8 arresti notav nella notte per iniziativa contro il cantiere

post — 6 settembre 2015 at 11:16

freedom
Ieri sera un nutrito gruppo di no tav ha cercato di avvicinarsi al cantiere della Val Clarea. Durante l’iniziativa un reparto di polizia è riuscito a dividere il gruppo in due tronconi uno dei quali non è più riuscito ad allontanarsi. Gli arrestati sono otto tra cui uno studente delle scuole superiori di Torino che è stato portato al carcere minorile di Torino. Altri 4 sono studenti universitari torinesi, un altro un compagno del centro sociale Askatasuna e due No Tav bolognesi.
Questi arresti non ci intimidiscono e non fermeranno la nostra lotta che è fatta di tanti momenti, tra cui le iniziative notturne contro quel cantiere che devasta e uccide il nostro territorio e il futuro di tutti.
Stasera confermiamo il presidio sotto il carcere delle Vallette, appuntamento alle 19 al capolinea del tre.

Per mercoledì sera organizzeremo  una fiaccolata di solidarietà a Bussoleno.

liberi tutti, avanti notav!

No Tav: lancio di pietre contro il cantiere di Chiomonte, otto arresti

http://www.corriere.it/cronache/15_settembre_06/no-tav-lancio-pietre-contro-cantiere-chiomonte-otto-fermi-57c32114-546a-11e5-b241-eccff60fea73.shtml

Dopo una manifestazione pacifica, nella notte gli attivisti no Tav sono passati al lancio di pietre e petardi contro il cantiere. Arrestate otto persone

di Redazione Online 

 
Fuochi d’artificio, mazze, scudi e maschere antigas:  il materiale sequestrato dalle forze dell’ordine su un furgone del centro sociale Askatasuna dopo gli incidenti tra sabato e domenica (foto Ansa    )Fuochi d’artificio, mazze, scudi e maschere antigas: il materiale sequestrato dalle forze dell’ordine su un furgone del centro sociale Askatasuna dopo gli incidenti tra sabato e domenica (foto Ansa )
 

«Attacco premeditato e bene organizzato» dei No Tav nella notte contro il cantiere di Chiomonte in Valle di Susa, con lancio di pietre e grossi petardi. Le forze dell’ordine hanno bloccato otto attivisti e, dopo i primi accertamenti, li hanno arrestati. Fra di loro c’è anche un minorenne, un ragazzo di 17 anni studente alle scuole superiori. Gli altri sono Francesco Bondi, 33 anni, Carlo Gennari (24), Pier Paolo Pittavino (36), Valeria Grassi (20), Jacopo Bindi (29), Francesca Vaglio Laurin (24), Alex Quintiero (26). Secondo gli investigatori sono tutti di area autonoma e antagonista; la maggior parte gravita attorno al centro sociale torinese Askatasuna. Le accuse sono resistenza e violenza aggravata a pubblico ufficiale, esplosione di ordigni e materie esplodenti, travisamento.

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La manifestazione della sera prima

Già sabato sera c’è stata una dimostrazione dei No Tav in Valle di Susa davanti al cantiere di Chiomonte. Un gruppo di circa duecento attivisti ha dato vita a una «battitura» delle recinzioni mentre Turi Vaccaro, un pacifista molto conosciuto nell’ambiente, è riuscito a intrufolarsi all’interno del perimetro, dove ha anche

Il corteo pacifico (Twitter)

Il corteo pacifico (Twitter)

praticato delle posizioni yoga prima di essere accompagnato fuori dalle forze dell’ordine. Nel corso della manifestazione è stata eseguita una semina simbolica dei terreni circostanti. «Seminare – avevano spiegato i promotori dell’iniziativa – è un gesto antico come il mondo. Semplice ma ricco di significati. Vogliamo ribadire ancora una volta che per noi quel cantiere di morte e devastazione va chiuso. La Valsusa che vogliamo non è cemento e recinzioni, non è un corridoio di traffico, ma una valle viva e verde».

L’azione violenta

Ma, dopo il corteo pacifista, sono entrati in azione una quarantina di esponenti dei centri sociali (in particolare del torinese Askatasuna) e dell’area autonoma, incappucciati e vestiti di nero. Gli attivisti, una quarantina, mascherati e avvolti da indumenti neri, hanno chiuso con una catena due dei cancelli della lunga recinzione,

I materiali sequestrati (Ansa)

I materiali sequestrati (Ansa)

per impedire le sortite delle forze dell’ordine, e hanno scagliato pietre, bulloni, bombe carta e, servendosi di grandi ruote provviste di lanciatori, numerosi razzi. Le forze dell’ordine, varcando un terzo ingresso, sono riuscite a dividere il gruppo in due tronconi. Alcuni degli arrestati sono stati bloccati proprio mentre lanciavano gli artifici pirotecnici. I partecipanti all’azione si erano coperte le scarpe con del nastro adesivo per evitare di essere individuati attraverso marche e modelli. Uno di loro aveva anche smontato il telefonino. Le modalità ricordano quelle degli assalti del 2013, che venivano condotti da gruppi di anarchici.

«Non ci fermeremo»

«Questi arresti non ci intimidiscono e non fermeranno la nostra lotta che è fatta di tanti momenti, tra cui le iniziative notturne contro quel cantiere che devasta e uccide il nostro territorio e il futuro di tutti»: è la replica del movimento No Tav dopo gli arresti. Per mercoledì sera è prevista una fiaccolata di solidarietà a Bussoleno, in Valle di Susa

18enne trascinata in un casolare e violentata, arrestato bulgaro

una ragazzina rovinata per sempre. Che importa, silenzio. Ora le femministe non servono, sarebbe razzismo parlare di queste aggressioni.
Nessuna fiaccolata
venerdì, 4, settembre, 2015
 
SAN SEVERO (FOGGIA) – Con l’accusa di violenza sessuale i carabinieri hanno arrestato Filip Georgiev, di 34 anni, in Italia senza fissa dimora, accusato da una diciottenne romena di averla aggredita in un casolare abbandonato.
 
La giovane, persa la coincidenza di un bus per far ritorno nella provincia di Potenza, dove vive, aveva chiesto indicazioni per affittare una stanza d’albergo e il bulgaro aveva accettato di accompagnarla in un bed and breakfast.
Condotta nel casolare, l’ha violentata. ansa

Donna in un lago di sangue, colpita col cacciavite. Arrestato romeno

il corpo della donna colpita non si può sbattere in prima pagina. Una diversamente vittima. Per le risorse è un diritto umano comportarsi come più aggrada loro
venerdì, 4, settembre, 2015
 
I Carabinieri della Compagnia Roma Cassia hanno arrestato un cittadino romeno di 58 anni, operaio, per lesioni personali aggravate, ai danni della convivente. A seguito di una segnalazione giunta al pronto intervento 112, i militari ieri sera, sono intervenuti in via della stazione di Cesano dove hanno arrestato lo straniero che aveva poco prima aggredito e colpito ripetutamente la compagna, di 38 anni, con un cacciavite, al culmine dell’ennesimo litigio, per futili motivi.
 
Entrati nell’appartamento, i Carabinieri hanno trovato la donna riversa a terra in un lago di sangue. L’uomo invece stringeva ancora tra le mani il cacciavite. Soccorsa immediatamente da un’ambulanza, la donna è stata trasportata al pronto soccorso dell’ospedale Sant’Andrea dove è stata ricoverata. Il compagno è stato condotto in caserma a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Il cacciavite, sporco di sangue è stato sequestrato. adnkronos

Belpietro: “Il governo è complice degli immigrati assassini”

le vittime dell’accoglienza non possono essere nominate ma solo insultate. Sbattere la foto di un bimbo in prima pagina NON è sciacallaggio però, peccato non si possa fare con i corpi trucidati dalle risorse. Viva mafia capitale, ah no è solo puro amore verso il prossimo, o meglio SOLO VERSO ALCUNI prossimi, quelli del business più redditizio della droga come ebbe a dichiarare il camerata tanto tanto d’accordo con i cosiddetti antirazzisti. I soldi mettono d’accordo strane parti
 
Allarme invasione
 
Rosita Solano non è una militante leghista. È la figlia dei coniugi massacrati a Palagonia, 36 chilometri da Catania, 20 da Caltagirone, 13 da Mineo, il paese che ospita il più grande centro di accoglienza per immigrati. Uno di questi «profughi», ossia uno degli stranieri che dovremmo accogliere a braccia aperte secondo Matteo Renzi e il suo governo ma anche secondo Papa Bergoglio e i suoi vescovi, l’altra sera si è introdotto nella villetta di proprietà dei coniugi Solano, due settantenni che dopo una vita di lavoro da emigrati in Germania erano tornati a godersi il riposo in Sicilia. Mamadou Kamara, questo il nome dell’extracomunitario, ha sgozzato Vincenzo Solano e gettato dal balcone la moglie, così, come una cosa di cui liberarsi senza troppi riguardi.
 
«Renzi venga qui e mi spieghi, mi dia delle risposte», ha detto ai microfoni delle tv Rosita Solano, la figlia. «Delle sue scuse non so che farmene: se i miei genitori sono morti è anche colpa dello Stato». Sì, proprio così ha detto. Le stesse parole che poi nel pomeriggio ha ripetuto Matteo Salvini. La colpa è dello Stato. Ma se al leader leghista e alla segretaria di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni hanno risposto un paio di deputati del Pd, accusando il capo del Carroccio e quello della destra di essere sciacalli che sfruttano il dolore, alla figlia dei coniugi uccisi in Sicilia non ha risposto nessuno. Difficile dire anche a lei che strumentalizza le tragedie. Impossibile metterla a tacere con il repertorio usato quando si parla di immigrati e cioè accusando chi critica l’immigrazione senza freni di razzismo, xenofobia, intolleranza. Rosita non è leghista, non è nemmeno veneta o lombarda: è siciliana. Ma nonostante questo dice le stesse cose che dice Salvini: «Il governo italiano, il popolo italiano è in balìa di tutta questa gente, perché non fanno altro ma non si accoglie per accogliere. Vengono qui a rubare, ad ammazzare. Il governo, i ministri, chi lo sa, prendono soldi in cambio di questi esseri umani che poi rimangono in Italia. A fare cosa? Ad essere accolti dai centri di accoglienza dove sputano sul piatto che gli viene dato? Vengono a maltrattare le persone che li ospitano?».
 
Rosita non è Joe Formaggio, il sindaco di Albettone. Con un nome così, che sembra uscito da un fumetto di Geronimo Stilton, al primo cittadino del Comune vicentino la bocca gliela si può tappare sghignazzando appena la apre. Quello guida cinquemila abitanti e sembra fatto apposta per essere mandato in tv e far credere alla gente che chi si oppone all’invasione degli extracomunitari è una caricatura. No, Rosita è una signora che fino all’altro ieri aveva due genitori presso cui sognava di trasferirsi e adesso, invece che al trasloco, deve pensare al funerale. Oh, certo, non tutti i profughi sono Mamadou Kamara, il 18enne ivoriano che ha brutalmente ucciso Vincenzo e Mercedes Ibanez e di assassini ce ne sono tanti anche fra i nativi. Ma proprio per questo, proprio perché abbiamo già i nostri delinquenti, che bisogno c’è di importarne altri? Da anni si sa che tra gli stranieri il tasso di criminalità è superiore a quello degli italiani. Sarà perché vengono da Paesi dove la vita non vale un soldo, sarà perché molti di loro non avendo altra via per sopravvivere finiscono nel giro della delinquenza, sta di fatto che le patrie galere sono piene di extracomunitari. Su una popolazione carceraria composta da 52mila detenuti, a luglio quasi 17mila non erano italiani. Un terzo di chi sta dietro le sbarre è straniero, ma gli stranieri in Italia non sono un terzo, bensì meno di un decimo.
 
Che cosa significa? Semplice. Che tra tante brave persone che vengono qui in fuga dalla guerra e dalla miseria e hanno solo voglia di una vita tranquilla, rispettosa delle nostre leggi, stiamo importando criminali. Gente che spaccia, scippa, rapina e uccide. Di fronte ai dati sui reati, sulla provenienza di chi li commette, sull’allarme che essi suscitano, un Paese normale, non condizionato dai pregiudizi e dall’ideologia, di sinistra o cattolica che sia, affronterebbe il problema per quello che è, restringendo le maglie che consentono l’ingresso di gente che non va in cerca di una vita migliore, ma solo di soldi facili, fatti in fretta e a scapito di chi ce li ha. Invece no. Noi accogliamo tutti e non espelliamo nessuno, neppure quelli che sarebbe facile espellere. Così spalanchiamo le porte a un’invasione indiscriminata che farà saltare ogni equilibrio, ogni sistema sociale.
 
L’altra sera, in tv, a un Roberto Formigoni che sosteneva che chiudere le frontiere è da irresponsabili ho chiesto se considera il premier inglese David Cameron un irresponsabile. La Gran Bretagna è il Paese della Magna Charta, il primo documento fondamentale per il riconoscimento universale dei diritti dei cittadini. Difficile sostenere che Londra sia divenuta la capitale di uno Stato irresponsabile. Difficile accreditare l’idea che la città europea più cosmopolita sia una succursale della Padania. Eppure Cameron fa arrestare i clandestini, ne sequestra i conti, minaccia di sbattere in prigione chi li ospita e soprattutto è intenzionato a fermare l’invasione. David Cameron è un irresponsabile oppure un leader che ha il coraggio di dire le cose come stanno e di fare l’interesse di chi lo ha eletto? Da Formigoni aspetto ancora una risposta. Come penso che una risposta, da Renzi e da tutti i Formigoni d’Italia, l’aspetti anche Rosita Solano.

Cara di Mineo: reti bucate e tassisiti che attendono, migranti escono senza controllo

giovedì, 3, settembre, 2015
 
Al Cara di Mineo i clandestini fanno quello che vogliono. Entrano ed escono a piacimento, senza controllo. Vanno e vengono tranquillamente da Catania. In taxi, infischiandosene delle regole che devrebbero rispettare.
Video al link
 

INFORMAZIONE. CASI RACCAPRICCIANTI, CASI PENOSI.

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2015/09/informazione-casi-raccapriccianti-casi.html

MONDOCANE

SABATO 5 SETTEMBRE 2015

 
“Una volta a nessuno era permesso di pensare liberamente. Ora è permesso, ma nessuno ne è più capace. Ora le gente vuole pensare solo ciò che si pensa debba pensare. E questo lo considerano libertà”. (Oswald Spengler, “Il Tramonto dell’Occidente”)
Qui sul blog, colonna di sinistra, trovate il video di Vittorio Fera che, in tre minuti, con la ferocia decerebrata del subumano che strangola un bambino col braccio rotto e viene neutralizzato dalle donne palestinesi, rappresenta tutto il tasso di criminalità e perversione dello Stato canaglia israeliano. Fera è stato arrestato, imbavagliato, legato e pestato ripetutamente dagli aguzzini del regime più-che-nazista, a dimostrazione della libertà di stampa che vige nell’ “Unico Stato Democratico del Medioriente”.Definizione di  quell’apologeta del cancro razzista innestato in Medioriente (“Moriente”, scrive qualcuno), Furio Colombo (“Il Fatto Quotidiano”), che non perde occasione per compiacere la Gestapo israeliana Mossad. A coloro che documentano verità afferenti ai moloch del sionismo e dell’imperialismo, questa è la sorte da riservare. Negli stessi giorni e senza profferire un alito sul sequestro del cittadino italiano impegnato, secondo impeccabile deontologia professionale, a dare visibilità alle nefandezze del nazistato, l’infanticida-capo Netaniahu, dopo aver ricevuto a Tel Aviv la più abietta delle sottomissioni dal sodale Renzi, veniva ricoperto di saliva a Firenze dal correligionario Marco Carrai, proconsole per i traffici toscani del clown di Rignano. L’italo-israeliana Fiamma Nirenstein,  pasionaria del sionismo come vissuto a Gaza e perciò novella ambasciatrice di Netaniahu nel suo stesso paese, tratteneva a stento l’orgasmo.
Il giornalismo nel tempo di Renzi e suoi corifei: Avaaz e i suoi bancarellisti

Spazi e onori sconfinati, invece, all’altro giornalismo, quello embedded assoldato dalla Cia e dai potentati criminali di Stato e privati, che nell’era Obama-Renzi imperversa come mai prima. Nei cosiddetti main stream media, come nei giornaletti-lobby di provincia. Come in Etruria News di Civitavecchia, dove uno scrivano gradito ai violentatori dell’ambiente ha lanciato un fetido attacco a uno dei più prestigiosi e coraggiosi combattenti per l’ambiente, Gianfranco Amendola, ora Procuratore Capo al tribunale di quella città. Avendo smascherato e perseguito il coacervo di malfattori ambientali e tangentari dell’Alto Lazio, da Bracciano alla stessa Civitavecchia, riuscendo, tra le altre imprese giudiziarie, a bloccare il tentativo di fare della discarica di Cupinoro (esaurita), a monte del lago di Bracciano, la nuova Malagrotta romana, Amendola ha pestato parecchi piedi. E la reazione dei piedi non è tardata. Il gruppo “Salviamo Bracciano”, facendo torto e vergogna al suo oggetto sociale, ha ripreso e rilanciato, insieme al giornaletto locale “L’Agone”, un appello al Presidente della Repubblica, poi da questi inoltrato al CSM, in cui anonimi diffamatori lanciano nebulose accuse e mafiose illazioni contro il Procuratore.

A dimostrare oltre ogni dubbio la strumentalità dell’attacco basta e avanza la sua presa in carico nientemeno che di Avaaz, l’associazione Usa di raccolta firme con pretesti ambientalistici e obiettivi di sostegno alle guerre imperialiste, che sollecita adesioni su proposte all’apparenza condivisibili (Amazzonia deforestata, orso bianco in pericolo…) per schedarne i firmatari. George Soros, massimo delinquente delle speculazioni finanziarie e delle destabilizzazioni di valute e paesi, la sostiene. I suoi dirigenti sono tutti annidati in Wall Street e nei circoli governativi di Washington, grandi protagonisti, come è noto a tutti, della lotta per ambiente, diritti umani e di tutti i viventi, contro la guerra. La versione rozza di Amnesty e  HRW. Un braccio operativo della National Endowment for Democracy, specialisti di regime change.
Colpendo un magistrato e ambientalista integerrimo, dalla storia personale contrassegnata da un indefesso impegno per la legalità e la salvaguardia di ambiente e salute, di cui tutto il mondo ambientalista  è testimone da decenni, ci si inserisce nella campagna di devastazione del nostro territorio e di protezione dei malfattori lanciata dal regime Renzi. Le sue leggi, come lo “Sblocca Italia”, sono la più demenziale e delinquenziale aggressione mai concepita al paese e ai suoi cittadini: piattaforme petrolifere in tutti i mari, trivelle in tutte le regioni, superfetazione di inceneritori, TAV, esautorazione di tutti i poteri decisionali e di controllo intermedi, regioni, provincie, comuni, sopraintendenze ai beni culturali, ambientali, archeologici, abolizione del Corpo Forestale dello Stato. Provvedimenti che preparano il terreno all’adozione da parte del governo dei trattati TTIP e TISA, negoziati tra Ue e Usa e finalizzati alla cancellazione della sovranità nazionale, alla privatizzazione di ogni bene e servizio, al cappio mortale delle multinazionali su economia, welfare, lavoro, ambiente. salute, istruzione, produzione.
Quella contro Gianfranco Amendola è una manovra perfida, senza basi materiali, giuridiche, morali, che richiederebbe un’immediata e forte mobilitazione di tutti coloro, cittadini, associazioni, forze politiche, a partire dai 5Stelle, che hanno a cuore la difesa del più prezioso patrimonio nazionale e, implicitamente, di uno dei suoi migliori portabandiera.
I propagandisti  Usa di Avaaz ci portano a Giulia Innocenzi, giornalista e conduttrice televisiva all’ombra dello pseudosinistro Michele Santoro. Innocenzi, moglie del telefonista TIM, regista di terza fila e comico frustra-risate, Pif, è la responsabile italiana di Avaaz. Si è fatta valere come tribuna del senso comune uccidentale nella trasmissione “Anno Uno”, dove resta memorabile la sua virulenta aggressione a un ospite che si era permesso di avanzare qualche dubbio sull’integrità politica, estetica e morale delle sue eroine, le zoccole Cia Femen, ucraine e Pussy Riot, russe.
In perfetta coerenza Avvaz, una delle espressioni più maleodoranti della miasmatica “società civile”, la bionda musa dell’egocrate salernitano, si è impegnata in una profonda analisi di Stato, società, storia, cultura e politica dell’Iran. Ne è venuta fuori quella demonizzazione dello “Stato Canaglia” che tanto serve gli empiti terroristici e bellici di USraele. Al cuore dell’anatema: il “maschilismo imperante e una grave misogenia”, cose di cui, dice, non è necessariamente colpevole la religione (dribbla il rischio che si pensi a quella cattolica), bensì “il regime iraniano, che di fatto ha sancito la separazione tra uomini e donne”. E come si esprimono le “perversioni” (sic) indotte dal regime nei maschi? Con “una palpata al fondoschiena per strada”. Essendo  poca cosa rispetto alle smanacciate che frequentano culi negli autobus italiani, l’Innocenzi ha chiamato in soccorso un’amica che si dichiara vittima di continui soprusi quotidiani. Un martirio che non è mai occorso a donne con cui ho lavorato in Iran sul mio film “Target Iran”, ne mi è stato denunciato dalle tantissime donne che lì ho incontrato. Senza contare le centinaia di coppiette che, serene e libere, mano in mano, incrociavo nei parchi, per strada, nei centri culturali. Senza badare a un Iran, maschilista fino alla perversione, che ha il 64% dei laureati femmine e in cui le donne occupano in massa le più alte cariche e professionalità scientifiche e culturali del paese. Ma che volete, si chiama marketing.
Curioso, ma utile ad avallare balle, vanno sempre in coppia le fanciulle martiri in Medioriente. Ricordate la bufala delle Due Simone sequestrate, comparse a sorpresa, intabarrate e imbavagliate, all’orizzonte iracheno, con sul posto in pieno deserto un battaglione di telecamere pronte a diffonderne la “liberazione “ ai 4 angoli del pianeta? O le altre due ragazze, Greta e Vanessa, con manuali d’assalto per i “ribelli” Al Qaida in borsa e propositi umanitari sulle labbra, sequestrate, guarda la sfiga, proprio da coloro che erano corse a curare. E poi, riscattate con qualche milioncino dei contribuenti e quindi onorate di lauri e commosse lodi in patria. Figuratevi cosa mi accadrebbe se, tornato dalla Siria, mi si scoprisse crocerossino tra i combattenti del “dittatore” Assad, con manuali militari nella borsa.
Vita nel menzognificio all’epoca dei pacchetti di sicurezza
Passiamo dal particolare al generale. Siamo entrati in un mondo dove la bugia è protetta da leggi e sbirri e chi le oppone la realtà effettiva corre rischi di giorno in giorno più seri. Nel menzognificio universale devi abitare tranquillo e costruttivo. Ogni arredo acciaccato, ogni piastrella infranta, ogni fondale lacerato, ti espongono, non solo alla cacciata dal palazzo, ma a vituperio, persecuzioni, neutralizzazione, gabbio.
A questi intemperanti si sta provvedendo in misura risolutrice. I pacchetti sicurezza che ogni montatura terroristica ha fin qui partorito nei maggiori paesi europei, le polizie nuove e superiori a quelle nazionali che l’UE modella dalla creta degli appassionati di videogiochi di macelli, da Eurogendfor alla nuova polizia per le frontiere (finita fuori fuoco, questa, per l’obiettivo bagnato di lacrime sui migranti), sono solo un anticipo. L’esempio viene, come suole, dagli Stati Uniti. Dal giorno di questo agosto in cui il Pentagono ha pubblicato il suo nuovo ordinamento sulla libertà d’informazione , “Manuale della legge di guerra”. Come se ce ne fosse stato bisogno quando soli cinque grandi aggregati di stampa-radio-tv-internet detengono l’oligopolio di un’informazione sostanzialmente monopolista. Ma bisogno ce n’era, al meglio non c’è limite. Il nuovo manuale sanziona i giornalisti non embedded con la definizione di “belligeranti privi di privilegi”(leggi: diritti) e ne determina la detenzione indefinita, senza processo, tipo Irlanda del Nord e campi libici di Graziani, qualora si ritenga che simpatizzino o collaborino con il nemico (il “nemico primo” essendo i propri mercenari Isis e Al Qaida).
Da noi il regime Renzi, benevolmente definito post-democratico per non dire che costruisce lo Stato di Polizia, prepara il terreno promettendo ai giornalisti sanzioni per chi diffonde intercettazioni e filmati di rilievo penale, ma anche solo di rilievo morale e sociale. E assicurando fermi preventivi a chi potrebbe disturbare il manovratore. Mussolini è riabilitato. Definire, come fa lo Sblocca Italia, “strategiche” le Grandi Opere della consociazione mafia-Stato-imprese, vuol dire trasformarle tutte in zone militari e garantire a chi le disturba, magari solo per iscritto, risposte militari. Nell’enclave-laboratorio della Valsusa già succede. Tutti terroristi. Potenziali tali anche gli operai che il decreto Renzi tratta come il Valletta Fiat d’antan e addirittura peggio di quanto avesse fatto il ministro del lavoro del Reich: tutti spiati se fanno un mugugno, masticano troppo lentamente e ci mettono troppo a pisciare. Ed, essendo tutto il mondo Nato paesea sua volta il fiduciario Usa, satrapo dell’Azerbaijan (il cui gasdotto amerikano TAP andrebbe a squarciare la Puglia), sbatte in galera  per sette anni, una reporter, Khadija Ismaylova, che aveva espresso dubbi sulla democraticità e sull’integrità del tiranno ladrone..   
E la elevazione a legge della pratica in uso fin da Baghdad 2003, quando Bush intimò ai noi inviati presenti a Baghdad di passare dalla parte dell’esercito invasore, pena rappresaglie. Che arrivarono, sia bombardando gli hotel “Mansur” e “Palestine”, dove eravamo alloggiati, sia cannoneggiando, all’entrata nella capitale, Il “Palestine”. Due giornalisti uccisi.
Alcune associazioni Usa per i diritti civili protestano. Ma il manuale resta. Chi non procede con l’elmetto sotto gli  ordini del comandante Usa, ma guarda la guerra dall’altra parte, è, per definizione, un ”unprivileged belligerent” e se l’è giocata. Fosse retroattivo, questo provvedimento sistemerebbe me e tutti coloro che stavano a Belgrado sotto le bombe, con i palestinesi nelle case polverizzate, con gli iracheni, a Damasco, a Tripoli, in Honduras con i manifestanti contro il golpe fascista Usa, nel Donbass, a scrivere o filmare qualche cratere con dentro pezzi umani, in Somalia ad ascoltare qualche donna stuprata dagli occupanti della “Forza di pace” dell’Unione Africana.. Siamo avvisati. Scoperti dalla parte sbagliata, intenti a fare quello che Seymour Hersh, Premio Pulitzer, faceva quando documentava la strage di Mi Lay in Vietnam, ascoltando radio Damasco o Tehran e riferendone, siamo fottuti. Domani chi critica l’amico Renzi diventa belligerante privo di privilegi, a fianco del nemico. E ma gliene incorrerà.
E chi mette la classica ciliegina sulla montagna di manette se non Israele, il cui parlamento, oltre a far bastonare e arrestare videomakers, approva il diritto di sparare sui ragazzini manifestanti (sennò lo Stato ebraico rischia di venire frantumato dalle pietre) e definisce atto terroristico, quindi fucilabile, chi sventola bandiere del popolo titolare del territorio. Che noi sventoleremo sempre, anche quando cripto-Netaniahu nostrano ne proclamerà il carattere delittuoso.
Dalla libertà di stampa a quella di dire le altre cose come stanno. Con 275 voti a 150 la Camera degli Usa, assediata dalle  lobby di chimici e agroalimentari, ha passato una legge  che proibisce alle autorità degli Stati dell’Unione di regolare ed etichettare cibi geneticamente modificati (OGM). La gente non deve sapere gli intrugli chimici e genetici che le multinazionali gli cacciano in bocca. Con il TTIP, l’accordo di “libero” scambio con gli Usa, non ci sarà più legge, norma, governo, che potranno impedire la diffusione, anonima, degli Ogm. E’ la democrazia, baby.
Giro del mondo in 80 bugie, o giù di lì
Tutto questo mette a grande agio, in vista di prebende e onori e al riparo da smentite e sputtanamenti, tutti gli “embedded” del giornalismo di servizio che all’Occidente, divenuto Uccidente, fanno da trombettieri. In Turchia, il Fratello musulmamno Erdogan sbatte in galera due giornalisti britannici che non turiboleggiavano il sultano. Ma il Fratello Musulmano che se ne occupa nel “manifesto” non ha che occhi e orecchie per quel golpista egiziano di Al Sisi che arresta i giornalisti di Al Jazeera, voce del Califfo del Qatar, Al Thani, (ufficiale pagatore di quell’altro califfo, Al Baghdadi che con i suoi terroristi impazza per il Sinai e al Cairo). Al Jazeera è quel verminaio pseudo-giornalistico che, dalla Libia delenda est a Siria e Iraq, diffonde il verbo Nato-Golfo e relative menzogne, a partire dalla storia del “golpe” di Al Sisi, che invece era una rivolta anti-Fratelli Musulmani, di milioni di egiziani, a finire con quella, nel 2013, del tentato golpe islamista a Rabaa el Adawiya, dove un centinaio di persone morirono sparate sia dai Fratelli, sia dalla polizia. Una fogna dalla quale si sono salvati il caporedattore e la redazione di Beirut, quando si sono dimessi per non avallare il terrorismo giornalistico e armato qatariota contro Libia e Siria.
 
Al Sisi, il cattivone
L’ira contro l’Egitto del buon Acconcia è la stessa dei Fratelli Musulmani, del proprietario del Qatar, dei mercenari Isis e di coloro che in Occidente se ne servono. Prima, a dispetto del caos creato nel paese dagli attentati delle bande jihadiste, Al Sisi rifà il Canale di Suez, potenziandolo a favore delle entrate del paese, poi l’ENI  scopre davanti all’Egitto il più grande giacimento di gas del Mediterraneo, restituendo al Cairo un ruolo di grande influenza economica e politica. A scapito di Israele che aveva già rubato il giacimento di Gaza, ma si vede ora più che dimezzato nel vaticinato ruolo di fornitore di gas a Europa e Asia. A noi ne verrebbe l’ulteriore vantaggio di non dover subire più lo squarcio al Salento con il TAP, il gasdotto che porterebbe gas amerikano dall’Azerbaijan, tagliando fuori la Russia. E magari riceverebbe nuova forza l’istanza popolare e dei 5Stelle di stoppare l’epidemia renziana delle trivellazioni in terra e in mare.
Poi ci sono l’appoggio militare egiziano  al governo di Tobruk, l’unico che possa evitare l’attacco Nato alla Libia rimuovendo in chiave araba il bubbone jihadista (attacco che invece è auspicato dagli amici del governo golpista dei FM a Tripoli), prevalendo sugli arnesi tripolini del Qatar e dell’Occidente, come sui loro apprendisti stregoni dell’Isis. Infine, c’è il vistoso avvicinamento dell’Egitto alla Russia, con frequentazioni intense Mosca-Cairo e accordi economici e militari. C’è un altro pezzo dell’energia mondiale che rischia di sfuggire al controllo USraeliano.  Gli embedded di ogni sponda non possono che muoversi come Acconcia. L’alternativa comporta l’applicazione del Manuale del Pentagono. Sia ben inteso, qui di governi immacolati, rispondenti ai nostri sogni, non ce n’è. Se ne andata perfino Cuba. Ma starsene alla finestra perché non ce ne sono e sdegnare di favorire, con le riserve politico-ideologiche che si vogliono, tutto ciò che ostacola il Leviatano atlantico-sionista, è collaborazionismo.
Curioso come i due quotidiani che si considerano gli unici critici nell’oceanica cialtronaggine della grande stampa, orrendamente ignorante, in malafede, servile, cioè “il manifesto” e “Il Fatto Quotidiano”, si muovano su convergenze parallele per quanto concerne questi settori internazionali. Entrambi furoreggiano contro Al Sisi, ma anche contro i jihadisti; contro Assad, ma anche contro l’Isis (sempre meno contro Al Qaida, visto che il generale Petraeus e Assopace li considerano un possibile ricambio democratico ad Assad); contro Putin, ma anche contro i nazisti di Kiev. Dove quel che conta è il primo termine dell’accoppiata.
Convergenze parallele
Entrambi si entusiasmano per la nuova “rivoluzione colorata”, chiamata “Tu Puzzi”. istigata da USraele e Arabia Saudita in Libano per farla finita con Hezbollah (la prima era stata celebrata da Guido Caldiron sul felicemente defunto “Liberazione”: Ora, da capofila della lobby, questa penna israelita imperversa sul “manifesto”). Il correligionario Stefano Feltri sul “Fatto” condivide l’ideologia, prima esaltando Draghi come “l’unico uomo politico” d’Europa, poi arrivando a decretare la fine della politica e l’avvento, per la felicità di tutti, del “regime della tecnologia”. La Cupola, i fratelloni di Bilderberg, dovrebbero apprezzare un tale fervorino alla dittatura mondiale. Non si vede la differenza di questi “critici”, “antagonisti”, dalle lenzuolate del campione di saltafosso Adriano Sofri. Imbrattono il già non candido “La Repubblica” per raccontarci che I peshmerga curdi d’Iraq, ascari di un governo infeudato a Israele (che ne riceve il petrolio e ricambia con servizi segreti e accaparratori di terre) e quelli che, col consenso di Erdogan, hanno fatto una brevissima e non gradita sfilata a Kobane, sono gli unici veri eroi della lotta all’Isis. Tutti fanno brodo, specie le spie. Nulla da stupirsene col personaggetto Sofri. Ma stupisce un Marco Travaglio, tanto battagliero contro il malcostume interno e tanto corrivo nei confronti di quello estero e dei suoi sicofanti. Forse un bravo giornalista non è necessariamente, come si vede dal decadimento della testata, sempre più confusa e gossipara e sempre più embedded in politica estera (tanto da vergognarsene al punto da averla esiliata in fondo al giornale), è un buon direttore di giornale.
Tsipras curdi
A proposito di curdi, cosa vi avevo detto infilando il curdo turco Demirtas, capo del partito “filo-curdo” DHP che tenta di fare le scarpe, anche a botte, al PKK in guerra con Ankara, nella grande manovra imperialista e reazionaria dei falsi sinistri? Che Demirtas è il commilitone di Tsipras, dell’Obama buono, di Raul Castro, del Renzi di centrosinistra, forse dell’iraniano Ruhani, sicuramente del nordirlandese Gerry Adams, che ha barattato la sua impunità di capo dell’Ira con la demolizione dell’Ira, l’abbandono del diritto storico all’unità irlandese per la quale generazioni di patrioti si sono battuti, e qualche posto ministeriale nel governo neocoloniale di Belfast, in coalizione con i fascisti unionisti. La vera schiuma della politica, lo strumento risolutore prima delle bombe o delle False Flag. Ma anche il vessillo dell’unanimismo destra-sinistra nell’era della “società civile” e della “fine delle ideologie”. Nello stesso momento in cui Erdogan innaffia di ordini, soldi e armi le bande dell’Isis e di Al Nusra, reprime nel sangue una rivolta popolare divenuta endemica, spazza via gli ultimi detriti delle istituzioni democratiche, compie in combutta con la Nato genocidi in Kurdistan e Siria e ne commissiona altri in Libia, Egitto, Iraq, Nigeria, prolunga l’agonia del pur malleabile Ocalan, il compagno curdo Demirtas entra nel governo, in questo governo, quello del sultano genocida.
Falsi positivi
In Colombia i “falsi positivi” sono un contadino inerme ammazzato da paramilitari o soldati, ma rivestito di uniforme a fucile in modo da sembrare un “terrorista” delle FARC. Da noi falsi positivi sono sguatteri di regime fatti passare per giornalisti.
E’ l’informazione che ci rifila sempre nuovi falsi idoli da venerare e supportare. Grande è il clamore sul candidato democratico Bernie Sanders negli Usa, vindice dei lavoratori, migranti e diritti civili. Totale è il silenzio sulla sua pronuncia a favore del programma dei droni in Afghanistan, Yemen, Somalia, ovunque, che con Obama hanno raggiunto l’apice degli assassinii, senza imputazione e processo, di civili, matrimoni, funerali. E anche sul suo silenzio-assenso per il Patriot Act che, grazie all’11/9, ha trasformato gli Usa, con una polizia-esercito feroce e impunita e con campi di internamento per “sospetti” in tutti i 52 Stati, in modello per tutto l’Uccidente. Non c’è da stupirsi di fronte a un giornalismo, “manifesto” in testa, che a suo tempo salutò la candidatura di Hillary Clinton come l’epifania dell’”Angelo bianco”.
Travaglio, che non risparmia al giornalismo da saliva le sue eccellenti catilinarie (ma le risparmia alla propria redazione esteri, tra le più appiattite sulla disinformazione atlantica), nel ridicolizzare del Corriere della Sera gli immeritati prestigio e aulicità, smerda anche uno dei suoi più autorevoli editorialisti, Sabino Cassese (a volte ospitato pure dal “manifesto”). Da legalitario qual’è accusa l’ex-giudice costituzionale ed ex-candidato al Quirinale per grazie di Napolitano, di vari misfatti. L’accanimento contro la Costituzione, l’attacco alla magistratura, fatta responsabile del dilagare della criminalità e della crisi di una giustizia che arresta troppi colletti bianchi e rende biblici i tempi dei processi. Cassese esalta il modello americano, nel quale i giudici sono sottoposti al governo e ne ricevono le linee guida. Sostiene una giustizia “sostenibile”, che cioè tenga conto dei superiori interessi (politici, aziendali). Quale quelli di cui la Consulta, secondo il ministro Poletti, nel sancire la restituzione del maltolto ai pensionati, non ha tenuto conto. E’ il nuovo ordinamento post-1789 e post-1948: la legge è diseguale per tutti. Con alti magistrati come questo c’è da stupirsi se, da Berlusconi in poi, ogni governo non ha mirato ad altro che a rendere la giustizia compatibile proprio con quella che l’alto magistrato chiama la “dilagante criminalità”.
Ma a me la caricatura di Cassese magistrato tratteggiata da Travaglio ricorda altre imprese del nostro. Non era lui il presidente del Tribunale dell’Aja per la Jugoslavia che agli Usa e all’UE servì per criminalizzare e incarcerare le vittime serbe, esonerare i carnefici e, incidentalmente, ammazzare Slobodan Milosevic? Non fu lui a presiedere un tribunale sul Libano che s’inventò le più strabilianti accuse e prove per scaricare sulle spalle della Siria e di Assad il classico attentato terroristico di Israele? Quello che fece saltare per aria il primo ministro Rafik Hariri. Era il 2005. Ne seguì la solita turbolenza libanese tra settori opposti che avrebbe dovuto minare la crescente forza di Hezbollah e preparare il terreno alla facile vittoria degli invasori nazisionisti nel 2009. Le cose andarono diversamente e l’esercito israeliano, da anni collaudato su ragazzini lanciapietre, crollò di schianto al confronto con combattenti veri. Il mondo perbene ne renda eterno merito a Hezbollah, oggi di nuovo impegnato contro le bande di ventura lanciate sulla Siria da USraele e, insieme a esercito e popolo siriani, responsabile del fatto che, dopo 4 anni e mezzo del più sanguinoso assalto dai tempi delle crociate, la Siria resta in piedi.
Un rantolo da Parigi
Se Cassese ci fa ribrezzo, che dire della madre di tutte le scelleratezze radical chic, Rossana Rossanda. A questa dama di Rue de Rivolì la maturità non ha inciso solo le onorevoli rughe del tempo. Ne ha squarciato il falso volto di guru della sinistra. Dopo aver sfasciato quanto di buono sopravviveva nel “manifesto”, la sedicente “ragazza del ‘900“ lo ha lasciato in mano a chi, da D’Alema a Bertinotti a Hillary Clinton a Obama a SEL a Tsipras, ha trascinato le sparute schiere di lettori incorreggibili nel mondo di Alice nel paese delle meraviglie. Ne ha pervertito del tutto la rotta infilandolo nella crociata dell’Uccidente contro la Libia lanciando l’appello a novelle “brigate internazionali di Spagna” perché si avventassero su quel paese, implicitamente affilando le mannaie che hanno fatto a pezzi Gheddafi. Era lei, memorizzate, che, insieme a tutta una serie di gaglioffi cambiacasacca, allevò anche un supereroe della categoria, Gianni Riotta, già “manifesto”, poi Stampa, Corsera, New York Times, Washington Post, Tg1, Sole 24 ore, fino al coronamento con un quasi clandestino talk-show sul Tre per analfabeti della conoscenza, del linguaggio e della critica. Un grande cursus honorum nella migliore informazione dell’Impero. L’Orlando Furioso scritto da Ariosto, per compiacere il mecenate, cardinale Ippolito e tutti i D’Este, è una filippica al confronto.
Oggi, irriducibile a qualsiasi ravvedimento, che poi sarebbe in contrasto con la sua missione, ha emesso unanuova fatwa contro chi non riconosce in Tsipras il nuovo Giovanni Battista martire. Suo merito eroico: essere ricorso al voto di popolo contro la sentenza capitale pronunciata dallaTroika. “Per scegliere il proprio destino” scrive. Indifferente al fatto che Tsipras, mettendosi poi a 90° sotto i sodomiti di Bruxelles, Washington e Francoforte, al popolo che aveva detto NO, ha sputato in faccia il suo SI. L’oscenità si completa con un “bravo” a Mario Draghi che, in virtù di quello sputo, ha fornito nuova liquidità… alle banche greche e ha ipotizzato una ridefinizione del debito greco. Perchè i greci si estinguano in tre, anziché in due anni.
Infatti questi bravi pragmatici europei, Draghi e l’FMI, rassicura la brigatista internazionale di Libia, ci tengono a Tsipras, in quanto in lui hanno trovato un “interlocutore greco abbastanza solido”. Solido quanto basta per far peso sul corpo spiaccicato della Grecia. Riferendosi con velenosità alla sinistra dissidente di Syriza, pronuncia uno dei suoi aforismi epocali: “E’ sempre da sinistra che le sinistre debbono attendersi il peggio”. L’hai detto, sorella. Solo che sappiamo noi a chi riferirlo, l’aforisma.
 
Gaza
Resterebbe da dire dell’abiezione totale e generale che l’Europa e relativa stampa di servizio hanno manifestato sull’attuale tsunami migratorio, fino a nausearci con l’ipocrisia suprema in cui si sono affratellati misericordiosi, razzisti e assassini, sull’immagine di un bimbetto siriano spiaggiato su una riva del Mediterraneo. “L’Europa a una svolta!” hanno proclamato. Quella svolta che non c’è quando a finire inceneriti o spappolati sono, non uno, ma migliaia di bambini di Gaza, Siria, Iraq, Afghanistan e ovunque imperversi l’Uccidente. Altro che svolta, non si è neppure voltata, l’Europa.  E non svolterà neppure stavolta. Ne parleremo nel prossimo pezzo: “Misericordiosi, xenofobi, oligarchi euratlantici: una faccia, una razza.”
 
Pubblicato da alle ore 15:31

LES RESEAUX AMERICAINS QUI VISENT MALABO. QUI VEUT DESTABILISER LA GUINEE EQUATORIALE ? (PARTIE 1)

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/ Avec EODE-TV/ 2015 07 10/

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

PANAF - QUI GE 1 - réseaux us (2015 09 04) FR (1)

Commençons par un détour indispensable pour comprendre.

Début Août 2014 à Washington se tenait le « Sommet USA-African Leaders » sur invitation d’Obama. Un piège tendu aux chefs d’état africains. Obama et Kerry y annoncent une vague de changements de régimes en Afrique (1), désignant même 13 chefs d’état. Le modèle : le soi-disant « printemps arabe ». Le but : recoloniser l’Afrique au profit des USA (2), en liaison avec le travail de prise en main des armées africaines par l’AFRICOM (créé par Bush II en 2007), le Commandement militaire US pour l’Afrique.

Parmi les cibles principales, le « noyau dur » du « nouveau Panafricanisme » : Idriss Deby Itno au Tchad et surtout le président équato-guinéen Obiang Gnuema Mbassogo. A la tête de ce que les experts qualifient « d’eldorado pétro-gazier », celui-ci est le modèle de la réussite du « soft power » géopolitique en Afrique. Influence culturelle et scientifique (notamment avec un  prix « Unesco-Guinée équatoriale en recherche scientifique »), modèle économique alternatif d’émergence, soutien aux médias panafricains, participation à la Francophonie et à son équivalent lusitophone. Horosco referens, le président équato-guinéen rend hommage « au regretté Colonel Kadhafi », à son œuvre et à sa vision de l’Afrique unie et du Panafricanisme.

UNE VASTE OPERATION DE DESTABILISATION DE L’AFRIQUE DECIDEE A WASHINGTON EN AOUT 2014 : LA GUINEE EQUATORIALE PARMI LES CIBLES PRINCIPALES

PANAF - QUI GE 1 - réseaux us (2015 09 04) FR (2)

Au même moment que le sommet officiel, se tenait aussi à Washington un « sommet alternatif » (3) organisé par un organisme d’état US (créé par Ronald Reagan dans les Années 1980), financé sur le budget américain, la NED, que certains analystes qualifient de « vitrine légale de la CIA ». En collaboration avec une de ses filiales, la NDI (lui aussi un organisme d’état US, financé sur le budget américain), l’USAID, l’Open Society de Söros et un ensemble d’ONG et médias que l’on retrouve depuis 15 ans dans les « révolutions de couleur » en Eurasie et le « printemps arabe ». Des centaines d’activistes, de syndicalistes, de journalistes surtout y sont pris en main.

PANAF - QUI GE 1 - réseaux us (2015 09 04) FR (3)

* Voir sur PANAFRICOM-TV :

LA NED CIBLE L’AFRIQUE (CONFERENCE DE WASHINGTON. AOUT 2014) LA GUINEE EQUATORIALE ATAQUEE

Sur https://vimeo.com/133102613

Car pas de « révolution de couleur » sans une intense préparation médiatique, à la fois au niveau du pays déstabilisé, mais aussi international. Ici soutien dans les autres pays africains. Support dans les grandes capitales occidentales. Rapidement les groupes de jeunes activistes sont organisés, sur le modèle des Serbes d’OTPOR/CANVAS (les tombeurs de Milosevic en 2000, la première des révolutions de couleur). Et tout aussi vite la conformisation de la presse africaine est mise en place, d’autant plus facilement qu’un vaste réseau d’ONG, Instituts et médias existe déjà. Soutenu, financé, organisé à la fois par les Réseau Söros (notamment la Fondation OSIWA , «Open Society Initiative for West Africa »,  en Afrique du Sud) et la NED et ses pseudopodes. Voici le décor planté.

QUAND LA NED, VITRINE LEGALE DE LA CIA, CIBLE DIRECTEMENT LA GUINEE EQUATORIALE !

PANAF - QUI GE 1 - réseaux us (2015 09 04) FR (4)

Je ne suis pas un partisan de la « Théorie du complot ». Et personne n’a jamais pu m’accuser sur ce plan là. Mais l’action des services secrets, les réseaux parallèles de barbouzes, la diplomatie parallèle, les plans géopolitiques ne relèvent pas du complot mais de la réalité. Et les preuves en sont innombrables.

Voici donc la preuve de l’implication directe de la NED dans la déstabilisation de la Guinée Equatoriale, comme l’ont révélé mes enquêtes depuis plus d’un an, dans la déstabilisation de Malabo et de beaucoup d’autres capitales africaines.

Nous publions un document : le clip publicitaire officiel du « Sommet Afrique » d’août 2014 de la NED ! Vous y verrez la 5e colonne US en Afrique, sûre d’elle, déterminée. A noter l’accent mis sur un activiste de GUINEE EQUATORIALE, Tutu Alicante, de l’ONG « EG Justice » mis en avant.

* Voir sur PANAFRICOM-TV :

LA GUINEE EQUATORIALE ATAQUEE: QUAND LA NED (VITRINE LEGALE DE LA CIA) DESTABILISE DIRECTEMENT MALABO

Sur https://vimeo.com/133102612

On y explique sans pudeur qui sont les partenaires de la NED, notamment les Réseaux OPEN SOCIETY de Georges Söros, un autre des grands organisateurs et financiers des « révolutions de couleur ». Cerise sur le gâteau, la conférence était sponsorisée par FREEDOM HOUSE, un autre organisme US spécialisé dans le financement des changements de régime et … FACEBOOK ! A la fin du clip, comme pour vendre une marque, la NED annonce sans vergogne ses sponsors…

Pour rappel, la NED a été qualifiée à juste titre de « vitrine légale de la CIA ». Depuis 30 ans, la National Endowment for Democracy sous-traite la partie légale des opérations illégales de la CIA. Sans éveiller de soupçons, elle a mis en place le plus vaste réseau de corruption du monde, achetant syndicalistes, politiciens, activistes et journalistes.

« EG JUSTICE » C’EST QUOI ?

Cette ONG, fondée en 2007, est associée à un fantomatique « Center for Social and Economic Rights ». Elle est au cœur de la propagande de la NED contre Malabo. Selon sa propre présentation, « EG Justice est une ONG travaillant à promouvoir les droits humains et la domination de la Loi en Guinée Equatoriale. Basée aux USA, elle coordonne les activités sur la Guinée Equatoriale dans plusieurs pays ».

Parmi les directeurs de cette Ong au service de la politique étrangère du Gouvernement américain on trouvera (sans surprise) (4) :

– Sarah Pray, secrétaire, « Policy Analyst for African Affairs », y représentant les “Open Society Foundations (Washington, D.C.)” de l’inévitable et incontournable financier Georges Soros ;

– Alex Vines, chef du “Africa Programme” de Chatham House (London, UK) depuis 2002, la version britannique de ces Ong occidentales au service de l’impérialisme anglo-saxon (Le monde étant petit, lorsque nous avions organisé le Référendum d’auto-détermination en Crimée en mars 2014, Chattam House était un des centres de la vaste campagne internationale de diffamation contre moi …) ;

– Bennett Freeman, président, dirigeant du Calvert Group (Bethesda, MD), une Ong active dans la levée de fonds. Il est un ex membre du State Department US, et a été assistant-adjoint du Secrétaire d’état US pour « la démocratie, les droits de l’Homme et le Travail ». Dirigeant aussi de l’Ong Oxfam America et de Amnesty International USA.

Curieuse « Ong équato-guinéenne », en fait de Droit US, dirigée par un ex cadre supérieur du State Department US, et dont, à part Tutu Alicante et l’écrivain Juan Manuel Davies Eiso, aucun dirigeant réel n’est équato-guinéen !

Et toujours sans surprise, EG Justice est financée par la NED, comme le révèle le site de l’organisme para-gouvernemental US (5).

« ALICANTE A DES CONTACTS DE HAUT NIVEAU AVEC L’ADMINISTRATION OBAMA » (EL CONFIDENCIAL DIGITAL, MADRID)

Le 9 juin 2009, le site ‘El Confidencial Digital’ publiait les informations suivantes : « Tutu Alicante est arrivé récemment  à Madrid et à Barcelone. L’Equato-guinéen a acquis une renommée internationale, non seulement pour être un des mieux préparés, par sa formation, à une opposition politique, mais aussi pour le succès qu’a son travail de lobbying aux Etats-Unis. Tutu Alicante est à Madrid et à Barcelone. Il espère jouer un rôle notable dans l’ajustement des relations diplomatiques de l’Union européenne et de l’Espagne avec la Guinée équatoriale ». Traduisez qu’il entend organiser l’isolement diplomatique de Malabo en Europe. ‘El Confidencial Digital’ précise encore qu’ « Alicante a des contacts de haut niveau avec l’administration Obama. »

EG Justice asure aussi la coordination entre les réseaux américains anti-Obiang et ceux organisés en Europe, à Madrid et Paris notamment (dont la CORED, elle aussi, nous y reviendrons dans la seconde partie de notre enquête, en liaison étroite avec la NED). Tutu Alicante est déjà venu à Madrid. Les campagnes de presse sont simultanées en Anglais aux USA, en Espagnol à Madrid et en Français à Paris. Et identiques en contenu, forme, accusations. L’interface entre les réseaux est cette EG Justice et une curieuse « Association France-Guinée équatoriale », proche du Quai d’Orsay, que j’ai rencontrée derrière toutes les agressions politico-médiatiques contre Malabo et qui sert de tribune à la CORED (et sur laquelle je reviendrai dans une prochaine analyse).

En octobre 2011, notamment, Alicante est à Madrid pour organiser la campagne contre le « Prix Obiang Gnuema » à l’UNESCO. Il y donne diverses interviews en espagnol, très injurieuse pour le Président équato-guinéen. Immédiatement, le Site de l’ Association France-Guinée équatoriale en publie une traduction française, assurant la publicité en France d’une visite jusque là passée inaperçue (6).

Autre exemple révélateur : le 7 mai 2012 se tient dans la capitale norvégienne la 4e édition du “Oslo Freedom Forum”, symposium annuel rassemblant des «  militants des droits de l’Homme du monde entier », avec la participation, cette année là, de la bloggeuse tunisienne Lina Ben Mhenni (on est en plein « printemps arabe », la version arabe des révolutions de couleur), du fondateur de Wikipedia Jimmy Wales (qui n’est pas une « encyclopédie en ligne » mais une officine de désinformation liées aux services secrets de l’OTAN), et de Tutu Alicante. A nouveau, , le Site de l’ Association France-Guinée équatoriale en donne un compte-rendu favorable (7).

LES EMEUTES DE LA COUPE D’AFRIQUE DES NATIONS A MALABO FIN JUIN :

UN TEST ?

Un dernier mot. En février dernier, la Guinée Equatoriale accueille au dernier moment, après le forfait marocain, la CAN (Coupe d’Afrique des Nations). Tout se passe bien. Jusqu’à l’avant-dernier jour. Là lors du match du soir du 5 février, des émeutes « d’une violence inouie » (AFP) assombrissent la grande fête du football. Le prétexte en est la défaite de l’équipe équato-guinéenne et les auteurs des bandes de hooligans et de supporters comme en drainent, hélas, tous les grands clubs. Mais l’ampleur des violences, leur organisation, la résistance aux forces de l’ordre et à l’Armée posent question au spécialiste des révolutions de couleur.

Car toutes s’appuient précisément à leur début sur les émeutes organisées par des groupes de hooligangs ou d’activistes néo-fascistes. La soi-disant « non violence » des partisans de ces révolutions est un mythe forgé pour leur propagande. Partout il faut organiser des émeutes, des affrontements violents, déstabiliser et déconsidérer les régimes en place. Et avant tout cela, il faut tester leur réaction et l’organisation des forces de l’ordre. Cela fait voir les émeutes de Malabo sous un autre angle. Celle d’un test probable dans le cadre de la déstabilisation du Président équato-guinéen, qui est en cours d’organisation par le Bloc occidental. 2016 sera une année d’élections générales, dont la présidentielle, pour Malabo …

Luc MICHEL / PANAFRICOM

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

* Dans la Seconde partie de notre enquête :

les Réseaux de l’UE, organisés à Paris, Madrid, Berlin, Bruxelles et Londres, pour déstabiliser la Guinée Equatoriale …

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 (1) Cfr. LES USA PREPARENT-ILS UN « PRINTEMPS AFRICAIN » ? https://vimeo.com/102962474

 (2) Cfr. Mon interview pour LA VOIX DELA RUSSIE :

LUC MICHEL SUR LA VOIX DELA RUSSIE/ INTERVIEW CHOC : REVOLUTIONS DE COULEUR. VOICI LE TOUR DE L’AFRIQUE ET DE LA CHINE !

sur http://www.lucmichel.net/2014/12/22/luc-michel-sur-la-voix-de-la-russie-interview-choc-revolutions-de-couleur-voici-le-tour-de-lafrique-et-de-la-chine/

et http://www.lucmichel.net/2014/12/24/luc-michel-sur-la-voix-de-la-russie-interview-choc-2-revolutions-de-couleur-voici-le-tour-de-lafrique-et-de-la-chine/

(3) Cfr. PCN-TV/DOCUMENT/ THE MAKING OF THE COLOUR REVOLUTIONS IN AFRICA (1): AFRICAN SUMMIT OF THE NED IN WASHINGTON (AUGUST 5-6,2014)

Un impressionnant document de huit heures, provenant de la NED elle-même, sur la fabrication des 5e colonnes africaines !

Sur https://vimeo.com/114110733

(4) Cfr. Le site de EG Justice : « our team »  sur http://www.egjustice.org/our-team

(5) A titre d’exemple, en 2014, cfr. :

“Equatorial Guinea Justice. Civic Education. $89,360.

Supporting Effective Citizen Activism in Equatorial Guinea

To strengthen the capacity of youth activists from Equatorial Guinea on traditional organizing, constituency development, and cyber activism and foster network building between young social activists from Equatorial Guinea and other African nations, EGJ will organize a six-day workshop outside of Equatorial Guinea in partnership with a facilitator from the Mexico-based NGO, Poder. EGJ will also hire two consultants to help the group’s communication and outreach strategies.

Grant descriptions are from the 2014 NED Annual Report.”

Sur http://www.ned.org/region/africa/equatorial-guinea-2014

(6) Cfr. http://www.france-guineeequatoriale.org/News/492.html

(7) Cfr. http://www.france-guineeequatoriale.org/News/878.html