Cena in Clarea, gas, idrante e carabinieri razzisti.

posttop — 18 settembre 2015 at 10:26

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Giovedì 17 settembre “Ho avuto meno problemi con rumeni e albanesi che con voi…” Si chiude così un’altra serata di lotta no tav, con una frase, con un carabiniere ignorante e un presidio volante in centro a Bussoleno, in valsusa. Ma torniamo indietro nelle ore, sono da poco passate le 19 e i primi no tav stanno giungendo dalla strada di Giaglione alla val Clarea, presso il cantiere tav di Chiomonte. E’ la settimanale cena in clarea organizzata dagli anziani no tav, anche old bloc o grey bloc. E’ la prima dopo l’azione al cantiere di venerdì scorso, quando incappucciati e attrezzati assaltarono le reti. La tensione è alta, è la prima cena  ufficiale organizzata dal gruppo dopo l’assalto. Mani negli zaini e via, ecco un salame, poi un altro, poi vino e molto altro. Si ride e si scherza, ma più che altro si mangia e si beve fino circa alle 22. Dalla tettoia presidio si scende verso le recinzioni tutti insieme, alcune decine di no tav e inizia una battitura sulle recinzioni del cantiere, che poi diviene blocco dei cancelli. Come di consueto ecco che arriva l’idrante della Polizia e un plotoncino della guardia di finanza. Dopo alcune decine di minuti di idrante iniziano anche i gas lacrimogeni. Sulla via del ritorno, si attraversa dunque in gruppo e anche in macchina la nube di gas. Saluti e abbracci sembrano chiudere la serata ma le sorprese continuano. clarea2

Durante il tragitto verso casa, poco dopo l’abitato di Susa ci accorgiamo delle attenzioni di una bravo del nucleo radiomobile dei carabinieri di Susa che incrociamo. La medesima auto sopraggiunge poi alle nostre spalle a forte velocità (immaginiamo dopo aver invertito in velocità il senso di marcia) andando a piazzarsi alle spalle di un’auto di un amico no tav di Bussoleno che con noi era all’inizitiva. Ci segnalano inoltre la presenza di un’altra auto dei carabinieri ancora che sopraggiunge nell’abitato di Bussoleno e si piazza in attesa in via Traforo, nel centro del paese. Da subito pensiamo a una trappola e così inizia il tam tam di avvisi a tutti i presenti che stanno anche loro rientrando a casa in auto di stare all’erta. E così è, arrivati a Bussoleno la macchina no tav con tanto di adesivi ben evidenti viene fermata. Inizia la trafila “documenti… no!… allora andiamo in caserma!… e andiamo…” e poi ancora e intanto arriva gente, tanta, dalle case, dalla vicina Credenza e con un detto in idioma locale arriva un commento alle spalle “a l’an pru basà al baul subit” (hanno subito abbassato il baule-cresta”.Si la situazione non è semplice e così i militi ritirano la squadra e se ne vanno. Pessima scelta inseguire un valsusino nei paesi. Ma quello che ci fa riflettere è uno scambio di battute con i carabinieri “c: ho avuto meno problemo con gli albanesi e i rumeni che con voi… notav: ma questo è razzismo! sono persone!come fa a dividerle in razze!… c: ma chi ha parlato di razzismo, quelli dovrebbero essere quelli che rubano e …” E poi ancora uno scivolare di luoghi comuni che possiamo tranquillamente saltare. Avevamo dei dubbi sull’utilità dell’opera, dopo anni di studi l’abbiamo catalogata come inutile, fuori dal tempo, costosa… Con i carabinieri in valsusa sono bastati alcuni secondi.

I governi corrono ai ripari, interessi strategici da difendere

Da poco la bozza di difesa dai manifestanti presuppone nuovi reati e aumenta gli anni di carcere. Intanto le opere di interesse strategico salgono a 868 incompiute.

di Valsusa Report

L’Italia diventa il paese delle stranezze, i dati che si riferiscono al progresso sono sempre più incerti. Incredibilmente opere di interesse strategico nazionale, sono tali sulla carta, ma non vengono portate a compimento, vi sono opere che generate negli anni 60 hanno già convogliato ed assorbito quantità di soldi pubblici enormi, si spazia dalle dighe e porti, ai teatri. Sul sito incompiutosiciliano.org si trova una raccolta siciliana, un esempio su tutti il caso del Teatro Popolare di Sciacca progettato nel 1973 da Giuseppe Samonà, un finanziamento di 30 miliardi delle allora vecchie lire, si arrivò negli anni 2000 ad ipotizzarne un’esplosione, il regista Werner Herzog voleva rappresentare il Crepuscolo degli Dei di Wagner tra le macerie, poi nel 2006, vennero finanziati nuovi lavori con 8 milioni e mezzo di euro, 350mila euro per le finiture nel 2009 e poi la solita beffa, per gestirlo servono dai 600 ai 900mila euro l’anno che nessuno ha.

PONTE_Tra le Regioni con più opere incompiute dopo la Sicilia, la Calabria, con 93 opere non portate a termine, la Puglia 81, la Sardegna 67 e il Lazio 54. “Bisogna far ripartire il paese” è il tuono dei governi vari succeduti fino ad oggi, la risposta delle popolazioni è un netto no alle ovvie infiltrazioni “mafiopartitiche” varie nelle varie regioni, si perchè tutto il territorio nazionale oramai ne è intriso, basti pensare all’operazione nazionale denominata “Sistema” di quest’anno, o localmente come in Valsusa l’operazione “San Michele” che vede politica e malaffare uniti a vari livelli di speculazione. A chi lasciare il compito della protezione di simili opere, viene incontro questo nuovo governo, sulla base della sicurezza a 360 gradi, nuovi protocolli antimafia e anticorruzione attendono pronti, per intanto quello più urgente pare sia il  sulle manifestazioni di popolo.

tav-torino-lioneDunque, arresto differito e fino a cinque anni di carcere per chi partecipa a cortei e manifestazioni facendo “uso di caschi protettivi ovvero di ogni altro mezzo atto a rendere impossibile o difficoltoso il suo riconoscimento”. Anche senza aver partecipato ad alcuna violenza di piazza. E nessun identificativo per polizia e carabinieri, solo un “codice” per identificare i reparti in servizio di ordine pubblico, da 2 a 5 anni di pena e una multa da mille a 5 mila euro per chi lancia o utilizza “razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, bastoni, mazze, scudi, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti”. In poche parole la gestione delle manifestazioni diventa il punto ultimo di defragazione e porta a compimento l’operazione “risollevamento del paese” invece di interdire cantieri inutili e costosi in questo momento storico del paese.

Una riflessione però occorre, qui di seguito l’audio di un momento di manifestazione a volto scoperto intorno ad un luogo strategico nazionale, protetto da telecamere e difeso da Ff.Oo.

Ora chi difenderà dai difensori i manifestanti? Lontani sono i tempi di Falcone e Borsellino quando dopo le uccisioni di colleghi si rivolgevano dicendo “noi non siamo come loro!” e portavano al solo carcere l’azione repressiva. Stridono ora le parole dei sindacati di categoria che chiedono di togliere i codici alfanumerici dalle divise. Anche con le telecamere accese chi mai riuscirà nell’identificazione sotto quei caschi, la bozza del ddl Alfano deve ancora essere approvata, ora che le 868 opere incompiute prenderanno i vari “interessi strategici nazionali”, c’è chi si augura che il ddl prenda la strada amministrativa dei decreti anticorruzione mai attuati o dei numeri identificativi che chiede l’Europa all’Italia e mai messi.

V.R. 19.09.15

Maddalena (reloaded): altro che fantasie, legga le carte

documentipost18 settembre 2015 at 13:53

maddalena

Il Procuratore Generale di Torino definisce “fantasie” le accuse che ho rivolto all’operato della Procura di Torino sulle indagini TAV. Per lui è falso che i PM si sarebbero comportati diversamente a seconda che indagassero a favore dei no tav o contro di essi.

Le nostre statistiche dicono il contrario.

Non dico che dovesse leggere i materiali di un convegno tenutosi a Bussoleno nel 2013, né che dovesse ascoltare le incessanti lamentele di imputati e colleghi penalisti coinvolti nelle iniziative giudiziarie: i dati glieli ho sottoposti in tutte le istanze di avocazione che negli ultimi anni lui ha sistematicamente respinto.

Tra le varie cose, gli segnalavo che la Procura di Torino ha creato nelle sue procedure e moduli – non previsti dalla legge, né pubblicati sulle linee guida ufficiali della Procura (chissà perchè) una “MATERIA TAV” ed un “ARGOMENTO TAV”. Oltre all’arcinoto  “POOL NO TAV” dei PM Caselli, Beconi, Ferrando per i primi anni, Quaglino, Pedrotta, poi Padalino, Rinaudo, con il coinvolgimento di recente e per alcuni casi minori, di Arnaldi di Balme.

E gli dicevo una cosa ben precisa: che quando questo “POOL” procedeva per reati di uno stesso tipo, in particolare per le diffamazioni a mezzo stampa/internet, le discriminazioni erano un fatto tangibile, perché se le indagini erano aperte a carico di appartenenti al movimento ‘no tav’ (anziché attivati da appartenenti al movimento) la tempistica era eccezionalmente più breve.

A Maddalena ho segnalato casi concreti con tanto di numero di registro generale: ad esempio procedimenti per diffamazione assegnati al PM Padalino, alcuni a carico, altri ‘nell’interesse’ di appartenenti al movimento.

Visto che Maddalena liquida le mie parole come “fantasie”, vediamoli, no?

In uno di quelli a carico (19299/13) si aveva iscrizione della notizia di reato 14 giorni dopo il deposito della querela da parte del “Si Tav” e chiusura indagini dopo 6 mesi e 1 giorno dal fatto (meno di 6 mesi dal deposito della querela, meno di quattro mesi dall’iscrizione della notizia).

In un altro, sempre a carico (24986/13), si faceva iscrizione 11 giorni dopo la querela da parte del Si Tav e chiusura indagini a 5 mesi dal fatto (meno di 4 mesi dal deposito della querela, meno di quattro mesi dall’iscrizione della notizia).

Un noto penalista torinese ha definito questi tempi “da record”.

Per contro – scrivevo al buon Maddalena -:

– la stessa Procura

– affidandolo allo stessissimo Pool No Tav

– medesimo PM Padalino

– nella stessa “MATERIA TAV”,

– nello stesso “ARGOMENTO TAV”,

– e per lo stesso tipo di reato (diffamazione)

in un procedimento (29341/12) nel quale i No Tav erano però persone offese da un Si Tav, faceva iscrizione 58 giorni dopo il deposito della querela e chiusura indagini a 16 mesi dal fatto (più di 15 mesi dall’iscrizione della notizia di reato, più di 15 mesi dal deposito della querela).

Tre volte più lentamente, e l’imputato certamente non si sarà stracciato le vesti.

(Per la cronaca, e credo che il fatto sia interessante: i No Tav imputati nei processi Speedy Gonzalez di diffamazione di cui parlavo sopra sono alcuni dei più conosciuti del Movimento ed i loro querelanti, due giornalisti noti per articoli di feroce critica contro i No Tav. Mentre il Si Tav imputato di diffamazione nel processo lumaca, l’arcinoto ultrà del Tav).

Visti questi numeri, dicevo al Sig. Procuratore Generale Marcello Maddalena: la sperequazione è innegabile. E gli dicevo anche: lei avrebbe dovuto rilevarla, visto che rientra tra i suoi compiti secondo la Legge (l’art. 6 D.Lgs. n. 106/06 dice che il P.G. ha il compito di “verificare il corretto ed uniforme esercizio dell’azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo…”).

Eppure Maddalena non ha mai avocato una sola delle indagini in cui sono difensore e di cui ho chiesto l’avocazione perché andavano a rilento (o comunque non veloci come quelle di senso contrario). Quando in quei casi, finalmente – oltre i termini fissati dalla Legge – i PM si sono decisi ad esercitare l’azione penale o a chiedere l’archiviazione, ha poi respinto le istanze dicendo che…erano venuti a mancare i presupposti per l’avocazione.

Le mie accuse quindi non sono fantasie, Sig. Procuratore Generale: la prossima volta che risponde alle interviste dei giornalisti, le suggerisco di consultare prima le (sue) carte.

Detto questo, non mi stupisce che lei trovi fastidiosa la questione che ho sollevato e che da anni il Movimento No Tav ricorda.

Perché lei, le sue posizioni sulla questione No Tav, le ha già platealmente espresse nelle aperture degli anni giudiziari e in interviste sui giornali, sposando una linea di politica giudiziaria integrata con quella del Pool No Tav. C’è terrorismo, rischio di ritorno agli anni bui, c’è sottovalutazione, eccetera. Teorie pesanti ma vecchie, antiquate, smentite da ogni tipo di giudice, dal riesame, dal Tribunale di Torino, dalla Cassazione, e nonostante ciò pronte a essere ancora una volta sostenute nel futuro processo d’appello per il terrificante caso del compressore bruciato.

Non ricordo per contro di aver letto di suoi allarmi, all’apertura dell’anno giudiziario, per l’avvenuta penetrazione della ‘ndrangheta all’interno del cantiere TAV della Maddalena di Chiomonte.

Né porsi pubblicamente degli interrogativi semplici sul TAV; uno poteva essere questo: “ma se l’accordo Italia–Francia subordina l’opera alla precondizione che vi sia saturazione della linea storica, e questa saturazione non sussiste … è legale che i lavori proseguano?”.

Guardando all’interno del Palazzo, si sarebbe potuto chiedere pubblicamente: come è possibile che in fase di richiesta di misure cautelari contro i No Tav, i fascicoli di alcuni dei casi più importanti e delicati siano stati trattati dallo stesso GIP, quando i magistrati in servizio in quella sezione sono circa trenta?

Le possibilità erano molte. Poteva anche lamentare la grave circostanza per l’amministrazione che in alcuni atti del progetto per TAV Torino-Lione fossero riportate circostanze false (visto che la linea storica è da anni tutto fuorchè satura, è giuridicamente un falso scrivere nel Progetto preliminare 2010, Sintesi non tecnica “…onde fronteggiare la saturazione della Linea Storica”), o magari ricordare con preoccupazione, anche solo a grandi linee, la sentenza del Tribunale penale di Torino dell’8.2.2011 che aveva condannato in primo grado Paolo Comastri, Direttore Generale di LTF, ed il vicedirettore, per il reato di turbativa d’asta a proposito del tunnel geognostico TAV di Venaus (mi risulta processo pendente in appello: tutti gli imputati devono essere considerati innocenti).

In poche parole, le forti prese di posizione espresse dalla Procura di Torino in questi anni, e da lei Sig. Procuratore Generale, riguardano i No Tav, e quasi per nulla la questione Tav, di cui a Torino, si sussurra appena.

P.S. un amico che ha letto la prima versione di questo articolo mi ha ricordato una vicenda di nove anni fa, rimasta sepolta nel dimenticatoio della cronaca giudiziaria, che val la pena riesumare per chiudere il mio contributo.

Detta in due parole, all’epoca del progetto del tunnel geognostico di Venaus  – quello delle vicenda Comastri – poi magicamente traslocato “in variante” a Chiomonte (ma nessuna parola su questo, vero?) la GdF scopre che i verbali di esproprio finalizzati ad installare il cantiere TAV sarebbero falsi. Il Procuratore della Corte dei Conti, lo stesso ad avere avviato l’indagine, osteggiatissima, contro alcuni poliziotti responsabili della carica di Venaus del 6 dicembre 2005, fa una segnalazione alla Procura della Repubblica di Torino ipotizzando il reato di falso e, stando all’articolo che ne parla, questo sarebbe il sequel: “questa iniziativa non è stata del tutto gradita al Palazzo di Giustizia di corso Vittorio. Il procuratore della repubblica Marcello Maddalena ha deferito il collega Ermete Bogetti al procuratore generale della giustizia contabile «accusandolo» di aver travalicato le sue competenze”.

L’articolo completo lo trovate qui.

Avv. Stefano Bertone

PS: questo articolo è stato modificato venerdì 18 settembre 2015 per ospitare un paio di riflessioni aggiuntive, e la vicenda oggetto dell’articolo di La Repubblica del 2006.

repubblica 20.9.2006 scontro magistrati

MARCE NATO-MANIFESTO: SCALZI E GUERCI. SIRIA: MAMMA, LI RUSSI!

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2015/09/marce-nato-manifesto-scalzi-e-guerci.htmlMONDOCANE

SABATO 19 SETTEMBRE 2015

 

Fuori tema“La canea della stampa e di tutte le forze politiche si è scatenata, come a Pompei, contro l’assemblea sindacale legittima e autorizzato, di due ore, dei lavoratori dei monumenti archeologici romani che da 9 mesi non percepiscono la paga per i lavori straordinari. Hanno sacrosanta ragione i lavoratori e ha torto marcio il regime Renzi, l’incompetente ministro dei Beni Culturali e il gregge dei media asserviti, responsabili del degrado, della corruzione, del malaffare, che distruggono i nostri beni culturali. Ora quei servizi diventano “essenziali”, cioè precettabili, cioè militarizzati.  L’obiettivo evidentissimo è la fine del diritto di sciopero. Come di tutti i diritti. Come nei programmi del Criminalstato di polizia”. (Mondocane)

“Ogni volta che scopri di trovarti dalla parte della maggioranza, è il momento di fermarsi e riflettere” (Mark Twain)

“Se siete preoccupati dei rifugiati, smettetela di appoggiare i terroristi. Questo è il nostro pensiero sulla crisi. Questo è il nocciolo dell’intera questione dei profughi”. (Bashar El Assad) 

“L’Occidente piange sui rifugiati da un occhio, mirano col fucile dall’altro”. (Bashar El Assad)

Irrompe sulla scena dell’alluvione rifugiati la falange della lobby. Non ne manca uno, come un sol uomo, a un solo appello: Colombo, Coen, Formigli, Levi, Cohn Bendit, Lerner, Caldiron, altri nelle pagine culturali del “manifesto”. Veline trasmessa dalla solita fonte. Tema da svolgere: abbattere l’eterodosso Orbàn, fomentare l’alluvione a carico di paesi in difficoltà economica, collegare la Shoah (Hitler) con l’esodo arabo (Assad), occultare le cause e le responsabilità, giustificare la ricolonizzazione sotto forma di intervento armato in Libia e Siria e sostenere la strategia USraeliana-Nato di indebolire l’Europa .Al tempo stesso, svuotare gli Stati da annientare facendone fuggire le generazioni che ne assicurano il futuro. Genocidio militare accoppiato a genocidio sociale. Vincono Israele e Usa, perdono tutti gli altri.

Un piccione scagazzone

 
Vessillifero della falange, su “Il Fatto Quotidiano”, l’uomo Fiat-Washington-Tel Aviv, Furio Colombo. Nell’occasione di un’iniziativa del “Fatto” a Carpi me lo trovai sul palco che invocava accoglienza ai migranti e ne accostava la sorte al destino degli ebrei in fuga dall’Egitto e poi dal nazifascismo. Il sindaco, in omaggioso sincrono, raccattò la palla e annunciò nuove spedizioni di scolaretti ad Auschwitz. Dalla prima fila ebbi modo di interrompere e chiedere al duo quando, riemergendo da delitti di 70 anni fa, avrebbero allestito spedizioni nell’attualità dei genocidi a Gaza, a Damasco, a Baghdad, in Yemen. 
 
Colombo fece finta di non aver sentito. Riprese la cantilena dei poveri migranti, fratelli dei perseguitati da nazismi e antisemitismi mai sopiti, scacciati da “guerre, persecuzioni e fame”. Tutta roba di origine misteriosa, imperscrutabile. Poi, impersonatosi gran signore, scese da me e… si scusò. Di cosa? Di aver avuto il vantaggio del microfono che lo faceva ascoltare da tutti, mentre io, poveretto senza, non ero riuscito a far sentire una parola. Capito, il furbacchione? Era riuscito a giustificare la sua mancata risposta e cercava di fermi credere che avevo sparato nel vuoto. Cosa non vera, visti gli applausi che si erano levati alla parola “Gaza”.Un piccione che espelle 9 articoli su 10 dedicati alla tragedia rifugiati e 8 su 9, bava alla bocca, a bastonare il “neonazista Victor Orbàn”. O il sottoprodotto Salvini. Gente che, pur nelle abissali differenze (uno è nemico vero, l’altro lo è per finta) sta al suo premier ideale Netaniahu come l’Esercito della salvezza sta a Gengis Khan L’ultimo bombardamento del piccione scagazzone su verità e decenza, parte così: “Chi ha attraversato da bambino l’Italia fascista, non può dimenticare le persecuzioni e le ossessioni di quel tempo di morte”. Qui si raggiunge il record mondiale del doppiopesismo. Uno che non ha mai pronunciato la parola nazisti nei confronti dei gerarchi governativi di Kiev scaturiti da “Settore Destro” e “Svoboda” e dei battaglioni ucraini dei massacratori con insegne SS, addestrati da Marines e sussunti nella Guardia Nazionale, scatena ogni due per tre le accuse di nazismo a un governo che non ha fatto niente di più e, a volte di meno, di quanto sta facendo l’UE ricostituendo la Fortezza Europa.Ma questo è niente. La camerawoman ungherese, di un sito di estrema destra, che sgambetta un profugo con bambino ed è immediatamente licenziata e indagata, richiama le persecuzioni degli ebrei sotto il nazifascismo. Impunito, come tutti i delinquenti suoi simili, ma ignorato da Colombo, il militare israeliano che strangola un bambino col braccio spezzato, picchia le donne e partecipa con i compari alle ripetute bastonature del video maker italiano che ha filmato la scena. La mamma che spinge la carrozzina lungo la strada da Budapest a Vienna ricorda a Colombo le famiglie ebree fatte marciare verso San Vittore a Milano e poi verso Auschwitz.Io, invece, ricordo le marce notturne delle famiglie di Gaza sotto “Piombo Fuso”, cacciate dalle loro case distrutte sulla linea di fuoco, che si trascinavano i feriti e ogni tanto venivano falciate dai grilletti facili dell’eroica Brigata Golani. .
Quanto ai falsi dell’autorevole informatore, ce n’è una profusione. Non un solo ungherese, giura, si è mosso per assistere qualche fuggitivo. Orbi noi che abbiamo preso per donne e uomini ungheresi quelli che, pure se per una deplorevole trascuratezza del regista, sono passati sugli schermi mentre coprivano e nutrivano i marciatori. Orbàn chiude le frontiere? E qui il salto logico si fa acrobatico quando, in merito, ricorda “le parole ossessive di una canzone fascista: Frontiera frontiera, cosa importa se si muore, basta un grido di valore che il nemico annienterà” Cosa cazzo c’entri lo sa solo questo funambolo che si esibisce, sopra distese di cadaveri palestinesi e arabi, sulla corda del vittimismo unico e ineguagliabile degli ebrei. Per Colombo l’Ungheria deve essere espulsa dall’Europa. Sorvolando sul fatto che il paese si sottrarrebbe a un’arrogante, incompetente e belligerante (verso l’esterno e l’interno) eurocrazia totalitaria, chiediamo al sicofante di Israele per quali titoli uno Stato terrorista, genocida e infanticida come il suo, debba restare associato alla Nato, all’UE e occupare suite imperiali nella sedicente “comunità internazionale”. Domanda retorica, si capisce bene perché..Je ne sui pas Charlie Hebdo!!!
Il giornale nazi-razzista sfotte Aylan: “Due pasti di bambini al prezzo di uno”

Charlie Hebdo si ripete nella sua raccapricciante ferocia razzista e anti-islamica. E’ il giornale caro agli amici dell’infanticida Stato canaglia. Se non fosse che l’attentato a questi schifosi ha la paternità di chi sappiamo, ci sarebbe quasi da parlare di attenuanti per la provocazione.Ma siccome la belva Nato-sionista opera su tutti i fronti, è affine e altrettanto oscena l’elevazione a simbolo di infamia della piccola vittima siriana Aylan, ripetendo le ipocrite lacrimazioni dell’etilico santo protettore di ladroni ed evasori di rango, Juncker, per soffermarci ancora sulle farneticazioni relative “alla folle fantasia neonazista” in cui sarebbe immersa l’Ungheria (che da sola aveva già ospitato quest’anno, prima della recente ondata, 120mila profughi, in proporzione più di ogni altro paese europeo e ora si trova a dover farsi travolgere da altre decine di migliaia) cui il “morbo di Orbàn” ha imposto il “mito folle delle frontiere”. Un mito che a Israele è del tutto alieno quando si tratta delle frontiere di Stati arabi o islamici da spazzare via, ma che gli è assai caro laddove erige barriere d’acciaio e calcestruzzo su terre palestinesi (ultimamente anche sul confine giordano). Ovviamente in attesa di spostare i sacri confini stabiliti da Dio un po’ più in là. Curioso però che alle lamentazioni sui monumenti mesopotamici rasi al suolo dagli islamisti a Palmira, o Nimrud, non ne seguano di analoghe sulla devastazione a Gerusalemme di Mamilla, cimitero islamico di 1.300 anni, i cui monumenti e lapidi, in parte già abbattuti, verranno fra poco definitivamente sepolti da 192 appartamenti per coloni, centri commerciali, hotel, parcheggi. E neanche sulle granate sparate a Gerusalemme sui fedeli e sui cimeli dentro Al Aqsa, la più sacra delle moschee, preludio a una distruzione dalla quale far risorgere il mitico tempio di David.

Dove casca l’asino e si potrebbe anche schiattare dalle risate, se non si fosse bloccati da un rigurgito di indignazione, è il peana che il pifferaio sionista eleva ad Angela Merkel, messa peraltro, con imprudenza storica, sui piedistalli di Roosevelt, quello che la crisi sociocida, provocata dai suoi banchieri ebrei, l’ha risolta fabbricando cannoni e facendo morire milioni tra suoi connazionali e cittadini europei, a partire dallo scherzetto combinato ai giapponesi (e ai marinai americani) a Pearl Harbour, prodromo dell’11 settembre e di tutto il resto. Dunque Merkel, già arpìa (che significa “tempesta”) quando disfaceva soci di minoranza UE, era poi di colpo trasformata da Colombo e da tutta la compagnia di giro dei convertiti, in Esperide che nel suo giardino difende l’albero dei pomi d’oro, quando annunciò che avrebbe accolto 800mila, poi 550mila, siriani, ben selezionati dalla confindustria germanica, per tornare a involversi in arpìa, seccatesi le lacrime su Aylan, quando mandò i soldati a bloccare le frontiere. Né più né meno di Orbàn. Subito seguita da altri umanitari che, o non si sognavano di prenderne neanche uno di rifugiati, o ne accettavano poche centinaia, tutti – Olanda. Austria, Regno Unito, Francia, Spagna, Macedonia, Croazia, Slovenia, paesi dell’Est e baltici – con Schengen abolito, frontiere sbarrate ed esercito ai confini. Alcuni impegnati a picchiare, gasare e sparare gli intrusi, ma tutti scomparsi dal radar umanitario di Colombo. 

Alla periferia spendibile, Italia, Grecia, l’onere di farsi sconquassare da milioni di arrivi di bisognosi, perlopiù sgraditi e osteggiati, e quindi riducibili in schiavitù e utilizzabili come arma di distrazione di massa dalle sventure vissute dagli autoctoni .A tutti la facoltà di criminalizzare i cosiddetti “clandestini”, purchè fuggiti da guerre, ma solo da inedia e saccheggi di neoliberismo e colonialismo. A noi e ai greci vengono ordinati gli eufemisticamente definiti “hotspots”, in parole oneste CIE e campi di internamento, dove gli arrestati vengono tenuti a tempo indeterminato, senza imputazione e senza processo, o ne vengono rimpatriati, consegnati a un destino di rappresaglia e morte. 

Ma è solo il nazista Orbàn, quel bieco arnese anti-europeista e filo-russo, ad arrestare “clandestini” (sia chiaro, la distinzione tra “rifugiati” e “clandestini” non è che una porcheria finalizzata a decimare la massa di disperati) e a giustificare, come chiede il piccione scagazzone, l’espulsione dell’Ungheria dall’UE. Poi a Bruxelles è stato varato “EuNavForMed 2” missione navale cripto-Nato (l’Ungheria non c’è) che condurrà la guerra contro gli scafisti, quando possibile centrando con missili lo scafista, previamente identificato da Stoltenberg tra i 200 a bordo, evitando accuratamente l’effetto collaterale della polverizzazione della barca e dei suoi passeggeri. Oggi la tecnologia permette questo e altro, come si vede ogni giorno in Iraq e Siria. Oppure, meglio, andando a scovare il delinquente direttamente nel suo covo in Libia, o Mali, o Siria, o Yemen, o Afghanistan, costretti per farlo a bombardare, invadere, occupare (e ricuperare il petrolio). Altro che le barriere di Orbàn.
La marcia degli scalzi e guerci
Se deve esserci un capofila dei marciatori a piedi nudi a Venezia e altrove, ne merita l’investitura il menzionato volatile bombarolo. Con la differenza che quelli andavano a piedi nudi, lui calza scarpe di Savile Row. Però dotati di un occhio solo lo sono tutti. Il guercio è colui che , dal suo unico occhio, non riesce a misurare le distanze, non possiede la prospettiva. Ci sono i guerci fatti così e i guerci che l’altro occhio lo tengono chiuso. Per i primi può valere la buonafede nel non capire cosa c’è dietro, in fondo. Per i secondi no, lo sanno benissimo. Esiste nel subconscio degli europei, quelli che hanno colonizzato, depredato, schiacciato popoli per secoli e oggi ci riprovano a fini umanitari, un recondito senso di colpa per quello che è stato fatto dal sangue del proprio sangue, per ciò che si continua a fare, o che non si sa impedire. Un oscuro senso di colpa, accentuato dalla consapevolezza che il proprio buon vivere è goduto a spese di quegli altri, ma che, Aylan o non Aylan, non si è disposti a rinunciarvi: crepi il lupo. Come si risotterrano quei fastidiosi sentimenti che ci gratticchiano nel profondo? Come ci si netta la coscienza civile? Ebbene, facile, marciando. A piedi nudi, così si è un po’ simili a chi le scarpe non le ha più e i piedi li ha piagati. Che poi si rientri per cena in camera da pranzo, mentre gli altri rientrano sotto un ponte, embè, è così la vita..

L’occhio del guercio era quello di tante brave persone, artisti rinomati, pensatori pensosi, anime belle di ogni categoria. Ma era anche quello di personaggetti e personaggioni schizzati fuori dalle linee di rifornimento sion-atlantiche di tutte le guerre. Lucia Annunziata (Aspen Institute e Bilderberg), Saviano, Lerner, don Bizzotto, Giulio Marcon (quello che, da capo dell’International Consortium of Solidarity, aizzava contro il “dittatore Milosevic”), Sergio Staino-Bobo (caricaturista per tutte le stagioni, dal PCI al renzismo ultrà), Zanonato (da sindaco, erettore del primo muro anti-migranti), Svendola, Livia Turco (che, con Napolitano, costruì le prime gabbie anti-migranti), Casarini (Disobbediente impegnato con Radio B92-Cia di Belgrado a smantellare la Jugoslavia), frattaglie rifondarole e, nella boccia made in PD, i pescetti rosa di SEL, chierichetti della nonviolenza e fustigatori del “dittatore Assad” e del “nazista Orban”. Tutti vociferanti pro-separazione tra richiedenti asilo ed “economici” e pro-corridoi umanitari attraverso bombardamenti e reticolati. Senza che a nessun corridoista, e tanto meno al loro guru Guido Viale, venisse in mentre, che so, di requisire le Grandi Navi che portano ognuna migliaia di persone e, intanto, smetterebbero di squarciare Venezia. Vengono in mente i corrodoi di “Shining” e si sa dove quelli portarono.Corridoi umanitari mica per tornare a casa da un’Europa respingente o sfruttatrice. Mica da farci rientrare i fuggiti nella propria terra, cultura, storia, famiglia, identità, futuro, liberati dalle barbarie guerresche ed economiche dell’Occidente e dai freaks terroristi che ne sono stati rigurgitati. Macchè, piuttosto per far affluire in fabbriche, campi, laboratori, un popolo che non c’è più, che è stato sequestrato e metamorfizzato in forza lavoro “integrata” tra i suoi genocidi.Il cappello sulla marcia scalza della Lucia dal brillante curriculum tra “manifesto” e RAI, via Usa e Israele, nella photo opportunity sullo scintillante sfondo di un Festival zeppo di provati combattenti per i diritti umani, l’hanno messo quelli del “quotidiano comunista”. Organo sempre più della lobby che, quando non si esalta sui corridoi, sul trasferimento di mezzo mondo islamico in Europa (e conseguente svuotamento e sparizione degli Stati musulmani, specie arabi), quando non si avventa su governi che non ci vogliono stare perché hanno capito il gioco, tracima anche dalle spesso astruse e sempre elitarie pagine “culturali” Quelle in cui si fa capire al proletariato che la cultura non è proprio per lui.Il guercio, però, se vede benissimo le torme bibliche che si arrovesciano sui confini vicini, non misura le distanze, anzi, gli paiono smisurate, fino a perdersi nel nulla, dalle quali le torme provengono. Luoghi così remoti da occultare nel mistero di imprecisate “guerre e persecuzioni” le ragioni di tanto esodo. Mistero impenetrabile, per quanto eloquente sangue e quanta polvere di macerie, tutto firmato con nome e cognome, sostino ancora su stracci e fagotti di quelle torme. Perfettamente comprensibile, perciò, che, tra i cartelli e striscioni degli scalzi e guerci, inneggianti all’accoglienza e fustiganti l’infame Orbàn, non ce ne fosse uno che rispolverasse il motto del Vietnam e dei 65 interventi armati imperialisti dal 1945 ad oggi, “Yankee go home”. 

Kobane sì, Damasco no

Un’altra cosa che il guercio vede con appassionata commozione sono i curdi. Svettavano sulla marcia scalza anche i cartelli per gli eroi laici e democratici di Kobane, donne combattenti in testa. E invece non vede per niente che, lì vicino e in tutto il paese, altri eroi laici e democratici, donne combattenti in testa, si dissanguano da quasi 5 anni per difendere arabi e curdi siriani dallo stesso nemico.

“Aiutiamoli a casa loro” è slogan infingardo di chi vuole mangiarsi da solo la torta colonialisticamente sottratta ad altri. Ma diventerebbe parola d’ordine strategicamente risolutrice se si completasse così: aiutiamoli e facciamoli rientrare a casa loro cacciando la Nato, gli Usa, Israele e i loro sicari, da lì e dal mondo. Concetto del tutto alieno alle prefiche guerce delle migrazioni, per quanto scalze. Dove lo troviamo un Ulisse che gli cacci il palo rovente nell’unico occhio, così non vedono più niente e almeno smettono di dire cazzate. L’imprimatur della Boldrini sulla marcia, dove, planando con lo sguardo sull’oceanica schiera dei “vivi a sinistra” (rubrica del “manifesto” in cui si esprimono i vari reduci dagli ossessivamente ripetuti scoppi a salve del “nuovo soggetto politico”), si caratterizza per due punti che ci danno l’idea di dove si collochi l’iraconda presidente della Camera. Con sguardo venerante agli Usa, perora la creazione degli Stati Uniti d’Europa, cioè il perfezionamento della mostruosità europea uscita dal laboratorio Cia negli anni ’50, allo scopo di togliere di mezzo costituzioni e Stati passabilmente democratici nati dall’antifascismo. E l’anatema contro i “nazionalismi” che, per lei, non sono la difesa delle realtà multietniche e multiconfessionali emerse dalla rivoluzione francese, bensì degenerazioni scioviniste e militariste che si opporrebbero all’UE, all’Euro e ai loro completamenti in termini di TTIP e Nato. 

Essendosi privati dell’occhio che gli permetterebbe la prospettiva, i guerci e scalzi non vedono la scia dei crimini che si allunga a ritroso, dai fili spinati d’Europa.fino ai luoghi devastati da cui sono dovuti fuggire. Niente causa, solo effetti. Niente carnefici, solo vittime. Guerre, persecuzioni, fame, non hanno autori, sono accidenti della storia, non sono prodotti da piani di lontana data e lunga durata. E’ paradossale che da questa ignavia di guerci e amici del giaguaro spuntino ora, con tardiva e totalmente strumentale resipiscenza, i Berlusconi, Gasparri e le Meloni, per puntare il dito contro coloro – quelli a stelle e strisce con contorno di stelline europee e di Davide – che il cataclisma produttore di popoli in fuga, quando sopravvissuti, l’hanno voluto, pianificato e condotto.

L’Isis e i suoi papà e mamma

Eppure, bastava una foto satellitare come questa perché anche un guercio vedesse con assoluta chiarezza. Si tratta di ben 700 TIR di rifornimenti giunti indisturbati a Raqqa, capitale in Siria dello Stato islamico. Hanno attraversato la frontiera dalla Turchia, pilastro Nato e sono passati per lande desertiche, evidentissime al mirino del cacciabombardiere e alla consolle dell’operatore droni. Nessuno di coloro che promettono di attaccare l’Isis, ma trascurano le sue lunghissime vie di rifornimento, mentre colpiscono “per sbaglio” infrastrutture e resistenti iracheni e siriani, è riuscito per centinaia di chilometri a coglierne il tragitto. Eppure ci sono stati fior fior di giornalisti turchi che, temerari, hanno sfidato il Golem Erdogan e hanno filmato i camion zeppi di armi e armati che attraversavano il confine diretti in Siria: Serena Shim, giornalista, madre di due figli, della PRESS TV a Istambul, oltre ad aver irritato il sultano con i suoi servizi sui combattimenti a Kobane, è stata tra coloro che hanno documentato quei trasporti. Varrebbe ricordarla e piangerla come il piccolo Aylan, Ma non è sembrato il caso: Serena è stata ammazzata. Un blindato si è precipitato sulla sua macchina. 

E’ una di mille prove, fotografate, filmate, testimoniate, perfino da alcuni generaloni Usa vanagloriosamente ammesse, che Siria delenda est per mezzo dell’aeronautica e le forze speciali della coalizione Uccidentale, gli ufficiali pagatori del Golfo e le loro fanterie generate dalla Fratellanza Musulmana e inquadrate sotto i vari vessilli Isis, Al Qaida e bande jihadiste disparate. Quella Fratellanza, detto per inciso, di cui è impudente vindice lo spesso da me citato manifestaiolo Acconcia (paladino dei Fratelli di Tripoli, azionisti dei trafficanti e scafisti che partono dalle proprie coste, governo delle brigate di Misurata, la più sanguinaria banda di terroristi apparsa sul suolo libico, disposti a farsi tenere in piedi da un’invasione europea, pur di non lasciare la Libia in mano al legittimo governo laico di Tobruk, includente i gheddafiani e sostenuto dall’Egitto. Un Egitto che, per la rabbia incontenibile di Acconcia e dei suoi ispiratori imperialisti, non solo schiaccia il terrorismo islamista, ma è sempre più vicino a Mosca, è entrato in possesso del più grande giacimento di gas del Mediterraneo e, vergogna incommensurabile, ha ora riallacciato i rapporti diplomatici con la Siria di Assad!).

Mamma, li russi!

Sfidando il ridicolo e la qualifica di falsario patentato, lo stesso Fratello è arrivato a attribuire ai gheddafiani e a Tobruk la paternità dello scatenamento dell’Isis. Non è l’unico funambolo della disinformazione. E’ di questi giorni, coordinata da Cia e Dipartimeno di Stato, determinata dall’impasse di una strategia che non riesca a venire a capo delle forze patriottiche e che si arrovella nella contraddizione tra fingere di voler fermare l’Isis e il vero obiettivo dell’eliminazione di Assad, una nuova campagna di satanizzazione della Russia. Campagna su due fronti. Per un verso Putin viene infamato come traditore per aver offerto, nel 2012, la testa di Assad a Washington. Balla sesquipedale, subito smentita dagli interessati come dai fatti e senza la minima base documentale. Come sempre, il “manifesto” se ne fa carico: “Mosca offrì agli Usa la testa di Assad”. Anche recentemente avrebbe brigato per concordare con gli aggressori un “onorevole uscita di Assad”, magari tenendolo lì per un “periodo di transizione”. 

Bambini addestrati dalle SS del Battaglione Azov, bambini addestrati dall’esercito israelianoPer l’altro verso, hanno fatto partire un roboante grancassa sui russi che starebbero arrivando in Siria con tanto di flotte navali e aeree, truppe da sbarco, fantascientifici strumenti di guerra elettronica. E’, come in Ucraina, “l’invasione russa”, patetico tentativo di depistare da quella effettiva occidentale con il sempre più imbarazzante uso di battaglioni nazisti lassù e di brigate jihadiste laggiù (a proposito delle ricorrenti denunce sull’uso di bambini soldato nelle bande jihadiste, godetevi queste immagini di militari israeliani e colleghi del battaglione nazista Azov, che ne addestrano a loro volta). E anche per togliersi dall’impiccio di una Russia che, visto come formalmente anche la consorteria occidentale si dichiari nemica dello Stato islamico, la stia stanando lavorando diplomaticamente, con tutti gli attori sulla scena, a una coalizione contro il nemico, appunto, “comune”.C’è comunque del vero nell’allarme degli aggressori. La Russia starebbe davvero lavorando a potenziare una nuova base aerea a Latakia, in aggiunta a quella navale di Tartus. E’ nuovi armamenti sofisticati di difesa aerea e di controllo elettronico, forze dell’intelligence (determinanti quando si trattò di smontare la bufala delle armi chimiche di Assad) sarebbero in effetti giunti a Damasco (gli imbattibili S-300?). Del resto, Putin in persona ha confermato di non aver mai cessato di assistere militarmente il governo siriano e di considerare di intervenire anche più efficacemente se se ne presentasse la necessità. Parole che hanno provocato l’attuale sconcerto e nervosismo degli occidentali. Se entra in campo in maniera decisa, la Russia (come sono entrati efficacemente in campo gli iraniani in Iraq), oltreché con l’offensiva diplomatica, con un più vasto impegno militare, a USraele, ai petrotiranni e ai bellicosi neocolonialisti UE, si aprono nuovi scenari. Come faranno i demolitori del Medioriente a rifiutare una coalizione intesa a fermare l’espansione della più brutale formazione terroristica mai apparsa e che, oltre tutto, si dichiara attiva anche in Europa e negli Usa? E sarà compatibile con un’opinione pubblica mondiale avversa alla guerra (e con le riserve ed ansie di alleati come la Germania) scontrarsi in Siria apertamente con la Russia e rischiare una conflagrazione mondiale? E gli ambienti della cupola finanziaria e petroliera occidentale non ne ricaverebbero contraccolpi imprevedibili? Forse, come quando bloccò la fregola interventista USraeliana smentendo l’uso siriano di armi chimiche, sarà ancora Putin a fermare i signori della guerra e a salvare la Siria?

 
Ma ci sarà ancora un Siria, con i suoi giovani, i suoi cervelli migliori, il suo futuro, divorati dalla Germania? Non fatelo sapere al “manifesto” e ai marciatori scalzi e orbi. Non vedono, non capiscono. O fanno finta.
 
Pubblicato da alle ore 21:24

La radice del problema è la finanza

di Francesco Lamendola

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Povero Viktor Orban, col suo patetico muro, che non è nemmeno un muro, e che già l’universo mondo politicamente corretto ha bollato come il muro della vergogna e dell’infamia (assai meno si parla del muro di Israele contro i Palestinesi: quello non è politicamente scorretto): passano sotto i reticolati, spingono, urlano, pregano, implorano, bestemmiano, e alla fine lo superano.

Povero Matteo Salvini, con le sue frasi ad effetto, i suoi atteggiamenti da uomo duro, i suoi ritornelli accalappia voti: dal Vaticano fino a Sinistra, Ecologia e Libertà, sono tutti d’accordo di sparare su di lui: il cinico, il razzista, il cattivo, il reazionario, l’ottuso, l’antimoderno, il nostalgico dell’autarchia di mussoliniana memoria, il bersaglio preferito dei comici progressisti e buonisti.

E povero cittadino comune, ungherese o italiano, greco o francese, tedesco o svedese: nessuno gli ha domandato cosa ne pensa, gli hanno cambiato la vita senza che neppure se ne rendesse conto, come si sfila la sedia da sotto il sedere di un bonaccione un po’ addormentato, un po’ sventato, e poi ci si fa quattro risate allorché questi si rende conto di essere seduto sul nulla, e annaspa.

Gli hanno tolto la sovranità e gli hanno imposto l’accoglienza indiscriminata di milioni di stranieri: così non è più padrone né dei suoi risparmi, né della sua città, del suo quartiere, della sua casa. È rimasto lì, come un allocco, con quattro pezzi di carta in mano che rappresentano la sua vita di lavoro, ma che forse non valgono più nulla; e con una casa, un quartiere, una città che gli son cambiati sotto gli occhi nello spazio di pochi anni e ormai è come se vivesse al Cairo o a Baghdad.

Intanto, il suo vicino di casa si è appena sposato: con un altro uomo. A scuola, i suoi figli e i suoi nipoti apprendono, dalla maestra, con tanto di filmini e di “schede didattiche”, che non esistono due sessi, ma cinque orientamenti sessuali; e che l’amore omosessuale è la cosa più normale che ci sia, e che il relativo matrimonio, con tanto di figli adottivi, è il sacrosanto diritto che logicamente ne deriva; e che, a parlare in altro modo, si rischia la denuncia, la multa e, forse, il carcere.

Eppure, sia la questione dei cosiddetti migranti, sia quella relativa alla istituzionalizzazione dell’omosessualità, altro non sono che due aspetti collaterali di un problema molto più ampio, molto più profondo, che parte da lontano: ed è proprio la miseria intellettuale e la carenza culturale dei nostri governanti, per non parlare dei sedicenti intellettuali (i peggiori di tutti: i più servi, i più faziosi, i più venalmente interessati a propagandare la menzogna) a far sì che le singole questioni appaiano slegate l’una dall’altra, e le si affronti (o non affronti) come se fossero capitoli distinti.

In principio c’era la finanza: una finanza sempre più vorace, che è cresciuta e che continua a crescere in progressione esponenziale, irresistibile, geometrica: è essa la madre di tutti i problemi nei quali ci stiano dibattendo, dalle migrazioni dei popoli al dilagare del relativismo etico, dal buonismo a senso unico allo sfaldamento della famiglia, dell’amicizia, del tessuto sociale. Sono tutti effetti dello strapotere della finanza: effetti in gran parte voluti e scientificamente pilotati; in qualche caso, però, non voluti né previsti, ma egualmente inevitabili.

La finanza moderna ha un luogo e una data di nascita: Londra, 1694: fondazione della Banca d’Inghilterra. A partire da quel momento tutti i meccanismi della modernità sono stati organizzati e orientati secondo gli interessi della finanza, ossia dell’economia speculativa, e non più della produzione, del lavoro, dell’economia reale. A partire da quella data, il banchiere ha preso gradualmente il controllo di tutte le società, di tutti gli stati, di tutte le economie, e ha imposto i suoi uomini, le sue regole, le sue logiche (perverse). Tutto è stato subordinato ad essa, tutto è stato pensato, fatto e disfatto in funzione di essa: guerre e rivoluzioni, crisi economiche e scoperte scientifiche, innovazioni tecnologiche e movimenti culturali, artistici, letterari, filosofici. Lo sport, la danza, la televisione, l’università, l’impresa, le pensioni, l’ecologia (o la sua negazione), il risparmio, la catena di montaggio, i romanzi, la bioingegneria: tutto è stato piegato ai suoi voleri.

Non solo: la finanza, padrona dell’informazione e dell’istruzione, ha squalificato ogni critica nei suoi confronti con il marchio d’infamia della schizofrenia, della paranoia, del complottismo. Ogni voce realmente critica è stata spenta, ridotta al silenzio (nel modo più semplice: negandole l’accesso ai grandi mezzi di comunicazione); screditata con la tecnica di mescolarla con delle teorie francamente balzane; ridicolizzata sistematicamente. Chi parla della finanza mondiale e della sua dittatura, chi parla del gruppo Bilderberg o della Commissione Trilaterale, subito viene zittito rinfacciandogli la credenza nelle scie chimiche o nelle basi aliene sotterranee. Nessun analista, nessuno studioso serio osa più avanzare critiche globali alla finanza, per timore del ridicolo che lo escluderebbe per sempre dai salotti televisivi, dalla stampa e dalle grandi case editrici, per non parlare delle cattedre universitarie e delle poltrone delle grandi istituzioni scientifiche.

Così, ci si perde nei dettagli, nelle diatribe sui singoli problemi: e non si coglie la loro profonda, intima connessione. Ci si divide fra buonisti e insensibili, fra progressisti e retrogradi, fra laici e oscurantisti: si litiga, ci si accapiglia per delle questioni di principio; e intanto ci viene sottratta la sovranità monetaria, poi la sovranità tout-court, infine la capacità di decidere il nostro futuro. Ci viene imposta un’Europa che è diventata un’Eurabia: con tutto rispetto per gli Arabi. E ci viene imposto un omosessualismo che scardina dalle fondamenta il senso stesso della famiglia umana: con tutto rispetto per gli omosessuali. Si cambiano le regole, si cambiano i valori, silenziosamente; o, meglio ancora, i poteri forti pretendono che si prenda atto del cambiamento, anche se nessuno è stato coinvolto, interpellato, ascoltato.

I nostri politici illuminati ed accoglienti ripetono al comune cittadino che deve essere ospitale, che deve fare spazio a qualche altro milione d’immigrati: tanto, loro non hanno idea di che cosa voglia dire vivere in un quartiere degradato, in una città degradata, pieni di spacciatori e prostitute, terrorizzati dalla piccola criminalità, sempre più feroce e incontrollabile. Nelle loro belle ville, nei loro palazzi con tanto di camerieri, cuochi e giardinieri, né i ministri, né i monsignori che predicano l’accoglienza e che rimproverano la durezza di cuore dei loro concittadini, devono mai fare i conti con la sporcizia, l’insicurezza, la paura. Non sono problemi loro: a loro incombe solamente l’onere di fare dei bei discorsi, di catechizzare con le tele-prediche.

Il lavoro scarseggia, e scarseggerà sempre di più: ma che importa? L’importante è che la finanza aumenti i suoi profitti. I giovani non trovano sbocchi, non hanno prospettive: ma che importa? I figli dei ministri e i nipoti dei monsignori se ne vanno all’estero e si costruiscono carriere prestigiose e strapagate. Il numero dei disoccupati e dei piccoli imprenditori rovinati dalle tasse continua ad aumentare, e così la percentuale di coloro che si tolgono la vita per la disperazione: ma che importa? L’importante è preoccuparsi per gli stranieri, per i migranti, per gli invasori: sono loro i più deboli, è loro che bisogna aiutare, è per loro che bisogna stringersi. Dei nostri poveri, chi se ne frega? Né i politici, né i monsignori, si sono mai dati tanta pena per essi: ci penserà la Provvidenza; siamo o non siamo tutti figli del buon Dio?

Intanto si distruggono le ultime foreste, si surriscaldano ulteriormente le nostre città, si immettono nell’atmosfera quantità industriali di sostanze chimiche di scarico; si rovesciano sui campi di grano, sui vigneti, sui frutteti, milioni di tonnellate di veleni, per la gioia della nostra salute e della nostra speranza di vita; si manipola il Dna delle creature viventi, si clonano gli animali, si mescolano geni di specie animali e vegetali, si progettano chimere, mostri e superuomini; si fecondano donne con il seme di mariti e amanti deceduti, si trasformano chirurgicamente donne in uomini e uomini in donne, si immolano decine di milioni di animali per vedere in quanto tempo impazziscono o quanta porzione di cervello bisogna asportare loro perché, finalmente, muoiano: e tutti questo in nome della scienza e del progresso, cioè del Bene.

E guai ad avanzare dubbi, guai a non mostrarsi entusiasti di simili, esaltanti prospettive: si rischia la scomunica e la condanna inappellabile: la condanna al silenzio. Nella società della comunicazione esasperata e compulsiva, chi non va in televisione, chi non firma i pezzi sui maggiori quotidiani, è come se fosse morto. Preferirebbe essere morto, anzi, piuttosto che subire un simile destino. Perché questo è diventato il nostro punto debole, il nostro tallone d’Achille: la vanità. Più ancora che il denaro, è il successo l’arma che ci minaccia costantemente: e noi subiamo il ricatto.

La radice del problema è la finanza, ma la finanza è matematica, è una cosa complicata; e, come se non bastasse, è una cosa che sembra lontana e inafferrabile, è ovunque e in nessun posto: e, come tutte le cose misteriose ed elusive, sembra infine che non sia, che non possa rappresentare un gran pericolo per noi. Un leone affamato che ci viene incontro ruggendo, è pericoloso; un carro armato che avanza sui cingoli, con il cannone spianato; un aereo da bombardamento che sgancia il suo rosario di morte, queste sono cose pericolose: ma la finanza? Che cosa abbiamo da spartire, noi, comuni mortali, con la finanza? Noi, che abbiamo solo una modesta casa e qualche euro di risparmio in banca? Noi, che ci riteniamo già straricchi se possiamo concederci una vacanza di otto giorni, invece che di quattro; che ci sembra di dilapidare i soldi, se ci decidiamo ad acquistare una nuova automobile, dopo aver speso un sacco di soldi per far riparare la vecchia: in che modo possiamo essere minacciati dalla finanza, noi moscerini, noi lillipuziani?

Eppure la finanza è un mostro che non disprezza e non trascura nulla, neppure i moscerini e i lillipuziani. Ogni euro di risparmio, ogni casetta lasciata in eredità dai genitori ai figli dopo una vita di lavoro, ogni singolo scontrino fiscale rilasciato dal barbiere, dal panettiere, dal calzolaio: tutto va bene, tutto fa brodo, tutto concorre alla sua crescita smisurata, ai suoi appetiti cannibaleschi, ai suoi pasti pantagruelici. Non spreca nulla, non butta via nulla, lei: perfino i soldi del racket, persino i proventi della droga, tutto è calcolato, tutto è incanalato nel gigantesco imbuto che porta verso il collettore mondiale; come da mille e mille fiumi e torrenti, i salari e le pensioni di sette miliardi di persone concorrono alla ricchezza inconcepibile di poche centinaia.

La finanza sembra innocua: non la si vede, non è opprimente, non è invasiva; vive e ci lascia vivere; in fondo, è buona, o, almeno, la si può considerare umana. O no? Sì, è vero: controlla la pubblicità e le bollette, i governi e le grandi organizzazioni sovranazionali; mette al posto giusto i suoi uomini, sulle poltrone più alte, nelle posizioni più importanti; ma insomma, bisogna pur fidarsi un poco, non si può mica vivere nella cultura del sospetto. Non bisogna pensare troppo male della finanza: che cosa sarebbe di noi, senza di lei? Chi finanzierebbe le campagne contro la fame nel mondo? Chi finanzierebbe le ricerche contro il cancro? E chi finanzierebbe le fondazioni culturali, che ci permettono di ascoltare a viva voce la conferenza del pensatore o del sociologo o dell’autore di best-seller di turno?

Via, bisogna pure ammetterlo: siamo fortunati che la finanza c’è. È la finanza che sovvenziona gli studi, i sondaggi, le ricerche, le previsioni, le inchieste; che colma i deficit di bilancio delle fondazioni private e delle università statali; che promuove i Rotary, che dà smalto al sapere. Non bisogna vedere tutto nero, non bisogna gridare sempre al lupo; non si deve fare del terrorismo psicologico. Avremo pure il diritto di vivere in santa pace e di dormire sonni tranquilli.

Nel frattempo, l’Europa è diventata l’Eurabia; la famiglia è diventata la convivenza di due omosessuali; la ricerca scientifica è diventata la fabbricazione di mostri viventi; la chiesa, una società per azioni che predica bene e razzola male; e la filosofia… è diventata il regno di tutte le fumisterie, di tutte le astruserie, di tutte le farneticazioni possibili. Oh, ma con criterio, secondo una precisa tabella di marcia e uno scopo ben definito: la distruzione capillare, sistematica, implacabile, di ogni residuo di logica e di buon senso, di ogni parvenza di liberi arbitrio. Un mare di chiacchiere nel cui apparente disordine c’è una finalità ben precisa e chiarissima (per chi la vuol vedere): l’instaurazione del relativismo assoluto, sotto le cui bandiere chiunque potrà proclamare, senza timore di contraddittorio, che il nero è bianco e che il bianco è nero; che il bello è brutto e il brutto, bello; che il vero è falso e il falso, invece, verissimo.

Come se ne esce?

In primo luogo, con la consapevolezza.

In secondo luogo, adottando uno stile di vita coerente con la rinnovata consapevolezza.

La finanza è un mostro fatto di aria: se le persone smettono di alimentarla con i loro stili di vita sbagliati e distruttivi, essa si esaurisce e muore.

O forse non ne usciremo affatto: bisogna pur essere realisti. Ciò non significa che non si debba lottare; sarebbe troppo comodo. Accarezzerebbe troppo la nostra pigrizia, la nostra mollezza. Perché il potere finanziario ci ha rammolliti, oltre che incretiniti. Una ragione in più per ridestarsi…

Fonte: “Il Corriere delle Regioni” (per gentile concessione dell’Autore)

Tratto da: Il Discrimine

Il piano Kalergi: l’abolizione del diritto di autodeterminazione dei popoli

Ignorare o non parlare di queste cose rende “loro” le vie spianate.

“… gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di mescolanza razziale. Kalergi afferma senza mezzi termini che è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’élite al potere.”

http://www.stampalibera.com/?a=30350

http://thelivingspirits.net/david-icke-in-ita/europa-unita-una-catastrofe-calcolata.html

Africano picchia e segrega la moglie che ha appena partorito

La società civile femminista ha qualcosa da dire?!?! Nessun servizio in TV?

giovedì, 17, settembre, 2015

Un’altra triste storia di violenza, con particolari inquietanti, è stata scoperta in provincia di Matera dai poliziotti del commissariato di Pisticci. Gli agenti hanno arrestato un cittadino africano, regolare (non sono stati diffusi altri particolari), con le accuse di violenza privata, maltrattamenti in famiglia aggravati e sequestro di persona, commessi ai danni della moglie, della sua stessa nazionalità.

Dalle indagini è emerso che l’uomo sottoponeva la donna a continue violenze, quasi sempre per futili motivi, e che non ha esitato a picchiarla nemmeno nell’ultimo periodo, nonostante la donna abbia partorito una neonata appena 15 giorni fa. L’ultimo episodio è quello che ha fatto emergere la difficile condizione della donna. Era stata infatti segregata in casa per impedirle di recarsi in ospedale insieme alla neonata.

E’ stato necessario l’intervento di una Volante dopo una segnalazione al 113. L’uomo minacciava la donna anche davanti ai poliziotti ed è stato condotto in commissariato mentre la vittima è stata accompagnata in ospedale con un’autoambulanza fatta giungere sul posto. I sanitari hanno giudicato la piccola in buone condizioni di salute mentre sulla vittima hanno riscontrato lividi e cicatrici, segni evidenti delle aggressioni subite. Non ha voluto denunciare. Ciononostante, in considerazione della gravità dei fatti, gli agenti hanno arrestato il marito violento che ora si trova agli arresti domiciliari. La donna e la figlia, invece, sono assistite presso una casa famiglia.

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Dentista gratis ai clandestini

Per gli autoctoni nemmeno se presenti l’ISEE ne hai diritto. Informazione facilmente personalmente verificabile da chiunque

17 Settembre 2015

Gli immigrati ci faranno ricchi e se non ricchi quanto meno ci aiuteranno a non diventare poveri. Questa è l’ ultima tesi degli economisti da salotto, quelli per intenderci che passano da un talk show alla prima pagina dei quotidiani di tendenza senza averne mai azzeccata una. La teoria può essere sintetizzata così: essendo la popolazione della cara e vecchia Europa sempre più anziana, abbiamo bisogno di braccia forti che lavorino per noi e che contribuiscano con il loro lavoro a mantenere il nostro welfare, ossia le nostre pensioni e il nostro sistema sanitario. In base a questo postulato da qui al 2030 i Paesi occidentali dovrebbero aprire le frontiere ad almeno 45 milioni di stranieri, quindici milioni dei quali destinati a “rimpolpare” il sistema economico dell’ Italia, il Paese dove si fanno meno figli e si vive più a lungo. (…)

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Famiglia ospita profugo e lui violenta la figlia di 6 anni della coppia

Il padre della bimba lo voleva linciare?? Fascista retrogrado, non sanno che la pedofilia è emancipazione? Aggredire uno straniero, razzista!

Qualcuno dei pennivendoli che tanto piangono per i bimbi in fuga, prova pietà per una vita rovinata, orribile tragedia che poteva essere evitata?!?!E per carità, non tutti sono vittime di serie A

giovedì, 14, maggio, 2015

 CASALECCHIO — Èstata violentata da un amico (qualcuno dice conoscente) dei genitori, ospite in casa per qualche giorno a Casalecchio. Vittima delle molestie sessuali è una bambina di sei anni, figlia di una coppia senegalese che vive in Italia da tempo.

Scrive il corriere che domenica pomeriggio i genitori hanno notato che l’uomo, un senegalese di 27 anni, si era appartato nella stanza della figlia e i genitori sono insospettiti. Quando sono intervenuti la bambina ha raccontato in lacrime quello che era successo poco prima: il 27enne dopo averla palpeggiata nelle parti intime si era anche masturbato di fronte alla bambina.

I genitori hanno avvertito i carabinieri che hanno arrestato l’uomo e l’hanno salvato dal linciaggio del padre. Il 27enne, in Italia dal 2011 con lo status di profugo, è accusato di violenza sessuale su minore.

Non rispettano niente, né gli amici e neanche le bimbe figlie degli amici. Figurarsi se hanno voglia di integrarsi….

http://www.imolaoggi.it/2015/05/14/famiglia-ospita-profugo-e-lui-violenta-la-figlia-di-6-anni-della-coppia/