Buon 2012

ADNK. 2013-01-12. Crisi, 9 italiani su 10 costretti a ridurre le spese. E per il 2013 l’orizzonte è nero.

  Roma – (Adnkronos) – Nonostante gli sforzi per contenere le uscite diventasempre più difficile far quadrare i conti. A lanciare l’allarme è la Confesercenti. Sale di ben 8 punti la platea di chi arranca fino al traguardo della terza settimana, passando dal 20% del 2010 al 28% del 2012. Problemi lavorativi per il 20% delle famiglie. Bce, Draghi: ”Ripresa graduale a fine 2013”. Junker: ”Salario minimo per l’area euro”.

Roma, 12 gen. (Adnkronos) – La crisi ha costretto nove italiani su 10 a ridurre le spese, colpendo direttamente l’80% delle famiglie. Ma nonostante gli sforzi degli italiani, per contenere le uscite, diventa sempre più difficile far quadrare i conti. A esaminare gli effetti della crisi, nell’anno appena trascorso, ci pensa la Confesercenti, attraverso il sondaggio Swg che pone l’accento sulla questione lavoro e sulle crescenti difficoltà di arrivare alla fine del mese. Nel 2012 il 41% degli interpellati dichiara di non riuscirci, né con il proprio reddito né con quello familiare.

E se nel 2010 circa il 72% del campione riusciva a far fronte alle spese della famiglia per tutto il mese, quest’anno la percentuale cala bruscamente al 59%. Cresce invece di 5 punti rispetto a due anni fa il numero di coloro che ce la fanno solo fino alla seconda settimana (ora il 23% del campione), mentre sale di ben 8 punti la platea di chi arranca fino al traguardo della terza settimana(passando dal 20% del 2010 al 28% del 2012).

L’80% degli intervistati segnala che la crisi ha colpito anche il proprio nucleo familiare: il 37% ha ridotto fortemente le spese, il 21% ha invece tagliato sulle attività di svago. Problemi lavorativi per il 20% delle famiglie italiane che hanno registrato: la perdita del posto di lavoro (il 14%) o la cassa integrazione per uno dei suoi membri (il 6%).

Dal quadro che emerge dal sondaggio Confesercenti-Swg sulle prospettive economiche dell’Italia per l’anno appena iniziato gli italiani sono sempre più scettici sull’uscita rapida dalla crisi: per i prossimi dodici mesi, solo il 16%, la metà dello scorso anno, vede in arrivo un miglioramento per l’economia del Paese, mentre il restante 86% pensa che il 2013 non porterà alcuna evoluzione positiva, ma addirittura un ulteriore peggioramento.

La salute dell’economia italiana è giudicata negativamente dall’87% del campione. In particolare, il 36% la ritiene inadeguata, mentre il 51%, la maggioranza, addirittura pessima. A promuoverla solo il 13%, che la segnala come discreta (11%, in aumento del 3% sullo scorso anno) o buona (2%, in calo dell’1%). Anche sulle prospettive si registra una grave sfiducia. Solo il 16% degli intervistati vede una svolta (lo scorso anno erano esattamente il doppio (32%).

Ad avere una visione più positiva sono i giovani sotto i 24 anni (22,9% di ottimisti) e chi vive nelle Isole (22,2%). Aumentano significativamente i pessimisti, che passano dal 30 al 44% del campione generale, che pensano che nel 2013 andremo incontro ad un ennesimo peggioramento dell’economia. Una percentuale che sale al 45,6% tra gli abitanti del Nord Ovest e addirittura al 49% nella fascia d’età 35-44 anni. Il 40% degli italiani ritiene invece che la situazione resterà la stessa del 2012: anche in questo caso, i valori massimi si registrano nella fascia d’età tra 18 e 24 anni, dove si registra un picco del 42,9%.

Se per l’Italia ci si aspetta un ulteriore peggioramento, le prospettive per la propria famiglia e la situazione personale sono solo un po’ meno negative. L’86% degli intervistati non crede in un miglioramento. Il 52% dei nostri concittadini ritiene che la situazione rimarrà la stessa, in aumento del 5% sullo scorso anno. Calano gli ottimisti, che passano dal 17 al 14 per cento, così come i pessimisti, che scendono al 34% dal 36% dello scorso anno.

Per il 2013, la maggioranza degli italiani (il 59%) vuole far leva sul nuovo esecutivo per porre alla sua attenzione l’emergenza lavoro, scelta dal 31% degli intervistati a causa del forte sentimento d’insicurezza sul futuro. E’ significativo che, subito dopo, gli italiani chiedano di abbassare le tasse e di ridurre i costi della politica (il 23% del campione in entrambi i casi). Ovvero meno spese e meno sprechi per liberare risorse utili a tagliare la pressione fiscale.

 

ADNK. 2013-01-12. Cassa integrazione record nel 2012 oltre 520mila lavoratori a zero ore.

Roma – (Adnkronos) – Sono stati costretti a rinunciare a 8 mila euro in busta paga. E’ il bilancio degli effetti determinati dalla crisi sullo scorso anno, il secondo peggiore, dietro soltanto al 2010, degli ultimi 32, ossia dal 1980, anno di inizio delle serie storiche. L’elaborazione delle rilevazioni dell’Inps effettuata dall’Osservatorio Cig della Cgil nazionale. Disoccupazione giovanile vola al 37,1%.

Roma, 12 gen. (Adnkronos) – Poco più di 520 mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore (ben oltre il milione se consideriamo il 50% del tempo lavorato) per un totale nel 2012 di un miliardo e novanta milioni di ore di cig.Lavoratori costretti così a rinunciare a 8 mila euro in busta paga, pari a un taglio complessivo di 4,2 miliardi di euro al netto delle tasse.

Questo in estrema sintesi il bilancio degli effetti determinati dalla crisi sullo scorso anno (il secondo peggiore, dietro soltanto al 2010, degli ultimi trentadue, ossia dal 1980 anno di inizio delle serie storiche) in termini di ricorso alla cassa integrazione secondo l’elaborazione delle rilevazioni dell’Inps da parte dell’Osservatorio Cig della Cgil nazionale nel rapporto di dicembre 2012.

Con questo ultimo dato record relativo allo scorso anno è così possibile tracciare un bilancio di cinque anni di crisi, da quando cioè gli effetti della crisi finanziaria scoppiata nell’estate del 2007 si sono riversati sull’economia reale negli ultimi quattro mesi del 2008. Il totale di ore di cassa integrazione registrate a partire dal 2008 per arrivare al 2012 è di circa 4,4 miliardi di ore, così suddivise in dettaglio: nel 2008 si sono registrate 188.821.707 (ma con una poderosa crescita a partire dall’ultimo quadrimestre dell’anno con 87.396.558 di ore registrate); per il 2009 la cig ha raggiunto le 918.146.733 ore richieste; nel 2010, con l’introduzione della cassa in deroga, si è toccato il picco con 1.203.638.249; e, infine, il 2011 si è chiuso con 953.506.796 ore. Ecco quindi che con 1.090.654.222 di ore richieste nel 2012 il totale di questi ultimi 5 anni di ore di cig richieste è di 4.354.767.707.

Numeri che, secondo il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada, ”descrivono un sistema produttivo letteralmente frantumato dagli effetti della crisi e dalla cecità di chi prima ha negato e di chi poi non ha agito. Così come la condizione di centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori è di grandissima sofferenza”. Per la dirigente sindacale, ”serve un’opera di ricostruzione, che deve partire dal lavoro: sarà questo il compito del prossimo governo”. Per quanto riguarda la Cgil, fa sapere Lattuada: ”Noi non ci sottrarremo alle responsabilità e faremo la nostra parte presentando, alla conferenza di programma di fine gennaio, un ‘Piano del Lavoro’, perché solo il lavoro può dare al Paese una prospettiva di sviluppo e di crescita”.

Le ore di cassa integrazione complessive, richieste e autorizzate, lo scorso anno hanno sfiorato il picco record del 2010 assestandosi a 1.090.654.222 di ore con un aumento sull’anno precedente del +12,07%. Nel dettaglio, scorporando le ore di cassa integrazione tra ordinaria (cigo), straordinaria (cigs) e in deroga (cigd), questi i numeri segnati lo scorso anno: 335.603.725 per la cigo (+46,25%), 400.284.270 per la cigs (-5,53%), 354.766.227 per la cigd (+10,87%). Numeri che hanno coinvolto lo scorso anno a vario titolo (a partire cioè dalla singola giornata di cassa integrazione) più di 2 milioni di lavoratori. Solo però una quota parte, sottolinea lo studio della Cgil, degli oltre 4 milioni di lavoratori che hanno avuto a che fare con gli ammortizzatori sociali sui 12 milioni e mezzo di assicurati all’Inps, pari cioè a un terzo dei lavoratori.

In leggero calo invece per il 2012 il di numero di aziende che hanno fatto ricorso ai decreti di cassa integrazione straordinaria. Lo scorso anno si sono registrati infatti 6.191 decreti con un -9,59% sull’anno precedente che riguardano 11.024 unità aziendali territoriali, in sul dato del 2011 per un +2,62%. Nel merito delle motivazioni, i ricorsi per crisi aziendale, seppure in calo del -14%, sono con 3.447 decreti, pari però al 55,68% del totale. Registrano un aumento i ricorsi al contratto di solidarietà: sono 1.556 per un +5,56% sul 2011, sul totale dei decreti la percentuale è del 25,13%. Se rimane pressoché invariato il dato sulle domande di ristrutturazione aziendale (240 per un -0,42%), pari al 3,88% del totale, calano ancora quelle per la riorganizzazione aziendale che sono 268 per un -10,37%, ovvero il 4,33% del totale.

”Gli interventi che prevedono percorsi di reinvestimento e rinnovamento delle aziende – spiega il rapporto della Cgil – nell’insieme non migliorano e rappresentano solo l’8,21% del totale dei decreti, mentre il totale complessivo dei decreti ha raggiunto il numero delle aziende coinvolte nel 2011, con un aumento nelle unità aziendali territoriali coinvolte”.

Pesante il bilancio per le regioni del nord in termini di ricorso alla cassa integrazione nel 2012. Dal rapporto della Cgil emerge che al primo posto per ore di cig autorizzate c’è la Lombardia con 238.363.723 ore che corrispondono a 114.159 lavoratori (prendendo in considerazione le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il Piemonte con 143.184.093 ore per 68.575 lavoratori e il Veneto con 102.866.768 ore di cig autorizzate per 49.266 lavoratori. Nelle regioni del centro primeggia il Lazio con 85.962.185 ore che coinvolgono 41.170 lavoratori. Mentre per il Mezzogiorno è la Puglia la regione dove si segna il maggiore ricorso alla cig con 62.778.930 ore per 30.067 lavoratori.

Quanto ai settori, si conferma ancora una volta la meccanica il settore dove si è totalizzato il ricorso più alto allo strumento della cassa integrazione nel corso dall’anno passato. Secondo il rapporto della Cgil, infatti, sul totale delle ore registrate da gennaio a dicembre 2012, la meccanica pesa per 349.766.585, coinvolgendo 167.513 lavoratori (prendendo come riferimento le posizioni di lavoro a zero ore). Segue il settore del commercio con 169.031.098 ore di cig autorizzate per 80.954 lavoratori coinvolti e l’edilizia con 107.221.123 ore e 51.351 lavoratori.

Per quanto riguarda i lavoratori coinvolti, considerando un ricorso medio alla cig, pari cioè al 50% del tempo lavorabile globale (26 settimane), sono risultati essere 1.004.688 i lavoratori in cigo, cigs e in cigd. Se invece si considerano i lavoratori equivalenti a zero ore, pari a 52 settimane lavorative, si è determinata un’assenza completa dall’attività produttiva per 522.344 lavoratori, di cui 190 mila in cigs e 170 mila in cigd. Dai calcoli dell’Osservatorio cig si rileva come i lavoratori parzialmente tutelati dalla cig abbiano perso nel loro reddito 4 miliardi e 200 milioni, pari a 8 mila euro (sempre al netto delle tasse) per ogni singolo lavoratore.

 

ADNK. 2012-12-26. Precari, allarme della Cgil: “Centinaia di migliaia rischiano il lavoro a fine anno”.

Roma – (Ign) – In scadenza con la fine del 2012 un numero elevato di contratti di collaborazione. Secondo la Nidil, sindacato di categoria dei lavoratori atipici, l’effetto della riforma Fornero spingerà le aziende a non rinnovare i contratti o a rinnovarli con forme meno tutelanti, come voucher e partita Iva. In Italia nel 2011 erano 1,5 milioni i co.co.co e i co.co.pro.

Roma, 26 dic. (Ign) – Centinaia di migliaia di lavoratori precari rischiano il posto di lavoro alla scadenza del contratto in occasione della fine dell’anno. Secondo quanto sostenuto dalla Nidil Cgil, il sindacato di categoria dei lavoratori atipici, la riforma Fornero potrebbe influenzare le scelte delle aziende verso il non rinnovo o, ancora peggio, verso forme di lavoro precario che tutelano ancora meno, come la partita Iva o i voucher, quei buoni che il datore acquista dall’Inps e che il lavoratore, una volta ricevuti, può riscattare alla posta.

Il sindacato ha dato vita all’iniziativa ‘Capodanno 2013 – Non restare da solo’ attraverso la quale sta assistendo tutti quei lavoratori con il contratto in scadenza. L’Istat ha stimato nel terzo trimestre dell’anno circa 430.000 collaboratori, con co.co.pro e co.co.co. Nel 2011, aveva calcolato l’istituto di statistica nazionale, i collaboratori totali erano quasi 1,5 milioni.

 

ADNK. 2012-12-05. Sanita’: e’ allarme precari nel Ssn, 10.000 medici e 80.000 infermieri ‘a tempo’.

Roma, 5 dic. (Adnkronos Salute) – La sanità pubblica italiana? Sempre più in mano ai precari. Tra medici (10.000) e infermieri (80.000) si calcolano almeno 90.000 lavoratori del Servizio sanitario nazionale con contratti a tempo determinato. Quando va bene. La maggior parte dei medici ‘a tempo’, infatti, ha sottoscritto accordi ‘fantasiosi’: “Si va dai co.co.co ai co.co.pro fino ad accordi come libero professionisti”. A scattare la fotografia dei precari in sanità – dopo le parole del ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi oggi alla Camera, che ha parlato della difficoltà di stabilizzare tutti i 260 mila precari del pubblico impiego – sono i sindacati di categoria: Anaao Assomed e Cimo Asmd per i medici, Nursind e Ipasvi per gli infermieri.

“La situazione dei precari – spiega il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise, all’Adnkronos Salute – è conosciuta da molto tempo. E’ il risultato del blocco del turn over e di un’ideologia di flessibilità che si è trasformata nel tempo in precarietà. Al momento si stima un numero di medici precari pari a circa 10 mila. Di questi, almeno il 50% con contratti che andranno in scadenza a fine mese”. Un dramma per migliaia di famiglie, ma non solo. ”Si tratta di camici bianchi – sottolinea Troise – che perlopiù prestano servizio nei pronto soccorso e al 118″. Insomma, la loro fuoriuscita bloccherebbe di fatto la prima assistenza ai cittadini.

La maggior parte dei precari è concentrata al Sud: “Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. In Campania – afferma il numero uno dell’Anaao Assomed – non si fa un concorso da quattro anni”. La questione è stata affrontata il 3 dicembre scorso in un incontro tra le Confederazioni e Patroni Griffi. “Il ministro – spiega il presidente della Cimo Asmd, Riccardo Cassi – ha proposto la soluzione di una proroga di 7 mesi per i contratti in scadenza a fine dicembre. Così da permettere di lavorare a un accordo quadro dove definire regole certe. Nel corso dell’incontro – aggiunge Cassi – abbiamo inoltre chiesto l’avvio di un tavolo ad hoc per la sanità, viste le specifiche del nostro settore”.

La gran parte dei 115 mila precari in sanità stimati dal ministro della Pubblica amministrazione riguarda però gli infermieri. “A oggi – spiega il segretario amministrativo nazionale del sindacato delle professioni infermieristiche Nursind, Daniele Carbocci – registriamo circa 80 mila infermieri con contratto a tempo determinato, su circa 300 mila operatori che prestano servizio nella sanità pubblica”.

Difficile sapere tra questi 80 mila, quelli con contratti prossimi alla scadenza: “La maggioranza ha accordi di un anno rinnovabili – sottolinea Carbocci – ma, essendo stipulati a livello aziendale, è complicato avere un quadro preciso”.

Preoccupata la presidente della Federazione collegi Ipasvi, Anna Lisa Silvestro: “Posso comprendere che non si possono stabilizzare tutti, ma è necessario fare un’attenta riflessione sulle priorità”. Secondo la Silvestro, le ripercussione sui cittadini sarebbero pesantissime. “Se non si stabilizzano i precari della sanità – spiega – si rischia di non riuscire più a garantire i livelli essenziali di assistenza. La politica deve assumersi le sue responsabilità”.


Buon 2012ultima modifica: 2013-01-13T15:42:00+01:00da davi-luciano
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