Mafia ad alta velocità, in val Susa l’indagine del Ros

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Scritto il 02/7/14 •

«Via la mafia dalla val Susa», gridarono in coro i No-Tav asserragliati a Chiomonte il 27 giugno 2011, quando scorsero la ruspa dell’Italcoge di Ferdinando Lazzaro sfondare le barricate degli attivisti per consentire ai duemila agenti di sgomberare la “Libera Repubblica della Maddalena” e avviare il mini-tunnel geognostico, primo e unico cantiere finora aperto per la linea Tav Torino-Lione, considerata la grande opera più costosa della storia italiana nonché la più inutile d’Europa, visto il crollo del traffico Italia-Francia e la presenza in valle di Susa della ferrovia internazionale Torino-Modane ormai deserta, nonostante l’ammodernamento del traforo del Fréjus. Oggi, a tre anni di distanza, i No-Tav accolgono con sollievo la retata di arresti e denunce operata dai carabinieri del Ros su ordine della direzione distrettuale antimafia del Piemonte, tesa a stroncare l’infiltrazione della ‘ndrangheta nella maxi-torta dell’alta velocità. «Quella dei No-Tav è anche una lotta antimafia», ha ricordato Marco Revelli al maxi-processo torinese contro gli attivisti della valle di Susa, indagati anche per terrorismo dalla procura torinese guidata da Caselli, prima che la Cassazione stabilisse l’insussistenza di quel gravissimo reato.
Contro gli inquirenti di Torino in questi mesi si erano levate voci molto autorevoli, tra cui quelle di alti magistrati a riposo, come Taselli, Pepino e Palombarini. «Contro di noi anche la folle accusa di terrorismo – hanno protestato i No-Tav – mentre nessuno indaga sull’ombra della ‘ndrangheta che incombe sul cantiere di Chiomonte». Errore: qualcuno indagava. E ha intercettato alcune aziende incaricate del movimento terra: «Prendiamo tutto noi», gongolavano i titolari delle imprese. Tra questi Giovanni Toro, secondo gli inquirenti esponente di spicco della ‘ndrina di San Giovanni Marchesato (Crotone), che proprio grazie a Lazzaro – la cui azienda oggi si chiama Italcostruzioni – avrebbe lavorato a Chiomonte aggirando le norme che impedivano l’accesso ai camion privi delle necessarie autorizzazioni. «Lo faccio attraverso la Prefettura, gli dico che dobbiamo asfaltare, è urgente», dice Lazzaro, intercettato dai Ros.
Uno dei punti sotto esame riguarda l’asfaltatura delle piste destinate al pattugliamento della polizia, all’interno dell’area militarizzata del cantiere. «Il fatto che emerge, e che dovrebbe far riflettere sulla sicurezza del cantiere – scrive “L’Espresso” – è che gli investigatori non hanno trovato traccia di contratti registrati tra Toro, Italcostruzioni o Ltf», la società Lyon-Turin Ferroviaire che ha in appalto la costruzione dell’arteria. Il che vuol dire, secondo gli inquirenti, che l’azienda di Toro «ha lavorato sotto gli occhi dei militari che presidiavano il sito senza un pezzo di carta che certificasse la sua presenza». Sempre sull’“Espresso”, Giovanni Tizian ricostruisce le vicende alla base dell’indagine: «Inizialmente, la ditta di Lazzaro si chiama Italcoge. Con questa ottiene la commessa. Poi però Italcoge fallisce». Ma Lazzaro «continuava di fatto a occuparsi del cantiere avvalendosi proprio di Toro», scrive il giudice delle indagini preliminari che ha firmato le 900 pagine dell’ordinanza.
L’imprenditore in pratica ha creato una nuova società, la Italcostruzioni, proseguendo senza problemi i lavori a Chiomonte: «Italcostruzioni acquisiva i mezzi, le autorizzazioni di legge nonché il subentro nel Consorzio Valsusa», che raccoglie gran parte delle aziende impegnate nel grande appalto pubblico. Ma c’è di più, aggiunge Tizian: Lazzaro negli atti è indicato come uno degli interlocutori principali di Rfi, Rete ferroviaria italiana, e Ltf. «Alcune conversazioni intercettate dimostravano sia l’influenza esercitata da Lazzaro in seno al Consorzio Valsusa, che di fatto considerava di sua proprietà, sia il ruolo di unico interlocutore della committente Ltf», scrivono i magistrati. «Prendiamo tutto noi, Nando», si sente in una delle intercettazioni. E Lazzaro conferma: «Prendiamo tutto noi». Tra gennaio e marzo 2012 poi il titolare di Italcostruzioni – per ora indagato per smaltimento illecito dei rifiuti di cantiere – cerca «di fare entrare Toro all’interno del Consorzio Valsusa». L’imprenditore calabrese che ha asfaltato le piste a Chiomonte, ora in carcere insieme a una ventina di persone, è invece indagato per concorso esterno con il clan crotonese.
Ferdinando Lazzaro, dicono ora gli attivisti valsusini, è andato ripetutamente in televisione ad accusare i No-Tav degli incendi divampati presso aziende coinvolte nel cantiere: tesi avallata da imedia, nonostante i roghi di tanti presidi No-Tav (i punti d’incontro del movimento, regolarmente dati alle fiamme). In prima fila, a incolpare i valsusini, i politici dell’establishment, dal senatore Pd Stefano Esposito al ministro Maurizio Lupi. Mai un accenno al problema-mafia in valle di Susa neppure dal ministro Alfano, recatosi in visita al cantiere di Chiomonte come l’ex sindaco torinese Sergio Chiamparino, ora presidente della Regione Piemonte, fattosi fotografare in campagna elettorale nel sito di cantiere che secondo gli inquirenti sarebbe stato realizzato con il contributo dell’imprenditoria mafiosa. «Le grandi opere come il Tav fanno gola alla mafia», avvertì il giallista Massimo Carlotto al “Valsusa FilmFest”, «perché sono un’occasione d’oro per riciclare denaro sporco». Nel suo “Libro nero dell’alta velocità”, Ferdinando Imposimato ricorda che buona parte della rete Tav italiana è stata costruita dalla mafia, grazie al sistema dei subappalti a cascata che rende incontrollabile la lievitazione dei prezzi.
Di mafia in valle di Susa in realtà si parla da sempre, visto che il comprensorio turistico è dotato di importanti impianti invernali e ha ospitato grandi eventi, dai Mondiali di sci alle Olimpiadi. Storie di appalti sospetti, intimidazioni e sindacalisti minacciati fanno parte della letteratura giudiziaria della valle di Susa, fin dalle prime segnalazioni della Commissione Antimafia. A metà degli anni ‘90, su iniziativa della nuova magistratura antimafia creata dopo la morte di Falcone e Borsellino, fu disciolto per infiltrazioni mafiose il Consiglio comunale di Bardonecchia – primo caso, nel nord Italia. Sempre negli anni ‘90, affiorarono legami tra Susa e la ‘ndrangheta attraverso uno strano traffico di armi, centinaia di pistole cedute illegamente dalla locale armeria a una cosca calabrese “sotto gli occhi di settori dell’intelligence”, secondo gli inquirenti. Di mafia si è occupato a lungo il nuovo procuratore capo di Torino, Armando Spataro, succeduto a Gian Carlo Caselli, protagonista della dura repressione contro il movimento No-Tav, con un migliaio d icittadini denunciati, oltre 50 imputati al maxiprocesso celebrato nell’aula-bunker del carcere torinese delle Vallette e persino il rivio a giudizio dello scrittore Erri De Luca, “reo” di aver difeso lo strumento del “sabotaggio” come forma di resistenza civile contro la grande opera, che devasterebbe il territorio fino a renderlo inabitabile, mettendo in pericolo anche la salute data la presenza di amianto e uranio nel materiale di scavo.
Spataro, che nel giorno del suo insediamento ha dichiarato di non gradire i giudici-superstar, si è occupato anche di terrorismo, denunciando l’opacità dei legami con alcuni settori dello Stato. Dopo aver condotto l’indagine sul rapimento illegale del mullah Abu Omar, sequestrato in Italia dal Sismi per ordine della Cia, il giudice è stato premiato per il saggio “Ne valeva la pena. Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa” (Laterza, 2010). Nucleo centrale della narrazione, è proprio la vicenda della “extraordinary rendition” del leader islamico catturato e poi torturato. L’opposizione del segreto di Stato, da parte dei governi Prodi e Berlusconi, è stata per Spataro «l’occasione per riflettere sui rapporti tra politica e magistratura e sulla violazione dei diritti umani con il pretesto della sicurezza». E’ ora l’ex magistrato di Mani Pulite a coordinare una procura, quella di Torino, impegnata nella repressione di centinaia di attivisti No-Tav, decisi a contrastare un’opera inutile, per la quale l’Europa ha appena dimezzato il già scarso contributo previsto, mentre la Francia riprenderà eventualmente in considerazione il progetto Torino-Lione solo dopo il 2013. Un’opera costosissima e ora anche inquinata dall’ombra della mafia, come anticipato dai documenti sequestrati ai No-Tav. «Bollati come terroristi che accumulavano materiale chissà per quale scopo criminale», chiosa Tizian su “L’Espresso”. «Oggi invece la storia sembra un po’ diversa: facevano lavoro di controinformazione».

«Via la mafia dalla val Susa», gridarono in coro i No-Tav asserragliati a Chiomonte il 27 giugno 2011, quando scorsero la ruspa dell’Italcoge di Ferdinando Lazzaro sfondare le barricate degli attivisti per consentire ai duemila agenti di sgomberare la “Libera Repubblica della Maddalena” e avviare il mini-tunnel geognostico, primo e unico cantiere finora aperto per la linea Tav Torino-Lione, considerata la grande opera più costosa della storia italiana nonché la più inutile d’Europa, visto il crollo del traffico Italia-Francia e la presenza in valle di Susa della ferrovia internazionale Torino-Modane ormai deserta, nonostante l’ammodernamento del traforo del Fréjus. Oggi, a tre anni di distanza, i No-Tav accolgono con sollievo la retata di arresti e denunce operata dai carabinieri del Ros su ordine della direzione distrettuale antimafia del Piemonte, tesa a stroncare l’infiltrazione della ‘ndrangheta nella maxi-torta dell’alta velocità. «Quella dei No-Tav è anche una lotta antimafia», ha ricordato Marco Revelli al maxi-processo torinese contro gli attivisti della valle di Susa, indagati anche per terrorismo dalla procura torinese guidata da Caselli, prima che la Cassazione stabilisse l’insussistenza di quel gravissimo reato. 

Operai al lavoro al cantiere di Chiomonte

Contro gli inquirenti di Torino in questi mesi si erano levate voci molto autorevoli, tra cui quelle di alti magistrati a riposo, come Taselli, Pepino e Palombarini. «Contro di noi anche la folle accusa di terrorismo – hanno protestato i No-Tav – mentre nessuno indaga sull’ombra della ‘ndrangheta che incombe sul cantiere di Chiomonte». Errore: qualcuno indagava. E ha intercettato alcune aziende incaricate del movimento terra: «Prendiamo tutto noi», gongolavano i titolari delle imprese. Tra questi Giovanni Toro, secondo gli inquirenti esponente di spicco della ‘ndrina di San Giovanni Marchesato (Crotone), che proprio grazie a Lazzaro – la cui azienda oggi si chiama Italcostruzioni – avrebbe lavorato a Chiomonte aggirando le norme che impedivano l’accesso ai camion privi delle necessarie autorizzazioni. «Lo faccio attraverso la Prefettura, gli dico che dobbiamo asfaltare, è urgente», dice Lazzaro, intercettato dai Ros.

Uno dei punti sotto esame riguarda l’asfaltatura delle piste destinate al pattugliamento della polizia, all’interno dell’area militarizzata del cantiere. «Il fatto che emerge, e che dovrebbe far riflettere sulla sicurezza del cantiere – scrive “L’Espresso” – è che gli investigatori non hanno trovato traccia di contratti registrati tra Toro, Italcostruzioni o Ltf», la società Lyon-Turin Ferroviaire che ha in appalto la costruzione dell’arteria. Il che vuol dire, secondo gli inquirenti, che l’azienda di Toro «ha lavorato sotto gli occhi dei militari che presidiavano il sito senza un pezzo di carta che certificasse la sua presenza». Sempre sull’“Espresso”, Giovanni Tizian ricostruisce le vicende alla base dell’indagine: «Inizialmente, la ditta di Lazzaro si chiama Italcoge. Con questa ottiene la commessa. Poi però Italcoge fallisce». Ma Lazzaro «continuava di fatto a occuparsi del cantiere avvalendosi proprio di Toro»,scrive il giudice delle indagini preliminari che ha firmato le 900 pagine dell’ordinanza.

.Ferdinando Lazzaro

L’imprenditore in pratica ha creato una nuova società, la Italcostruzioni, proseguendo senza problemi i lavori a Chiomonte: «Italcostruzioni acquisiva i mezzi, le autorizzazioni di legge nonché il subentro nel Consorzio Valsusa», che raccoglie gran parte delle aziende impegnate nel grande appalto pubblico. Ma c’è di più, aggiunge Tizian: Lazzaro negli atti è indicato come uno degli interlocutori principali di Rfi, Rete ferroviaria italiana, e Ltf. «Alcune conversazioni intercettate dimostravano sia l’influenza esercitata da Lazzaro in seno al Consorzio Valsusa, che di fatto considerava di sua proprietà, sia il ruolo di unico interlocutore della committente Ltf», scrivono i magistrati. «Prendiamo tutto noi, Nando», si sente in una delle intercettazioni. E Lazzaro conferma: «Prendiamo tutto noi». Tra gennaio e marzo 2012 poi il titolare di Italcostruzioni – per ora indagato per smaltimento illecito dei rifiuti di cantiere – cerca «di fare entrare Toro all’interno del Consorzio Valsusa». L’imprenditore calabrese che ha asfaltato le piste a Chiomonte, ora in carcere insieme a una ventina di persone, è invece indagato per concorso esterno con il clan crotonese.

Ferdinando Lazzaro, dicono ora gli attivisti valsusini, è andato ripetutamente in televisione ad accusare i No-Tav degli incendi divampati presso aziende coinvolte nel cantiere: tesi avallata dai media, nonostante i roghi di tanti presidi No-Tav (i punti d’incontro del movimento, regolarmente dati alle fiamme). In prima fila, a incolpare i valsusini, i politici dell’establishment, dal senatore Pd Stefano Esposito al ministro Maurizio Lupi. Mai un accenno al problema-mafia in valle di Susa neppure dal ministro Alfano, recatosi in visita al cantiere di Chiomonte come l’ex sindaco torinese Sergio Chiamparino, ora presidente della Regione Piemonte, fattosi fotografare in campagna elettorale nel sito di cantiere che secondo gli inquirenti sarebbe stato realizzato con il contributo dell’imprenditoria mafiosa. «Le grandi opere come il Tav fanno gola alla mafia», avvertì il giallista Massimo Carlotto al “Valsusa FilmFest”, «perché sono un’occasione d’oro per riciclare denaro sporco». Nel suo “Libro nero dell’alta velocità”, Ferdinando Imposimato ricorda che buona parte della rete Tav italiana è stata costruita dalla mafia, grazie al sistema dei subappalti a cascata che rende incontrollabile la lievitazione dei prezzi.

Alfano in visita al cantiere di Chiomonte

Di mafia in valle di Susa in realtà si parla da sempre, visto che il comprensorio turistico è dotato di importanti impianti invernali e ha ospitato grandi eventi, dai Mondiali di sci alle Olimpiadi. Storie di appalti sospetti, intimidazioni e sindacalisti minacciati fanno parte della letteratura giudiziaria della valle di Susa, fin dalle prime segnalazioni della Commissione Antimafia. A metà degli anni ‘90, su iniziativa della nuova magistratura antimafia creata dopo la morte di Falcone e Borsellino, fu disciolto per infiltrazioni mafiose il Consiglio comunale di Bardonecchia – primo caso, nel nord Italia. Sempre negli anni ‘90, affiorarono legami tra Susa e la ‘ndrangheta attraverso uno strano traffico di armi, centinaia di pistole cedute illegamente dalla locale armeria a una cosca calabrese “sotto gli occhi di settori dell’intelligence”, secondo gli inquirenti. Di mafia si è occupato a lungo il nuovo procuratore capo di Torino, Armando Spataro, succeduto a Gian Carlo Caselli, protagonista della dura repressione contro il movimento No-Tav, con un migliaio di cittadini denunciati, oltre 50 imputati al maxiprocesso celebrato nell’aula-bunker del carcere torinese delle Vallette e persino il rivio a giudizio dello scrittore Erri De Luca, “reo” di aver difeso lo strumento del “sabotaggio” come forma di resistenza civile contro la grande opera, che devasterebbe il territorio fino a renderlo inabitabile, mettendo in pericolo anche la salute data la presenza di amianto e uranio nel materiale di scavo.

Armando Spataro, nuovo capo della procura di Torino

Spataro, che nel giorno del suo insediamento ha dichiarato di non gradire i giudici-superstar, si è occupato anche di terrorismo, denunciando l’opacità dei legami con alcuni settori dello Stato. Dopo aver condotto l’indagine sul rapimento illegale del mullah Abu Omar, sequestrato in Italia dal Sismi per ordine della Cia, il giudice è stato premiato per il saggio “Ne valeva la pena. Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa” (Laterza, 2010). Nucleo centrale della narrazione è proprio la vicenda della “extraordinary rendition” del leader islamico catturato e poi torturato. L’opposizione del segreto di Stato, da parte dei governi Prodi e Berlusconi, è stata perSpataro «l’occasione per riflettere sui rapporti tra politica e magistratura e sulla violazione dei diritti umani con il pretesto della sicurezza». E’ ora l’ex magistrato di Mani Pulite a coordinare una procura, quella di Torino, impegnata nella repressione di centinaia di attivisti No-Tav, decisi a contrastare un’opera inutile, per la quale l’Europa ha appena dimezzato il già scarso contributo previsto, mentre la Francia riprenderà eventualmente in considerazione il progetto Torino-Lione solo dopo il 2030. Un’opera costosissima e ora anche inquinata dall’ombra della mafia, come anticipato dai documenti sequestrati ai No-Tav. «Bollati come terroristi che accumulavano materiale chissà per quale scopo criminale», chiosa Tizian su “L’Espresso”. «Oggi invece la storia sembra un po’ diversa: facevano lavoro di controinformazione».

7° Reggimento Alpini Belluno alla Maddalena

di Leonardo Capella

L’avvicendamento dell’esercito nel fortino del cantiere TAV di Chiomonte “La Maddalena” porta in queste ore allo schieramento degli Alpini del VII Reggimento di Belluno. Curiosa la comunicazione ricevuta dal comandante colonnello Stefano Mega e inviata da parte del capogruppo regionale di Forza Italia Dario Bond, una lettera dove si parla di “una difficile missione in Patria”. La lettera poi prosegue accostando l’esperienza operativa in Afghanistan con il prossimo impegno in Val di Susa. Accostamento fuorviante e irrispettoso quello di paragonare uno scenario di guerra dove la vita è in pericolo tutti i giorni con il pattugliamento di un cantiere dove il rischio è quello di raccogliere le proteste degli attivisti No TAV o vista la stagione estiva, un’insolazione. Vi è una grande differenza fra una bomba comandata a distanza da un telefono e dei fuochi artificiali, ma questo non pare essere a conoscenza del capogruppo Bond. Suona  oltremodo stonata anche la frase dell’assessore regionale alle politiche del lavoro, Elena Donazzan, riportata dalla testata vicenzatoday. “Esprimo – conclude Donazzan – la mia vicinanza totale ai nostri militari in una situazione limite come quella della Val di Susa, dove i diversi Governi hanno tollerato per troppo tempo una delinquenza organizzata molto pericolosa”. Dopo quello che abbiamo registrato in questi ultimi mesi in Veneto, dove  non sono mancati episodi, anche eclatanti, di malaffare, di corruzione e d’illegalità, questa frase risulta veramente fuori luogo.

Soltanto BellunoPress titola Il 7mo alpini in Val di Susa, chiamato a difendere “L’alta voracità”  domandandosi dove risieda in Valle la “Delinquenza molto pericolosa”, e ricordando, a pochi giorni dagli scandali del Mose e dell’Expo, a poche ore dagli arresti per infiltrazioni mafiose nel cantiere valsusino, come in Italia, a parlare di delinquenza, i soggetti dovrebbero essere ben altri.

Anche una notizia, di poco conto in fondo come questa, diventa la cortina attraverso la quale le opposte visioni di “progresso” e di “democrazia”, di “ambiente”, di “lotta popolare” si schierano tra i commenti, lasciando intravvedere il rilassamento meningeo plasmato dai media mainstream che anche la cronaca giudiziaria stenta a scalfire.

L.C. 02.07.2014

‘ndrangheTav. La novità del malaffare

Agli arresti venti persone. Dopo l’operazione Minotauro e la visita di Rosy Bindi, scandalizzata per la vastità delle infiltrazioni mafiose negli affari piemontesi, si scopre che nel cantiere dell’alta velocità l’andrangheta ha i suoi proventi. Una novità raccontata dal movimento No Tav da anni.

di Leonardo Capella

“Noi qui a Torino possiamo affermare con orgoglio che le grandi opere si possono fare senza tangenti” questa l’affermazione di Sergio Chiamparino non più tardi del 30 giugno all’Unione Industriali.

Questo mantra sembra recitato con la finalità di imbonire i cittadini e convincerli che le misure di contrasto adottate siano sufficienti a escludere le infiltrazioni mafiose nei grandi appalti come la Torino-Lione.

Ma altre autorevoli fonti mostrano una maggior cautela e preoccupazione, proprio perché l’equazione malaffare – tangenti – infiltrazioni mafiose in Piemonte non è una novità, come ben dimostrato dalla recente operazione San Michele.
Già il 26 giugno 2014 a Torino Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, presentando il rapporto sulla mafia al Nord dichiarò che “La presenza della mafia al Nord, sia nei grandi centri che nei piccoli comuni, è impressionante.”
Anche le operazioni Minotauro e Colpo di Coda avevano fatto emergere una rete particolarmente estesa e capillare della malavita organizzata, come riportato dalla relazione 2013 della DNA (Direzione Nazionale Antimafia). Anche la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) si è occupata del territorio Piemontese e nella relazione del 1° semestre 2013 scrive che nell’azione di controllo delle infiltrazioni mafiose nelle opere pubbliche, il 16 aprile 2014 eseguì un “accesso” al cantiere TAV di Chiomonte controllando 54 persone fisiche, 6 imprese e 26 mezzi.
Con la medesima preoccupazione, ovvero evitare infiltrazioni mafiose, ricordiamo l’istituzione del GITAV (Gruppo Interforze Tratta Alta Velocità) nel giugno del 2011.
Fenomeno ben conosciuto e temuto quindi, quello delle infiltrazioni mafiose nelle grandi opere.
Fra le tante voci anche quelle del Movimento No TAV, che da anni denuncia come proprio le grandi opere, quali la Torino-Lione, siano oggetto di interesse per il malaffare e le mafie. La cronaca odierna avvalora queste preoccupazioni.
Il 1 luglio l’operazione San Michele, dopo un’indagine durata tre anni, porta all’arresto da parte del ROS dei Carabinieri di venti persone legate all’andranghetista Greco. Fra le persone coinvolte nell’operazione troviamo Giovanni T. nome legato alla Toro srl e Ferdinando L. nome legato all’Italcoge. Proprio la Toro srl si era aggiudicata la bitumatura della viabilità interna al cantiere (Ods n R-02 – richiesta delle Forze dell’Ordine).
Ma ricordiamo anche come nel 2013 a un azienda operante nel cantiere di Chiomonte, la Pato Perforazioni di Rovigo, viene intimato la sospensione dei lavori e l’allontanamento dal cantiere perché non in possesso del certificato antimafia, documento indispensabile nei lavori pubblici (cfr. TG Vallesusa).
Tutti questi episodi indicano in modo inequivocabile come non si sia ancora trovato un metodo efficace contro le infiltrazioni malavitose e che i controlli e le risorse impiegate sono nettamente insufficienti. L’impressione è che gli arresti arrivino sempre a infiltrazione avvenuta e che quantitativamente rappresentino solo la punta dell’iceberg.

Merita di essere ripresa in questo contesto un’interessante dichiarazione rilasciata il 1 luglio al quotidiano Repubblica da Fabio Dovana, presidente Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, in relazione all’Operazione San Michele.
“Anche alla luce dei fatti odierni occorre inoltre far luce sugli attentati ad alcune ditte impegnate nella realizzazione dell’alta velocità Torino-Lione avvenuti nei mesi scorsi. Atti gravi – conclude Dovana – mai rivendicati da nessun soggetto e in alcuni casi utilizzati strumentalmente da qualcuno per screditare il movimento No Tav; ci auguriamo che quest’inchiesta sia l’occasione per porre luce sulle tante ombre che aleggiano in Val Susa”.

L.C. 02.07.2014

Stavano già lavorando per il cantiere Tav di Chiomonte

Si sono preparati per anni e poi all’avvio del cantiere riescono ad entrare senza controlli e senza permessi. L’unico a contrastarli il Sindaco di S.Ambrogio Dario Fracchia.

di Valsusa Report

Il primo luglio all’alba, i carabinieri del Ros nell’ambito dell’indagine “San Michele” della Dda di Torino hanno smantellato la locale ‘ndrina distaccata di San Mauro Marchesato (Crotone) insediata in Piemonte.

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Tutto inizia con le notizie politiche dell’avvio dei cantieri, non siamo ancora allo sgombero della Maddalena il 27 giugno del 2011, siamo ancora alle dichiarazioni del commissario Virano che a mezzo stampa dichiara con sicurezza la volontà dello Stato di eseguire i lavori propedeutici alla realizzazione della Torino-Lyon. Correvano gli anni Novanta, la cava con annesso impianto per la fabbricazione del bitume era gestita da Ferdinando Lazzaro. La proprietà era della ditta Pavimentazioni stradali Snc di Butano Francesco e C., che in comodato d’uso il 10 maggio 2004 la cede alla Pavimentazioni stradali Srl, e solo dopo il 30 marzo 2009 alla Toro Srl con amministratore unico Nadia Toro, nata a Chivasso il 14 agosto 1977,  sorella di Giovanni Toro,  dal 1° luglio 2014 in carcere colpito dall’operazione antimafia San Michele.

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Dall’arrivo in Val di Susa Giovanni Toro si fa strada con le modalità che distinguono questo genere di delinquenze, i primi metodi sono amichevoli, come con il direttore Ezio Banchè Niclot dell’Unicredit Banca di S. Ambrogio di Susa, al quale viene proposto il regalo di una Porche, perché “inizia a muoversi un po’”, come scritto nell’ordinanza “Il direttore della filiale di Sant’Ambrogio, in più occasioni si è prestato a far compiere a Toro operazioni bancarie prive di copertura, concedendo anche libretti di assegni. Per tale attività riceveva in dono un’autovettura e l’assunzione fittizia della figlia presso la Toro Srl”.

I lavori continuavano indisturbati anche su altri versanti, siamo ad agosto 2011, per i lavori dei cavalcavia di Condove, Chiusa S. Michele e S. Antonino gli inquirenti registrano il colloquio tra Lazzaro e Toro.

  • LAZZARO: Gianni…
  • TORO: Nando…
  • LAZZARO: Ciao
  • TORO: ciao… ascolta… come sei messo tu? ci sei?
  • LAZZARO: (inc)… no… sono qua… sono a Susa… ehhhh… oggi pomeriggio sarei… abbastanza libero…
  • TORO: no… dobbiamo vedere anche… per quel… per quel lavoro lì… della ferrovia… no… se riusciamo a… io gli esami li ho di quella roba lì…
  • LAZZARO: cos’è? quel mucchio famoso che dobbiamo far fuori lì? da via Roma…
  • TORO: sì… dobbiamo frantumarne una parte… almeno la andiamo a mettere lì…e bon… ehhh… mettiamo subito a frantumare… perché se no…
  • LAZZARO: vabbè… oggi se riesco… faccio un salto da te… e vediamo sta roba…
  • TORO: ok.

Gli affari di smaltimento della Toro Srl vanno avanti indisturbati anche quando il 2 marzo 2012 viene registrata un’altra telefonata in cui Lazzaro riceve la richiesta da Rfi di continuare i cavalcavia di Chiusa S. Michele, il proprietario di Italcoge così si rivolge a Toro, il quale ben contento gli fa sapere che ha materiale accumulato nella cava di via Roma, da collocare sotto a “quello buono, quello stabilizzato”, da inserire dopo in modo che “tutto fili liscio”. Lazzaro insiste nella frantumazione prima di portarlo “ma così va via… va via regolare… e non è un rifiuto… non ci mettiamo nei cazzi…”; risponde Toro “digli di sì… che almeno la smaltisco tutta sta merda”

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Nel tempo ricevevano, trasportavano e comunque gestivano abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti speciali, quantificati in oltre 50 000 mc stoccati presso la cava non autorizzata CST Srl della Toro Srl, sversandoli in luoghi, anch’essi, non autorizzati, o utilizzandoli come materiali di riempimento in cantieri stradali e ferroviari – così nell’Ordinanza Cautelare dell’Operazione denominata “San Michele”.

Inoltre si legge: “Lazzaro Ferdinando, già reale amministratore della Italcoge, è di fatto il dominus della rea costituita Italcostruzioni, nonché uno dei principali riferimenti per le società Rfi e Ltf, a cui si rivolgevano, pur sapendo dei fallimenti, per ogni tipo di lavori, conseguentemente il Lazzaro si appoggiava alla Toro Srl”.

E così si arriva ai giorni dei lavori nel cantiere del Tav alla Maddalena di Chiomonte. L’uomo d’affari calabrese e fondatore della Toro Srl prima e poi anche della Cst con cui gestisce la cava di Chiusa S. Michele, rischia di essere sfrattato: “Io arrivo lì, investo tutto e non mi posso fare quattro anni di Alta velocità!?”, così riferisce a Sisca, altro boss arrestato nell’operazione San Michele, con le minacce fa cambiare idea ai proprietari del luogo e inizia l’attività sulla sponda del Lazzaro di Susa. Dirà ancora:  “Noi dobbiamo stare lì perché è lì dentro che nei prossimi dieci anni arrivano 200 milioni di euro di lavoro … La torta non me la mangio da solo. Me la divido con te e ricordati queste parole, che ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”. Tramite le ditte di Lazzaro, asfalta le strade del cantiere, su richiesta delle forze dell’ordine, ed entrando nel cantiere con una telefonata in Prefettura tramite Lazzaro.

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Inizierà dopo a infiltrarsi nel consorzio Valsusa; è qui che finisce l’esperienza Valsusa dell’imprenditore calabrese, solo quando tocca il cantiere Tav. Fino ad allora l’unico a cercare di arrestare l’escalation delinquenziale è il sindaco No Tav di S. Ambrogio Dario Fracchia, che a suon di ordinanze per lo smaltimento urgente degli inerti speciali non autorizzati, riesce a inquietare Toro: “Ma lui si è incazzato perché sto continuando a portare roba qua! Allora si è avvelenato il sindaco! Minchia mi ha trattato come un cane!”

V.R. 03.07.2014

Conferenza dei Servizi del 2 luglio 2014

di Leonardo Capella

Il 2 luglio, in via Belfiore a Torino si è svolta la terza seduta della prevista Conferenza dei Servizi convocata dalla Direzione Trasporti, Infrastrutture, Mobilità e Logistica della Regione Piemonte. L’incontro, che ha avuto inizio alle 10:30, aveva all’ordine del giorno la riattivazione della procedura richiesta dalla legge obiettivo in relazione alla risoluzione delle interferenze generate dalla Torino-Lione nella tratta comune italo/francese. Nello specifico lo spostamento dell’Autoporto (proprietà Sitaf) e di Guida sicura (proprietà Consepi).

Dopo una breve introduzione del funzionario della Regione Piemonte responsabile della procedura di VIA (Valutazione Impatto Ambientale), inizia la presentazione da parte di LTF sui documenti integrativi prodotti.

Le critiche a LTF sono venute da più parti a hanno messo in luce numerose criticità, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale. Sottolineata anche la carenza di adeguati tempi di valutazione e soprattutto la mancanza della disponibilità di documenti importanti per una valutazione complessiva dell’intervento. Non mancano critiche anche incongruenze relative al PD (Progetto Definitivo) e al PE (Progetto Esecutivo), sottolineando l’elusione di alcune prescrizioni del CIPE. Ma le critiche raggiungono anche il CTVIA (Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale) nazionale che, pur avendo un anno a disposizione per analizzare questo complesso progetto, non ha avuto nulla da dichiarare.

La conferenza dei servizi si chiude alle 14:30  e in sintesi si evidenzia ancora una volta la superficialità con cui i problemi sollevati dai tecnici e dai sindaci vengono trattati dal proponente, trascurando di fornire dati e non approfondendo criticamente le criticità.

Hanno partecipato oltre ai classici attori: Caprie, Chiusa San Michele, Mattie, Torrazza Piemonte, Venaus, Avigliana, Bruzolo, San Didero, Marina Clerico (tecnico delegato per San Didero) Luca Giunti (tecnico delegato per Susa), Alberto Poggio (tecnico delegato per Condove), Francesca Frediani (Consigliere Regionale Movimento 5 Stelle – commissione trasporti), consorzio irriguo di Bussoleno e quello di Foresto.

(L.C.03/07/2014)

Tav Chiomonte: il 64% dei lavoratori è Cgil

di Leonardo Capella

Il 30 giugno alle elezioni della Rappresentanza Sindacale Unitaria nel cantiere TAV di Chiomonte “La Maddalena”, il 64% dei votanti ha scelto di essere rappresentata dalla Fillea Cgil.

Un risultato interessante e curioso se si pensa che Cgil di Torino nel marzo 2014 ha approvato un ordine del giorno contrario al Tav Torino-Lione e che la Fiom si è sempre sbilanciata su posizioni di contrarietà a quest’opera, partecipando a tutte le marce No TAV della Valsusa.

Dario Boni, segretario generale Fillea Cgil Torino, esprime soddisfazione per il risultato delle elezioni e commenta: ” è un risultato straordinario, che premia il lavoro fatto sul campo dalla Fillea e dai funzionari che seguono quel cantiere, Stefano Ponzuoli e Moubtassim El Mouloudi, oltre al lavoro della segreteria della Fillea”.

(L.C.03/07/2014)

Il TAV, dal nulla al nulla…passando per le casse pubbliche

 http://testelibere.it/blog/il-tav-dal-nulla-al-nulla%E2%80%A6passando-le-casse-pubbliche

BLOG | 30 GIUGNO, 2014 – 16:09 | DA FERNANDO ROSSI

Dal Campo estivo PBC di Venaus abbiamo raggiunto il cantiere TAV di Val Susa, in località Maddalena di Chiomonte.

Durante l’avvicinamento apprendiamo che il museo che si staglia sopra l’ampia area occupata dal cantiere e dalle truppe che lo difendono è ora chiuso e le autorità o le maestranze hanno deciso di distruggere scavi e reperti che ne ‘ostacolavano’ l’uso a foresteria e/o caserma militare; subito il pensiero è andato al saccheggio e distruzione dei reperti storici iracheni da parte degli eserciti occupanti e a quello delle chiese cristiane in Siria, da parte dei mercenari inviati da NATO e USraele.

Attraversiamo due borghi in cui apprezziamo la presenza di alcune bandiere e striscioni NO TAV, nonostante l’oppressiva e nutrita presenza delle divise di polizia, carabinieri, esercito e guardia di finanza, nonché di uomini dei servizi e Digos.

Temevamo che il sentiero fosse sbarrato, come già sperimentato l’anno scorso, invece, giunti in vista del cantiere, l’unico dissuasore era rappresentato dalle videocamere fisse e dai militari che dall’interno del fortino/cantiere, con i binocoli, seguono passo per passo, coloro che si avvicinano.

Siamo così giunti fino alla recinzione. 

La struttura è quella già vista nei film sui campi di prigionia: doppia recinzione con corridoio di passaggio per gli automezzi ‘di ronda’, intensa rete di videocamere di sorveglianza e fari a giorno (ma erano le sette di sera di fine giugno e si vedeva benissimo anche senza, credo li avessero accesi ‘in nostro onore’…).

La polvere. I nastri trasportatori del materiale estratto sono schermati da teli e plexiglass, ma tutta l’area e le relative strutture sono ricoperte da un visibilissimo manto di polvere bianca, modello cementificio mal gestito…; un attimo e il medico che è con noi ci invita a proteggere i polmoni con un fazzoletto bagnato, o ad andarcene.

Mentre parlavamo tra noi sulla palese inutilità di tale opera ( a fronte della ferrovia e della relativa galleria già esistente e quasi inutilizzata, in grado di reggere un traffico N/volte superiore), dalla sommità del sentiero sono sbucati dai venti ai venticinque poliziotti, mentre due squadre di militari tagliavano il bosco per arrivarci alle spalle. Ci hanno circondato, con modi e sguardi per nulla rassicuranti, mentre un poliziotto in borghese ci ha civilmente chiesto e ritirato i documenti e altri ci hanno individualmente e contemporaneamente chiesto perché eravamo lì e cosa ci facevamo.

Una decina di minuti, massimo un quarto d’ora e :“Potete andare ..”

 Ci siamo presi la soddisfazione di trattarli amichevolmente, da persone educate, avvertendoli che stando all’interno del fortino/cantiere, già con la mascherina rimanevano forti rischi, ma senza, era proprio un andarsela a cercare.. Lo stesso graduato, o funzionario più alto in grado che aveva ritirato i documenti, ci ha risposto che loro stavano lì poco tempo e che il peggio non era loro ma nostro.

(?) Voleva dire” Voi che siete sempre qui a rompere”…oppure, nonostante i documenti attestassero la nostra provenienza da 11 diverse parti d’Italia, “Voi che abitate qui” ? Mah.

Poco prima di arrivare alle auto ci siamo ritrovati di fronte ad un fuoristrada che si è parato di fronte al nostro attivista ‘medico’, richedendogli i documenti e informandolo che avevano dovuto inseguirci , facendo il giro delle montagna, perché le telecamere lo avevano visto fuggire di corsa.. proprio lui, con quella maglietta verde (strano, visto che per vari acciacchi, il nostro attivista non può riuscire a correre da più anni di quanti i ‘nostri dipendenti’ in oggetto non abbiano scelto di portare, più o meno onorevolmente, quella divisa). Telefonate a qualcuno, da qualche parte e … in altri dieci, quindici minuti tutto finito.

Se queste scenette sono finalizzate ad intimidire le persone che abitano la valle o che vanno a vedere lo scempio in atto, farebbero molto meglio a cambiare copione perché ciò che ottengono, verificato con due abitanti del borgo, è l’esatto contrario; e cioè: “E noi paghiamo le tasse per buttare così i nostri soldi ? Ma quanto ci costerà ogni giorno sto ‘ambaradan’ di imprese, esercito, polizia…? ”

Nel fortino/cantiere nessuno usava mascherine, né i “gregarianti” (nome composto da ‘gregari ‘ della CMC-che non contano un mazza e quindi non sono soci della Coop ma gregari dei capi decisi dal partito – e Greganti , storico procuratore di denaro pubblico per Coop e società finanziatrici di ciò che resta del PCI) né le truppe italiane di occupazione. Tale ‘leggerezza’ , nel caso dell’uranio impoverito ci è poi costata decine di vite e milioni di Euro per cure croniche e indennizzo a vedove e famiglie dei militari mandati in guerra da D’Alema; anche nel caso dell’uranio e dell’amianto scavato in Val Susa, i ‘costi’ non li avremo subito, bisognerà infatti attendere che le malattie facciano il loro corso.

Ma perchè a pagare questo alto prezzo sanitario, oltre agli operai piddini, più o meno votati alla causa del finanziamento al partito, debbono essere anche i militari e gli abitanti delle aree limitrofe ? Ma una risposta la meriterebbe anche la domanda: “Perché con le nostre tasse, tariffe, accise, IVA e balzelli vari, dovremmo noi pagare i milioni di Euro (anche se è augurabile che per allora si sia già tornati alle lire emesse da una Banca Centrale Nazionale, di proprietà pubblica) per i danni alla salute delle persone intossicate dalle migliaia di tonnellate di polveri scavate, depositate a cielo aperto e rimosse senza le opportune cautele ?”

Non sarebbe più giusto che a pagare fossero le multinazionali e le banche che hanno voluto il TAV, i politici che, ubbidendo, hanno assunto le necessarie deliberazioni ed i tecnici che le hanno avvallate e controfirmate ?

Giustizia vorrebbe che anche i costi di questa opera, tanto grande quanto inutile, ricadessero sulle persone sciagurate che l’hanno ‘inventata’ e condita di menzogne, nonché sulle proprietà e risorse finanziarie da loro accumulate, anche se nel frattempo fossero state ereditate di figli, intestate a parenti e/o ‘amici’.

Quando tutte le peggiori previsioni e studi su tale inutilità/dannosità saranno acclarate dal totale fallimento di tutta l’opera ( che non verrà mai completata negli altri paesi e che non trasporterà mai merci e persone neppur lontanamente vicine alle fantasiose previsioni degli studi di comodo, commissionati dagli arraffatori di denaro pubblico), chi rifonderà gli abitanti della Val Susa di tutti i danni economici ? E i danni ambientali ? E chi rifonderà lo Stato dell’inutile spreco di tanti miliardi di Euro che, se impiegati per sostenere le attività economiche e la difesa e tutela del territorio, avrebbero fatto della Val Susa e di mezzo Piemonte un paese del bengodi ?

Direttore e giornalista de La Stampa rinviati a giudizio

Rinviato a giudizio direttore e giornalista de La Stampa per diffamazione aggravata in danno a Marco Scibona

Il giudice dell’udienza preliminare, Dr.ssa Rocci, ha oggi rinviato a giudizio Massimo Numa (giornalista La Stampa) e Mario Calabresi (Direttore La Stampa) per diffamazione aggravata in danno a Marco Scibona per un articolo comparso su La Stampa in data 1 giugno 2013. Il processo penale si terrà avanti la 1a sezione penale il giorno 11.3.15 h. 9 aula 52.

Il GUP ha così accolto la richiesta del PM e del mio avvocato che sostenevano la rilevanza diffamatoria dell’articolo ove si legge: “Scibona (5 stelle) tenta di impedire un incontro con i vertici Ltf” (http://www.lastampa.it/2013/06/01/cronaca/un-senatore-al-presidio-con-i-no-tav-a-susa-1tcddCp7gLsclo2AJnp0FP/pagina.html) anche perché non ho assolutamente posto in atto comportamenti del genere e testimoni lo hanno confermato.

Ancora una volta assistiamo ad una informazione parziale e distorta che questa volta però è chiamata, finalmente, a rispondere del lavoro superficiale che compie.

Attendo fiducioso la prima udienza per poter ancora ribadire la realtà dei fatti, nella speranza che questo procedimento possa far sì che in futuro l’informazione si attenga esclusivamente ai fatti e che non confezioni articoli arricchendoli di particolari e situazioni inesistenti o in sfavore di una parte come nuovamente ha fatto, nel recente caso degli arresti per l’infiltrazioni mafiose nelle grandi opere, nei confronti del Movimento No Tav.

Marco Scibona – Senatore M5S Piemonte

Valle olimpica e di Tav: anche i cannoni spara neve…

Si sparava neve sulle piste da sci, ora si spara sulle polveri del cantiere.

di Gabriella Tittonel

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Alte montagne in Valle di Susa, gioia invernale per sciatori provetti e non. Ma anche più modeste montagne, fatte di montagnole realizzate con lo smarino che esce dal tunnel geognostico in costruzione in quel di Chiomonte. Montagnole dall’aspetto inoffensivo, alcune presto smantellate e poi ricostruite, altre spalmate sulla nuovissima strada di compensazione (un metro e più di altezza sul bosco circostante…!) che dovrebbe, non si sa quando, essere utilizzata dagli abitanti dei due comuni dirimpettai, quelli di Chiomonte e Giaglione. Montagnole però non sempre così “innocenti”, tant’è che una di queste, fino a poche settimane fa esente dai “giochi di terra”, è poi stata disfatta e grazie a una serie di misteriosi viaggi è stata ricollocata altrove. Motivo ufficiale? La presenza di arsenico, a detta dei tecnici, in quantità assolutamente modesta…

Insomma, qualcosa nella montagna, di poco idoneo alla salute degli abitanti, c’è. Mentre dallo scorso novembre regna, in modo variabile, la finissima polvere, divenuta oggetto di osservazioni e rilevazioni. Polvere della quale hanno iniziato ad avere timore anche le Forze dell’Ordine, che hanno allertato il loro sindacato. E certo sono cure palliative quelle che si stanno proponendo nel cantiere per frenare la micidiale nano polvere… si lavano le strade con l’acqua, anche alcuni dei mezzi, ma lei, imperturbabile, rimane. Lungo tutto il nastro trasportatore, sopra le foglie del bosco…

Così l’altro giorno un nuovo marchingegno ha fatto la sua comparsa al cantiere… singolare davvero! Un cannone come quelli utilizzati per sparare la neve sulle piste da sci. Solo che da questo qualche altra sostanza spruzza, andando a posarsi sullo smarino che esce, fradicio d’acqua, dal nastro trasportatore. Insomma, l’idea che ne viene è quella di una sorta di una grande bombola di lacca, come quella usata per avere la meglio sui capelli ribelli…

E se qualcosa di positivo verrà da questo nuovo intervento, quello che è certo è che la situazione delle maestranze all’interno non è certo delle migliori, anche solo rifacendosi alla posa del cannone, a pochi metri dalla caduta dello smarino… Fatica e polvere, polvere soprattutto… Ma davvero questa inutile, discussa e costosissima non-opera vale la vita di anche uno solo degli umani?

G.T. 02.07.14

Il primo km, si brinda coi debiti.

Finanziamento dimezzato, tempi impossibili da rispettare, ma si festeggia.

di Valsusa Report.

Arriva al primo chilometro il tunnel geognostico della Maddalena, il tunnel che tre anni fa i proponenti segnalavano come lavoro di occupazione temporanea dei terreni. Terreni che ora distrutti i castagni e le viti secolari, sul suo suolo diventerà, occupazione definitiva dato l’uso dichiarato come canna di sicurezza del futuro Tunnel Tav sotto il Massiccio d’Ambin.

Cunicolo di 7.5 km, ne restano solo 6,5 da fare in 1 anno e mezzo. Revocato metà del contributo europeo, nel marzo 2013, la Commissione Europea ufficializza la revoca di parte del contributo assegnato al progetto Torino-Lione. La decurtazione del contributo è ingente: dai 671,8 milioni di € inizialmente concessi a 395,3 milioni di € (una riduzione del 41%).

Polveri al cantiere di Chiomonte "la Maddalena"

Polveri al cantiere di Chiomonte “la Maddalena”

Il pesante ridimensionamento riguarda tutto il programma, il cui importo complessivo passa da 2,09 miliardi di € a soli 891 milioni di € (una riduzione del 57%).

Al primo chilometro scavato spuntano nuove informazioni, LTF cominciò a scavare quando già sapeva di non finire nei termini, così dichiarano i No Tav dal loro sito Presidio Europa – “Quando cominciano a scavare la Galleria de La Maddalena a Chiomonte, LTF e i due Governi sanno perfettamente che il contributo è stato dimezzato, che il termine previsto (fine 2016) andrà ben oltre il 31 dicembre 2015 e che tutte le spese effettuate dopo tale data non saranno ammesse dall’Unione Europea”.

Controlli dell'inquinamento da cantiere nelle acque

Controlli dell’inquinamento da cantiere nelle acque

Si brinda sapendo che a conti fatti sono scavati 2,5 metri al giorno (anziché i 10 previsti). Anche a velocità doppia, al 31 dicembre 2015 risulterà scavata solo metà galleria; tutta solo a febbraio 2018 (al di fuori dei termini del contributo europeo). L’UE paga la galleria completa, si rischiamo ulteriori perdite di contributi.

“Con questa crisi e il debito pubblico, cosa ci sarà da brindare?” rispondono, dalla valle, i No Tav al video diffuso dal giornale Repubblica girato dal Senatore Esposito e pubblicato sul suo profilo facebook.

da Presidio Europa - il curioso caso della talpa pigra

Resta di fatto che il 12 novembre 2011 l’allora direttore Ltf Rettighieri, sul giornale La Stampa a firma Maurizio Tropeano, dava notizia dell’inizio scavi con Tbm (talpa meccanizzata). Se avesse scavato i propagandati 10 metri al giorno, ieri 27 giugno 2014, cioè 227 giorni dopo, avrebbe sorpassato da un pezzo il suo secondo chilometro, “siamo un bel pò indietro” come dichiarano i No Tav, “chissà cosa hanno da brindare?”.

(V.R. 28/06/14)