Coronavirus, i medici delle terapie intensive in Lombardia: “Azioni tempestive o disastrosa calamità sanitaria”. L’ipotesi delle priorità d’accesso: “Prima chi ha più probabilità di sopravvivenza”

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Coronavirus, i medici delle terapie intensive in Lombardia: “Azioni tempestive o disastrosa calamità sanitaria”. L’ipotesi delle priorità d’accesso: “Prima chi ha più probabilità di sopravvivenza”

L’allarme del Coordinamento delle terapie intensive della regione maggiormente colpita nella lettera a Fontana: “In assenza di tempestive saremo costretti ad affrontare un evento che potremo solo qualificare come una disastrosa calamità sanitaria”. La Società italiana di anestesia, rianimazione e terapia intensiva ha diffuso un documento tecnico in cui scrive che “può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza”

Porre un limite d’età per l’accesso alla terapia intensiva, basato sulle maggiori possibilità di sopravvivenza. È quello che ipotizza la Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva in un documento tecnico legato all’emergenza coronavirus. “Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”, si legge nel rapporto intitolato “Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili”. Il rapporto è stato diffuso e pubblicato integralmente anche sul sito internet di Siaarti, ed è indirizzato ai medici. Che in Regione Lombardia hanno deciso di scrivere direttamente al governatore Attilio Fontana per chiedergli di manifestare al governo centrale le loro preoccupazioni: “In assenza di tempestive ed adeguate disposizioni da parte delle Autorità saremo costretti ad affrontare un evento che potremo solo qualificare come una disastrosa calamità sanitaria“, si legge nel documento indirizzato al presidente dal Coordinamento delle terapie intensive della Lombardia.

Il dossier di anestesisti e rianimatori: “Priorità per accesso a terapie intensive” – Un vero e proprio allarme, quello lanciato dai medici. Secondo la società scientifica, il documento vuole “fornire un supporto agli anestesisti-rianimatori attualmente impegnati a gestire in prima linea” la maxi-emergenza “che non ha precedenti per caratteristiche e proporzioni“. “In uno scenario di saturazione totale delle risorse intensive, decidere di mantenere un criterio di ‘first come, first served’, equivarrebbe comunque a scegliere di non curare gli eventuali pazienti successivi che rimarrebbero esclusi dalla Terapia Intensiva”, si legge tra i 15 punti del testo di sette pagine (si può leggere qui).

“Attenzione su chi può trarre maggiore beneficio da cure” – Secondo i medici di Siaarti, “un eventuale giudizio di inappropriatezza all’accesso a cure intensive basato unicamente su criteri di giustizia distributiva (squilibrio estremo tra richiesta e disponibilità) trova giustificazione nella straordinarietà della situazione”. “Siamo consapevoli – continua il documento – che affrontare questo tema può essere moralmente ed emotivamente difficile. Come Società scientifica avremmo potuto (tacendo) affidare tutto al buon senso, alla sensibilità e all’esperienza del singolo anestesista rianimatore, oppure tentare (come abbiamo scelto di fare) di illuminarne il processo decisionale con questo piccolo supporto che potrebbe contribuire a ridurne l’ansia, lo stress e soprattutto il senso di solitudine. Non è la Siaarti, con questo documento di raccomandazioni, a proporre di trattare alcuni pazienti e di limitare i trattamenti su altri – concludono – Al contrario, sono gli eventi emergenziali che stanno costringendo gli anestesisti-rianimatori a focalizzare l’attenzione sull’appropriatezza dei trattamenti verso chi ne può trarre maggiore beneficio, laddove le risorse non sono sufficienti per tutti pazienti”.

La lettera a Fontana: “Misure drastiche o sarà disastrosa calamità sanitaria” –“La questione dei posti in terapia intensiva è l’emergenza numero uno scatenata dalla diffusione del virus Covid-19. Proprio per far fronte alla mancanza di letti negli ospedali, il governo ha previsto nel decreto varato la scorsa notte la possibilità di requisire alberghi da trasformare in luoghi di assistenza domiciliare collettiva. Strutture da usare per la quartantenza dei positivi non in gravi condizioni, che libererebbero dunque posti negli ospedali. E proprio alle strutture sanitarie fa riferimento il Coordinamento delle terapie intensive della Lombardia nel suo documento inviato al governatore Fontana, al quale viene chiesto di portarlo all’attenzione del Governo e al commissario per l’emergenza Coronavirus, Angelo Borrelli. “Si tratta di un evento grave che mette in pericolo la sopravvivenza non solo dei malati di Covid, ma anche di quella parte di popolazione che in condizioni normali si rivolge al Sistema Sanitario per le cure di eventi acuti o cronici di qualsivoglia natura. Le strutture sanitarie sono sottoposte ad una pressione superiore ad ogni possibilità di adeguata risposta. Nonostante l’enorme impegno di tutto il personale sanitario e il dispiegamento di tutti gli strumenti disponibili una corretta gestione del fenomeno è ormai impossibile”, si legge nella lettera sottoscritta dai rappresentanti delle terapie intensive lombarde “Le attività ambulatoriali, la Chirurgia non urgente, i ricoveri nelle medicine – prosegue il documento – si sono ridotte a livelli prossimi allo zero. “L’intera rete delle terapie intensive è stata ristrutturata, creando strutture dedicate nelle quali, completamente bardati per difendersi dall’infezione, si lavora con grande fatica per assistere malati gravi e gravissimi, la cui vita dipende da apparecchiature tecnologicamente complesse disponibili purtroppo in numero limitato. Anche per questo motivo è assolutamente necessaria l’immediata adozione di drastiche misure finalizzate a ridurre i contatti sociali e utili al contenimento dell’epidemia“. Quindi l’avvertimento: “In assenza di tempestive ed adeguate disposizioni da parte delle Autorità – conclude il documento – saremo costretti ad affrontare un evento che potremo solo qualificare come una disastrosa calamità sanitaria“.

8 Marzo festa della Donna – Perchè 8 Marzo?

 Molte fantasie e mistificazioni si sono fatte sulla data dell’8 marzo.

Innanzi tutto si hanno notizie delle prime “feste della donna” nel 1907 in Germania e nel 1908 in USA e poi a seguire, in molti altri stati ma con date diverse.

I più fanno risalire questa  data quale ricorrenza di un incendio avvenuto nel 1908 a New York, facendo probabilmente cponfusione con una tragedia realmente verificatasi in quella città il 25 marzo 1911, l’incendio della fabbrica Trianglenella quale morirono 146 lavoratori (123 donne e 23 uomini, in gran parte giovani immigrate di origine italiana ed ebraica). Altre versioni citavano la violenta repressione poliziesca di una presunta manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi a New York nel 1857mentre altre ancora riferivano di scioperi o incidenti avvenuti a Chicago, a Boston o a New York.

Invece la storia è molto più semplice: l’8 marzo è la ricorrenza di quando le donne di San Pietroburgo scesero in piazza, il 23 febbraio 1917 (secondo il calendario Giuliano che corrisponde appunto all’8 marzo secondo il calendario Gregoriano, il nostro)  per protestare essenzialmente contro la guerra e contro le condizioni di vita da questa causate, dando così origine alla rivoluzione che portò alla deposizione dello Zar ed alla costituzione di un governo “socialdemocratico” di coalizione presieduto da Kerenskii da non confondere con la rivoluzione di ottobre (sempre 1917) detta Boscevica.

La data dell 8 marzo « Giornata internazionale dell’operaia » fu fissata il 14 giugno 1921 durante la Seconda conferenza internazionale delle donne comuniste, tenuta a Mosca una settimana prima dell’apertura del III congresso dell’Internazionale comunista.

Per molti anni la vera motivazione storica è stata, prima occultata e poi dimenticata; probabilmente per motivi politici: agli “occidentali” ricordava il comunismo ed ai comunisti ricordava che non furono loro a deporre lo Zar, bensì una rivoluzione popolare spontanea iniziata appunto dalle donne.

Con questo credo che finalmente GIUSTIZIA Storica è stata fatta!!!

AUGURI a TUTTE le Donne!

MASSE DI MIGRANTI? VIA LIBERA! MASSE DI ITALIANI? VIA CHIUSA! —– ITALIA AI DOMICILIARI, GRANDE PROVA DI 41BIS PER TUTTI —— CON UNA NOTA DI MARIO MONFORTE SUL VOTO AL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/03/masse-di-migranti-via-libera-masse-di.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 5 MARZO 2020

 

Meno siamo meglio stiamo. O il contrario?

Non so come voterete voi al prossimo referendum sul taglio dei parlamentari, solo 400 di qua e 200 di là. Ciò che invece per me dovrebbe essere un problemino, tra i tanti giganteschi, fabbricati nel covo dello scienziato pazzo: terrorismi, migranti, Neoconvirus contro la Cina e Bavabeccarisvirus contro di noi, con i quali i dominanti provano ad agevolare la nostra uscita di scena, è che, fino a ieri, non sapevo bene come avrei votato io. La notizia che le Sardine, ormai pesci fuor d’acqua e finiti nel cassonetto a Napoli, avrebbero votato no al taglio, quasi quasi mi avrebbe fatto votare sì. Poi ho letto Monforte, qui in calce.

Uno, perché non sono proprio ferrato in costituzionalismo. Due, con riferimento all’operazione globalista Coronavirus, anche un bel po’ distratto dalla baraonda di boiate e controboiate con cui ci incantano e ci pietrificano, quasi fossero la Medusa, i cialtroni dalle pessime intenzioni che intossicano e sfasciano la propria nazione. Con particolare competenza e sagacia, vi si impegnano le maschere da Commedia dell’Arte che presumono di governare il Nord. La tecnica è quella del waterboarding della CIA. O della doccia scozzese. A forza di questo carosello di ottimismi e pessimismi funerei, nel giro di 48 ore, ti rincoglioniscono fino all’ebetudine. Risultato acquisito.

Altro che generali o colonelli!

Il Generale De Lorenzo

Alle ultime misure da prova generale di stato d’assedio, che avrebbero fatto l’ìnvidia dei molto più rozzi colonelli greci, del generale De Lorenzo e del comandante della X Mas, Junio Valerio Borghese, con le sue guardie forestali, non vedo ombra di risposta. E qui il problema diventa grosso.

Turchia e Grecia per il “manifesto” pari sono

Aggregarsi contro Erdogan? Non si può. Aggregarsi contro la Grecia? Si può.

Molti di noi, per esempio, sabato ci tenevano a riunirsi a Roma su un progetto di solidarietà e aiuti al popolo siriano martirizzato dagli orchi di prossimità e dai tagliateste occidentali. Altri, sempre di noi, erano indirizzati a dare la loro attenzione ed, eventualmente, il loro contributo, a un convegno romano anti-MES di “Liberiamo l’Italia”, il gruppo che si muove per strappare la nostra sovranità agli artigli UE e Nato. Niente, annullati anche questi. Per evitare che ci passassimo il virus da meno di due metri, o che formulassimo parole e proposte sconvenienti?

Tutti contenti i boia della Siria e i cannibali dell’Italia che il regime Conte abbia proibito questi, assieme agli altri assembramenti. Curiosamente (o no?) gli sono sfuggiti gli assembramenti di milioni nei mezzi dei pendolari dove si è tanto intimi che quando uno sbatte le ciglia si chiudono anche gli occhi del vicino. E neppure hanno trovato nulla da obiettare ad assembramenti (Tavolo Asilo, Campagna Io Accolgo, Legambiente, Anpi, case delle donne) della stessa valenza politica e morale di quelli delle rimpiante Pussyriot o Femen, organizzati all’ambasciata ellenica, contro i diritti umani della Grecia, che da anni affoga peggio di Alan Curdi, e in difesa dei diritti alla schiavitù in Europa degli afghani, pakistani, bengalesi, iracheni. Di tutto fuorchè siriani, scatenati sulla Grecia dal noto umanitario Erdogan. Migranti che il noto bollettino degli ultrà colonialimperialisti, il “manifesto”, fa passare tutti per siriani, non si sa bene se per convincere i suoi quattro sfigati lettori che da Assad si scappa, oppure perché spera che tra noi ricevino solidale accoglienza i poveretti di Al Qaida, cacciati a calci in culo da Idlib.

Bambini e giovani, pericolo da neutralizzare

D’altra parte, non è di certo scappata ai nostri golpisti in itinere democristo-bilderberghiani, l’opportunità di impedire che si assembrassero coloro che gli risultano i più degni di odio, visto che non si sa cosa potrebbero combinare un domani. Ai nostri bambini e ragazzetti, a rischio di troppa e impropria conoscenza, per quanto totalmente immuni al virus, non essendo ultrasettantenni zeppi di malanni pregressi, vanno tolte le scuole, del resto già da tempo ridotte a mense dell’inedia conoscitiva. Niente pomiciate nei cessi e niente rischio che nella società, omogenizzata dal taglio della metà ore di studio annuali, accecata dall’eliminazione della geografia, abbruttita dalla scomparsa della Storia dell’Arte, possano spuntare intelligenze. Che, di per sè, sono eversive. Come i musei, le mostre d’arte, i convegni letterari, le iniziative culturali. La luce dello spirito. L’aveva già detto quello là: “Con la cultura nun se magna”.

Smart working, effetto collaterale.

Chiuse le scuole, col grande beneficio dell’eliminazione totale del bullismo, dei soliti ciondoloni tornati da mamma e chiusi al sicuro nella cameretta; oppure tentati nei vicoletti oscuri a provare a fare, con la consulenza dei più grandicelli, la paranza dei bambini anche fuori da Napoli. Ma, soprattutto, ennesima mazzata al popolo bue (noialtri che ci crediamo) tramite frantumazione delle esistenze di studenti, genitori, famiglie. E poi, non c’è forse il telelavoro, lo smart working e, dunque, il telestudio, lo smartstudying (ennesima trash lessicale all’americana)? Roba smart che, da anni, fa venire l’acquolina in bocca alle grandi imprese, non solo del finto apprendimento telematico, ma anche a tutte quelle che, dall’inizio del capitalismo, sognano di non avere a che fare con risorse umane fisiche, dagli strani pensieri di organizzazione collettiva. Lo stato d’assedio serve anche a questo.

Ma l’influenza dov’è?

Avete notato che quella che era la chiacchiera sociale e la seccatura di ogni inverno, l’influenza, è del tutto scomparsa. Per la prima volta da millenni. E pure quella ce la passavamo tra famigliari, colleghi, amici del bar, come le carte della briscola. Riscaldamento globale, dice Greta? Forse quella cara vecchia influenza ha semplicemente cambiato nome, ricuperando quello altisonante dei nonni, Corona, e al posto del pediluvio in casa ci sbatte in terapia intensiva. Niente più limonata calda, meglio vin brulè, impacchi, tachipirina, sotto le coperte per tre giorni. Invece termocontrolli a ogni angolo, mascherine e amuchina a milionate (e milionate ai produttori, altro obiettivo raggiunto), vita sospesa, quarantena, terapia intensiva, guardati come appestati, nazione di monadi chiuse in casa. Poi verrà il vaccino. Scommettiamo che c’è già, ma lo tireranno fuori quando ci sarà certezza di impiego e di miliardi. Hanno ben presente il flop del 2009, dramma dell’altra pandemia da virus H1N1. 10 milioni di dosi comprate, virus sparito, solo 865mila vaccini inoculati, ma 184 milioni buttati nelle fauci di Big Pharma, o Pharmamafia, nella fattispecie Novartis.

Dall’influenza alla peste bubbonica

Insomma, qui hanno acchiappato per la coda la classica influenza, che cambia d’abito di anno in anno e stavolta ne ammazza anche meno del solito (tra l’1 e il 2%) e ne hanno fatto il flagello dei quattro cavalieri dell’apocalisse. E noi tutti, a pecorone, tappati in casa, a spiare da dietro le persiane chiuse (passasse mai un pipistrello), a vedere se arriva quell’untore del postino e farsi passare la posta su una pertica.

Pare che il tempo della lotta armata di liberazione sia finito. Qualcuno suggerisce la disobbedienza civile. Al momento me ne viene in mente questa manifestazione rivoluzionaria: stringersi tutti e a lungo la mano, abbracciarsi tutti forte forte, e baciarsi tutti, anche alla francese (gli LGBTQI, per favore, tra di loro).

Meglio pochi per molti, o meglio tanti per tanti?

Torniamo al tema che, se non rimandano anche quello, dovrebbe inverarsi fra pochi giorni: il referendum sul taglio dei parlamentari. E’ un’idea dei 5Stelle per ridurre le spese. Di 100 milioni l’anno. Inizialmente, fiducioso nel famoso principio di onestà e sobrietà dei 5Stelle, avevo pensato che il taglio di tante poltrone e tanti poltronari non potesse far male a quel misero e stenterello po’ di democrazia al biglietto Perugina che ci è rimasto. In un secondo momento, m’hanno fatto riflettere sul dato che ridurre di due terzi gli stipendi di senatori, deputati, impiegati, tecnici, barbieri e cucinieri di palazzo, avrebbe forse fatto risparmiare qualcosina di più. In un terzo tempo, poi, mi ha reso perplesso il fatto che anche uno come Matteo Renzi avesse provato a scorciare la fila. Stavolta svuotando il Senato e mettendoci qualche dozzina di sindaci.

Ma è al quarto tempo che mi è scattato un dubbio davvero fatale: non era stato Licio Gelli, gran maestro della P2, a incastrare la riduzione dei parlamentari nel suo Piano di Rinascita? 450 deputati, 250 senatori? Con il Piano Rinascita di Grillo-Di Maio siamo andati anche meglio.

In Libia funzionava così

Personalmente, messo da parte per un qualche futuro, i propositi di Marx e Lenin, mi ha sempre affascinato, quanto più gli utili idioti e gli amici del giaguaro del nostro sistema istituzionale lo deridevano, il sistema del Libretto Verde, la democrazia diretta alla Muammar Gheddafi. Un sistema praticato con grande precisione, seppure in un contesto diverso dal nostro, grandi spazi, poca gente, molte tribù. Ne sono venuti quarant’anni di una nazione prospera, pacifica e felice. Prima che la facessero a brandelli due brave femministe. Una protagonista, l’altra di supporto morale, Hillary Clinton e Rossana Rossanda.

Ogni raggruppamento sociale, fabbrica, università, quartiere, aggregato rurale, si riuniva periodicamente a esaminare questioni e a elaborare proposte. L’esito finiva all’esame e alla discussione di un’istanza territoriale e sociale più vasta, diciamo urbana, o di gruppi di villaggi e, a salire per gradi successivi, fino a quello che si chiamava Congresso Nazionale che si riuniva una volta l’anno per periodi variabili. Ne ho visto uno a Sabah, nel profondo Fezzan, con qualche centinaio di delegati. Gheddafi interveniva ogni tanto. Ma soprattutto ascoltava. Qui si arrivava alle decisioni specifiche o generali, la cui esecuzione veniva affidata al governo espresso dal Congresso. Non so se possa andare bene da noi. Lì funzionava.

E qui mi fermo. Che sollievo! diranno subito i miei piccoli lettori (copyright Collodi). E passo la parola, mantenuta nell’essenziale, a chi ne sa molto più di me e agevolerà la vostra scelta. Per Monforte, riducendo i rappresentanti si riduce la rappresentatività. Anziché uno per 100mila, uno per 150mila.Capisco. Ma di questo passo, con questo principio, non sarebbe meglio uno per 1000, o per 100? E quante decine di migliaia di parlamentari avremmo? E a quali costi? Paradosso? Mica tanto.

Il varco è qui?… E, a proposito di parlamentari, io non so chi va e chi resta (copyright Montale).

La parola a Mario Monforte (“Il Ponte”)

Referendum sul “taglio” dei parlamentari…..

Il “taglio”: riduzione dei deputati (Camera) a 400 e dei senatori (appunto, Senato) a 200. “Taglio” approvato dalla maggioranza dei parlamentari (con parte di quelli contrari che non hanno avuto il coraggio personale di esprimere il «no»), compresi quelli della Lega. Ed ecco le entusiastiche motivazioni “stellate”: “basta con questa pletora di gente” (sí, fra cui il gran numero dei 5S stessi, ben avvinti all’albero come l’edera: «finché la dura l’è verdura»), “abbattiamo i costi della politica”, “ce lo chiedono gli italiani” (“gli italiani” in primis chiedono questo? Be’, comunque …). Tuttavia, “i costi” della politica saranno ridotti dello zero virgola e … niente o quasi, perché restano come sono le prebende parlamentari e aumentano stipendi e numeri degli addetti a parlamento e governo. ….

Vediamo un po’, senza i consueti (anche fra chi afferma di esaminare, analizzare) fracassi e schiamazzi (che chi scrive non tollera). La riduzione dei “costi”? È inesistente: se la si voleva realizzare, andavano ridotte a un quarto le prebende dei parlamentari, e andavano ridotte anche le retribuzioni (esorbitanti) degli impiegati-addetti (inducendo in tal modo anche clientele e aspirazioni a tali prebende e stipendi). E la riduzione dei “costi” sarebbe stata piú consistente. Quindi: si fa passare come attuazione di un “principio” una … mistificazione. Al solito, «per far babbei» i cittadini.

Ancora, e piú a fondo: quella presente è detta «repubblica parlamentare» basata sulla «democrazia delegata». Ma se i tantissimi (circa 40 milioni) acconsentono a delegare ai pochissimi (meno di 1.000) la gestione delle “cose”, ciò attua il principio dei pochi (oligói, in greco antico). Per cui non è un principio democratico – potere del démos: potere del popolo, per il popolo, esercitato dal popolo –, bensí un principio oligarchico – potere dei pochi –, quindi si dovrebbe dire: oligarchia elettivo-rappresentativa. Lasciamo perdere chi dice “ma è questa la democrazia”, “non si può fare diversamente” – perché lo dimostra solo … affermandolo, il che non significa niente (e c’è troppo di buttato nell’ignoranza e dimenticatoio: dal Mondo antico alle repubbliche comunali, fino alla Resistenza, quella delle 20 Repubbliche partigiane e della Repubblica delle autonomie, voluta da «Giustizia e libertà») –, e resta il fatto che si tratta di un “sistema” fondato sulla «rappresentanza» dei pochi rispetto alla massa dei cittadini (e si schiamazzi o si taccia in proposito, questo è quanto).

Ebbene, concesso (non ammesso) che questo sia il solo “sistema” attuato e attuabile, e da mantenere, la riduzione dei parlamentari indicata non riduce la «rappresentanza»? Lo si dimostri – e non semplicemente proclamandolo. Cosí è, invece. E in tal modo si accentua l’adesione acefala (che già c’è, ben evidente) alle forze che lí hanno posto i parlamentari, magari accoppiandola – perché no? Contro il «cambio di casacche» – con il «vincolo di mandato» (voce che si leva da piú parti), cosicché, in fondo, non si sa questa “gente” che ci stia a fare, diventando solo yes-men/-girls. E allora, perché non 200 parlamentari e 100 senatori? O 100 e 50? O 50 e 25? O solo una dozzina, sotto un “capo” – magari eletto direttamente, come vorrebbero Lega e Fd’I? Tanto piú che si possono “assumere”, e già lo si fa da tempo, a governare persone non elette proprio da nessuno.

Io voterò contro il “taglio” dei parlamentari, per quanto di dannoso costituisce e che ho esposto. Ben cosciente, però, che sarà con molta probabilità approvato, perché la demagogia è penetrata a fondo nei cittadini (e questa lo è appieno: altro che il vituperato sovranismo populista!) condita di occultamento mistificato e fuorviante della realtà delle “cose” (oppure, il che è lo stesso, il referendum non raggiungerà il quorum). Ma l’indicata presa di posizione è necessaria, almeno per me.

Mario Monforte

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:56

L’alerte de la Cour des comptes sur les coûts du démantèlement des centrales nucléaires

https://www.lemonde.fr/economie/article/2020/03/04/nucleaire-l-alerte-de-la-cour-des-comptes-sur-les-couts-du-demantelement_6031839_3234.html?fbclid=IwAR1OPU_w58zak8GVjI9sO6PNQCqogzyiCZMJYOdue7BmLfCXFX5jqYzv_uA

Le processus d’arrêt des réacteurs construits dans les années 1980 et 1990 s’étalera sur plus d’un siècle.

Par  et 

Publié le 04 mars 2020 à 18h01, mis à jour hier à 02h31

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Vue aérienne de la centrale nucléaire de Fessenheim (Haut-Rhin), le 21 février.

Vue aérienne de la centrale nucléaire de Fessenheim (Haut-Rhin), le 21 février. SEBASTIEN BOZON / AFP

Avec l’arrêt du premier réacteur de la centrale nucléaire de Fessenheim (Haut-Rhin), samedi 22 février, la France est entrée dans une nouvelle phase de son histoire avec l’atome civil : le début d’un long processus d’arrêt des infrastructures construites dans les années 1980 et 1990, qui conduira au démantèlement de ces installations.

Dans un rapport rédigé à la demande de la commission des finances du Sénat et publié mercredi 4 mars, la Cour des comptes juge sévèrement le calendrier et les coûts envisagés par EDF, Orano (ex-Areva) et le Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives (CEA) pour assurer la fin de ses centrales. Elle appelle également l’Etat à anticiper sérieusement les fermetures de réacteurs à venir et à mieux planifier sa politique énergétique en la matière.

Lire aussi  Dans les entrailles du démantèlement nucléaire
  • Démantèlement : des coûts mal évalués

Les magistrats rappellent que la France a fait le choix du principe d’un démantèlement « immédiat », qui est inscrit dans la loi depuis 2015 et prévoit que les opérations doivent débuter « dans un délai aussi court que possible – dans des conditions économiquement acceptables ». Mais la Cour remarque que l’Etat n’est pas suffisamment bien organisé pour évaluer les arbitrages proposés par les exploitants.

Surtout, les magistrats appellent, dans leur rapport, à une plus grande prudence dans l’évaluation des coûts. La projection actuelle des charges de démantèlement s’élève à 46,4 milliards d’euros, avec un calendrier qui s’étale sur plus d’un siècle.

« La prudence des évaluations actuelles mériterait d’être encore renforcée », euphémise la Cour des comptes. Elle note que « EDF et Orano excluent aujourd’hui de leur évaluation certaines dépenses », notamment certaines charges liées à la fin de l’exploitation des réacteurs et une part de la fiscalité.

Alta velocità Strasburgo-Parigi Francia, deraglia un treno Tgv 20 feriti, grave il macchinista

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Francia-deraglia-un-treno-Tgv-venti-feriti-grave-il-macchinista-04bd7c9d-fc01-49b1-9d69-9c20e02bafc9.html?fbclid=IwAR10A3JysK0HuRHJ7H5o2ETyjtF0qJIdHy7XumTTAE0L-LGxG8CHwc92EYo&refresh_ce

L’incidente è stato causato dal cedimento di un terrapieno

05 marzo 2020

Sono almeno una ventina le persone ferite, di cui una – il macchinista – in condizioni gravi, nell’incidente del treno ad alta velocità Tgv sulla tratta Strasburgo-Parigi: è quanto annunciano le autorità francesi. Il ferito in condizioni gravi è stato trasportato in ospedale in elicottero. “Abbiamo sentito l’impatto e improvvisamente abbiamo realizzato che il treno era finito fuori dai binari. Per lunghi secondi ha rallentato inclinandosi leggermente su un lato”, dice un testimone citato dalla rete all news BFM-TV.  L’incidente del Tgv, spiega la società ferroviaria, è stato causato dal crollo di un terrapieno. Le altre persone rimaste ferite, tra i 348 passeggeri a bordo, non sono gravi

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Coronavirus. Forti dubbi sullo studio del Nejm che aveva parlato di trasmissione da persona asintomatica in Germania

http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=80978

Lo studio tedesco che aveva suggerito che il virus 2019-nCoV potesse essere trasmesso da persone asintomatiche è stato messo in discussione dall’Istituto di sanità puublica tedesco Robert Koch. Secondo quest’ultimo lo studio conteneva informazioni inesatte sullo stato del paziente che ha trasmesso l’infezione a quattro persone in Germania. La possibilità di una trasmissione asintomatica non è comunque completamente esclusa ma non è stata dimostrata.

04 FEB – Il 30 gennaio è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine (NEJM) un articolo che sembrava confermare i peggiori timori sul coronavirus 2019-nCoV: che l’infezione potesse essere trasmessa anche dalle persone che non presentano alcun sintomo, il che renderebbe il controllo del virus molto difficile.
 
Lo studio si basava sulle affermazioni dei quattro pazienti tedeschi, che dichiaravano che la paziente cinese, una donna d’affari in vista a Monaco, che aveva trasmesso loro l’infezione, non presentava alcun sintomo. “Durante il suo soggiorno, stava bene senza segni o sintomi di infezione, ma si era ammalata durante il suo volo di ritorno in Cina”, hanno scritto gli autori. “Il fatto che le persone asintomatiche siano potenziali fonti di infezione 2019-nCoV può giustificare una rivalutazione della dinamica di trasmissione dell’attuale epidemia”.

Gli autori dello studio non avevano però contattato la donna stessa prima di pubblicare il documento. Il Robert Koch Institute (RKI), l’agenzia di sanità pubblica del governo tedesco, ha sentito telefonicamente la paziente e ha riportato che la donna durante il suo soggiorno in Germania, si sentiva stanca, soffriva di dolori muscolari e prendeva il paracetamolo. Dopo aver inviato una lettera al giornale, RKI ha informato l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e le agenzie europee partner.

L’articolo del NEJM è stato fortemente criticato (un portavoce della rivista ha comunicato che dopo la lettera del Koch sono in corso verifiche), e la vicenda ha messo in luce l’importanza di fare molta attenzione a ciò che si afferma negli studi, e di effettuare delle revisioni accurate degli articoli, nonostante la necessità, imposta da una situazione di emergenza, di condividere i dati il più rapidamente possibile.

In ogni caso, precisa un articolo di Science, il fatto che lo studio contenga delle imprecisioni e delle informazioni scorrette, non significa che si possa esludere del tutto la possibilità di una trasmissione del virus anche da parte di persone asintomatiche.

In un rapporto del 1º febbraio, prima che l’articolo venisse smentito, l’Oms stessa ha  sottolineato che “sulla base dei dati disponibili al momento, la trasmissione avviene principalmente nei casi sintomatici” e che come è stato osservato con altri coronavirus “è molto raro che la patologia sia trasmessa da una persona che non presenta sintomi”.

Un aspetto problematico emerso dai casi tedeschi è che tutti hanno avuto un’infezione molto lieve, e questo può aiutare a diffondere il virus, ha commentato il virologo Christian Drosten del Charité University Hospital di Berlino, uno degli autori dello studio oggi messo in discussione. “Sembra che le persone possano diffondere il virus pur manifestando sintomi lievi”.

04 febbraio 2020

E’ TEDESCO IL PAZIENTE ZERO

https://www.maurizioblondet.it/tedesco-il-paziente-zero/?fbclid=IwAR1mPENtXbKO1Fo2bD4JPqESe6Utt5x30kFfuW2F9f_vAyOALcT1CVU2uu0

   4 Marzo 2020  

Trasmissione dell’infezione 2019-nCoV da un contatto asintomatico in Germania

ALL’EDITORE:

Il  nuovo coronavirus (2019-nCoV) di Wuhan sta attualmente causando preoccupazione nella comunità medica mentre il virus si sta diffondendo in tutto il mondo. 1 Dall’identificazione del virus a fine dicembre 2019, il numero di casi provenienti dalla Cina che sono stati importati in altri paesi è in aumento e il quadro epidemiologico sta cambiando su base giornaliera. Stiamo segnalando un caso di infezione 2019-nCoV acquisita al di fuori dell’Asia in cui sembra essersi verificata la trasmissione durante il periodo di incubazione nel paziente indice.

Un uomo d’affari tedesco di 33 anni altrimenti sano (Paziente 1) si ammalò di mal di gola, brividi e mialgie il 24 gennaio 2020. Il giorno seguente si sviluppò una febbre di 39,1 ° C (102,4 ° F), insieme a una tosse produttiva. La sera del giorno successivo, iniziò a sentirsi meglio e tornò al lavoro il 27 gennaio.

Figura 1.Cronologia dell’esposizione a pazienti indicizzati con infezione asintomatica 2019-CoV in Germania.

Prima dell’inizio dei sintomi, aveva partecipato alle riunioni con un partner commerciale cinese nella sua azienda vicino a Monaco il 20 e il 21 gennaio. Il socio in affari, un residente di Shanghai, aveva visitato la Germania tra il 19 e il 22 gennaio. Durante il suo soggiorno, era stata bene senza segni o sintomi di infezione, ma si era ammalato durante il suo volo di ritorno in Cina, dove si è rivelato positivo per 2019-nCoV il 26 gennaio (indice paziente in Figura 1 ) (vedere Appendice supplementare , disponibile su NEJM.org, per dettagli sulla linea temporale dello sviluppo dei sintomi che porta al ricovero).

Il 27 gennaio ha informato la compagnia della sua malattia. È stata avviata la ricerca dei contatti e il suddetto collega è stato inviato alla Divisione delle malattie infettive e della medicina tropicale a Monaco per ulteriori accertamenti. Alla presentazione, era afebrile e bene. Non ha riportato malattie precedenti o croniche e non ha avuto anamnesi di viaggio all’estero entro 14 giorni prima dell’inizio dei sintomi. Sono stati ottenuti due tamponi rinofaringei e un campione di espettorato che si sono rivelati positivi per il 2019-nCoV sul dosaggio quantitativo di reazione a catena trascrittasi inversa-polimerasi (qRT-PCR). 2 Il test QRT-PCR di follow-up ha rivelato un’elevata carica virale di 10 8 copie per millilitro nell’espettorato nei giorni seguenti, con l’ultimo risultato disponibile il 29 gennaio.

Il 28 gennaio, altri tre dipendenti dell’azienda sono risultati positivi per 2019-nCoV (Pazienti da 2 a 4 nella Figura 1 ). Di questi pazienti, solo il paziente 2 ha avuto contatti con il paziente indice; gli altri due pazienti hanno avuto contatti solo con il paziente 1. In accordo con le autorità sanitarie, tutti i pazienti con infezione confermata 2019-nCoV sono stati ricoverati in un’unità di malattie infettive di Monaco per il monitoraggio clinico e l’isolamento. Finora, nessuno dei quattro pazienti confermati mostra segni di grave malattia clinica.

Questo caso di infezione 2019-nCoV è stato diagnosticato in Germania e trasmesso al di fuori dell’Asia. Tuttavia, è da notare che l’infezione sembra essere stata trasmessa durante il periodo di incubazione del paziente indice, in cui la malattia era breve e non specifica. 3

Il fatto che le persone asintomatiche siano potenziali fonti di infezione 2019-nCoV può giustificare una rivalutazione della dinamica di trasmissione dell’attuale epidemia. In questo contesto, il rilevamento di 2019-nCoV e un’elevata carica virale di espettorato in un paziente convalescente (Paziente 1) destano preoccupazione per il rilascio prolungato di 2019-nCoV dopo il recupero. Tuttavia, la vitalità del 2019-nCoV rilevata su qRT-PCR in questo paziente rimane da dimostrare mediante coltura virale.

Nonostante queste preoccupazioni, tutti e quattro i pazienti che sono stati visitati a Monaco hanno avuto casi lievi e sono stati ricoverati principalmente per scopi di salute pubblica. Poiché le capacità ospedaliere sono limitate – in particolare, dato il picco concomitante della stagione influenzale nell’emisfero settentrionale – sono necessarie ricerche per determinare se tali pazienti possono essere trattati con una guida adeguata e una supervisione al di fuori dell’ospedale.

Camilla Rothe, MD
Mirjam Schunk, MD
Peter Sothmann, MD
Gisela Bretzel, MD
Guenter Froeschl, MD
Claudia Wallrauch, MD
Thorbjörn Zimmer, MD
Verena Thiel, MD
Christian Janke, MD
University Hospital LMU Monaco, Monaco, Germania

Wolfgang Guggemos, MD
Michael Seilmaier, MD
Klinikum München-Schwabing, Monaco, Germania

Christian Drosten, MD
Charité Universitätsmedizin Berlin, Berlino, Germania

Patrick Vollmar, MD
Katrin Zwirglmaier, Ph.D.
Sabine Zange, MD
Roman Wölfel, MD
Bundeswehr Institute of Microbiology, Monaco, Germania

Michael Hoelscher, MD, Ph.D.
University Hospital LMU Munich, Monaco, Germania

I moduli di divulgazione forniti dagli autori sono disponibili con il testo completo di questa lettera su NEJM.org.

Questa lettera è stata pubblicata il 30 gennaio 2020 e aggiornata il 6 febbraio 2020 su NEJM.org

SIRIA-TURCHIA-GRECIA, I “BUONI” DALL’ODIO AL SADISMO —- VIRUS, TERRORISTI, MIGRANTI —- 3 ARMI DELLA GLOBALIZZAZIONE 3

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/03/siria-turchia-grecia-i-buoni-dallodio.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 3 MARZO 2020

 

L’odio è ciò che unisce il nostro campo” (Natan Eshel, consigliere del primo ministro israeliano Benjamin Netaniahu)

Cosa hanno in comune Assange, Coronavirus e migranti dalla Turchia

Tre sono le direttrici che l’Odio anti-umano dei sociopatici della globalizzazione, detta “antifascista” e fascista al punto che non ce lo siamo mai immaginato, hanno preso per un assalto combinato alla libertà individuale e collettiva e per la definitiva concentrazione della ricchezza globale nelle mani degli orchi. Assange e quanto ne consegue per il diritto di dire ciò che si sa, che si vede e che si pensa, Coronavirus e quanto ne consegue in termini di guerra economica, geopolitica e sociale a popoli e comunità, migranti e quanto ne consegue in termini di annientamento capitalrazzista di identità, coesione, storia, civiltà, schiavismo. Nessuno dei procedimenti inerenti a queste direttrici è esente dalle componenti della perfidia e del sadismo, strutturali della psicopatologia dei dominanti.

Per questo basta dare un’occhiata ad Assange, invecchiato di vent’anni in due, isolato dagli sgherri di Sua Maestà in una segreta, nella giornata dell’aula 11 volte ammanettato, denudato e perquisito due volte, privato dei suoi documenti legali, chiuso in una scatola di vetro isolata dai suoi legali, insultato da un’arpia che fa da magistrato. Sadismo da Coronavirus che manda in paranoia un intero popolo, ne sottomette a stato d’assedio una parte, fa prove di Stato di Polizia, elegge buffoni-cialtroni a decisori sulla sorte della gente. Perfidia e sadismo, a partire da una Grecia già rasa al suolo, mandando in prima linea bambini e donne, possibilmente incinte, ad assaltare e stravolgere comunità già perseguitate e lesionate dagli stessi che mandano alla carica bambini e donne possibilmente incinte.

Vermi nel cellophane rosa

Tutto questo aggregato di odio, malafede, menzogna, con l’unico scopo di spianare la strada all’obiettivo che ho descritto nella prima riga, obiettivo con perversa ipocrisia avvolto nel cellophane rosa dei “diritti umani”, arma atomica della globalizzazione. La qual cosa sarebbe del tutto impraticabile di fronte alle intelligenze anche di pochissime vittime, se non avessimo gli schermi uniti e il giornale unico – da RAISET a tutto Cairo, da Repubblica-Stampa-Corriere a manifesto-Fatto Quotidiano – con la loro narrazione totalmente sdraiata sul tappetino, trapunto di dollari, della strategia atlanto-sion-globalista. Non giornalisti come Assange, ma invertebrati  che operano nascosti dentro la mela, rossa o rosata.

Quando la questione è il burka (sparito), e non la fine di un a strage di 19 anni

Qui, tra i tanti, eccelle una Giuliana Sgrena che, con i noti “esperti di Asia” del “manifesto”, esprime tutto il suo livore sorosiano per l’accordo con gli USA sul ritiro dall’Afghanistan, sancito dalla vittoria dei Taliban, lacrimando sul destino delle donne che gli americani avrebbero dovuto liberare. Di Sgrena nulla più stupisce, ma sorprende un altro “diverso”, Andrea Scanzi (FQ), che ha ritenuto appropriato dare del “dittatore efferato” ad Assad. Scanzi, tanto bravo a fare le bucce ai colleghi minori, o sei ignorante peggio di Salvini, o perché dalla Lilli-Bilderberg-Gruber è bene esprimersi così. In perfetta sintonia con l’immancabile baciatrice di Soros e polena di ogni Grande Armada delle guerre imperiali, Emma Bonino.

“La Repubblica”

Ma tutto questo è scontato da anni. Farsi illusioni su questa categoria di azzimati e protervi mercenari, che imitano con la tastiera i jihadisti con i coltelli, significa meritare in pieno gli alamari di utile idiota. Il guaio peggiore è che sulla stessa linea si muove un’armata di minuscoli, di per sé irrilevanti, epperò vociferanti, invertebrati da mela rossa che si definiscono associazioni, comitati, organismi, si danno le più svariate denominazioni, pur di occultare la loro natura di efferati (questi sì) collusi. Vi pare mai possibile che, in questi giorni di martirio della Siria e, a seguire, della Grecia, nazione-madre con quel falso pretesto divorata viva dalla Troika (Juncker, Draghi, Lagarde), cui va aggiunto George Soros, che fa da bancomat e PR a tutti i nazionicidi e sociocidi si chiami la gente a manifestare contro la Grecia?

Presidio Ambasciata di Grecia a Roma ·

 Organizzato da Freedom, Hurriya, Libertà. Nessuna galera Nessuna frontiera e NED PuntoSolidale Marranella

Appuntamento mercoledì 4 marzo, ore 17:00, davanti l’Ambasciata greca a Roma in solidarietà alle persone migranti in lotta e per la libertà.

Metastasi USA degli accoglitori senza se e senza ma

Hanno pure la faccia tosta, fidando sul rimbecillimento da media della gente, di firmare come NED, National Endowment for Democracy, la fetecchia creata da Kissinger per fare apertamente il lavoro che la CIA faceva di nascosto, quando il Congresso scoprì e condannò le pratiche sovversive e criminali compiute dall’agenzia in Centroamerica, ai tempi dei Contras. Da allora, non c’è stato complotto Usa-Nato contro paesi non allineati – Ucraina, Georgia, Venezuela, Bolivia, Honduras, Iraq, Libano, Algeria, Cina, Russia, Jugoslavia, Serbia – cui la NED non abbia fornito denaro, operativi, Ong di complemento. Viene ufficialmente finanziata dal governo e, privatamente, ma apertamente, da George Soros e dalla sua Open Society Foundation. Che è anche alla base dell’attività frenetica, per quanto sostenuta da associazioni tanto altosonanti quanto di esilissima dimensione numerica, che vediamo stracciarsi le vesti sui migranti.

Erdogan? Bravo sulla Siria, ma un po’ esoso

Mettiamo i puntini sulle i, alla faccia di questa orda di mistificatori che, con Soros a capo, quanto a ferite inferte all’umanità e danno arrecato alle nazioni libere, ai miliziani di al Baghdadi (per non dire CIA) suscitano grandissima invidia. Nessuno dei corifei del mescolamento di popoli che guardi al primo anello della catena. Un paese laico, tollerante, pacifico, antimperialista, difensore dei palestinesi, sovrano, discretamente governato, invaso, straziato, mutilato da dieci anni. Con il consenso della nostra parte. Per costoro, Erdogan ha invece il merito di resistere all’”efferato Assad” e alle sue “bombe sui civili”.  ha solo demerito di sfruttare la disperazione dei disperati per farsi dare soldi dall’Europa.Non fosse per quello, gli dovremmo il tappeto rosso. Per noi, Erdogan è un delinquente che, con branchi di subumani, ha invaso e insanguinato la Siria per dieci anni, in combutta con Usa, Nato, Israele e satrapi del Golfo e ora, complice dei globalisti e dei loro sguatteri umanitaristi, impiega l’arma delle migrazioni per sfasciare definitivamente il nemico storico greco.

Non solo manodopera da mezzo euro, Al Qaida-Isis per l’Europa.

Per loro i migranti mandati all’assalto delle isole e della terraferma greca, sono i profughi “disperati” fuggiti dalle bombe di Assad e di Putin e vanno tutti accolti e i greci che glielo impediscono sono razzisti e assassini. Per noi – e per la realtà – si tratta di migranti afghani, cingalesi, bengalesi, maghrebini, africani, rastrellati da Erdogan e rovesciati su Lesbo e le altre perle dell’Egeo, insieme a qualche ascaro di Al Qaida-Al Nusra-Isis di cui i siriani stanno ripulendo finalmente Idlib e che potrà ben servire per far paura all’Europa con qualche episodio alla Bataclan.

Manifestare per i carnefici, calpestare le vittime

Per loro i greci sono fascisti razzisti che rifiutano accoglienza ai disperati. Per noi i greci fanno benissimo a far capire ai deportati della globalizzazione che non è cosa, non gli conviene. Se questi sono vittime della tratta, i greci sono l’agnello sacrificale di una strategia di distruzione totale di quel paese. Un paese nei suoi gangli più vulnerabili oberato di decine di migliaia di migranti economici che gli hanno rovinato la massima fonte di reddito per il ricupero di un minimo di sopravvivenza dopo l’operazione Troika. Migranti lasciati a marcire sulle loro spalle, dato che gli schiavi importati ormai abbondano in Europa. Senza perdere d’occhio il primo anello della catena alle caviglie dei deportati:lo sradicamento forzoso di popolazioni dalle loro terre da poi far depredare a eserciti, milizie assoldate, multinazionali.

Con il sultano ricattatore e terrorista contro la Grecia e la Siria. Ma per i “diritti umani”

Due sono le vittime di questa scellerata operazione contro popoli o resistenti, o da buttare. La Siria di Assad e la Grecia di Mitsotakis, che sarà di destra, ma cui è stata consegnata una Grecia fatta a brandelli da gente specializzata in genocidi, le cui opere di morte sono coperte dai fiori di bontà di accoglitori come quelli che, in una palude di vergogna, si ritrovano a manifestare all’ambasciata greca. E non a quella turca, alla Nato, a Bruxelles.

C’entra Bilderberg? Sempre, per fortuna siamo complottisti.

Pensierino finale sbarazzino. L’accolita Bilderberg si è riunita nelle segrete stanze di Svizzera, caput mundi della finanza, cioè della Rapina Istituzionale Globale (RIG), dal 30 maggio al 2 giugno del 2019 (con Stefano Feltri, FQ, che subito s’è dato da fare contro l’ENI e pro-petrolifere imperiali). La stessa conventicola, i cui miliardi decidono ogni cosa, con meno ponti levatoi tirati su, meno fossi con coccodrilli, meno spingarde alle feritoie e allargata a soci di minoranza, ha banchettato “all’aperto” a Davos. Due scadenze, un’escalation della guerra agli umani: 1) Coronavirus, Cina dietro la lavagna, via della Seta bloccata, e grandi prove di Stati di polizia; 2) sconquassi nel Mediterraneo con Erdogan-Nato che, arruolando il fantoccio jihadista-Nato Al Serraj di Libia, si prende il petrolio di mezzo mare e difendendo i tagliagole in Idlib preserva la forza terrorista dell’Impero; 3) rilancio alla grandissima dell’operazione migranti (non conta una cippa che ci sia guerra o no, fame o no, persecuzione o no, basta che dei poveretti, o malviventi, credano alla fola che in Sud Europa faranno i soldi) e taglio di quel che resta delle gambe di Grecia, Balcani, Sud Europa.

Aggiungo in calce, gli appelli alle manifestazioni contro la Grecia. Ovviamente nel segno di Bilderberg. Divertitevi a distinguere tra utili idioti e amici del giaguaro.

APPELLO URGENTE DEL GRUPPO “PORTI APERTI MILANO” E “ATTIVISTI ITALIANI NORD-SUD

Invitiamo tutte e tutti a condividere questo appello e ad aderire come singoli o come associazioni nei commenti o alla mail portiapertimilano@gmail.com
Provvederemo ad inserire le vostre firme.

“Lanciamo un appello urgente per tenere alta l’attenzione su quanto sta avvenendo in Turchia e Grecia e affinché cessi l’ assordante silenzio dell’Europa in merito.
Chiediamo che siano annullati immediatamente gli accordi criminali in base ai quali la Ue finanzia Erdogan affinché trattenga i Rifugiati (principalmente in arrivo dal Medio Oriente ma non solo) per impedire loro di raggiungere il cuore dell’Europa. Chiediamo che vengano istituiti corridoi umanitari per trarre in salvo migliaia di persone.
Erdogan ha deciso di aprire per 72 ore la frontiera fra Turchia e Grecia.
Le migliaia di Siriani che hanno cercato di penetrare in Grecia dalla Turchia si sono letteralmente trovati intrappolati in una “no man land”. Sono stati accolti da gas lacrimogeni e manganellate dalla polizia greca, assolutamente noncurante della presenza di donne e bambini stremati.
Le temperature estremamente rigide altro non fanno che peggiorare ulteriormente le condizioni in cui versa la popolazione civile coinvolta.
Agli occupanti di una imbarcazione che stava per attraccare al porto di Thermy sull’isola di Lesbo è stato impedire di attraccare. Inoltre segnaliamo che sull’isola continuano ad avvenire gravissime aggressioni da parte di gruppi di fascisti nei confronti dei Rifugiati, membri di ONG, attivisti e volontari.
Di fronte al precipitare della situazione, vogliamo che i Paesi Europei assumano una netta presa di posizione nei confronti del comportamento della Grecia e della Turchia.
Ci risulta che solo il Papa abbia pronunciato parole di solidarietà. E non ci basta.

Chiediamo pertanto alle istituzioni Europee e ai singoli paesi un intervento immediato, stanziando aiuti rapidi ed efficaci per riportare i campi delle isole greche a una situazione di minima dignità, e istituendo nel giro di poche settimane corridoi umanitari sia con Idlib (dove sono ammassati circa un milione di persone) sia con le isole greche più sovraffollate, che non possono essere lasciate sole davanti al fenomeno epocale delle migrazioni, diventando così campi di concentramento analoghi a quelli della Libia, dove muore il senso stesso della costruzione europea.”

FIRME APPELLO:

– Coro Voci di Donne
– Mai più Lager No Ai CPR
– Memoria Antifascista
– Possibile Milano
– Possibile
– Rete Antirazzista Catanese
– NoWalls
– L.U.M.E. Laboratorio Universitario Metropolitano
– Teatro Officina
– Via Padova Via del Mondo
– Abareka
– Laboratorio Torri di Babele
– Caduti di Mente
– Amici del Parco Trotter
– Cambio Passo
– Nur_a spotlight on migrant voices
– Todo Cambia
– Prc. Nazionale
– Ass. Prom. Soc. Fabrizio Casavola
– Rimake
– Cantiere
– Coordinamento dei Collettivi Studenteschi
– Spazio di Mutuo Soccorso
– Via Padova Viva
– Rete Femminista No Muri No Recinti
– SOS ERM_Emergenza Rifugiati Milano
– WILPF italia
– Casa Internazionale delle Donne di Roma
– Gea_Movimento femminista studentesco
– Carovane Migranti
– Forum Antirazzista Palermo
– Rete Jin Milano
– Nabad Onlus_Progetto Spazio Mondi Migranti
– Codici Ricerche e Intervento
– Associazione Cultura E’ Libertà
– Associazione Dimensioni Diverse
– Sezione ANPI ATM
– Sezione ANPI 10 Agosto 1944
– Sezione ANPI LUMEZZANE
– Collettivo RAM_Restauro Arte Memoria
– Associazione di Promozione Sociale Spazio Ruggine
– Circolo Metromondo
– Cicogneteatro Brescia
– Rete 21 Marzo_Mano nella mano contro il razzismo
– Sikuspacha_gruppo musicale
– Associazione Sunuga
– Associazione RivoluzionArti
– Acea Odv
– Sindacato Usb_Sportello Immigrazione Vicenza
– Associazione Oltre Il Mare
– Senonoraquando Comitato di Brescia
– Circolo Lato B
– Sinistra italiana Cremona
– Naga Odv
– Milano Senza Frontiere
– Rete di Donne per la Politica di Genova
– ADL COBAS Lombardia
– Fondazione FIRSS
– Coordinamento per la Democrazia Costituzionale – Municipio 4 Milano
– Associazione Irene – Non facciamo affondare la Grecia
– Associazione ItaliaCuba
– Marcia Restiamo Umani
– Sinistra Italiana Milano
– Coordinamento Antifascista del Casentino
– Lavoratori della Scuola Auto-Organizzati
– Casa delle Donne di Milano
– Associazione (S)cambiare

Presidio Ambasciata di Grecia a Roma

Appuntamento mercoledì 4 marzo, ore 17:00, davanti l’Ambasciata greca a Roma in solidarietà alle persone migranti in lotta e per la libertà.

In queste ore si sta consumando l’ennesima tragedia sotto i nostri occhi.

Migliaia di persone sono ammassate al confine tra Grecia e Turchia, l’Europa risponde con armi da fuoco, carcere e pestaggi. Contiamo i primi morti……

Da questa estate il Governo greco ha rinforzato l’attacco alle lotte autorganizzate, alle occupazioni e nei confronti delle persone migranti.
Nelle isole come Lesbo e Chios, ormai prigioni a cielo aperto, lo Stato ha scelto di far esplodere la rabbia della popolazione piuttosto che smantellare un maxi campo di concentramento e permettere alle persone di spostarsi liberamente e contemporaneamente ne costruisce di nuovi. Lasciando così sfogare tensioni sociali sui migranti anzichè contro le stesse istituzioni che per anni hanno costretto decine di migliaia di persone ad una convivenza difficile. E, come se non bastasse, viene lasciata carta bianca a nazisti e fascisti che approfittano di questa situazione per colpire le persone.

Arrivano immagini di vera e propria guerra a due passi da casa nostra.
Viviamo in un paese esperto in stragi in mare, campi di internamento e deportazioni.
Non possiamo restare a guardare.
Appuntamento mercoledì 4 marzo, ore 17:00, davanti l’Ambasciata greca a Roma in solidarietà alle persone migranti in lotta e per la libertà.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 20:39

ALTRO CHE SANDERS O ALTRI FASULLONI——- ZITTI ZITTI! NEGLI USA SPUNTA UN’ANTIMPERIALISTA VERA —— OTTIMA NARRAZIONE DI DI BATTISTA DALL’IRAN (CON QUALCHE STRABISMO)

https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2020/03/altro-che-sanders-o-altri-fasulloni.html

MONDOCANE

DOMENICA 1 MARZO 2020

 La senatrice Usa Tulsi Gabbard tra donne siriane ad Aleppo liberata

Mentre succede di tutto, in America….

Mentre l’impunito Israele bombarda la Siria un giorno sì e l’altro pure, nel compiacimento generale e con i russi zitti,; mentre forse l’accordo tra Usa e Taliban, che taglia fuori i fantocci corrotti del teatrino di Kabul, pone fine (malvista dal “manifesto”: “le donne!”) a 19 anni di stragi Usa-Nato di civili afghani e di maxi-produzione di eroina per l’Occidente; mentre non passa giorno che gli Usa non facciano stragi di civili in Somalia, “effetti collaterali” dei bombardamenti sugli Shabaab; mentre le milizie Isis allevate da Usa, Israele, Erdogan e petrotiranni  terrorizzano Siria, Egitto, Libia, Africa, Europa; mentre l’Occidente sostiene il regime golpista di Al Serraj in Libia, tenuto in piedi dalla peggiore feccia jihadista di Misurata, garante anche del traffico Ong di sradicati africani, ma caro alle nostre sinistre imperiali e di destra; mentre un virus, trasformato da normale influenza in peste bubbonica, serve a satanizzare la Cina, bloccare la Via della Seta, sperimentare stati d’assedio e di neutralizzazione sociale… mentre succede tutto questo qualcuno inizia a fare il tifo per l’uno o l’altro candidato nelle primarie del Partito Democratico statunitense.

Burattini di Bilderberg sul campo

Ci si divide tra un supermiliardario, 9° al mondo per ricchezza, Bloomberg, che le primarie e, forse, la presidenza, se le compra a suono di milionate, a dispetto delle sue performance tv da brocco azzoppato, e una “liberal”, Warren, che però è simpatica al Pentagono e da Wall Street è la più foraggiata. Oppure tra uno scaturito sindaco di un villaggio dell’Indiana, Buttigieg che sembra un fumetto da Cocco Bill epperò, per tutta la vita ha bazzicato più i servizi segreti che non il saloon del paese e quindi ha i voti della CIA, e un  totalmente rincoglionito malvivente, Biden, che ricattava, lui sì, il governo ucraino perché non processasse il figliolo lestofante, e però gode del consenso afroamericano, dato che è stato vice di un presidente nero.

la crème de la crème delle primarie democratiche

Pian piano i nostri sinistri imperialisti di destra, “manifesto” in testa, devono – il distintivo esibito lo impone– rassegnarsi ad abbandonare queste ipotesi, pur viste finora con simpatia, e schierarsi con il sinistro vero, socialdemocratico, forse addirittura socialista, sconfitto nel 2016 da Hillary a forza di trucchetti sporchi del Comitato Nazionale Democratico (DNC). Che non è altri che il 77enne Sanders. Bernie, per i fan.

Sanders, il neocon sociale!

Dice, ma come? Ma se questo Sanders, dopo aver chiesto sanità per tutti e aumenti salariali, s’è detto pronto (al New York Times) ad appoggiare un attacco preventivo a Iran e Corea del Nord? Ma come, se ha concluso, con Pompeo e tutti i neocon, che Putin è un farabutto e che ha messo le zampe sulle elezioni americane di ieri e di oggi e fa da sgabello a Trump? Ma come, se, pur dopo aver affermato che Netaniahu é uno zotico, dichiara che tutto il resto di Israele gli sta bene e che l’ambasciata Usa deve restare trasferita a Gerusalemme?

Cosa rispondono i sinistri imperiali su questo vecchietto in piena sintonia con

l’imperialismo neocon e dello Stato Profondo? Ma cosa devono rispondere, se la pensano come lui! Dopo il ticket Bloomberg-Hillary, allucinazione apocalittica di cui qualcuno però già vocifera e lei non smentisce, cosa ci sarebbe di meglio del “socialista” Sanders?

Una donna per ogni stagione. Neocon.

Tulsi Gabbard, l’innominabile

Ma c’è un’altra concorrente alle primarie, anche se non va ai battibecchini tv. L’avete mai sentita nominare? Si chiama Tulsi Gabbard, senatrice dell’Alaska, è giovane e bella, ma è già una veterana di ripetute missioni militari in Iraq da ufficiale della Guardia Nazionale. Dalle quali ha tratto l’unica posizione anti-guerra e antimperialista di tutto il cucuzzaro democratico-repubblicano che concorre alla presidenza. Ha compiuto l’indicibile: è andata da Bashar al Assad, presidente della Siria in resistenza da 10 anni e ha detto che ha ragione. Ha detto che è una vergognosa mistificazione chiamare i terroristi Isis e Al Qaida “ribelli” e cianciare di “guerra civile”. Ha detto che tutte le guerre e tutti gli ammazzamenti Usa devono finire.

E ha sbagliato ancora una volta definendo il vecchio compare degli Usa nell’allevamento dei ratti terroristi e neo alleato in Nato grazie ai massacri compiuti in Idlib, ”dittatore turco aggressivo, integralista ed espansionista” e intimando a Trump di “non farsi trascinare in una guerra contro la Russia”. Tutto il contrario di quanto da parte degli altri bravi candidati si auspica.

Non ha perso l’attimo, Hillary, per sentenziare, per questo da Tulsi querelata, che la senatrice Gabbard non è altro che un arnese dei russi. Come tutti quelli fuori dal giro euro-atlantico. Soros l’ha definita la massima sciagura che possa capitare agli Usa e al mondo. Una garanzia per noi. E non volete che campioni del giornalismo indipendente, come New York Times, Washington Post e CNN, non abbiano subito rilanciato l’infamante, incapacitante anatema?

Ora sapete perché in Italia non se ne parla. Men che mai sul “manifesto”.

Di Battista: dall’Iran con amore (e qualche riserva mia)

Ho già detto quanto apprezzo i reportage di Alessandro Di Battista, rivelatosi acuto, profondo, sensibile e competente osservatore sul “Fatto Quotidiano”, prima, dei paesi devastati dagli Usa in America Centrale e, ora, di un Iran di cui, in tutti questi anni, la stampa caporale di giornata dell’arsenale mediatico imperialista non ci ha dato che una raffigurazione deformata, falsa, strumentale, del tutto bugiarda. Che si trattasse sia degli odiatissimi cosiddetti “conservatori” (gli intransigenti dell’antimperialismo e di una politica per le classi popolari, come quella del laico Ahmadinejad), sia dei “moderati”, o “riformisti”, termini che già ci dicono tutto sulla linea compromissoria, legata agli interessi dell’alta borghesia, con gli ayatollah Rafsanjani, Khatami, Rouhani).

Dibba ci offre, al solito, un quadro umano, perciò veritiero e, dunque, intriso di attenzione e simpatia per questo paese. Una delle culle della civiltà che, da 70 anni, subisce le vessazioni degli Usa, di Israele e di un’Europa tafazzista e codina (il colpo di Stato USA-UK contro Mossadeq, la dittatura dello Shah, le sanzioni genocide, il terrorismo dei mercenari MEK – Mouhajeddin del Popolo – la diffamazione). Si dilunga anche sull’evento che, come racconta, avrebbe fondato e rafforzato il patriottismo, il coraggio, la resistenza di questa gente: la guerra con l’Iraq, dal 1980 al 1988.

Il mio apprezzamento è al netto di un dissenso su come questo coscienzioso giornalista e bravo politico interpreta le varie “rivolte verdi”, assegnandogli troppo facilmente la patente di “buone ragioni” (piuttosto le sanzioni Usa) nelle proteste contro l’attuale governo iraniano (e negandogli la matrice, ultraprovata, di tutte le “rivoluzioni colorate” istigate da Soros, Otpor, Cia, contro paesi disobbedienti). Lascio da parte anche l’osservazione, rilevante, ma non corredata da motivazioni, che l’imperialismo, giocandosi il Coronavirus, ha potenziato la sua mega-campagna d’odio contro la Cina e la sua Via della Seta (quella, sì, contro i nostri interessi nazionali), per cui gli strumenti imperialistici della “russofobia e islamofobia spingeranno Tehran e Mosca sempre più tra le braccia di Pechino, questo è contro i nostri interessi”. Contro gli interessi dell’Occidente colonialista, non i nostri, per favore.

Saddam al processo-farsa dei vincitori

Di Battista sulla guerra Iraq-Iran. Vista dall’Iran

Estesa e dettagliata è la parte che concerne lo scontro Iran-Iraq, però visto dal punto da cui lo vedono gli iraniani. Il che, nel caso di due campane, rischia di essere non del tutto equilibrato. Non vorrei, a proposito di Saddam Hussein, tornare sul difficile, ma decisivo argomento che ho già sollevato sul termine di “dittatore”, magari sanguinario, utilizzato da Di Battista per Gheddafi, anche dopo il suo linciaggio sotto le risate di Hillary Clinton. Dato che ci vuole conoscenza e rispetto per storia, tradizioni, culture, limiti temporali, immaginari collettivi, archetipi, diversi da quelli che da noi hanno prodotto le cosiddette democrazie (in effetti plutocrazie e mediacrazie), ho sempre cercato di far capire che è una pretesa colonialista, in chiave subalterna, quella di castigare paesi, oltre tutto sotto accanito assedio, perché non avrebbero dato alle loro società gli assetti, tanto gradevoli e positivi…. , delle nostre borghesie post-1789. Saddam viene impiccato dagli Usa per mano dell’ayatollah Moqtada al Sadr, dopo un processo-scandalo alla Norimberga. Khomeini muore nel suo letto. E ne sono contento.

Ma qui, tra due versioni non dissimili di organizzazioni statali, sebbene una clericale e l’altra laica, la bilancia di Di Battista pende davvero troppo da un lato, quando assegna le colpe del conflitto solo a un Iraq attaccante e i meriti esclusivamente all’Iran che si difende. Occhio, questa è anche stata negli ultimi decenni la vulgata dei disinformatori occidentali, per i quali l’Iraq laico, panarabo, costituiva allora una minaccia molto più attuale dell’Iran. E lo si è diffamato, anche attribuendogli un’alleanza con gli Usa e forniture militari americane che non ci sono mai state, come dimostra la sola presenza di vecchio armamentario sovietico sui campi di battaglia del 1991 e del 2003. Nelle guerre turpitudini e atrocità succedono da tutte le parti. Ricordiamoci anche dei ragazzi iraniani mandati sui campi minati con al collo una chiave che gli avrebbe assicurato l’accesso al paradiso.

Bisogna stare attenti, e mi prendo il diritto di spiegarlo perché sono uno dei pochissimi colleghi di Di Battista che l’Iraq l’hanno frequentato, conosciuto e, per i suoi incredibili risultati di indipendenza, dignità, prosperità, giustizia sociale, creatività culturale, anche amato. E ho potuto ricavare da documenti e testimonianza, tra le altre menzogne, la smentita del presunto eccidio di oltre centomila curdi, in una sollevazione guidata dal manutengolo curdo della CIA, Masud Barzani. Fu operazione di guerra con alcune centinaia di morti. Ma da Srebrenica, e non solo, siamo abituati alle cifre immaginifiche scolpite nel falsario della Storia dai vincitori.

Dal 1977, inviato dell’autorevole “The Middle East”, e poi corrispondente da Roma dei quotidiani “Baghdad Observer” e “Ath Thaura”, sono stato in Iraq quasi ogni anno, fino all’occupazione Usa-Nato del 2003, vissuta in prima persona, e al giorno in cui la prima colonna di tank entrata nella capitale ha centrato il nostro Palestine Hotel, dove erano i giornalisti “disobbedienti” che avevano sfidato l’ordine di Bush di non stare a Baghdad ad ascoltare il nemico. Ne morì il collega spagnolo Josè Couso, mentre, ore prima, avevano ucciso un mio caro amico di Al Jazeera, Tareq Ayoub. Primo saluto yankee alla Stampa libera.

Baghdad, come filmata il 20 marzo 2003 dalla mia finestra nell’Hotel Mansour. Vedi documentari in fondo.

Iraq-Iran, come sono andate le cose

Nel periodo che va dalla rivoluzione islamica di Khomeini, 1978, allo scoppio della guerra, settembre 1980, non c’è stato momento in cui tutte le emittenti iraniane, radio, televisive, megafoni posti sul confine, la stampa, Khomeini in persona, non invitassero il popolo iracheno ad abbattere il regime e liberarsi del tiranno apostata. Arrivavano sabotatori e provocatori. Saltavano in aria persone e sedi del Baath. Pochi mesi prima della guerra, con mia moglie Sandra, arrivammo sulle montagne curde al confine tra i due paesi, a est di Irbil, vedemmo villaggi in macerie cannoneggiate dagli iraniani e sentimmo di notte il rombo di quell’artiglieria. A quel punto, il casus belli, chi davvero avesse aperto il fronte, conta poco.

Concludo, modificando gli allineamenti geopolitici verificatisi nell’occasione e da Di Battista ripresi dal racconto che va per la maggiore. Gli Usa, con Kissinger, manovravano perché i due paesi si dissanguassero entrambi, uno dei quali, l’Iraq, era già stato annegato nell’uranio impoverito nel 1991. Ma Washington incoraggiò Israele a sostenere l’Iran. Vaste forniture di armi israeliane vennero allo scoperto grazie allo scandalo Iran-Contras: con i fondi ricavati da quelle vendite a Tehran, la CIA finanziò i banditi anti-Nicaragua. Israele inflisse poi il colpo decisivo all’Iraq, non all’Iran, bombardando e distruggendo la centrale nucleare irachena di Osiraq. Le sanzioni Usa all’Iraq iniziarono con la rivoluzione degli anni’60 e furono costantemente intensificate, fino ai bombardamenti di Bill Clinton, per tutti gli anni ’90.

Baghdad, manifestazione contro gli Usa, febbraio 2020

 Del resto, gli Usa non avevano mai cessato di vedere nell’Iraq e in Saddam, dopo Nasser, il nemico principale nella regione, dato che fulcro di un progetto panarabo, nazionalista, socialista in atto. Quando scoppiò il confronto con l’Iran confessionale, i dirigenti del PC iracheno si dichiararono a favore di Khomeini. Glielo aveva intimato l’URSS di Brezhnev, che teneva di più a tenersi buono un grande paese ai suoi confini, vicino delle sue repubbliche a maggioranza islamica. E non fornì più a Baghdad un solo Kalachnikov. Così stavano le cose per le alleanze!

Punizione anche a un Iraq di Saddam che era stato il massimo sostenitore della Palestina in tutti quegli anni, altro che compare degli Usa. Lasciai Baghdad ai primi di aprile 2003, dopo alcuni giorni di occupazione statunitense, con Saddam ancora in città ad avviare una resistenza patriottica che è durata un’altra mezza dozzina d’anni e riprende oggi e costò agli americani 4.500 caduti. Quella bandiera è stata ripresa dalle “Unità di mobilitazione popolare” che hanno sconfitto l’Isis e oggi, insieme al parlamento, premono per il ritiro degli occupanti americani. Sulla strada che porta ad Amman, nell’unico, semidistrutto posto ristoro, presi un tè insieme agli autisti di un pullmino in viaggio verso la Palestina. Nonostante l’occupazione, i due dipendenti del governo di Saddam erano partiti con gli ultimi dollari che il governo consegnava a chi da Israele aveva avuto un martire, o una casa distrutta: 20.mila dollari nel primo caso, 10mila nel secondo. Patriottismo anche questo, non vi pare?

Possiamo benissimo amarli tutti e due, anzi dobbiamo, Iran e Iraq. E difenderli. Come loro ci hanno difesi e ci difendono.

Questi documentari si possono richiedere all’indirizzo visionando@virgilio.it

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:37

BIENS MAL ACQUIS: LA DOUBLE CONTRE-ATTAQUE JUDICIAIRE DE MALABO (LE MERITE PANAFRICAIN AVEC LUC MICHEL)

 

* Video sur https://vimeo.com/394683626

AFRIQUE-MEDIA-WEBTV/

BIENS MAL ACQUIS:

LA DOUBLE CONTRE-ATTAQUE JUDICIAIRE DE LA GUINEE EQUATORIALE A LA HAYE (CIJ) ET PARIS (CASSATION)

vignette merite malabo contre-attaqque

LE MERITE PANAFRICAIN DU 22 FEVRIER 2020

AVEC LE GEOPOLITICIEN LUC MICHEL

* Thème de l’émission :

CIJ: LA FRANCE REJETTE DES ACCUSATIONS DE « DISCRIMINATION » ENVERS MALABO !?

La France s’est défendue ce mardi de tout comportement « discriminatoire » à l’encontre de la Guinée équatoriale dans l’affaire des « biens mal acquis », un bras de fer diplomatique et juridique opposant Paris à Malabo devant la Cour internationale de justice (CIJ).

* Le géopoliticien Luc MICHEL, spécialiste des dossiers BMA :

LA DOUBLE CONTRE-ATTAQUE JUDICIAIRE DE LA GUINEE EQUATORIALE

1- Malabo a assigné la France devant la plus haute juridiction de l’ONU, la COUR INTERNATIONALE DE JUSTICE de La Haye (rien à voir avec la CPI) :

la France a violé la Convention de Vienne et l’immunité diplomatique de son ambassade à Paris. Elle a aussi violé l’immunité de fonction du Vice-président. Elle entend appliquer en Guyinée Equatoriale, Etat souverain, le Droit français. Elle a ciblé la Guinée Equatoriale, sciemment, et a politisé le dossier en instrumentalisant le groupuscule fantoche d’opposition Cored …

2- Les avocats du Vice-Président de Guinée Equatoriale ont adressé un pourvoi en Cassation devant la COUR DE CASSATION de Paris, pour faire casser le jugement de la Cour d’Appel de ce 10 février :

“Il y a une ingérence de la justice française”, selon l’avocat de Teodore Nguema Obiang Mangue. Le Vice-président a été condamné en appel par la justice française à 3 ans de prison avec sursis et à 30 millions d’euros d’amende. Il a été reconnu coupable « d’avoir acquis frauduleusement un patrimoine considérable en France ». Emmanuel Marsigny, son avocat, s’est pourvu en cassation.

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