La manovra correttiva di cui nessuno parla

Lo stato delle finanze pubbliche rende necessaria una correzione. Tremonti parla di tagli per 14 miliardi 

Matteo Mascia

La campagna elettorale si sta rivelando una prova muscolare tra le varie forze in campo. Slogan, proposte, controproposte ed attacchi frontali. L’elettore che voglia vederci chiaro non può fare affidamento sulle dichiarazioni dei candidati. Confuse, contraddittorie e – in alcuni casi – persino mistificatorie. Alcuni temi sono deliberatamente elusi. Non si parla di esteri, nulla assoluto sulla politica industriale, zero sul piano energetico nazionale. Argomenti strategici per tentare di sostenere concretamente l’economia.

I maggiorenti di centrodestra e centrosinistra si limitano ad un copione fatto di promesse e rassicurazioni. Nessuno ha avuto il coraggio di spiegare su quali voci del bilancio dello Stato intende intervenire. La spesa corrente dovrà però essere limitata nei prossimi mesi. Secondo l’ex ministro Giulio Tremonti, devono essere trovati entro dicembre quattordici miliardi di euro. Una cifra ragguardevole, soprattutto in un contesto di forte recessione. Chiunque vinca le elezioni, avrà l’opportunità di organizzare una “prova generale” di applicazione del famigerato “fiscal compact” (in vigore dal 2014). Le norme comunitarie di finanza pubblica prevedono infatti un volume di tagli pluriennali molto simile. Pd e Pdl non vogliono fare chiarezza. Una cosa è certa, è impossibile procedere alla riduzione di Irpef e Irap.

Con gli attuali dati sarebbe molto difficile anche rinunciare al gettito garantito dall’Imu sulla prima casa. Le leggi di stabilità vengono calibrate in base a delle stime sulla situazione macroeconomica, la costante diminuzione del prodotto interno lordo e l’impennata della disoccupazione costringono ad una correzione contabile. Con il crollo verticale dei consumi anche il gettito Iva non può raggiungere quello previsto da bilancio e documenti finanziari. Le scelte degli ultimi tredici mesi avranno quindi un’eredità pesantissima. I successori di Mario Monti saranno messi nella condizione di non poter svolgere una programmazione economica. Gli sforzi dovranno essere concentrati sul reperimento delle risorse necessarie al raggiungimento del pareggio di bilancio. Una necessità imposta da una gravissima modifica dell’articolo 81 della Costituzione. Il sol pensiero di nuovi tagli fa venire i brividi. Il sistema sanitario nazionale è in forte difficoltà, i Comuni italiani sono stati scippati di miliardi di euro e lo stato sociale è ridimensionato per “ragioni di cassa”. La retorica europeista porterà poi a fare dichiarazioni dal contenuto menzognero rispetto all’impegno del pubblico in economia o alla qualità del nostro apparato burocratico.

Parole utili ad impedire che si sviluppi un qualsiasi dibattito costruttivo. Bisogna rispondere, punto per punto e numeri alla mano, a tutti quelli che promettono riduzione delle imposte e, addirittura, elargizione di contributi ad alcune imprese. Sono le stesse persone che negli ultimi quindici anni hanno fatto di tutto per affossare il nostro sistema produttivo. In qualche caso consapevolmente, altre volte perché influenzati dalle strategie dispensate dai palazzi di Francoforte e Bruxelles. L’investimento pubblico in economia deve tornare protagonista nel breve periodo. Tutte le crisi degli ultimi due secolo sono state risolte in queste modo.

Ci risulta davvero difficile credere che i “soloni dell’austerity” abbiano la soluzione in tasca. L’Unione Europa rischia di ritrovarsi ad officiare il funerale del Vecchio Continente; un compito in cui sarà affiancata dai partiti italiani responsabili di una condotta ambigua nei suoi confronti. Segretari e candidati devono avare il coraggio di calare le proprie carte sul tavolo. Gli elettori hanno il diritto di sapere dove si farà economia per raggiungere un taglio da trenta miliardi di euro in due anni. Ovviamente, le sigle in corsa opteranno per la via del silenzio. All’operazione verità è molto più facile preferire un piano opaco o poco chiaro. Bersani ha chiarito più volte di non voler “raccontare le favole”, Monti promette di abbassare la pressione fiscale, Berlusconi annuncia il taglio dell’Imu e degli incentivi per chi assume, Ingroia sventola la bandiera della patrimoniale. Escludendo Mario Monti, nessuno di questi signori ha consapevolezza in merito alla reale situazione dei forzieri pubblici.

Probabilmente, a qualche mese dalla chiusura delle urne, tutto si risolverà con una manovra plurimiliardaria votata con procedura fiduciaria da Camera e Senato. Se qualcuno proverà a lamentarsi gli si risponderà con un sempre valido: “È l’Europa che lo chiede!”. Un film già visto. La sovranità in materia contabile sembra un ricordo del passato. Senza una politica votata alla crescita e senza una rivoluzione in campo monetario andrà sempre peggio.

28 Gennaio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18757

La manovra correttiva di cui nessuno parlaultima modifica: 2013-01-29T14:54:00+01:00da davi-luciano
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