Ravenna. Rinviato a giudizio per reati ambientali lo Stato Maggiore della Cmc

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VALSUSA NOTIZIE

Voci indipendenti dalla Val Susa

La “coop rossa” per eccellenza che guida appalti e lavori per la Torino-Lione scaricava fanghi e rifiuti senza autorizzazioni. Un’inchiesta che conferma l’allarme dei No Tav sulla destinazione dello scavato di Chiomonte.

Inserito il 1 aprile 2016

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di Fabrizio Salmoni (si ringrazia Alessandra Cecchi per la segnalazione)

I reati attribuiti al presidente di Cmc Massimo Matteucci all’ex ad Dario Foschini, oltre che a tre vicepresidenti del colosso delle costruzioni che si sono succeduti dal 2005 ad oggi: Maurizio Fucchi, Alfredo Fioretti e Guido Leoni (le cui posizioni appaiono più defilate), e a dirigenti dell’Autorità portuale e della Sapir, sono “smaltimento di rifiuti in mancanza di autorizzazione” e “creazione di discarica non autorizzata” (articolo 256 del cosiddetto “decreto Ronchi”).

Sono accusati di aver movimentato una “montagna di fanghi”: per l’esattezza 3 milioni e 154mila metri cubi di detriti derivati dalle operazioni di scavo dei fondali del Candiano dal 2008 al 2015. Fanghi riversati in otto casse di colmata. In quella denominata “Centro Direzionale” ne sono finiti 600.000 metri cubi, alla “Nadep Trieste” 250.000, alla “Nadep Centrale Interna” 400.000, in quelle “Trattaroli 1”, “Trattaroli 2” e “Trattaroli 3”, 600.000 a testa, nell’ “Avamporto Porto Corsini” 104.000. Secondo gli inquirenti quei detriti – considerati “rifiuti speciali non pericolosi” – una volta scadute le autorizzazioni sarebbero dovuti essere avviati a un “processo di recupero” entro un anno. Ma così non è stato e ciò avrebbe creato “un deposito incontrollato di rifiuti”. Il fatto che quel deposito si sarebbe protratto per oltre tre anni avrebbe successivamente portato – sempre secondo l’accusa – alla «realizzazione di una discarica avente caratteristiche di definitività». Le autorizzazioni mancanti dovevano essere fornite dalla Provincia, mentre i terreni erano di proprietà sia della Cmc che della Sapir. Ad aver chiesto i lavori di scavo alla Cmc era stata invece l’Autorità portuale.

La vicenda non può che mettere sotto i riflettori il sistema delle imprese di costruzioni, destinatarie della maggior paerte dei lavori alle Grandi Opere, per risolvere i problemi creati dalla complessità e dalla estensione proprio di quei Grandi lavori. Quelli “assolutamente necessari“, quelli che “ci chiede l’Europa” ma che prevedono complicazioni altrettanto enormi per la loro realizzazione. Ma l’importante è incassare, con l’inquinamento e la devastazione ambientale se la vedranno i nostri figli e nipoti nella società malata e impoverita che li attende…

Da mesi in Val Susa vige l’allarme per le destinazioni dello scavato di Chiomonte, raccolto in cumuli ormai quasi impossibili da tenere nel cantiere-fortino. Prima o poi si ritiene che dovranno smuoverlo. Sotto osservazione sono le cave di Caprie, quelle di Caselette, le discariche di Torrazza e Chivasso, sotto pressione popolare i sindaci delle aree di possibile destinazione. Negli stessi materiali, tecnici e medici, denunciano la presenza di elementi inquinanti come uranio, amianto e polveri sittili ma sul tema l’Arpa Piemonte fa il pesce in barile perchè ha autorizzato Telt (la società che governa il progetto Tav) a automonitorarsi e di Telt – si direbbe – si fida ciecamente. Peccato che – apprendiamo oggi – anche in Basilicata, dove opera l’Eni ol suo centro di smistamento rifiuti illegali al centro dell’inchiesta che coinvolge la ministra Guidi, il suo fidanzato e indirettamente la ministra Boschi, l’Arpa sosteneva di avere tutto sotto controllo.

Una ragione in più per convincersi che toccherà ai cittadini farsi custodi della propria salute ostacolando ogni tentativo di inquinare il territorio. Anche cosi si ferma la Grande Opera. (F.S. 1.4.2016)

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Foto: i “fanghi” al porto di Ravenna

Espulsi gli stranieri che non si integrano

Dopo gli attentati il governo belga ha proposto una legge che impone agli extracomunitari che vogliono risiedere in Belgio la sottoscrizione di una sorta di contratto che indica la volontà di integrazione.

Il contratto che dovrà essere sottoscritto entro 30 giorni sarà una dichiarazione di volontà di ospitare gli usi e i costumi dello stato ospitante. In particolare il rispetto per le donne e la condanna al terrorismo.

Chi si rifiuta di sottoscrivere il contratto sarà espulso.

Estrazioni del petrolio, la ministra Guidi pilotava il governo per aiutare il fidanzato

http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/03/31/news/rifiuti-petrolio-ministro-guidi-pilotava-governo-per-aiutare-il-fidanzato-1.256379

La responsabile dello Sviluppo economico e l’imprenditore Gemelli parlano anche di accordo con la ministra Boschi Ecco le intercettazioni agli atti dell’inchiesta della procura di Potenza sullo smaltimento dei rifiuti legati alle estrazioni petrolifere

DI LIRIO ABBATE

31 marzo 2016

Estrazioni del petrolio, la ministra Guidi pilotava il governo per aiutare il fidanzato
Federica Guidi

«E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d’accordo anche “Mariaelena” (il ministro Boschi ndr), quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte…! Rimetterlo dentro alla legge… con l’emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempra Rossa, dall’altra parte si muove tutto»: così parlava la ministra dello Sviluppo economico Federica Guidial telefono con il suo compagno, Gianluca Gemelli, a proposito dell’emendamento che il governo stava per inserire nella Legge di Stabilità relativo ai lavori per il centro oli della Total in contrada “Tempa rossa”, a Corleto Perticara (Potenza), nei quali Gemelli stesso aveva interesse essendo alla guida di due società del settore petrolifero. L’imprenditore chiedeva alla sua compagna-ministro se la cosa riguardasse pure «i propri amici della Total, clienti di Tecnimont» e la Guidi rispondeva: «Eh certo, capito?.. certo, te l’ho detto per quello!».

Gemelli a questo punto, dopo aver parlato con la ministra Guidi chiama al telefono Giuseppe Cobianchi, dirigente della Total e gli svela la notizia delal volontà del governo di inserire nella legge di Stabilità, in discussione all’epoca in Senato, l’emendamento che avrebbe sbloccato “tempra rossa”, tirando in ballo anche la ministra Boschi: «La chiamo per darle una buona notizia, si ricorda che tempo fa c’è stato casino, che avevano ritirato un emendamento, per cui c’erano problemi su Tempra rossa, pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al Senato, ragion per cui, se passa… e pare che ci sia l’accordo con Boschi e compagni… è tutto sbloccato».

Le intercettazioni sono agli atti dell’inchiesta della procura di Potenza sullo smaltimento dei rifiuti legati alle estrazioni petrolifere. Guidi, che non è indagata nell’inchiesta, informa spesso il compagno, per il quale il gip di Potenza ha rigettato la richiesta di arresto, sui provvedimenti del governo per quanto riguarda le estrazioni petrolifere. Per questi affari Gemelli è indagato per aver sfruttato l’interesse della sua compagna-ministro e di aver fatto affari per oltre due milioni e mezzo di euro.

Secondo il giudice per le indagini preliminari, che commenta queste intercettazioni sull’emendamento ritirato, precisa che: «non essendo stato possibile farlo “passare” nel testo del decreto “Sblocca Italia” il Governo (per iniziativa del ministro Guidi con l’intesa del ministro Boschi (“è d’accordo anche Mariaelena”), lo aveva sostanzialmente riproposto nel testo del disegno della legge di Stabilità (“Rimetterlo dentro alla legge… con l’emendamento alla legge di stabilità”), finendo con l’essere, unitamente alla legge di Stabilità, approvato a fine dicembre 2014. Il nuovo tentativo di inserimento, infatti, aveva esito positivo».

La ministra Guidi si interessa del lato econocmico e finanziario del suo compagno Gemelli, al quale chiede come è messo “economicamente” e perché “è sempre sofferente in banca”. Guidi però insiste, vuole capire meglio e l’imprenditore spiega che ha “troppi mutui” da pagare. A questo punto la Guidi suggerisce: «Eh, per quello dico che dovresti riuscire a prendere altri lavori Gianluca…!»; Gemelli rispondeva “eh lo so gioia, non è che mi sono fermato, l’hai visto…».

VEDI ANCHE:

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Quella clamorosa intercettazione della Guidi. Le opposizioni: «Ora si deve dimettere»

La ministra dello Sviluppo economico Federica Guidi rassicura il compagno, interessato ai lavori, sul destino di un impianto di estrazione di Total in Basilicata: verrà approvato un emendamento alla legge di Stabilità. «È d’accordo anche Maria Elena», dice riferendosi a Boschi. Le opposizioni gridano al conflitto di interessi: «Si dimetta. E al referendum votiamo Sì»

Qualche nota sulla “voragine” delle Olimpiadi di Torino 2006, vista dalle valli di Susa e Chisone

post — 1 aprile 2016 at 14:44

Voragine-olimpionica.pngda Alpinismo Molotov – Su Giap è stato pubblicato un interessante post di Maurizio Pagliassotti sulla genesi ed eredità delle Olimpiadi di Torino del 2006. L’articolo merita di essere letto, per l’accuratezza e la completezza dell’analisi che propone, e vi invitiamo a farlo. A noi, più orientati alla montagna che alla città, sembra di poter aggiungere qualche elemento salendo di quota: in particolare guardiamo a val di Susa e val Chisone, i cui territori furono ampiamente coinvolti da quelle olimpiadi; meglio andò alla val Pellice, interessata marginalmente.

Questo post è stato pensato come una serie di note sparse a integrazione al post di Pagliassotti, non  contiene quindi un discorso organico ma si limita a segnalare alcune criticità che, in occasione delle Olimpiadi, segnarono – e segnano tutt’ora – la val di Susa e la val Chisone.

Il precedente

Nei primi anni Novanta l’amministrazione comunale di Torino, guidata da Valentino Castellani, prova a gestire la crisi industriale della città con una riconversione al turismo; niente di meglio dunque che un grande evento per catalizzare questo processo e aiutare la realizzazione delle strutture che si ritengono necessarie all’operazione: si arriva così ai Campionati mondiali di sci alpino del Sestriere(1997).

Formalmente Torino non può decidere nulla per Sestriere (non esiste ancora la “città metropolitana”), ma le reti di relazioni sono tali che una decisione che riguarda le valli – Sestriere sorge a 2000 m sull’omonimo colle tra val di Susa e val Chisone – viene di fatto presa a Torino, facendo prevalere gli interessi della città a dispetto di quelli della montagna.

Gli interventi sono più piccoli di quelli per le olimpiadi che verranno, ed anche i danni ambientali arrecati molto minori, ma è il precedente che apre le porte alla futura devastazione.

Una citazione particolare merita il caso del tratto della statale 24 tra Oulx e Cesana. Sono circa  10 km di carreggiata  molto tortuosa, che per i mondiali si vorrebbe rendere più rettilinea con una serie di brevi tunnel. I cantieri partono, ma poi vengono bloccati per un’indagine riguardante presunte tangenti, e la statale che porta in Francia resta ferma a metà, con la carreggiata ristretta e buche nell’asfalto, così che per tutta la durata dei mondiali la principale via d’accesso a Sestriere è in condizioni pessime, nettamente peggiori di quelle di inizio anni Novanta. Questo stato di cose si protrae dal 1995 fino al luglio 1999, quando la Société du Tour de France – dopo il sopralluogo per la decima tappa Sestriere – Alpe d’Huez che dovrà percorrere in discesa quel tratto di statale – decide di eseguire a proprie spese i lavori di ripristino del tracciato precedente. Li completerà in due settimane.

Olimpiadi e No Tav

Le olimpiadi 2006 furono assegnate a Torino nel 2001. All’epoca il movimento No Tav esisteva già da quasi dieci anni, ma non aveva le dimensioni attuali e nessuno pensava potesse avere qualcosa a che fare con le olimpiadi. Nell’autunno 2005 la situazione però è molto cambiata. Il 16 novembre c’è stata una manifestazione con settantamila presenze, il governo Berlusconi ha dato una risposta muscolare, e l’atmosfera in vale di Susa mette in apprensione i vari livelli di governo.

In prima battuta la contemporaneità dei due eventi (olimpiadi e tentativi di apertura dei cantieri Tav) torna utile al movimento, infatti la paura di mandare all’aria un evento planetario costringe il governo ad allentare il pugno di ferro: dopo l’8 dicembre checkpoint istituiti a Mompantero e Venaus vengono rimossi e non ci saranno tentativi di rioccupare i terreni liberati in quella data. Una volta ottenuta la “tregua olimpica” che mette al sicuro il grande evento, il governo si spende per avvantaggiarsi nella battaglia, soprattutto sul versante dell’opinione pubblica.

Il percorso della fiaccola olimpica di Torino 2006.

La Coca-Cola e la fiaccola


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La fiaccola olimpica viaggia, molto più di quanto sarebbe strettamente necessario (come si vede dall’immagine qui a lato) e con la fiaccola si sposta un piccolo villaggio pubblicitario che ogni giorno sceglie uno o più paesi lungo il percorso in cui reclamizzare i prodotti degli sponsor: Coca-Cola in primis. Formalmente il villaggio non è legato alla fiaccola, la sosta della carovane commerciale deve essere autorizzata da ogni comune sul cui territorio vuole installarsi; normalmente non ci sono problemi, ma Beppe Joannas, allora sindaco di Bussoleno, decide che il suo comune parteciperà al boicottaggio della Coca-Cola company e rifiuta il permesso alla multinazionale. Immediatamente si avvia una campagna stampa di criminalizzazione contro di lui. Contemporaneamente si cerca di tracciare percorsi “alternativi” privi di senso per evitare Bussoleno. Passare da Venaus non sarebbe di alcun aiuto. Il fatto che Joannas sia un No Tav suggerisce probabilmente l’opportunità di prendere due piccioni con una fava (ci arriviamo più avanti…), ma il dato principale è che la campagna di stampa non può bastare agli sponsor: il legame tra le aziende e la fiaccola, messo in discussione da Bussoleno e impossibile da affermare nella forma, deve essere ribadito nella sostanza. L’unico problema è come farlo senza perdere la faccia.

Il 5 febbraio 2006 a Susa e a Bussoleno centinaia di persone aspettano due fiaccole: quella olimpica e quella dei comitati No Tav  – è identica, comprata su ebay, a quelle usate nei tratti precedenti – che segue la prima a qualche minuto di distanza, in modo da poter sfruttare il blocco del traffico sulle strade. Il percorso prevede il passaggio da Susa prima che in Bussoleno (i due centri distano circa 8 km). Quando arriva la fiaccola olimpica  il corridoio creato dalla folla ai lati della carreggiata si stringe, le bandiere No Tav la sfiorano (sui giornali diranno per cercare di spegnerla, ma spegnere una fiamma coprendola con un tessuto sintetico non è una grande idea), ma la fiaccola passa indenne ed arriva in una zona fuori dall’abitato in cui non vi sono spettatori. A quel punto, in una situazione di totale calma, senza testimoni, viene caricata su un auto e riportata a Bardonecchia, evitando il restante percorso e, soprattutto, il temuto passaggio per Bussoleno.

Il piano però non funziona. Le operazioni di imbarco della fiaccola vengono documentate con un video (al momento non più disponibile in rete) dal corteo No Tav che segue la “sua” fiaccola. La situazione è calma, è evidente che la decisione di trasferire in auto la fiaccola olimpica non ha nulla a che vedere con l’ordine pubblico. Questo non servirà comunque a evitare che i titoli dei giornali il giorno successivo riportino la versione secondo cui i No Tav hanno fermato la fiaccola. Ecco i due piccioni di cui sopra: il messaggio agli amministratori è stato consegnato e si è ottenuto anche di screditare il movimento No Tav agli occhi di una buona fetta della popolazione.

I residui postolimpici

La pista olimpica di Cesana Pariol è un tracciato per bob, slittino e skeleton nel comune di Cesana Torinese.

È notizia degli ultimi giorni che sia in progetto la realizzazione di un villaggio Club Med formato gigante nell’area della pista di bob di Sansicario (ambiente che, per inciso, non ha niente del “mediterranée”). Che il progetto si concretizzi o meno, è il segno che la vicenda olimpica non ha portato benefici nemmeno in termini di consapevolezza: si continua a proporre come soluzione la causa stessa del male. Come disse una volta il presidente del comitato contro le Olimpiadi 1998 in val D’aosta (http://www.storiavda.it/novecento-2.html, 14-15 giugno 1992): «È che ormai tutti cercano il colpo che ti sistemi per la vita. L’idea di costruirsi il futuro un po’ per giorno non va più».Il dopo olimpiadi in alta val di Susa e val Chisone non assomiglia a quello propagandato dai sostenitori del mega-evento e sognato da qualche illuso. Sono note le vicende delle due cattedrali nel deserto (i trampolini di Pragelato e la pista da bob di Cesana), ancora presenti e desolatamente vuoti i primi, sottoposta ad un costoso smantellamento la seconda, per evitare che l’ammoniaca liquida usata come refrigerante continuasse a filtrare inquinando i prati e la Dora. Meno noti sono i danni più puntiformi causati dalla creazione di bacini per accumulare acqua da usare per l’innevamento artificiale, con un impatto fortissimo sul piano paesaggistico. Ma non è “solo” ecologico il danno, perché il paesaggio così irrimediabilmente deturpato e l’innalzamento delle temperature invernali, che rendono difficile anche l’innevamento artificiale, hanno prodotto un calo di presenze anche rispetto agli anni precedenti il 2006.

Peccato che ogni colpo a vuoto intacchi il ramo su cui si è seduti.

Ex Ministro Guidi al fidanzato: Italiani un popolo di vacche da mungere

http://ilfatoquotidiano.altervista.org/ex-ministro-guidi-al-fidanzato-italiani-un-popolo-vacche-mungere/

Scritto il marzo 31, 2016 by 

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Fanno scalpore le parole dette dall’ex Ministra Guidi al fidanzato prima di dimettersi per lo scandalo degli appalti; infatti, una gola profonda che si è confessata in esclusiva col nostro blog rivela la delusione del ministro colto con le mani nel sacco che avrebbe detto al fidanzato (coinvolto nello scandalo) le seguenti parole: “e adesso dove lo troviamo un popolo di vacche da mungere più fesso degli italiani?”. Probabile che l’ex ministra venga ora ricollocata a gestire appalti nel nord Italia.

Francia in piazza contro il Jobs Act alla francese: “No alla flessibilità e ai licenziamenti facili”

Francia paralizzata per il job act del kompagno socialista pacifista Hollande, cattivi. Mica come i disciplinati kompagni sempre in lotta per i lavoratori italiani, nemmeno un quarto d’ora di sciopero contro il Job act del kompagno  Renzi.
 
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Mondo
La protesta contro il progetto di legge El Khomri sul mercato del lavoro si sta trasformando in un test politico sul governo Valls e soprattutto sul presidente Hollande profondamente in basso nei sondaggi
 
Gli scioperi e le manifestazioni di oggi a Parigi e nel resto della Francia contro il progetto di legge El Khomri sul mercato del lavoro (dal nome del ministro competente, Myriam El Khomri) vanno al di là del dissenso nei confronti di quello che a Parigi chiamano “il Jobs Act alla francese”, in riferimento al provvedimento italiano. La protesta si sta trasformando in un vero e proprio test politico sul governo di Manuel Valls e soprattutto sul presidente François Hollande, reduce da altre sconfitte e profondamente basso nei sondaggi.
 
Revisione costituzionale? Niente da fare – È forse cinico da sottolineare ma gli unici momenti di grazia per Hollande da poco più di un anno a questa parte sono stati gli attentati del gennaio 2015 e quelli del 13 novembre: in nome dell’unità nazionale, soprattutto dopo il discorso solenne che il presidente aveva tenuto il 16 novembre a Versailles, era risalita la sua popolarità, malmessa per altre ragioni (la crisi economica, in particolare). Sono trascorsi poco più di quattro mesi da quel discorso e la situazione si è già capovolta. Mercoledì Hollande ha dovuto addirittura rinunciare allarevisione costituzionale che aveva annunciato proprio quel 16 novembre e che doveva rappresentare la sua riposta al terrorismo islamico. Nel “pacchetto” aveva inserito anche la “decadenza della nazionalità” per i condannati per reati di terrorismo: una proposta avanzata da tempo dalla destra e che, in quest’ultimo dibattito, ha diviso inesorabilmente la sinistra. A tal punto che Hollande ha dovuto fare marcia indietro su tutta la revisione: “Una perdita di credibilità supplementare”, ha commentato Alain Juppé, del partito dei Repubblicani (centro-destra), uomo politico ora molto popolare in Francia.
 
Al di là della legge El Khomri – Non è che diventerà il prossimo voltafaccia del Presidente? È quello che più si teme all’Eliseo. Quella del mercato del lavoro è una delle riforme strutturali promesse da Hollande fin dagli inizi, dopo la sua elezione, nel 2012. Si è ridotto solo ora, a tredici mesi dalle prossime presidenziali, a cercare di vararla. Comprende una serie di misure che cercano di introdurre maggiore flessibilità. Punta a rendere più facile il licenziamento di tipo economico e affida al negoziato a livello dell’azienda un potere maggiore, soprattutto per la gestione delle ore lavorative. In realtà il progetto è già stato annacquato notevolmente da Valls e dai suoi ministri, di fronte alle prime proteste. Ad esempio, è stata eliminata una norma che prevedeva dilimitare gli indennizzi previsti per il lavoratore in caso di licenziamento. Ma neanche così il governo è riuscito a placare le ire dei sindacati, che oggi scendono in piazza (tutti ad eccezione dellaCfdt, il più moderato e filogovernativo) per chiedere il ritiro puro e semplice del progetto di legge. “Non rinunceremo a questa riforma audace, intelligente e necessaria”, ha detto stamani il premier. Ma le proteste di massa fanno paura.
 
Per Hollande, il 2017 è ormai un miraggio – Fino a pochi giorni fa a Parigi si dava per certa la sua volontà di ripresentarsi nella corsa delle presidenziali del 2017. Ma, pochi giorni fa, secondo gli ultimi sondaggi Ipsos, Hollande perderebbe al primo turno contro qualsiasi candidato della destra (tanto più contro Juppé, per ora il favorito alle primarie dei Repubblicani). Anche i vertici del Partito socialista, compreso il segretario generale Jean-Christophe Cambadélis, che fino a poco tempo fa davano per scontata la candidatura di Hollande, chiedono ora le primarie anche per la gauche. Intanto a febbraio 38.400 nuovi disoccupati si sono aggiunti all’esercito dei senza lavoro francesi. Il tasso di disoccupazione, che oscillava intorno al 10% a fine 2015, sta risalendo in questi mesi, mentre una delle promesse maggiori di Hollande, già in campagna elettorale, era stata quella di invertire l’andamento in crescita di quel parametro: missione per ora incompiuta. Decisamente rien ne va plus per il Presidente.
 
di Leonardo Martinelli | 31 marzo 2016

Torino-Lione: SNCF non è davvero un fan del progetto

18 marzo 2016 | Marc Fressoz

http://www.mobilicites.com/011-4798-Le-Lyon-Turin-avance-mais-la-SNCF-n-est-pas-fan.html

All’ultimo vertice franco-italiano dell8 marzo 2016, i due Stati hanno preparato il terreno per avviare la sua costruzione all’inizio del 2018. La SNCF, futura utilizzatrice per i suoi treni TGV e merci, teme uno scenario come la linea Tours-Bordeaux con un’esplosione dissuasiva dei pedaggi.

SNCF stima che il destino del gestore della galleria Pirenei Perpignan-Figueras dovrebbe fare riflettere.
Qualunque sia lo stato delle finanze pubbliche, e indipendentemente dal parere dei futuri clienti ferroviari, la Lione-Torino si farà. Questo è il messaggio emesso da François Hollande e Matteo Renzi durante l’ultimo vertice franco-italiano dell’8 marzo 2016.
In quest’occasione, il Presidente della Repubblica francese e il capo del Governo italiano hanno firmato un protocollo aggiuntivo ai precedenti accordi internazionali del 2011, 2012 e 2015 che si suppone che elimini i rimanenti ostacoli a questo gigantesco progetto che progredire a fatica.
“Abbiamo confermato i lavori per la Torino-Lione”, un “tema che anima i vertici degli ultimi venti anni” ha dichiarato François Hollande. Il capo dello Stato ha scherzato sul fatto che lui probabilmente non ci sarà alla fine dei lavori della la galleria della Torino-Lione a differenza Matteo Renzi, molto “più giovane di lui”.
Accordo da ratificare entro la fine del 2016
In realtà, TELT la società che gestisce la Lione-Torino ha spiegato che l’accordo deve ancora essere ratificato in ogni Paese per consentire di lanciare nel 2017 i “lavori preparatori per la galleria di base”, prima dei “lavori definitivi [che] inizieranno nel2018”.
Tutto ciò dovrebbe portare all’apertura della galleria nel 2030.
Per garantire questa lontana scadenza, “è necessario (…) che l’accordo bilaterale sia ratificato dal Parlamento francese entro la fine del 2016”. Ora, “questa ratifica non è ancora in programma”, drammatizza la Transalpine. La sfida è quella di rispettare il calendario fissato da Bruxelles per beneficiare della totalità del finanziamento europeo di 831,8 milioni di Euro promesso fino al 2020.
Inoltre, la lobby ufficiale della Torino-Lione giudica “indispensabile” che le misure legislative e regolamentari preliminari all’introduzione della vignetta alpina siano “rapidamente adottate” affinché le misure finanziarie specifiche per finanziare la parte francese della Torino-Lione siano incorporate nella legge finanziaria francese del 2017.
Per riassumere, ecco i principi del protocollo firmato l’8 marzo. Mentre Bruxelles finanzierà il 40% del cantiere, Parigi e Roma hanno confermato la ripartizione di ciascun Stato del restante 60%: 42,1% per la Francia e 57,9% per l’Italia.
Inoltre, un dispositivo di “lotta contro le infiltrazioni mafiose nei contratti” sarà predisposto, una realtà alla quale l’ex promotore ferroviario Lione-Torino (LTF), divenuto TELT, è già stata confrontata in alcuni appalti della galleria della Maddalena.
Concretamente, la commissione dei contratti definita nell’Accordo del 2012 sarà attivata, così come un servizio permanente di controllo composto da dodici membri. TELT utilizzerà, per la prima volta in Europa, dell’applicazione “transnazionale della legislazione antimafia a tutti progetti in Francia e in Italia.” Speriamo che il dispositivo sarà efficace.
Ancora nessuna trasparenza promessa da Vidalies Il costo stimato della galleria internazionale di 57 chilometri è stato fissato in “8,4 miliardi di euro”. Questa cifra non è cambiata in linea di massima e risulta dallo studio di certificazione affidato da Francia e Italia alle società Tractebel Engineering – TUC Rail.
Questo è uno dei punti più criticati dagli oppositori della Torino-Lione che sono gli eurodeputati ambientalisti Karima Delli e Michèle Rivasi [1] e il rappresentante di un’associazione Daniel Ibanez.
Poiché i due Stati non hanno veramente rispettato lo spirito dell’impegno assunto a nome della Francia dall’ex primo ministro Jean-Marc Ayrault di fronte alla Corte dei conti francese. “Sarà necessario che i costi siano certificati nella maniera più rigorosa e in modo indipendente”, aveva scritto l’8 ottobre 2012.
Ora Tractebel Engineering non è un attore del tutto indipendente dal momento che ha operato anche per TELT ed è dimostrato che è giudice e parte. Per quanto riguarda TUC Rail, ha come dirigente Luc Lallemand, ex direttore di RFF, istituzione pubblica che era, fino alla creazione di TELT, l’azionista francese della Lyon Turin Ferroviaire (LTF) presieduta da Hubert du Mesnil, ex presidente di RFF.

In sintesi, queste due società possono avere interesse a ridurre al minimo la stima di progetto caro a TELT, ma criticato da Bercy (Ministro delle Finanze francese, N.d.T.) e da certi eletti, proteggendo un cantiere che per molti anni può portare loro delle attività.
L’unica certezza è che lo studio di certificazione, del quale TELT ha parlato lo scorso anno, rimane riservato nonostante le assicurazioni fornite dal segretario di Stato per i Trasporti. “Lo studio sarà reso pubblico prossimamente”, aveva indicato Alain Vidalies il 25 gennaio 2016, al momento degli auguri alla stampa.
Sono convinto che il rapporto del certificatore sarà pubblicato.” Chiaramente, questa promessa è divenuta un problema.
SNCF nel campo degli avversari Che dire dei futuri utenti dell’opera? Se il progetto suscita un’opposizione virulenta da parte degli amministratori locali e della popolazione in Val di Susa e in Savoia, è anche lontano da rallegrare gli ambienti ferroviari sul lato francese.
In privato, il presidente di SNCF Guillaume Pepy è preoccupato per i soldi che la Francia dovrà dedicare al progetto, probabilmente stornati dai bilanci dell’AFITF per i prossimi quindici anni. “Rappresenterà una somma di denaro in meno per modernizzare la rete ferroviaria esistente”, indica.
Inoltre, il tunnel di 57 chilometri è solo la punta dell’iceberg dato che si presume che si debba finanziare anche la costruzione di una possibile linea AV tra Lione e Chambéry. L’insieme dei lavori è stimato dalla Corte dei conti francese a 26 miliardi di euro.
Inoltre, il capo della SNCF è ancor meno incline a sostenere il progetto Torino-Lione dato che questo progetto è diretto dal suo ex rivale di RFF, Hubert du Mesnil.
Quanto a ciò che accadrà al momento dell’apertura commerciale della galleria, agli occhi dell’impresa ferroviaria lo scenario è già scritto in anticipo. “Non c’è un bacino di popolazione sufficiente tra Lione e Torino/Milano o tra Parigi e Torino/Milano che possa fare esplodere il traffico.
Non è come la Parigi-Londra collegata con la galleria sotto la Manica, spiega un dirigente di SNCF mobilità.
Operiamo tre TGV tutti i giorni sull’Italia, ne potremo dedicare in cinque o sei in totale ma non di più, dato che il costo della struttura e la sistemazione delle aree circostanti farà esplodere i pedaggi, esattamente come accade sulla linea AV Tours-Bordeaux (SEA).”
Per i treni merci, sarà lo stesso problema. Anche se l’opera allevierà i costi operativi delle imprese ferroviarie che non avranno tante locomotive da utilizzare sulla linea in quota come l’attuale, la prospettiva di una esplosione del costo dei pedaggi è ben lungi da rallegrare i dirigenti di SNCF Cargo che da diversi anni lavorano per ridurre il deficit cronico dell’attività.
E questo dirigente vicino a Guillaume Pepy predice al futuro operatore della galleria franco-italiana la stessa sorte di quella della galleria franco-spagnola Perpignan-Figueras. “Oggi la concessionaria è in fallimento perché il traffico non ha scelto questo itinerario”, ha sottolineato prima di sintetizzare, a suo avviso, la logica della Torino-Lione: “è un affare che serve più i costruttori che le imprese ferroviarie”.

18 mars 2016 | par Marc Fressoz

Lyon-Turin : la SNCF n’est vraiment pas fan du projet

http://www.mobilicites.com/011-4798-Le-Lyon-Turin-avance-mais-la-SNCF-n-est-pas-fan.html

Lors du dernier sommet franco-italien du 8 mars 2016, les deux États ont préparé le terrain pour lancer le chantier début 2018. Future utilisatrice pour ses TGV et ses trains de fret, la SNCF redoute un scénario à la Tours-Bordeaux avec une explosion dissuasive des péages.
Elle estime que le sort du gestionnaire du tunnel pyrénéen Perpignan-Figueras devrait faire réfléchir.
Quel que soit l’état des finances publiques, et quel que soit l’avis des futurs clients ferroviaires, le Lyon-Turin se fera. C’est le message délivré par François Hollande et Matteo Renzi lors du dernier sommet franco-italien le 8 mars 2016.

A cette occasion, le président de la République français et le chef du gouvernement italien ont signé un protocole additionnel aux précédents accords internationaux de 2011, 2012 et 2015. Il est censé lever les derniers obstacles à ce projet pharaonique qui progresse péniblement.

“Nous avons confirmé les travaux pour la liaison Lyon-Turin”, un “sujet qui anime les sommets depuis une vingtaine d’années”/, a lancé François Hollande. Le chef de l’État a ironisé sur le fait qu’il ne verrait sans doute pas le bout du tunnel du Lyon-Turin contrairement à Matteo Renzi beaucoup “plus jeune que lui”.
Accord à ratifier avant fin 2016
En fait, la société d’exploitation Tunnel Euralpin Lyon-Turin (TELT) explique que cet accord doit encore être ratifié dans chaque pays pour permettre de lancer en 2017 les “travaux préparatoires au tunnel de base”, préalables aux “travaux définitifs [qui] débuteront en 2018”.
Tout cela doit conduire à l’ouverture du tunnel en… 2030.
Pour tenir cette échéance lointaine, “il est nécessaire (…) que l’accord bilatéral soit ratifié par le Parlement d’ici fin 2016” en France. Or, “cette ratification n’est pas encore programmée”, dramatise la Transalpine.
L’enjeu est de tenir le calendrier fixé par Bruxelles pour bénéficier en totalité des 831,8 millions de subsides communautaires promis jusqu’en 2020.
Par ailleurs, le lobby officiel du Lyon-Turin juge “impératif” que les mesures législatives et réglementaires préalables à la création de l’Eurovignette alpine soient “très rapidement adoptées” pour que les mesures financières spécifiques au financement de la part française du Lyon-Turin soient intégrées à la loi de finances 2017.
Pour résumer, voici les principes du protocole signé le 8 mars. Tandis que Bruxelles va financer 40% du chantier, Paris et Rome ont confirmé la répartition de chacun au sein des 60% restant : 42,1% pour la France et 57,9% pour l’Italie.
En outre, un dispositif de “lutte contre les infiltrations mafieuses dans les contrats” va être mis en place, une réalité à laquelle l’ex-Lyon-Turin Ferroviaire (LTF), devenu TELT, a déjà été confrontée sur certains marchés du tunnel de la Maddalena.
Concrètement, la commission des contrats définie dans le traité de 2012, va être installée ainsi qu’un service permanent de contrôle de douze membres. TELT se prévaut, pour la première fois en Europe, de l’application “transnationale d’une réglementation antimafia à tous les chantiers en France et en Italie”. Espérons que le dispositif sera efficace.
Toujours pas la transparence promise par Vidalies Quant à l’estimation du coût du tunnel international de 57 kilomètres, il a été arrêté à “8,4 milliards d’euros”.
Ce chiffre n’a pas changé dans les grandes lignes. Il résulte de l’étude de certification confiée par la France et l’Italie à un cabinet Tractebel Engineering – TUC Rail.
Cet aspect est l’un des points les plus critiqués par les opposants au Lyon-Turin que sont les eurodéputées écologistes Karima Delli et Michèle Rivasi[1] et le responsable associatif Daniel Ibanez.
Car les deux États n’ont pas vraiment respecté l’esprit de l’engagement pris au nom de la France par l’ex-Premier ministre Jean-Marc Ayrault devant la Cour des comptes. “Il sera nécessaire que les coûts soient certifiés de la manière la plus rigoureuse qui soit, de manière indépendante”, avait-il écrit le 8 octobre 2012.
Or Tractebel Engineering n’est pas un acteur tout à fait indépendant dans le dossier puisqu’il travaille aussi pour TELT et s’avère donc juge et partie. Quant à TUC rail, il compte comme dirigeant Luc Lallemant, un ex-administrateur de RFF, établissement public qui était, jusqu’à la création de TELT, l’actionnaire français de Lyon Turin Ferroviaire (LTF) présidé par Hubert du Mesnil, ex-président de RFF.
En somme, ces deux entreprises peuvent avoir intérêt à minimiser le devis d’un projet cher à TELT, mais critiqué par Bercy et par certains élus, tout en protégeant un chantier qui durant plusieurs années peut leur apporter de l’activité.
Seule certitude, cette étude de certification sur laquelle TELT a communiqué l’an passé, reste toujours confidentielle en dépit des assurances données par le secrétaire d’État aux Transports. “L’étude va être rendue publique assez rapidement”, avait en effet indiqué Alain Vidalies le 25 janvier 2016, lors de ses voeux à la presse. J’ai bien l’intention que le rapport du certificateur soit publié.” A l’évidence, cette perspective pose problème.
La SNCF dans le camp des opposants
Quid des futurs utilisateurs de l’ouvrage ? Si le projet suscite une opposition virulente d’élus et de la population dans le Val de Suse et en Savoie, il est également loin de réjouir la sphère ferroviaire côté français.

En privé, le président de la SNCF Guillaume Pepy s’inquiète de l’argent que la France va devoir consacrer au projet, probablement pris sur les budgets de l’AFITF, durant une quinzaine d’années. “Ce sera autant d’argent en moins pour moderniser le réseau ferroviaire existant”, pointe-t-il.
En outre, le tunnel de 57 kilomètres n’est que la partie émergée de l’iceberg puisqu’il supposera aussi le financement de l’aménagement de ses abords avec une éventuelle LGV Lyon-Chambéry. L’ensemble a été chiffré par la Cour des comptes à 26 milliards d’euros.
En outre, le patron de la SNCF est d’autant moins enclin à soutenir le Lyon-Turin que ce projet est piloté par son ancien rival de RFF, Hubert du Mesnil.
Quant à ce qui se passera au moment de l’ouverture commerciale du tunnel, aux yeux de l’entreprise ferroviaire, le scénario est écrit d’avance. “Il n’y a pas de bassin de population suffisant entre Lyon et Turin/Milan ou entre Paris et Turin/Milan pour faire exploser le trafic.
Ce n’est pas comme Paris-Londres relié par le tunnel sous la Manche, explique ce cadre dirigeant de SNCF Mobilités. Nous exploitons trois TGV quotidiens sur l’Italie, nous en mettrons peut être cinq ou six au total mais pas davantage, car le coût fonctionnement de l’ouvrage et l’aménagement des abords vont faire exploser le prix des péages, exactement comme cela se passe sur la LGV SEA Tours-Bordeaux.”
Quant aux trains de fret, ce sera la même poblématique. Même si l’ouvrage allégera les coûts d’exploitation des entreprises ferroviaires qui n’auront pas autant de locomotives à utiliser que sur la ligne d’altitude actuelle, la perspective d’une explosion du coût des péages est loin de réjouir les dirigeants de Fret SNCF qui travaillent depuis plusieurs années à réduire le déficit chronique de l’activité.
Et ce proche de Guillaume Pepy de prédire au futur exploitant du tunnel franco-italien le même sort que celui du tunnel franco-espagnol de la ligne Perpignan-Figueras. “Aujourd’hui le concessionnaire est en faillite car le trafic n’est pas au rendez vous”, souligne-t-il avant de résumer, à ses yeux, la logique du Lyon-Turin :
“c’est une affaire qui sert d’avantage les /bétépistes/que les entreprises ferroviaires”.

 

Truffa sul TAV alla francese: le “consultazioni”

la lettera di seguito è stata inviata oggi da Les Amis de la Terre, FRAPNA e Coordination des Opposant au Lyon Turin a Barbara Pompili Segretaria di Stata francese per la biodiversità per chiedere l’annullamento della consultazione organizzata dal Prefetto della Savoia su richiesta di TELT per autorizzare:

“la cattura o l’allontanamento, la distruzione e la perturbazione deliberata di esemplari di specie animali protette, la distruzione, l’alterazione e il degrado dei siti di riproduzione o delle aree di riposo di specie di animali protette e la distruzione e il trapianto di specie vegetali protette dai luoghi dove saranno installati i cantieri di superficie necessaria ai lavori di scavo del tunnel di base della sezione transfrontaliera del nuovo collegamento ferroviario tra Lione e Torino”
http://www.auvergne-rhone-alpes.developpement-durable.gouv.fr/savoie-societe-tunnel-euralpin-lyon-turin-a9336.html

Questa consultazione è stata lanciata quando i dirigenti di SNCF (il presidente di SNCF Guillaume Pepy, N.d.T.) affermano:

“(La Torino-Lione, N.d.T.) rappresenterà una somma di denaro in meno per modernizzare la rete ferroviaria esistente”

Non c’è un bacino di popolazione sufficiente tra Lione e Torino/Milano o tra Parigi e Torino/Milano che possa fare esplodere il traffico. Non è come la Parigi-Londra collegata con la galleria sotto la Manica, spiega un dirigente di SNCF mobilità. Operiamo tre TGV tutti i giorni sull’Italia, ne potremo dedicare in cinque o sei in totale ma non di più, dato che il costo della struttura e la sistemazione delle aree circostanti farà esplodere i pedaggi, esattamente come accade sulla linea AV Tours-Bordeaux (SEA).”

http://www.mobilicites.com/011-4798-Le-Lyon-Turin-avance-mais-la-SNCF-n-est-pas-fan.html (articolo qui allegato tradotto in italiano)

Ancora una volta le condizioni della “consultazione” ignorano i testi e le convenzioni esistenti firmati dalla Francia.

La democrazia partecipativa, che è uno dei temi del Ministero dell’Ecologia, sarebbe stata rafforzata con l’applicazione dei testi da parte dei rappresentanti e servizi dello Stato organizzando la partecipazione dei cittadini, piuttosto che attraverso delle “consultazioni” alle quali nessuno può  materialmente partecipare (1200 pagine di documentazione tecnica da leggere in 15 giorni di “consultazione” su temi specifici e assenza di studi su argomenti problematici).

Daniel Ibanez

Da: Daniel Ibanez [mailto:contact@lyonturin.eu]
Inviato: venerdì 1 aprile 2016 09:35
A: presse@lyonturin.eu
Oggetto: [presse] Lettre ouverte à Barbara Pompili / Biodiversité

Mesdames, Messieurs

La FRAPNA, Les Amis de la Terre Savoie et des membres de la Coordination des opposants au Lyon Turin ont adressé ce matin un courrier à Madame la secrétaire d’Etat à la biodiversité pour demander l’annulation de la “consultation” organisée par le Préfet de Savoie au profit de Lyon Turin Ferroviaire en vue d’autoriser :

“la capture ou l’enlèvement, la destruction et la perturbation intentionnelle de spécimens d’espèces animales protégées, la destruction, l’altération et la dégradation de sites de reproduction ou d’aires de repos d’espèces animales protégées et la destruction et la transplantation d’espèces végétales protégées pour les sites de surfaces nécessaires aux travaux de creusement du tunnel de base de la section transfrontalière de la nouvelle liaison ferroviaire entre Lyon et Turin”
http://www.auvergne-rhone-alpes.developpement-durable.gouv.fr/savoie-societe-tunnel-euralpin-lyon-turin-a9336.html

Cette consultation intervient au moment où les dirigeants de la SNCF déclarent :
“Ce sera autant d’argent en moins pour moderniser le réseau ferroviaire existant”

Il n’y a pas de bassin de population suffisant entre Lyon et Turin/Milan ou entre Paris et Turin/Milan pour faire exploser le trafic. Ce n’est pas comme Paris-Londres relié par le tunnel sous la Manche, explique ce cadre dirigeant de SNCF Mobilités. Nous exploitons trois TGV quotidiens sur l’Italie, nous en mettrons peut être cinq ou six au total  mais pas davantage, car le coût fonctionnement de l’ouvrage et l’aménagement des abords vont faire exploser le prix des péages, exactement comme cela se passe sur la LGV SEA Tours-Bordeaux.”
Source: http://www.mobilicites.com/011-4798-Le-Lyon-Turin-avance-mais-la-SNCF-n-est-pas-fan.html

Une nouvelle fois les conditions de la “consultation” méconnaissent les textes en vigueur et les conventions signées par la France

La démocratie participative qui est l’un des thèmes du ministère de l’écologie se verrait renforcée par l’application des textes par les représentants de l’Etat et de ses services en organisant la participation du public plutôt que des “consultations” auxquelles personne ne peut matériellement participer (1200 pages de dossier technique pour 15 jours de “consultation” sur des problématiques spécifiques et non publication des études gênantes) .
Daniel Ibanez
+33 6 07 74 10 17

— 

Si comme le disent les promoteurs du tunnel, une nouvelle ligne “gommant les Alpes” doit redonner une place concurrentielle au rail, nous devrions trouver sur plus de 70 % du réseau ferré français “de plaine” une activité fret ferroviaire florissante.

http://lecercle.lesechos.fr/entreprises-marches/services/transports/221179340/fret-ferroviaire-lyon-turin-cas-emblematique-limit

http://lyonturin.eu/index.php

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Fukushima 5 anni dopo: nessuno sa cosa fare

 http://www.beppegrillo.it/2016/03/fukushima_5_anni_dopo_nessuno_sa_cosa_fare.html

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di Dario Tamburrano, portavoce M5S Europa

A Fukushima da qualche parte sotto la centrale, in punti non identificati, ci sono tre “blob” di roba tremendamente radioattiva: il corium, il frutto della fusione del nocciolo di tre reattori nucleari. Quante persone ne sono consapevoli? A Chernobyl il “blob” fu uno solo, prontamente localizzato e isolato dall’ambiente circostante con il famoso sarcofago, mentre in Giappone non é stato ancora possibile farlo: la tragedia prosegue e ogni giorno genera 500 tonnellate di acqua fortemente radioattiva. C’é il sospetto fondato che l’acqua radioattiva raggiunga l’oceano Pacifico, sulla cui riva sorge la centrale nucleare devastata dal terremoto e dallo tsunami nel marzo 2011. Ne abbiamo parlato il 22 marzo qui al Parlamento Europeo, insieme a Nuclear Transparency Watch, durante un evento destinato all’anniversario e alle lezioni che l’Europa (non) ne ha tratto. Mentre arrivavano le notizie degli attentati in città non ci siamo fermati perché ci è sembrato un dovere civico rimanere per quanto possibile al proprio posto e portare avanti le normali attività.

L”incidente del 2011
Nel 2011 a Fukushima il terremoto impedì l’arrivo dell’energia elettrica alla centrale e lo tsunami mise fuori uso i generatori diesel di emergenza. Le centrali nucleari infatti producono energia, ma paradossalmente devono sempre a loro volta essere alimentate di elettricità quando vanno fuori uso, altrimenti é impossibile raffreddare il reattore e le reazioni nucleari vanno fuori controllo.
Il nostro intervento si é concentrato sulla situazione della centrale nucleare, perché comunemente si crede che l’incidente sia stato grave, ma non gravissimo, dal momento che la Tepco (l’operatore dell’impianto) ha fatto filtrare le informazioni nel corso degli anni, quando Fukushima era scomparsa dalle prime pagine dei giornali.

Le versioni della Tepco

In molti siamo rimasti alla prima versione della Tepco con la sua tranquillizzante stima secondo la quale era “danneggiato” (danneggiato, non fuso…) il 70% del combustibile nucleare nel reattore 1, il 33% nel reattore 2 e possibilità di “danni” anche al combustibile del reattore 3.
Adesso invece é generalmente riconosciuto che nei tre reattori di Fukushima é avvenuto un “melt through”: il combustibile nucleare si é fuso insieme all’acciaio dell’involucro di contenimento entro il quale avvengono le reazioni nucleari ed é uscito dai reattori.
Lo ha scritto ad esempio la prudentissima e attentissima agenzia Reuters in occasione di questo quinto anniversario della tragedia. La Tepco ha iniziato le prime ammissioni solo nel novembre 2011 – otto mesi di ritardo – parlando di possibili “danni” all’integrità dell’involucro di contenimento del reattore 1. Il resto é arrivato goccia a goccia e talvolta per vie indirette: alla luce di questo, é ragionevole chiedersi se, e fino a che punto, la Tepco ammetta la gravità dei problemi attuali e se le informazioni di pubblico dominio siano sufficienti a tratteggiare il quadro della situazione.

I blob radioattivi
Come si é arrivati alla consapevolezza del triplice “melt through”? Nel 2015 sono iniziate le ricerche dei resti del combustibile nucleare, per rimuoverli o almeno per isolarli in qualche modo come a Chernobyl. Grazie alla scansione a muoni è emerso che non c’é più combustibile nucleare nel reattore 1 (la fonte é un articolo sulla rivista scientifica Science, riservato agli abbonati) e che ben poco ne sarebbe rimasto nel reattore 2 (per verificarlo bisognerebbe leggere il giapponese). Se il combustibile nucleare non é nel reattore ne consegue che ne é fuoriuscito e che per farlo deve aver fuso l’acciaio dell’involucro di contenimento. E anche il reattore 3 ha affrontato la stessa mancanza di raffreddamento. Ma dove sono i “blob”, il risultato della fusione del combustibile e del reattore? Non si sa. La zona é troppo radioattiva per essere esplorata dagli umani e perfino dai robot.

L’acqua radioattiva
I “blob”, ovunque si trovino, devono essere continuamente raffreddati. Infatti migliaia di persone ogni giorno lavorano a Fukushima: lottano contro la radioattività e contro l’acqua radioattiva. Si versa acqua su quel che resta dei reattori, con lo scopo di impedire che il “blob” si riscaldi. Si pompa via l’acqua per 500 tonnellate al giorno della falda sotterranea, che si infiltra negli scantinati e diventa altamente radioattiva. Nessuno sa bene cosa farne: pur se viene decontaminata, dato che non é possibile però rimuoverne completamente la radioattività, viene stoccata in serbatoi. Attualmente attorno alla centrale ci sono già circa mille serbatoi, ciascuno dei quali contiene 1000 tonnellate di acqua e continuamente ne vengono costruiti di nuovi.

Pacifico radioattivo
Si ritiene che l’acqua di falda radioattiva raggiunga l’oceano Pacifico, sulla cui riva si trova Fukushima, ma la Tepco sostiene che il suo impatto sia limitato all’interno del porto sul quale si affaccia la centrale nucleare e che il problema dell’acqua verrà risolto con la costruzione di un muro di ghiaccio sotterraneo attorno alla centrale nucleare. Il progetto tuttavia é stato bloccato dall’autorità nipponica di regolamentazione nucleare che ha obiettato che una volta realizzato il muro sotterraneo, l’acqua radioattiva nelle cantine raggiungerebbe il livello del suolo, traboccherebbe fuori dall’edificio, e prenderebbe comunque una strada verso il mare.
In poche parole nessuno sa cosa fare.

31 Mar 201609:05

Comunicato Stampa: UN SENATORE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL DIRITTO ALL’INFORMAZIONE DEI CITTADINI

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Movimento No TAV

 31 marzo 2016  

E il Commissario Foietta si lamenta con la RAI

Stefano Esposito, Senatore “Sì TAV alla ricerca di visibilità”, ha accusato mercoledì 30 marzo 2016 nel corso di un’intervista a Radio Cusano Campus http://www.tag24.it/144106-tav-esposito-vs-luca-mercalli-interrogazione-parlamentare-su/ il meteorologo Luca Mercalli di fare propaganda No TAV perché sabato 26 marzo ha presentato, nel corso della trasmissione televisiva Scala Mercalli andata in onda in tarda serata sulla rete pubblica RAI3, un servizio di 22 minuti durante il quale sono state illustrate le ragioni dell’opposizione alla costruzione di una galleria ferroviaria di 57 chilometri sull’itinerario tra Torino e Lione.

PresidioEuropa No TAV considera prevedibili e monotone le affermazioni del Senatore Stefano Esposito, così come quelle espresse oggi da Osvaldo Napoli, candidato a Sindaco di Torino. Questi due uomini continuano a considerare propaganda le ragioni dell’opposizione al progetto di una nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione, definita da anni una Grande Opera Inutile e Imposta: essi contribuiscono con le loro parole – e se ne devono assumere personalmente le responsabilità – allo spreco delle risorse pubbliche e alla devastazione della natura causata da questo progetto destinato al fallimento date le inesistenti ragioni economiche e trasportistiche.

PresidioEuropa No TAV rileva che la RAI, che ha la responsabilità del servizio pubblico, deve garantire ai cittadini un’informazione imparziale e completa, e la tutela delle varie componenti della società e si augura che, dopo questo primo ed ancora insufficiente spazio di 22 minuti che ha messo in evidenza alcune delle contraddizioni del progetto Torino-Lione, sia offerto su tutte le reti radio e televisive lo spazio – anche in contradditorio – agli argomenti delle opposizioni alle Grandi Opere Inutili e Imposte tra le quali la Torino-Lione, il Terzo Valico, il MOSE, il MUOS, il resuscitato Ponte di Messina, ecc.

Non è certo utile per la comprensione dei cittadini che la RAI programmi una replica come auspicato dal Commissario Paolo Foietta nella sua lettera inviata oggi alla Presidente della RAI: sarebbe solo l’ennesima trasmissione a favore della Torino-Lione di cui non vi è bisogno.

E’ infatti provato che da quando si parla di Torino-Lione (ormai da più di 25 anni) la RAI ha fornito un’informazione fortemente sbilanciata: gli argomenti dei promotori del progetto hanno sempre ricevuto grande attenzione, mentre la questione dell’ordine pubblico in Valle Susa è stata privilegiata occultando le ragioni degli oppositori.

Notiamo che la trasmissione televisiva Scala Mercalli del 26 marzo è stata spostata, forse nel tentativo di nasconderla, in seconda serata per dare spazio ad una partita di calcio amichevole di scarso interesse, mentre la presentazione su una rete nazionale RAI delle ragioni dell’opposizione alla costruzione di una linea ferroviaria perfettamente inutile che potrebbe assorbire miliardi di € di denaro pubblico è vero servizio pubblico, risponde al diritto dell’informazione dei cittadini e meritava la prima serata.

1989 – 2016, 27 anni di opposizione popolare alla nuova linea ferroviaria Torino-Lione

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