Facebook: class action in California per violazione privacy

Posted By Redazione On 4 gennaio 2014
Era ora!

03 Gennaio 2014 – 16:27

 (ASCA) – Roma, 3 gen 2014 – Class-action contro Facebook, accusata di raccogliere dati dei messaggi privati per utilizzarli a scopi commericiali, violando il diritto alla privacy degli utenti. La querela sostiene che il gigante di internet agisce in violazione della leggi della California e dell’Electronic Communications Privacy Act, la legge federale che regola la materia, ed e’ stata presentata lo scorso 30 dicembre presso la Corte distrettuale del nord della California. L’azione legale e’ stata avviata da due utenti di Facebook, Matthew Campbell dell’Arkansas e Michael Hurley dell’Oregon, i quali sostengono che il social-network scannerizza la corrispondenza fra gli utenti, condividendo le informazioni con le agenzie che si occupano di pubblicita’ e di marketing. Grazie a questo ”target advertising”, sostengono i querelanti, Facebook avrebbe guadagnato 2,7 miliardi di dollari nel 2011. La querela e’ simile a quella subita da Google, accusata di violare i dati privati contenuti nei messaggi su Gmail. (fonte AFP). uda/

URL to article: http://www.stampalibera.com/?p=70082

30 ANS DU PCN / Interview de Luc MICHEL pour STATO & POTENZA

PCN-TV/ ENTRETIEN DE LUC MICHEL AVEC ‘STATO & POTENZA’ : LE PCN – IDEOLOGIE – PRAXIS – COMBATS

PCN-TV pour la version video

Avec ‘STATO & POTENZA’ pour la version écrite /

2013 01 06 /

https://vimeo.com/pcntv

LM - PCN-TV VIDEO interview avec Stato & Potenza (2014 01 06) FR

Entretien de Luc MICHEL, président du PCN, avec ‘STATO & POTENZA’ (« journal d’information socialiste », Italie) sur le PCN, son Organisation transnationale, son idéologie le « Communautarisme européen », sa praxis et ses 40 ans de combat pour la Grande-Europe de Vladivostok à Reykjavik …

 Video originale (Français) de PCN-TV sur :

https://vimeo.com/83462952

Interview italienne sur ‘STATO & POTENZA’ :

http://www.statopotenza.eu/9861/la-grande-europa-contro-loccupante-usa

Parmi les thèmes abordés :

PCN-NCP – Communautarisme européen – Socialisme du XXIe Siècle – Jean Thiriart – Grande-Europe – Idéologies européistes – Union Européenne – Euro – Globalisation – Crise financière mondiale – Géopolitique de la Belgique – Nationalisme flamand – Rattachisme – Géopolitique de la France – Exception culturelle française – Grande politique gaulliste – Général de Gaulle – Axe Paris-Moscou – Axe Washington-Tel-Aviv-Paris – Front National – clan Le Pen – FN belges – Géopolitique de l’Allemagne – annexion de la DDR – Pays baltes – Démembrement de la Yougoslavie – Crise ukrainienne – Politique italienne – Démocratie-chrétienne – néocolonialisme en Libye – Russie – URSS – implosion de l’Union Soviétique – Empire euro-soviétique – Ecole géopolitique euro-soviétique – Eurasisme – KPRF – Zouganov – Thèse de la Seconde Europe – processus d’unification eurasiatique – OTSC – Groupe de Shanghai – Grand échiquier – géopoliticiens US (Brezinski, Friedman, Stratfor) – 30 ans du PCN – Etatistes versus libéraux …

PCN-TV

_________________________

https://vimeo.com/pcntv

https://www.facebook.com/PCN.NCP.TV

Stati Uniti e Regno Unito attuano il programma saudita e del Golfo dai Balcani all’Afghanistan

GENNAIO 3, 2014
 
Murad Makhmudov e Lee Jay Walker Modern Tokyo Times 2 gennaio 2014
 
150103
A prescindere se si sostiene il governo siriano o si è contro i leader politici di questa nazione, è evidente che gli interventi del passato hanno creato caos e Stati falliti. O le élite politiche dei Paesi del Golfo, USA, Francia, Turchia e Regno Unito godono dell’instabilità massiccia e delle pulizia contro le minoranze religiose, o l’ordine del giorno è creare deboli Stati falliti al fine di proteggere le monarchie feudali del Golfo e Israele. Se no, allora nulla ha senso e ciò vale anche per le nazioni occidentali, anti-cristiane in Medio Oriente e in altre parti del mondo.
E’ noto che il più potente leader religioso dell’Arabia Saudita vuole che tutte le chiese cristiane siano distrutte in tutta la regione. Naturalmente, con Qatar e Arabia Saudita che sostengono i fanatici e i terroristi salafiti sunniti contro il governo della Siria, allora ciò potrebbe far parte della crociata anti-cristiana avviata dai monarchi feudali e dalle élite religiose dell’Arabia Saudita. Il Gran Mufti shaiq Abdul Aziz al-Ashaiq dell’Arabia Saudita ha dichiarato che è “necessario distruggere tutte le chiese della regione“. Tale distinto chierico islamico, caro amico delle élite al potere in Arabia Saudita, ha espresso il proprio parere a una delegazione del Quwayt. Sembra che voglia che il Quwayt segua la linea religiosa anti-cristiana e settaria dell’Arabia Saudita, che si rifiuta di permettere un solo tempio buddista, chiesa cristiana, tempio indù e così via. Pertanto, quando un fanatico vuole bruciare il Corano (cosa che gli islamisti fanno sempre nei loro attacchi terroristici per distruggere le moschee sciite) negli USA, l’amministrazione e i media locali ne parlano, tuttavia, avere forti relazioni con i Paesi islamici che odiano le altre religioni non è ovviamente una preoccupazione. E’ chiaro che l’Egitto di Gamal Abdel Nasser era una minaccia per le élite del Golfo e delle principali nazioni occidentali. Allo stesso modo, Saddam Hussein era un alleato delle monarchie sunnite del Golfo e di potenti nazioni occidentali durante la guerra Iran-Iraq. Ma la pretesa sul Quwayt distrusse tale unità. Naturalmente, quando Saddam Hussein era occupato ad uccidere sciiti in Iraq e a lottare contro l’Iran, allora era ben accetto. Allo stesso modo, quando i curdi furono gassati in Iraq, allora si poté nasconderlo sotto il tappeto. Tuttavia, invadere lo Stato feudale chiamato Quwayt fu ben altro. Pertanto, una campagna mediatica ben orchestrata iniziò a pompare menzogne sul Quwayt e sui molti presunti massacri, che poi si rivelarono delle mere invenzioni. Nonostante ciò, Stati Uniti e Regno Unito proteggeranno le monarchie anti-cristiane del Golfo fino in fondo, per via dei fattori energetici, geopolitici e altri importanti.
Più di quarant’anni fa le solite nazioni intervenute in Afghanistan sostennero il maggior numero di “islamisti da anno zero” sulla faccia del pianeta. Non solo USA, Pakistan, Arabia Saudita, Regno Unito e altre nazioni, sostennero i settari e terroristi islamici, ma li addestrarono militarmente, gli diedero assistenza e aiutarono i futuri gruppi terroristici a coordinarsi. Usama bin Ladin fu un importante alleato di nazioni del Golfo, USA, Pakistan e Regno Unito. Naturalmente, l’11 settembre portò negli USA ciò che subivano i popoli dell’Afghanistan, del Pakistan nord-occidentale e del Kashmir dell’India; quindi la militanza islamista continua a distruggere tutte le forme di moderazione e a scacciare le minoranze religiose. Le donne ne pagano un prezzo terribile, mentre gli islamisti possono vietare l’alcol mentre vendita e assunzione di eroina non sono considerate anti-islamiche. Quindi, ora c’è il grave problema della droga in Afghanistan e Pakistan, ma nonostante tutto il caos, ora si vuole distruggere la Siria multi-religiosa e laica. Mentre l’Afghanistan continuava a sprofondare nella spirale dell’odio islamista, del pesante indottrinamento e della segregazione delle donne, e senza poter schiacciare i taliban, una nuova avventura iniziò contro l’Iraq. La debacle del Quwayt evidenziò la realtà che, mentre circa 3-4000000 di neri africani venivano uccisi in Sudan in base alle politiche di arabizzazione e islamizzazione, che allora veniva tollerato, invadere un ricco Stato del Golfo era invece una questione diversa. In poche parole, proprio come a Timor Est, in cui circa un terzo della popolazione fu ucciso dalle forze centrali dell’Indonesia, è evidente che i cristiani (Sudan e Timor Est) e gli animisti (Sudan) semplicemente non contavano affinché Stati Uniti e Regno Unito rifornissero di armi l’Indonesia. Gli USA inoltre accolsero con favore l’introduzione della sharia nel Sudan del presidente Jafar Nimayri, nel 1983, proprio come Washington contribuì che tale quadro giuridico avesse il sopravvento in Afghanistan, Iraq e più recentemente in Libia. Chiaramente, la retorica anti-musulmana degli USA non sostiene granché le forze moderate del mondo islamico contrarie agli obiettivi di Arabia Saudita e delle altre nazioni del Golfo. Pertanto, le uniche forze a soffrire per mano della politica estera statunitense in Afghanistan, Bosnia, Cipro (invasione da parte della Turchia), Kosovo, Libia, Iraq e ora in Siria, sono i cristiani, le forze laiche e tradizionali dell’Islam, aggrediti da jihadisti sunniti islamisti, militanti salafiti e una pletora di gruppi terroristici. Tali gruppi islamici pensano sia normale  uccidere sciiti, gruppi musulmani minoritari come gli alawiti, i religiosi sunniti che sostengono la diversità religiosa e i non-musulmani. In tale senso, le élite politiche di Washington e Londra hanno insediato dei conformi governi musulmani in Bosnia e Kosovo, mentre non fecero nulla quando i cristiani ortodossi vennero cacciati dalla Turchia dopo che invase Cipro del Nord. Nel frattempo, le forze laiche delle istituzioni statali di Afghanistan, Iraq e Libia furono tutte sopraffatte dall’applicazione della sharia, una volta che le élite al potere furono abbattute in questi tre Paesi. Data questa realtà, sembra che si sostengano sempre le forze islamiste conservatrici e reazionarie. Il risultato è che circa il 50% dei cristiani fuggirono dall’Iraq e numerosi cristiani fuggirono dal Kosovo; ciò è accaduto sotto lo sguardo di USA e Regno Unito. Nel frattempo, in Egitto i cristiani copti affrontano la crescente minaccia islamista, ma ancora una volta USA e Regno Unito continuano a finanziare la Fratellanza musulmana che misero al governo.
In Kosovo, l’Esercito di Liberazione del Kosovo (UCK) è implicato nell’assassinio di persone per traffico di organi e in altri massacri. Allo stesso modo, in Siria vi sono le prove video dell’esercito libero siriano e di vari gruppi islamisti che insegnano ai bambini a decapitare soldati siriani, a squartarli e mangiarne gli organi, uccidere religiosi sunniti che sostengono il governo e una serie di altre brutalità quale la decapitazione di alawiti e sciiti. Eppure, sembra che tutto ciò, e i rapimenti di vescovi cristiani, non valgano nulla per USA, Francia, Qatar, Arabia Saudita, Turchia e Regno Unito. Dopo tutto, i peggiori massacri sono commessi dall’ELS e dai vari gruppi terroristici islamici che ricevono maggiori finanziamenti al fine di distruggere la Siria. Si deve rilevare che la Siria, proprio come l’Egitto di Nasser, è una nazione orgogliosa e libera che rifiuta di inchinarsi al dominio internazionale. Pertanto, il governo laico della Siria è considerato una minaccia dalle potenze occidentali, del Golfo e dalla infida Turchia, perché queste forze collettive vedono l’opportunità di distruggere l’ultima grande nazione laica e indipendente nel mondo arabo. La Libia del post-Gheddafi non è altro che uno Stato fallito in cui varie milizie controllano parti del Paese. I recenti attacchi terroristici in Algeria, Mali e Niger sono collegati allo Stato fallito della Libia. Allo stesso tempo, CIA, MI6 e altre reti d’intelligence sono coinvolte nell’invio di armi ai terroristi in Siria via Bosnia, Libia, Croazia, Kosovo e altro. Si noti che Stati Uniti e Regno Unito hanno supportato le forze anti-serbe in Bosnia, Croazia e Kosovo, e nel frattempo le élite al potere in Libia si affidano già a Londra e Washington per un sostegno economico. 
 
In un altro articolo di Modern Tokyo Times sulla Libia, è stato affermato che “La politica dei ‘bombardamenti per la democrazia’ occidentale e del Golfo in Libia, ha portato al massacro di neri africani e all’assassinio dei lealisti di Gheddafi, creando una “nuova società” basata sul disordine attuale. In effetti, il caos che inghiotte la Libia destabilizza il Mali settentrionale e crea problemi alla Tunisia. Tale destabilizzazione è dovuta alle grandi quantità di armi disponibili e alla pericolosa ideologia salafita che si diffonde grazie al denaro di Arabia Saudita e Qatar. Tornando alla Libia e al Mali settentrionale, quindi, attualmente le organizzazioni salafite sono intente a distruggere tutti i modelli di pensiero islamico estranei alla loro “monocultura dei paraocchi” che vive di odio e paura. Infatti, i video in Siria dimostrano chiaramente che il “matrimonio di convenienza” occidentale e islamista diffonde tale ideologia pericolosa in quel Paese. Pertanto, l’Islam tradizionale e le minoranze religiose hanno molto da temere in Siria. Tuttavia, i soliti leader politici di Londra, Parigi e Washington sosterranno qualsiasi forma di barbarie pur di soddisfare le proprie ambizioni geopolitiche.”
La Siria ha accolto i palestinesi in fuga e oltre un milione di profughi dall’Iraq, indipendentemente se fossero cristiani, sunniti, sciiti o qualsiasi altra cosa. La Siria è una nazione multi-religiosa e laica. Inoltre, è evidente che non c’è nessuna prova che dimostri dei massacri del governo siriano, prima che Stati esteri sponsorizzassero settarismo, terrorismo e sedizione contro questa nazione. Pertanto, le forze armate della Siria fanno del loro meglio per proteggere la popolazione e preservare l’indipendenza della Siria. Dopo tutto, chi rapisce vescovi cristiani, personale delle Nazioni Unite, uccide religiosi sunniti, decapita alawiti, massacra sciiti, uccide giornalisti e così via? Nonostante ciò, le principali potenze occidentali e del Golfo, assieme alla Turchia, sono intente a distruggere il tessuto della società siriana e non si curano di creare un altro Stato fallito, dopo tutto si guardino i precedenti di Afghanistan, Kosovo, Libia e Iraq.

Ortaggi vietati, sul nostro cibo l’ultimo diktat dell’Ue

ma no l’amabile Europa fatta solo di buoni propositi ed intendimenti senza interessi alcuni potrebbe mai fare una tale cattiveria che faccia ingrossare le multinazionali?Non si possono scambiare i semi nel templio della libera circolazione di merci capitali e traffici di umani.
le multinazionali degli Ogm, vedono la sovranità alimentare dei territori come fumo degli occhi.” Esattamente come le banche vedono la sovranità monetaria degli stati, per questo demonizzano le entità statali

3 gennaio 2014 – Semi proibiti e nuovi vincoli per l’orticoltura. L’11 dicembre è scaduto il termine che i deputati del Parlamento Europeo avevano per presentare emendamenti al testo con il quale la Commissione di Barroso intende introdurre una nuova regolamentazione per il mercato delle sementi. Un testo molto criticato dalle associazioni che raccolgono le realtà contadine di base che si battono per un’agricoltura sostenibile, per la libera circolazione dei semi e per la preservazione della biodiversità.
Il nuovo regolamento, infatti, punta a sostituire 12 precedenti direttive europee. Secondo l’associazione europea “Seed Freedom”, sono in arrivo «condizioni ancora più limitative e ulteriore standardizzazione delle sementi». Lo scambio dei semi «conoscerà nuove restrizioni». Conseguenza: «Ciò che costituisce la base del nostro cibo diventerà parte di regole di mercato». Per le varietà locali, gli ortaggi rari e i frutti antichi, il nuovo regolamento «significherà barriere burocratiche ed economiche che saranno molto difficili da oltrepassare», mentre «diventerà più complicato anche l’accesso alle varietà biologiche».

Probabilmente, spiega Giovanni Fez su “Il Cambiamento”, la commissione agricoltura del Parlamento voterà sul testo a gennaio 2014 e qualche mese dopo ci sarà la votazione in plenaria prima che venga adottata la decisione definitiva dal Consiglio d’Europa. “Seed Freedom” chiama quindi a raccolta tutti i cittadini affinché facciano pressione sulle istituzioni europee per non far passare il testo così com’è stato redatto: «Con queste modalità spesso si arriva ad ignorare la salute pubblica, la biodiversità e gli aspetti etici della produzione alimentare e degli interessi comuni». E’ in pericolo anche l’economia locale dei territori, quella delle filiere corte. «Chi si prenderà a cuore gli interessi della società civile, dei cittadini, degli agricoltori biologici e dei consumatori?». Attenzione: «L’uniformità genetica delle sementi non potrà mai risolvere il problema della fame nel mondo; in molti casi questi semi non riescono ad adattarsi alle condizioni locali e hanno bisogno di grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti». Al contrario, «l’agricoltura biologica, biodinamica e tradizionale cerca di sviluppare varietà che diano risposte alle esigenze del luogo e che si adattino alle condizioni specifiche per produrre in maniera sostenibile».

Lo dimostra un recente progetto co-finanziato dalla stessa Unione Europea attraverso il programma Alcotra (cooperazione franco-italiana), che in due anni ha creato “una rete per le biodiversità transfrontaliere”, varietà locali di ortaggi tradizionalmente coltivati in Piemonte e in Provenza, grazie all’impegno di agricoltori-custodi che hanno salvaguardato le specie, scongiurandone l’estinzione. Può apparire un impegno hobbystico, ma non lo è: la lotta contro l’erosione genetica degli ortaggi garantisce un’offerta più ampia verso il consumatore locale, fatta di prodotti veramente a chilometri zero, con un taglio netto al costo dei trasporti e all’impatto negativo – anche ecologico – della grande distribuzione, a tutto vantaggio delle economie locali e degli stessi consumatori, a cui si offrono prodotti sani, di stagione, coltivati senza pesticidi. A coordinare il progetto sono stati centri di ricerca francesi come il Grab di Avignone (agricoltura biologica) e la stessa Aiab, associazione italiana per l’agricoltura biologica. Obiettivo del progetto: il libero scambio di semi tra contadini italiani e francesi, per mettere al riparo – A rischio la diffusione delle varietà agricole localiuna volta per tutte – l’immensa ricchezza costituita dalla biodiversità coltivata negli orti.

In Italia a battersi per la modifica del testo di Bruxelles è ora la Rete Semi Rurali. «La revisione attuata dalla Commissione Europea deve tenere in considerazione quegli agricoltori e quei cittadini-consumatori che, ad oggi, sono stati dimenticati dalla legislazione». Infatti, «chi cerca varietà locali, tradizionali, non uniformi o con particolari caratteristiche organolettiche o qualitative non può trovarle sul mercato, a causa di una legislazione troppo restrittiva». Inoltre, la nuova normativa sementiera «deve rispettare gli obblighi internazionali firmati dall’Unione Europea e in particolare il trattato Fao sulle risorse genetiche agricole per l’alimentazione e l’agricoltura, favorendo l’uso sostenibile della diversità agricola, tutelando i diritti degli agricoltori e garantendo l’accesso facilitato per fini di ricerca e sperimentazione alle varietà commercializzate». Le grandi lobby del cibo, comprese le multinazionali degli Ogm, vedono la sovranità alimentare dei territori come fumo degli occhi. Il guaio è che Bruxelles si limita a prendere ordini da loro. Non resta che una mobilitazione per tentare di sbarrare la strada a chi vuole cancellare la concorrenza locale al grande business. Ora, riassume “Il Cambiamento”, i prossimi mesi saranno decisivi: dopo la tappa di gennaio «ci si giocherà veramente tanto, perché non dimentichiamolo: chi controlla i semi, controlla il cibo e quindi la vita».

FONTE libreidee.org

http://sapereeundovere.it/ortaggi-vietati-sul-nostro-cibo-lultimo-diktat-dellue/

JACQUES ATTALI E AMBROSE EVANS-PRITCHARD SI UNISCONO AL CORO DEGLI EVOCATORI DI GUERRA

Dal tono direi che i due più che altro fanno una constatazione quasi di fatto, non sembra siano entusiasti di tale possibilità
Due esponenti dell’attuale alleanza strategica-imperiale tra Regno Unito e Francia, Jacques Attali e Ambrose Evans-Pritchard, hanno evocato una prossima guerra mondiale come sbocco alla crisi finanziaria. I loro scenari presentano i tempi e le dinamiche come lo sviluppo inevitabile e meccanicistico della crisi, ma vanno invece interpretati come dichiarazioni di intenti da parte di un’oligarchia che punta alla guerra pur di evitare una soluzione alla crisi che sacrifichi i suoi privilegi e il suo potere.
 
Intervistato il 29 dicembre 2013 da un gruppo di giornalisti sulla francese Radio Europe 1 (ascolta dall’istante di tempo 13:30), Jacques Attali, consigliere permanente di Mitterrand, Sarkozy e Hollande, e sempre in linea con l’oligarchia finanziaria globale, ha affermato che il mondo è pronto per un nuovo crac finanziario e per l’esplosione di conflitti armati tra superpotenze.
 
“È molto probabile” che il 2014 sia l’anno del peggio, ha detto Attali, “dunque non accadrà, poiché è sufficiente dire che le cose avranno luogo affinché si possa creare le condizioni per cui non abbiano luogo. Sul piano internazionale, è un anno estremamente pericoloso. Molti conflitti si fanno sentire in Cina, nel Mare della Cina, in Africa e in molti altri luoghi. Globalmente, la crisi finanziaria non è stata affrontata in alcun modo, anche se registriamo una forte crescita negli Stati Uniti, che è una crescita gonfiata da una politica à la [Bernard] Madoff. L’unica differenza sostanziale tra Madoff e i governi occidentali è che Madoff è in prigione. Prescindendo da ciò, le loro politiche sono identiche”.
 
Invitato a parlare della possibilità di un nuovo crac finanziario, Attali ha affermato che il crac ci sarà, “ma non credo nel 2014; nel 2016-2017, non sappiamo. Guardate i grafici: il debito pubblico sta crescendo ovunque; ovunque si stampa moneta dal nulla; i veri fattori di crescita da riscontrare nel progresso tecnologico sono disfunzionali”.
 
E saremmo minacciati da una iperinflazione o da una crisi di deflazione? “Da entrambe”, ha risposto Attali, “o da una guerra capace di sostituire l’inflazione come motore di crescita. Conosciamo da sempre questo fenomeno. Un forte conflitto tra Cina e Giappone potrebbe coinvolgere gli Stati Uniti tramite una reazione a catena di alleanze, come nel 1914. Altri potrebbero essere gli scenari, ma questa è l’ipotesi più probabile. Potrebbe accadere qualcosa intorno al Kurdistan, ove interagirebbero tutti i ‘covi di serpi’ della regione… Si deve pensare a tutti gli scenari i quali potrebbero, tramite una reazione a catena di reciproche alleanze, scatenare le grandi potenze e coinvolgerle in una guerra. Questo è possibile. Penso che da qualche parte vi sarà una grande tensione militare che creerà le condizioni per l’affiorare di una sorta di ‘economia di guerra’ capace di ingurgitare il debito pubblico mondiale, poiché il debito pubblico è ridotto soltanto dalla crescita o dalla trasformazione di debito in tasse. E oggi siamo piuttosto nel secondo scenario”.
 
Questa settimana anche Ambrose Evans-Pritchard, l’agente dell’MI6 piazzato nella redazione del londinese Daily Telegraph, ha unito la sua alle voci che delineano un parallelo tra il 1914 e il presente. Evans-Pritchard prevede che una grande turbolenza a livello globale avrà una pesante influenza sul dollaro americano: secondo lui gli investitori saranno costretti a ritirare 4 migliaia di miliardi di dollari dai mercati emergenti per sostenere il tesoro americano. La migrazione di capitale, simile a quella che si ebbe nel 1998 dall’Asia orientale, lascerà alle sue spalle altra instabilità, nelle regioni più rilevanti del mondo in via di sviluppo.
 
Anche nella sua analisi globale è previsto l’acuirsi degli attriti tra Giappone e Cina, “passi di quasi-guerra” che i due Paesi in realtà stanno già compiendo sul piano monetario (le svalutazioni dello yen comportano ulteriori riduzioni del valore dello yuan, mentre la Cina tenta di negoziare il suo debito di 24 migliaia di miliardi di dollari).
 
Per l’Asia sudoccidentale Evans-Pritchard ha questo paragone: si tratta di una Guerra dei Trent’Anni tra sunniti e sciiti.
 
Cinicamente Evans-Pritchard fa osservare come la miglior prova del fatto che siamo alla vigilia di una guerra sia in ciò che egli definisce l’indice Dow Aerospace and Defense. Aggiunge che la Raytheon e altre società produttrici di armamenti e sistemi difensivi, negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone, hanno incassato profitti senza precedenti, lo scorso anno. Il mondo dunque è al riarmo.
 
Evans-Pritchard auspica anche un Quantitative Easing europeo da mille miliardi di euro, proposto come rimedio alla infinita spirale del debito, prima che le elezioni europee di maggio portino all’affermazione di partiti anti-euro di estrema destra, contrari a un tale programma di salvataggi iperinflattivo.
 
 

Verso la Bancarotta: Il Tarocco di Fine Anno per Rientrare nel Magico 3% (MEF Grecia Style)

2 gennaio 2014
 
E vabbeh. Non è che ci aspettavamo nulla di diverso. Un bel Tarocco finale per abbellire il fabbisogno dello Stato  di fine anno e spostare poste a Gennaio 2014. D’altronde in pieno stile Grecia bisognava pur far vedere che noi si rispetta il feticcio del 3%. 
Aspettiamo il dettaglio per analizzare le singole poste in entrata, però che tristezza. A cosa ci siamo ridotti.
p.s. ovviamente Gennaio 2014 non comincerà esattamente bene…. ma tanto sarà solo 1 di 12 mesi.
 
 
Nel mese di dicembre 2013 il settore statale registra un avanzo di 15 mld
Il fabbisogno totale 2013, incluse le partite straordinarie, è stato di 79,7 mld, che si confrontano con i 49,5 del 2012 (+30,2 miliardi)
Nel mese di dicembre l’avanzo del settore statale è stimato, in via provvisoria, in 15 miliardi, superiore di circa 1,5 miliardi rispetto a quello realizzato nello stesso mese del 2012 (13,4 miliardi); il miglioramento risulta più elevato (circa 3,2 miliardi) se si escludono dall’avanzo del dicembre 2012 circa 1,7 miliardi di introiti relativi alla dismissione di quote SACE e SIMEST ininfluenti sull’indebitamento netto.
Dal lato degli incassi si segnala la crescita delle entrate fiscali, superiori di circa 3 miliardi rispetto a quelle realizzate nel dicembre 2012, anche per effetto del buon andamento registrato dagli introiti IVA e da alcune imposte dirette. Sono stati, inoltre, realizzati, per il settore delle amministrazioni centrali, proventi relativi a dismissioni immobiliari per circa 320 milioni. Dal lato dei pagamenti, si registra una riduzione della spesa delle amministrazioni centrali per circa 1,5 miliardi.
Sulla base dei dati preliminari del mese di dicembre, il fabbisogno annuo del settore statale del 2013 si attesterebbe sui 79,7 miliardi, che si confrontano con i 49,5 del 2012.
Il risultato sconta operazioni straordinarie, fra le quali si segnalano: l’aumento dei pagamenti dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni, la partecipazione all’aumento di capitale a favore della Banca Europea per gli Investimenti, la sottoscrizione di strumenti finanziari a favore del Monte dei Paschi di Siena e gli incassi relativi alla cessione di Fintecna. Ai fini di un confronto omogeneo si segnala, inoltre, che lo scorso anno il saldo di cassa era migliorato di circa 10 miliardi per effetto del ripristino del sistema di Tesoreria Unica.
Escludendo le partite di entrata e spesa ininfluenti ai fini del computo dell’indebitamento netto, il fabbisogno del settore statale risulta inferiore a quello del 2012 di oltre un miliardo di euro.
 
COMMENTO
Stavolta il Ministero e’ piu’ loquace del solito: ammettono i 30,2 miliardi di aumento del Fabbisogno, ma imputano la cosa ad operazioni straordinarie: chiudono dicendo che al netto di queste l’indebitamento e’ un miliardo sotto a quello del 2012, per cui sostanzialmente il Governo avrebbe centrato il deficit esattamente al 3,0%.
Ci sono parecchie cose che non tornano e ci inducono a dire senza mezzi temini che quel 3,0% tondo tondo e’ sostanzialmente fasullo. Qui le ragioni principali:
  • Nel computo delle Entrate del 2013 sono finiti anche 4,0-4,5 miliardi di IVA, incasso legato al pagamento dei debiti pregressi. Tale cifra e’ per definizione una posta straordinaria irripetibile
  • Riteniamo che il Governo abbia semplicemente spostato al 2014 alcuni pagamenti del 2013 (specialmente investimenti e contributi agli stessi). Dopo un anno con Spesa leggermente in crescita, magicamente a Dicembre la Spesa cala di 1,5 miliardi.
  • Ultimo dettaglio sono alcune entrate del 2013 sostanzialmente straordinarie ed irripetibili, per circa 4,0-4,5 miliardi; tra questi citiamo: aumento acconti fiscali, aumento degli acconti Ires e Irap di banche e assicurazioni dal 101% al 130% (una Robin Tax assurda), aumento degli acconti Ires e Irap dal 101 al 102,5 per cento per ogni società di capitale, etc.
 Tirando le somme, al netto dei provvedimenti straordinari ed irripetibili (valutabili in 9,0-12,0 miliardi), il deficit 2013 dovrebbe viaggiare tra il 3,5% ed il 3,7%, sfondando il 3,0% in modo piuttosto netto. Approfondiremo la questione ulteriormente in futuro.
Ai nostri lettori è piaciuto anche
 

Massoni Rossi. “Quando la sera andavamo da Licio Gelli”

Scritto da LaVocedellevoci.it     | Pubblicato Martedì, 31 Dicembre 2013

Partiamo da un libro shock sui “Panni sporchi della sinistra” per ricostruire quell’asse inconfessabile che da tempo collega uomini dell’ex Pci ad una certa parte della magistratura, con la supervisione delle massonerie organiche ai poteri finanziari internazionali. Il quadro di un Paese nel quale si decidono a tavolino epurazioni e ribaltamenti dei governi, si eliminano i giornalisti indipendenti e si abbandonano i testimoni di giustizia.

Non c’è bisogno di andare molto lontano per scovare la malapianta dentro cui affonda le radici la guerra non dichiarata – ma che ha già fatto molte vittime – da parte di segmenti strategici della magistratura e dello Stato contro giornalisti, testimoni di giustizia ed esponenti dell’antimafia che con le loro denunce sono andati a toccare in questi anni nervi scoperti del rapporto fra istituzioni italiane, massoneria internazionale e malavita organizzata.
Punto di svolta è – come da più parti ricordato – l’arco temporale che va dalle stragi del ’92-’93 ai primi anni di Mani Pulite. Da qui in poi finiscono gli attentati dinamitardi. E il sangue sulle strade resta riservato ai capetti dei piccoli clan locali in lotta fra loro per il racket o per lo spaccio nel quartiere. E da qui scende direttamente in campo quella parte della magistratura che risponde a poteri “altri”. Da quel momento in poi non c’è più bisogno di uccidere. Basta procedere a colpi di perquisizioni, sequestri, delegittimazioni, arresti, o anche solo sfinimento per processi che costano cifre enormi soltanto per pagarsi gli avvocati.
C’è un grande libro, uscito in questi giorni, che irrompe nel dibattito sulle vere ragioni della crisi che sta devastando e decimando l’Italia. Lo ha scritto, insieme a Stefano Santachiara, Ferruccio Pinotti, l’unico giornalista italiano che non nutra timori reverenziali ne´ per il potere e nemmeno per la magistratura, e che sia in grado, raccogliendo le prove, di rendere il quadro osceno di quello che ci sta davvero accadendo.
Ne “I panni sporchi della sinistra”, pubblicato con altrettanto coraggio e impegno civile da Chiarelettere, Pinotti dipana lucidamente il filo che ha intrecciato negli ultimi cinquant’anni la storia dell’ex Pci e dei suoi uomini di vertice (in primis il capo dello Stato Giorgio Napolitano) con le protezioni filoatlantiche riservate a quella parte politica dalla massoneria internazionale e statunitense. Senza mai dimenticare il ruolo che, nei momenti decisivi di questo connubio, è stato svolto da una certa magistratura, specialmente quella che sarebbe poi apertamente passata nell’agone politico. Ancora una prova, il libro, che se oggi si vuole seriamente analizzare la massoneria bisogna partire da quella compagine “rossa” che racchiude gli inconfessabili rapporti di alleanza fra il Pd, Magistratura Democratica (ma non tutta, e non solo), e i loro referenti sovranazionali di matrice massonica.
LA SERA ANDAVAMO DA GELLI
Il rivolgimento epocale al vertice delle istituzioni italiane avvenuto fra 1992 e 1994 non fu certamente dovuto ad un certo Mario Chiesa, pescato con le mani nel sacco mentre prendeva tangenti per il Pio Albergo Trivulzio. Se ormai tutti gli storici – anche i più irregimentati – concordano sulla bufala del “mariuolo” Chiesa, fatta passare ad arte come pietra dello scandalo, meno noti risultano alcuni particolari dell’epoca che convergono sulla triangolazione ex Pci-Md e Massoneria quale “mandante” vero di quella Tangentopoli che in poco più di un anno avrebbe sostituito in blocco la classe dirigente italiana.
Attraverso la relazione – rimasta segreta – fra una donna che aveva lavorato in quegli anni al servizio della famiglia di Licio Gelli ed un noto esponente della allora “Milano da bere”, alla Voce è filtrata la notizia che in quegli anni a Villa Wanda era stato ricevuto, in veste tutt’altro che ufficiale, un importante magistrato collegato al pool. Lo stesso – secondo la testimone – si sarebbe trattenuto a lungo col Venerabile in uno o più incontri, definiti dalla donna “di tono conviviale”.
Se questa circostanza risultasse verificata, troverebbero ulteriore conferma anche altre ricostruzioni che emergono dal libro di Pinotti. Come quell’incredibile gioco delle parti fra centrodestra e centrosinistra, nel quale i burattinai (o “illuminati”, trilateral o bilderberg, che dir si voglia) scaricano o esaltano gli uomini di potere per i quali “è giunta l’ora”, indipendentemente dalle appartenenze politiche, secondo logiche di regia occulta dell’economia – o della dis-economia – italiana.
Una chiave che spiegherebbe, ad esempio, quanto nel libro di Pinotti e Santachiara si documenta circa il feeling politico di lunga data, benedetto dalle comuni simpatie massoniche, fra Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi. Il capitolo si intitola Silvio e Giorgio: affinità e “fratellanza”? «Il complesso rapporto creatosi nel corso degli anni tra Berlusconi e Napolitano – si legge – suggerisce sintonie che spesso vanno oltre la simpatia personale e il reciproco rispetto che può esistere tra figure che dovrebbero essere radicalmente lontane, sia per storia intellettuale e professionale sia per schieramento politico». Del Cavaliere si ricorda, oltre alla conclamata appartenenza alla P2, la minuziosa simbologia massonica fatta erigere nel mausoleo della villa di Arcore, senza contare le affermazioni del confratello ribelle, Gioele Magaldi, secondo il quale Berlusconi avrebbe fondato a suo tempo una officina autonoma con poteri sovranazionali, la “Loggia del Drago”, cui si dovrebbe, fra l’altro, buona parte del trionfo elettorale dal ’94 in poi.
Molto più complesso – ammettono gli autori – il discorso che riguarda Napolitano. A parlare è stavolta un avvocato da sempre molto vicino al presidente, che rivela: «Già il padre di Giorgio Napolitano è stato un importante massone, una delle figure più in vista della massoneria partenopea». L’avvocato Giovanni, figura di primo piano delle elites culturali partenopee di inizio ‘900, «avrebbe trasmesso al figlio Giorgio non solo l’amore per i codici, ma anche quello per la “fratellanza”». Analogo transfert ci sarebbe stato tra il futuro presidente e Giovanni Amendola (padre di Giorgio Amendola), massone e figura carismatica del Pci.
IL VOLTO “SORRIDENTE” DEL PCI
Nel tentativo di spegnere l’onda d’urto generata dall’uscita del libro di Pinotti, il Venerdì di Repubblica del 13 dicembre pone in copertina un giovanissimo Napolitano. E nell’articolo interno si dilunga sulle attenzioni che gli Usa hanno riservato a quel «volto sorridente del Pci», come veniva definito nei cablo rimasti per anni segreti. Ne vien fuori il ritratto di un alto dirigente colto e moderato, per lungo tempo seguito dalla Cia, perno dell’equilibrio che ha tenuto in piedi l’alleanza fra gli Stati Uniti e l’Italia. Niente a che vedere con le rivelazioni bomba contenute nel volume di Chiarelettere.
Eppure, a ben guardare, anche il pezzo del Venerdì proprio a quelle rivelazioni aggiunge qualcosa di interessante. Come quando ricorda il ciclo di conferenze tenute da Napolitano nel 1978 a Chatham House, Londra. Parliamo di uno dei principali centri del potere occulto mondiale ancora oggi. O quando nel pezzo si riporta la comunicazione riservata sul terrorismo in Italia dell’ambasciata inglese a Roma al ministro degli esteri britannico Caroline Redman: «Napolitano è rimasto del tutto sconcertato dalle esternazioni di Pertini sul terrorismo italiano manovrato dall’estero (…). Non ci sarebbe stato da sorprendersi, ad esempio, se la Francia si fosse offesa». La comunicazione è datata 19 febbraio 1981. Appena sei mesi prima, il 27 giugno 1980, nei cieli di Ustica un Dc 9 dell’aeronautica civile con 81 persone a bordo veniva abbattuto da quello che dopo molti anni si confermerà come un atto di guerra congiunto di Francia e Stati Uniti per eliminare il comandante libico Muammar Gheddafi.
Arriviamo al 1998: «i servizi segreti – ricostruisce Pinotti – avevano avvisato il Viminale delle capacità di fuga di Gelli durante la sua detenzione nel carcere svizzero di Champ Dollon». Eppure nel maggio di quell’anno «il Viminale guidato da Napolitano non riesce a evitare la fuga all’estero del capo della P2 Licio Gelli dopo l’ennesima condanna per il crac dell’Ambrosiano. Nonostante le ingenti risorse informative del ministero dell’Interno, il Venerabile lascia l’Italia indisturbato».
Comunque, tra i “volti sorridenti del Pci”, a Napoli si ricorda anche quello di Eugenio Jannelli, altrimenti detto il “barone rosso”. Scomparso nel 2005, il caposcuola dell’ortopedia partenopea, iscritto al Pci dal 1947, poi parlamentare, era fra gli amici più stretti di Napolitano. E fu proprio in Transatlantico che i cronisti della Voce lo incontrarono nel 1994, quando sulle pagine del mensile comparvero per la prima volta gli elenchi della massoneria in Campania. Perche´ fra i nomi dei confratelli spiccava il suo, quello dell’onorevole Jannelli. Alle nostre domande si schermì col sorriso del nobiluomo d’altri tempi e preferì non rispondere.
GIRO MANCINO
Studiosi e investigatori di fatti massonici – nel cui novero va considerato a buon diritto Ferruccio Pinotti, autore dei non meno dirompenti Fratelli d’Italia (2007) e Vaticano Massone (2013) – ci hanno spiegato da tempo che le personalità “di peso” vengono generalmente affiliate a logge estere. Come la Freedom di New York, che letteralmente pullula di italiani, o le diverse comunioni collegate a centri di potere come la stessa Chatham House, a Londra, o l’Aspen Institute, a Washington. Da qui la difficoltà a tradurre in prove concrete quell’aura di occultismo che aleggia intorno a tanti big delle nostre istituzioni. Salvo sporadici “incidenti di percorso”. Capita per esempio quando un empito di vanità spinge un leader a firmare un editoriale su una rivista ufficiale della massoneria, o a non astenersi dal presenziare ai convegni organizzati dai confratelli.
Il sito ufficiale del Grande Oriente d’Italia possiede nell’archivio online un gran numero di riviste riferibili alla “cultura” massonica fra cui Il pensiero mazziniano, che nel numero di dicembre 2009 vedeva come firma illustre quella di Nicola Mancino, autore di un saggio sul meridionalista Michele Cifarelli del Partito Repubblicano Italiano.
Nel 2009 Mancino era già vicepresidente del Csm da tre anni. In sostanza, dal 2006 al 2010 alla guida della giustizia italiana siedono due uomini accreditabili quanto meno di stima e simpatia verso la massoneria: il presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giorgio Napolitano, capo dello Stato, e il vicepresidente Nicola Mancino.
Sui rapporti fra Mancino e Napolitano emersi nel corso delle indagini della Procura di Palermo sulla trattativa stato-mafia si sofferma a lungo il libro di Pinotti, che ricorda come «nel novembre 2011 Mancino, preoccupato per la piega che ha preso l’indagine di Palermo», «comincia a tempestare di chiamate uno stretto collaboratore del Quirinale, responsabile degli affari dell’amministrazione della giustizia», Loris D’Ambrosio. Fino al 27 giugno 2012, quando arriva lo scoop di Panorama sull’esistenza di dialoghi tra Napolitano e Mancino intercettati sull’utenza di quest’ultimo. Un mese dopo, il 27 luglio, Loris D’Ambrosio muore d’infarto mentre si trova nel suo studio. E «il 4 dicembre 2012 la Corte costituzionale accoglie la richiesta di distruggere le quattro telefonate della discordia, assicurando che “Il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o attentato alla Costituzione”».
MAGISTRATURA E “DEMOCRATICI”
Risale ai tempi del “barone rosso” Jannelli, o del comunista-massone Amendola, quella stretta vicinanza che tuttora dura fra gli ex Pci e tanta parte della magistratura italiana, quasi sempre riunita sotto i vessilli di MD, Magistratura Democratica.
Esponente di punta di MD era ad esempio, quando ancora faceva il magistrato, Alberto Maritati, altra figura emblematica ricordata ne “I panni sporchi della sinistra” per il suo passaggio dall’ordine giudiziario alla carriera politica di ordinanza dalemiana. Dobbiamo tornare al 1994, quando il futuro lider maximo viene iscritto nel registro degli indagati per un finanziamento ricevuto dal re della sanità pugliese, Francesco Cavallari. Interrogato dal pm Alberto Maritati, ad aprile ’94 Cavallari vuota il sacco: «Non nascondo che in una circostanza particolare ho dato un contributo di 20 milioni al Partito Comunista. D’Alema è venuto a cena a casa mia e alla fine della cena io spontaneamente mi permisi di dire, poiche´ eravamo alla campagna elettorale del 1985, che volevo dare un contributo al Pci». Ora proseguiamo su Wikipedia: «Maritati archiviò il processo D’Alema nel 1995 per decorrenza dei termini di prescrizione, nonostante lo stesso D’Alema avesse dichiarato di aver ricevuto illegalmente un finanziamento per il Partito Comunista. Maritati si candidò quindi per volontà di D’Alema nel giugno 1999 e rimase in carica come senatore del Pd fino al febbraio 2013, quando rinunciò a partecipare alle primarie per le nuove elezioni politiche».
Ne´ meno significative, da questo punto di vista, sono state le intese politiche fra l’ex Pci di D’Alema e il “simbolo di Mani Pulite” Antonio Di Pietro: nemmeno il tempo di lasciare la toga (maggio 1996) e si ritroverà prima ministro dei Lavori pubblici nel governo Prodi, poi candidato al Mugello per volontà di D’Alema.
IL BLOCCO
Dal libro di Pinotti e dalle tante circostanze via via venute alla luce grazie alle sue rivelazioni, emerge con chiarezza, forse per la prima volta, un blocco di potere granitico, trasversale, pronto ad entrare in azione con qualsiasi mezzo per indirizzare i destini delle nazioni. In questo caso, la nostra. Un blocco che ha solo in apparenza le sembianze della “vecchia” ideologia di stampo comunista ed è invece capace, come abbiamo visto, di appoggiare (o affossare) i suoi referenti di punta per determinare gli effetti prestabiliti sulle economie dei Paesi occidentali. Uno scenario nel quale ad un personaggio come Silvio Berlusconi per vent’anni non si addebitano sul piano giudiziario le responsabilità connesse ad affari e frequentazioni più volte documentate con gli “uomini d’onore”, ma si attua la sua eliminazione dalla scena politica al momento stabilito, attraverso un processo (senza prove) per presunti rapporti con una navigata velina quasi diciottenne.
E’ da qui, da questo blocco, che dobbiamo partire per spiegare come siano finiti sotto i colpi di una violenta ed incessante delegittimazione “giudiziaria” gli stessi magistrati che avevano osato squarciare il velo sui santuari nascosti del potere (nel libro di Pinotti c’è un edificante capitolo sul caso di Clementina Forleo), o quei tanti giornalisti che avevano provato a raccogliere prove ed erano arrivati vicini al grumo di interessi che sta devastando il Paese e decimando la popolazione.
Cronisti indipendenti, non protetti dai grossi capitali di editori come Carlo De Benedetti (il quale peraltro, come documentato dallo stesso Pinotti in Fratelli d’Italia, era iscritto alla P2 esattamente come il “nemico” Berlusconi, dal quale oggi pretende altri 32 milioni di “danni non patrimoniali”, dopo che la Cassazione gli aveva già assegnato la stratosferica somma di 494 milioni, sempre di provenienza “cav”).
Ed è sempre a quel blocco che dovremo d’ora in poi riferirci se vorremo capire perche´ centinaia di testimoni di giustizia come Gennaro Ciliberto (vedi anche box a pagina 6), persone oneste che hanno rischiato a viso aperto la propria vita e quella dei loro familiari per far condannare i mafiosi, si vedono costretti ad inscenare manifestazioni dinanzi a Via Arenula, o al Viminale, sono stati abbandonati al loro destino, privati di case, lavoro e spesso anche affetti, al punto che molti non riusciranno nemmeno ad arrivare vivi alle udienze nelle quali saranno chiamati a confermare le tremende accuse che inchiodano i boss, guardandoli in faccia.
– See more at: http://www.infiltrato.it/inchieste/massoni-rossi-quando-la-sera-andavamo-da-licio-gelli#sthash.m57CKtPO.dpuf

Oceano, un mare di acqua nucleare: l’inchiesta del Wall street journal

810d61385209300d6aa85fbfbe8428209c55ad502f3f7c03c3454a3c

Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen, che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assoluto formato da acqua e rottami. Uno dei pochissimi esseri viventi incontrati dal Giappone alla California era una balena che sembrava in fin di vita per un grosso tumore sul capo.

Nessun altro animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detriti che sbattono contro la chiglia trascinati in mare dallo tsunami del 2011, quello che ha dato il via alla crisi di Fukushima.

Ma Fukushima ha solo amplificato un problema innescato dall’abitudine americana di affondare scorie nucleari al largo delle coste occidentali. Il Wall Street Journal, che sulla vicenda ha avviato un’inchiesta, reputa ci siano dai 29 ai 60 siti di sversamento di scorie non esattamente definite.Una legge della California del 1983 ordinava test annuali sui pesci per tenere sotto controllo l’impatto sulla fauna;ebbene nell’unico effettuato risultò che i pesci pescati fino a 100 chilometri dal maggiore sito di deposito scorie al largo della California, presentavano tracce di Americio, un elemento metallico radioattivo derivato dal plutonio. Inoltre, sui fondali nei pressi dei barili carichi di rifiuti, il livello di plutonio era 1000 volte maggiore di quello normale.Dal marzo 1999 è diventato operativo Il Wipp (Waste Isolation Pilot Plant), questo il nome della discarica atomica; si trova a Carlsbad, nello Stato del New Mexico, in una miniera di sale a 700 metri sotto terra . L’impianto, capace di accogliere 175.600 metri cubi di rifiuti transuranici,il cui intero trasferimento potrà essere completato prima del 2034. La messa in sicurezza del deposito sarà completata nel 2039. Solo tra più di un secolo, nel 2134, cesseranno, infine, i controlli attivi.

Ma, il lupo perde il pelo e non il vizio,forse hanno solo cambiato tratto di mare;certamente sono stati antesignani del malcostume presto assunto a uso proprio da noi italiani,che come ogni discepolo tendiamo a superare il maestro.

http://www.signoraggio.it/oceano-un-mare-di-acqua-nucleare-linchiesta-del-wall-street-journal/?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

E’ in Europa, ma la Romania ha il costo del lavoro della Cina

eppure si diceva che la Ue era diritti uguali per tutti e che la globalizzazione avrebbe esportato le tutele di cui godono i cittadini europei agli altri sfortunati lavoratori per il mondo. Intanto però in Ue vigeva il reddito di cittadinanza ed in Italia ancora niente.

di GIULIO ARRIGHINI*

Leggo l’altra mattina una notizia dalle agenzie economiche. Leggo e rileggo ma è tutto vero. Guardiamo insieme: “Lo stipendio minimo obbligatorio netto in Romania è stato fissato, in seguita a una delibera del governo, a 189,5 euro, in aumento di 11,1 euro rispetto allo scorso anno. Questo valore corrisponde a un orario di lavoro complessivo di 168 ore lavorative alla settimana, con un costo minimo di un’ora di lavoro che è pari a 1,11 euro. Dall’aumento dello stipendio minimo obbligatorio beneficeranno 804.225 dipendenti romeni di cui 238.143 del settore pubblico e 566.112 del settore privato. Dal primo gennaio sono state aumentate anche le pensioni del 3,76 per cento e il livello medio della pensione in Romania si attesta cosi a 176,15 euro”.

La prima considerazione è che ciascuno a casa proprio può fare quel che vuole. La seconda è che non si può portare nell’area dell’euro un paese la cui competitività sul costo del lavoro è pari a quella della Cina  senza immaginare che a casa nostra crolli tutto il sistema delle imprese, del manifatturiero, del made in.

E’ tutta una colossale presa per il sedere. I romeni vengono a lavorare in Italia a frotte per guadagnare quella che possiamo definire una fortuna, e le imprese vanno in Romania per guadagnare la loro fortuna, rivendendo sul nostro mercato un prodotto con un ricarico di base di almeno il 200 per cento. Possiamo dire che questo sia liberismo? Possiamo definirlo libero mercato? Quale alibi hanno i sindacati nel rivendicare i diritti dei nostri lavoratori davanti alla schiavitù persistente di un’ex regime comunista? Quali bandiere rosse vanno a sventolare in piazza quando a massacrare le fabbriche sono i costi del lavoro cinesi in Europa dentro il mercato della moneta unica? Ciascuno a casa propria faccia ciò che vuole ma aprire le porte al flusso di concorrenza senza il dazio della tutela della persona umana, del valore del lavoro, pari allo zero, in testa l’Europa delle grandi libertà, dove si vuole andare a parare?

Questo euro sì è il motore dell’autodistruzione. La parificazione forzata e obbligatoria di un mercato squilibrato, può generare giustizia sociale o innesca piuttosto le ragioni di una povertà più diffusa e livellante? E’ sparita la classe operaia, è sparito il ceto medio, è la sparita la forza lavoro intellettuale. A Grenoble, raccontava un amico professore che insegna lassù letteratura italiana, le generazioni di cittadini italiani stanno cambiando. Sono cambiate. Gli immigrati erano i pugliesi muratori, i coratini, i baresi, quelli che lavoravano di spatola e cazzuola. Oggi emigra il Nord laureato, i nostri giovani che da Milano o dalle università del Nord prendono la strada del Nord Europa per sopravvivere. I neuroni del Nord se li stanno accaparrando i centri scientifici francesi, svizzeri. Uno dei direttori scientifici a Grenoble di uno dei più grandi centri di ricerca dopo il Cern di Ginevra, è un promettente scienziato lombardo. Ma noi siamo nell’euro, e la Romania è la terra promessa che risolleva le sorti delle imprese. A 1,11 euro l’ora.

*Segretario Indipendenza Lombarda
http://www.lindipendenza.com/e-in-europa-ma-la-romania-ha-il-costo-del-lavoro-della-cina/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=e-in-europa-ma-la-romania-ha-il-costo-del-lavoro-della-cina&utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

COORDINAMENTO 9 DICEMBRE: LE PROVE DEL TRADIMENTO E LE CAUSE DELLA SCISSIONE.

Coordinamento 9 dicembre: “Ultimatum al Governo entro il 9 gennaio, poi grosse operazioni”.

“Ve ne andate o non ve ne andate? Noi vi diamo l’ultimatum”: queste le parole di Danilo Calvani, portavoce del Coordinamento 9 dicembre dopo la riunione nazionale a cui hanno partecipato oltre 107 coordinatori locali di cui 20 rappresentati per delega.

LATINA 28 DICEMBRE – Alla riunione nazionale dei presidi locali del Coordinamento 9 Dicembre hanno partecipato oltre un centinaio di coordinatori locali di cui 20 rappresentati per delega. L’Assemblea ha affrontato dibattiti in merito alla situazione degli italiani e delle varie categorie. Dalla riunione è emerso che i presidi, non solo continueranno ad oltranza nonostante il freddo e il gelo, ma scenderanno nuovamente in piazza e stavolta l’obiettivo sarà preciso: “il Parlamento è abusivo e deve dimettersi!”. La data dell’ultimatum è il 9 gennaio, se il parlamento non dovesse presentare dimissioni in massa, il coordinamento prevede mobilitazioni in tutta Italia per il 10 gennaio e una grande manifestazione è prevista per il 18 gennaio, i dettagli saranno resi noti alla stampa nei prossimi giorni.

Il 9 gennaio è il termine utile in cui il parlamento potrà informare il popolo italiano e il Coordinamento 9 dicembre sulla data in cui sgombererà le aule parlamentari e i Palazzi del potere occupati abusivamente grazie a una legge elettorale bocciata dalla Corte Costituzionale. E’ su questo che i 107 coordinatori locali hanno discusso a Pontinia delineando tempi e modalità delle prossime proteste.

«Noi dobbiamo uscire dalla crisi, lo dobbiamo alla vita dei nostri italiani anche loro massacrati e strozzati da una politica scellerata, dall’austerità, dalle tasse indiscriminate. Questo disegno prevede l’uccisione del piccolo commerciante a vantaggio delle grosse compagnie – dice Danilo Calvani che prosegue – questo per nessun popolo è ammissibile, perché ogni uomo ha la sua dignità e noi Italiani siamo dei maestri nell’artigianato. Nonostante ciò non abbiamo una legge che difenda il Made in Italy al 100%, c’è chi ha venduto la nostra conoscenza all’estero e dorme tranquillo. Eppure queste decisioni in campo politico ed economico coinvolgono non solo i commercianti, ma anche gli operai, gli imprenditori, le fabbriche influendo sui bilanci dello Stato che pesano anche sui dipendenti statali. Tutto il popolo è coinvolto in questa grande battaglia che stiamo organizzando. Il governo se ne frega di noi, non si accorge che siamo sull’orlo del baratro. Ci impoveriremo sempre di più, ci sono sempre più famiglie che vanno alla Caritas o in chiesa per chiedere aiuto. Nel Coordinamento 9 dicembre si sono uniti piccoli commercianti, imprenditori, artigiani, disoccupati, studenti, rappresentanti delle categorie. Non esistono e non devono esistere bandiere di ogni partito perché noi combattiamo tutti coloro che, occupando in modo abusivo i palazzi del potere, hanno legiferato privilegiando le banche e le multinazionali. Noi combattiamo contro quelli che ci hanno condannato a morte!».

Già durante le festività natalizie Danilo Calvani aveva annunciato un ritorno in piazza in nome di coloro che hanno vissuto il Natale coi crampi allo stomaco o coloro che sono vessati dalle cartelle esattoriali e dagli interessi troppo elevati.

Ma oggi le parole del portavoce del Coordinamento usa parole molto più forti per lanciare l’Ultimatum: «Ci hanno ucciso, ci hanno massacrato! Noi non tratteremo con nessuno. MAI! Che il governo se lo metta in testa! Dobbiamo rendere conto solo al popolo. E’ il popolo che deve decidere le proprie sorti. Il 15 Gennaio diventerà effettiva la sentenza della Corte Costituzionale che delegittimerà il Parlamento e i trattati internazionali stilati fino ad oggi. Si dovrà tornare alle elezioni e riparare i loro danni. Come? Col popolo! Solo il popolo dovrà decidere democraticamente visto che i suoi rappresentanti abusivi non sono né degni, né capaci! Noi vogliamo che il Governo si alzi da quelle poltrone e, con molta dignità, si dimetta assieme a tutto il Parlamento. Questo è un ultimatum! Se ne devono andare tutti, sono stati eletti con una legge giudicata illegittima dalla Corte Costituzionale ed è su quella base che hanno legiferato. Il golpe bianco lo hanno fatto loro, tutti quei parlamentari che si sono avvicendati nei palazzi del potere. Dopo aver occupato abusivamente il Parlamento hanno legiferato massacrando tutto il popolo italiano. I governi degli ultimi anni portano sulla coscienza decine e decine di suicidi! Se ne devono andare entro il 9 gennaio! Oltre quella data il Coordinamento prevede grosse operazioni in tutta Italia».

Danilo Calvani lancia un messaggio anche al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Presidente, si ricordi che noi cittadini amiamo le nostre istituzioni perché sono quelle che possono garantirci una pacifica esistenza, ma le amiamo al punto da pretendere che siano sgomberate da coloro che le hanno occupate abusivamente a danno del popolo. Tutti devono andarsene, nessuna eccezione! Qui l’Italia è da rifare!».

Il messaggio al Parlamento è forte e chiaro e proviene da tutti i coordinatori locali che hanno partecipato all’Assemblea nazionale: «Ve ne andate o non ve ne andate? L’ultimatum è il 9 gennaio. Solo entro quella data avrete la libertà di decidere le modalità con cui abbandonare ciò che occupate abusivamente. Avete 12 giorni di tempo a partire da oggi. Se non lo farete, oltre il 9 Gennaio ci saranno grosse operazioni».
http://mercatoliberotestimonianze.blogspot.it/2014/01/coordinamento-9-dicembre-le-prove-del.html