Di Maio e Salvini sulla UE e la Russia ed aggressioni alla loro posizione

Le ultime dichiarazioni di Di Maio e Salvini sulla UE e la Russia sono il segno che si intende davvero correggere di qualche grado la rotta geopolitica dell’Italia. Chiaramente i “mercati” gradiscono poco questa mutamento di rotta e lo spread tende ad alzarsi. Il gioco è ormai noto a chiunque.

Gravissime quindi sono le parole del governatore di Bankitalia come le affermazioni di gazzettieri, piddini e forzisti che, pur di mettere i bastoni tra le ruote ai giallo-verdi, di fatto si augurano che lo spread salga. Il governo dovrebbe farsi promotore di una legge che punisca chi favorisce, direttamente o indirettamente, la speculazione ai danni del nostro Paese, tanto più se si tratta di persone che ricoprono cariche pubbliche.
Non si può usare la ghigliottina , come sarebbe necessario per simili mascalzoni, ma è possibile comunque adottare provvedimenti d’urgenza per la salvaguardia dell’interesse nazionale. Anche se sul piano internazionale ci si deve necessariamente muovere con cautela, si possono e si devono colpire duramente le quinte colonne di potentati stranieri che da anni agiscono impunemente nel nostro Paese.
La politica in Italia non è una lotta in un barattolo di marmellata , ma una lotta nel fango, feroce e selvaggia. Da dei farabutti come i piddini e i forzisti , ci si deve aspettare solo un comportamento di tipo mafioso.
cit Fabio Falchi

SOROS SCATENA LA GUERRA CONTRO IL GOVERNO CONTE

In Italia si è aperta una contesa tra George Soros, l’attivista miliardario liberale nonché fervente sostenitore della Clinton, e il partito anti-immigrazionista della Lega, che venerdì ha formato un governo populista in coalizione con il M5S e il cui leader, Matteo Salvini, ha avviato la nuova Legislazione come vice primo ministro e ministro dell’interno, impegnandosi a deportare centinaia di migliaia di immigrati clandestini.

La Lega di Salvini e il Movimento 5 stelle hanno raggiunto un accordo giovedì su un governo di coalizione che lavorerà per “mettere gli italiani al primo posto” (e potenzialmente rendere la vita per l’Europa un inferno con la continua minaccia di Quitaly, che secondo JPMorgan potrebbe essere la scelta migliore per Roma), ponendo fine a cinque giorni di volatilità del mercato e caos politico.
In risposta, George Soros è impazzito dalla rabbia, suggerendo apertamente che Salvini potrebbe essere finanziato da Vladimir Putin e dicendo di essere “molto preoccupato per l’influenza della Russia sull’Europa in generale e sul nuovo governo italiano”.Non so se Salvini sia stato finanziato da Mosca, ma il pubblico ha il diritto di sapere” ha detto Soros. Tradotto in lingua sorosiana: “Ogni governo che mette i propri cittadini davanti ai migranti è da ora solo un burattino di Putin”.
Il capo della politica finanziaria della Lega, Claudio Borghi, ha risposto per le rime a Soros, affermando: “Soros preoccupato dal governo italiano? Quindi vuol dire che stiamo andando nella giusta direzione … Comprendiamo che hanno speculato per anni sulla pelle degli immigrati, finanziando ONG e contrabbandieri per invadere l’Italia. Il vento è cambiato per [Soros] e per tutti coloro che hanno approfittato della morte di centinaia di persone”.
Soros ammette anche sul quotidiano italiano “Il Corriere della Sera” che la crescente influenza della Lega è un riflesso delle “politiche di migrazione imperfette dell’Europa, che hanno imposto un peso ingiusto all’Italia”. La sua soluzione? Invece di reinsediare i migranti, l’UE deve finanziare l’Italia. “Questa proposta deriva dal principio volontario che il problema … non può essere affrontato con il reinsediamento forzato, ma solo tramite l’UE che risarcisca finanziariamente l’Italia per i migranti che vi approdano”, ha scritto Soros, che ha anche avvertito “C’è una forte inclinazione in Europa ad usare l’occasione [del nuovo governo] per dare all’Italia una lezione … Se l’Ue seguirà questa linea, si scaverà la tomba da sola provocando una risposta negativa da parte dell’elettorato italiano, che quindi rieleggerà il Movimento 5 Stelle e Lega Nord con una maggioranza ancora superiore”.
L’Italia non è la prima nazione europea a rifiutare l’ideologia sorosiana dei confini aperti. Soprattutto il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, ha basato la sua campagna di rielezione (avvenuta con successo quest’anno) attaccando un presunto “piano Soros” per inondare l’Ungheria di migranti musulmani. In risposta, Soros ha dismesso l’accusa come “falsa e ridicola”. Citiamo testualmente le parole di Soros: “Trasferire forzatamente [i migranti] in altri paesi non è possibile né desiderabile. Altri paesi, in particolare la Polonia e l’Ungheria, si opporrebbero strenuamente … Ho sempre sostenuto che l’assegnazione dei rifugiati in Europa dovrebbe essere del tutto su base volontaria. “- The Guardian.
Anche la Polonia e la Repubblica ceca si sono opposte alle politiche di Soros. Ironia della sorte, la rigida resistenza dell’establishment globalista contro Salvini e l’ondata populista dell’Europa (che domenica ha sommerso la Slovenia, dove il partito anti-immigrazionista SDS ha vinto le elezioni locali) continua a ritorcerglisi contro e, come riporta Bloomberg, il sostegno pubblico alla Lega si è rafforzato: i sondaggi hanno mostrato che il partito di Salvini restringe il vantaggio del suo alleato, il Movimento cinque stelle, a meno del 2%.
Il sostegno alla Lega anti-immigrazionista è salito al 28,5 per cento, rispetto al 17,4 per cento dei voti ricevuti alle elezioni generali del 4 marzo, secondo un sondaggio Ipsos pubblicato sabato sul quotidiano italiano “Il Corriere della Sera”. Il movimento anti-establishment dei 5 stelle guidati da Luigi Di Maio ha visto il sostegno scendere leggermente al 30,1 per cento, dal 32,7 per cento dei voti del 4 marzo, sempre secondo il sondaggio.
E con l’Italia pronta a spedire centinaia di migliaia di migranti ai paesi neoliberalisti dell’Europa, possiamo solo chiederci come un’Europa “illuminata” e “progressista” andrà d’accordo con i nuovi residenti alla prossima influenzuccia della finanza globale, quando la gente comincerà a prestare maggiore attenzione a dove vanno a finire i soldi delle tasse.
(di Tyler Durden – Traduzione di Claudio Napoli) – Oltre la Linea

Pensioni, la Ue chiede sacrifici. Ma aumenta il budget per quelle dei suoi funzionari sforando i 2 miliardi di euro

capito il terrore di uscire dall’eurozona? FINE DELLA PACCHIA PER LORO E PER LA FINANZA SANGUISUGA. 

Ah no è una tragedia per i popoli ai quali la Ue ha fatto solo tanto tanto del bene….
2 giugno 2018
Nel bilancio 2019 un aumento del 6,2% del budget per pagare gli assegni agli euroburocrati in pensione, una cifra mai raggiunta prima. Eppure il trattamento è già da super-privilegiati: maturano il diritto alla pensione dopo soli 10 anni di servizio e ne godono a partire dai 66, in alternativa dai 58. La beffa: gli importi sono calcolati con il metodo retributivo che l’Italia ha archiviato proprio su impulso della Ue a partire dal 1995.
“Lavorate di più”, “non toccate la Fornero”. Aumentate (ancora) l’età della pensione. La Commissione Europea continua a predicare l’austerità per l’Italia in fatto di politiche previdenziali ma senza troppa pubblicità fa per se stessa l’esatto contrario. Concede un generoso aumento di spesa per le pensioni dei propri “burocrati” che dal 2019 costeranno il 6,2% in più a tutti i cittadini europei, italiani compresi. Non si tratta di noccioline ma di 117 milioni di euro in più che per la prima volta portano il capitolo di bilancio “pensioni interne” a sfondare quota 2.009,507. Altro cheausterity.
 
A rendere la notizia indigesta – oltre ai diktat martellanti e qualche insulto di troppo – è il fatto che fu proprio l’Europa ad esigere che archiviassimo il sistema di calcolo retributivo considerato troppo dispendioso in favore di quello contributivo. Salvo mantenerlo inalterato per i propri burocrati.
I funzionari Ue maturano il diritto alla pensione dopo 10 anni di servizio e ne godono a partire dal compimento dei 66, in alternativa dai 58, con una penalizzazione sull’assegno pari 3,5% per ogni anno di anticipo. In Italia, dal 2019 l’età per la pensione di vecchiaia salirà a 67 anni con uno scatto di cinque mesi per l’adeguamento della speranza di vita. Gli importi poi sono calcolati con il metodo retributivo che l’Italia ha archiviato proprio su impulso della Ue a partire dal 1995 e definitivamente proprio con la Fornero, perché ritenuto troppo oneroso per le casse pubbliche.
Ma attenzione: da noi era calcolato sull’80% delle retribuzioni degli ultimi 5-10 anni, per il fortunato funzionario Ue sul 70% dell’ultimo stipendio base percepito, dunque con l’ultimo grado nel quale è stato inquadrato.
Non parliamo di noccioline ma di stipendi così consistenti da pesare, letteralmente, nel dibattito sulla Brexit. Nel pieno della discussione, destò un certo effetto la notizia che un quinto dei funzionari Ue percepisse più di 142mila euro l’anno, ben più del premier britannico.
A rintuzzare le pensioni d’oro poi, diversamente da quanto avviene in Italia e negli altri paesi dove l’indicizzazione è al palo, ci pensa un sofisticato sistema di rivalutazione che assicura loro di mantenere inalterato il potere d’acquisto. Non sia mai che l’ex funzionario ai giardinetti debba vedersela con l’inflazione.
Ecco perché la notizia di due miliardi messi sulla giostra di quelle pensioni desta un certo scalpore in Europa.
Per l’Italia reagisce l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Marco Valli. “È assurdo – dice – che per far quadrare i conti dei paesi del sud Europa siano state imposte riforme molto impopolari d’austerità e sacrificio sulle pensioni in stile Fornero, mentre per il sistema previdenziale delle istituzioni europee non siano previste gestioni responsabili e in linea con i sacrifici richiesti ai cittadini nelle raccomandazioni specifiche per paese presentate anch’esse in questi giorni”.
E’ tutto? No, perché non va dimenticato che oltre alle pensioni d’oro dei burocrati ci sono quelle di platino degli eletti che, a differenza dei comuni cittadini, non versano un contributo che sia uno. Non rientrano nell’aumento di cui sopra, ma si capisce perché non abbiano poi grandi problemi ad approvarlo. Al compimento di 63 anni l’eurodeputato ha diritto alla sua pensione a vita pari al 3,5% della retribuzione per ciascun anno completo di esercizio di mandato. Questo privilegio scatta dopo appena un solo anno di mandato e, in questo caso, l’importo ammonta a 296 euro al mese. Con una sola legislatura completa, invece (5 anni di mandato), ogni europarlamentare matura una pensione a vita pari a 1.484,70 euro al mese.
Questo importo raddoppia se l’europarlamentare fa due legislature. Proprio un anno fa il M5S propose di equipararle a quelle dei cittadini con il passaggio al contributivo, ma la proposta fu respinta dagli altri partiti al Parlamento europeo.
di Thomas Mackinson | 2 giugno 2018 da: ILFATTOQUOTIDIANO

Cirino Pomicino: Ho fatto 20 anni di Parlamento ed è giusto che prenda 9 mila euro di vitalizio! Cosa ne pensate?

CHI FA 20 anni nell’edilizia o in fonderia o sui campi perché non prende la tua cifra?


venerdì 20 aprile 2018

Ho fatto 20 anni di Parlamento, prendo 9mila euro di vitalizio, ma è importante che i politici abbiano una libertà economica, per essere veramente liberi». A parlare è Paolo Cirino Pomicino, a «Un Giorno da Pecora». Ora però i 5 Stelle vorrebbero che dall’attuale vitalizio si passasse al modello «retributivo». Cirino Pomicino risponde così: «I Talebani hanno abbattuto con martelli e bombe a mano le memorie del passato, i mediocri di oggi tentano di insultare ed abbattere la qualità del passato». Sono 117 i parlamentari che percepiscono il vitalizio. Tra questi, ex onorevoli come Publio Fiori (circa 10.000 euro di vitalizio) in Parlamento per 27 anni o l’ex premier Filippo Maria Pandolfi (6.000 euro di vitalizio). E ancora: Alberto Michelini (5.600 euro), Gianni Rivera (5.205 euro) e l’ex sindaco di Napoli, il piddino Antonio Bassolino (3.000 circa al mese)

L’EURASIE EN MARCHE (III) : LA POLITIQUE AGRESSIVE DE TRUMP RESSERRE LES RANGS DE L’ORGANISATION DE COOPERATION DE SHANGHAI AUTOUR DE L’AXE MOSCOU-PEKIN

 

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE/

Luc MICHEL pour EODE/

Quotidien géopolitique – Geopolitical Daily/

2018 06 07/

x2

L’Eurasie en marche s’unifie autour d’un bloc continental géopolitique et géoéconomique, dont je parle souvent, l’Organisation de coopération de Shanghai (OCS), un bloc politique, économique et sécuritaire, dont Moscou et Pékin sont le cœur …

I – L’ACTUALITE DE L’OCS

Les États membres de l’Organisation de coopération de Shanghai (OCS) vont organiser un exercice militaire conjoint en Russie en septembre pour promouvoir la confiance mutuelle et la coopération.

« LA MISSION DE PAIX 2018 » :

EXERCICE MILITAIRE DE L’OCS EN RUSSIE EN SEPTEMBRE PROCHAIN

L’exercice militaire conjoint, baptisé « la Mission de paix 2018 », se concentrera sur la prévention des attaques terroristes et le démantèlement des réseaux terroristes. Il se tiendra entre la fin du mois d’août et la première semaine de septembre dans les montagnes de l’Oural en Russie, rapporte le correspondant de ‘Fars News’ à Bichkek.

Plus de 3 000 soldats et 500 véhicules blindés des armées des pays membres participeront à l’exercice militaire conjoint, auquel l’Inde et le Pakistan prendront part pour la première fois.

New Delhi et Islamabad ont rejoint l’OCS en juillet 2015. Même si l’Inde, travaillée par Israël et la France atlantiste de Macron, reste le maillon faible de l’OCS (1).

L’exercice suivra le 18e sommet de l’OCS, prévu ces 9 et 10 juin dans la ville portuaire de Qingdao, appartenant à la province du Shandong, dans l’est de la Chine.

L’OCS a été créée en 2001 par les membres fondateurs, à savoir la Chine, la Russie, le Kirghizistan, le Tadjikistan et le Kazakhstan.

L’organisation s’est depuis étendue à l’Inde, au Pakistan et à l’Ouzbékistan. La République islamique d’Iran, l’Afghanistan, la Mongolie et la Biélorussie sont maintenant membres observateurs de cette organisation. L’Arménie, l’Azerbaïdjan, le Népal, le Cambodge, la Turquie et le Sri Lanka sont des États partenaires qui participent aux discussions de l’OCS.

MOSCOU ET PEKIN RESSERRENT LES RANGS DEVANT WASHINGTON

« La stratégie de sécurité nationale de Trump a poussé plus que jamais la Russie vers la Chine dans la mesure où les deux pays sont résolus à impulser un nouvel élan à leurs échanges à tous les niveaux » expliquait un expert chinois à ‘Xinhua’.

‘Associated Press’ a publié ce 6 juin un article dont le sujet principal pivote autour « du fossé significatif qui se creuse de jour en jour entre la Russie et les États-Unis, après l’annonce par Trump de la nouvelle stratégie de sécurité nationale de la Maison Blanche » qui présente « la Russie et la Chine comme les plus grandes menaces contre la sécurité américaine ». Cela a poussé la Russie à se tourner encore une fois vers son allié traditionnel en Asie, depuis la fin de la Guerre froide, au point que seul, un mois après sa reconduction au poste de président de la fédération de Russie, Poutine se prépare pour une visite officielle à Pékin. « Il est évident que la pression croissante des États-Unis attire de plus en plus les deux pays ».

A vrai dire, la Stratégie de sécurité nationale de Trump qui décrit les deux pays comme les adversaires de l’Amérique, a laissé Moscou et Pékin se rapprocher et développer leur coopération économique, politique et militaire. Ils cherchent également à renforcer l’Organisation de coopération de Shanghai (OCS), l’organisation intergouvernementale et régionale, noyau de l’unification eurasiatique, qu’ils ont créé.

UNE FORTE RELATION PERSONNELLE ENTRE LE PRESIDENT POUTINE ET SON HOMOLOGUE CHINOIS XI JINPING

« Le rapprochement Russie/Chine est motivé par une forte relation personnelle entre le président Poutine et son homologue chinois Xi Jinping, considéré comme le dirigeant chinois le plus puissant depuis Mao Zedong. Les deux hommes politiques se sont jusque rencontrés 25 fois dont seuls, cinq fois se sont faits en 2017 », a expliqué le conseiller du président russe Iouri Ouchakov. Les deux dirigeants misent sur des contrôles de sécurité très stricts et sur une totale emprise sur le pouvoir: le président chinois restera indéfiniment au pouvoir et Poutine, le plus ancien dirigeant russe depuis Josef Staline, a remporté un nouveau mandat de six ans.

Un expert russe de la politique étrangère à Moscou, Fiodor Loukianov (de tendance libérale), fait allusion aux excellents rapports ente Poutine et Xi, en ajoutant qu’ « ils ont des horizons d’attente similaires et partagent une vision commune ».

POURQUOI LA RUSSIE S’ELOIGNE DE L’OCCIDENT POUR SE RAPPROCHER DE LA CHINE ?

Poutine s’est rapproché de la Chine après une forte baisse des relations avec l’Occident à cause du retour de la Crimée à Moscou en

2014 et le soutien aux séparatistes dans l’est de l’Ukraine. Il y a par ailleurs une deuxième raison pour expliquer les rapports insécables de ces deux pouvoirs mondiales: Moscou se tourne de plus en plus vers Pékin pour le commerce et l’investissement suite aux vagues de sanctions occidentales ciblant son secteur énergétique vital et ses industries militaires. Des mesures punitives anti-russes visent à limiter l’accès du pays aux marchés financiers mondiaux.

SANCTIONS US: LA RIPOSTE RUSSE ?

En Russie, la Douma adopte le projet de loi sur des contre-sanctions à l’égard des États-Unis.

Les espoirs russes pour embellir les relations avec les États-Unis sous le président Donald Trump se sont tous estompés, en même temps que les frictions entre la Chine et Washington se sont accentuées à cause de la guerre commerciale des États-Unis contre la Chine et les dissensions au sujet de la souveraineté de la mer de Chine méridionale.

Dans une déclaration inhabituelle, le nouveau ministre chinois de la Défense, le général Wei Fenghe, a déclaré en avril qu’il avait choisi la Russie pour son premier voyage à l’étranger, un signal à Washington pour lui signifier les liens militaires de plus en plus étroits entre Moscou et Pékin.

Quoi qu’il en soit, toutes les initiatives entreprises par le clan Trump pour isoler la Russie et freiner la Chine n’a eu pour conséquence que de pousser les parties en lice à montrer leurs muscles.

II – AU CŒUR DE L’EURASIE EN MARCHE :

L’ORGANISATION DE COOPERATION DE SHANGHAI

Autour de la Russie et de la Chine – toute aussi inquiète des prétentions de Washington en Eurasie – se reconstitue un pôle de puissance, géopolitique, économique et militaire, qui dresse à nouveau sur l’Espace ex-soviétique, additionné de la Chine, une grande puissance capable de rivaliser avec Washington et son bras armé militaire l’OTAN :

– le noyau central c’est Organisation de coopération de Shanghai (OCS

: Russie, Kazakhstan, Kirghizie, Chine, Tadjikistan et Ouzbékistan. Le Pakistan, l’Iran, l’Inde et la Mongolie y ont le statut d’observateur, la Chine et la Russie y jouent des rôles clés),

– une seconde organisation, purement militaire, existe en son sein autour de Moscou, l’Organisation du Traité de sécurité collective (OTSC de la Communauté des Etats indépendants, alliance militaire du type de l’Organisation du Traité de Varsovie ou de l’OTAN). L’un des objectifs principaux de l’OTSC est précisément d’assurer la « souveraineté énergétique » des pays membres de cette organisation.

POURQUOI L’OCS FAIT PEUR A WHASHINGTON ?

L’OCS, elle est un bloc qui effraye Washington et l’OTAN. « A l’échelle globale, c’est une association puissante. Les membres de l’organisation occupent les trois cinquièmes du territoire de l’Eurasie, comptent un quart de la population de la planète et ont un PIB total de 2500 milliards de dollars », commentait le ‘Voenno-Promychlenny Kourier’ (dès le 11 octobre 2006). Compte tenu de l’adhésion possible de nouveaux membres, l’OCS disposera de ressources humaines immenses (3 milliards de personnes), de la moitié des réserves mondiales de pétrole et de gaz et de moitié environ du potentiel défensif accumulé sur le globe terrestre.

Outre l’intégration économique (l’organisation projette la libre circulation des marchandises, des capitaux, des technologies et des services d’ici vingt ans), non moins importante s’avère l’intégration militaire (…) Réuni fin septembre 2006 à Pékin, le Conseil de la Structure antiterroriste régionale de l’OCS avait alors confirmé que les six pays initiaux avaient institué leur organisation « non seulement en vue du développement et de la coopération économiques mais aussi pour assurer leur sécurité et accomplir des tâches géopolitiques ».

L’intégration militaire et la géopolitique énergétique des six Etats de l’OCS a déjà “effrayé” les Etats-Unis dès le début du siècle, au point que le sous-secrétaire d’Etat américain pour l’Asie centrale et l’Asie du Sud sous Bush II, Richard Boucher, avait fin 2005 exhorté l’OCS, au nom de l’administration Bush, « à renoncer aux déclarations géopolitiques pour se concentrer sur l’économie ». L’OCS et les Etats-Unis et aussi, dans un certain sens, l’OTAN sont, de fait, des rivaux géopolitiques.

L’INTEGRATION MILITAIRE DE L’OCS

Ajoutons que l’OCS et l’OTSC mènent une politique d’intégration au niveau militaire. A l’été 2007, ces deux organisations ont procédé à leurs premiers exercices tactiques conjoints. « L’OTSC et l’OCS rassemblent presque la moitié de la population du globe. Par leur influence au sein de l’ONU et d’autres organisations internationales, elles peuvent rivaliser avec les Etats-Unis et les pays de l’OTAN, ce que beaucoup de responsables politiques des pays en question n’apprécient guère, analysait alors ‘Ria Novosti’.

Résultat: Bruxelles a toujours refusé d’accepter la proposition de l’OTSC l’invitant à coopérer dans la lutte contre l’afflux de drogue afghane, même si beaucoup de pays membres de l’OTSC partagent une frontière commune avec l’Afghanistan, et que les efforts conjoints de l’OTAN et de l’OTSC seraient plus utiles que les actions disparates.

Toujours est-il que l’OTAN ne considère pas l’OTSC comme un partenaire égal. Or, Moscou s’en soucie peu ».

LES DEUX BLOCS AU CŒUR DE LA « NOUVELLE GUERRE FROIDE 2.0 »

Entre ces deux blocs, qui sont de facto des rivaux géopolitiques, s’esquisse une confrontation de plus en plus ouverte. Les analystes parlent ouvertement, et avec raison à mon sens, de « nouvelle Guerre froide 2.0 » (2). Une situation perceptible dès les Années 2006-2008.

« Les conflits qui éclatent pour diverses raisons avec les plus proches voisins (les pays baltes et ceux de la CEI), et sur de nombreux problèmes avec les Etats-Unis, les pays et les structures de l’Union européenne sont devenus ces derniers temps une constante de la politique étrangère russe. Ces conflits sont interprétés à l’intérieur du pays comme un témoignage du retour de la puissance d’antan qui semblait être perdue à jamais », commentait le quotidien russe (libéral) ‘Kommersant’ dès 2006.

SPHERES D’INFLUENCE ET CONTRONTATION EST-OUEST

En réponse à cette situation de crise, le ministre russe de la Défense Sergueï Ivanov, un proche de Poutine, avait proposé en 2006 de « diviser le monde entre l’Organisation du Traité de sécurité collective

(OTSC) et l’OTAN ». Selon lui, « la mise au point d’un mécanisme de coopération entre l’OTAN et l’OTSC, puis la délimitation nette des sphères de responsabilité, contribueront au renforcement de la sécurité internationale ». « La proposition de Sergueï Ivanov ramène à l’époque de la confrontation entre l’OTAN et les pays du Pacte de Varsovie », ajoutait alors ‘Kommersant’. Prévision qu’a confirmé en tous points la décennie suivante …

NOTES :

(1) Sur les rapports difficile Inde-Pakistan et OCS, Lire sur LUC MICHEL’S GEOPOLITICAL DAILY :

* L’APPEL DE L’EURASIE EN MARCHE :

L’ADMINISTRATION TRUMP EST-ELLE EN TRAIN DE PERDRE LE PAKISTAN AU PROFIT DE PEKIN (ET DE MOSCOU) ?

sur http://www.lucmichel.net/2018/01/08/luc-michels-geopolitical-daily-lappel-de-leurasie-en-marche-ladministration-trump-est-elle-en-train-de-perdre-le-pakistan-au-profit-de-pekin-et-de-moscou/

* L’APPEL DE L’EURASIE EN MARCHE (II) :

LE PAKISTAN SE TOURNE VERS L’ORGANISATION DE COOPERATION DE SHANGHAI

sur http://www.lucmichel.net/2018/03/16/luc-michels-geopolitical-daily-lappel-de-leurasie-en-marche-ii-le-pakistan-se-tourne-vers-lorganisation-de-cooperation-de-shanghai/

* CONTRADICTIONS INTERNES AU SEIN DES BRICS ET DE L’ORGANISATION DE COOPERATION DE SHANGHAI (II): L’ATTRACTION FATALE DE L’INDE POUR WASHINGTON ET TEL-AVIV

Sur http://www.lucmichel.net/2018/02/22/luc-michels-geopolitical-daily-contradictions-internes-au-sein-des-brics-et-de-lorganisation-de-cooperation-de-shanghai-ii-lattraction-fatale-de-linde-pour-was/

* GEOPOLITIQUE DE L’OCEAN INDIEN (II) : EN INDE MACRON POISSON-PILOTE DE LA POLITIQUE ANTI-CHINOISE DES USA DE TRUMP

sur http://www.lucmichel.net/2018/03/13/luc-michels-geopolitical-daily-geopolitique-de-locean-indien-ii-en-inde-macron-poisson-pilote-de-la-politique-anti-chinoise-des-usa-de-trump/

(2) Sur la « nouvelle Guerre froide 2.0 », Voir sur EODE-TV/ LUC MICHEL:

RETOUR A LA GUERRE FROIDE 2.0 SOUS LA PRESIDENCE TRUMP (PARTIE I)

sur https://vimeo.com/209006003 LUC MICHEL:

RETOUR A LA GUERRE FROIDE 2.0 SOUS LA PRESIDENCE TRUMP (PARTIE II) sur https://vimeo.com/209002742

(Sources : Fars News – Kommersant – Xinhua – Associated Press – EODE Think Tank)

Photo:

Les véhicules blindés chinois et russes lors des exercices militaires des pays membres de l’OCS.

LUC MICHEL (ЛЮК МИШЕЛЬ) & EODE

* Avec le Géopoliticien de l’Axe Eurasie-Afrique :

Géopolitique – Géoéconomie – Géoidéologie – Géohistoire – Géopolitismes – Néoeurasisme – Néopanafricanisme (Vu de Moscou et Malabo) :

PAGE SPECIALE Luc MICHEL’s Geopolitical Daily https://www.facebook.com/LucMICHELgeopoliticalDaily/

________________

* Luc MICHEL (Люк МИШЕЛЬ) :

WEBSITE http://www.lucmichel.net/

PAGE OFFICIELLE III – GEOPOLITIQUE

https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel.3.Geopolitique/

TWITTER https://twitter.com/LucMichelPCN

* EODE :

EODE-TV https://vimeo.com/eodetv

WEBSITE http://www.eode.org/

Tav, penali fasulle e sprechi reali

https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/tav-penali-fasulle-e-sprechi-reali/

Il programma concordato tra Movimento 5 Stelle e Lega per il governo ha rimesso al centro del dibattito la questione della linea ferroviaria Torino-Lione, nota come Tav. Il breve passaggio del programma sul punto è modesto e volutamente ambiguo (“Con riguardo alla linea Alta velocità Torino-Lione ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”), ma tanto è bastato a mettere in fibrillazione i promotori (pubblici e privati) dell’opera, l’establishment affaristico finanziario che la sostiene e i media che ne sono espressione. È iniziata così la saga delle bufale su mirabolanti quanto inesistenti “penali” che dovrebbero essere pagate (nonsi sa a chi…) in caso di rinuncia all’opera. Il tutto al fine di esorcizzare un approfondimento che, se effettuato seriamente, non potrebbe che portare all’abbandono del progetto, la cui evidente inutilità si accompagna a sprechi e passaggi amministrativi spericolati.

A tali sprechi richiama un esposto presentato nei giorni scorsi alla Corte dei conti da esponenti del Controsservatorio Valsusa, tra cui chi scrive, supportati da docenti di Diritto amministrativo e costituzionale dell’U niversità di Torino. Con esso si chiede alla magistratura contabile di accertare eventuali responsabilità, anche per danno erariale, connesse con l’avvio delle
procedure di “realizzazione dei lavori previsti, finanziati e parzialmente autorizzati con deliberazioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) n. 67 del 7 agosto 2017 e n. 30 del 21 marzo 2018”.
LA DELIBERA 67/2017 del Cipe ha autorizzato la spesa di 5.574,21 milioni di euro per la realizzazione di cinque lotti costruttivi non funzionali del tunnel di base (più 57,26 milioni per “misure di accompagnamento”). Malo ha fatto ricorrendo a improprietà e artifici produttivi di danni ingenti per il nostro Paese.

Il finanziamento autorizzato riguarda la realizzazione di parti dell’opera (lotti costruttivi) prive, singolarmente considerate di qualunque possibile utilizzo, che interverrà solo a opera ultimata. E ciò benché il nostro sistema, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico in caso di cambi del progetto, richieda il finanziamento dell’intera opera o di sue parti suscettibili di utilizzazione autonoma (cosiddetti lotti funzionali). È vero che, per opere a carattere sovranazionale in cui siano coinvolti più Stati, la realizzazione di lotti costruttivi è consentita, nonostante le critiche della Corte dei conti, da una legge del 2009. Ma in questo caso la spesa può essere autorizzata –come previsto negli accordi governativi relativi alla Torino-Lione –solo ove ciascuno Stato abbia stanziato la sua quota: ciò perché, a salvaguardia di un elementare principio di buona amministrazione, il complesso dei lavori deve produrre un risultato globalmente funzionale. Ebbene, nel momento in cui il Cipe ha autorizzato l’erogazione della quota italiana, la Francia non aveva stanziato la sua quota: cosa che tuttora non ha fatto, né si sa se e quando farà. Il costo complessivo del tunnel di base indicato nella delibera del Cipe è di 9630,25 milioni di euro, di cui il 57,9 per cento a carico dell’Italia e il 42,1 per cento a carico della Francia.

Ciò benché il tunnel insista per l’80 per cento in territorio francese e solo per il 20 per cento in territorio italiano. Tale squilibrio, previsto negli accordi tra Italia e Francia avallati dal Parlamento, è privo di ogni giustificazione (se non quella di convincere il governo francese, da sempre riluttante, a partecipare al progetto) e rende l’esborso di denaro nazionale contrario a criteri di buona amministrazione. In ogni caso, tale ripartizione è riferita al costo iniziale (in valuta 2012) del tunnel di base (pari a 8.609,68 milioni di euro), mentre gli accordi prevedono che i costi aggiuntivi siano divisi al 50 per cento tra i due contraenti.

Di ciò la delibera del Cipe non tiene conto e, considerata la rivalutazione, determina la quota a carico dell’Italia in 5.574,21 milioni di euro (anziché in 5.493,8 milioni di euro) e quella a carico della Francia in 4.056,04 milioni (anziché in 4.136,5) con indebito aggravio di oltre 80 milioni di euro per il nostro Paese.
LA SOMMA di cui il Cipe autorizza l’erogazione, infine, non tiene conto del contributo dell’Ue pari –se condo quanto sostenuto in tutte le sedi ufficiali –al 40per cento del costo previsto in valuta 2012, e cioè a 3.443,87 milioni di euro. Dunque le quote a carico di Italia e Francia, correttamente conteggiate, dovrebbero essere, rispettivamente, di 3.581,91 e di 2.604,47 milioni di euro.

Evidente l’improprietà del finanziamento autorizzato, ancora una volta in danno delle finanze nazionali. E ciò anche a tacere del fatto che il contributo dell’Ue non era all’atto della delibera del Cipe (e non è oggi) stanziato e che ciò non consentiva il finanziamento di lotti costruttivi. I danni reali per il Paese stanno qui, e non in future (e inesistenti) penali.

8 giugno 18 Spiffero Appendino dà i 15 giorni alla Tav

La sindaca conferma la sua contrarietà alla Torino-Lione, ma la decisione sul suo destino avverrà tra due settimane, quando sarà comunicato l’esito del dossier su costi/benefici aperto dal neo ministro Toninelli. E per le Olimpiadi aspetta Giorgetti

http://lospiffero.com/ls_article.php?id=39987#

“Ho sempre sostenuto, e lo ribadisco: la Tav è un’opera costosa. Valuteremo comunque il da farsi al termine del dossier chiesto dal ministro Toninelli”. Lo ha detto la sindaca di Torino, Chiara Appendino, a margine della presentazione di Biennale Democrazia. “Non capisco perché abbia destato tante preoccupazioni la decisione del ministro Toninelli di aprire un dossier per valutare il rapporto costi-benefici del progetto Tav”, ha aggiunto Appendino rispondendo ai giornalisti che le chiedevano un commento sulla forte presa di posizione del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, sul futuro dell’opera. “Si sta cercando di capire quali siano i costi e quali siano i benefici – ha concluso – io sono sempre dell’idea che siano molti di più i costi che i benefici, adesso aspettiamo la fine del dossier che dovrebbe arrivare entro due settimane”.

Una valutazione che, a detta di Graziano Delrio, predecessore di Danilo Toninelli al ministero di Porta Pia, è già stato realizzata: “Viene annunciato uno studio di costi-benefici che però è stato già fatto da me e i miei predecessori. Ho dato al ministro Toninelli tutti gli elementi per poter fornire a breve tutte le risposte”. La sensazione, insomma, è che si voglia perdere tempo per prendere tempo. “L’Italia – ha sottolineato Delrio – non si può permette di aspettare il treno della ripresa economica. Non bisogna aspettare, bisogna essere veloci perché c’è il rischio che ci portino via i finanziamenti europei come avverrà per il tunnel della Torino-Lione se non si deciderà alla svelta. In questi tre anni gli investimenti in Italia sono sempre cresciuti fino a raggiungere la cifra record di 300 miliardi di euro, dai 274 miliardi del 2014. Siamo riusciti ad aumentare piano piano gli investimenti. Ricordo che sulle infrastrutture non si parte da zero: la valutazione dell’impatto ambientale è già prevista, non c’è bisogno di farla di nuovo. Il Paese cresce solo se si fanno le scelte giuste”.

Decisamente più disponibile, invece, la sindaca sull’altro tema spinoso, fonte di grattacapi interni ai Cinquestelle della Sala rossa: i Giochi invernali del 2026. “Non c’è ancora un ministro dello Sport anche se le deleghe dovrebbero andare al più presto a Giorgetti e quindi con questo governo non abbiamo ancora parlato del progetto Olimpiadi 2026 a Torino. Lo faremo”. In attesa, comunque, l’amministrazione sta predisponendo la documentazione preliminare, quel “proto dossier” affidato dall’architetto Alberto Sasso, professionista organico al mondo grillino. “Noi stiamo comunque lavorando – precisa la prima cittadina – alla nostra proposta di Olimpiadi completamente sostenibili, ad impatto ambientale molto basso e senza costruire nuovi impianti”.

7 giugno 18 FQ Governo, Appendino a Chiamparino: “Tav portala da un’altra parte, lontano dalla Val di Susa”

Scambio di battute tra il serio e il faceto tra la sindaca di Torino, Chiara Appendino, e il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, al cantiere della TBM per la nuova linea metropolitana della città. “Se tu sei d’accordo facciamo un patto…” esordisce Chiamparino. “Se Toninelli non rompe le palle sulla Tav…”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/07/governo-appendino-a-chiamparino-tav-portala-da-unaltra-parte-lontano-dalla-val-di-susa/4411351/

GIORNALISTA CONFESSA: “NASCONDIAMO I CRIMINI DEGLI IMMIGRATI, LA GENTE NON DEVE SAPERE”

nessuna manifestazione da parte dei solidali contro le violenze? Eh no, quando gli aggressori sono NON AUTOCTONI scatta la censura, deve essere solo una “percezione”, PECCATO CHE LE VITTIME non le botte, furti e stupri li hanno sentiti belli chiari. Che strana solidarietà quella dei moralmente superiori

Nel suo blog sul sito del Fatto quotidiano la Zanardo, giornalista femminista, accusa i suoi di coprire i crimini degli immigrati: “Una donna è stata violentata e picchiata brutalmente in Puglia qualche giorno fa. La donna versa in gravi condizioni in ospedale. Da più parti mi viene consigliato di non diffondere questa notizia: perché? Contrariamente a quanto accade solitamente, quando cioè le notizie che riguardano stalking e violenze vengono commentate e diffuse sui social network da molte donne e anche uomini, in questo caso la notizia è stata riportata solo da qualche quotidiano e diffusa pochissimo. […] La reticenza di molti gruppi femministi e giornalisti è dovuta al fatto che la violenza sia stata commessa da un ragazzo rifugiato di un centro Cara. Questa e solo questa la ragione dell’occultamento del fatto”.
Ora capite perché i giornali e i media non parlano dei crimini degli immigrati, e perché accusano chi ne parla di ‘fake news’.
La Zanardo cita un incontro avvenuto qualche anno fa a Milano, in cui si parlava dell’omicidio di una donna a Roma da parte di un rumeno. “Con mio grandissimo stupore e rabbia – ricorda – tutta la riunione fu spesa, ed eravamo solo donne, a valutare se fosse meglio diffondere o no la notizia perché trattavasi di cittadino dell’est europa e non si voleva incentivare il razzismo. Solo poche parole furono pronunciate a memoria della vittima”.
 
“Già ebbi modo di esprimerlo a inizio 2016 in occasione delle violenze a Colonia che vennero archiviate con l’esilarante raccomandazione per difendere le donne dalla violenza, espressa della sindaca della città tedesca: ‘Se i ragazzi nordafricani o mediorientali si avvicinano a voi, state loro a distanza eine ArmeLange, cioè teneteli a distanza di un braccio. Il voler ‘proteggere’ i migranti responsabili di reati odiosi, così come il ritenere che diffondendo le notizie negative che li riguardano, esattamente così come faremmo per i crimini commessi dai cittadini italiani, ritenendo che così facendo si possa fomentare il razzismo, stanno alla base dell’attuale pensiero di una certa sinistra italiana: elitaria e profondamente discriminante”.
Per questo temono i media indipendenti: diffondono la verità che loro nascondono. Non hanno più il controllo dell’informazione e, questo, per loro, è intollerabile.

Bologna, anziana pestata a sangue alla fermata del bus

Repubblica omette di dire che il massacratore sia africano. CHI PAGA PER I DANNI ALLA SIGNORA? Chi sono i mandandi morali? Nessuna manifestazione contro la violenza sulle donne?

(ANSA) – BOLOGNA, 29 MAG – Una donna di 78 anni è finita all’ospedale Maggiore di Bologna dove è ricoverata in osservazione, con una prognosi di 30 giorni per un trauma cranico facciale con versamento, dopo essere stata picchiata e rapinata domenica sera da uno sconosciuto, ad una fermata dell’autobus. E’ successo verso le 22 e dell’episodio si è accorto un passante, un uomo che era su viale Togliatti in moto e ha visto l’anziana mentre veniva malmenata alla fermata dal rapinatore, quasi certamente un magrebino.
Quando l’uomo si è fermato e ha gridato, il malvivente è fuggito in bicicletta: ha portato via alla donna la borsa, con dentro circa 30 euro, documenti e un vecchio telefono cellulare.
Anche per questo all’inizio è stato difficile contattare il marito della vittima. La donna era riversa a terra, piena di sangue nel volto e sotto choc. Sono stati chiamati il 118 e la Polizia e sono state avviate indagini.

Picchiata e rapinata: soccorsa grazie alla segnalazione di un motociclista. L’aggressore è fuggito 29 maggio 2018
BOLOGNA – Riversa a terra, coperta di sangue e in stato di choc: così i sanitari del 118 e la polizia hanno soccorso una donna di 78 anni, pestata a sangue a una fermata dell’autobus nei pressi di viale Togliatti, domenica sera intorno
alle 22. La donna ora si trova all’ospedale Maggiore, in osservazione: ha una prognosi di 30 giorni per un trauma cranico facciale con versamento.
E’ stato un motociclista che stava percorrendo viale Togliatti ad accorgersi della brutale aggressione alla 78enne: ha visto un uomo che la malmenava, quindi si è fermato e si è messo a gridare: il rapinatore è fuggito in bicicletta, con la borsa della donna. Poi sono stati chiamati il 113 e  i soccorsi.