Profughi bloccano strada: “Nostro stipendio ritarda!”

Anche il reddito di oltre il 40% degli italiani, disoccupati ritarda da oltre 20 anni. Ma non suscita l’indignazione di nessuno. Il sussidio di disoccupazione oltre che essere di breve durata, di una cifra ridicola, copre a malapena il 28% dei disoccupati. E’ civiltà e democrazia anche questa

Nel tardo pomeriggio di oggi, mercoledì 16 settembre, protesta dei cinquanta sedicenti profughi ospitati nell’Eno-Hotel “Il Convento” di Roddi.Hanno protestato per la mancata ricezione dello ‘stipendio da profugo’: i disordini hanno rallentato gravemente la circolazione di Via Carlo Cavallotto per circa un’ora e mezza. Sono dovuti intervenire i Carabinieri di Alba. Per l’ora di cena, i manifestanti sono rientrati in hotel.
 

Imam ruba 30mila all’Inps: non dovevano pagarci le pensioni?

15-09-2015

Truffa allo Stato – Vice imam di Pistoia avrebbe percepito 30mila euro di mobilità dall’Inps pur essendosi allontanato dall’Italia da due anni.

Il vice imam della moschea di Pistoia e Capannori, Mohammed Rafiq, 48enne marocchino, è finito in manette con l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato. Ad arrestarlo, in flagranza di reato, gli agenti della Digos: aveva appena prelevato 3.400 euro dal conto corrente delle poste di via Bellaria.

Rafiq era arrivato in Italia nel 2000. Aveva lavorato fino al 2011 in un maglificio di Prato, mentre esercitava la funzione di vice imam nella moschea di Sant’Agostino. Risiedeva con la famiglia a Pistoia, ma moglie e figli sono tornati a Fez nel 2009. Nel 2011 l’azienda ha fatto ricorso alla cassa integrazione, e nel 2013 è arrivato il licenziamento e la mobilità.”Per riscuotere l’ammortizzatore sociale della mobilità – spiega il vicequestore Luigi Larotonda, a capo della Digos – occorre risiedere nel Paese che la concede. Mohammed Rafiq, invece, era irreperibile sul suolo italiano dal 2013″.

Non solo. L’uomo riscuoteva in tutto 1.150 euro di assegno di mobilità, in cui erano compresi 350 euro di assegni familiari e 80 di bonus. Ma la moglie e i tre figli erano tornati in Marocco, a Fez, da sei anni.

“Si apre potenzialmente una voragine nei conti dello Stato – afferma il vicequestore Larotonda -. Ci sono molte persone che lavorano qui per alcuni anni, hanno accesso agli ammortizzatori sociali e poi se ne vanno”. L’Inps era all’oscuro di tutto. Ora è stata recuperata l’ultima tranche di 3.400 ed è stato avviato il recupero delle altre somme, che appare comunque difficoltoso.

Non è escluso recarsi all’estero, spiega Larotonda, “per un massimo di 15 giorni, più 3 per motivi di lutto”. Rafiq, invece, non risiedeva più a Pistoia, vi tornava solo poche volte l’anno per riscuotere la mobilità dal conto corrente postale,”usava il nostro Paese come un bancomat”, commenta Larotonda.

L’ultima volta era tornato in Italia a marzo, poi a settembre: “Il 7 settembre è giunto in Italia con un volo Ryanair, scalo a Barcellona e poi sbarco a Pisa: da quel momento è stato tenuto sotto controllo. Ha avuto diversi contatti nelle province di Lucca e Pistoia, dormendo in posti diversi”. Ha effettuato due prelievi di 3mila euro ciascuno l’8 e il 9 settembre. L’ultima somma ieri, lunedì 14 settembre, intorno alle 11.

“Al momento del prelievo sono intervenuti gli agenti della Digos che – racconta il vicequestore – l’hanno arrestato in flagranza per truffa aggravata ai danni dello Stato, in questo caso finalizzata all’erogazione di contributi pubblici. È un reato che prevede pene fino a 6 anni di reclusione. Da ulteriori accertamenti – continua – è venuto fuori che le generalità sui documenti non corrispondevano: l’anno di nascita era lo stesso sia sulla carta di soggiorno che sulla patente e sulla carta d’identità, mentre il giorno e il mese erano diversi su questi ultimi due documenti. Da qui la denuncia”.

Nei mesi scorsi sono state eseguite dalla Digos diverse perquisizioni in abitazioni di cittadini musulmani della provincia. L’allerta è alta, anche se il vicequestore ha voluto precisare che, per Mohammed Rafiq, l’arresto è scattato per il reato di truffa, e che prima dell’arresto il vice imam non aveva avuto problemi con la giustizia.  

Clicca: il giornale

Parlamento di accattoni: bocciato reato di ‘accattonaggio molesto”

si parla di quello MOLESTO. In un paese civile, e grazie al cielo governano i giusti quelli dalla parte dei deboli e poveri, la povertà degli indigeni è annullata e nessuno fa l’elemosina per indigenza, così ci racconta il governo dei giusti (tutti gli altri son bestie Renzi dixit) NESSUNO DOVREBBE ESSERE COSTRETTO A MENDICARE perché magari non esiste un reddito di cittadinanza. Qui si AUTORIZZA l’estorsioe e le minacce che spesso ricevono coloro CHE SI RIFIUTANO di fare l’elemosia da questi sedicenti “barboni”. Se qualcuno al semaforo vi punterà un coltello perestorcevi denaro RINGRAZIARE chi ha votato a favore di questo provvedimento

La Lega ha proposto l’introduzione del reato di accattonaggio molesto per contrastare le pratiche illegali nelle città italiane. Hanno votato contro Pd, Movimento Cinque Stelle e Sel. L’aula della Camera ha bocciato la reintroduzione del reato di accattonaggio molesto nel ddl penale con 396 voti contrari, 38 favorevoli e 3 astenuti. La Lega chiedeva, oltre alla reintroduzione del reato, sanzioni pecuniarie accessorie e il sequestro dei ‘profitti illeciti’.

“Chiunque abbia votato contro o si sia astenuto non vuole contrastare i comportamenti illegali”, contesta Fedriga, secondo il quale “ormai le posizioni di Pd e Sel, apertamente schierati a favore dei criminali, non ci meravigliano neanche più. Sorprende invece che un partito come il M5S, che si riempie la bocca di legalità, in Parlamento difenda l’illegalità”.

Grillo deve chiarire che cosa è il MoVimento. Se è un movimento popolare o una costola del Pd.

Da http://voxnews.info/2015/09/16/parlamento-di-accattoni-bocciato-reato-di-accattonaggio-molesto/

Germania blocca tutti i treni dall’Austria: “Causa profughi”

settembre 16, 2015

VIENNA – Il traffico ferroviario tra Salisburgo, in Austria, e la Germania è stato fermato in entrambe le direzione su ordine delle autorità tedesche.

Lo riferisce la compagnia austriaca OeBB. I controlli ai confini hanno provocato cancellazioni e ritardi sulla linea da Salisburgo, ultima città austriaca sulla rotta per la Germania, meta di molte delle migliaia di clandestini islamici entrati in Europa nelle ultime settimane.

Una portavoce di OeBB ha precisato che non sono disponibili dettagli sulla ragione della chiusura.

Germania blocca tutti i treni dall’Austria: “Causa profughi” ultima modifica: 2015-09-16T12:37:12+00:00 da Redazione

MILIZIANI ISLAMICI USANO BIMBI PER PASSARE CONFINI – FOTO CHOC

ma come a mai flotte di giornalisti ROMANZIERI del verbo mainstream del Dip Usa, SFUGGONO DETTAGLI come questi salvo poi stracciarsi le vesti contro il terrrorismo????

SETTEMBRE 16, 2015 

Questo ‘profugo’ ora è in Germania, da Mama Merkel, a differenza dei suoi simpatici colleghi rimasti fuori dal ‘muro’ dei cattivi ungheresi:

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Ma guardate a chi somiglia tanto. Ma proprio tanto.  Si tratta di un miliziano islamico sciita, una delle formazioni militari che il governo iracheno usa contro ISIS, e che commette atrocità simili ad ISIS:

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Invece di combattere ISIS, fuggono in Europa. Ma non stiamo parlando di normali soldati, parliamo di feroci tagliagole, solo di una setta islamica opposta a quella dello Stato Islamico, che è sunnita.

E vediamo come utilizzino i bambini per dilagare come ‘famiglie’ in Europa. Non stupirebbe, scoprire che gli estremisti islamici utilizzano bambini non loro, per muovere a compassione ‘nonna Europa’ e penetrare indisturbati.

Guardate il ‘padre con bambino’ ritratto nella famosa ‘foto opportunity’:

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Un membro delle feroci milizie sciite, come potete vedere dallo stemma. Un vero e proprio pericolo pubblico.

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E poi scusate, ma non sono un po’ troppo in carne, questi ‘profughi’, per essere tali?

Da http://voxnews.info/2015/09/16/terroristi-islamici-usano-bimbi-per-passare-confini-foto-choc/

ISLAMICI ASSALTANO BARRIERA UNGHERESE AL GRIDO ‘ALLAH AKBAR’ – VIDEO – FOTO

strano che queste immagini non arrivino alla stampa mainstream, in Europa mi pare si gasi per molto meno. Lo spray urticante buttato a fiumi contro i ragazzi tedeschi di Stuttgard21 nonhanno suscitato la stessa indignazione, tanto per citare un caso in Ue, dove episodi come quello di stuttgard21 accade quotidianamente, da Bruxelles a Roma.

Quello a cui stiamo assistendo è un assalto islamico all’Europa. Ormai la maschera umanitaria è caduta, i cosiddetti profughi assaltano la barriera ungherese al grido ‘Allah Akbar’: VIDEO https://www.youtube.com/watch?v=RfrpwAEMe0c

According to the Hungarian press, migrants have been chanting, “Open! Open!” as well as “Allah Hu Akbar” as helicopters circle overhead. According to Sky News, the migrants had a “ringleader” with them with a megaphone who was egging the migrants on, shouting demands at the Hungarian police.

Guardate le immagini di questi ‘giovani’ profughi che vengono a prendersi le vostre case. E’ bastato un muro, per svelare chi sono veramente, perché la dissimulazione lasciasse il posto alla violenza:

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Vittoria notav al consiglio di stato: il presidio di Susa non si abbatte

documentipost — 18 settembre 2015 at 16:07

DSC_0353Grande vittoria del movimento notav al Consiglio di Stato per la sentenza con cui il Tar intimava l’abbattimento del presidio di Susa. La sentenza che potete leggere sotto riconosce la funzione informativa delle struttura sulla questione tav e pertanto è giudicata idonea ad essere presente sul terreno in uso dei notav.

Questa sentenza dovrebbe influire positivamente sul procedimento penale ancora in corso, ma il condizionale è d’obbligo perché la procura di Torino ha un modo tutto suo di interpretare la legge contro i NO TAV.

Per ora ringraziamo i legali notav e ci godiamo la vittoria

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7123 del 2014, proposto da:
Mario Domenico Fontana, Gildo Meyer, Luigi Casel, Mario Antonio Solara, Franco Zaccagni, Giovanni Vazone, Marisa Vazone, rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Fragapane e Michela Reggio D’Aci, con domicilio eletto presso quest’ultima, in Roma, Via degli Scipioni, n.288;

contro

Comune di Susa;

per la riforma

della sentenza n.11del TAR Piemonte (Sezione Seconda), n. 1103 del 20 giugno 2014, resa tra le parti;

 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2015, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Michela Reggio D’Aci;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Gli originari ricorrenti e odierni appellanti si sono rivolti al TAR Piemonte per l’annullamento dell’ordinanza n. 74 del 7 novembre 2012, con cui il Comune di Susa ha loro ingiunto di provvedere alla rimozione di alcuni fabbricati e manufatti posizionati, in assenza di titolo abilitativo, su un’area inizialmente di proprietà di due di loro e consistenti in un container prefabbricato dalle dimensioni di m. 7,30 x 2,45 e in una casetta di legno prefabbricato dalle dimensioni di m. 2,90 x 2,75 accostata allo stesso container, entrambi destinati ad essere spostati anche in aree diverse allo scopo di supportare lo svolgimento di attività di informazione durante manifestazioni, incontri, dibattiti ad assemblee.

Con il ricorso in questione veniva lamentata la violazione dell’articolo 10 della legge n. 241/90, avendo l’Amministrazione comunale ignorato la memoria partecipativa e le deduzioni presentate, nonché la mancata notificazione dell’ordinanza agli attuali proprietari dell’area subentrati nel corso del procedimento. Veniva, altresì, lamentato l’eccesso di potere sotto i profili della carenza di istruttoria, del difetto dei presupposti e del travisamento dei fatti, non essendo durevole la destinazione dei citati manufatti non incardinati al suolo, né dotati di allacci elettrici, idrici e fognari con la conseguenza dell’impossibilità di applicare ad essi il regime delle costruzioni necessitanti di permesso , come ritenuto dall’Amministrazione. Veniva, infine, lamentato il difetto di motivazione con riferimento sia alla insufficiente identificazione delle opere abusive, che alla mancata scelta della sanzione pecuniaria alternativa alla rimozione.

2. Con la sentenza impugnata, il primo giudice respingeva il gravame evidenziando:

a. come priva di pregio la dedotta violazione sulla mancata notifica dell’ordinanza all’attuale proprietario del fondo in modo da consentirgli di impugnare l’atto, dal momento che ove la notifica non sia eseguita ,ciò non vizia l’atto, ma ne consente piuttosto l’impugnativa da parte del proprietario a partire da quando ne sia venuto a conoscenza, nel senso che non si determina un vizio di annullamento, ma unicamente il mancato decorso del termine di impugnazione nei riguardi di coloro che non hanno ricevuto la notificazione;

b. come priva di pregio la dedotta censura sull’eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di istruttoria e travisamento dei fatti, poiché i manufatti precari, secondo un autorevole orientamento del Consiglio di Stato, se funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con incidenza sul carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario non è usato per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo reiterato nel tempo. La precarietà dell’opera che esonera dall’obbligo di possesso del permesso di costruire postula, infatti, un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità la quale non esclude la destinazione del manufatto a soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo;

c. che, nel caso di specie, i manufatti in questione, pur strutturalmente precari per la loro caratteristica di mobilità, sono stati adibiti ad un uso permanente nel tempo e si trovano a giacere sulla medesima area quanto meno dal 14 maggio 2012, giorno del sopralluogo effettuato dall’Amministrazione, a partire cioè da sei mesi prima dell’adozione dell’ordinanza impugnata, né consta che essi siano stati rimossi, con la conseguenza che, essendo ormai trascorsi più di due anni dal primo accertamento, essi sono stabilmente in loco e sono continuativamente e permanentemente utilizzati per le attività innanzi indicate. Non rispondono così tali manufatti alle caratteristiche di precarietà che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera e.5 del d.P.R. n. 380/2001, consentirebbero la loro installazione senza il permesso di costruire;

d. come priva di rilievo anche la censura sulla mancata esatta identificazione delle opere abusive, in quanto le stesse sono state invece esaustivamente individuate nell’ordinanza, con il riferimento ai dati catastali dell’area, alle dimensioni e alla loro sommaria descrizione. Analogamente infondata risulta la censura sulla omessa verifica da parte del Comune delle possibilità di irrogare una sanzione pecuniaria al posto di quella demolitoria, posto che la contestazione ha riguardato l’assoluta assenza di titolo edilizio, il che peraltro ha reso vincolato il provvedimento adottato e ha fatto venir meno la stessa previa partecipazione procedimentale della parte privata, ai sensi dell’articolo 21 octies, comma 2 della legge n. 241/90, non potendo il provvedimento finale essere diverso da quello adottato.

3. Con l’appello in epigrafe, la sentenza impugnata è stata ritenuta ingiusta ed erronea per i seguenti motivi:

a. posto che i proprietari dell’area attinti dall’ordine di rimozione non erano più tali nel momento di adozione dell’atto, avendo proceduto ad alienare l’area medesima e non disponendo quindi di alcun potere in merito al contenuto dell’ordinanza medesima, il primo giudice non ha colto che il motivo di impugnazione riguardava il difetto di legittimazione passiva del precedente proprietario, essendo passivamente legittimato il nuovo proprietario dell’area, il quale è l’unico che può assumere le iniziative necessarie per eseguire l’ordinanza. L’illegittimità dell’ordine deriva, pertanto, dalla mancata individuazione dell’attuale proprietario;

b. i manufatti in questione non possono ritenersi costruzione o edificazione ai fini urbanistici, difettando il connotato della destinazione ad uso prolungato nel tempo, potendo essi essere agevolmente spostati, come in effetti è avvenuto più volte, sicché all’evidenza difetta sia l’ancoraggio al suolo, sia la destinazione durevole nel tempo del fabbricato.

Anzi, la loro destinazione è limitata nel tempo. In ragione, infatti, delle finalità legate alle vicende della Val di Susa per la dibattuta questione dell’alta velocità , i manufatti sono stati solo provvisoriamente e precariamente appoggiati nell’area indicata, peraltro in campagna distante dall’abitato di Susa. Illegittimamente, quindi, il Comune ha ritenuto applicabile al caso di specie la normativa tipica delle costruzioni necessitanti di un permesso di costruire. Pur riconoscendo la precarietà delle strutture, il primo giudice ha errato nell’affermare che i manufatti erano adibiti ad uso permanente nel tempo e ciò senza indicare alcuna fonte di prova e analogamente ha fatto per la durevole modifica e alterazione del territorio derivante dall’utilizzo dei manufatti i quali, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, sono stati invece ripetutamente spostati anche in aree diverse a supporto di manifestazioni, incontri, assemblee, dibattiti e momenti di informazione .

c. che il Comune di Susa avrebbe dovuto descrivere dettagliatamente nell’area catastalmente individuata le opere ritenute abusive, non solo con la mera misurazione delle dimensioni di container e casetta, ma pure con la necessaria documentazione fotografica. Del resto, anche la verifica da parte del Comune circa la possibilità della sola demolizione della parte abusiva o la scelta tra sanzione demolitoria o pecuniaria o la demolizione totale dell’opera non potevano essere assunte senza una specifica istruttoria tecnica e amministrativa. L’obbligo di motivazione, attenuato nei casi di atti dovuti o a contenuto vincolato, si riespande peraltro quando la descrizione degli abusi sia insufficiente ad individuare l’illecito contestato, richiedendo così di rendere agevole la qualificazione giuridica dell’intervento abusiva. In ogni caso, la scelta tra sanzione demolitoria e pecuniaria, va effettuata, applicando la prima solo quanto non risulti pregiudicata la restante struttura;

d. come errata la prospettazione del primo giudice riguardo alla mancata considerazione dell’apporto partecipativo che non avrebbe comunque avuto conseguenze sul provvedimento finale, non potendo quest’ultimo essere diverso da quello adottato. Il contributo partecipativo è, invece, da apprezzare, quando la comunicazione di avvio del procedimento è avvenuta assegnando un termine per la presentazione di documenti e memorie e l’adempimento risulta essere stato rispettato. La carenza di motivazione non è un dato formale, ma di sostanza e in ogni caso, l’art. 21 octies della legge n. 241/90 non può essere applicato d’ufficio dal giudice, ma incombe sull’Amministrazione l’onere probatorio della dimostrazione che il contenuto del provvedimento finale non avrebbe potuto essere diverso.

DIRITTO

1. L’appello è fondato. Dalla documentazione presente agli atti risulta che gli originari ricorrenti e attuali appellanti, in parte comodatari del terreno di originaria proprietà dei signori Giovanni e Maria Vazone, abbiano fatto stazionare sul medesimo terreno, alienato successivamente a terzi, i manufatti in questione destinati a supporto di manifestazioni, dibattiti, assemblee sulle vicende dell’alta velocità in Val di Susa. Stante lo scopo informativo della loro funzione e la conseguente necessità di spostare ripetutamente i manufatti su aree diverse da quelle di momentaneo stazionamento, è risultato evidente a questo Collegio, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, la precarietà dei medesimi manufatti e l’inesistenza di ogni impatto urbanistico causato dai medesimi. La loro stessa struttura non ancorata al suolo, ma poggiata su ruote per consentire l’agevole spostamento, in assenza di qualsiasi allacciamento alla rete elettrica, idrica e fognaria, struttura unicamente usata come mezzo di custodia di materiale informativo per la cennata esigenza, consente di affermare che sia il container che la casetta risultino privi di quelle caratteristiche necessarie per poterli configurare come soggetti alla necessità di un titolo edilizio, la cui mancanza configura l’abusività di una qualsiasi costruzione.

Nè il primo giudice, a sostegno delle sue pur incisive argomentazioni, ha fornito un idoneo principio di prova sull’uso permanente nella stessa area dei citati manufatti e neanche sulla durevole modifica del territorio che viene ad essere esclusa proprio dalla temporaneità dello stazionamento, dal continuo spostamento su aree diverse e dalla connotazione della loro richiamata struttura. La circostanza, infatti, degli accertamenti limitati ad un solo sopralluogo o l’assenza di qualsiasi controdeduzione da parte dell’Amministrazione Comunale che non si è neanche costituita facendo mancare il suo indispensabile apporto conoscitivo, non consentono di ritenere valide le deduzioni del giudice di prime cure in materia, essendosi limitato a supporre l’uso permanente nel tempo dei manufatti medesimi in ragione di una permanenza stabile nell’area a decorrere dalla data del sopralluogo e protrattasi per oltre due anni, senza però che ciò risulti da un qualsiasi atto e da alcuna dichiarazione acquisiti e da un contraddittorio avvenuto tra le parti in causa.

Secondo questo Collegio, quindi, in considerazione delle attività descritte dagli appellanti e riconosciute dalla stessa sentenza impugnata, è ragionevole affermare che si rinvengono nella specie le caratteristiche di precarietà dei manufatti che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera e. 5 del d.P.R. n. 380/2001, consentono di ritenere i medesimi installabili sul terreno citato senza l’esigenza di acquisire il permesso di costruire.

La stessa incertezza con cui l’Amministrazione comunale ha motivato l’ordinanza impugnata con il ricorso originario non riesce a dar conto della destinazione durevole nel tempo dei manufatti medesimi e di una loro stabilità, elementi questi ultimi che soli potrebbero contrastare le argomentazioni degli odierni appellanti e costituire presupposto per la violazione della normativa fissata dal richiamato d.P.R. n. 380/2001.

Il secondo motivo di appello è quindi degno di essere apprezzato e la sua fondatezza rende superfluo l’esame degli altri motivi di censura, il cui esito non potrebbe inficiare il definitivo giudizio di questo Collegio.

2. In conclusione, l’appello va accolto ma, in ragione della novità della questione, le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in via giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe (ricorso n. 7123 del 2014) lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado e annulla il provvedimento impugnato dinanzi al tar.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 19 maggio 2015, con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Marco Buricelli, Consigliere

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 18/09/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)