SMETTETELA CON LE FALSITA’ DELLE PENALI !

Se la Torino-Lione sarà fermata, non vi sarà alcuna penale da pagare !

In queste ore alcune agenzie battono le dichiarazioni di Commissari Governativi, Promotori della Torino-Lione e Presidenti di Regione che, terrorizzati per la possibile sospensione/cancellazione del progetto Torino-Lione, si affannano a dire che in questo sciagurato caso l’Italia dovrebbe pagare 2 miliardi di Euro di penalità.

Questa affermazione è FALSA, chiediamo a chi la fa di portare le prove.

Ricordiamo che i Trattati con la Francia del 2001, del 2012 e del 2015 e con la Ue del 2015 :

– non prevedono una data di avvio e di completamento delle opere geognostiche e/o definitive della tratta transfrontaliera,

– non prevedono alcuna penalità in caso di sospensione e/o risoluzione degli accordi.

Ricordiamo invece che l’Accordo con la Francia del 2012 prevede, all’Art. 16, che “La disponibilità del finanziamento sarà una condizione preliminare per l’avvio dei lavori delle varie fasi della parte comune italo-francese della sezione internazionale”.

I suddetti accordi possono invece essere emendati.

In realtà i lavori definitivi della Torino-Lione non sono mai partiti perché è la Francia che ha messo in pausa la Torino-Lione dal mese di luglio 2017 dato che non dispone dei fondi necessari per l’avviamento dei cantieri relativi alle opere definitive.

Analogamente in Italia deve ancora completarsi l’iter di pubblicazione della delibera Cipe che ha sancito l’ennesima variante del progetto (con lo scavo del Tunnel da Chiomonte anziché da Susa).

Questa situazione è stata resa nota dalla Ministra dei Trasporti francese Elisabeth Borne, e lo ha confermato il Presidente della CADA Marc Dendelot (Commissione di Accesso ai Documenti Amministrativi – http://www.cada.fr/) che nellAvviso n. 20173469 del 4 dicembre 2017 ha scritto: «La Ministre chargée des transports ayant informé la Commission qu’à ce jour les travaux définitifs de la section transfrontalière n’avaient pas été lancés et que les engagements financiers de l’Etat correspondants à ces travaux n’avaient donc pas encore engagés» («La Ministra incaricata dei trasporti ha informato la Commissione che fino ad oggi i lavori definitivi della sezione transfrontaliera non sono stati avviati e che gli stanziamenti finanziari dello Stato (francese, N.d.T.) corrispondenti a questi lavori non sono ancora stati decisi», nostra traduzione).

Inoltre, nella sua lettera del 17 gennaio 2018 la Commissaria europea ai Trasporti Violeta Bulc, in risposta alla richiesta di chiarimenti del 22 novembre 2017 di un gruppo di eurodeputati, ha riconosciuto che «il finanziamento europeo per la Torino-Lione è stato deciso ed è assicurato solo per il periodo 2016-2019  … e alla fine potrebbe essere riallocato ad altri progetti in base al principio “usalo o perdilo”» (nostra traduzione, testo originale: «The EU co-funding of the Lyon-Turin project has been agreed and is secured for the period 2016-2019 …  it may ultimately lead to a reallocation to other projects pursuant to the “use-it-or-lose-it” principle»).

Le attività in corso dal 2002 sono praticamente tutte inerenti lavori propedeutici (studi, progetti, sondaggi, lavori preliminari) che rientrano nel programma già di LTF. Ammontano complessivamente a 1,6 miliardi di euro, di cui a fine 2016 risultavano pagati o impegnati  1,4 miliardi.

Nessuno degli appalti attualmente in completamento riguarda lavori definitivi. Questo comprende ovviamente anche le attività in corso in Francia a San Martin La Porte, che non sono qualificate come lavori definitivi ma come sondaggio geognostico.

Gli appalti finora assegnati da Telt (di cui la società stessa ha dato notizia con propri comunicati il 17 gennaio e il 1 febbraio 2018) sui lavori definitivi ammontano a 91,4 milioni di euro, meno dell’1% di quanto affermato da fonti governative. Di questi gli unici lavori reali ammontano all’ “astronomica” cifra di 800.000 € (meno dello 0,1%).

Non risultano altri appalti assegnati, pertanto risulta estremamente difficile comprendere come sia possibile affermare che sussistano impegni e/o penali cogenti. Qualora questi fossero effettivi, dovrebbero essere obbligatoriamente scritti a bilancio di Telt. Invitiamo gli operatori dell’informazione a chiedere questi elementi a chi ha rilasciato tali dichiarazioni.

In conclusione, e alla luce di quanto sopra, riteniamo opportuno che TELT non lanci gare di appalto e contragga qualunque impegno con chiunque fino al momento in cui, nel rispetto dell’Art. 16 dell’Accordo di Roma del 2012, i tre soci finanziatori del progetto Torino-Lione (Ue, Francia e Italia) non abbiano garantito con atti formali (leggi dello Stato) tutti i fondi necessari all’intera realizzazione dell’opera.

Qui una documentazione approfondita Torino-Lione – Un aggiornamento sulla “cantierabilità” del progetto in Italia e in Francia

SMETTETELA CON LE FALSITA’ DELLE PENALI DELL’UNIONE EUROPEA

Se la Torino-Lione sarà fermata,

non vi sarà alcuna penale europea da pagare !

Il ministro francese Bruno Lemaire ammonisce l’Italia ma non cita la Torino-Lione


Da alcuni giorni viene diffusa dai media con preoccupante insistenza la notizia originata dal Commissario Straordinario di Governo per la Torino-Lione Paolo Foietta che, nel probabile caso di sospensione/cancellazione del progetto Torino-Lione, l’Italia dovrebbe pagare 2 miliardi di Euro di penalità.

Rileviamo intanto che il Governo francese, che nel mese di luglio 2017 dichiarò la Pausa della Torino-Lione nel suo tracciato in Francia, osserva un rigoroso silenzio su questo progetto mentre il ministro Bruno Lemaire  dichiara oggi: “Se il nuovo governo si assume il rischio di non rispettare i propri impegni sul debito e sul deficit, ma anche sul risanamento delle banche, è tutta la stabilità finanziaria della zona euro che verrebbe minacciata.” (« Si le nouveau gouvernement prenait le risque de ne pas respecter ses engagements sur la dette, le déficit, mais aussi l’assainissement des banques, c’est toute la stabilité financière de la zone euro qui serait menacée. »)

L’affermazione di dover pagare delle penali è palesemente FALSA e fuorviante.

Chiediamo a chi l’ha fatta di portare le prove in un confronto pubblico.

Ricordiamo che gli Accordi dell’Italia con la Francia del 2001, del 2012 e del 2015 e con la Ue del 2015:

– prevedono la messa in esercizio di nuova linea ferroviaria solo al momento in cui la saturazione della linea esistente sarà dimostrata,

– al momento sono stati condotti e in corso solo lavori di studio geologico,

– allo stato non è quindi prevedibile la data di avvio dei lavori definitivi della tratta transfrontaliera (Tunnel di base di 57 km),

– non sono previste penalità in caso di sospensione e/o risoluzione degli accordi.

Ricordiamo invece che l’Accordo con la Francia del 2012 prevede, all’Art. 16, che “La disponibilità del finanziamento sarà una condizione preliminare per l’avvio dei lavori delle varie fasi della parte comune italo-francese della sezione internazionale”.

I suddetti accordi possono invece essere emendati.

La Francia ha messo in pausa la Torino-Lione  dal mese di luglio 2017 perché non dispone dei fondi necessari per l’avviamento dei cantieri relativi alle opere definitive.

Questa situazione è stata fatta dalla Ministra dei Trasporti francese Elisabeth Borne, lo ha confermato il Presidente della CADA Marc Dendelot (Commissione di Accesso ai Documenti Amministrativi – http://www.cada.fr/) che nell’Avviso n. 20173469 del 4 dicembre 2017 ha scritto: «La Ministre chargée des transports ayant informé la Commission qu’à ce jour les travaux définitifs de la section transfrontalière n’avaient pas été lancés et que les engagements financiers de l’Etat correspondants à ces travaux n’avaient donc pas encore engagés» («La Ministra incaricata dei trasporti ha informato la Commissione che fino ad oggi i lavori definitivi della sezione transfrontaliera non sono stati avviati e che gli stanziamenti finanziari dello Stato (francese, N.d.T.) corrispondenti a questi lavori non sono ancora stati decisi», nostra traduzione).

Inoltre, nella sua lettera del 17 gennaio 2018 la Commissaria europea ai Trasporti Violeta Bulc, in risposta alla richiesta di chiarimenti del 22 novembre 2017 di un gruppo di eurodeputati, ha riconosciuto che «il finanziamento europeo per la Torino-Lione è stato deciso ed è assicurato solo per il periodo 2016-2019  … e alla fine potrebbe essere riallocato ad altri progetti in base al principio “usalo o perdilo”» (nostra traduzione, testo originale: «The EU co-funding of the Lyon-Turin project has been agreed and is secured for the period 2016-2019 …  it may ultimately lead to a reallocation to other projects pursuant to the “use-it-or-lose-it” principle»).

Le attività attualmente in corso sono praticamente tutte inerenti a lavori propedeutici (studi, progetti, sondaggi, lavori preliminari) che rientrano nel programma già di LTF. Ammontano complessivamente a 1,6 miliardi di euro, di cui sono stati già realizzati e pagati più di ¾.

Nessuno degli appalti attualmente in svolgimento riguarda lavori definitivi. Tali attività, -nell’ordine di qualche centinaio di milioni- possono dare origine ad oneri da riconoscere. Questo comprende ovviamente anche le attività in corso in Francia a San Martin La Porte, che non sono qualificate come lavori definitivi ma come sondaggi geognostici.

In conclusione, e alla luce di quanto sopra, riteniamo indispensabile al fine di evitare ogni contenzioso con l’Unione europea e le imprese che TELT non lanci gare di appalto e non contragga qualsivoglia impegno con chicchessia fino al momento in cui, nel rispetto dell’Art. 16 dell’Accordo di Roma del 2012, i tre soci finanziatori del progetto Torino-Lione (Ue, Francia e Italia) non abbiano garantito con atti formali (leggi dello Stato) tutti i fondi necessari all’intera realizzazione dell’opera.

Qui una documentazione approfondita Torino-Lione – Un aggiornamento sulla “cantierabilità” del progetto in Italia e in Francia

ALTA VORACITA’ di Marco Travaglio

Il Fatto Quotidiano 31 luglio 2018

Alta Voracità
di Marco Travaglio
L’aspetto più comico dell’opposizione politico-affaristico-mediatica al governo è che gli rimprovera contemporaneamente di non cambiare nulla e di cambiare troppo. E, delle due critiche, almeno la seconda fa ridere perché gli elettori di 5Stelle e Lega proprio questo chiedono: di cambiare. Sennò avrebbero rivotato Pd e FI.
Ora, per esempio, i giornaloni scrivono che il Nord sarebbe in “rivolta”, sull’orlo della guerra civile, per la pretesa del M5S di fare ciò che ha promesso agl’italiani fin da quand’è nato: sbaraccare il Tav Torino-Lione, la più inutile e dannosa e costosa fra le grandi opere progettate negli anni 80 del secolo scorso e rimasta allo stato larvale dopo 1,6 miliardi di sprechi e 17 anni di studi e carotaggi.
Siccome per completarla servirebbero sulla carta un’altra quindicina di miliardi, che poi nella realtà salirebbero a 20-25 (le grandi opere in Italia lievitano in media del 45%), il minimo di un “governo del cambiamento” è riunire i protagonisti – quelli ancora in vita – e annullare un’impresa nata già morta quando fu pensata, figurarsi oggi dopo trent’anni e passa.
Ma il fatto che si osi discutere il dogma della Santissima Alta Velocità semina il panico fra 
imprenditori e scatena le fake news dei loro giornaloni. La propaganda terroristica del partito-ammucchiata Calce& Martello, che affratella la “sinistra” di scuola Marchionne (il Pd dei Chiamparini), FI, Lega, triade sindacale, Confindustria, coop bianco-rosse e mafie varie, minaccia “penali” da pagare e “miliardi” (2, anzi 3) da “restituire” non si sa bene a chi, nonché “referendum” da bandire contro l’“isolamento del Nord-Ovest”, il “rischio Brexit per l’talia” e altre cazzate.
Il contratto.
Nel contratto M5S-Lega, sul Tav Torino-Lione, si legge: “Ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”.
Quindi, quando Salvini dice che “il Tav si farà e basta”, viola gli accordi da lui stesso firmati. E quando il suo sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri (grosso esperto del ramo: 18 mesi patteggiati per bancarotta fraudolenta) spiega che “i costi di uno stop sarebbero superiori ai benefici”, dovrebbe spiegare perché ignora i veri costi dell’opera e perché è entrato in un governo con un programma opposto al suo.
Merci e passeggeri.
Quando partì l’idea della Torino-Lione, si pensava a un supertreno per passeggeri sullo snodo italo-francese del Corridoio 5, da Lisbona a Kiev. Di quel progetto, mai realizzato (il primo paese a sfilarsi fu nel 2012 quello di partenza: il Portogallo), restano due reperti archeologici.
E cioè: un tratto di pennarello su un dossier nel cassetto; e un solo cantiere aperto, il Torino-Lione. Infatti, pur di non ridiscutere il dogma, anni fa si virò disinvoltamente dall’“alta velocità” (persone) all’“alta capacità” (merci).
Chi, come La Stampa o l’ineffabile Siri, favoleggia di “treno per persone e merci” non sa che dice: il Torino-Lione riguarda solo le merci, mentre le persone viaggiano serene da decenni sul Tgv o su comodi aerei. Il Tav sarebbe una seconda linea ferroviaria da affiancare a quella storica (la Torino-Modane, inutilizzata all’80-90 %), scavando 57 km di tunnel dentro montagne piene di amianto e materiali radioattivi e devastando l’intera Valsusa. Il tutto per soddisfare un fabbisogno che non esiste: il previsto boom del traffico merci su quella direttrice si è rivelato una bufala colossale.
Merci fantasma.
L’ha riconosciuto a fine 2017 persino l’Osservatorio della Presidenza del Consiglio: “Molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Ue sono state smentite dai fatti”. Sulla Torino-Modane i treni merci viaggiano carichi di container perlopiù vuoti. La linea è utilizzata per un quinto delle potenzialità: che senso ha affiancargliene una nuova? Anche l’aumento dei Tir nel traforo del Fréjus è una panzana: nel 2017 l’hanno attraversato 740 mila mezzi pesanti, stessa cifra di vent’anni fa. Come ha scritto sul Fatto il prof. Francesco Ramella, “l’attuale capacità disponibile è sovrabbondante e sarà ulteriormente incrementata a breve con l’apertura al traffico della seconda canna del traforo stradale del Fréjus. Anche qualora l’attuale ripresa dovesse proseguire, non si verificherebbero criticità per almeno mezzo secolo. Ogni giorno percorrono l’autostrada tra Torino e il confine francese poco più di 11.000 veicoli contro i 33.000 della Torino-Piacenza: si tratta dunque di una infrastruttura poco utilizzata”.
Ce lo chiede l’Europa.
Secondo Aldo Grasso, ottimo critico televisivo del Corriere di cui si ignoravano (e si continuano a ignorare) le competenze in materia di Tav, questa “è una delle opere più importanti che l’Europa aspetta da anni”. Nell’ambito di una non meglio precisata “piattaforma logistica del Nord Ovest”. Ma – come spiega non il movimento No Tav, ma il sito lavoce.info, molto apprezzato quando c’è da difendere il fondatore Tito Boeri – “la Commissione Ue non ha mai chiesto che l’attraversamento delle Alpi avvenga su una linea ad alta velocità: sia a Est sia a Ovest le merci possono tranquillamente continuare a viaggiare su reti ordinarie, come da Lione a Parigi”.
 
lavoce.info
Lavoce.info: rivista indipendente che fornisce analisi critiche e approfondite sui principali temi economici, politici e sociali del paese
L’occupazione.
Alta velocità, bassissima occupazione: le previsioni più rosee indicano 4 mila nuovi occupati. Visto quanto ci costerebbero pro capite (in soldi e in danni ambientali stimati dall’Agenzia nazionale per l’ambiente francese e dai migliori atenei italiani), è molto più conveniente mandarli a spaccare pietre e poi a reincollarle.
I costi.
La delibera 67/2017 del Cipe (governo Gentiloni) stima il costo complessivo del solo tunnel di base in 9,6 miliardi. Di questi, il 57,9% lo paga l’Italia e solo il 42,1 la Francia (disparità incredibile, tantopiù che il tunnel insiste per l’80% in territorio francese e solo per il 20 in territorio italiano, e spiegabile solo con l’ansia di convincere Parigi, da sempre renitente all’impresa). Non solo: la delibera Cipe autorizza la spesa dei 5,5 miliardi per 5 “lotti costruttivi non funzionali” del tunnel di base che, presi singolarmente, sono inutilizzabili se non a opera ultimata. Lavori inutili in caso di revisione o annullamento dell’opera. Infatti il Cipe avrebbe potuto finanziarli solo se anche la Francia avesse stanziato la sua quota: cosa che Parigi non fa, né si sa se e quando la farà. Dunque la delibera è in forte odore di illegittimità.
Penali e restituzioni.
Stampa, Repubblica, Corriere e Grasso vaneggiano poi di “penali”, “multe” e “restituzioni” miliardarie. Anche se avessero ragione, varrebbe comunque la pena sborsare 2 miliardi per risparmiarne 10 o 20. Ed è curioso che tutti s’interroghino quanto costerebbe non fare il Tav, e mai su quanto costerebbe farlo (l’operazione al completo, per i docenti Andrea Debernardi e Marco Ponti, produrrebbe una perdita economica di 7 miliardi, che salirebbe a 10 con le lievitazioni all’italiana). 
In ogni caso, non è vero niente. Non c’è un solo contratto o accordo col governo francese, con l’Ue o con ditte appaltatrici (per il tunnel di base non è stata bandita alcuna gara) che parli di penali.
L’Italia, nel tracciato italiano, può fare ciò che vuole. La legge 191/2009, art. 2, comma 232 lettera c prevede che “il contraente o l’affidatario dei lavori deve assumere l’impegno di rinunciare a qualunque pretesa risarcitoria eventualmente sorta in relazione alle opere individuate… nonché ad alcuna pretesa, anche futura, connessa al mancato o ritardato finanziamento dell’intera opera o di lotti successivi”.
Quanto alla Ue, finanzia solo lavori ultimati: dunque, se il Tav non si fa più, l’Italia non deve restituire un euro, al massimo non incassa fondi per un’opera annullata. 
Quando il Portogallo si sfilò, non sborsò un cent alla Spagna né all’Ue. 
Idem la Francia: si finge interessata al Tav, ma ha sospeso i cantieri sulla tratta nazionale (anche per i fulmini della Corte dei Conti) e per quella internazionale – il tunnel di base – non ha mai erogato i finanziamenti (come l’Ue).
Senza l’ombra di una penale. I fessi che prendono sul serio la patacca stanno tutti Italia (“prima gli italiani”, direbbe Salvini).
Se avessero intascato tangenti e temessero di doverle restituire, almeno li potremmo capire.
Ci facciano sapere.
Fq 31 luglio

 “Fermare la Tav è impossibile”. Il no francese a Roma – Non ingannate i lettori del vostro quotidiano !

Gentile Mario Calabresi, Direttore de La Repubblica,

il suo giornalista Paolo Griseri nello scorso fine settimana avrebbe discusso della posizione della Francia sul futuro della Torino-Lione con un ingegnere francese che è tutto fuori che “un uno dei più alti funzionari pubblici francesi che si occupano della TAV”, cf.

http://www.repubblica.it/economia/2018/07/29/news/_fermare_la_tav_e_impossibile_il_no_francese_a_roma-202953217/

Allo scopo di offrire un’informazione completa e veritiera, le segnaliamo che il citato ingegnere, signor Yves Sarrand, come informa l’organigramma pubblicato nel sito del Dipartimento della Savoia http://www.savoie.fr/organigramme/30/2932-organigramme.htm, è il Direttore Generale dei Servizi della Savoia ed è responsabile dell’organizzazione dei servizi del Consiglio Dipartimentale della “collettività territoriale”:

  • Non ha responsabilità sulle ferrovie, ma solo sulle strade dipartimentali,
  • si occupa anche di scuole e del personale impiegato dal Dipartimento,
  • come può constatare su questo sito francese, i trasporti ferroviari non sono di sua competenza.
    http://www.vie-publique.fr/decouverte-institutions/institutions/collectivites-territoriales/competences-collectivites-territoriales/quelles-sont-competences-exercees-par-departements.html
    Al contrario, sono stati trasferiti dal Dipartimento della Savoia alla Regione Auvergne Rhône-Alpes i trasporti per le scuole, quelli stradali non urbani, le linee ferroviarie d’interesse locale, i servizi per le isole 
    Presentare come un esperto di ferrovie internazionali e della Torino-Lione un funzionario amministrativo è un falso per accreditare la dichiarazione di un funzionario di un Dipartimento (Provincia) come emessa dal Governo centrale di Parigi.
    Tra l’altro tutto ciò dimostra che il Governo francese non si esprime sulla Torino-Lione da più di un anno: La Pausa del 19 luglio 2017.
    La invitiamo a fornire ai suoi lettori informazioni attendibili e confermate da rigorose indagini.
    Certi nella rettifica che apporterà all’articolo (qui sotto riprodotto), distinti saluti.
    Ne approfittiamo per segnalarvi questa “Diffida”: Torino-Lione: Lettera di diffida e di messa in mora ai capi di TELT, copia ai Governi e alle Corti dei conti
    Paolo Prieri
    PresidioEuropa No TAV
    www.PresidioEuropa.net/blog
  • Gentile Mario Calabresi, Direttore de La Repubblica,

    il suo giornalista Diego Longhin ci ha promesso telefonicamente venerdì 27 luglio di indicare la fonte di una sua affermazione che pareva “verosimile”. Nel corso delle telefonata non ha potuto rispondere perché non aveva sotto mano il Regolamento (UE) CEF N. 1316/2013.

    Abbiamo scritto venerdì stesso al sig. Longhin una e-mail di conferma della nostra richiesta e domenica un sollecito, qui sotto riprodotti, senza riscontro.

    Ora, gentile Direttore, poniamo a Lei la stessa domanda: ci fornisca per obbligo professionale la fonte di questa frase dell’articolo del Suo giornalista: 

    http://www.repubblica.it/politica/2018/07/27/news/ma_l_addio_all_opera_puo_costare_all_italia_due_miliardi_di_euro-202758740/?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P2-S1.8-T2

    “…A questo si potrebbero aggiungere altre penali, come quelle previste nel Cef, il Connecting Europe Facility: se uno dei Paesi membri recede da un impegno paga dal 2 al 10 per cento…”

    L’attacco mediatico agli oppositori della Torino-Lione usando la minaccia delle Penali in caso di rinuncia dell’Italia al progetto Torino-Lione”, deve cessare. Cfr. questa Nota:http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=15209

    E maggiormente da parte di un quotidiano con la reputazione storica di giornalismo di denuncia come il vostro.

    L’unica alternativa che vi resta è la produzione da parte vostra di un dossier argomentato a prova di ogni contestazione con la citazione di leggi e regolamenti, articoli e commi.

    Restiamo in attesa del suo sollecito riscontro.

    Ne approfittiamo per segnalarvi questa “Diffida”: Torino-Lione: Lettera di diffida e di messa in mora ai capi di TELT, copia ai Governi e alle Corti dei conti

    La ringraziamo, distinti saluti.

    Paolo Prieri

    www.PresidioEuropa.net +39 320 265 9560

IL PREZZO È LO YEMEN? PACE NEL CORNO D’AFRICA. E GENOCIDIO QUALE SEGNO DARE ALLA RICONCILIAZIONE ETIOPIA-ERITREA

http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2018/07/etiopia-eritrea-yemen-il-nervo-scoperto.html

MONDOCANE

LUNEDÌ 30 LUGLIO 2018

Fulvio ciao,

come stai?

ti volevo chiedere se scriverai sull’accordo di pace tra Eritrea e Etiopia?

Come la vedi? Mi fido molto del tuo giudizio (e di pochissimi altri)

Un caro saluto e un abbraccio,

(firma)

Un amico e ottimo giornalista, con un blog, una testata giornalistica registrata,  che è tra le migliori sulle questioni internazionali, mi invia questo messaggio all’indomani della notizia dell’incontro tra i leader di Etiopia ed Eritrea che ha messo fine a oltre mezzo secolo di inimicizia, guerra, tensione e aveva costretto il piccolo vicino del gigante del Corno d’Africa a una condizione di no guerra-no pace che, unita alla criminali sanzioni USA-UE, aveva pesantemente danneggiato la nostra ex-colonia. 

Credo che la fiducia assicuratami dal collega sia da ricondurre alla mia condivisione, giornalistica e di vita, dei destini dell’Eritrea fin dai lontani giorni della sua trentennale lotta di liberazione dal colonialismo etiopico supportato alternativamente dagli Usa e dall’URSS. Dalle cronache di guerriglia negli anni ’70, alla diffusione di una verità alternativa a quella dei media colonialisti e imperialisti nei successivi decenni, in Italia e nel mondo, fino al docufilm realizzato due anni fa in Eritrea insieme a Sandra Paganini e che si proponeva di opporre una verità storica ed attuale a una sempre più intensa campagna di diffamazione di questo popolo e della sua leadership, essenzialmente innescata dalla sua posizione anticolonialista, di indipendenza da condizionamenti militari, economici, sociali e culturali dell’ormai virulentissimo revanscismo colonialista.

Questo film  è stato tradotto in inglese e francese, ha circolato in Italia ed Europa, ha ottenuto il consenso delle comunità della diaspora eritrea, ha entusiasmato tantissimo pubblico italiano e credo abbia messo una bella zeppa sul rullo compressore della criminalizzazione politico-mediatica, alimentata soprattutto dall’ingigantimento del fenomeno dell’emigrazione eritrea (in buon parte etiopica travestita, per altra parte determinato della situazione imposta dalle sanzioni e dall’aggressione etiopica), fondata su pull factor dell’automatica concessione agli eritrei del diritto d’asilo. Non si svuotano così anche i paesi delle proprie energie migliori? In particolare paesi appetiti dal Pentagono e dalle multinazionali per risorse e posizioni strategiche. Per l’Eritrea la collocazione sullo Stretto di Bab el Mandeb, crocevia tra Est e Ovest, Sud e Nord.

L’articolo richiesto che mi affrettai a scrivere e per il quale sono stato ringraziato, lo trovate in www.fulviogrimaldicontroblog.info . E’ intitolato:Pacificazione nel Corno. Bye bye Eritrea. LA STELLA DELL’AFRICA NEL BUCO NERO DELLA NORMALIZZAZIONE? Cambia la geopolitica nel nervo scoperto del mondo. Ma non è uscito sul sito di  chi me lo aveva richiesto. Perlomeno io non ce l’ho trovato. Timore di irritare gli eritrei? Disperdere qualche illusione?  Gliene ho chiesto spiegazione, perché mi pare difficile che quel sito applichi censure, per quanto problematica possa essere la questione e il trattamento da me riservatole, soprattutto alla luce della successiva pubblicazione  di un articolo firmato Daniel Wedi Korbaria, esponente autorevole della comunità eritrea di Roma, di segno geopolitico per niente problematico, comprensibilmente entusiasta della pace raggiunta e in polemica con i detriti mediatici che insistono a masticare amaro su questi sviluppi e a valersi dell’emigrazione eritrea per continuare l’opera di diffamazione. Un articolo del tutto privo di analisi dell’enorme mutamento in corso e delle varie conseguenze di portata locale e internazionale e  che ne potrebbero risultare. Il che mi risulta sospetto.

E’ aperto a chiunque il giudizio se sia più credibile un giornalista che da oltre mezzo secolo ha seguito il tema appassionatamente e con impegno di tutte le sue risorse umane e altre, o un portavoce della rappresentanza diplomatica. Il pezzo di Wedi Korbaria (“Perché quelli di ”aprite i porti” vogliono la guerra in Africa?”) assegna la responsabilità della crisi etiopica-eritrea all’inimicizia del TPLF, Organizzazione della regione del Tigray, da molti anni al potere ad Addis Abeba e ora sostituita dal nuovo premier Oromo, Abiy Ahmed. Quindi elenca una serie di giornalisti, definiti immigrazionisti e nostalgici del conflitto, che su Radio anch’io  hanno commentato il superamento della crisi con i soliti stereotipi sulla “dittatura eritrea e la fuga dei giovani”. Tutto giusto. Salvo il finale un po’ vittimistico, poco consono a un popolo fiero come gli eritrei, in cui l’autore si lamenta del fatto che qualunque cosa gli eritrei facciano, vengono definiti cattivi: “Se chiediamo giustizia e pace siamo cattivi e se dopo vent’anni la otteniamo e festeggiamo, lo stesso siamo cattivi”.  C’era un lavoro, di pochi di noi, che stabiliva meglio chi fossero i buoni e chi i cattivi.

Qualcuno la finirebbe di crederli cattivi se avesse potuto vedere il mio documentario e ascoltare il mio racconto. Ma questo è stato impedito dallo stesso Wedi Korbaria, alias Sillas, quando tono e argomenti del film e dei miei interventi non parevano più in sintonia con l’Eritrea che ora si è andata raffigurando. Vediamo quale, giacchè della pace siamo tutti contenti, in Vietnam come in Palestina, in Nicaragua come in Siria. Ma crediamo necessario anche vedere termini, circostanze, condizioni, prospettive. Sono quelle che avevo cercato di analizzare nel pezzo chiestomi da Ale. Intrecciandole anche a un mio vissuto eritreo, quanto mai esplicativo.

Da un giornalista e autorevole rappresentante eritreo, su un sito della rilevanza di quello in oggetto, ci si sarebbe aspettati qual cosina in più su uno sviluppo epocale, sul piano geopolitico, come su quello sociale, economico, militare, come quello del riavvicinamento tra Asmara e Addis Abeba.

Etiopia ieri. Oggi?

Dai tempi dell’imperatore Haile Selassiè fino a tutti i governi successivi delle etnie Amhara e poi Tigrina, con l’intervallo filosovietico del “negus rosso” Mengistù, il gigante del Corno (100 milioni di abitanti) è stato il presidio degli interessi coloniali in Africa Orientale. Per questo è stato armato, lanciato ripetutamente contro i disobbedienti Somalia ed Eritrea (4 milioni), rimpinzato di aiuti occidentali, saccheggiato senza freni dalle multinazionali, derubato delle sue terre migliori, devastato nel territorio da costruttori di dighe, laghi, strade come la Salini Impregilo, seviziato dalle minoranze al potere, tremebonde soprattutto davanti alla maggioranza Oromo, in preda ad oligarchie feudali vendipatria e sanguinosamente repressive. Il paese era ed è costellato di basi e presidi statunitensi e israeliani. Nei suoi campi profughi si coltivavano terroristi da infiltrare in Eritrea.

Ora è arrivato il nuovo primo ministro. Ha liberato prigionieri politici, ha promesso democratizzazione e pluralismo, rispetto delle tante minoranze, pace, amicizia, sviluppo con l’Eritrea. In cambio della fine di una situazione che costava agli eritrei serenità e prosperità possibili, ha ottenuto da Isaias Afeworki,  capo della guerra di liberazione e dell’Eritrea fino ad oggi, l’accesso al mare nei due porti eritrei, Massaua e Assab. Magnifico, chi potrebbe obiettare? Ma forse ci si dovrebbe domandare: che ne sarà dei rapporti dell’Etiopia con i suoi storici padrini, padroni, sponsor, armieri, finanzieri, ladri di terre fertili. La democratizzazione interna si estenderà a un equilibrio meno subalterno con le potenze coloniali, a un ruolo meno attivo di bastone nei confronti di chi l’Occidente vuole bastonare, a un più dignitoso rapporto di forze, consapevole dei bisogni e desideri della popolazione, del loro habitat e meno delle cricche dirigenti, con donatori, finanziatori, investitori?

Combattente eritreo

Eritrea ieri. E oggi?

E l’Eritrea come ne uscirà da questo abbraccio, dal quale si è saputa sottrarre per tanti anni restando in vita e, anzi, fornendo agli africani, come la Libia di Gheddafi, quel modello di indipendenza, giustizia sociale, ecologia, antimperialismo che era stato stroncato quando lo proposero i Lumumba, i Sankara, Nkrumah, Nyerere, Mugabe, Kenyatta, Gheddafi….? Sarà ancora il Davide della vittoria della giustizia e della libertà se dovesse ripresentarsi un Golia del sopruso e dell’asservimento? Domande drammatiche, domande legittime che non trovano spazio nell’intervento dello scrittore eritreo. E sanno i santi nel paradiso africano, quelli che sopra ho nominato e tutti coloro che si sono sacrificati per quell’Africa, quanto siano cruciali e urgenti.

Su questo futuro, tutto da definire e decifrare, si stende però già oggi un’ombra. Riuscii a interessare la Commissione Esteri dei Cinque Stelle al Senato, nella persona della senatrice Ornella Bertorotta e dei suoi collaboratori, alla questione eritrea. Cosa non facile di fronte all’aria che tirava contro quel paese nelle aule alte e basse del parlamento, ma realizzato grazie alla disponibilità e intelligenza di quei miei interlocutori. Erano in vista parecchie iniziative parlamentari a rettificare un atteggiamento improntato a pregiudizio, ignoranza, servilismo Nato.

Poi arrivò la notizia che Asmara aveva concesso agli Emirati Arabi Uniti (UAE) una base militare ad Assab, l’uso e l’ampliamento di porto e aeroporto. Bertorotta e io chiedemmo conferma o smentita all’ambasciata. L’ambasciata smentì.

Ma presero a circolare notizie sempre più documentate. Fotografie aeree e satellitari confermarono gli impianti. Aerei e navi da guerra contro lo Yemen. Le smentite cessarono. Si parlò di un affitto di lunghi anni a questa presenza militare straniera. Presenza invasiva di un regime di satrapi, proprietari feudali del loro paese, strettamente alleati all’Occidente, intimi dell’Arabia Saudita, specie ora, nella fase espansiva e militarista dell’erede al trono Bin Salman, partner di Israele nella destabilizzazione del Medioriente e nella frantumazione dei suoi paesi sovrani, indipendenti e laici.

Una pace pagata con il sacrificio dello Yemen?

Intanto si andava compiendo l’olocausto dello Yemen per mano proprio dei sauditi e dei loro partner UAE, invasori della parte meridionale del paese e delle isole. In partenza con bombardieri e truppe proprio da Assab, che sta lì, comodamente di fronte. Facile per i missili su donne, bambini, quelli di cui si continua a parlare quando su barconi, ma non qui. Yemen, dal quale anni prima ero partito in barca, con alcuni dei rifugiati eritrei della Dancalia che rientravano nelle zone liberate dopo essere state accolte e protette, anche nella dirigenza operativa, dal governo yemenita. Presidente, Ibrahim El Hamdi. Un grande arabo, amico dell’Eritrea.. Ucciso dai gentiluomini, nostri alleati e fornitori, del Golfo.

 Houthi, movimento di liberazione nazionale dello Yemen

Nel docufilm “Eritrea, una stella nella notte dell’Africa” c’è un capitoletto sullo Yemen, paese bellissimo, popolo intelligente, depositario di una civiltà architettonica tra le più pregiate della Storia, ospitale e dignitoso quanto gli eritrei, nel quale ho vissuto per due anni. Ne racconta la feroce frantumazione, il vero e proprio genocidio, l’eroismo di chi si è ribellato contro una successione di regimi dispotici e subordinati a Riyad e a Washington. Nel nome della libertà e della giustizia. Come gli eritrei nei trent’anni della loro lotta e dopo. Del resto tutti i 90 minuti del film sono, dal generale al particolare e dal particolare al generale, la storia raccapricciante dell’imperialismo nel mondo e nell’Africa.

Sconveniente, ora come ora? C’è chi non vuole infrangere lo specchio? Come con Cuba che ha aperto agli Usa, ha privatizzato metà della sua economia, a messo a fare aranciate e biscotti mezzo milione di dipendenti statali divenuti liberi imprenditori?  Meglio restare illusi? Primum vivere (deinde philosophari). Ma allora non chiamiamolo rivoluzione e socialismo.

Di colpo gli eritrei d’Italia, con il portavoce media, hanno bloccato una tournee di rappresentazioni che aveva coinvolto migliaia di persone. Copia inglese del documentario è stata consegnata al presidente Isaias Afeworki. Che non si è fatto sentire. E pensare che quando, due anni fa,  era stato visto da alti rappresentanti del paese se ne era annunciata la programmazione al Cinema Impero, al centro di Asmara. Ma questo era prima di Assab.

Il film continua a girare, presto sarà ovunque sui social. E percuoterà il silenzio dei tanti con una domanda ineludibile. Dove va l’Eritrea? Voglio saperlo anch’io. Mica le ho dedicato cinquant’anni di vita per niente.

Al Congresso dei giovani eritrei, 2016

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:00

“Così il M5S vuole “riscrivere” la TAV – Tav, snodo M5S: nuova tratta e via i due dirigenti-simbolo

28 luglio 18 Nextquotidiano 

https://www.nextquotidiano.it/m5s-tav-progetto/)

28 luglio 18 FQ 

ROGNA Stretto tra le proteste della base e l’accordo con la Lega, il M5S pensa di sostituire il dg della società che realizza l’opera e il commissario del governo. E punta a riscrivere il progetto

di Luca De Carolis

Faranno saltare “teste”, anche per calmare la base. E prenderanno tempo.

Con l’obiettivo di riscrivere davvero il progetto, come è assicurato nero su bianco nel contratto di governo, riducendo il più possibile impatto e costi dell’o per a. Perché un no secco alla linea ad alta velocità Torino-Lione ad oggi non è possibile. È la linea dei Cinque Stelle sul Tav, che per il Movimento fa rima con spada di Damocle.

Nodo atteso,  visto che la battaglia contro la Torino-Lione è stata un comandamento per il M5S, uno dei totem attorno a cui si raggrumarono i primi attivisti. E non solo in Piemonte, dove nel 2019 si voterà per le Regionali, con il Movimento che spera concretamente di prendersi la sua prima Regione, l’unico “trofeo” che manca alla bacheca a 5Stelle. Però di mezzo c’è anche il Tav.

Una spina sempre urticante, come provano le indiscrezioni delle ultime ore che parlavano di un no definitivo all’opera di Luigi Di Maio e del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Ma i 5Stelle hanno reagito con una raffica di smentite. “Il dossier non è ancora arrivato sul tavolo di Conte” hanno precisato da Palazzo Chigi.

E Di Maio giura: “Sono tranquillissimo, la questione Tav non è sul tavolo del gover- no, deciderà il ministro Toninelli quando incontrare il suo omologo francese”.

Ossia il ministro delle Infrastrutture, che lavora sul dossier da alcuni giorni con la sua “istruttoria”, come la definiscono i 5Stelle. Senza fretta. “Se ne parlerà molto dopo l’estate” spiegano. Nell’attesa, ecco Matteo Salvini: “Sull’opera occorre andare avanti, non tornare indietro”.

Come a ribadire la dicotomia tra la Lega, che le grandi opere le invoca, e il M5S che frena.

E il compromesso è quella formula nel contratto di governo: “Per quanto riguarda la Torino-Lione, ci impegniamo a ridiscutere integralmente il progetto”.

E via il passaggio sulla “sospensione dei lavori” che era nella bozza iniziale. Mesi dopo, il Movimento si ritrova con gli attivisti e gran parte degli eletti quasi in rivolta in Piemonte, dove c’è già baruffa per la candidatura di Torino alle Olimpiadi invernali.

Anche per questo, il M5S potrebbe accontentarli rimuovendo due dirigenti simbolo del progetto: il commissario straordinario del governo alla Torino-Lione, Paolo Foietta, e il direttore generale della Telt (la società pubblica metà francese e metà italiana che deve realizzare l’opera), Mario Virano.

E così accoglierebbe la richiesta fatta pochi giorni fa dai consiglieri comunali di Torino: “Il governo sollevi Foietta dai suoi tre incarichi (presidente Osservatorio Torino-Lione, commissario straordinario del governo, co-presidente Intergovernativa Italia Francia) e Virano in quanto nominato nel cda di Telt dall’esecutivo”.

Però Foietta si mostra pugnace: “Ho un mandato fino al 31 dicembre per realizzare la Torino-Lione. Se si vuole modificarlo, lo si faccia con un atto e non con un post”.

E visto che c’è ricorda: “Chiedo da tempo un incontro a Toninelli, senza esito”. Intanto il ministro prosegue la sua istruttoria. E per ora la rotta del M5S è quella di cercare una via per riscrivere il progetto, quindi il percorso, limitando i danni.

“Ma non possiamo dire no e basta, qui ballano miliardi” ammette un 5Stelle di rango.

<!–[if !vml]–><!–[endif]–>E poi ci sono le pressioni degli industriali e del Carroccio, che però apre a una soluzione intermedia, ventilata ieri sul Secolo XIX dal sottosegretario leghista ai Trasporti Edoardo Rixi: “Il Tav è fondamentale ma vanno tagliati i costi, rendendo meno impattante il percorso”. E in serata riparla Salvini, più problematico: “Sul Tav stiamo ragionando, valutando il rapporto tra costi e benefici”. Sillabe sicuramente più gradite al M5S, che resta sul vago. Perché in ballo c’è una bella porzione della verginità a 5Stelle. E allora meglio tergiversare.

Tempi lunghi Nessuna decisione: il dossier non è ancora arrivato sul tavolo del premier Conte

Lettera di diffida e di messa in mora ai capi di TELT, copia ai Governi e alle Corti dei conti

17 luglio 18 

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=15730

Questa lettera raccomandata a.r. di messa in mora è stata inviata il 17 luglio 2018 da alcune decine di cittadini francesi ai “capi” di TELT (e in copia ai Governi e alle Corti dei conti) per segnalare loro che, come persone fisiche di Presidente e di Direttore Generale, essi si assumono personalmente la responsabilità delle loro azioni di gestione nell’ambito dei mandati societari ricevuti dai Governi francese e italiano. Lunedì 30 luglio 2018 sarà spedita da altrettanti cittadini italiani.

Traduzione di cortesia in italiano

Signor Presidente

Signor Direttore  Generale

Société Tunnel Euralpin Lyon-Turin – TELT

ZAC de Savoie Technolac – 13 allée Lac de Constance

73370 LE BOURGET DU LAC

E, per conoscenza: al Signor Primo Ministro della Repubblica francese, al Signor Ministro della transizione ecologica e solidale della Repubblica francese, al Signor Ministro dell’economia della Repubblica francese, alla Signora Ministro incaricata dei trasporti della Repubblica francese, al Signor Primo Presidente della Corte dei conti in Francia, al Signor Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana, al Signor Ministro dei trasporti della Repubblica italiana, al Signor Ministro dell’Economia della Repubblica italiana, alla Corte dei conti italiana.

17  luglio 2018

Lettera raccomandata a.r.

Signor Presidente e Signor Direttore Generale della Società Tunnel Euralpin Lyon-Turin

Gli azionisti di TELT SAS Vi hanno eletti come persone fisiche quali Presidente e Direttore Generale. In quanto tali, Vi assumete personalmente la responsabilità delle Vostre azioni di gestione nell’ambito di questi mandati societari.

In qualità di dirigenti responsabili della Società TELT SAS, società di diritto francese registrata presso la Camera di commercio di Chambéry, Voi siete responsabili della direzione dei lavori della prima fase della parte internazionale della nuova linea ferroviaria Torino-Lione in conformità con le disposizioni degli accordi intergovernativi franco-italiani, ratificate dai parlamenti dei rispettivi Paesi firmatari.

Questi accordi sono:

l’accordo del 29 gennaio 2001,

L’accordo del 3 dicembre 2004,

L’accordo del 30 gennaio 2012,

L’accordo del 24 febbraio 2015.

Lo scambio di lettere dell’8 marzo 2016.

Inoltre, il Memorandum del 5 maggio 2004 delinea il principio dell’equilibrio dei finanziamenti tra le parti, portando a una chiave di distribuzione ineguale per la costruzione della galleria transfrontaliera, al fine di tenere conto del maggiore impegno della Francia per i lavori sul suo territorio e a suo carico.

Prima di tutto Vi ricordiamo il disposto del codice commerciale francese agli articoli L.651-1 e seguenti e in particolare l’articolo L.653-3 che stabilisce che:

“Il Tribunale può pronunciare il fallimento personale di qualsiasi persona menzionata al primo comma dell’articolo L. 653-1, fatte salve le eccezioni previste nell’ultimo paragrafo del medesimo articolo, relativamente al quale è stato notato uno dei fatti qui di seguito:

1° aver perseguito abusivamente un’operazione deficitaria che potrebbe solo portare alla cessazione dei pagamenti; (…)”

D’altronde, la creazione e le attività della Società TELT che Voi gestite sono state definite dagli accordi franco-italiani ricordati sopra e ratificati dai Parlamenti dei due Paesi.

Pertanto, TELT deve agire nel rigoroso rispetto delle disposizioni degli accordi e non può derogare alle norme ivi stabilite.

  1. Risulterebbe dalla lettura delle ultime dichiarazionipubblicate dalla stampa che Voi siate in procinto di lanciare dei bandi di appalti per i lavori definitivi sulla tratta internazionale della NLTL. Questi annunci, se confermati, ignorano seriamente le disposizioni degli accordi intergovernativi e, in particolare, gli articoli 4, 16, 17 e 18 nonché l’allegato II che rientrano nelle disposizioni dell’articolo 17.
  2. i)               L’articolo 16 dell’accordo del 30 gennaio 2012 vieta di avviare il lavoro di una fase (definita nell’articolo 4 dello stesso accordo) senza la disponibilità di finanziamenti quale requisito indispensabile.
  3. ii)             La lettera del 7 gennaio 2018 della sig.ra Violeta Bulc, commissario per i trasporti dell’Unione europea, conferma che il finanziamento è concesso al progetto relativamente al solo periodo 2016-2019 sotto la clausola «use it or lose it».

iii)           È accertato che la Francia non ha dimostrato la disponibilità della sua quota di finanziamento del progetto, come indicato nella dichiarazione del Ministro dei Trasporti come risulta dal parere della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 4 dicembre 2017;

  1. iv)            Il governo italiano, attraverso il suo commissario straordinario, ha scritto una lettera ufficiale nella quale si dichiara che l’Italia non ha la disponibilità dell’intero finanziamento;
  2. v)             L’articolo 4 dell’accordo del 30 gennaio 2012 prevede che “i lavori saranno eseguiti per fasi funzionali”, che vietano qualsiasi finanziamento mediante l’uso della legge italiana nota come “lotti non funzionali costruttivi”.

L’impegno per lavori di questa importanza, senza avere la garanzia certa del loro finanziamento per portarle a termine, costituisce una colpa nella gestione aziendale che può solo portare allo stato di cessazione dei pagamenti della società che Voi gestite.

In queste condizioni, Vi diffidiamo e vi mettiamo in mora a vietare qualsiasi spesa relativa ai lavori sulla fase descritta nell’articolo 4 dell’accordo del 30 gennaio 2012 che recita: “la sezione transfrontaliera, comprese le stazioni di Saint -Jean-de-Maurienne e Susa, così come i collegamenti con le linee attuali … ”

  1. L’articolo 18 dell’accordo del 30 gennaio 2012 esigeuna certificazione dei costi da parte di “un terzo esterno”la cui definizione è stata fornita l’8 ottobre 2012 dal primo ministro francese in risposta alla Corte dei conti nei seguenti termini: “… sarà necessario che i costi vengano certificati nel modo più rigoroso possibile, così come previsto dal memorandum franco-italiano del 2003, prima della realizzazione dei lavori”.

Il Memorandum cui fa riferimento il Primo Ministro francese è quello del 5 maggio 2004, nel quale la lettera f) recita: “b) fino al limite costituito dalla stima dei costi prevista nel progetto di riferimento certificato da un soggetto indipendente

Avete scelto di aggiudicare i lavori per la certificazione dei costi ad un subappaltatore storico della società LTF (Lyon-Turin Ferroviaire): la Società Tractebel, che ha lavorato al progetto della linea sin dal 2002.

Questa società non è quindi indipendente dal proponente e i documenti redatti, utilizzati e pubblicati non possono essere presi in considerazione nel pieno rispetto delle disposizioni dell’articolo 18 dell’accordo del 30 gennaio 2012.

Il mancato rispetto delle disposizioni dell’articolo 18 di cui sopra Vi vieta di continuare tutti i lavori nel quadro delle attività di TELT.

III. L’articolo 18 dell’accordo del 30 gennaio 2012 precisa la ripartizione dei costi tra i due paesi firmatari stabilendo al 57,9% la quota italiana e il 42,1% alla quota francese.

Questa ripartizione sfavorevole alla parte italiana è spiegata dal principio di riequilibrio dei costi di progetto tra le parti, dettagliato nel memorandum del 5 maggio 2004.

Pertanto il maggior onere della prima fase da parte dell’Italia (57,9%) è compensato dall’impegno della Francia di costruire a sue spese i tunnel di 33 chilometri a due tunnel chiamati “Belledonne-Glandon”.

Ora sembra che la contropartita del finanziamento italiano della prima fase non possa essere fornita dalla Francia per motivi di vincoli di bilancio e per ragioni oggettive che il signor du Mesnil non può ignorare poiché era il richiedente all’utilità pubblica delle linee di accesso francesi al tunnel di base del progetto Lione-Torino.

In quanto tale, l’attuale presidente di TELT sa perfettamente che l’indagine di pubblica utilità che serve come base per la dichiarazione di pubblica utilità riguarda solo una canna nei tunnel detti di “Belledonne-Glandon”.

Pertanto, la contropartita non può essere soddisfatta entro un lasso di tempo ragionevole e l’impegno della Francia di costruire un tunnel di 33 chilometri a doppio canna non tiene conto della Convenzione di Århus e della carta dell’ambiente in Francia per mancanza di consultazione della popolazione.

Voi Vi rendete responsabili a titolo personale, data la vostra personale conoscenza dell’impossibilità di rispettare l’impegno definito nell’articolo 4 dell’accordo del 30 gennaio 2012.

  1. L’articolo 17 dell’accordo del 30 gennaio 2012 prevedeche la “struttura giuridica economica e finanziaria del progetto, si ispiri ai principi di cui all’allegato II del presente accordo, che costituisce parte integrante. “

L’allegato II prevede il finanziamento del progetto con il ricorso anche a capitali privati.

Questo finanziamento, anche parziale, contribuisce ad assicurare la disponibilità preventiva dei finanziamenti prima dell’avvio dei lavori.

La mancanza di un’identificazione precisa dei partner privati e delle modalità dei loro contributi per il finanziamento del progetto, come definito dall’allegato II, non tiene conto, da un lato, della norma e del principio di finanziamento espresso dai firmatari e, in secondo luogo, del principio della disponibilità preliminare del finanziamento stabilito dall’articolo 16 dell’accordo del 30 gennaio 2012.

In queste condizioni noi riteniamo che qualsiasi ulteriore lavoro in violazione delle disposizioni degli accordi intergovernativi per il progetto Torino-Lione, coinvolga la vostra responsabilità individuale nel Vostro ruolo di dirigenti, mandatari e rappresentanti della società di fronte ai terzi.

Tenuto conto dei rischi e del loro livello finanziario per i due Stati, vi preghiamo di considerare questa lettera come formale diffida e messa in mora affinché cessiate qualsiasi impegno finanziario relativo al progetto Torino-Lione senza la previa e comprovata disponibilità dei finanziamenti previsti all’Articolo 16 dell’accordo del 30 gennaio 2012 per la prima fase descritta all’articolo 4 dell’accordo del 30 gennaio 2012.

Allo stesso modo Vi chiediamo di realizzare una certificazione dei costi della prima fase descritta nell’articolo 4 dell’accordo del 30 gennaio 2012 secondo le regole di reale indipendenza e terzietà previste dall’articolo 18 dell’accordo del 30 gennaio 2012, in conformità con l’impegno francese assunto dal Primo Ministro l’8 ottobre 2012 e nel rispetto delle disposizioni del memorandum del 5 maggio 2004, che stabilisce il principio di un equilibrio di finanziamento tra la Francia e l’Italia.

  1.  Analisi costi benefici.

In un documento siglato TELT presentato a Torino l’8 aprile 2015 ed a Bruxelles, viene presentato una “Analisi Costi Benefici aggiornata per lo scenario di fasaggio” 2014.

Questa analisi è stata presentata a Bruxelles dal Sig. Oliviero Baccelli, “professore” presso l’Università Bocconi CERTeT che ha partecipato alla sua elaborazione.

Il Sig. Oliviero Baccelli è un insegnante all’Università Bocconi, ma è anche amministratore di TELT dopo il cambio di denominazione da LTF nel 2015.

Pertanto, le conclusioni di questa analisi a favore del progetto non possono essere considerate come indipendenti e le sue conclusioni non possono servire come base per qualsiasi analisi socioeconomica del progetto per il quale Voi siete responsabili, in considerazione del conflitto di interessi del Signor Oliviero Baccelli.

  1. Infine, viste le responsabilità del Sig. Hubert du Mesnilin qualità di presidente dell’Institut de la Gestion Déléguée (IGD),eletto in questo incarico da società che ricevono appalti aggiudicati dalla società TELT di cui è anche presidente, Vi diffidiamo e Vi mettiamo in mora dal firmare ogni e qualunque appalto pubblico a favore di una società fondatrice dell’Institut de la Gestion Déléguée, indipendentemente dal fatto che il sig. du Mesnil partecipi o meno alla commissione dei contratti.

In effetti, questo duplice ruolo viola tutte le regole per la prevenzione dei conflitti di interesse, assunzione illecita di interessi, corruzione o traffico di influenze sia a livello nazionale sia a livello europeo.

In caso di mancata osservanza delle disposizioni sopra citate, Vi comunichiamo formalmente che ci riserviamo il diritto di intraprendere azioni legali contro di Voi.

Signor Presidente, Signor Direttore Generale, Vi preghiamo di tenere in seria considerazione quanto comunicatoVi con la presente diffida e messa in mora.

Distinti saluti.

Testo originale in francese della lettera inviata a TELT il 17 luglio 2018 e ricevuta da TELT il 20 luglio 2018

No TAV – Comunicato Stampa 29 Luglio 2018 : Torino-Lione, Lettera di diffida e di messa in mora ai capi di TELT – Usare la linea esistente e dirottare i fondi pubblici verso la mobilità alternativa

PresidioEuropa

Movimento No TAV

Comunicato Stampa

29 luglio 2018

http://www.presidioeuropa.net/blog/?p=15730

Contatto:  +39 320 265 9560

TORINO – LIONE

COME LA VALSUSA VEDE  IL CAMBIAMENTO

Torino-Lione: Lettera di diffida e di messa in mora ai capi di TELT, copia ai Governi e alle Corti dei conti

 Usare la linea esistente e dirottare i fondi italiani, francesi e europei della Torino-Lione per finanziare le mobilità alternative e non inquinanti per i cittadini e le merci

E’ stata resa pubblica nel corso dell’odierna Conferenza Stampa No TAV la lettera raccomandata di Diffida e Messa in mora che cittadini italiani e francesi hanno inviato ai capi di TELT: il Presidente Hubert du Mesnil e il Direttore generale Mario Virano per segnalare loro che essi si assumono personalmente la responsabilità delle loro azioni di gestione nell’ambito dei mandati societari ricevuti dai Governi francese e italiano. Lunedì 30 luglio 2018 sarà spedita ai destinatari da altrettanti cittadini italiani.

La lettera è stata inviata in copia al Primo Ministro della Repubblica francese, al Ministro della transizione ecologica e solidale della Repubblica francese, al Ministro dell’economia della Repubblica francese, alla Ministra incaricata dei trasporti della Repubblica francese, al Primo Presidente della Corte dei conti in Francia, al Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana, al Ministro dei trasporti della Repubblica italiana, al Ministro dell’Economia della Repubblica italiana, alla Corte dei conti italiana.

Nello stesso tempo è stata riaffermata l’indispensabilità che i fondi Europei, Italiani e Francesi destinati alla Grande Opera Inutile Torino Lione non debbano essere persi ma siano dirottati per finanziare da subito la transizione verso una mobilità alternativa per le persone e le merci non inquinante da destinare alla Valle Susa, alla Città di Torino, al Piemonte e a tutta l’Italia.

Ne tengano conto la politica e i partiti, i cittadini lo hanno già deciso: No alle Grandi Opere Inutili, sì alle Opere Utili.

Per questo motivo la lotta No TAV non si arresta, è una lotta generosa contro un’Opera Inutile a beneficio di tutte le popolazioni.

Qui alcuni post recenti:

Il ministro Toninelli: Quando studio dossier come quello della Tav Torino-Lione, non posso provare che rabbia e disgusto per come sono stati sprecati i soldi dei cittadini italiani. E’ stato enorme lo sperpero di danaro…

TAV Torino-Lione – l’arch. Paolo Foietta deve essere sostituito nei suoi incarichi, avendo palesemente mancato agli obblighi di completezza e di verità di informazione a cui lo obbligavano i mandati ricevuti

TORINO-LIONE: SE TELT LANCIA DEI BANDI DI APPALTO COMMETTE UN’ ILLEGALITA’ E VIOLA GLI ACCORDI ITALO-FRANCESI DIVENUTI LEGGE

Angelo Tartaglia: “ Tav Torino-Lione, l’obiettivo non è perdere tempo, è fermare l’opera: ecco perché ”

Torino-Lione: PAUSA FRANCESE E REVISIONE ITALIANA A CONFRONTO – Esposto alla Corte dei conti – Gli amici francesi di Salvini contrari alla Torino – Lione

Lettera di Mario Lettore Ascoltatore Telespettatore ai media

Il mito Macron è crollato: i francesi non lo vogliono più (e hanno ragione)

ma ha salvato il mondo dalla sciagura Le Pen…che importa se i francesi non sono felici delle politiche di austerità…dei tagli, della precarizzazione…volete mettere con l’incubo FN?

Consensi in picchiata per il presidente francese. L’imbarazzante caso Benalla. I tagli al welfare. La posizione ambigua in politica internazionale. Ecco perché l’icona dell’establishment europeo è solo un pallone sgonfio
 
A volte riescono e a volte no. I bluff sono così. Poteva dunque succedere ciò che sta in effetti succedendo, e cioè che il pallone Emanuel Macron sembri già floscio appena un anno dopo la trionfale elezione che lo proiettò all’Eliseo a soli 39 anni, il più giovane presidente francese di sempre.
Un anno fa Macron era l’uomo che avrebbe riscattato la Francia dai tristi anni di Hollande, salvato l’Europa dai tarli che la corrodono e dato pure una regolata al pianeta, rimettendo al posto loro i vari Le Pen, Trump, Putin, Orban, tutti quelli insomma che agli occhi delle persone dabbene paiono sgradevoli accidenti della storia. Oggi il tonfo di Macron è conclamato: solo il 34% dei francesi gli dà un voto positivo, e nel crollo il Presidente trascina con sé il premier Edouard Philippe, finito al 31%. Conclamato ma pure annunciato, il tonfo, visto che nell’agosto dell’anno scorso, allo scadere dei primi cento giorni di presidenza, Macron raccoglieva l’approvazione di un misero 36% degli elettori, peggio di Sarkozy e Hollande allo stesso punto del percorso presidenziale.
L’ultima perla è stata il “caso Benalla”, la truce storia dell’ufficiale della Gendarmeria che è sempre stato al fianco di Macron in tutti gli eventi ufficiali, compresa la sfilata per le strade di Parigi del pullman della nazionale vincitrice della Coppa del Mondo di calcio. Il primo maggio, il giovane (26 anni), aggressivo (è detto “Rambo” e “Cow boy”) ma già altolocato (è tenente colonnello, ha un appartamento di servizio in un quartiere di lusso e una macchina con autista, sirena e simboli della polizia cui pure non appartiene) Alexandre Benalla viene filmato mentre picchia selvaggiamente due manifestanti durante la sfilata del 1° maggio. All’Eliseo fanno di tutto per coprirlo ma Le Monde trova il video, lo fa girare e lo scandalo esplode.
I francesi si sono stufati di un gagà isterico, soprattutto perché il gagà in questione, tra una scena e l’altra, definisce «spese pazze» i costi del residuo Welfare, facendo presagire ulteriori tagli all’assistenza sociale. Oggi il tonfo di Macron è conclamato: solo il 34% dei francesi gli dà un voto positivo
Non si sa se per arroganza o confusione, Macron tace a lungo, fischietta indifferente e infine fa lo spiritoso: «Alexandre Benalla non è il mio amante», dice, «e non ha i codici nucleari». Anche lasciando perdere le voci maligne sull’identità sessuale di Macron, che circolavano già prima dell’elezione, voi comprereste un’auto usata da uno così? Tutto preso dal proprio ego? Incapace della minima autocritica? Circondato fin dentro l’Eliseo da una strana cricca di body guard palestrati che sempre più spesso usurpano le funzioni degli uomini dei servizi di sicurezza? No, ovvio.
I francesi si sono stufati di un gagà isterico che un giorno rimprovera uno studente che lo chiama Manu durante un incontro pubblico e tre giorni dopo si fa fotografare tutto tronfio all’Eliseo con una compagnia di ballerini transgender. Soprattutto perché il gagà in questione, tra una scena e l’altra, definisce «spese pazze» i costi del residuo Welfare, facendo presagire ulteriori tagli all’assistenza sociale.
E con questo ci siamo avvicinati alle vere ragioni per cui c’è una logica nella crisi di Macron. L’ex enfant prodige e banchiere presso Rothschild, infatti, incarna a perfezione l’atteggiamento sposato dal centro-sinistra di tutto il mondo, che consiste nel vendere fumo mentre si porta via l’arrosto.
 
Ti allungo l’orario, taglio il salario, riduco le garanzie, alzo l’età della pensione e il ticket medico ti costa di più, come da riforme del lavoro e del settore pubblico presentate nel marzo scorso? Sì, però puoi sposarti con chi vuoi, anche con un gatto siamese, puoi decidere come e quando morire e hai internet gratis, non sei contento?
A quanto pare c’è un sacco di gente che non è contenta e che prima di ogni altra cosa vorrebbe lavorare e vivere decentemente con la propria famiglia. E se i Macron d’Europa non hanno ancora capito che è proprio questo scambio impari (arrosto per fumo) a soffiare vento nelle vele dei partiti e movimenti che loro spregiano chiamandoli “populisti”, può voler dire solo due cose: che non capiscono niente, cosa impossibile; oppure che sono dove sono per rappresentare interessi che non coincidono con quelli della maggioranza dei cittadini. In altre parole, sono dei promotori della lotta di classe.
Tema immigrazione. Macron ha attuato una riforma che propone da un lato di ridurre i tempi per l’esame delle domande d’asilo (non a caso la Francia è ben sotto la quota media europea di richiedenti asilo riconosciuti e accolti) e dall’altro di allungare quelli per la detenzione amministrativa dei non aventi diritto prima dell’espulsione. Altro che Salvini
Citando poi l’Europa, arriviamo alla seconda ragione per cui Macron ha meritato questa crisi. Il giovanotto si riempie la bocca con le magnifiche sorti e progressive dell’Unione. Ma se le parole sono tutte per l’ideale europeista, le azioni sono invece improntate al più puro nazionalismo. Già nell’ottobre del 2017 si presentò al vertice dei campi di Stato e di Governo cercando in ogni modo di rallentare l’approvazione dell’accordo europeo di libero scambio con i Paesi dell’America meridionale, conveniente alla Ue ma non tanto alla Francia.
Poi ha cercato con ostinazione una “relazione speciale” con gli Usa di Donald Trump, alla faccia della compattezza Ue. A seguire: quando l’Arabia Saudita ha sequestrato per due settimane il premier libanese Hariri, Macron è intervenuto per invitare quest’ultimo a Parigi e così far uscire i sauditi dall’imbarazzo. A lui importa poco che i sauditi finanzino il terrorismo wahabita nel mondo, quindi anche in Europa. Lui li conosce bene perché, quand’era ministro delle Finanze e dell’Economia con Hollande, gli vendeva pacchi di armi e vuole continuare a farlo. Tanto, insieme con i sauditi, tra un predicozzo e l’altro sui diritti umani, lui fa la guerra nello Yemen, nota per il tiro alle scuole e ai mercati. Ancora: pasticcia in solitaria con la Libia, fregandosene altamente non solo delle legittime preoccupazioni italiane ma anche delle istituzioni internazionali. Che si vuole di più?
Per non parlare, poi, del tema immigrazione. Centri d’accoglienza in Europa ma non in Francia, ca va sans dire. L’Italia apra i porti che noi chiudiamo i confini, parbleau! Nessuna iniziativa in ambito europeo per far funzionare il sistema di accoglienza (per esempio, per convincere gli altri Paesi a prendersi la quota parte dei 160 mila migranti accolti da Grecia e soprattutto Italia), e in ambito nazionale una riforma (febbraio 2018) che propone da un lato di ridurre i tempi per l’esame delle domande d’asilo(non a caso la Francia è ben sotto la quota media europea di richiedenti asilo riconosciuti e accolti) e dall’altro di allungare quelli per la detenzione amministrativa dei non aventi diritto prima dell’espulsione. Altro che Salvini.
In poche parole, Macron è una bugia politica vivente. Ha fatto danni, ne farà altri. I francesi se ne sono accorti.
di Fulvio Scaglione 27 Luglio 2018

Incubo 5G, il Governo aumenta di 110 volte l’elettrosmog? Il libro denuncia di Martucci per Grillo (Ministro Salute): “Cittadini come cavie umane, si viola Codice di Norimberga!” E’ già tardi?

Dopo l’estate tutti gli “italiani saranno esposti a campi elettromagnetici ad alta frequenza, con densità espositive e frequenze sino ad ora inesplorate. Dopo Settembre l’operazione avrà respiro nazionale. Sottovalutare o ignorare il valore delle evidenze scientifiche disponibili non appare eticamente accettabile”. Pericoloso lascito dai predecessori: ignorati gli appelli precauzionali dei medici ISDE che continuano ad invocare una sensata moratoria, per compiacere Europa e lobby del 5G il Governo Conte potrebbe aumentare di 110 volte il valore limite di campo elettrico emesso dalle stazioni radio base (antenne di telefonia mobile), sommergendo la popolazione con un’irradiazione elettromagnetica multipla e cumulativa di dubbia innocuità, per altro già documentata come (potenzialmente) cancerogena da innumerevoli e accreditati studi nonché (seppur tra le polemiche per una classificazione 2B al ribasso!) dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Lo spauracchio è nella bozza di decreto stesa dal dicastero dell’ex ministro Galletti il 18 Aprile scorso e ora al vaglio di Sergio Costa. C’è scritto: considerati gli attuali limiti di legge (6 V/m nella rilevazione su 24 ore e dentro la struttura degli edifici) una “barriera per lo sviluppo della tecnologia” di quinta generazione (5G), il ministro dell’ambiente (di concerto con l’omologa della salute) decreterebbe l’applicazione di nuovi standard per i valori di attenzione “sulla base delle evidenze scientifiche in materia” da tradurre in ben 61 V/m, ovvero innalzando di 110 volte l’elettrosmog (in fisica il vettoriale delle radio frequenze è calcolato al quadrato, cioè campo elettrico+magnetico) per favorire nuove bande simultanee (s’aggiungeranno alle attuali 2G, 3G, 4G) e migliaia di nuove micro-antenne ubiquitarie (si pensa una sul tetto di ogni 12 abitazioni o sui lampioni della luce!) da disseminare senza tregua ovunque, in ogni angolo delle città ma pure in campagne e parchi. Cosa ci aspetta?
 
Snobbato il fronte precauzionista, l’unico criterio seguito sarebbe in ossequio (reverenziale!) ai desiderata degli operatori delle telecomunicazioni, recentemente riuniti a Roma da Eunews per chiedere “una revisione al rialzo dei limiti sulle emissioni elettromagnetiche”, giudicate restrittive, cioè da esplodere verso l’alto al grido di “serviranno molte antenne”!
La prerogativa, ad esclusivo appannaggio del business per l’ipercomunicazione di massa stimato in 225 miliardi di euro fino al 2025, vorrebbe l’assenza (sic!) di una dimostrata evidenza scientifica sugli effetti per la salute dell’uomo esposto alle irradiazioni, ritenuta ingiustificata l’applicazione del principio di precauzione da un punto di vista tecnico ed epidemiologico. Ma è davvero così? Ci possiamo fidare di Wi-Fi, wireless e 5G? E su quali premesse di tutela per la salute pubblica? Oppure c’è qualcosa che non ci viene detto? Qualcosa che ci tengono nascosto?
Per confutare quest’assioma stereotipato, fondato su ricerche superate e di dubbia indipendenza, ho scritto l’inchiesta “Manuale di autodifesa per elettrosensibili. Come sopravvivere all’elettrosmog di wi-fi, telefoni cellulari, smartphone e antenne di telefonia. Mentre arrivano 5G e wi-fi dallo spazio!”
 
Manuale di autodifesa per elettrosensibili_cop_fronte
 
(il libro uscirà ai primi di Luglio per Terra Nuova Edizioni), una libera (e scevra da condizionamenti) panoramica sui subdoli rischi dei pervadenti campi elettromagnetici, tracciato il perimetro del pericolo ambientale d’Era Elettromagnetica (patito in primis dagli ammalati – sempre più numerosi – di Elettrosensibilità), svelando incongruenze, distorsioni metodologiche e conflitti d’interesse alla base del cosiddetto fronte negazionista, passate in rassegna le maggiori sentenze di tribunale sul nesso giuridicamente accertato telefonino=cancro e gli studi (migliaia!) sugli effetti non termici di wireless e antenne di telefonia mobile.
 
Riporto: “I governi e le agenzie pubbliche di protezione della salute si nascondono di solito dietro obsolete linee guida ufficiali, che sono state redatte quando si pensava che l’unico modo in cui la radiazione da radiofrequenza poteva influenzare la salute era per l’intensità del campo sufficientemente alta o per l’eventuale potere di riscaldamento, come se il corpo umano fosse una bambola di plastica riempita di liquidi. Questo è falso perché innumerevoli studi scientifici hanno dimostrato che possono arrecare danni alla salute dei campi elettromagnetici molto al di sotto dei livelli delle linee guida ufficiali. Ci sono oggi forse 4 o 5 miliardi di cellulari in uso nel mondo e l’effetto cumulativo può mettere in pericolo l’essere umano”. E poi: “La strategia dell’industria è quella di finanziare studi a basso rischio che assicureranno risultati positivi, e poi di usarli per convincere i media e il pubblico che sono le prove dell’inno¬cuità dei cellulari”.
Infine: “L’anello debole della catena è comunque sempre il cittadino, che a fronte di una serie di disponibilità tecnologiche sicuramente utili e appaganti si trova comunque esposto a un rischio quantomeno possibile”.vero – che Fiorella Belpoggi (per l’Istituto Ramazzini direttrice della più grossa ricerca al mondo sugli effetti biologici delle radiofrequenze delle antenne, anticipata nei risultati parziali del 2018) ha ripetuto che “abbiamo identificato un pericolo. Non può accadere come è successo con il benzene, per il quale ci sono voluti 30 anni affinché fossero presi provvedimenti”, tanto che secondo Lorenzo Tomatis (fondatore IARC, Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) far finta di nulla oggi “equivale ad accettare che un effetto potenzialmente dannoso di un agente ambientale può essere determinato solo a posteriori, dopo che quell’agente ha avuto tempo per causare i suoi effetti deleteri”.
Infatti (che lo si sappia!), ricerca e medicina forzatamente seguono a rimorchio la più veloce innovazione tecnologica, con l’inevitabile conseguenza che per attendere riscontri medici definitivi bisogna attendere (anche) 10, 15, 20 anni dal momento in cui è stato lanciato l’Hi-Tech sul mercato (in soldoni, con affanno si studiano gli effetti del 3G quando in commercio esce il 5G!). Quindi la misura del problema la conosce, eccome!
 
Non possiamo aspettare decenni per farci (colpevolmente) ripetere dai governanti di turno, “scusate, c’eravamo sbagliati, l’elettrosmog è certamente cancerogeno!”, con chissà quale conta per le persone eventualmente colpite e danneggiate. Per questo, in conferenza a Firenze, venerdì ho preso un impegno pubblico: manderò il mio libro (in uscita a giorni) al neo-ministro Giulia Grillo perché non possa dire di non sapere. Da consapevole attivista e poi all’opposizione, s’è battuta anche in Parlamento per scongiurare l’incubo MUOS in Sicilia, partecipando persino ad un dibattito pel riconoscimento di Sensibilità Chimica Multipla ed Elettrosensibilità.Non vorrei che, sostituita la Lorenzin, come suoi illustri predecessori anche la Grillo finisse per avallare una scellerata manovra politico-lobbistica (e non di precauzione sanitaria) che dopo ferragosto ci catapulterebbe (tutti quanti, nessuno escluso) in un pericoloso punto di non ritorno: la tutela della salute pubblica viene prima del 5G! Altrimenti si rischia di violare apertamente il Codice di Norimberga, trasformando la popolazione civile in cavie umane su cui sperimentare nuove tecnologie. E questo non è (assolutamente) ammissibile.
di Maurizio Martucci mercoledì 27 giugno 2018
 
 
VEDI ANCHE
 
FULL IMMERSION: DAL 2020 LA RIVOLUZIONE DEL 5G PASSERÀ PER I SATELLITI
 
CONNESSI A 5G. TUTTO BENE?
 
LE RADIAZIONI 5G FANNO MALE, 170 SCIENZIATI PER LA MORATORIA
 
PLANETARY EMERGENCY: THE EARTH NEEDS YOUR HELP. NOW.
 
Wi-Fi DALLO SPAZIO – A RISCHIO LO STRATO DI OZONO
 
 
VIDEO: 5G IL VERO TERRORE
5g