Mali. Piano Usa per base droni in Niger

Saccheggi a Timbuctù nei negozi appartenenti ad arabi, algerini e mauritani, accusati di essere alleati degli islamici 

Francesca Dessì

Gao e Timbuctù sono libere dal giogo degli islamici. Le forze francesi e quelle maliane, dopo giorni di raid aerei e violenti combattimenti, sono riuscite a riprendere il controllo delle due città. Ma la vittoria di Timbuctù non significa la fine del conflitto. Lo ha ammesso anche Jacques Hogard, ex colonnello dell’armata francese, secondo cui “anche se Timbuctù è stata liberata la guerra è non finita”. Tuttavia ha precisato, “il rapporto di forza non è più in favore ai gruppi islamici che ora hanno paura e fuggono”.
La Francia è in vantaggio, ma siamo solo all’inizio. Resta da liberare la zona di Kidal, cacciare definitivamente i gruppi armati dalla zona, mettere in sicurezza l’intera regione e riportare la pace tra il nord e il sud del Mali. I problemi tra le minoranze del nord e il governo di Bamako sono ancora irrisolti.
Il movimento nazionale per la liberazione (Mnla), che ieri ha preso il controllo della città di Kidal, si è detto disposto ad avviare negoziati con Bamako e con la comunità internazionale. Inoltre, ha chiesto alla Francia di attivare misure di coordinamento “per condurre la lotta contro il terrorismo con le forze dell’operazione chiamata Serval”. L’appello è contenuto in un documento, in cui afferma che l’Mnla “si iscrive pienamente nella lotta contro le organizzazioni terroristiche presenti nell’Azawad”.
Nella loro richiesta di avvio di contatti diretti con la Francia, l’Mnla chiede “l’apertura di negoziati nel quadro di una Federazione maliana con l’obiettivo di trovare una soluzione definitiva al conflitto che oppone l’Azawad allo Stato centrale del Mali”.
Per ora l’attenzione internazionale rimane focalizzata su quanto sta avvenendo in queste ore nel nord. All’indomani della riconquista di Timbuctù da parte dei soldati maliani e francesi, centinaia di persone hanno saccheggiato i negozi appartenenti agli arabi, accusati di essere dei “terroristi”, alleati dei combattenti islamici.
Fonti di stampa maliane riferiscono di “centinaia di persone visibilmente molto povere” che entrano in negozi e attività “presumibilmente di proprietà di altri maliani di origine araba, ma anche di algerini e mauritani accusati di essere alleati con i gruppi armati”. Agenzie di stampa internazionali aggiungono che nel quartiere di Abaradjou truppe maliane sarebbero intervenute per evitare il linciaggio di un uomo accusato dalla popolazione infuriata di essere un “miliziano islamista”. La situazione sta precipitando. Gli stessi soldati maliani, che dovrebbero proteggere l’intera popolazione, sono accusati di commettere crimini contro i civili.
Da quando è cominciata l’offensiva militare Serval, diverse organizzazioni umanitarie locali ed internazionali hanno infatti denunciato diversi casi di esecuzioni sommarie e esazioni ai danni delle comunità tuareg e arabe commesse dai soldati di Bamako a partire dal 10 gennaio nelle città centrali e occidentali di Sévaré, Mopti e Nioro, ma anche in altre zone teatro dei combattimenti. Anche nella capitale sono stati segnalati casi di saccheggi e atti intimidatori in diverse abitazioni di cittadini maliani di origine tuareg, sospettati di avere collegamenti con i gruppi ribelli del nord. 
Intanto, il presidente ad interim maliano, Dioncounda Traoré, si è detto oggi determinato “a organizzare entro il prossimo 31 luglio elezioni trasparenti e credibili” per ristabilire l’ordine costituzionale, dopo il colpo di stato militare dello scorso marzo. Traoré è intervenuto durante la conferenza dei donatori organizzata in sede dell’Unione Africana (UA), ad Addis Abeba, dove è stato deciso di stanziare 338 milioni di euro per il dispiegamento della Missione internazionale di sostegno al Mali (Misma), a guida africana, e per la ristrutturazione dell’esercito maliano. Lo ha annunciato dalla capitale etiopica il commissario UA per la pace e la sicurezza, Ramtane Lamamra, precisando che i fondi serviranno a coprire le necessità militari e umanitarie. L’aiuto più sostanzioso è arrivato dal Fondo monetario internazionale (Fmi) che ha sbloccato 18,4 milioni di dollari per “aiutare Bamako a far fronte all’instabilità nel Paese” e “spingere gli altri donatori a riprendere i propri aiuti” congelati dopo il golpe di dieci mesi fa. Da Tokyo il governo giapponese ha deciso di devolvere 120 milioni di dollari per contribuire alla stabilizzazione del Mali e del Sahel in generale. Il Regno Unito ha invece proposto di dispiegare 40 addestratori militari in Mali e altri 200 in diversi paesi anglofoni dell’Africa occidentale che parteciperanno alla Misma.
Gli Stati Uniti stano invece lavorando per la realizzazione di una base per i droni nell’Africa occidentale, probabilmente in Niger. Il piano, rivelato ieri dal New York Times, deve essere ancora definitivamente approvato dal Pentagono, dal dipartimento di Stato, dalla Casa Bianca e ovviamente dal governo del Niger.
Il progetto a cui stanno lavorando gli Stati Uniti prevede il dispiegamento nella zona di Predator che in un primo momento saranno impegnati unicamente in operazione di ricognizione e di intelligence per sostenere le forze francesi contro i gruppi islamici.
A detta del Times, non si esclude la possibilità in un secondo momento di armare i droni.
 

29 Gennaio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18770

Mali. Piano Usa per base droni in Nigerultima modifica: 2013-01-30T07:44:00+01:00da davi-luciano
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