Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito” | Il Fatto Quotidiano

Minacciato e fallito, nel momento di difficoltà l’imprenditore Ferdinando Lazzaro sapeva cosa fare: chiamava i politici Pd e gli amministratori favorevoli alla Tav Torino-Lione e chiedeva loro aiuto. Si tratta del senatore Stefano Esposito, ora commissario del governo alla Torino-Lione e assessore ai Trasporti al Comune di Roma. Nonché autore del libro “Sì Tav” insieme a un altro politico dem citato nell’informativa, l’ex dirigente della Provincia di TorinoPaolo Foietta, ora commissario del governo e capo dell’Osservatorio sulla Torino-Lione. Infine, il consigliere regionale PdAntonio Ferrentino. Adesso non sarà così facile per l’imprenditore cercare il loro aiuto. Lazzaro, più volte obiettivo di presunti atti vandalici dei No Tav, ha difficoltà più grandi: la settimana scorsa è cominciato il processo “San Michele” in cui è accusato dalla Dda di sversamento illegale di rifiuti, mentre la procura di Torino indaga ancora sul fallimento della sua Italcoge  [ ndr qui una mia nota su FB, pubblicata ad agosto 2011, sul fallimento ITALCOGE] e aspetta la fissazione dell’udienza preliminare di un altro procedimento, quello per turbativa d’asta.

Ndr: per comprendere le evoluzioni di Italcoge è fondamentale ripercorrerne la storia, anche quella giudiziaria, perché Lazzaro balza alle cronache nel lontano 1993 , quando aveva  avuto in appalto dalla Sitaf lavori per 12-13 miliardi. Da un articolo su La Stampa, 10 marzo 1993: “Le imprese di Lazzaro e dei fratelli minori Salvatore, Giuseppe e Gaetano erano già state «visitate» dai finanzieri nel 1988 e nel gennaio dell’anno scorso. Allora era in attività anche la «Icet Snc», liquidata nei mesi scorsi. Nella contabilità di quella società e della «Lazzaro» FURONO SCOPERTE FALSE FATTURAZIONI. La prima volta per centinaia di milioni, la SECONDA PER TRE MILIARDI. Il costruttore è ricorso AL CONDONO per sanare la propria posizione giudiziaria: deve versare un miliardo nelle casse dello Stato. La strada che porta alla cava Cantalupo di Meana costruita dall’impresa Lazzaro La famiglia Lazzaro è originaria di Brente, in Sicilia, e arriva in Piemonte negli Anni Settanta in coincidenza con il boom edilizio dell’Alta Valsusa. Si inserisce nei cantieri edili di Cesana. Benedetto è il più intraprendente: si butta in politica e si fa eleggere CONSIGLIERE COMUNALE a Susa nella Lista dc contando su un pacchetto di 400 voti raccolti fra i siciliani residenti in zona. Tira la volata ai fratelli nei rapporti sociali ed economici. Contemporaneamente cresce il suo peso imprenditoriale nel campo degli appalti pubblici. Ottiene dall’Anas più incarichi per lo sgombero della neve sulle statali dell’Alta Valsusa. E nel 1989 comincia a lavorare per la Sitaf. Nel 1990 tenta di lanciare il nipote Ferdinando chiedendo un posto per lui nella lista per le ultime elezioni comunali di Susa, ma trova opposizione negli amministratori locali del partito. In altre occasioni appoggia candidati democristiani. Con gli appalti Sitaf arrivano per Lazzaro commesse per miliardi. ”

I contatti con la politica sono documentati da un’informativa inviata dal Ros dei carabinieri dell’ottobre 2012 nell’ambito dell’indagine “San Michele” sulla locale di ‘ndrangheta di San Mauro Marchesato (Kr) insediata nel capoluogo piemontese. Nell’informativa conclusiva dell’indagine si legge che Lazzaro, la cui società Italcoge era fallita nell’estate 2011, nella metà dell’aprile 2012 rischiava di perdere alcuni subappalti perché l’associazione temporanea di imprese Cmc non voleva affidarli a una società fallita. Per questo si dà da fare smuovendo il direttore generale di Ltf Marco Rettighieri, il presidente del Consorzio Valsusa Luigi Massa (ex senatore Ds) e il senatore Pd Stefano Esposito. I Ros scrivono che Lazzaro è riuscito a fare “intervenire in suo favore personalità politiche e quadri della committente Ltf”. Il politico Pd, apertamente Sì Tav, avrebbe contattato il presidente della Cmc di Ravenna in presenza di Lazzaro, che si lamentava della “posizione poco indulgente adottata da Cmc nei loro confronti” per l’ottenimento del movimento terra. La questione emerge in una telefonata intercettata tra Lazzaro e un altro importante imprenditore della Val di Susa, Claudio Martina, e quelle con Luigi Massa. Esposito ha replicato all’Ansa: “Non ho ricevuto nessun avviso di garanzia. Se sono indagato lo dicano altrimenti chiedo io ai Ros di rendere pubblica una segnalazione che feci”, dichiara riferendosi a una denuncia da lui fatta nel 2013.

In un’altra informativa agli atti dell’inchiesta, scritta nell’ottobre 2012, si legge: “Sono emerse altresì aderenze di Lazzaro con personaggi politici e della pubblica amministrazione, artatamente utilizzate per volturale alla neo costituita Italcostruzioni licenze e autorizzazioni giù nella disponibilità della fallita Italcoge”. Si tratta di una licenza per utilizzare una cava a Meana di Susa, una licenza rilasciata alla Italcoge, ma scaduta da due anni e mai rinnovata.

È il 3 settembre 2012 e nel cantiere sta per entrare una delegazione nazionale del Pd: presenti, tra gli altri, Stefano Fassina, l’ex presidente della Provincia Antonio Saitta e Luigi Massa, ex deputato Pds poi diventato presidente del Consorzio Valsusa, che raggruppa imprenditori locali vincitori di unappalto da 12 milioni di euro per lo smaltimento degli scarti. Lazzaro contatta il fratello Antonio, gli dice di aver appena parlato con Ferrentino: “Riesci a parlare con Ferrentino da solo. Le (sic) dici che abbiamo bisogno di mettere a posto due cose lì per la cava, per l’autorizzazione che non è mai arrivata”. Il 17 settembre 2012 dopo coinvolge anche il dirigente dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino Foietta. Secondo per il Ros avrebbe garantito “il suo interessamento per addivenire a una soluzione della vicenda”. Lazzaro gli chiede di intervenire: “Stavo facendo la pratica per il rinnovo. Poi nel frattempo la Italcoge che era titolare è andato giù e quindi loro a settembre dell’altro anno l’hanno archiviata e io nel frattempo poi cosa ho fatto? Avendo poi nel frattempo ripreso la società con un’altra partita Iva, quindi ho l’affitto del ramo d’azienda (vicenda oggetto dell’indagine per turbativa d’asta, ndr). Ripresentare tutto da capo sarebbe abbastanza macchinoso”. Foietta risponde: “Allora mi faccia una mail. Lei mi indichi anche il funzionario che aveva seguito la pratica (…). Quindi in modo da riuscire a risalire alla vicenda (…) E se però mi mette anche il nome specifico del funzionario con cui avete avuto rapporti mi è più utile, così vedo di evitare giri. Evito una ricerca”.

Dall’annotazione emerge anche la paura di Lazzaro per le notizie diffuse dai No Tav, dal leader Alberto Perino e dal Movimento 5 Stelle di Torino sui suoi contatti con personaggi dubbi come Bruno Iaria, condannato in via definitiva il 23 febbraio scorso capo della locale della ‘ndrangheta di Courgné, assunto nel 2007 nella Italcoge. Nelle telefonate intercettate l’imprenditore spiega di aver sempre denunciato i calabresi che gli chiedevano il pizzo, ma – sottolineano i carabinieri – nelle banche dati delle forze dell’ordine non c’è nessuna denuncia del genere. Anzi, con alcuni calabresi fa affari: è lui che fa ottenere a Giovanni Toro, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo “San Michele”, il subappalto per asfaltare il cantiere della Torino-Lione a Chiomonte.

Su queste relazioni la consigliera regionale Francesca Frediani e il senatore Marco Scibona del Movimento 5 Stelle chiederanno presto chiarimenti in Consiglio regionale e in Parlamento: “È inquietante la familiarità con cui tali personaggi si rivolgono ad esponenti di primo piano della politica piemontese – affermano -. Giova ricordare inoltre come Foietta e Ferrentino abbiano condiviso per molti anni e condividano tuttora con il neo assessore ai lavori pubblici di Roma Stefano Esposito un lungo percorso politico segnato dal sostegno al progetto Tav”.

Sorgente: Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito” – Il Fatto Quotidiano

Vedi anche:

MAFIA E AFFARI IN VALSUSA / CHIUSE LE INDAGINI DELL’INCHIESTA SAN MICHELE. IL RUOLO DELLA CAVA DI SANT’AMBROGIO, IL TENTATO AGGANCIO ALLA TAV E LA GESTIONE ILLECITA DEI RIFIUTI DI LAZZARO | ValsusaOggi

Ma al maxi processo contro i NO TAV di mafia NON SI POTEVA PARLARE. “Un fatto tecnico”. Insomma: tecnicamente la mafia non esiste.

Nota a margine, ma neanche troppo… Se, come sembrerebbe da una rapida lettura di questi articoli che citano rapporti del ROS, la mafia nel TAV (e non solo) c’è, eccome, e ha potuto contare su appoggi politici di un certo rilievo, allora chi gridava NO MAFIA quel 27 giugno 2011 all’avanzare delle ruspe di Italcoge nel terreno che oggi  è occupato dal fortino / cantiere, aveva RAGIONE. Peccato che non sia stato possibile parlare di MAFIA nel corso del maxi processo che per più di due anni si è tenuto in aula bunker. Ricordo in particolare una testimonianza, all’udienza del 10 giugno 2014,  aula bunker, quella che sembrava essere la cornice preferita dalla Procura di Torino per i processi ai NO TAV. Eravamo quasi alle ultime battute per i testi della difesa, e fu Revelli ad aprire una nuova prospettiva sulle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011, oggetto del processo a 54 attivisti.Il noto politologo e professore ordinario di Scienza della Politica e sistemi politici comparati presso Università Piemonte Orientale studia da anni il movimento e le sue dinamiche, ne condivide l’ideologia e racconta, essendo stato testimone diretto di quelle giornate, di non aver visto “atteggiamento bellicoso, tutt’al più ci si preparava ad una resistenza passiva”. All’avanzare della ruspa, nelle operazioni di sgombero, i manifestanti gridavano “mafia!mafia” ed è su questo particolare che si innesca il tentativo, da parte della difesa (Avv. Bertone) di fare ammettere un’informativa dei Carabinieri risalente al 2011, su vicende oggetto del processo Minotauro che potrebbero confermare qualcosa di più del sospetto della vicinanza di alcune aziende coinvolte nei lavori alla Maddalena con esponenti di spicco della ‘ndrangheta (il caso Iaria /Martina / Italcoge). Il collegio, con una decisione ad alta velocità, chiude la lunga discussione e senza colpi di scena, accoglie le opposizioni del PM e dell’avv. Bertolino (SAP e ITALCOGE-fallimento, parti civili in questo processo) e NON AMMETTE il documento.
Di mafia e ‘ndrangheta, insomma, non si deve parlare. “E’ un fatto tecnico”, spiega Quinto Bosio. Certo. Quindi “tecnicamente” la mafia, ancora una volta, non esiste.
E poco importa che un altro avvocato della difesa aggiunga un ulteriore dettaglio sul fallimento Italcoge (che è parte civile), facendo notare che il curatore (anche esponente delle forze dell’ordine) è stato costretto di recente a dare le dimissioni in quanto coinvolto in altra vicenda giudiziara. Questa è l’Italia.

Vedi:

Al maxi processo “tecnicamente” la ‘ndrangheta non è ammissibile (diretta 10 giugno)

Non stupisce che proprio il senatore Stefano Esposito sia stato scelto per partecipare all’evento “Trasparenza e legalità negli appalti pubblici”, come relatore al Senato ddl riforma del codice appalti, proprio questo pomeriggio a Torino, in Via Corte d’Appello 16. Certamente una lezione imperdibile.

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Qui il video della testimonianza di Revelli

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Tav, “aderenze politiche” di imprenditore coinvolto in processo per mafia. “Per lui interventi del senatore Esposito” | Il Fatto Quotidianoultima modifica: 2015-09-25T21:42:05+02:00da davi-luciano
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