle des Etats-Unis. En raison de la pandémie mondiale de coronavirus qui a fait près de 21 000 morts et confiné presque la moitié de la planète, le chef d’Etat-Major des armées François Lecointre a annoncé le 25 mars le rapatriement imminent des soldats français stationnés en Irak. «La France a décidé de rapatrier jusqu’à nouvel ordre le personnel de l’opération Chammal déployé en Irak dans ce cadre», a-t-il souligné dans un communiqué mis en ligne sur les réseaux sociaux dans la soirée, ajoutant que ce rapatriement commencerait «le 26 mars», et que la décision avait été prise en accord avec «le gouvernement irakien» et «la coalition» emmenée par les Etats-Unis. Cette décision survient alors qu’Emmanuel Macron a annoncé le lancement de l’opération Résilience, qui consistera à mobiliser l’armée française pour différentes missions directement liées à la lutte contre le Covid-19. La mesure concerne «la centaine de soldats engagés dans le pilier “formation” auprès de l’armée irakienne, ainsi que les éléments de soutien national stationnés au sein de de l’état-major de l’Opération Inherent Resolve (OIR) à Bagdad», est-il précisé dans le document. Néanmoins, toujours d’après François Lecointre, la France restera «engagée au Levant [en Syrie et en Irak], car la lutte contre Daech continue» et «reprendra ses activités de formation dès que la situation le permettra». Depuis le 22 mars, l’Irak a imposé des mesures nationales pour faire face au virus, les autorités faisant état de 20 décès des suites de la maladie et de 233 cas confirmés de Covid-19. Lire aussi Coronavirus : plus de 20 000 morts recensés dans le monde La nouvelle fait écho à la décision américaine, rendue publique le 20 mars par le United States Central Command (Centcom, entité du département de la Défense notamment responsable des opérations militaires au Moyen-Orient), de rappeler ses troupes présentes sur le sol irakien. «Pour prévenir une propagation du Covid-19, l’armée irakienne a suspendu tout entraînement. Par conséquent, la coalition va renvoyer temporairement dans leurs pays dans les jours à venir certains de ses éléments spécialisés dans la formation», avait-il fait savoir dans un communiqué daté du 20 mars, admettant que désormais «la coalition soutiendra les forces irakiennes depuis moins de bases, avec moins de monde». Cependant, l’Irak, qui peine à se reconstruire après la guerre menée sur son sol par les Etats-Unis depuis 2003 mais aussi suite à la partition du pays résultant de l’implantation de Daesh, pourrait paradoxalement pâtir de ce retrait, pourtant encore réclamé en début d’année par le Parlement. En effet, ce 26 mars, deux roquettes ont été tirées sur la «Zone verte» de Bagdad, où est notamment située l’ambassade des Etats-Unis. Il s’agit de la 26e attaque de ce type en à peine six mois. L’instabilité institutionnelle en Irak laisse ainsi présager d’une lutte farouche pour le contrôle du pays. Reste à savoir qui l’emportera et s’il réussira à unifier l’Irak pour la sortir de sa torpeur. Côté français, si les troupes de l’opération Chammal, lancée il y a plus de cinq ans, le 19 septembre 2014 contre Daesh seront donc rapatriées, aucune mention n’a été faite dans l’immédiat des militaires déployés au Sahel dans le cadre de l’opération Barkhane. Plus 5 000 soldats français se trouvent actuellement dans la région alors qu’y sont détectés les premiers cas de Covid-19 et recensés les premiers morts. Le 25 mars, le Mali a annoncé ses deux premières contaminations confirmées au coronavirus suivant le Niger et le Burkina Faso, dans lequel 4 personnes ont trouvé la mort des suites de la maladie. LIRE AUSSI Syrie, Libye, Yémen : comment se préparer à l’épidémie du coronavirus malgré les conflits en cours ? International

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Coronavirus, il fondo Bridgewater ha puntato 14 miliardi di dollari sul crollo delle borse europee: così prova a speculare sull’emergenza

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/18/coronavirus-il-fondo-bridgewater-ha-puntato-14-miliardi-di-dollari-sul-crollo-delle-borse-europee-cosi-prova-a-speculare-sullemergenza/5740820/?fbclid=IwAR3pxN0dwuISyaWZTMLvUojNmKgYKAP7XlE2NxcZj9e26teumWnojBC09g0Coronavirus, il fondo Bridgewater ha puntato 14 miliardi di dollari sul crollo delle borse europee: così prova a speculare sull’emergenza

Il più grande fondo speculativo del mondo scommette miliardi contro il Vecchio Continente con la tecnica delle vendite allo scoperto: più i titoli scendono, più guadagna. Nel mirino società francesi e tedesche, ma anche tre italiane. Il fondatore Ray Dalio vive da guru nei boschi vicino New York e ha costruito il successo sulla strategia “pure alpha”

Conte: “È una battaglia che in Ue si vince tutti insieme o a perdere saremo tutti. Lo ribadirò”
Mentre tutto il mondo combatte contro la pandemia c’è anche chi pensa di guadagnarci sopra. E lo fa alla grande, puntando 14 miliardi di dollari su un ulteriore crollo delle borse europee e delle aziende quotate. Il più grande fondo speculativo del mondo, Bridgewater, ha piazzato una serie di puntate miliardarie contro il Vecchio Continente. La tecnica è quella delle vendite allo scoperto, ossia si vendono titoli senza possederli con l’impegno ad acquistarli e consegnarli in una data futura prestabilita. Se nel frattempo il prezzo scende si guadagna sulla differenza. Il problema è che in questo modo si amplificano le spinte al ribasso di titoli, che vengono effettivamente venduti, aggravando gli effetti della crisi in corso. Ma per chi fa investimenti speculativi l’importante è che i mercati si muovano, verso l’alto o verso il basso cambia poco. Per questo martedì la Consob ha vietato per tre mesi le vendite allo scoperto per tutte le azioni negoziate sul mercato regolamentato italiano. Misure eccezionali sono state prese anche dall’Esma e dalle autorità di vigilanza di Spagna, Francia e Belgio.

Più nel dettaglio, Bridgewater ha scommesso 5,2 miliardi su un calo di 16 società quotate francesi, 4,8 miliardi contro aziende tedesche, 1,7 miliardi contro 5 olandesi e circa 2 miliardi su 5 società spagnole e 3 italiane. In particolare nel mirino del fondo ci sono il gruppo tedesco di software SAP, sul cui ribasso Bridgewater ha puntato un miliardo di dollari. Poi il produttore olandese di semiconduttori ASML contro cui ha lanciato una fiche da 715 milioni. Già all’inizio del 2018, Bridgewater aveva scommesso forte contro l’Europa. In particolare vendite allo scoperto su azioni come EniEnel, Intesa SanpaloUnicredit. In tutto una puntata da 2,6 miliardi di euro. Andò bene, perché nel corso dell’anno il listino italiano perse circa il 17%.

La strategia “pure alpha” – Bridgewater ha costruito il suo successo su una tecnica battezzata “pure alpha” che scollega gli investimenti dall’andamento generale del mercato. Le puntate al ribasso fanno parte di questa strategia. Con questa tecnica il fondo gestisce 160 miliardi di dollari di investimenti ed era riuscito a superare indenne le crisi degli ultimi anni. Nel 2008 il fondo era addirittura riuscito a guadagnare oltre l’8%. Ma il gruppo si è dimostrato vulnerabile all’ultima emergenza. Il suo fondo principale “Pure Alpha 1” ha perso circa il 20% in un mese. Anche “Alpha 2” ha lasciato sul terreno il 13%, un calo che va ad aggiungersi al meno 8% dei primi due mesi del 2020.

Il fondatore “guru” – Ray Dalio, fondatore e guida di Bridgewater, è un personaggio curioso. Pratica ed invita a praticare la meditazione trascendentale, ha stabilito la sede del suo fondo non nella caotica Manhattan ma sopra un torrente nei boschi vicini a New York. Da qualche anno ha deciso di ergersi a maestro di vita. Ha pubblicato il libro “Principi” in cui non elargisce solo consigli di investimento ma anche ricette esistenziali pop, una specie di “Scientology” della finanza. Si leggono massime a piena pagina e a caratteri cubitali del tipo “MALE PERMETTERE AL DOLORE DI OSTACOLARE IL PROGRESSO”, “BENE IMPARARE A GESTIRE IL DOLORE PER PRODURRE PROGRESSO”. Oppure: “MALE NON ESSERE RESPONSABILI DEL PROPRIO OPERATO E NON CHIAMARE GLI ALTRI A RENDERE CONTO DEL PROPRIO”, “PRATICATE L’APERTURA MENTALE RADICALE, FATE I CONTI CON LA REALTÀ E ACCETTATELA”, “IL TEMPO È COME UN FIUME” e così via.