Tav, il Governo ‘condona’ il conflitto d’interessi del direttore dei lavori!

Scritto da M5S Camera News pubblicato il 31.03.16 18:09

Il Governo ‘condona’ il conflitto d’interessi a carico dell’architetto Mario Virano, direttore generale della TELT, la società pubblica italo-francese che si occupa dei lavori della Tav, che fino al dicembre
2015 ha ricoperto il ruolo di presidente dell’Osservatorio Torino-Lione, ente terzo che deve vigilare sulla trasparenza di quegli stessi lavori che ora invece si trova a dirigere. Un’incompatibilità già riconosciuta dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) e per la quale il Governo, negando l’evidenza, oggi ha affermato di dover aspettare la sentenza del TAR Lazio presso cui Virano ha fatto ricorso.
È questo, in sintesi, il contenuto della risposta dell’Esecutivo al question time dei deputati del M5S in Commissione Trasporti.

All’incompatibilità accertata dall’AGCM si aggiunge inoltre il no del GIP all’archiviazione del procedimento che vede Virano imputato per omissione d’atti d’ufficio quando era presidente dell’Osservatorio Torino-Lione. Di cos’altro hanno bisogno il ministro dei Trasporti Delrio, e il Governo in generale, per riconoscere che la carica del direttore dei lavori della Tav è del tutto illegittima?

Qualora il Tar dovesse confermare il conflitto d’interessi di Virano facendolo decadere dai suoi incarichi pretenderemo che il ministro Delrio si dimetta e paghi i danni, anche erariali, per aver dato il suo sostegno incondizionato al direttore generale di Telt, fregandosene dei soldi dei cittadini e del bene comune deturpato per una nuova opera inutile e costosa che se finora ha soddisfatto degli interessi di sicuro non sono stati quelli della società civile.

DALLA BOSNIA A BRUXELLES, DA REGENI ALLA LIBIA… SONO I FRATELLI MUSULMANI, BELLEZZA!

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/03/dalla-bosnia-bruxelles-da-regeni-alla.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 31 MARZO 2016

 

L’ordine regna a Molenbeek
 
Armi di distrazione di massa
Diciamo subito una cosa che attiene al cordone ombelicale che unisce la placenta madre Nato alla sua creatura freak, la stampa. Uno strepitio, scomposto e assordante come forse solo al tempo del depistaggio su anarchici e Valpreda della strage di Stato di Piazza Fontana (*), ha utilizzato il martire Regeni, l’orco Al Sisi, il guazzabuglio libico, l’emergenza emigranti (ora di nuovo siciliana) e gli attentati di Bruxelles, con annesso patatrac degli apparati di intelligence e sicurezza, per toglierci dalla vista e dalla memoria una serie di avvenimenti di enorme portata e di grande imbarazzo per chi ne è stato preso in grandioso contropiede. In primis, il progressivo fallimento dell’operazione sionista-islamista-neocolonialista “Grande Medioriente”, simboleggiata dalla spettacolare riconquista di Palmira e dalla costante avanzata delle forze nazionali siriane e irachene. Sbalorditivo silenzio che contrasta con il grande e lacrimoso clamore sollevato al tempo della “conquista” e distruzione del prezioso sito archeologico da parte dell’Isis (tanto da far dimenticare che gli stessi piagnoni erano e sono sponsor e ufficiali pagatori del Kombinat islamista).
 
Per inciso, se volete capire a quelli livelli sta sprofondando il “manifesto”  cercatevi il pezzo del 29 marzo su 4 colonne di Giuliano Battiston, uno che di solito spara sui Taliban dalla trincea Nato e dalle mense della “società civile” afghana. Con Palmira liberata (una colonna) e in rotta i tagliagole più orrendi visti da quando l’Inquisizione bruciava e squartava, Battiston ci raccomanda di non farci distrarre dalle decapitazioni del califfo, robetta, “parte per il tutto” e ci porta a passeggiare tra le bellezze ed efficienze di un califfato in netta espansione, che si va facendo Stato e amministratore di comunità, con tanto di istituzioni. Che ci facessimo il callo, poiché “il Califfato è qui per restare”. Al Baghdadi gongola.  Se il “manifesto” era nudo da tempo, ora è pure tosato.
 
(*) Che la strage fosse di Stato l’ha documentato, non il Movimento Studentesco, sigla generica e fugace, bensì Lotta Continua, ancora politicamente integra, con, appunto, “La strage di Stato” di un collettivo redazionale capeggiato da Marco Ligini e Marco Ventura.
 
  Eroi della Jugoslavia, della resistenza umana
 
Poi, effetti collaterali, ma non casuali, del depistaggio, l’occultamento di due crimini che ricadono sugli stessi depistatori e loro mandanti.  La ricorrenza dell’assassinio nel carcere del Tribunale Nato dell’Aja, l’11 marzo 2011, del presidente jugoslavo e serbo Slobodan Milosevic, assassinato per non essere riuscito il tribunale-mercenario a provare la minima accusa contro l’integerrimo difensore del suo popolo; poi, dello stesso tribunale Nato, la condanna a 40 anni del poeta e presidente della Repubblica Serbska in Bosnia Erzegovina, Radovan Karadzic. L’uomo accusato, ancora oggi con appassionata virulenza anche dal cripto-Nato “manifesto”, del massacro di 8000 musulmani a Srebrenica, provato mai avvenuto, ma servito a coprire i 3.500 serbi uccisi dal boia islamista Naser Oric e i 1000 musulmani fatti ammazzare dallo stesso islamofascista Izetbegovic.
 
Di una sola colpa si è macchiato Karadzic: di aver salvato dal genocidio Nato-islamista i serbi di Bosnia. Con ancora nel cuore l’incontro che ebbi con Slobo a Belgrado, tre giorni prima che venisse rapito dai briganti Nato, provo a perforare la muraglia di omertoso silenzio eretta attorno a questi fatti, rendendo omaggio, onore e stima a questi due eroi della resistenza umana al mostro imperialista. E indico al disprezzo più profondo l’articolista del “manifesto” secondo cui Karadzic avrebbe meritato un “processo di Norimberga” (con ovvio esito di nodo scorsoio) dato che sarebbe da considerare “il più malvagio delinquente del XX secolo”. Sul ribrezzo che suscita questo giornale non ci sono più parole.
 
Izebegovic con jihadisti Al Qaida
 
E, passando dalla Bosnia, eccoci già arrivati al tema centrale: i Fratelli Musulmani, gente meravigliosamente double face, a volte politici, a volte jihadisti, a volte terroristi attentatori. Fin dalla Bosnia, dove li chiamò il fondamentalista Fratello anche in Nato, Izetbegovic, a contribuire allo squartamento della Jugoslavia e all’islamizzazione in chiave fascista della Bosnia; fin dal Kosovo, nel quale li invitarono, addirittura con Osama bin Laden, sotto madrinaggio di Madeleine Albright (oggi con Hillary Clinton nell’assalto “femminista” alla Casa Bianca), il trafficante di droga e organi Hashim Thaci (poi premier per grazia di Nato), William Walker, finto delegato ONU e vero organizzatore di pogrom anti-serbi, e Madre Teresa di Calcutta, organizzatrice di ospedali e scuole etnicamente puliti da serbi (ora in procinto di diventare santa per grazia di Bergoglio).
 
Fino ad arrivare al massimo rilievo geopolitico gestendo, su mandato e con reclutamento, addestramento, finanziamento e armamento Nato-Israele-Golfo, l’invasione e la demolizione dei tre più importanti stati arabi non di obbedienza sion-atlantica, Libia, Iraq e Siria e, poi, il conseguente spopolamento di quei paesi, con le alluvioni di rifugiati utilizzate come arma di destabilizzazione imperialista e di ricatto turco nei confronti dell’Europa. Attualmente, da fiduciari Nato, detengono  il potere in Qatar con l’emiro Al Thani, in Turchia con Erdogan, a Tripoli e Sirte con un’accozzaglia di bande integraliste, vuoi Isis, vuoi Alba, ma che hanno per colonna vertebrale le collaudate milizie Nato di Misurata, resesi indispensabili per le atrocità commesse nella rivolta e nel post-Gheddafi, in ispecie per la pulizia etnica dei libici neri della città costiera di Tawarga. Il “manifesto” li chiama “moderati”.
 
Fiasco dei FM e dei suoi mandanti occidentali in Egitto
Male ai FM è andato invece il colpo in Egitto, dove, conquistato il governo con un’elezione manipolata, cui partecipò il 13% effettivo della popolazione, imposta la sharìa, perseguitati i cristiani copti, proibiti gli scioperi e massacrati gli scioperanti, ne furono cacciati dall’insurrezione di milioni di egiziani che portarono al potere il generale Al Sisi, poi confermato alla presidenza dal un voto serio. A quel punto smisero i panni degli attori politici e indossarono quelli confezionati e collaudati in Iraq, Siria, Libia e in giro per l’Africa. Quelli del terrorismo jihadista. Da due anni quel terrorismo fa quotidianamente stragi di forze dell’ordine, di civili, di turisti (l’aereo russo Metrojet), dal Sinai ad Assuan. Che fanno impallidire le imprese dei congiunti a Parigi e Bruxelles.
 
In queste condizioni si pretenderebbe dal governo egiziano di rinunciare a quella forme di controllo sociale, provvedimenti d’emergenza e repressione che invece si approvano e, anzi, si auspicano sempre più stringenti, quando adottate dai regimi europei sul corpo inerme delle loro popolazioni. Un generale egiziano, Seiffedin Al Eizal, collega di Al Sisi, l’ha detto chiaramente: “Sono gli Usa e Israele che sostengono il terrorismo nel Sinai. Devono preparare il terreno per un intervento nella regione”. La demonizzazione di Al Sisi, “Pinochet egiziano”, serve allo stesso scopo. Non c’era di meglio che buttargli tra i piedi un giovanotto italiano torturato, nel giorno degli accordi economici tra Cairo e Roma (giovanotto di cui si continuano ad occultare i discutibilissimi trascorsi al servizio di masskiller e spioni come i capi della ditta di spionaggio Oxford Analytica, Negroponte e McLeod)
 
 
Senza contare che quanto i media occidentali – con il fustigatore di giornalisti infedeli alla deontologia, Marco Travaglio, in testa – ci propinano sulle nequizie del “Pinochet egiziano” ha lo stesso valore di quanto attribuivano a Gheddafi o Saddam e, oggi, a Kim Jong Un,  basta rilevare le fonti che attesterebbero i carcerati, i torturati, i giustiziati: Amnesty International (Dipartimento di Stato Usa), Human Rights Watch (George Soros) e Reporters Sans Frontieres (CIA), oltre a manutengoli Ong locali. Anche qui, se Travaglio e gli altri sostituissero la loro funzione di cassette di risonanza delle balle imperiali con un minimo di competenza professionale e onestà intellettuale, potrebbero andare a rivedersi le smentite, di fatto e di parola, di ogni panzana da quesi soggetti diffusi quando si trattava di lubrificare i motori delle guerre a Serbia, Iraq, eccetera. Ma, data l’evidentissima malafede, non c’è verso che  lo facciano. Interessante, a questo proposito, notare  come su tutto, Bruxelles, Al Sisi, Regeni, l’universo mondo sotto ferula imperialista, si esprimano in perfetta sintonia un quotidiano che, sugli esteri, è l’house organ di Cia e del Mossad, come “Il Fatto”, e un altro che si dice “comunista” e nel quale la lobby sion-sorosiana la fa da direttore d’orchestra..
 
Per confermare il ruolo storico e attuale dei Fratelli Musulmani quali quinta colonna del colonialismo contro la rinascita nazionale progressista e unitaria araba, non ci sarebbe neanche bisogno dell’intervento elogiativo del giornale che è considerato lo standard aureo del giornalismo bellicista Usa, il New York Times. Il quotidiano a controllo ebraico, espresso il rimpianto per la caduta del regima islamista, sollecita il governo Usa a rivedere i rapporti con l’Egitto. Così cominciò con Slobo, con Saddam, con Gheddafi.  Analoga sollecitazione era arrivata a Obama dal Washington Post.  Basterebbe il giubilo di Washington alla presa di potere della Fratellanza al Cairo, espresso il 10 gennaio 2012 direttamente a Mohammed Morsi dal numero due del Dipartimento di Stato, William Burns. Il propugnatore della Sharìa, dell’imbavagliamento del corpo delle donne, sicario egiziano del despota qatariota jihadista in Libia, Siria e Iraq, rispose che il suo partito “ritiene prioritario il rapporto di amicizia Usa-Egitto”. 
 
 Morsi, uomo dell’anno per gli Usa
 
A suo tempo esponenti del Dipartimento di Stato, tra cui Hillary Clinton, avevano lamentato l’inerzia di Mubaraq rispetto all’impegno contro Iraq e Iran e avevano auspicato che dalla “primavera egiziana” potesse evolversi un regime affidato alla Fratellanza Musulmana che già stava fornendo prove positive nella destabilizzazione di Libia, Siria e Libano. In precedenza era stato il vice di Bush, Cheney, a girare per le capitali mediorientali sollecitando sostegno ai Fratelli. Un due più due facile facile ci porta a un quattro nel quale  si evidenzia la fusione del due FM e del due Isis. In altre parole, se la Fratellanza, con il suo obiettivo dell’ Umma, transnazionale e antinazionale come lo sono i mondialisti di Wall Street, del revanscismo colonialista e della distruzione degli Stati unitari è lo strumento politico, l’Isis (insieme alla versione Al Qaida) ne è il braccio armato e il califatto, Daish, ne è la prefigurazione istituzionale.
 
Tanto per rispondere a coloro, tipo il vessillifero della FM Acconcia, che pensano di minchionare la sinistra facendo passare Al Sisi per uomo degli Usa. Proprio lui che, raddoppiando il Canale, disponendo della più grande ricchezza energetica del Mediterraneo, avendo instaurato rappporti fattivi con Russia e Cina e presentandosi come il candidato naturale per un intervento in Libia che blocchi le interferenze colonialiste e relativi mercenari islamisti,  è emerso sulla scena internazionale come un grosso elemento di disturbo per i progetti di normalizzazione imperiali ed espansionismo integralista.
 
Quelli che guardano il dito
L’offensiva imperialista che nessuno vuol vedere è a raggio intercontinentale. In America Latina si serve di oligarchie arricchite o da arricchire, le vecchie borghesie compradore e svenditrici, per addormentare Cuba, far saltare con rivoluzioni scolorate i chiavistelli antimperialisti in Venezuela, Argentina, Brasile, Bolivia, Ecuador, Nicaragua. In Europa, Medioriente e Africa, tre aree da ricondurre a un controllo totale (da noi con la strategia della paura che faccia accettare la sottomissione a regimi neoliberisti predatori e autocratici), il mezzo sono i Fratelli e loro emanazioni militari. Gli stati sponsor sono con ogni evidenza Turchia (con Qatar e altri del Golfo) e Israele (con settori Usa) i cui piani colludono finchè si tratta del frazionamento etnico-confessionale degli stati nazionali, ma rischiano di collidere sul piano strategico quando si confronteranno sultanato neo-ottomano dai Balcani al Nord Africa e Grande Israele. A meno che la potenza superiore non imponga una qualche mediazione. E qui non mi riferisco a Obama o successori, ma a quella che chiamo la Cupola, i burattinai, che si riservano sempre una molteplicità di opzioni e, di conseguenza, attivano o l’uno o l’altro strumento.
Da Ankara, Regeni, Tel Aviv a Bruxelles
 
 
Credo che si debba partire da questo retroterra per arrivare ai fatti di Bruxelles. Diamo per scontata la consapevolezza delle manipolazioni di Stato e mediatiche, dell’enormità delle contraddizioni nelle vulgate via via somministrate a un pubblico troppo attonito e sgomento per ragionare e unire i puntini. Credo che siano da cestino della carta straccia gli sdottoramenti di epistemologhi, esperti e analisti da parco giochi sulla natura degli attentatori, sul retroterra sociale, sulle distorsioni psicologiche, sullo snaturamento antropologico. Tutti comunque graditissimi a mandanti e sicari perché alterano la realtà e, dunque, la percezione del logico, del probabile, del certo, del vero. Impediscono di ripartire dall’inizio. Non dico dall’11 settembre, dalla ripetizione di falle di sicurezza e intelligence, di formule stereotipate come i ripetuti fratelli attentatori (indizio di omertà sociale tipo ‘ndrangheta), dell’utilizzo di immagini false per le scene dell’orrore, della scomparsa dei corpi di morti, terroristi o civili (mai un’autopsia), del rastrellamento a casaccio di “sospetti” tanto per estendere il dramma fino alle nostre porte di casa, della stupefacente carenza di immagini da tv a circuito chiuso, che pure sono installate ogni mezzo metro, e di foto di cellulari, che pure scattano ogni mezzo secondo da centinaia di maniaci del selfie.
 
Non dico nemmeno dello sfruttamento che si fa degli eventi terroristici per portare a compimento la sorveglianza sociale, la riduzione e il controllo capillare degli individui, l’annientamento dell’autodeterminazione collettiva e individuale, la sollecitazione di atteggiamenti di sospetto e diffidenza utili, quanto le “invasioni barbariche” degli immigrati, a frantumare la coesione sociale e quindi le opposizioni politiche (ora in vista del TTIP), vedi per esempio l’attrito in Belgio tra fiamminghi e valloni,da dormiente divenuto virulento, anticipazione di altre “rotture” sociali in un’Europa da fragilizzare, dopo averla destatalizzata, cioè decostituzionalizzata. Altri ne hanno parlato esaurientemente e ripeterlo sarebbe tautologico.
 
Conta invece vedere chi ha motivo per fare a Bruxelles quanto è stato fatto e chi sono quelli utilizzati per farlo. Chi, oltre a noi, poveri complottisti, ha infastidio l’Unione Europea recentemente? Forse Israele, che ha strepitato con collera incontenibile contro il divieto di etichettare col “made in Israel” prodotti delle proprie illegittime e illegali colonie in terra palestinese? Dopo aver reagito con furibonda stizza anche al riconoscimento della Palestina da parte dei parlamenti europeo, greco, britannico, francese e alla campagna BDS, boicottaggio, disinvestimento, sanzioni, contro Israele, sostenuta da vari settori europei? Forse la Turchia, che continua a vedersi preclusi l’accesso all’UE e la liberalizzazione dei visti ai suoi cittadini? Si tratta in entrambi i casi di comprovati regimi terroristici, assolutamente privi di scrupoli quando si tratta di massacri di massa.
Riguardo agli Usa, tradizionali frequentatori di operazioni False Flag, non vedo al momento quale motivo di irritazione potessero avere nei confronti di un’UE del tutto ligia, fedele in Nato e pronta a incistarci il TTIP. La questione se gli Stati Uniti, e chi gli Stati Uniti utilizza come principale strumento di aggressione e dominio, sapessero, volessero, o meno, resta aperta. Ma resta certo che quel potere con una mano dà, con l’altra toglie, in modo che nulla gli scappi mai. Se gli attentatori di Parigi e Bruxelles fossero venuti dalla Libia, o fossero stati libici immigrati, sì che si sarebbe potuto pensare a una manina yankee che ci dava il sollecito per l’intervento. Ma forse quella ha già agito a Sabrata, sempre con guanto dei Fratelli, s’intende.
 
Quanto agli attentatori, visto che tutti li dicono kamikaze auto-esplosi, chiediamoci dove siano finiti i loro corpi, interessanti magari per le impronte digitali, per tracce di esplosivo, per consumi rilevati sugli organi interni. Chiediamoci come sia concepibile che giovanotti, tutti indistintamente noti e registrati e seguiti nelle loro peregrinazioni in tutto il mondo, dal passato di piccoli e meno piccoli malfattori, ma soprattutto dai costumi estremamente licenziosi, libertini e trasgressivi quanto quelli di un qualsiasi viveur laico occidentale, incoerenti fino alla blasfemia rispetto alla loro religione, bevitori, spacciatori, prosseneti, del tutto avulsi da moschee e studi coranici, di punto in bianco si convertano al fanatismo più estremo e immolino la loro godereccia vita alle 72 vergini che li attendono in paradiso, lasciando in terra le tante che vergini non sono, ma prodighe di estasi anche migliori sì.
 “Cattura” di Salah
 
Incoerenza inspiegabile, illogicità insuperabile. E allora forse che questi soggetti, per l’ennesima volta stupefacentemente favoriti nei loro atti e movimenti dalle autorità, non sono veramente dei kamikaze? Pensate al Salah Abdsalam che, ricercato per quattro mesi in mezzo mondo, ma sempre tranquillo a casa sua, con un cappuccio in testa se ne esce lemme lemme da una casa assediata da ore, passa davanti ai poliziotti, fa una corsetta, si vede uno sbuffo di fumo (uno sparo? Di che?), cade per terra, lo trascinano in macchina, sempre senza che se ne scopra la faccia. Lo si dice colpito a una gamba. Ma per i 10 secondi di filmato non si vede una goccia di sangue.La farsa è grossolana, come sempre. Ma tonnellate di carta e di elettrodi tv la coprono.
 
Terrorista come dovremmo vederlo
 
Kamikaze, o utili idioti? Quartiere delinquente, o speculazione immobiliare?
Che i “kamikaze” vengano kamikazizzati a distanza? Che spariscano in un oblìo chiamato nuova identità in qualche angolo remoto e ignoto? Vengono da Molenbeek e ciò è rivelatore. Ma non per quello che fantasticano i sociologhi da comparsata. Non perché sarebbe lì, in quel tessuto marginale, escluso, non integrato, identitario, rancoroso, che gli imam riuscirebbero a reclutare futuri candidati al sacrificio estremo. Ma perché lì i mestatori nel torbido, i nuovi gladiatori, i servizi segreti della provocazione privati e pubblici, trovano quel tasso di incazzatura e alienazione, diciamo pure di criminalità, che serve, con ricatti e prebende, al reclutamento per militanze, non religiose ma, appunto, criminali. A Molenbeek sarebbero stati reclutati gli attentatori di Parigi, Madrid, Bruxelles. A Molenbeek è in atto uno stravolgimento urbanistico e sociale che a Londra hanno compiuto approfittando delle Olimpiadi. Con la scusa della sicurezza, decine di migliaia di espulsi dai loro quartieri storici verso lontane periferie, e poi zone risanate, gentrificate, rese lussuose, invase dai ricchi.
 
Qui si impiega la criminalizzazione di una società. Il quartiere si presta, anche alla fomentazone dello scontro di civiltà, utile a dilaniare l’Europa intera. Vedi la calata dei nazisti fiamminghi a Bruxelles, capitale di un non-Stato artificiale di due comunità contrapposte su cui provare la disintegrazione del continente. Dall’inizio del secolo scorso è il rifugio degli ultimi, perlopiù immigrati, rifugiati politici, anarchici, prima anche italiani, ora al 90% musulmani del Maghreb. Un’ottima riserva di manodopera a bassissimo costo per lo sviluppo del paese. Da anni Molenbeek resiste ai tentativi di riqualifica urbanistica che comportano l’espulsione della comunità, una delle più povere del paese, verso quartieri satelliti, ai margini della capitale, o verso i comuni a nord, nelle Fiandre, dove è più forte la presenza di una destra xenofoba e fascista. Il mercato immobiliare non dà tregua, i progetti sono definiti, Molenbeek diverrà una specie di EUR, o di Vomero. L’immigrazione esistente verrà dispersa, quella potenziale scoraggiata.
 
Ed ecco lo stato d’assedio con il pretesto dei terroristi e di una rete sociale omertosa che li sostiene e alberga. Con queste mistificazioni vengono insultate le donne, gli esaperati dalle continue vessazioni e calunnie, che abbiamo visto gettare oggetti contro gli invasori travestiti da Diabolik. Reazione sacrosanta alle angherie ininterrotte di quei robocop con maschera nera inutilmente terrificante (ma che danno l’anonimato e l’impunità) che irrompono, perquisiscono, presidiano, minacciano, terrorizzano. Se non bastano l’impennata vertiginosa degli affitti, gli sfratti, basterà la costante, ossessiva rottura di coglioni, gli arresti arbitrari, la minaccia costante, l’aria irrespirabile. Basteranno, per farvi andar via e far posto ai ricchi, quattro scapestrati squinternati, manipolati e ricattati,arsenali di acetone e acqua ossigenata scoperti ovunque convenga farne trovare e poi un paio di botti (a proposito i fratelli erano due, ma solo uno ha fatto il botto all’aereoporto, l’altro alla metro; il secondo botto all’aereoporto chi  l’ha fatto? Ma c’era?). E poi, visto che la carta d’identità se la sono già giocata da Charlie Hebdo e il passaporto integro tra la polvere delle Torri, un bel computer, con ogni elemento comprovante le fantasie degli investigatori, in un cestino dei rifiuti sotto casa e un tassista che riconosce chi non ha mai trasportato (ricordate il tassista spergiuro Rolandi di Valpreda?).
 
Bene. C’è stata una bella confluenza d’interessi tra turchi, israeliani, servizi e agenti immobiliari di Bruxelles. Così va il mondo. Ci pensi Caltagirone…..Magari a casa di Virginia Raggi (candidata sindaco del M5S anti-palizzinari) si potrebbe scovare un bigliettino d’auguri di Al Baghdadi.
 
Pubblicato da alle ore 21:16

Lyon-Turin

 

Il est désespérant de constater qu’à la demande de la société TELT, l’Etat engage une pseudo concertation qui a lieu jusqu’au 3 Avril pour prendre un arrêté  qui permettra aux entreprises de déroger aux Lois protégeant la nature…. rien que cela ! Déjà fortement contesté sur sa prétendue valeur ajoutée écologique, le Lyon-Turin prouve ici qu’il ne s’embarrasse pas d’écologie quand ça l’arrange: 27 habitats écologiques et une centaine d’espèces sont concernés et seraient détruits par les travaux.

Pour consulter les documents de la concertation (6 dossiers dont certains font 312 Mo, bon courage !) : http://www.auvergne-rhone-alpes.developpement-durable.gouv.fr/savoie-societe-tunnel-euralpin-lyon-turin-a9336.html

Pour donner votre avis dans le cadre de la consultation publique : http://enqueteur.rhone-alpes.developpement-durable.gouv.fr/index.php?sid=69448

Pour vous simplifier la tâche, quelques précisions et suggestions:

Dans la case “Sujet de la consultation”, copier le texte suivant:

“Projet d’arrêté préfectoral portant dérogation aux dispositions de l’article L.411-1 du code de l’environnement, dont l’objet est la capture ou l’enlèvement, la destruction et la perturbation intentionnelle de spécimens d’espèces animales protégées, la destruction, l’altération et la dégradation de sites de reproduction ou d’aires de repos d’espèces animales protégées et la destruction et la transplantation d’espèces végétales protégées pour les sites de surfaces nécessaires aux travaux de creusement du tunnel de base de la section transfrontalière de la nouvelle liaison ferroviaire entre Lyon et Turin”

Dans la case “Département”, renseigner:

“Savoie”

Dans la case “Déposez ici votre contribution”, nous suggérons le texte suivant:

“Je m’oppose à ce projet de dérogation aux lois qui protègent l’environnement, les habitats, les espèces animales et végétales dont nous avons tant besoin. Le Lyon-Turin étant fortement contesté tout autant sur son utilité publique que sur sa prétendue valeur ajoutée écologique, ses promoteurs devraient se montrer particulièrement vigilants et exemplaires sur les sujets ayant trait à la protection de la nature… Ils prouvent ici qu’ils ne s’embarrassent pas d’écologie quand ça les arrange: 27 habitats écologiques et une centaine d’espèces sont concernés et seraient détruits par les travaux ! En tant que citoyen, je me demande quelle est l’utilité de voter démocratiquement des lois destinées à protéger la nature si elles sont ensuite si facilement contournables par un arrêté préfectoral ? Cette manoeuvre est d’autant plus inacceptable  au moment où est votée une “grande loi” sur la biodiversité, et où François Hollande affirme vouloir renforcer  la démocratie environnementale.”

Le formulaire est simple et remplis en 2mn, merci pour votre contribution à tous !

Votre CCLT

Germania, treni con scompartimenti per sole donne: “Le molestie sessuali non c’entrano”

Integrazione secondo il regime del pensiero unico, INTEGRARE LA SHARIA nel ns ordinamento giuridico europeo?
Le femministe di se non ora quando a quanto pare approvano e gradiscono. Chi tace acconsente no?
domenica, 27, marzo, 2016
 
donna-treno
In Germania la società regionale di trasporti Mitteldeutsche Regiobahn ha deciso di dedicare scompartimenti speciali per le donne che viaggiano da sole e per le madri con bambini. Nelle prossime settimane su tutti i treni che collegano Lipsia e Chemnitz, nella parte orientale del Paese, vi saranno appositi scompartimenti, accanto a quello del personale viaggiante e alle cosiddette «aree silenzio», nella carrozza centrale.
 
Probabilmente, per non incorrere in accuse di segregazione femminile o razzismo, la compagnia si è affrettata a spiegare che ‘ obiettivo è “aumentare il senso di sicurezza delle viaggiatrici” che, evidentemente non si sentono piu’ sicure, chissà perché…. Non solo. In un comunicato via Twitter (con la speranza di essere creduto da qualche beota xenofilo), il portavoce ha affermato che la decisione non ha nulla a che fare col tema delle molestie sessuali, trattandosi di un servizio aggiuntivo sul modello delle ferrovie austriache e dei treni ICE (Intercity-Express) e IC (Intercity) di Deutsche Bahn.
 
 
Le molestie sessuali non c’entrano? E allora qual è il problema? Le donne hanno deciso di autosegregarsi senza motivo, così per hobby? O ci stiamo avviando lentamente, ma inesorabilmente, verso l’Arabia Saudita e l’Afghanistan a causa dell’inerzia (forse voluta) delle istituzioni?

Polonia: dopo gli attacchi di Bruxelles non vogliamo migranti

polacchi razzisti, o è razzismo dire polacchi razzisti? Devo sentire il tribunale del pensiero unico.
domenica, 27, marzo, 2016
 
“Dopo quanto accaduto ieri a Bruxelles” non siamo d’accordo “nell’accogliere alcun gruppo di migranti”. Lo ha detto la premier polacca Beata Szydlo alla tv privata Superstacja. Finora la Polonia aveva accettato di accogliere circa 7000 rifugiati. (ANSA).