“Io, medico di base, vi dico: ci rimetteranno i più poveri”. Anche per i tumori il rischio aumenta

Tranquilli, ai migratis nessun conto e nessuna fila. Sarebbe razzismo e guai succedesse loro qualcosa per mancate cure tempestive. Gli indigeni crepino nel silenzio che costano allo stato. Legge del partito dei giusti

25 settembre 2015

Sul provvedimento spiega: “Se mi tolgono la possibilità di prescrivere un esame, chi potrà lo farà privatamente”

di Enza Cusmai

Chiamatelo medico internista, o di famiglia, o della mutua. Insomma quello che lavora sodo e ascolta i pazienti. Di lui si fidano: offre buoni consigli, prescrive gli esami che servono, quando servono.

Ma Rocco Cantatore, che a Milano fa il suo dovere di professionista attento e scrupoloso, è pronto a scendere in piazza come altri migliaia di medici italiani che si sentono vessati dal decreto sulle prestazioni mediche inappropriate che quasi puzza di incostituzionalità.

«Quello che posso dire da medico, e non da giurista, è che se viene approvato il testo proposto dal governo si crea una clamorosa ingiustizia sociale».

Addirittura?

«Se mi tolgono la possibilità di prescrivere un esame diagnostico che ritengo utile, allora il paziente, non essendo medico e temendo per la sua salute, finirà per rivolgersi al privato non convenzionato e quindi a totale pagamento. E saranno avvantaggiati solo quelli che possono permettersi un’assicurazione sanitaria oppure i più ricchi».

Dal punto di vista pratico, invece, qual è il punto cruciale che più la preoccupa di questo decreto?

«Con questo sistema si ridurrà al lumicino l’autonomia del medico e il rapporto medico-paziente peggiorerà».

Vuol dire che il malato perderà fiducia?

«Inevitabilmente. Insomma, il paziente non vuole ottenere una prescrizione sulla base di conteggi economici ma si aspetta il risultato di un professionista che, in base a quello che ha studiato e alla sua esperienza, riesca a cogliere il sospetto diagnostico».

Quindi non fa una bella figura il medico che esamina un elenco prima di fare delle indagini diagnostiche.

«Diventa un passacarte. E la sua autorevolezza svilisce miseramente».

Quindi chiedete più autonomia?

«È indispensabile. Faccio un esempio. E’ stato messo nell’elenco la risonanza che in genere prescriviamo quando abbiamo un sospetto diagnostico tumorale. Ma ovviamente è un sospetto e la certezza non la possiamo avere. Così se poi il tumore non c’è, che fanno, mi contestano l’esame?».

Esatto.

«No, non è ammissibile, io credo che nessuno possa contestare la scelta. Non vorrei essere nei panni di chi deve valutare quello che il medico ha prescritto. Su che base lo fa? Con quali strumenti? Questo meccanismo complica tutto. Un medico non può essere distratto da mille ostacoli, noi non siamo impiegati né burocrati, siamo dei medici a cui la gente affida la propria salute».

E che ne pensa delle sanzioni che potrebbero essere affibbiate ai medici che non sanno dare spiegazioni per le loro scelte prescrittive?

«Andare a pescare nelle tasche di un medico, fare leva sul delicato aspetto economico è una metodologia che può avere pesanti riflessi. È un modo di demotivare un professionista, di farlo appiattire su scelte forzate. Trovo estremamente grave che l’iter diagnostico e terapeutico di un paziente venga deciso sulla sorta di linee guida non mediche».

Ma la medicina difensiva va comunque arginata in qualche modo. Anche lei ammetterà che tra i suoi colleghi qualcuno abbonda in esami non necessari.

«Certo la medicina difensiva fa arginata ma entro certi limiti. Un medico deve avere la possibilità di scegliere. L’autonomia prescrittiva va tutelata perché se ci mettono dei binari prestabiliti si fa ancora più fatica e una legge rigida è inutile, c’è sempre il modo di non applicarla».

Intende dire che si può aggirare?

«Be’, se tarpano le ali alla mia autonomia, anziché prescrivere una risonanza faccio fare una radiografia e poi ci aggiungo vari accertamenti emato- chimici che mi riduce il gap diagnostico. Insomma, imbocco strade alternative che avrei scartato se avessi fatto un esame strumentale che ritenevo adeguato».

Dunque con questo decreto ci potrà essere il medico che si astiene dal prescrivere esami necessari e altri che aumentano il numero delle prescrizioni?

«Esatto e sarà il caos che incrinerà ancora di più il delicato equilibrio tra medico e paziente».

Fonte: Il Giornale

Del razzismo 2.0

di Gianni Dessì – 22/09/2015
Fonte: Il corrosivo

cassonetti

Ho sempre pensato che uno dei mali peggiori delle società moderne sia l’indifferenza. Ne parlò anche il Papa e mi sentii profondamente d’accordo con le sue parole, pur non essendo cattolico e per quanto strumentalmente interpretate dai media e oggettivamente interpretabili in tante diverse maniere. L’indifferenza verso chi sta peggio di noi, come frutto avvelenato dell’individualismo e dell’egoismo, di quello strisciante darwinismo sociale tipico delle società capitalistiche. Eppure, ancor peggiore, e’ l’indifferenza aggravata dal razzismo. Quell’essere indifferenti all’altro in virtù del suo colore della pelle, della sua religione, provenienza geografica o cultura…..

Quell’inaccettabile discriminazione, a parità di condizioni (alle volte, ben peggiori), che tanto avevo odiato verso i negri americani, i nativi, o altri, anche decenni dopo l’eliminazione delle norme discriminanti. Per questo, mai avrei creduto di potermi trovare davanti alla sua “istituzionalizzazione” de facto verso chi e’ della stessa famiglia, razza, nazione e cultura, proprio nel mio paese natio.

Certo, mai dichiaratamente, sempre subdolamente e con tutta l’ipocrisia tipica del “buonismo mondialista” che caratterizza l’involuzione della socialdemocrazia occidentale e del suo zoccolo duro: il c.d. “ceto medio semicolto” nazionale – sempre meno medio e sempre meno colto – destinato a vedere progressivamente crollare il suo status sociale per via delle politiche che egli stesso propaganda, e la “nuova borghesia cosmopolita”, destinata a sopravvivergli, per come magistralmente descritta da Preve (1) nei suoi lavori. Quella che non ha nazione, bandiera, confini o cultura che non sia il business ed il libero scambio. Quella che ha il cuore che batte alla “City” e la testa a New York; quella che vuole un mondo chiamato mercato e un solo Dio chiamato denaro.

Proprio così, per questi soggetti, marionette inconsapevoli di Elite e poteri veri, non c’è nulla di peggio che essere bisognosi e della stessa vituperata nazione. E non c’è nulla di peggio dello zelo servile e giacobino con cui ripetono e impongono il mantra che gli hanno inculcato,con ben altri fini e scopi di ingegneria sociale ed economica. Per cui, se un italiano ruba per fame, viola la legge, non paga il conto o evade le tasse, non paga l’affitto, sbraitano subito con giustizialismo fermo, invocano l’atavica tendenza all’Italica furberia e una stretta di vite della polizia e della finanza, che non lesina manganello e sanzioni. Se lo fa l’immigrato, il profugo o il clandestino, il Rom, reclamano compassione, comprensione, tolleranza e assoluzione, impunità. Perché lui e’ diverso.

Nella morsa della crisi, vediamo migliaia di pensionati anziani, famiglie e genitori, perdere quotidianamente il lavoro, la casa, il reddito, anche solo per mangiare, dopo anni di tasse, balzelli e contributi. Vediamo i suicidi, continui e silenziosi, le mense della Caritas che si affollano di insospettabili, i vecchi rovistare i cassonetti.. E’ il Mercato, c’è la crisi, non ci sono soldi e non possiamo mantenerli. Sono parassiti. Addirittura, e’ colpa loro, sono choosy e viziati. Va bene così, purché non se ne parli, purché non pretendano, purché non protestino e non creino fastidio a chi deve lavorare, perché ancora può farlo. Non devono esistere, se non nelle statistiche e nelle campagne elettorali.

Eppure, siamo in grado di accogliere e salvare mezzo mondo, spendere 35 euro per mantenerli, dargli un tetto, tre pasti al giorno, le schede telefoniche, e quant’altro, per milioni di euro di spesa. Eppure, siamo in grado di finanziare guerre per crearli e spingerli qui da noi, per molti più milioni e milioni di euro. Guai a mettere in dubbio anche solo la fattibilità o la ragionevolezza della cosa, viene giù il mondo. Tra un aperitivo e l’altro, la partita di calcio ed il TG, giù gare di solidarietà, camminate scalze, sindacati in piazza e appelli all’ accoglienza e alla giustizia divina. Non si pretende che capiscano i limiti e l’inganno della manovra in atto, ma quantomeno che ciò che pretendono (e viene fatto) per loro, sia fatto anche per chi, da italiano, ha bisogno come loro. A casa sua, nella sua terra, per colpa del suo governo, per il quale paga le tasse e con il quale ha un credito economico e sociale. Un patto sociale tradito e umiliato, tra cittadini e rappresentanti. Non si pretende, anche se lo si auspica ragionevolmente, che vengano “prima gli italiani”, ma non si può nemmeno accettare che vengano sempre dopo, per non dire mai. Qualcuno lo chiamerebbe “razzismo al contrario”, ma non esiste un razzismo dal giusto verso. Esiste il “razzismo” e basta. In tutte le sue forme ed evoluzioni orwelliane, di cui questa e’ la più vigliacca e subdola. Anche se fa molto trendy e radical chic.

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=52026

Grecia: la nuova faccia di Tsipras. Che al popolo va bene lo stesso. Evidentemente

Sssh le sinistre al lavoro per il bene dell’umanità

Il motivo per cui la maggioranza (relativa) dei cittadini greci ha dato nuovamente il voto a un partito che l’aveva appena tradita rimane un mistero. O forse no: a ben ragionare conferma tutti i dubbi (di chi ne aveva) riguardo la bontà delle cosiddette “democrazie mature” o, ancora più specificatamente, delle reali capacità delle maggioranze di scegliere per il meglio. Un fenomeno che dalle nostre parti conosciamo da numerosi decenni…

Resta il fatto che ci rimane difficile immaginare – o forse anche solo concepire – il singolo soggetto, il singolo cittadino greco, che non più di solo qualche mese addietro concedeva la preferenza a Tsipras e a Syriza sposando lo slogan “fuori la Troika dalla Grecia” e che oggi torna a votare lo stesso uomo e lo stesso partito che alla Troika hanno concesso ancora maggiore cittadinanza, e ancora più reale potere esecutivo, sulle macerie del disastro che conosciamo tutti.

Insomma con la nuova schiacciante vittoria di Syriza, alla terza tornata elettorale greca in soli nove mesi, vince lo stesso partito pur presentando un programma (e avendo già offerto esempi eclatanti) in direzione diametralmente opposta alla prima affermazione elettorale. Come dire: o l’elettore tipo aveva sbagliato prima, oppure adesso o, ancora, il programma con il quale si presenta un partito alle elezioni alla fine del conti è del tutto irrilevante.

Il riepilogo è d’obbligo, a questo punto, visto che a tentare di capire (ciò di cui in realtà non c’è molto poi da capire) si rischia seriamente di finire nella più classica delle malattie di dissociazione mentale. E allora: stesso premier, stesso partito, ma programma opposto a quello originario. E ovviamente stesso elettore. Non solo cambia l’ordine degli addendi, ma anche la loro natura, eppure il risultato è sempre lo stesso.

A cambiare sono (e saranno) semmai le alleanze per formare il governo, nel più classico dei bizantinismi di palazzo cui siamo abituati anche in Italia. A rimanere invariati, invece, tutti i dati di fondo della situazione in Grecia, peraltro in ulteriore peggioramento, e una sintesi alla quale anche i più ingenui o i più convinti sostenitori della democrazia rappresentativa non potranno sottrarsi.

Ma andiamo con ordine. La Grecia continua a proseguire la sua discesa nel baratro economico e finanziario, oltre che sociale. I suoi debiti con il resto delle “istituzioni internazionali” continuano ad aumentare e soprattutto rimane invariata la possibilità di ripagarli, che è pari a zero. Così come a zero rimane la possibilità di tornare a crescere vista la spirale di obblighi e depressioni economiche che, per la natura stessa dell’intervento delle misure imposte ad Atene, non può per sua natura modificarsi. E questo per stessa ammissione dell’Fmi, che attraverso la Lagarde, già più di un anno addietro, aveva del resto ammesso la fallacia delle misure che pure aveva contribuito a far imporre. Ciò non ha impedito naturalmente di continuare a portarle avanti.

La sedicente democrazia prosegue, e perpetua la sua irrilevanza ai fini del governo. Perché il governo, in Grecia come altrove in Europa, è nelle mani della Troika.

Sopra ogni altra cosa – e questa è la sintesi più amara – malgrado tutte le evidenze nefaste sino a quella più eclatante dell’ultimo governo Tsipras, neanche il popolo più martoriato d’Europa ha ancora compreso la reale natura della situazione in atto e l’irrilevanza della sua azione elettorale. Il voto di domenica scorsa lo dimostra.

E l’amarezza, ovviamente, riguarda anche gli altri popoli del nostro continente, incluso il nostro, che sono presumibilmente ancora più distanti di quello greco, dal capire la situazione. Come dire: chi si ostina a credere a queste democrazie, per sperare di cambiare la realtà, deve essere se non altro consapevole della lunghezza interminabile che prevede questo processo, il quale per ora non dimostra di avere raggiunto alcun punto di rilievo.

Valerio Lo Monaco

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L’ultima speranza dell’ISIS è la NATO

di Luca Pinasco – 22/09/2015

Fonte: L’intellettuale dissidente

L’esclusione della Russia dalla Coalizione anti-ISIS può trasformare la NATO e i Paesi della Coalizione Internazionale in alleati dello Stato Islamico.

  La Russia di Putin è decisa più che mai ad eliminare tutte le specie di jihadisti dal territorio siriano ed invita la comunità internazionale a collaborare con il presidente Assad per raggiungere questo fine. È molto probabile che questo non accadrà poiché la Russia e il governo siriano hanno intenzioni serie, vorrebbero estirpare le minacce alla radice, non importa che siano ISIS, Al-Nusra, Al Qaida, Free Sirian Army, fronte islamico o qualsiasi altra brigata di barbari, i siriani infatti li chiamano tutti “Daesh”, mentre la soluzione degli USA, ormai consapevoli, dopo cinque anni di guerra, dell’ impossibilità di rovesciare il governo legittimo di Assad, prevede di interrompere lo spreco di risorse e mercenari in Siria spostandoli semplicemente nel Caucaso e nel Nord Africa. L’opzione di condurre una vera guerra al terrorismo non è mai stata sul tavolo delle potenze occidentali, l’unico obbiettivo in Siria era rovesciare Assad mantenendo il caos. Putin ha recentemente chiesto alle potenze occidentali di “Abbandonare i doppi standard e combattere veramente l’ISIS” invece la Casa Bianca tramite il portavoce Joshua Earnest ha minacciato la Russia di isolamento internazionale se dovesse rifiutare di unirsi alla coalizione a guida USA. Un intervento “anti-ISIS” condotto dalle potenze occidentali senza la Russia rappresenta oggi l’unica vera speranza di salvezza per l’ISIS, per questa ragione bisogna fermamente opporvisi. È chiaro che ogni alleanza anti-terrorismo che escluda la Russia sarebbe una farsa.

È opportuno ricordare al lettore che la tragedia in Siria comincia nel 2011 quando con “rivolte colorate” poi chiamate “primavere arabe” i falchi anglo-americani insieme ad alcuni magnati della grande finanza volevano sostituire i governi legittimamente eletti in nord Africa ed in Medioriente con i Fratelli Mussulmani così da poter facilmente controllare la regione. Poi in Siria, fallita la rivolta colorata, ebbe inizio la odierna “guerra civile” che non ha nulla di “civile” in quanto il popolo siriano rimane asserragliato attorno al suo presidente come confermato dalle elezioni del 2014 dove Assad è stato rieletto con percentuali vicine al 90%. I nemici dello stato sono sempre stati nient’altro che criminali pagati per combattere.

È opportuno ricordare al lettore che gli USA e l’Inghilterra hanno addestrato e rifornito di attrezzature militari decine di migliaia di mercenari in campi gentilmente concessi da Giordania e Turchia come più volte confermato oltre che da esperti sul luogo anche dagli insospettabili “The Wall Street Journal” , “Washington Post”, Brooking Institute” e dallo stesso Cameron il quale a giugno ha ribadito il fatto che “La Gran Bretagna darà armi ai ribelli fino al rovesciamento di Assad”.

Arabia Saudita e Qatar hanno finanziato la restante parte degli 80 milioni di euro a settimana necessari all’ ISIS per sopravvivere. Dico la restante parte perché è un fatto ormai noto che la Turchia oltre a fornire protezione agli estremisti ha favorito l’ingresso del petrolio controllato dall’ ISIS nei mercati internazionali per massimali di guadagno da 10 milioni di euro al giorno.

Anche la Francia non ha mai smesso di fornire supporto ai ribelli inviando regolarmente attrezzature belliche. Ma senza dubbio la più grande collaborazione alle milizie jihadiste, in specie ad Al Nusra, è arrivata da Israele il quale non ha esitato ad utilizzare la propria aviazione per colpire posizioni dell’ esercito Siriano fino a 45 km da Damasco, non ha esitato a offrire i suoi ospedali ai guerriglieri dell’ ISIS, e non ha esitato a riempire Moschee di artiglieria nei territori controllati da Al-Nusra come più volte confermato dallo stesso presidente Assad il quale recentemente in un intervista alla TV libanese AL Manar ha ribadito:” Israele ci combatte sostenendo i terroristi”. Fortunatamente grazie alla collaborazione delle milizie libanesi di Hezbollah l’esercito siriano ha ottenuto enormi vittorie contro Al Nusra nelle città di Zabadani e Salqin.

Qualsiasi cosa deciderà la “comunità internazionale” nelle prossime ore, la posizione della Russia sembra cementificata su quella del ministro degli esteri Sergej Lavrov: “La Siria non sarà un altra Libia” e oggi può dirlo con cognizione di causa in quanto nel 2011 per legittimare il bombardamento della Libia venne usata come scusa il “faremo qualsiasi cosa per difendere i civili” appellandosi al capitolo 7 della Carta delle nazioni unite, allora la Russia si astenne dal votare ma oggi è determinata a porre il suo veto a qualsiasi forma di autorizzazione internazionale ad una guerra propagandistica condotta da pseudo coalizioni internazionali. Se la posizione delle potenze occidentali rimane quella sintetizzabile nella frase di Obama: “La comunità internazionale ha deciso che è per Assad è il momento di andare”, la posizione di Putin: “Saranno i siriani a decidere se Assad deve rimanere o andare” prevarrà e il risultato sarà che Assad rimarrà al suo posto e le potenze anglo-americane perderanno. Se invece accetteranno la proposta russa e collaboreranno con il governo siriano per eliminare la minaccia fondamentalista sarà una grande vittoria per la Siria e per il mondo intero. In entrambi i casi la vittoria dello statista Bashar Al Assad sembra essere soltanto questione di tempo. Ogni ora però costa numerose vittime ed inevitabilmente, anche se l’informazione internazionale non ne fa voce, ricadranno una per una sulla coscienza del premio nobel per la pace Obama.

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20 nuove bombe atomiche USA saranno dislocate in Germania

La Germania votò per un graduale smantellamento, ma se gli usa ordinano….ah già è la cermania che governa il mondo no?

mercoledì, 23, settembre, 2015

Nelle mani dei giornalisti del canale tedesco ZDF sono finiti alcuni documenti relativi al budget degli USA, che confermano l’intenzione di dislocare in Germania delle armi nucleari.

obama-merkel

Nella base aeronautica di Büchel, in Renania-Palatinato, saranno dislocate 20 bombe atomiche americane tipo B61-12, comunica la televisione ZDF. Il prossimo dislocamento delle bombe verrebbe confermato da alcuni documenti, finiti nelle mani dei giornalisti, che riguardano alcune voci del bilancio USA.

Il parlamento della Germania nel 2010 aveva votato a favore del ritiro delle armi nucleari dal territorio del paese. Tuttavia ciò non è stato fatto, mentre adesso le bombe che si trovano in Germania saranno sostituite con quelle nuove, ancora più potenti.

ZDF informa che il piano del governo per finanziare il dislocamento delle bombe atomiche americane è stato confermato da Thomas Hitschler del partito socialdemocratico. Secondo l’esperto, nei prossimi anni il governo federale spenderà 112 milioni di euro per la modernizzazione della base di Büchel.

L’ex sottosegretario di Stato parlamentare Willy Wimmer ha dichiarato che la dislocazione delle bombe nucleari in Renania-Palatinato “è un’azione consapevole che mira a sfidare il nostro vicino russo”.

it.sputniknews.com

Bruxelles conferma la tolleranza zero, in arrivo nuove regole sulle emissioni

E subito Bruxelles adegua le norme contro i motori diesel che tanto sono detestati negli Usa (rubano benzina a tutto il mondo e non costa nulla da loro) grazie al TTIP presto dovrà prendersi tutti gli spazi liberati dalla concorrenza, ma che caso…

La Ue commovente quanto patetica, interviene subito a comando, recepisce l’ordine di scuderia, così attenta e pronta a TUTELARE LA SALUTE DEI PROPRI CITTADINI……soprattutto dei greci ai quali nega perfino le trasfusioni di sangue e farmaci anti tumorali perché costosi, come richiesto dall’FMI

La Ue che permette e tollera centrali nucleari e depositi di armi atomiche statunitensi sul proprio suolo….

di David Carretta

BRUXELLES – Messa di fronte allo scandalo Volkswagen, la Commissione Europea è pronta a rivedere il sistema delle omologazioni nazionali e intende sbloccare al più presto lo stallo tra i governi sulle nuove norme europee sulle emissioni, che dovrebbero entrare definitivamente in vigore nel 2017. «Il nostro messaggio è chiaro: tolleranza zero per le frodi e rispetto severo delle regole Ue.
Abbiamo bisogno di piena trasparenza e di test rigorosi sulle emissioni inquinanti», ha detto ieri la commissaria responsabile dell’Industria, Elzbieta Bienkowska. Senza poteri di inchiesta nel settore dell’auto, l’esecutivo comunitario ha chiesto a tutti gli Stati membri di condurre «indagini a livello nazionale» e offerto la sua collaborazione nello scambio di informazioni. L’obiettivo è di avere «il quadro completo» di quanti veicoli omologati nell’Ue siano stati dotati di «dispositivi ingannevoli» vietati dalla regolazione europea, dopo che Volkswagen ha rivelato che il trucco scoperto dalle autorità americane è stato usato anche in Europa.
I software ingannevoli sono vietati dalla legislazione europea: secondo fonti comunitarie, nel caso in cui dovessero emergere delle complicità da parte delle autorità di omologazione nazionali, la Commissione potrebbe aprire una procedura di infrazione nei confronti della Germania. Ma, per ora, l’ipotesi è giudicata «improbabile».

IL PROSSIMO VERTICE
Il caso Volkswagen dovrebbe essere all’ordine del giorno della prossima riunione dei ministri dell’Industria dell’Ue (il Consiglio Competitività) del 1° ottobre. Nei giorni successivi, la Commissione organizzerà anche una riunione delle autorità nazionali di omologazione. «Prendiamo la cosa molto seriamente: dobbiamo essere certi che l’industria automobilistica rispetti i limiti delle emissioni», spiega un’altra fonte comunitaria. Per ora, però, i test sulle auto «sono affidate alle autorità nazionali». E’ sufficiente che un veicolo sia approvato in uno Stato membro affinché venga convalidato in tutta l’Ue. Al fine di evitare rischi di complicità o favoritismi, l’esecutivo comunitario è disponibile a rivedere il sistema di omologazione per centralizzarlo a livello europeo.

Tra le carenze individuate dai tecnici della Commissione c’è una differenza maggiore rispetto a quanto accade negli Usa: mentre in Europa le verifiche sulle auto dopo la loro omologazione vengono effettuate dalle case automobilistiche, in America sono le autorità pubbliche a condurre i test ex post.

Nell’immediato, la prima mossa per rispondere allo scandalo Volkswagen riguarderà le nuove procedure per testare le auto. «A partire dal 2016, si inizieranno a misurare le emissioni non in laboratorio, ma in condizioni di guida reali«, spiega la seconda fonte. Commissione e Stati membri, invece, devono ancora approvare i nuovi limiti sulle emissioni che dovrebbero entrare in vigore nel 2017 sulla base dei risultati dei test in condizioni reali. Bienkowska ha ricordato che non c’è ancora accordo in caso di divergenza maggiore tra i risultati dei test in laboratorio e quelli reali. Il timore è che la lobby dei costruttori tedeschi torni a farsi sentire. In passato, durante i negoziati sui limiti alle emissioni, la Germania è riuscita ad ottenere importanti concessioni per le sue case automobilistiche con motori più potenti e inquinanti di quelli dei costruttori di altri paesi. Con una proporzione più alta di veicoli diesel – 50% in Europa contro l’1% negli Stati Uniti – il risultato è che oggi «l’Europa è potenzialmente più esposta» dal punto di vista ambientale allo scandalo Volkswagen, osserva la seconda fonte.

http://motori.ilmessaggero.it/motori/bruxelles_tolleranza_zero_nuove_regole_emissioni/notizie/1586957.shtml