D’Alema, trema: “se falliamo, Paese in mano ai populismi”

o signur, togliamo le elezioni prima che il Pd rischi di non tenere il paese e che poi avanzino populismi. Basta definire ogni avversario del Pd fascista razzista xenofobo che ti trovi già le squadre in piazza contro il pericolo di turno, ovviamente è un caso che siano definiti così gli euroscettici, l’importante è salvaguarare il Pd
 
 
“Sono preoccupato, ho paura che il Paese non ce la faccia e che, se cede il Pd, finisca preda dei populismi”, a sostenerlo – in un’intervista al Corriere della Sera – è Massimo D’Alema, volto storico della sinistra italiana ed ex presidente del Consiglio, unico ex iscritto al Pci ad avere ricoperto questa carica. L’ex presidente Ds aggiunge: “Occorre ricostruire il campo del centrosinistra. In fondo Berlusconi sta cercando di fare la stessa cosa dall’altra parte. Noi non possiamo pensare che si possa andare avanti come se nulla fosse, magari con i voti di Verdini. Non credo che quei voti ci riporteranno i milioni di voti persi tra la nostra gente”.
 
D’Alema fa un’equiparazione tra Francia e Italia: “In Francia è una sinistra tallonata da Marine Le Pen, mentre l’Italia fa quel che può, stretta tra una legge folle, la Bossi-Fini, che produce clandestinità e respinge l’immigrazione di qualità, e la mancata gestione del fenomeno. In questo quadro, la sinistra rischia la sconfitta: non può affrontare il problema accodandosi ai populismi. Rischia di perdere senza combattere. In gioco ci sono i valori di accoglienza e solidarietà della democrazia europea”.
 
L’ex premier entra quindi nel merito del tema dell’immigrazione: “C’è una crescente disillusione. Sull’altra sponda del Mediterraneo vengono apprezzati gli sforzi fatti dall’Italia con ‘Mare Nostrum’ e altre iniziative, ma quando descrivono ciò che i loro cari trovano nel nostro Paese, allora il racconto cambia: sfruttamento, ingiustizia, prevaricazione”. Questo il monito di D’Alema: “Se non si riescono a gestire poche decine di migliaia di persone e si diffondono immagini di abbandono, degrado, mancanza di controllo, è naturale che aumenti la paura, ma ciò dimostra un impressionante vuoto di classe dirigente”.
 
Quindi D’Alema parla del crollo di consensi delle recenti amministrative, rispetto al 41% delle Europee, sostenendo che Matteo Renzi “si è illuso di avere oramai vinto e di poter fare da solo ma ha finito per deludere molte delle speranze che aveva suscitato. La disillusione è stata ancora più cocente. Di fronte a misure che hanno colpito il nostro popolo, la gente si è sentita tradita. È di oggi il provvedimento che permette alle aziende di spiare mail e telefonate dei dipendenti. Speriamo che venga modificato, ma il fatto stesso che il governo del Pd possa prendere un provvedimento del genere è inquietante”.
 

Ue estende sanzioni su Russia per altri sei mesi

cosa non si fa per difendere questa magnifica democrazia….da quanti la minacciano

 

lunedì 22 giugno 2015 
 
LUSSEMBURGO (Reuters) – I ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno deciso di estendere per altri sei mesi, fino al 31 gennaio del 2016, le sanzioni economiche sulla Russia per il coinvolgimento in Ucraina, mantenendo la pressione su Mosca perché contribuisca a trovare una soluzione al conflitto.
 
Il vertice ministeriale, dice una nota, ha approvato l’estensione delle sanzioni “introdotte in risposta al ruolo destabilizzante della Russia nell’Ucraina orientale”. I ministri hanno ratificato la decisione già presa la scorsa settimana dagli ambasciatori.
 
Un portavoce del Cremlino ha commentato la decisione dicendo che le sanzioni sono immotivate. “Parlando di sanzioni, la base del nostro approccio è la reciprocità”, ha detto il portavoce, senza entrare nei dettagli. Ma nei giorni scorsi alcuni rappresentanti russi hanno già detto che Mosca probabilmente estenderà il divieto all’importazione di alcuni generi alimentari.
 
Le sanzioni sui settori dell’energia, delle finanze e della difesa, imposte originariamente nel luglio 2014 per un anno, sono la risposta più dura della Ue all’annessione della Crimea da parte di Mosca e al suo sostegno per i separatisti dell’Ucraina orientale. Nel marzo scorso poi i leader occidentali hanno concordato di mantenere le sanzioni fino alla piena applicazione dell’accordo per il cessate fuoco di Minsk. L’accordo fissa una scadenza a fine anno per il pieno controllo del territorio ucraino da parte del governo, obiettivo che la ue sostiene con forza. Nonostante il cessate il fuoco, però, nell’Ucraina orientale si sono registrati frequenti combattimenti.
 
Intanto, sempre oggi, il capo del Pentagono Ash Carter ha detto che gli Usa “non si faranno trascinare” nel passato dalla Russia, e che la Nato resta aperta a un miglioramento delle relazioni, ma che “la decisione spetta al Cremlino”. Ieri lo stesso Carter aveva detto che gli Stati Uniti e i loro alleati si stanno preparando militarmente alla prospettiva che i dissensi con la Russia durino più a lungo che la presidenza di Vladimir Putin.
 

Forteto, il Profeta blindato e col bodyguard. Dagli incontri vip alla pizza in paese

è molto di moda la pedofilia, per cui perché i giornali dovrebbero parlare di questo mostro in libertà? Gli abusi su minori e disabili sono emancipazione sessuale, e se è una cooperativa del Pd la responsabile i magistrati si fanno in quattro per proteggerli.
 
Sono solo bambini abusati, cosuccia da niente, volete mettere con il caso della povera piccola innocente 17enne ruby rubacuori di cui i media parlarono per anni e tutt’oggi ancora?
 
Come mai agli stessi giornalisti non importa una cippa di questi bimbi ormai adulti? A nessuno interessa come vivono il trauma?
 
 
Rodolfo Fiesoli nella sua casa di Pelago (foto di Riccardo Germogli)
Pelago, 20 giugno 2015 – «Cerchiamo il signor Fiesoli». «E’ in casa che dorme, ha la febbre. Chi lo desidera?». «Siamo giornalisti…». «Allora per voi lui non ha niente da dire. Non vi bastano tutte le cattiverie che già avete scritto?». «Però sarebbe interessante sapere il suo parere dopo la sentenza che lo condanna…». «No, con voi non parla. E’ inutile che insistiate. Andatevene da qui!».
 
Il buen retiro dell’Orco, ovvero dell’ex padre padrone della cooperativa del Forteto Rodolfo Fiesoli, è una casa di due piani appena fuori l’abitato di Pelago. Abitazioni borghesi con vista su una campagna mozzafiato. A fare da guardia alla sua privacy ci pensano un ventenne palestrato e la moglie, Licia Castellucci, colei che gli ha dato due figli e che non lo ha mai abbandonato nemmeno di fronte alle accuse più orribili. E’ lei la più intransigente nel cortile di casa: «No, ve l’ho detto, non parla con i giornalisti andate via».
 
Guardi questa donna anziana e magra, guardi il bodyguard artigianale davanti a lei, e sembra quasi impossibile che l’uomo a cui costoro proteggono il riposo, l’Orco che secondo i giudici fiorentini abusava dei minori a lui affidati, potesse avere un così largo credito in alcune stanze della magistratura e nei salotti della sinistra fiorentina. Sì, sembra quasi impossibile rivedere Rodolfo Fiesoli che, appena un mese prima dell’arresto, si presenta in camicia contadina a quadri nel salone de’ 500 a Firenze e, alla platea cosmopolita del TedX organizzato da Renzi e che andava da Arianna Huffington a Jovanotti, spiega come «tutelare gli adolescenti provenienti dalle fasce sociali svantaggiate», fra gli applausi e gli squittii ammirati dei media di sinistra. Con lui a gongolare: «E se gli assistenti sociali del comune non fossero così severi con me, vero Matteo….». E ancora: Antonio Di Pietro che per chiudere la sua campagna elettorale nel Mugello sceglie proprio il palco del Forteto, i caffè a suo dire presi con La Pira e i magistrati e i politici che facevano la fila per fare la spesa da lui, indicandolo come il successore laico di don Milani. Contraddizioni da pazzi. Ma in fondo di contraddizioni è satura la vita di questo Santone alla ribollita che, fisiognomicamente, potrebbe ricordare perfino il Bozzone del “Berlinguer ti voglio bene“: «…e ora principia il culturale». Le contraddizioni di chi mescolava Marx col Cristo. Di chi voleva creare la famiglia «funzionale», mettendo in piedi un delirio sessuale che tutto aveva tranne che la «funzionalità». Ma anche le contraddizioni di chi predicava umiltà e povertà ma poi le uniche quattro auto in dotazione alla Comunità le dava in uso a se stesso, alla moglie e ai due figli (i «principini», come li chiamavano gli altri ragazzi).
 
Sì, sembra quasi impossibile che quest’uomo dal fascino seduttivo che contagiava quasi tutti coloro che lo avvicinavano (dopo l’arresto, quando il giudice dispose i domiciliari ad almeno 100 km di distanza dal Forteto, un imprenditore del Mugello gli mise a disposizione una villa sul litorale livornese) viva oggi una vita appartata da tutto e da tutti.
 
Qui a Pelago, dove abita in una casa presa in affitto, non fa vita sociale e nessuno sembra conoscerlo. «Noi lo abbiamo visto solo per consegnargli la chiavetta per la raccolta differenziata», spiega un assessore in Comune. Dicono che frequenti solo la chiesa per la messa e l’unico svago sia andare una volta la settimana in pizzeria a Pontassieve. Così finiscono, in malinconia e solitudine, le storie degli Orchi, si potrebbe dire se questa fosse la fine della storia. Ma chissà se lo sarà: nella sentenza che lo ha condannato a 17 anni e mezzo per abusi sui minori non compare più l’obbligo di stare a distanza dal Forteto. Da oggi, insomma, se lui lo volesse potrebbe tranquillamente tornare nella comunità dove ha compiuto gli abusi e dove ancora oggi lavorano molti degli abusati. Vi sembra un finale normale?
 
Stefano Cecchi

Ferrovie grandi affari per i “concessionari”.

 http://www.tgvallesusa.it/2015/06/ferrovie-grandi-affari-per-i-concessionari/
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Le leggi prodotte dai nostri governi tutelano i concessionari a discapito degli interessi dei cittadini. Ora tocca alla privatizzazione delle ferrovie.

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di Claudio Giorno e Davide Amerio.

da Wikipedia:

All’indomani della stipula delle “Convenzioni” previste dalla riforma delle ferrovie italiane del 1885 che aveva visto l’assegnazione di gran parte dei servizi a tre imprese ferroviarie (Rete MediterraneaRete Adriatica e Rete Sicula), erano state mantenute diverse imprese ferroviarie, per lo più a carattere locale, che al 31 dicembre 1887 assommavano 1326 km di rete. Tali imprese operavano in regime di concessione, secondo quanto prescritto dalla Legge n. 2248 20 marzo 1865.

Nel 1916 le ferrovie concesse assommavano in totale a 4646 km, e tale estensione continuò ad aumentare nel periodo fino alla seconda guerra mondiale.

Con la costituzione delle Ferrovie dello Stato, avvenuta nel 1905 e perfezionata nel 1907, rimasero numerose ferrovie “concesse all’industria privata”, in base all’istituto giuridico preesistente che prevedeva generalmente la concessione da parte dello Stato per la costruzione e l’esercizio di linee e impianti per un determinato periodo, ritenuto sufficiente a remunerare il capitale investito.

L’idea che la “concessione” da parte dello Stato è limitata nel tempo e ha come obiettivo la “remunerazione del capitale investito” è stata posta in soffitta – all’insaputa dei contribuenti – con la famigerata legge Sblocca-Italia fortemente voluta dal governo Renzi.

Una concessione dovrebbe implicare il trasferimento al concessionario di un rischio operativo. In Italia non è mai stato così per le autostrade. Ora il sistema rischia di estendersi alle infrastrutture ferroviarie. Eccesso di investimenti, direttiva Recast e la potente lobby ferroviaria europea. [1]

Introducono così l’argomento Marco Ponti e Giorgio Ragazzi in un recente articolo apparso su La Voce.info dal titolo eloquente: “Dopo le autostrade, le ferrovie: la concessione è un affare – Italia paese di Bengodi per i concessionari”.

La direttiva europea in merito, spiegano gli autori, implica l’assunzione da parte del concessionario di un rischio d’impresa che comprende la possibilità di non rientrare del capitale investito. Nella realtà italiana la filosofia è stata progressivamente mutata (contro quindi le direttive europee) in modo tale da garantire al concessionario un ritorno certo dell’investimento. Il caso tristemente più noto è quello delle autostrade. Le nuove tratte sono quelle più a rischio; la sopravvenienza di fattori esterni (per esempio una previsione sbagliata sul livello di transito dei mezzi) può condurre a un ritorno negativo degli investimenti. Si assiste allora ai tentativi degli investitori – aiutati dal governo – nello scaricare sullo Stato le passività e le perdite.

Prova ne è che la “filosofia” dello Sblocca-(SBANCA)-Italia sulle concessioni autostradali è stata criticata persino da un soggetto solitamente “di bocca buona” come Authority dei Trasportiche a suo tempo aveva scritto:

In particolare le misure delineano un meccanismo di proroga implicita delle concessioni, eliminando del tutto e potenzialmente per periodi significativi un essenziale fattore concorrenziale del settore. Collocandosi per altro in un contesto in cui molte concessioni sono già scadute e altre scadranno prima del 2020.

Una critica forte che esplicita il timore che si possa perpetuare e peggiorare un meccanismo perfettamente il linea con la “tradizione” di un settore “pioniere” nell’adozione ed estensione del “sistema della concessione”. Questa giustificata da sempre con l’esigenza di “coinvolgere i privati” nel finanziamento delle opere pubbliche, privati che – secondo i “piani finanziari” dovevano essere in grado di avere il capitale adeguatamente remunerato al termine della durata della concessione stessa, generalmente 30 anni. Dopo questo periodo l’opera (strada, diga o ferrovia che fosse) avrebbe dovuto essere di pubblica proprietà con l’eliminazione (oltre che della rendita societaria non più giustificabile) anche del pedaggio a carico dei cittadini!

Nel caso delle strutture storiche, specificano  su La Voce. info, laddove gli investimenti maggiori sono già stati recuperati e le spese del concessionario si limitano ai costi di manutenzione, i concessionari applicano a loro piacimento aumenti di tariffe – sulle spalle dei cittadini – che garantiscono ottimi introiti annullando il “rischio d’impresa”.

Se ne è avuta conferma nella recente esperienza: pur in presenza di un eccezionale calo del traffico di oltre il 10 per cento, nel 2012-13, i profitti delle concessionarie non sono diminuiti: le nostre concessionarie sono assai ben tutelate dal rischio operativo sul lato della domanda. Beneficiano di rilevanti rendite che per definizione, anche ignorando gli aspetti distributivi regressivi, generano una perdita di benessere collettivo.[1]

L’Italia è il paese di Bengodi per i concessionari. Ora questo meccanismo corre il rischio di perpetrarsi sulle Ferrovie. Con il recepimento di una direttiva europea – chiamata Recast – il gestore dell’infrastruttura ferroviaria – oggi pubblico ma in corso di privatizzazione parziale – non potrà più registrare delle perdite sui capitali investiti e potrà, presumibilmente, scaricare i costi delle inefficienze sugli utenti. Un altro pericolo è quello definito come “over investiment” che si verifica quando c’è un eccesso di capitali privati che non vengono utilizzati.

Per le ferrovie italiane è un processo già in corso, che ha visto la realizzazione a spese della collettività di opere molto costose e poco utilizzate, senza che lo Stato fosse mai chiamato a rendere conto di tali sprechi.[1]

Si può notare, sottolineano gli autori, che a livello mediatico è concesso più spazio alla critica degli aumenti delle tariffe autostradali che a quelle ferroviarie. Non è un caso, i giochi sono ancora in corso. Ma queste norme vanno nella direzione di portare a rischio zero gli investimenti dei concessionari con caduta degli eventuali costi di cattiva gestione sugli ignari passeggeri. In questo modo si azzera la concorrenza. Gioverà ricordare il caso della compagnia ferroviaria privata Arena Way che (pur con qualche improvvisazione di troppo) cercò di operare sulla tratta Torino-Milano e fu costretta, con ostacoli burocratici d’ogni genere, a dichiarare alla fine fallimento (qui la storia).

Sui pericoli degli aumenti smisurati dei costi – con conseguente carico sul bilancio dello Stato e quindi sul debito pubblico – illuminante è stato l’intervento di Ivan Cicconi al convegno sulle grandi opere svoltosi l’anno scorso a Torino che illustra  i meccanismi perversi a favore dei concessionari riservati già con la Legge Obiettivo (nostro articolo).

L’ingresso trionfale di Tav SpA nel panorama concessionario ha offerto, alla pessima e consolidata prassi, ulteriori alibi e prospettive. La vicenda di Ercole Incalza, nonostante la prematura scomparsa della creatura affidata alle sue cure paterne, è emblematica dei meccanismi perversi prodotti dalle leggi italiane negli ultimi anni. Prima o poi l’UE ci sanzionerà per questo e soprattutto per le proroghe sine die (senza ricorso a gara europea) destinate a trasformare la concessione autostradale (e non solo) in proprietà di fatto a beneficio dei soliti nomi noti e di chi si comprerà quella della rete redditizia Tav. Naturalmente previa creazione della ormai collaudata “bad company” sulla quale sarà trasferita tutta la parte debitoria (con  vantaggio delle banche sulle spalle dei cittadini).

[1] Dopo le autostrade, le ferrovie: la concessione è un affare – La Voce.info

(C.G. & D.A. 26.06.15)

Lo sai perchè gli Usa vogliono fermare la Russia?Perchè sta investendo nella tecnologia di Nikola Tesla

http://iodubito.altervista.org/lo-sai-perche-gli-usa-vogliono-fermare-la-russiaperche-sta-investendo-nella-tecnologia-di-nikola-tesla/

Scritto il giugno 25, 2015 by 

Russia torre di Tesla

Gli usa vogliono fermare la Russia per evitare il crollo del petrolio.I russi stanno investendo su Tesla,tecnologia per produrre elettricità gratis via etere.

“SE VOGLIAMO ESSERE LIBERI dobbiamo ottenere la Free Energy di Tesla”.Così la pensano i russi.
Essa potrebbe permettere la distribuzione di energia elettrica a costo zero, senza uso di cavi e accessibile a tutti sul pianeta.

Negli ultimi 20 anni gli Stati Uniti hanno distrutto mediamente 1 nazione intera ogni 2 anni, per mantenere il proprio potere basato su petrolio e dollari.

La Russia di Putin sta investendo sulla tecnologia Tesla per realizzarla, permetterebbe la distribuzione di energia elettrica senza limitazioni.
Gli Stati Uniti stanno cercando di fermare la Russia per evitare il crollo del loro impero coloniale e industriale basato sul petrolio e quindi sul sistema monetario del dollaro, valuta monetaria con cui oggi avvengono la maggior parte dei pagamenti per l’acquisto di petrolio nel mondo e su cui si basa la dittatura bancaria moderna (che si è sostituita alla sovranità degli stati nazionali).

Crollando il sistema energetico del petrolio, in poco tempo finirà il flusso di dollari che oggi alimenta le industrie d’armi americane, e quindi finirà anche la continua serie di guerre provocate, alimentate e volute dagli Stati Uniti.

CAPITO ORA PERCHE’ GLI USA DETESTANO I RUSSI?

 

Chissà, forse il condizionale non sarebbe qui servito se laWardenclyffe Tower del geniale scienziato serbo Nikola Tesla, costruita all’inizio del XX secolo (nella foto sopra), avesse portato alla creazione di un sistema efficace di trasmissione e di produzione di energia elettrica libera in tutto il mondo. Quello che successe cent’anni addietro è tuttora avvolto dal mistero.

Si sono conservate soltanto le impressioni prodotte su abitanti locali e su giornalisti dallo splendore celeste “per migliaia di miglia” causato dalla Torre di Tesla. Recentemente i giovani fisici russi Serghej e Leonid Plekhanov, dopo aver studiato scrupolosamente i diari e i brevetti dello scienziato, hanno deciso di rianimare il progetto di trasmissione di energia senza fili. Hanno persino raccolto mediante internet una somma rilevante per la costruzione della propria Torre. Nell’intervista a “La Voce della Russia” Leonid Plekhanov ha raccontato dei principi di funzionamento della nuova Torre:

– Intendiamo iniziare la costruzione della torre quest’autunno a 400 chilometri a nord da Mosca. Non vogliamo creare “una grande e bella cosa” per fare delle misurazioni. Il nostro approccio è quello scientifico. Condurremo ricerche in diverse condizioni meteorologiche, tenendo conto dei vari fattori. Poi questi risultati devono essere ricevuti e confermati dalla comunità scientifica. Ciò può impiegare anni, ma è importante almeno avviare il dialogo.

– Quante torri dovranno essere costruite? Sarà una rete come quella realizzata un tempo per il telegrafo ottico? Cosa può servire da fonte originaria di energia? Pile solari in deserti?

– Anche se parliamo di trasmissione senza fili, in realtà serve da “filo” la terra, il che garantisce un alto rendimento. Nel nostro caso basterà una sola torre per creare onde nel suolo di tutto il pianeta. Per quanto riguarda le fonti, è stato calcolato che la quantità di energia solare che arriva in sei ore sulla superficie di tutti i deserti del pianeta è sufficiente per rifornire per un anno di energia tutto il pianeta. Ovviamente, questo progetto è dispendioso, ma nessuno si prefigge di cambiare in un giorno tutto il sistema azionando un interruttore. Le fonti sono numerose, sia tradizionali che alternative. Il problema principale è il trasporto dell’energia fino ai centri di consumo senza la costruzione delle reti che richiedono spese ingenti.

– Perché l’industriale americano John Morgan, che all’inizio sponsorizzò il progetto di Tesla, cessò alla fine il suo finanziamento? Capì che se fosse apparsa energia libera, sarebbe arrivata l’epoca del benessere generale e non sarebbe rimasto più nessuno cui inviare le bollette?

– Tesla scrisse nel suo diario che Morgan aveva adempiuto tutti i suoi obblighi, ma il suo progetto era troppo progredito per quell’epoca. Il progetto sarebbe stato ripetuto con un successo trionfale, ma allora il mondo non era ancora pronto ad accettarlo. La trasmissione di energia senza fili è un progetto delicato in quanto coinvolge tutto il pianeta. Quindi i paesi leader dovranno accordarsi. È una questione da risolvere. In ogni caso bisogna seguire la strada dell’evoluzione, anziché quella rivoluzionaria.

– Vi rendete conto di correre il rischio di attirare su di voi l’ira, ad esempio, dei magnati del petrolio e delle maggiori compagnie dell’energia?

– Una decina d’anni fa si diceva che i giganti petroliferi non avrebbero permesso alle elettromobili di uscire sul mercato. Ma vediamo che questo settore è adesso in ascesa. Qui può sorgere una situazione simile. Per la nostra tecnologia può esistere un ottimo business driver, ossia le stesse elettromobili per le quali possono essere costruiti tanti distributori quanti ci vogliono in quanto non sarà necessario posare cavi.

– Su un portale scientifico uno scettico vi chiede: come mai è successo così che in oltre cent’anni nessuno abbia capito come costruire la Torre di Tesla?

– I motivi possono essere più di uno. Attualmente, se vieni in qualsiasi comunità scientifica e dici di disporre della teoria del funzionamento della Torre, ti risponderanno subito: grazie, arrivederci, non devi pensare di essere più intelligente di 300 accademici e dottori in scienze. Inoltre, nell’ultimo decennio si è profilata la tendenza che definerei “una specializzazione ristretta degli scienziati”. Per ricerche di carattere ristretto vengono concessi grant. Ma la Torre abbina vari indirizzi della fisica, per tale progetto ci vogliono persone appassionate. Riteniamo che ciascuno abbia diritto di difendere la propria teoria se, certo, la stessa è convalidata da prove.

– Nei vostri lavori affermate che la teoria di Tesla quadra al 100% con la fisica classica. Ed intanto si diceva che ciò è antiscientifico, che è ciarlanteria…

– Tesla non seguiva l’alveo della fisica del suo tempo. Era, in generale, una persona strana. Per interessare la gente doveva a volte ricorrere a serie azioni pubblicitarie. Questo è il motivo dell’apparizione dell’aureola mistica attorno al lavoro dello scienziato. Da qui i discorsi di tutti questi freak scientifici che non capiscono niente di fisica ma attribuiscono a Tesla le teorie del complotto secondo cui, ad esempio, lo scienziato avrebbe provocato la caduta del meteorite di Tunguzka. Inoltre, Tesla era un pratico e non era mai troppo scrupoloso nelle questioni teoriche. Ma se leggi i suoi lavori essendo armato di concezioni scientifiche moderne i suoi elaborati cominciano ad acquistare senso. Non si deve dimenticare che, grosso modo, tutte le cose elettriche nella nostra vita sono apparse grazie alle invenzioni di Tesla.

Fonte: La Voce della Russia

Tratto da: http://jedasupport.altervista.org

Colpo di Stato in Grecia

http://comune-info.net/2015/06/colpo-di-stato-in-grecia/

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 | 25 giugno 2015 | 

di Franco Berardi Bifo

Osservando giorno per giorno il comportamento del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea, cominciamo a decifrare lo scenario:il sistema finanziario globale sta organizzando un colpo di stato in Grecia, e per realizzarlo umilia e affama milioni di persone, spingendole verso un disastro umanitario quale in Europa avremmo pensato di non vedere mai.

Quand’ero giovane leggevo con orrore delle popolazioni di villaggi polacchi o tedeschi che fingevano di non sapere che a cinquecento metri dalle loro case si gettava la gente nei forni crematori. Nei villaggi italiani francesi o tedeschi oggifacciamo finta di non sapere che si sta compiendo un pogrom di dimensioni continentali contro il popolo greco, e in altri luoghi si stanno svolgendo pogrom ai danni del popolo migrante, gettato nella guerra dalla follia bellicista dei francesi e ora respinto verso l’abisso.

La guerra che già rumoreggia ai confini d’Europa si prepara ad esplodere in ogni sua città per il futuro prossimo. Nazionalismi aggressivi tendono a diventare maggioranza in Italia, Francia, Austria, per tacere d’Olanda e d’Ungheria.

Le condizioni sociali precipitano verso la povertà di massa e la precarietà generalizzata. In questo scenario mi pongo alcune domande.

.Domanda uno: Può sopravvivere l’Unione europea?

RispostaNon può sopravvivere per la semplice ragione che l’Unione non esiste, e non è mai esistita, anche se ci abbiamo messo troppo tempo per capirlo. Da Maastricht in poi l’Unione non è nient’altro che un progetto finanziario di predazione della ricchezza sociale e di impoverimento dei lavoratori. Tutto il resto sono chiacchiere nelle quali siamo caduti.

L’aggressione finanziaria e il tentativo di umiliazione del governo greco sono prova evidente dell’inesistenza dell’Unione. Il fatto che non si sia manifestato alcun movimento di solidarietà con il popolo greco è prova che non vi è alcun popolo europeo: l’aggressione neoliberista ha distrutto ogni dimensione cosciente della società europea.

Ma a questo si aggiunge l’ottusità delle politiche europee nei confronti della popolazione migrante: la capitolazione del governo francese davanti al ricatto nazionalista, e il rifiuto generalizzato di condividere quote di immigrazione dimostrano che l’Unione non esiste. L’Unione europea è solo un fascio di crimini finanziari, di cinismo politico, e di viltà ignorante.

.Domanda due: Si può riformare l’Unione?

Risposta: La mia risposta è no, perché nazionalismo e razzismo sono la forza egemone in tutti i paesi europei con l’eccezione della Spagna e della Grecia. Noi – la sinistra, gli intellettuali, l’università, coloro che avrebbero dovuto rendere impossibile il ritorno della peste bruna in Europa – ne siamo responsabili: chi nel 2005 invitò francesi e olandesi a votare a favore di una finta costituzione europea che era sanzione definitiva della violenza neo-liberale porta la responsabilità di aver consegnato alla destra l’egemonia sociale che ora emerge invincibile. La peste bruna è in marcia in ogni villaggio di questo continente che è unito oggi come lo fu nel 1941.

.Domanda tre: Come se ne esce?

Risposta. Gli spiriti semplici indicano una soluzione sciocca: torniamo alla moneta nazionale. Come se la dracma o la lira potessero risolvere qualcosa perché finalmente potremmo svalutare e vendere molte merci a qualche pinguino. Gli spiriti semplici alla Bagnai non si rendono conto che il dramma non riguarda l’import-export, ma l’alternativa tra dittatura finanziaria globale e prospettiva di un rinascimento fondato sulla fine del Regime del Lavoro Salariato.
Lo sguardo collettivo è incapace di vedere la possibilità di quel Rinascimento, dunque quel Rinascimento non ci sarà. E nessuno sa come se ne esce.

Il ceto finanziario intendeva distruggere l’Europa, e ora l’Europa è distrutta. Ma al tempo stesso non c’è modo di uscire da un’Unione che non esiste. Nella fine sta il segreto dell’inizio. La politica europea non è mai stata altro che una chiacchiera vuota per allocchi. Mentre noi discettavamo di democrazia il potere finanziario costruiva l’unica Europa che sia mai esistita: un dispositivo per lo spostamento di reddito dalla società alle banche, per la riduzione del salario e la precarizzazione del lavoro. Null’altro che questo è stato l’Unione, e non si esce per via politica da una trappola che ha natura meramente finanziaria.

Domanda quattro: come si trasforma?

Risposta (che non ho e bisogna trovare). La più verosimile conclusione di questa storia sembra essere la guerra. E la guerra civile è ormai visibile non solo alla frontiera meridionale dove i cadaveri galleggiano sul mare, e alla frontiera orientale dove Putin annuncia lo schieramento di quaranta testate nucleari di nuova generazione, ma anche alla frontiera italo-francese, alla Stazione di Milano, e in cento città europee dove l’odio nazionalista si sta organizzando.

Prepararsi alla guerra, dunque. E qui viene la domanda più difficile di tutte: come si può aggiornare l’antico invito a trasformare la guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria?

 DA LEGGERE

La piazza e il palazzo: Syntagma e Syriza A. Fernández-Savater

Ogni volta che qualcuno ordina ai media di ridare la carica, il meccanismo dell’angoscia, puntuale, parte di nuovo: affonderà la Grecia? Chi salverà Atene? I mercati tornano ottimisti, poi però, in serata, s’innervosiscono. Volubili, volatili, permeabili. Tutta l’Europa trattiene il fiato ma poi: “Ultima spiaggia per Tsipras”, domani l’incontro con Juncker e Lagarde. Come andare a cena con gli squali. La Grecia affonda. Per Atene si apre uno spiraglio. Grexit inevitabile. Da Washington implorano: non regalate le splendide isole greche a Putin. Chi ci rimette col default? Gli ultimi giorni del tenebroso Varoufakis… Salutiamo l’attualità mediatica sfrenata del volo di avvoltoi sull’estenuato popolo ellenico con un’intervista, vecchia di qualche mese ma ancora interessante, utile, bella. Non è quella tra Tsipras e la Merkel la relazione dialettica che ci appassiona. Anche noi stiamo col fiato sospeso ma il punto di vista con cui guardiamo le cose è diverso. Lo racconta l’architetto Stavros Stavrides

L’umiliazione della Grecia Bruno Amoroso e Jesper Jespersen

Se la Grecia lascerà l’euro sarà il fallimento dell’Ue. I greci pagheranno per salvare la banche europee. Con le negoziazioni al collasso, le banche greche chiuderanno per alcuni giorni. Si tratterà allora di ridurre l’aumento dei poveri

I movimenti sociali e il governo di Syriza Theodoros Karyotis

Nelle assemblee delle cliniche solidali autogestite greche la discussione è accesa: vanno tappate le falle del sistema sanitario pubblico smantellato o serve un’alternativa di gestione della salute che vada oltre lo Stato?

GEOPOLITIQUE/ DAECH AU CAUCASE : LES DJIHADISTES DU CAUCASE RUSSE FONT ALLEGEANCE A L’ÉTAT ISLAMIQUE

Luc MICHEL pour EODE Think Tank/ 2015 06 26/

Avec EODE Press Office – AFP – Itar Tass/

http://www.eode.org/

https://vimeo.com/eodetv

EODE TT - LM daech au caucase (2015 06 26) FR (2)

La rébellion terrorisye islamiste dans le Caucase russe a prêté allégeance à l’organisation État islamique (DAECH), selon une vidéo publiée en ligne, alors qu’environ 2.000 Russes combattraient dans ses rangs en Syrie et en Irak selon les services de renseignement russes.

“Nous annonçons notre allégeance et notre obéissance au calife Ibrahim ben Awwad Ibn Ibrahim al-Qoureishi al-Husseini”, connu sous le nom d’Abou Bakr al-Baghdadi, annonce cette vidéo mise en ligne dimanche par le principal groupe de djihadistes islamistes en Russie, le soi-disant “Émirat du Caucase”. “Nous témoignons de ce que tous les combattants du Caucase, de la wilaya (division administrative) de Tchétchénie, de Daguestan, d’Ingouchie et de Kabardino-Balkarie sont unis dans cette décision et que nous n’avons pas de désaccords”, continue-t-il en russe, avec des sous-titres en arabe. Mardi, le porte-parole de l’organisation Etat islamique, Abou Mohamed al-Adnani, avait “félicité les soldats de l’État islamique dans le Caucase”. Abou Bakr al-Baghdadi “a accepté votre allégeance et nommé cheikh Abou Mohamad al-Qadari comme wali (gouverneur) du Caucase”, avait-il indiqué dans un enregistrement.

 DA’ECH DANS LE CAUCASE

La Russie a annoncé fin avril avoir tué, lors d’une opération des forces spéciales au Daguestan, une république instable du Caucase russe, le dirigeant de l’Emirat du Caucase, Aliaskhab Kebekov, qui avait pris la tête de l’organisation en 2014.

 EODE TT - LM daech au caucase (2015 06 26) FR (1)

C’est la première fois que l’ensemble de la rébellion islamiste dans le Caucase russe officialise son ralliement à l’EI, pour qui se battent déjà 2.000 citoyens russes selon les services de renseignement. Ce ralliement intervient alors que la Russie, à l’instar de plusieurs pays d’Europe et d’Asie centrale, connaît une recrudescence de cas de jeunes filles partant en Syrie (le « djihad par le mariage » ou le sexe). Les autorités turques ont ainsi arrêté début juin 14 Russes, dont six femmes parmi lesquelles une étudiante moscovite de 19 ans, qui tentaient d’entrer en Syrie.

Mais la majorité des candidats russes au jihad sont originaires des républiques du Caucase russe, notamment de Tchétchénie, théâtre d’une insurrection islamiste avec les troupes russes de 1994 à 1996, avant une seconde guerre en 1999 qui, gagnée par Moscou, a débouché ces dernières années sur le terrorisme islamiste. Les gorges du Pankissi, en Géorgie, à la frontière de la Tchétchénie, fournissent également leur lot de combattants. Preuve de l’intérêt grandissant de l’EI pour la Russie, l’organisation terroriste a lancé fin mai une version russe de son magazine officiel, intitulé Istok.

 L’INSTRUMENTALISATION DES ISLAMISTES CONTRE MOSCOU :

UNE VIEILLE HISTOIRE DE BERLIN A WASHINGTON

L’agitation islamiste dans le Caucase est une vieille affaire.

Elle a commencé dès les Années 30 et a été organisée par le IIIe Reich et le Parti nazi allemand pour déstabiliser l’URSS. Elle a alors culminé lors de la seconde guerre mondiale en 1941-44, qui a même vu de nombreux musulmans ‘soviétiques’ (Caucase et Tatars de Crimée) combattre avec les Nazis, y compris dans la Waffen SS. Parmi les collaborateurs des nazis les Frères musulmans, organisés en réseaux par les nazis, depuis leur centrale de Munich.

* Cfr. le livre enquête :

«Une Mosquée à Munich. Les Nazis, la CIA et la montée des Frères musulmans en Occident» de Ian Jonhson (JC Lattès).

 LES ISLAMISTES INSTRUMENTALISES DANS LE NOUVEAU « GRAND JEU » GEOPOLITIQUE CONTRE LA RUSSIE

En 1945, les réseaux musulmans sont repris en mains par les Américains et engagés dans la guerre froide contre l’URSS. La fin de celle-ci ne marque pas la fin mais un nouveau départ. Car les géopoliticiens US, dont Brezinski, l’auteur du « Grand Echiquier », ont repris le programme géopolitique du théoricien nazi Rosenberg et leur but final est l’éclatement de la Fédération de Russie. Le Caucase russe, ventre mou de la Russie, est l’un des fronts privilégiés de cette guerre sourde. Les deux guerres de Tchétchénie – 1994 et 1999 (gagnée par Moscou) -, l’agitation au Dagestan en sont les manifestations. La deuxième guerre de Tchétchénie, déclenchée par les forces fédérales en 1999, a officiellement pris fin en 2009. Mais des attaques et explosions visant notamment les représentants des forces de l’ordre dans le Caucase restent fréquents.

Derrière les ennemis de la Russie : USA, NATO, Saoudiens qui ont pris en mains les djihadistes du Caucase. Vilnius en Lituanie abrite leurs moyens de communication sur le Net. Quand à la Géorgie, ses services secrets offrent réseaux, filières.

 DANS « PRESIDENT » POUTINE ACCUSE DIRECTEMENT LES USA !

Tourné par la chaîne de télévision publique ROSSIA 1, le documentaire «Président» est consacré aux 15 ans au pouvoir de Vladimir Poutine, qui a été élu en 2012 pour un troisième mandat présidentiel, après avoir été président de 2000 à 2008 et premier ministre en 2008-2012.

* Voir le film ‘Président’ sur PCN-TV :

Президент . Фильм Владимира Соловьева/

Président. Le Film de Vladimir Soloviev sur le parcours de Vladimir Poutine …

Video sur : https://vimeo.com/128418195

 Au début des années 2000, «les services spéciaux russes ont observé des contacts directs» entre des rebelles du Caucase du Nord et des représentants des services secrets américains en Azerbaïdjan», y raconte M. Poutine. « Il y a des gens, surtout dans les services secrets des pays occidentaux, qui croyaient que si on déstabilisait leur principal rival géopolitique – et maintenant nous comprenons que pour eux, c’était la Russie – cela serait à leur profit. Mais il s’est avéré que ce n’était pas le cas », a indiqué M. Poutine. « En aucun cas, jamais et nulle part, il ne faut essayer d’utiliser les terroristes pour résoudre ses tâches politiques et même géopolitiques temporaires », a-t-il souligné.

 # Aller plus loin. Relire mon analyse de octobre 2013 :

EODE THINK TANK/ GEOPOLITIQUE/ L’ATTENTAT DE VOLGOGRAD DANS SA PERSPECTIVE GEOPOLITIQUE

Sur http://www.eode.org/eode-think-tank-geopolitique-lattentat-de-volgograd-dans-sa-perspective-geopolitique/

 Luc MICHEL 

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FRANCELEAKS : INTERVIEW DE L’EX MINISTRE DES AFFAIRES ETRANGERES FRANÇAIS ROLAND DUMAS (RT)

PCN-TV & RT/ 2015 06 25/

Avec PCN-SPO/

 PCN-TV - RT Franceleaks. Dumas interview (2015 06 25) FR

Wikileaks, via le quotidien LIBERATION et le Site MEDIAPART, révèle le scandale des écoutes par la NSA des trois derniers présidents français et des élites françaises.

Voilà le FRANCELEAKS avec ses questions sur « l’allié américain ».

La TV russe RT interroge Roland Dumas, l’ancien ministre des affaires étrangères français, bien connu pour son anti-américanisme …

 Video sur : https://vimeo.com/131798758

 

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TAXIMEN VS ‘UBER’. SCENES D’EMEUTES A PARIS FACE A UN GOUVERNEMENT VALS-HOLLANDE IMPUISSANT ! (RT)

  PCN-TV & RT/ 2015 06 24/

 Dans un climat électrique, plusieurs milliers de taxis en colère contre la “concurrence sauvage” du groupe américain Uber ont manifesté jeudi en France, provoquant de colossales perturbations sur les grands axes de circulation de Paris et plusieurs grandes villes. Des chauffeurs belges ont rejoint les mouvements à Paris et à Lille.

 Video sur : https://vimeo.com/131828082

PCN-TV - RT taxis vs Uber (2015 06 25) FR

Opérations escargots, blocages des gares et des aéroports, voitures de transport avec chauffeur (VTC) prises pour cible: dès l’aube, les protestataires, au nombre de près de 3.000 sur l’ensemble du pays selon la police, ont multiplié les actions coup de poing. Une trentaine de chauffeurs de taxi bruxellois sont partis jeudi à l’aube en direction de Paris pour rejoindre le mouvement de grogne. D’autres taximen se sont également rendus à Lille, a indiqué l’organisateur du mouvement au départ de la Belgique, sans pouvoir en préciser le nombre exact. “Le but c’est d’occuper l’espace, parce qu’il y a un vrai ras-le-bol”, a résumé Karim Asnoun, responsable du syndicat CGT de la profession. “La base attend de nous des messages forts, on est obligé de passer par cette étape de la radicalité”, a renchéri Abdel Ghalfi (CFDT).

 A l’aéroport de Roissy-Charles de Gaulle, les accès à trois terminaux étaient bloqués et la circulation perturbée, comme dans plusieurs quartiers de Paris. A la Porte Maillot, l’un des principaux points d’entrée dans Paris, des taxis ont pris d’assaut et incendié les vans de deux conducteurs de VTC, provoquant l’intervention de forces antiémeutes et des pompiers. Les accès de deux gares de la capitale étaient également bloqués par des dizaines de voitures. Des actions similaires ont été menées à Lyon (centre-est), Marseille (sud), Toulouse et Bordeaux (sud-ouest) et Lille (nord) notamment.

 Le mouvement a recueilli un large écho dans la classe politique française. “On ne peut pas laisser les chauffeurs de taxi victimes de la loi de la jungle”, a déclaré le président socialiste de l’Assemblée nationale, Claude Bartolone. Les Républicains, le parti d’opposition de droite de l’ancien président Nicolas Sarkozy, a dénoncé lui aussi la “concurrence déloyale” d’UberPOP, l’application mobile de la société californienne qui, à prix cassés, met en relation des particuliers et des conducteurs non professionnels assurant leur transport avec leurs véhicules personnels. Seul l’ancien Premier ministre de droite François Fillon, juge que “c’est la chienlit aujourd’hui, franchement”.

 Engagé depuis plusieurs mois dans un bras de fer avec l’Etat, Uber revendique 400.000 utilisateurs d’UberPOP en France, où le nombre des taxis est faible. Mais ses chauffeurs sont des particuliers sans la formation requise pour leur agrément et ils ne paient ni cotisations sociales ni impôts. Le ministre français de l’Intérieur, Bernard Cazeneuve, a demandé jeudi au préfet de police de Paris de prendre un arrêté interdisant l’activité du service. Uber est visé depuis fin 2014 par une enquête judiciaire à Paris, pour organisation illégale d’un “système de mise en relation de clients avec des personnes qui se livrent au transport routier” de passagers “à titre onéreux”.

 Selon une loi française récente, les conducteurs qui ne sont pas enregistrés comme chauffeur de taxi ou VTC encourent jusqu’à un an de prison, 15.000 euros d’amende, la suspension du permis et la confiscation du véhicule. La France n’est pas le seul pays d’Europe, où l’activité d’Uber fait polémique. L’entreprise est interdite d’exercer en Allemagne et fait aussi l’objet de procédures judiciaires aux Pays-Bas et en Espagne. La Commission européenne a indiqué mardi plancher sur “une régulation appropriée”.

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