Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito” | Il Fatto Quotidiano

Minacciato e fallito, nel momento di difficoltà l’imprenditore Ferdinando Lazzaro sapeva cosa fare: chiamava i politici Pd e gli amministratori favorevoli alla Tav Torino-Lione e chiedeva loro aiuto. Si tratta del senatore Stefano Esposito, ora commissario del governo alla Torino-Lione e assessore ai Trasporti al Comune di Roma. Nonché autore del libro “Sì Tav” insieme a un altro politico dem citato nell’informativa, l’ex dirigente della Provincia di TorinoPaolo Foietta, ora commissario del governo e capo dell’Osservatorio sulla Torino-Lione. Infine, il consigliere regionale PdAntonio Ferrentino. Adesso non sarà così facile per l’imprenditore cercare il loro aiuto. Lazzaro, più volte obiettivo di presunti atti vandalici dei No Tav, ha difficoltà più grandi: la settimana scorsa è cominciato il processo “San Michele” in cui è accusato dalla Dda di sversamento illegale di rifiuti, mentre la procura di Torino indaga ancora sul fallimento della sua Italcoge  [ ndr qui una mia nota su FB, pubblicata ad agosto 2011, sul fallimento ITALCOGE] e aspetta la fissazione dell’udienza preliminare di un altro procedimento, quello per turbativa d’asta.

Ndr: per comprendere le evoluzioni di Italcoge è fondamentale ripercorrerne la storia, anche quella giudiziaria, perché Lazzaro balza alle cronache nel lontano 1993 , quando aveva  avuto in appalto dalla Sitaf lavori per 12-13 miliardi. Da un articolo su La Stampa, 10 marzo 1993: “Le imprese di Lazzaro e dei fratelli minori Salvatore, Giuseppe e Gaetano erano già state «visitate» dai finanzieri nel 1988 e nel gennaio dell’anno scorso. Allora era in attività anche la «Icet Snc», liquidata nei mesi scorsi. Nella contabilità di quella società e della «Lazzaro» FURONO SCOPERTE FALSE FATTURAZIONI. La prima volta per centinaia di milioni, la SECONDA PER TRE MILIARDI. Il costruttore è ricorso AL CONDONO per sanare la propria posizione giudiziaria: deve versare un miliardo nelle casse dello Stato. La strada che porta alla cava Cantalupo di Meana costruita dall’impresa Lazzaro La famiglia Lazzaro è originaria di Brente, in Sicilia, e arriva in Piemonte negli Anni Settanta in coincidenza con il boom edilizio dell’Alta Valsusa. Si inserisce nei cantieri edili di Cesana. Benedetto è il più intraprendente: si butta in politica e si fa eleggere CONSIGLIERE COMUNALE a Susa nella Lista dc contando su un pacchetto di 400 voti raccolti fra i siciliani residenti in zona. Tira la volata ai fratelli nei rapporti sociali ed economici. Contemporaneamente cresce il suo peso imprenditoriale nel campo degli appalti pubblici. Ottiene dall’Anas più incarichi per lo sgombero della neve sulle statali dell’Alta Valsusa. E nel 1989 comincia a lavorare per la Sitaf. Nel 1990 tenta di lanciare il nipote Ferdinando chiedendo un posto per lui nella lista per le ultime elezioni comunali di Susa, ma trova opposizione negli amministratori locali del partito. In altre occasioni appoggia candidati democristiani. Con gli appalti Sitaf arrivano per Lazzaro commesse per miliardi. ”

I contatti con la politica sono documentati da un’informativa inviata dal Ros dei carabinieri dell’ottobre 2012 nell’ambito dell’indagine “San Michele” sulla locale di ‘ndrangheta di San Mauro Marchesato (Kr) insediata nel capoluogo piemontese. Nell’informativa conclusiva dell’indagine si legge che Lazzaro, la cui società Italcoge era fallita nell’estate 2011, nella metà dell’aprile 2012 rischiava di perdere alcuni subappalti perché l’associazione temporanea di imprese Cmc non voleva affidarli a una società fallita. Per questo si dà da fare smuovendo il direttore generale di Ltf Marco Rettighieri, il presidente del Consorzio Valsusa Luigi Massa (ex senatore Ds) e il senatore Pd Stefano Esposito. I Ros scrivono che Lazzaro è riuscito a fare “intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf”. Il politico Pd, apertamente Sì Tav, avrebbe contattato il presidente della Cmc di Ravenna in presenza di Lazzaro, che si lamentava della “posizione poco indulgente adottata da Cmc nei loro confronti” per l’ottenimento del movimento terra. La questione emerge in una telefonata intercettata tra Lazzaro e un altro importante imprenditore della Val di Susa, Claudio Martina, e quelle con Luigi Massa. Esposito ha replicato all’Ansa: “Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia. Se sono indagato lo dicano altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci”, dichiara riferendosi a una denuncia da lui fatta nel 2013.

In un’altra informativa agli atti dell’inchiesta, scritta nell’ottobre 2012, si legge: “Sono emerse altresì aderenze di Lazzaro con personaggi politici e della pubblica amministrazione, artatamente utilizzate per volturale alla neo costituita Italcostruzioni licenze e autorizzazioni giù nella disponibilità della fallita Italcoge”. Si tratta di una licenza per utilizzare una cava a Meana di Susa, una licenza rilasciata alla Italcoge, ma scaduta da due anni e mai rinnovata.

È il 3 settembre 2012 e nel cantiere sta per entrare una delegazione nazionale del Pd: presenti, tra gli altri, Stefano Fassina, l’ex presidente della Provincia Antonio Saitta e Luigi Massa, ex deputato Pds poi diventato presidente del Consorzio Valsusa, che raggruppa imprenditori locali vincitori di unappalto da 12 milioni di euro per lo smaltimento degli scarti. Lazzaro contatta il fratello Antonio, gli dice di aver appena parlato con Ferrentino: “Riesci a parlare con Ferrentino da solo. Le (sic) dici che abbiamo bisogno di mettere a posto due cose lì per la cava, per l’autorizzazione che non è mai arrivata”. Il 17 settembre 2012 dopo coinvolge anche il dirigente dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino Foietta. Secondo per il Ros avrebbe garantito “il suo interessamento per addivenire a una soluzione della vicenda”. Lazzaro gli chiede di intervenire: “Stavo facendo la pratica per il rinnovo. Poi nel frattempo la Italcoge che era titolare è andato giù e quindi loro a settembre dell’altro anno l’hanno archiviata e io nel frattempo poi cosa ho fatto? Avendo poi nel frattempo ripreso la società con un’altra partita Iva, quindi ho l’affitto del ramo d’azienda (vicenda oggetto dell’indagine per turbativa d’asta, ndr). Ripresentare tutto da capo sarebbe abbastanza macchinoso”. Foietta risponde: “Allora mi faccia una mail. Lei mi indichi anche il funzionario che aveva seguito la pratica (…). Quindi in modo da riuscire a risalire alla vicenda (…) E se però mi mette anche il nome specifico del funzionario con cui avete avuto rapporti mi è più utile, così vedo di evitare giri. Evito una ricerca”.

Dall’annotazione emerge anche la paura di Lazzaro per le notizie diffuse dai No Tav, dal leader Alberto Perino e dal Movimento 5 Stelle di Torino sui suoi contatti con personaggi dubbi come Bruno Iaria, condannato in via definitiva il 23 febbraio scorso capo della locale della ‘ndrangheta di Courgné, assunto nel 2007 nella Italcoge. Nelle telefonate intercettate l’imprenditore spiega di aver sempre denunciato i calabresi che gli chiedevano il pizzo, ma – sottolineano i carabinieri – nelle banche dati delle forze dell’ordine non c’è nessuna denuncia del genere. Anzi, con alcuni calabresi fa affari: è lui che fa ottenere a Giovanni Toro, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “San Michele”, il subappalto per asfaltare il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.

Su queste relazioni la consigliera regionale Francesca Frediani e il senatore Marco Scibona del Movimento 5 Stelle chiederanno presto chiarimenti in Consiglio regionale e in Parlamento: “È inquietante la familiarità con cui tali personaggi si rivolgono ad esponenti di primo piano della politica piemontese – affermano -. Giova ricordare inoltre come Foietta e Ferrentino abbiano condiviso per molti anni e condividano tuttora con il neo assessore ai lavori pubblici di Roma Stefano Esposito un lungo percorso politico segnato dal sostegno al progetto Tav”.

Sorgente: Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito” – Il Fatto Quotidiano

Vedi anche:

MAFIA E AFFARI IN VALSUSA / CHIUSE LE INDAGINI DELL’INCHIESTA SAN MICHELE. IL RUOLO DELLA CAVA DI SANT’AMBROGIO, IL TENTATO AGGANCIO ALLA TAV E LA GESTIONE ILLECITA DEI RIFIUTI DI LAZZARO | ValsusaOggi

Ma al maxi processo contro i NO TAV di mafia NON SI POTEVA PARLARE. “Un fatto tecnico”. Insomma: tecnicamente la mafia non esiste.

Nota a margine, ma neanche troppo… Se, come sembrerebbe da una rapida lettura di questi articoli che citano rapporti del ROS, la mafia nel TAV (e non solo) c’è, eccome, e ha potuto contare su appoggi politici di un certo rilievo, allora chi gridava NO MAFIA quel 27 giugno 2011 all’avanzare delle ruspe di Italcoge nel terreno che oggi  è occupato dal fortino / cantiere, aveva RAGIONE. Peccato che non sia stato possibile parlare di MAFIA nel corso del maxi processo che per più di due anni si è tenuto in aula bunker. Ricordo in particolare una testimonianza, all’udienza del 10 giugno 2014,  aula bunker, quella che sembrava essere la cornice preferita dalla Procura di Torino per i processi ai NO TAV. Eravamo quasi alle ultime battute per i testi della difesa, e fu Revelli ad aprire una nuova prospettiva sulle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011, oggetto del processo a 54 attivisti.Il noto politologo e professore ordinario di Scienza della Politica e sistemi politici comparati presso Università Piemonte Orientale studia da anni il movimento e le sue dinamiche, ne condivide l’ideologia e racconta, essendo stato testimone diretto di quelle giornate, di non aver visto “atteggiamento bellicoso, tutt’al più ci si preparava ad una resistenza passiva”. All’avanzare della ruspa, nelle operazioni di sgombero, i manifestanti gridavano “mafia!mafia” ed è su questo particolare che si innesca il tentativo, da parte della difesa (Avv. Bertone) di fare ammettere un’informativa dei Carabinieri risalente al 2011, su vicende oggetto del processo Minotauro che potrebbero confermare qualcosa di più del sospetto della vicinanza di alcune aziende coinvolte nei lavori alla Maddalena con esponenti di spicco della ‘ndrangheta (il caso Iaria /Martina / Italcoge). Il collegio, con una decisione ad alta velocità, chiude la lunga discussione e senza colpi di scena, accoglie le opposizioni del PM e dell’avv. Bertolino (SAP e ITALCOGE-fallimento, parti civili in questo processo) e NON AMMETTE il documento.
Di mafia e ‘ndrangheta, insomma, non si deve parlare. “E’ un fatto tecnico”, spiega Quinto Bosio. Certo. Quindi “tecnicamente” la mafia, ancora una volta, non esiste.
E poco importa che un altro avvocato della difesa aggiunga un ulteriore dettaglio sul fallimento Italcoge (che è parte civile), facendo notare che il curatore (anche esponente delle forze dell’ordine) è stato costretto di recente a dare le dimissioni in quanto coinvolto in altra vicenda giudiziara. Questa è l’Italia.

Vedi:

Al maxi processo “tecnicamente” la ‘ndrangheta non è ammissibile (diretta 10 giugno)

Non stupisce che proprio il senatore Stefano Esposito sia stato scelto per partecipare all’evento “Trasparenza e legalità negli appalti pubblici”, come relatore al Senato ddl riforma del codice appalti, proprio questo pomeriggio a Torino, in Via Corte d’Appello 16. Certamente una lezione imperdibile.

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Qui il video della testimonianza di Revelli

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Celere in Clarea per la cena dell’NPA

post23 settembre 2015 at 23:20

IMG-20150923-WA0006Non deve essere andata giù alla questura torinese l’azione notturna di qualche settimana fa e neanche le cene settimanali che a sorpresa si svolgono in Clarea e si trasformano quasi sempre in occasioni di protesta.

Questa sera infatti una polizia numerosa e nervosa presidia il cantiere e si schiera all’altezza della strada asfaltata quando il gruppo della cena sta per riprendere il sentiero per Giaglione.

Buone notizie quindi, gli eventi degli ultimi tempi dimostrano un clima positivo e la capacità di costruire tante iniziative, una diversa dall’altra e in grado di mettere in difficoltà le truppe di occupazione a guardia del cantiere.

Qualcuno favorì la ‘ndrangheta per i lavori Tav Torino-Lione

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VALSUSA NOTIZIE

Voci dalla Val Susa

Inserito il 25 settembre 2015
di Leonardo Capella venerdì 25 settembre 2015

La lettura degli atti del processo “San Michele”, sulle presunte infiltrazioni di `ndrangheta in Piemonte, è sempre fonte di notevoli curiosità. Così capita che leggendo un rapporto depositato negli atti dell’inchiesta dai carabinieri dei Ros troviamo che l’imprenditore valsusino Ferdinando Lazzaro era riuscito a fare «intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf» per partecipare ai lavori del Tav Torino-Lione. Fra i nomi citati nel rapporto risultano l’allora presidente di LTF, Marco Rettighieri, e il senatore Pd Stefano Esposito, oggi assessore ai Trasporti del Comune di Roma.

Immediata e dai contenuti interessanti la replica che il senatore Esposito rilascia tramite le pagine deLa Stampa:

«Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia». Così l’assessore Esposito, che continua: «Se sono indagato lo dicano, altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci, mi pare nel 2013, in merito a ciò che l’imprenditore Ferdinando Lazzaro mi raccontò relativamente agli appalti della Sitaf. La denuncia – ricorda Esposito – che secondo me aveva elementi di natura penale, l’ho fatta davanti al capitano Fanelli. Non mi risulta di essere intervenuto sui lavori Tav. So che dopo quella mia denuncia i Ros chiamarono altre persone che avevo segnalato e che potevano essere utili. Dal mio punto di vista non ho altro da aggiungere». 

Cave, Caprie e rotonde: facciamo chiarezza

Spinta dal Bass

Cave, Caprie e rotonde: facciamo chiarezza

Abbiamo letto con perplessità un articolo pubblicato su ValsusaOggi dal titolo La cava di Caprie ospiterà lo smarino della Tav “in cambio di una rotonda”  e crediamo sia necessario fare un po’ di chiarezza. Appena letto l’articolo abbiamo chiamato Paolo Chirio, sindaco di Caprie. In Valle abbiamo la fortuna di conoscerci un po’ tutti, ed è più facile parlarsi faccia a faccia che attraverso comunicati stampa. Questo è uno dei segreti del movimento. Paolo prima che un amministratore è un no tav da sempre, la sua faccia è nota a chiunque abbia bazzicato la Valle. Non vogliamo neppure prendere in considerazione l’ipotesi che la frase “chi baratta la salute dei cittadini in cambio di interventi di messa in sicurezza”, contenuta nel comunicato stampa della consigliera regionale, fosse riferita a lui.

Ma andiamo con ordine. Dall’articolo pare che l’idea di mettere lo smarino del Tav nella cava di Caprie sia una novità, ma non è così. Questa ipotesi era contenuta nel progetto preliminare, nella relativa approvazione Cipe 57/2011, nel progetto definitivo e, buon ultima, nell’approvazione Cipe 19 del 2015 citata nell’articolo. Questa ipotesi è sempre stata contrastata dal movimento no Tav, dalla commissione tecnica e anche dal comune di Caprie(1).

Ma qualcosa di nuovo nella delibera Cipe 19/2015 c’è ed è la prescrizione 99, voluta dalla Regione Piemonte, che recita: “in merito al sito di deponia di Caprie e dell’accesso relativo, stante l’impossibilità attuale di prevedere da parte della Provincia tempi certi per la realizzazione della rotatoria già programmata sulla S.P. (sic) 24, si richiede di realizzare la stessa come già progettata dagli uffici provinciali”. Vale a dire che il Cipe prescrive a TELT (la società incaricata della costruzione della tratta internazionale della Torino-Lione) di costruire la rotonda nell’incrocio fra la statale 24 e la strada che va verso la cava e l’abitato di Caprie così come da progetto della Provincia. Il problema sta tutto in questo passaggio. Per un intervento importante per la viabilità in un incrocio pericoloso e sovente luogo di incidenti non ci sono i soldi ed è impossibile prevedere tempi certi, ma per il Tav i soldi ci sono, e sono talmente tanti che a margine si può realizzare la rotonda. Questo è lo schifo del modello Tav/Grandi Opere, la sintesi perfetta di come vengano sprecati i soldi pubblici che poi mancano per i veri bisogni di noi tutti.

Dicevamo al principio che abbiamo sentito Paolo, ci ha spiegato che le rotonde sono richieste dal comune dal lontano 2005 – altro che compensazioni! – e che se dovessero proporgli qualcosa tipo “ti facciamo le rotonde ma in cambio accetti lo smarino a Caprie” lui risponderebbe picche senza esitare.

Di seguito incolliamo il comunicato stampa dell’amministrazione di Caprie.

L’amministrazione comunale di Caprie vuole chiarire la propria posizione in merito alle recenti notizie diffuse sui media locali.
E’ da tempo che nei progetti si ipotizza l’utilizzo della cava quale sito di stoccaggio, senza mai coinvolgere l’amministrazione nelle scelte.
Per noi la salute dei cittadini è di importanza primaria, per cui non è mai stato preso neanche in considerazione alcun accordo che preveda la possibilità di depositare materiali di stoccaggio di dubbia composizione nella cava di Caprie in cambio di opere di viabilità, anche se non di competenza comunale, comunque prioritarie e necessarie per la sicurezza dei cittadini e già progettate dalla Provincia alcuni anni fa.

Questa nostra posizione era già chiara nel primo punto del nostro programma:

“Siamo contrari alla realizzazione della linea TAV/TAC e di tutte le opere ad essa connesse, siano esse attività accessorie o interventi compensativi, perché chiaramente non conciliabili con l’idea di sviluppo locale che ci caratterizza.
In particolare è nostra intenzione contrastare l’ipotesi di riutilizzo della cava di Caprie come sito di stoccaggio di materiali di risulta dei cantieri dell’alta velocità perché chiaramente in contrasto con il livello di avanzamento delle attività di recupero ambientale del sito suddetto.”

(1) Confronta per esempio il “Parere a revisione del progetto LTF espresso dall’Amministrazione Comunale di Capre il 16 maggio 2013:

  Nell’ambito della definizione del cosiddetto progetto “low cost” del progetto Torino-Lyon, il territorio di Caprie come sito di deposito materiali doveva essere escluso, in quanto interessato, nel progetto preliminare, dal deposito di materiale di risulta del tunnel dell’Orsiera, ormai stralciato. Da allora, l’Amministrazione di Caprie non è più stata fatta partecipe dei tavoli decisionali e consultivi, fino all’attuale comunicazione della revisione del progetto, che fa comparire il Comune di Caprie come uno dei siti di deposito materiale del tunnel di base.

  All’interno della mole di documenti presenti nel progetto, la documentazione relativa al sito di deposito di Caprie risulta essere ridotta e gravemente insufficiente per effettuare delle valutazioni di merito sulla bontà degli interventi.

  Sulla cava di Caprie oggetto di deposito, l’Amministrazione ha già avviato da tempo un progetto di sistemazione del versante e di recupero ambientale. La gradonatura ottimale per il versante di cava è stata lungamente discussa e poi condivisa con tutti gli organi preposti, compresi i Beni Ambientali e le Belle Arti (per la vicinanza del sito di interesse “Castello del Conte Verde”, recentemente ristrutturato dal Comune di Condove). Il progetto LTF sconvolgerebbe e vanificherebbe i lavori svolti in questi anni, promettendo un diverso ripristino ambientale, mai discusso o condiviso con questa Amministrazione.

  Conoscendo il territorio, la gradonatura prevista da progetto LTF sul versante sud della cava di Caprie lascia parecchie perplessità sulla sua realizzabilità, aumentando notevolmente i rischi di danni al sito di interesse “Castello del Conte Verde” e alla strada di collegamento Caprie-Condove sottostante.

  L’impatto del ripristino della linea ferroviaria di collegamento tra Condove e Caprie dovrebbe prevedere il passaggio su un vecchio ponte sul fiume Dora Riparia, assolutamente inadatto alle esigenze di cantiere espresse nel progetto. Il rifacimento di questo ponte con dimensioni maggiori sarebbe un ulteriore sbarramento al flusso della Dora, mettendo a rischio i paesi di Caprie, Condove e Chiusa San Michele in caso di eventi alluvionali straordinari.

  Da progetto non viene indicato come venga superato l’ostacolo della strada provinciale ex-SS24 
essendo il sito di deposito su un lato e il sito di “ripristino ambientale” sul lato opposto della strada. Si ritiene che qualunque modalità adottata sarebbe compromettente la viabilità e la sicurezza di questa zona di territorio.

  Sulle planimetria generale del deposito di Caprie, viene riportato il progetto di centrale idroelettrica sulla Dora ancora in iter di approvazione, mentre non viene riportato il progetto della rotonda sulla strada provinciale ex-SS24, già in fase di appalto.

  Nel progetto LTF non vengono approfonditi i rischi che il ripristino ambientale proposto per la cava e la cantierizzazione dell’area avrebbero in caso di eventi eccezionali, quali alluvioni, precipitazioni intense o eventi sismici. Si pongono dubbi sulla reale staticità dell’opera proposta.

  Nel documento “Sintesi non tecnica”, a pagina 102 si fa riferimento alle quantità di materiale da trasportare sul territorio di Caprie. Non ci sono informazioni a come si arrivi al calcolo di potenziale accumulo di 850.000 metri cubi per la cava di Caprie. Si pone il dubbio su un calcolo che porta lo stesso risultato di capacità di accumulo sia per il sito di Caprie che per il sito di Torrazza.

  Da progetto LTF, non si capisce come possa essere compatibile il prolungamento dell’attività estrattiva e di lavorazione di entrambe le aziende presenti nelle aree oggetto di deposito.

  Si fa più volte riferimento nel progetto LTF alla “mitigazione e ripristino ambientale” per il sito di Caprie. Si fa notare che il deposito rimarrà operante per tutta la durata dei lavori del progetto LTF, almeno decennale , e durante l’iter dei lavori l’impatto ambientale e “visivo” del sito sarà notevolmente peggiorativo rispetto a quello attuale. Inoltre non ci sono garanzie che l’operazione di deposito non porti ad un degrado maggiore della situazione attuale.

  Si esprime forte preoccupazione sulle polveri che si solleverebbero durante la movimentazione e il deposito del materiale per la vicinanza di centri urbani. Nel documento “Sintesi non tecnica”, a pagina 122, si fa riferimento a inquinanti che aumenterebbero notevolmente nelle zone di deposito, prevedendone, per alcuni, valori superiori ai limiti di legge (PM2.5).

  Non sono previste da progetto mitigazioni degli inquinanti specifiche per i siti di deposito, che sono tra quelli maggiormente a rischio, anche considerando le condizioni atmosferiche tipiche di queste zone vallive, caratterizzate spesso da forti venti.

  Si esprimono dubbi e preoccupazioni sulla possibilità di monitorare la grande quantità di materiale che potrebbe essere stoccato nel sito di deposito, controllando che il sito non diventi oggetto di discarica di pericolosi inquinanti, mettendo a repentaglio la salute e la qualità della vita dei residenti di un’ampia fascia di valle.

  Si esprime parere fortemente negativo sulla documentazione prevenuta, evidenziando gravi carenze progettuali, scarsa conoscenza del territorio e considerazioni prese su cartografie datate. Ad esempio, la situazione della cava di Caprie attuale non è quella su cui è stata basata la progettazione LTF. 

Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/09/25/tav-aderenze-politiche-di-imprenditore-coinvolto-in-processo-per-mafia-per-lui-interventi-del-senatore-esposito/2067985/

Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito”

Giustizia & Impunità
L’informativa del Ros del carabinieri, agli atti dell’indagine San Michele sulla ‘ndrangheta in Piemonte, cita il parlamentare Pd ora commissario per la Torino-Lione, l’ex anti-tav Ferrentino e il capo dell’Osservatorio sull’opera Paolo Foietta. Al centro, il patron della fallita Italcoge, Ferdinando Lazzaro, che in passato aveva denunciato intimidazioni sui cantieri. Ora è imputato nello stesso dibattimento per sversamenti illeciti
di  | 25 settembre 2015

Minacciato e fallito, nel momento di difficoltà l’imprenditoreFerdinando Lazzaro sapeva cosa fare: chiamava i politici Pd e gli amministratori favorevoli alla Tav Torino-Lione e chiedeva loro aiuto. Si tratta del senatore Stefano Esposito, ora commissario del governo alla Torino-Lione e assessore ai Trasporti al Comune di Roma. Nonché autore del libro “Sì Tav” insieme a un altro politico dem citato nell’informativa, l’ex dirigente della Provincia di Torino Paolo Foietta, ora commissario del governo e capo dell’Osservatorio sulla Torino-Lione. Infine, il consigliere regionalePd Antonio Ferrentino. Adesso non sarà così facile per l’imprenditore cercare il loro aiuto. Lazzaro, più volte obiettivo di presunti atti vandalici dei No Tav, ha difficoltà più grandi: la settimana scorsa è cominciato il processo “San Michele” in cui è accusato dalla Dda di sversamento illegale di rifiuti, mentre la procura di Torino indaga ancora sul fallimento della sua Italcoge e aspetta la fissazione dell’udienza preliminare di un altro procedimento, quello per turbativa d’asta.

I contatti con la politica sono documentati da un’informativa inviata dal Ros dei carabinieri dell’ottobre 2012 nell’ambito dell’indagine “San Michele” sulla locale di ‘ndrangheta di San Mauro Marchesato (Kr) insediata nel capoluogo piemontese. Nell’informativa conclusiva dell’indagine si legge che Lazzaro, la cui società Italcoge era fallita nell’estate 2011, nella metà dell’aprile 2012 rischiava di perdere alcuni subappalti perché l’associazione temporanea di imprese Cmc non voleva affidarli a una società fallita. Per questo si dà da fare smuovendo il direttore generale di Ltf Marco Rettighieri, il presidente del Consorzio Valsusa Luigi Massa (ex senatore Ds) e il senatore Pd Stefano Esposito. I Ros scrivono che Lazzaro è riuscito a fare “intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf”. Il politico Pd, apertamente Sì Tav, avrebbe contattato il presidente della Cmc di Ravenna in presenza di Lazzaro, che si lamentava della “posizione poco indulgente adottata da Cmc nei loro confronti” per l’ottenimento del movimento terra. La questione emerge in una telefonata intercettata tra Lazzaro e un altro importante imprenditore della Val di Susa, Claudio Martina, e quelle con Luigi Massa. Esposito ha replicato all’Ansa: “Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia. Se sono indagato lo dicano altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci”, dichiara riferendosi a una denuncia da lui fatta nel 2013.

In un’altra informativa agli atti dell’inchiesta, scritta nell’ottobre 2012, si legge: “Sono emerse altresì aderenze di Lazzaro con personaggi politici e della pubblica amministrazione, artatamente utilizzate per volturale alla neo  costituita Italcostruzioni licenze e autorizzazioni giù nella disponibilità della fallita Italcoge”. Si tratta di una licenza per utilizzare una cava a Meana di Susa, una licenza rilasciata alla Italcoge, ma scaduta da due anni e mai rinnovata.

È il 3 settembre 2012 e nel cantiere sta per entrare una delegazione nazionale del Pd: presenti, tra gli altri, Stefano Fassina, l’ex presidente della Provincia Antonio Saitta e Luigi Massa, ex deputato Pds poi diventato presidente del Consorzio Valsusa, che raggruppa imprenditori locali vincitori di un appalto da 12 milioni di euro per lo smaltimento degli scarti. Lazzaro contatta il fratello Antonio, gli dice di aver appena parlato con Ferrentino: “Riesci a parlare con Ferrentino da solo. Le (sic) dici che abbiamo bisogno di mettere a posto due cose lì per la cava, per l’autorizzazione che non è mai arrivata”. Il 17 settembre 2012 dopo coinvolge anche il dirigente dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino Foietta. Secondo per il Ros avrebbe garantito “il suo interessamento per addivenire a una soluzione della vicenda”. Lazzaro gli chiede di intervenire: “Stavo facendo la pratica per il rinnovo. Poi nel frattempo la Italcoge che era titolare è andato giù e quindi loro a settembre dell’altro anno l’hanno archiviata e io nel frattempo poi cosa ho fatto? Avendo poi nel frattempo ripreso la società con un’altra partita Iva, quindi ho l’affitto del ramo d’azienda (vicenda oggetto dell’indagine per turbativa d’asta, ndr). Ripresentare tutto da capo sarebbe abbastanza macchinoso”. Foietta risponde: “Allora mi faccia una mail. Lei mi indichi anche il funzionario che aveva seguito la pratica (…). Quindi in modo da riuscire a risalire alla vicenda (…) E se però mi mette anche il nome specifico del funzionario con cui avete avuto rapporti mi è più utile, così vedo di evitare giri. Evito una ricerca”.

Dall’annotazione emerge anche la paura di Lazzaro per le notizie diffuse dai No Tav, dal leader Alberto Perino e dal Movimento 5 Stelle di Torino sui suoi contatti con personaggi dubbi comeBruno Iaria, condannato in via definitiva il 23 febbraio scorso capo della locale della ‘ndrangheta di Courgné, assunto nel 2007 nella Italcoge. Nelle telefonate intercettate l’imprenditore spiega di aver sempre denunciato i calabresi che gli chiedevano il pizzo, ma – sottolineano i carabinieri – nelle banche dati delle forze dell’ordine non c’è nessuna denuncia del genere. Anzi, con alcuni calabresi fa affari: è lui che fa ottenere a Giovanni Toro, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “San Michele”, il subappalto per asfaltare il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.

Su queste relazioni la consigliera regionale Francesca Frediani e il senatore Marco Scibona del Movimento 5 Stelle chiederanno presto chiarimenti in Consiglio regionale e in Parlamento: “È inquietante la familiarità con cui tali personaggi si rivolgono ad esponenti di primo piano della politica piemontese – affermano -. Giova ricordare inoltre come Foietta e Ferrentino abbiano condiviso per molti anni e condividano tuttora con il neo assessore ai lavori pubblici di Roma Stefano Esposito un lungo percorso politico segnato dal sostegno al progetto Tav”.

di  | 25 settembre 2015

QUALCHE DOMANDA, QUALCHE CIFRA E QUALCHE DUBBIO SUL TIMING DELLO SCANDALO VOLKSWAGEN

QUALCHE DOMANDA, QUALCHE CIFRA E QUALCHE DUBBIO SUL TIMING DELLO SCANDALO VOLKSWAGEN

settembre 24 2015
– DI MAURO BOTTARELLI –

Accidenti che botta! Volkswagen rischia fino a 18 miliardi di dollari di multa negli Stati Uniti, poiché, stando all’Environmental Protection Agency (EPA), il gigante tedesco dell’auto ha impiegato un particolare software che permetteva di ottenere dati in linea con i parametri richiesti per i veicoli a gasolio solo nel corso dei test, mentre nella guida reale le emissioni reali potevano superare fino a 40 volte quelli dichiarati. Poco meno di un anno fa, Hyundai e Kia erano stato multate per dati non veritieri con un’ammenda di 100 milioni di dollari: si trattava della più alta sanzione mai comminata per un’infrazione di questo genere.

Proprio sicuri che ci sia da gioire? Proprio sicuri che questa colossale figura di emme dei tedeschi sia casuale, che dietro non ci sia nulla?

Che sarà la Fca a beneficiare dei danni economici, di mercato e di immagine di Volkswagen? Vi invito a qualche riflessione, poi pensate ciò che volete. Primo, il timing. Casualmente la notizia dell’inchiesta delle autorità americane è arrivata durante il Salone di Francoforte, dove Volkswagen esibiva il suo volto migliore – nuovi modelli e più ecologici – e dopo aver chiuso il semestre inaugurale del 2015, per la prima volta nella storia, in testa alla classifica di vendite grazie al sorpasso a spese di Toyota.

Secondo, la notizia bomba poi è arrivata solo a quattro giorni di distanza dall’appello, lanciato proprio dal Salone dell’auto, di Angela Merkel all’industria automobilistica tedesca per fornire prospettive professionali per i migranti. La Merkel, parlando davanti ai vertici delle principali case automobilistiche tedesche, sottolineò che ”il settore è il principale motore dell’economia tedesca e contribuisce alla crescita dell’occupazione. Grazie all’industria dell’auto, abbiamo una crescita buona e stabile in Germania”. Sgradevole per chi, come il settore automobilistico Usa, non sta vivendo proprio un momento magico, anche proprio per la brillantezza teutonica e che non potrà godere della manodopera a basso costo su cui Berlino potrà invece contare nei mesi a venire.

Eh già, perché al netto dell’umorismo involontario di Sergio Marchionne ogni qualvolta apre bocca, l’industria Usa – salvata da Obama con soldi pubblici – rischia di fare un brutta fine e non manca molto, peccato che un secondo bail-out i contribuenti Usa non lo avrebbero sopportato. Meglio, dunque, ammazzare secco un concorrente ed evitare complicazioni. Questo grafico,
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ci mostra come i costruttori Usa stiano burlando il mercato sciorinando dati di produzione fantasmagorici, peccato che la realtà abbia due facce come le monete e quest’altro grafico,
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ci mostra come le scorte di magazzino siano ai massimi storici, dopo essere aumentate per 61 mesi di fila! Il che andrebbe anche bene se le vendite tenessero il passo ma questo grafico
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ci dimostra che non è così. Mentre quest’altro,
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su dati di Edmunds.com, ci mostra come quest’anno circa il 28% dei nuovi veicoli sarà in leasing, un tasso quasi record. Il che significa che 13,4 milioni di veicoli in leasing negli Usa negli ultimi tre anni andranno a creare un maxi-surplus di auto usate di qualità, contro i 7 milioni dei tre anni fino al 2011. Ad oggi, auto usate di lusso con tre anni di vita vedono i loro prezzi giù del 7% su base annua, mettete in prospettiva poi un rialzo dei tassi entro fine anno ed ecco che il combinato appare poco piacevole per il settore.

Ricordando poi, come fanno questi grafici,
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che il settore campa sempre più su clientela subprime con il credito al consumo, quindi non esattamente una base di vendita granitica, oltre che sulla mano pubblica nascosta dietro gli acquisti da parte di istituzioni ed enti federali, come ci mostra quest’altro grafico.
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Che dire poi di questo grafico,
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il quale ci mostra come non ci sia nemmeno da sperare in un QE della PBOC cinese che riattivi il mercato, visto che negli ultimi 10 anni non ha fatto alcune differenza. In compenso, questa mappa
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del mercato cinese in crisi deve far paura, eccome, perché mostra la crescita dei volumi di immatricolazioni nel primo trimestre di quest’anno per le varie regioni del Paese e le tonalità di grigio non dicono niente di buono per il mercato più importante al mondo. Stando ai dati dell’Associazione dei produttori di automobili (CAAM) nel 2013 si sono venduti in Cina il 13,87% di veicoli in più rispetto al 2012, fino a raggiungere il numero di 21.993.343 milioni di veicoli, dei quali 17.927.997 sono vetture e 4.065.346 veicoli commerciali: nei due anni precedenti, l’aumento delle vendite di auto era stato inferiore al 5%. E chi era il market leader in Cina? Volkswagen con 2.435.127 unità vendute pari al 18,73% in più rispetto al 2012 ma in forte crescita era anche Ford con un +69,70% e 672.637 unità vendute e Audi con un +25,36% e 478.230 vendite.

Ancora non vi basta per capire che, al netto del colossale errore compiuto dalla Volkswagen (di cui il management ha chiesto scusa, di fatto non negando l’accaduto), se non fossimo in un momento di crisi del settore e competizione con il coltello tra i denti, quell’inchiesta Usa avrebbe richiesto ancora anni e maggiore segretezza essendo ancora in corso? Bene, allora guardate questo grafico,
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compara la multa potenziale cui va incontro Volkswagen per aver taroccato il dato sulle emissioni con quanto pagato da General Motors per un difetto di fabbricazione che potrebbe essere stato responsabile di 174 morti e Toyota per 5 morti: la prima pagò al Dipartimento della Giustizia Usa 900 milioni (e nessun dipendente ebbe condanne penali), mentre la seconda se la cavò con 1,2 miliardi. Si parla di dati taroccati sulle emissioni contro vite umane perse: non vi pare che le priorità siano state un po’ rimescolate nel calderone delle pene? Volkswagen ha sicuramente sbagliato e pagherà ma 18 miliardi di dollari significa uccidere un concorrente, non fare giustizia. Visti i precedenti, poi.

 

Attenti poi che non si ripeta quanto graficizzato qui,
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ovvero ciò che accadde nel 2008 quando il titolo Volkswagen, ieri giù del 18% in Borsa, divenne il più caro al mondo a seguito di uno short squeeze epico. Qualcuno mise in circolazione voci di gravi problemi al sistema di capitale dell’azienda, tanto che lo short interest superò il flottante totale, spedendo l’azione a +500% in poche settimane. Qualcuno, a mio avviso, ci sta pensando. Evito di ricordare le recenti e aspre dispute politiche tra Washington e Berlino degli ultimi tempi, spie e intercettazioni incluse, per non sembrare complottista. Parlano i numeri e le coincidenze. Al netto delle colpe di Volkswagen, innegabili, un’operazione simile e con cifre di risarcimento simili mi pare solo lotta per le quote di mercato. Magari, invece, si tratta solo di scrupoloso ecologismo dell’EPA…

Mauro Bottatelli

Fontewww.rischiocalcolato.it

IL MONOPOLIO IDEOLOGICO DEL FMI

fmi

settembre 24 2015

In Italia uno dei segnali di agonia di un governo è la messinscena di contrasti tra il Presidente del Consiglio ed il suo ministro dell’Economia, in cui il primo lancia segni di aperture su temi scottanti come il fisco e le pensioni, mentre il secondo frena in nome dei mitici “conti pubblici”. Renzi e Padoan hanno messo su in questi giorni quella pantomima del “poliziotto buono e poliziotto cattivo” che aveva caratterizzato anche l’ultimo anno di vita del governo del Buffone di Arcore, con il ministro Tremonti nelle vesti di “frenatore”. Allo stesso modo, ad un Renzi che parla di “flessibilità in uscita” per le pensioni, corrisponde oggi un Padoan che oppone ostacoli, pur negando ufficialmente ogni contrasto interno al governo.
Mentre nel governo ognuno recita la sua parte in commedia, il Fondo Monetario Internazionale torna alla carica sulla questione previdenziale, facendo però la solita, e voluta, confusione tra spesa previdenziale e spesa pubblica, lasciando credere che il carico pensionistico sia a spese del bilancio dello Stato. Il quotidiano confindustriale “Il Sole-24 ore” corre a dar man forte al FMI con la consueta valanga di slogan e luoghi comuni, lasciando però intendere che il vero obiettivo rimane sempre quello di mettere le mani private su quella gigantesca cassaforte che è l’INPS, la grande idrovora dei contributi previdenziali dei lavoratori. “Mani private” non vorrà dire necessariamente privatizzazione a tappeto della previdenza, ma una previdenza sempre più avara, che renda i pensionati sempre più vulnerabili all’offerta di prestiti da parte di agenzie finanziarie private.
La realtà è che lo Stato è uno storico evasore contributivo, e che l’inglobamento dell’ente previdenziale statale, l’INPDAP, da parte dell’INPS, ha scaricato sullo stesso INPS una serie di crediti inesigibili nei confronti dello Stato
. La propaganda però è molto più forte della realtà, perciò i progetti di saccheggio della previdenza pubblica si avvalgono di una copertura ideologica che presenta invariabilmente i poveri come i predatori ed i parassiti delle finanze pubbliche
. Il FMI è una lobby bancaria, quindi ha come progetto economico solo quello di impoverire gli Stati e le persone per favorire la finanziarizzazione dei rapporti sociali, una riedizione della schiavitù per debiti. Per chi abbia l’obiettivo di impoverire, il moralismo costituisce un’arma propagandistica incredibilmente efficace. Non c’è quindi da sorprendersi del fatto che il FMI si ponga come una sorta di “Super-io” a livello planetario, una “coscienza morale” particolarmente severa contro coloro che pretenderebbero di vivere “al di sopra dei propri mezzi”.
L’opinione pubblica progressista è facilmente manipolabile con il vecchio espediente degli slogan moralistici; perciò ai commentatori-icona della “sinistra”, come Roberto Saviano, su giornali di “sinistra”, come “l’Espresso”, spetta il compito di perpetuare la fiaba fondomonetaristica, narrando di una vecchia generazione di spreconi che avrebbe lasciato solo debiti ai giovani. Si predica la scomparsa della lotta di classe, e si offre in alternativa l’odio generazionale.
Ma il monopolio ideologico del FMI era indiscusso già alla fine degli anni ’70, quando anche riviste dell’estrema sinistra condividevano la tesi secondo cui erano le aspettative crescenti delle masse a pesare sulla finanza pubblica. Anche l’odio generazionale come surrogato della lotta di classe risale alla fine degli anni ’70, allorché da settori dell’estrema sinistra fu lanciato il tema dei “non garantiti” in contrapposizione alla classe operaia tradizionale.
Oggi che si parla tanto di “nuovi soggetti della sinistra” (Civati, Landini, ecc.), va rilevato che la questione del monopolio ideologico del FMI rimane del tutto in ombra, e gran parte dell’opinione pubblica di sinistra è tuttora all’oscuro del ruolo di “sorvegliato speciale” dell’Italia da parte del FMI. Questa condizione di“sorveglianza rafforzata fu l’ultimo lascito del governo del Buffone di Arcore, che si illudeva, con quella scelta di sottomissione, di assicurarsi qualche protezione internazionale che lo lasciasse sopravvivere.
Il FMI monopolizza il dibattito economico, ma, al tempo stesso, il suo nome e la sua posizione di tiranno esterno, sono del tutto fuori discussione. Il FMI non è considerato in Italia neppure una controparte; anzi, molti di quelli che si bevono i suoi slogan non sono nemmeno a conoscenza della sua esistenza, poiché ricevono quegli slogan attraverso la mediazione dei commenti giornalistici e politici. Ed è questo dato a fare la differenza con la sinistra dell’America Latina, dove invece il FMI è riconosciuto dalla pubblica opinione come il grande nemico e oppressore.
C’è un’altra differenza da considerare. In America Latina (come anche in Grecia) il FMI è il grande creditore, mentre l’Italia in questo momento non ha debiti con questa organizzazione sovranazionale. Nel 1976 il governo Andreotti di unità nazionale invece contrasse per un certo tempo un piccolo debito col FMI (quattrocentocinquanta milioni di dollari). Il ministro del Tesoro dell’epoca, Gaetano Stammati, ottenne quel prestito dietro il consueto impegno di osservare il precetto del vangelo fondomonetaristico, cioè i tagli alla spesa pubblica. Tutte queste forche caudine furono accettate non per effettivo bisogno, vista la modestia della cifra del prestito, ma come sottomissione simbolica, nell’ambito di un processo di rassicurazione nei confronti dell’alleato-padrone, cioè gli USA. L’anno prossimo quindi si potrà celebrare il quarantennale dell’inizio della colonizzazione ideologica dell’Italia da parte del FMI.

Fonte: Comidad

http://www.informarexresistere.fr/2015/09/24/il-monopolio-ideologico-del-fmi/

“Esposito favorì la ’ndrangheta per partecipare alla Tav” da “La Stampa”

Ma guarda guarda…

http://www.lastampa.it/2015/09/25/cronaca/esposito-favor-la-ndrangheta-per-partecipare-alla-tav-KaK5PVS6PskY92gYjoXjvM/pagina.html

Imputato nel processo San Michele fa i nomi dell’ex direttore generale di Ltf, Marco Rettighieri e dell’assessore ai trasporti di Roma. La replica: “Se sono indagato lo dicano”
L’imprenditore valsusino Ferdinando Lazzaro, imputato nel processo «San Michele», dal nome dell’operazione dei carabinieri sulle presunte infiltrazioni di `ndrangheta in Piemonte, era riuscito a fare «intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf» nell’ambito delle iniziative messe in atto per partecipare ai lavoro della Torino-Lione. È quanto si ricava da un rapporto dei carabinieri del Ros presente negli atti dell’inchiesta. Fra i nomi citati dagli investigatori, ai quali si sarebbe rivolto Lazzaro, figurano quelli di Stefano Esposito, senatore Pd e oggi assessore ai Trasporti del Comune di Roma, e di Marco Rettighieri, all’epoca direttore generale di Ltf. I fatti risalgono al 2012, quando l’esistenza dell’inchiesta non era ancora nota e non si sapeva che Lazzaro fosse un personaggio monitorato dagli investigatori. 

La replica 

«Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia». Così l’assessore Esposito, che continua: «Se sono indagato lo dicano, altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci, mi pare nel 2013, in merito a ciò che l’imprenditore Ferdinando Lazzaro mi raccontò relativamente agli appalti della Sitaf. La denuncia – ricorda Esposito – che secondo me aveva elementi di natura penale, l’ho fatta davanti al capitano Fanelli. Non mi risulta di essere intervenuto sui lavori Tav. So che dopo quella mia denuncia i Ros chiamarono altre persone che avevo segnalato e che potevano essere utili. Dal mio punto di vista non ho altro da aggiungere». In merito poi a Marco Rettighieri, tirato in ballo nel rapporto dei Ros insieme a Esposito, l’assessore dice: «È una persona al di sopra di ogni sospetto, chiamato anche a risolvere i problemi di Expo». E se gli si chiede quale sia oggi la sua posizione sulla Tav, l’assessore risponde: «Sempre la stessa, a favore e a maggior ragione».